Laboratorio Didattica Ambientale Corso di introduzione all’Astronomia Lorenzo Brandi - Piero Ranfagni Ancora a proposito di magnitudine Sistemi standard di magnitudine: Qualunque sia il sensore usato, occhio, pellicola fotografica, fotodiodo, CCD, desideriamo ottenere, nello stesso istante e per la stessa stella una misura di magnitudine uguale, qualunque sia l’osservatore, la sua posizione e lo strumento usato. Poichè il flusso di radiazione dipende da troppi fattori difficilmente controllabili, si preferisce fare misure indirette, paragonando la sorgente da studiare a stelle note, non variabili, che insieme ai filtri ed al sensore usati definiscono un sistema standard di magnitudine, generalmente calibrato in modo da poter passare dalle magnitudini ai flussi. Sono così disponibili vari sistemi quali: Visuale Fotovisuale Fotografico Fotoelettrico Fotometria multicolore: L’osservazione mediante filtri colorati non solo fornisce immagini diverse di oggetti estesi, ognuna corrispondente allo strato, alla struttura che emette in un determinato colore, ma permette anche una immediata valutazione della temperatura di un oggetto, senza conoscere niente altro, nemmemo la distanza, le dimensioni ecc. Infatti la distribuzione della radiazione emessa da un corpo dipende solo e soltanto dalla sua temperatura e segue una curva il cui massimo si sposta verso lunghezze d’onda sempre più corte, via via che la temperatura aumenta. Il rapporto dei flussi emessi a due diverse lunghezze d’onda è diverso per curve diverse e dipende solo dalla temperatura. Dalla legge di Pogson la differenza delle corrispondenti magnitudini individua la temperatura del corpo emittente. In molti cataloghi si trovano le magnitudini B e V; la loro differenza B-V è chiamata indice di colore e fornisce la temperatura: T(oK) B-V 35000 21000 13500 9700 8100 7200 6500 6000 5400 4700 4000 3300 -0.45 -0.31 -0.17 0.00 0.16 0.30 0.45 0.57 0.70 0.84 1.11 1.39 Variazione della magnitudine apparente con il moto diurno del cielo: L’atmosfera assorbe e riemette in tutte le direzioni la luce delle stelle. Il fenomeno prende il nome di diffusione o scattering. La sua efficenza dipende fortemente dal colore perchè è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda e dipende anche dallo spessore di atmosfera attraversata. È a causa di questo fenomeno che il cielo di giorno è blu in pianura e diventa sempre più scuro via che si sale in montagna, che all’alba ed al tramonto ogni oggetto arrossa e che il cielo dell’aurora e del crepuscolo sono arrossati. Lo spessore di atmosfera attraversato dipende dalla direzione rispetto alla verticale, ossia dalla distanza zenitale () sec() = 1/cos() (massa d’aria) sec() ------------------0o 1.00 10o 1.02 20o 1.06 30o 1.20 40o 1.31 50o 1.56 60o 2.00 70o 2.92 Ogni staterello di atmosfera attraversato fa diminuire il flusso I di una quantità I proporzionale a I. Se calcoliamo quanto diminuisce la radiazione incidente dalla sommità alla base dell’atmosfera, troviamo che diminuisce esponenzialmente con la distanza attraversata, ossia con la massa d’aria. Dalla legge di Pogson deriva che invece la magnitudine cresce lineramente con la massa d’aria m() = mo + m.sec() Trovando la retta che passa più vicino alle misure fatte a masse d’aria diverse è così possibile determinare la magnitudine che si misurerebbe al di fuori dell’atmosfera. La pendenza di questa retta cambia da luogo a luogo ed è diversa per i diversi colori. Variazione istantanea della magnitudine apparente: Le immagini di qualunque corpo celeste sono disturbate dalla turbolenza atmosferica; la loro qualità prende il nome di seeing che è diverso mediamente da luogo a luogo, nello stesso luogo da notte a notte ed anche nel corso della stessa notte. Il seeing ha tre componenti: La variazione del flusso o scintillazione (stellar twinkling) Il moto dell’immagine (image motion) La degradazione dell’immagine rispetto alla figura di diffrazione prevista dalla teoria (image blurring) In uno stesso luogo due telescopi di diverse dimensioni, puntati nella stessa direzione, sperimentano quantità diverse delle tre componenti. Ad occhio nudo o con un piccolo telescopio (10-20 cm. di diametro) si ottengono immagini puntiformi che scintillano e si muovono a scatti. Con un telescopio più grande l’immagine è un disco poco definito (disco di seeing) che complessivamente non scintilla. Usando una telecamera, al suo interno si distinguono zone diversamente luminose in rapido movimento (spekles). La figura seguente rappresenta una semplice spiegazione del fenomeno: attraversando l’atmosfera che è costituita da vortici a diversa temperatura e quindi con diverso indice di rifrazione, i fronti d’onda non si mantengono piani, ma diventono corrugati. Zone ad uguale corrugamento, cioè in cui la luce è ugualmente rifratta, hanno le stesse dimensioni dell’apertura di un piccolo telescopio, per ciò l’energia trasportata viene raccolta talvolta totalmente e tavolta parzialmente; da qui la scintillazione ed il movimento a scatti dell’immagine. Un telescopio con apertura più grande raccoglie più corrugamenti, ognuno dei quali da luogo ad un’immagine che si compone con quella dei corrugamenti vicini a formare un disco poco definito che, complessivamente, non scintilla e non si muove. Al suo interno le singole immagini si muovono e scintillano. Il seeing: introduce rumore nelle misure fotometriche veloci con piccoli telescopi produce immagini fotografiche stellari non nitide e le cui dimensioni dipendono dalla magnitudine induce a sottostimare la magnitudine di oggetti osservati con grandi telescopi, perchè l’energia raccolta si distribuisce su l’immagine del disco I pianeti mostrano scintillazione ridotta o nulla, quando vengono osservati ad occhio nudo. Cio’ dipende dal fatto che sottendono un angolo generalmente superiore a quello sotteso da i corrugamenti (3 “). Ogni piccola parte del loro disco sperimenta scintillazione come una sorgente puntiforme, dando origine a diversi corrugamenti del fronte d’onda che si compongono attenuando e annullando il fenomeno. Non si tratta comunque di una regola assoluta perchè Marte, per esempio, ha un diametro angolare molto vicino al limite di 3” e perchè nell’atmosfera di un centro cittadino, con le sue forti turbolenze, anche la luce dei pianeti può fluttuare.