ALOPECIA AREATA
L'alopecia areata rappresenta una delle forme più comuni di alopecia non cicatriziale, ad
eziopatogenesi sconosciuta e decorso variabile. Si riscontra con una incidenza oscillante dal 2
al 2,5% della patologia dermatologica, presentandosi con uguale frequenza nei due sessi.
Insorge con maggior frequenza fra i 20 ed i 30 anni ed è rara dopo i 60 anni.
Le manifestazioni cliniche sono assai variabili, anche se nella maggior parte dei casi i
pazienti si rivolgono al medico quando sono presenti una o più chiazze alopeciche insorte
bruscamente. Tali chiazze, completamente prive di peli, sono di forma circolare od ovalare, di
diametro variabile da 1 a 3 cm, a margini regolari. Generalmente la cute si presenta liscia,
aflegmasica, di colorito bianco-latte e gli sbocchi follicolari appaiono dilatati. Due sono i
segni clinici di maggior rilievo: i peli a “punto esclamativo” e i peli cadaverizzati. I primi
sono rappresentati da peli corti, tronchi a circa 3 mm dall’ostio follicolare, con diametro e
colore che si riducono progressivamente in senso prossimale, osservabili ai bordi delle
chiazze alopeciche. I peli cadaverizzati, invece, appaiono come piccoli punti neri in
corrispondenza della superficie della cute alopecica e sono dovuti ad accumulo di cheratina a
livello degli infundiboli dilatati dei follicoli piliferi in fase anagen. Entrambi rappresentano un
segno di attività della malattia. Sebbene la perdita dei capelli spesso sia asintomatica, in molti
casi i pazienti riferiscono parestesie, prurito o bruciore prima della comparsa della chiazza. Le
fasi iniziali della ricrescita sono caratterizzate frequentemente dalla presenza di capelli
depigmentati.
La classificazione clinica dell'alopecia areata identifica più varianti che si differenziano in
base al pattern di caduta dei capelli. Così l'alopecia areata propriamente detta si
caratterizza per la presenza di chiazze singole o multiple, l'ofiasi interessa le regioni temporo1
occipitali e presenta un decorso serpiginoso. Nell'ofiasi invertita la caduta dei capelli si
riscontra a livello fronto-parieto-temporale. Varianti meno frequenti sono la forma reticolare
(presenza contemporanea di chiazze in fase attiva e di altre in regressione), la forma diffusa o
incognita (diradamento diffuso dei capelli senza comparsa di chiazze), la forma perinevoide
(presenza di una chiazza di alopecia che insorge intorno ad un nevo melanocitico).
In funzione dell'estensione possono essere distinte le seguenti forme: alopecia areata, che
interessa parte del cuoio capelluto o di un altro distretto pilifero cutaneo, alopecia totale, in
cui si nota la perdita di tutti i capelli, alopecia universale, con interessamento di tutti i peli
corporei.
Associate ad alopecia areata si possono riscontrare alterazioni ungueali con un'incidenza
variabile dal 10% al 66%. Tale divario può essere spiegato probabilmente dall'accuratezza
con cui tali alterazioni vengono ricercate. Si possono distinguere anomalie della porzione
prossimale della matrice (pitting o depressioni cupoliformi, linee di Beau, onicomadesi) e
della porzione distale (marezzatura della lunula, leuconichia puntata). Raramente è possibile
osservare una grave forma di onicodistrofia interessante tutte e venti le unghie, quadro
conosciuto come trachionichia o "twenty nail distrophy".
Gli aspetti anatomo-patologici variano a seconda della fase della malattia. Nello stadio acuto
si osserva sia un elevato numero di follicoli in catagen che in telogen, circondati da uno
scarso infiltrato infiammatorio linfocitario. I follicoli in anagen si presentano all'osservazione
circondati da un denso infiltrato peribulbare e perivascolare.
Nelle chiazze stabili o nei pazienti con alopecia totale o universale, l'aspetto più comune
consiste nella presenza di follicoli nelle prime fasi dell'anagen, in particolare la III e la IV, con
denso infiltrato peribulbare "a sciame d'api".
Patogenesi
Attualmente non si può stabilire con precisione quali siano le cause e i meccanismi che
determinano l’insorgenza dell’alopecia areata. Sembra tuttavia ormai chiaro che sia una
2
patologia geneticamente determinata, con una modalità di trasmissione di tipo autosomico
dominante a penetranza variabile. E’ stata riscontrata una correlazione con alcuni antigeni di
istocompatibilità sia di classe I (B12, B16) che di classe II (DR4, DR5, DR11).
Nel corso degli anni sono stati presi in considerazione numerosi fattori eziopatogenetici, quali
infezioni batteriche o virali, atopia, fattori psicologici (sindrome ansioso-depressiva),
ormonali e vascolari. L’importanza che oggi viene attribuita al sistema immunitario nella
patogenesi dell’alopecia areata deriva da numerose osservazioni cliniche e sperimentali, quali
la frequente associazione con patologie autoimmuni (tiroidite di Hashimoto, morbo celiaco,
vitiligine, diabete mellito di tipo I, gastrite cronica atrofica), l’espressione marcata di antigeni
di istocompatibiltà di I classe a livello delle cellule della matrice, la presenza di molecole di
adesione da parte delle cellule endoteliali, il riscontro di un infiltrato peribulbare e
perivascolare nelle fasi di progressione della malattia.
Attualmente si ritiene che i fattori precedentemente elencati intervengano variabilmente fra di
loro nella patogenesi dell’alopecia areata, alcuni svolgendo un ruolo di primaria importanza
(fattori genetici e immunologici), altri comportandosi come concause determinando il
manifestarsi ed il mantenimento della patologia.
Nella maggior parte dei casi la diagnosi di alopecia areata è essenzialmente clinica, basandosi
sulle caratteristiche obiettive delle chiazze, sulla modalità di esordio e sulla imprevedibilità
dell’evoluzione.
La diagnosi differenziale si pone tuttavia con numerose patologie, alcune congenite (aplasia
cutis, alopecia triangolare temporale, ipotricosi semplice, ipotricosi congenita ereditaria di
Marie-Unna, etc.), altre acquisite (alopecia androgenetica, anagen effluvium, telogen
effluvium, tricotillomania,alopecia da cause infettive, alopecia cicatriziali).
In particolare l’alopecia areata in chiazze deve essere differenziata da patologie quali il lupus
eritematoso cronico cutaneo, il lichen plano-pilare, e la follicolite decalvante che possono
essere responsabili di alopecia cicatriziale. Inoltre un’importante diagnosi differenziale è con
3
la pseudopelade di Brocq, caratterizzata da un aspetto scleroatrofico della cute, che appare
liscia, lucente e arida e dall’assenza degli sbocchi follicolari secondari alla fibrosi e alla
distruzione morfofunzionale dell’annesso pilo-sebaceo. Ad ogni modo, nei casi dubbi, è
dirimente l’esame istologico.
La tricotillomania si differenzia per l’assenza di una netta delimitazione della chiazza e per la
presenza di peli spezzati a una distanza variabile dall’ostio follicolare.
Quando l’alopecia areata si presenta con un pattern di tipo diffuso, la diagnosi differenziale
deve essere posta soprattutto con il telogen effluvium. In tale circostanza può essere di ausilio
diagnostico il tricogramma (pluck test) che mette in evidenza la perdita di capelli in fase
telogen o anagen distrofici propri dell’alopecia areata, mentre nel telogen effluvium sono
esclusivamente di tipo telogen. Un’altra condizione che deve essere differenziata dall’alopecia
areata è l’alopecia androgenetica. Quest’ultima è caratterizzata da una progressiva
miniaturizzazione dei capelli valutabile clinicamente e al tricogramma, dall’assenza di una
marcata perdita di capelli (il pull test è spesso negativo). In alcuni casi dubbi, soprattutto
quando l’alopecia areata si manifesta con un pattern diffuso, può essere dirimente
l’esecuzione di una biopsia, il cui esame istologico metterà in evidenza un infiltrato
peribulbare (a “sciame d’api”) senza segni di fibrosi.
La terapia dell’alopecia areata prevede l’impiego di presidi farmacologici come
corticosteroidi, ciclosporina, antralina, minoxidil, dibutilestere dell’acido aquarico (SADBE),
difenilciprone e fisico-chimici come la PUVA terapia. La maggior parte degli Autori è ormai
concorde nel ritenere che le terapie, anche quando hanno successo, influiscono solo
parzialmente sul naturale decorso della patologia, non garantendo una guarigione duratura.
Questo è particolarmente vero per le forme di alopecia areata severa e per quelle cronicherecidivanti. L’applicazione locale di corticosteroidi, antralina e minoxidil presenta limitati
effetti collaterali, per lo più legati al loro uso cronico. Questi farmaci appaiono avere
maggiore effetto in quei soggetti con forme lievi-moderate di alopecia areata in chiazze, nei
4
bambini e in quelli con alopecia di recente insorgenza. Tuttavia va sottolineato che anche
pazienti con forme estese di alopecia in chiazze, totale o di lunga durata (superiore ai 26
anni), possono avere una buona ricrescita dopo trattamento con questi farmaci e tale risultato
sembrerebbe migliorare con l’associazione di tali farmaci.
La nostra esperienza terapeutica è legata soprattutrto ai risultati ottenuti dall’attuazione di un
protocollo di studio, che ha evidenziato l’associazione dell’alopecia areata con altre
condizioni patologiche autoimmuni come la tiroidite, il morbo celiaco, la gastrite cronica
atrofica, e altre come la infezione da Helicobacter pilory, la dermatite atopica. Nei pazienti in
cui venivano riscontrate tali associazioni, la terapia attuata è quindi volta a correggere la
patologia di base, monitorizzandone nel tempo gli effetti.
Laddove, al contrario, non sono evidenziabili altre condizioni, la terapia adottata è quella di
tipo immunoterapico sia locale che sistemico. Tali schemi terapeutici vengono prescritti
unicamente a soggetti adulti, riservando ai soggetti in età pediatrica terapie con scarsi effetti
collaterali come quelle vitaminiche (vitamina D3 e altre idro e liposolubili). In quei casi dove
l’alopecia si mostrava più resistente si sono attuate terapie fisiche come l’elioterapia e la
PUVA terapia che hanno fornito risultati incoraggianti.
Management della Alopecia Areata
I soggetti che giungono alla nostra osservazione per la prima volta, vengono sottoposti ad
un’accurata anamnesi volta a definire le modalità di esordio della patologia, le sue
caratteristiche evolutive, le terapie eventualmente praticate in precedenza, la presenza o meno
di familiarità per alopecia areata o per altre patologie a probabile patogenesi immunologica
(vitiligine, diabete mellito, tiroidite, atopia, connettivopatie). Inoltre i pazienti vengono
valutati da un punto di vista bioumorale per: emocromo, sideremia, ferritina, transferrina,
VES, TAS, PCR, RA-test, mucoproteine, tampone faringeo, FT3, FT4, TSH, anticorpi
5
antitireoglobulina e antitireoperossidasi, ecografia tiroidea, PRIST, sottopopolazioni
linfocitarie, attività NK, multitest, anticorpi antinucleo, antiendomisio, antigliadina IgA e IgG,
antimucosa gastrica, anti HP, gastrinemia, Rx ortopanoramica, tricogramma. Vengono inoltre
effettuate consulenze psichiatriche, odontoiatriche per ricerca foci e oculistiche per
evidenziare eventuali alterazioni a carico del cristallino (opacità lenticolari) descritte in una
certa percentuale di pazienti affetti da alopecia areata.
Conclusioni
I dati sino ad ora esposti per la loro eterogeneità non ci consentono di chiarire i meccanismi
eziopatogenetici dell’alopecia areata.
Tuttavia lo studio condotto sui nostri pazienti ha evidenziato un’alterazione significativa degli
anticorpi organo-specifici, soprattutto tiroidei. Tale positività ha permesso, sulla base dei dati
clinici, ecografici e bioumorali, di diagnosticare una patologia tiroidea nel 25% dei pazienti,
l’85% dei quali presentava una tiroidite linfocitaria, (14% maschi e 86% femmine), il 12% un
gozzo nodulare eutiroideo e il 3% un morbo di Basedow. In particolare i pazienti con tiroidite
linfocitaria erano affetti per il 60% da alopecia areata, per il 22% da alopecia universale e per
il 18 % da alopecia totale.
Nei soggetti con tiroidite linfocitaria il trattamento di tale patologia ha fatto registrare, nella
maggior parte dei casi, un graduale miglioramento sia dal punto di vista endocrinologico che
dell’alopecia areata.
La positività, nel 9% dei soggetti esaminati, degli anticorpi antigliadina ci ha permesso di
porre diagnosi di morbo celiaco, una patologia, questa, presumibilmente su base autoimmune.
Tale dato ci sembra degno di rilievo, anche alla luce del fatto che questi soggetti sottoposti ad
una dieta priva di glutine, non affiancata da altra terapia sistemica o topica, manifestavano
anche un evidente miglioramento clinico dell’alopecia oltre che della patologia di base.
Il dosaggio degli anticorpi anti Helicobacter pylori (HP) e della gastrinemia basale, alla
ricerca di un eventuale coinvolgimento di questo microorganismo nell’alopecia areata, è
6
risultato positivo nel 17% dei pazienti. Tuttavia i nostri studi saranno orientati a valutare la
reale importanza da attribuire a tali risultati, dal momento che l’HP nel gruppo di controllo è
presente nel 60% dei soggetti esaminati.
Nei pazienti sottoposti al tricogramma si è individuato un quadro di tipo telogen-distrofico in
corrispondenza del bordo della chiazza e distrofico in sede controlaterale nel 90% dei casi.
Tale quadro è tipico dell’alopecia areata in progressione.
La consulenza oculistica ha evidenziato nel 30,7% opacità puntiformi del cristallino e nel
7,9% una degenerazione microcistica della retina. Quest'ultima alterazione oculare, in base ai
dati della letteratura in nostro possesso, non sembra essere stata ancora descritta in
associazione con alopecia areata. Inoltre, la sua presenza necessita di essere ben valutata
prendendo anche in considerazione la terapia effettuata in precedenza dal paziente. Infatti, una
terapia cortisonica prolungata nel tempo potrebbe determinare alterazioni simili a quelle
osservate.
La consulenza psichiatrica prevede un colloquio preliminare seguito dalla esecuzione di tests
psicologici ed ha evidenziato, come patologie più frequenti, disturbi d’ansia, depressione e
disturbi comportamentali. I pazienti, inoltre riferivano un evento stressante circa 3 mesi prima
l’insorgenza dell’alopecia areata.
Le informazioni di ordine funzionale e quantitativo che abbiamo ottenuto attraverso il
multitest e la tipizzazione linfocitaria non ci consentono di trarre definitive conclusioni sul
ruolo svolto dall’immunità cellulo-mediata nella patogenesi dell’alopecia areata, sebbene il
multitest risulti ana o ipoergico nel 64% dei pazienti testati. L’alopecia areata, come è noto, è
una patologia in cui il follicolo pilifero è sottoposto ad un’aggressione linfocitaria. Questo
dato mal si correla con la risposta ipo o anergica riscontrata con elevata frequenza nei soggetti
affetti da alopecia areata. Tuttavia l’alta percentuale
di linfociti OKT4 nell’infiltrato
perifollicolare non è sempre accompagnato da una effettiva e funzionale diminuita
espressione di queste cellule nel sangue circolante come potremmo aspettarci da un
7
reclutamento forzato a livello del follicolo.
Per quanto riguarda le sottopopolazioni linfocitarie, i dati della letteratura forniscono risultati
contrastanti circa le loro possibili modificazioni.
Anche lo studio quantitativo delle sottopopolazioni linfocitarie nel sangue periferico da noi
condotto non ha evidenziato alterazioni nella maggior parte dei casi, sia per quanto riguarda i
linfociti T totali (T3) che per il rapporto OKT4/T8. Possiamo quindi affermare che non
sempre tale studio offre la documentazione affidabile dell’esistenza di un problema
immunitario. In particolare, possiamo sottolineare che sulla base della nostra esperienza, la
tipizzazione linfocitaria può evidenziare uno stato disimmunitario solo quando i valori
individuati sono sensibilmente lontani dal range di normalità.
Nel 1990 Cei ed al., attraverso lo studio delle sottopopolazioni linfocitarie ed il multitest in 29
pazienti affetti da alopecia areata, hanno ottenuto dei risultati sovrapponibili ai nostri.
In accordo con tali autori, il multitest sembrerebbe poter fornire un valido ausilio nel followup dei pazienti con alopecia areata. Infatti si è constatata la sua alterazione in corso di
riacutizzazione e la sua normalizzazione in fase di remissione della patologia. E’ da
evidenziare, inoltre che tale test è facilmente eseguibile, a costi contenuti ed esente da effetti
collaterali.
Nonostante l’eziologia dell’alopecia areata resti ancora oggi sconosciuta, è ormai ampiamente
sottolineato il ruolo patogenetico determinante svolto da squilibri del sistema immunitario, in
una sinergia ancora da definire con fattori predisponenti di ordine genetico e psico-neuro
immmunologico.
Si è, quindi giunti a ritenere che, anche sulla scorta del possibile rilievo di concomitanti
patologie
di
tipo
disreattivo
immunitario
e
della
risposta
a
terapie
immunosoppressive/immunomodulanti, l’Area Celsi sia il risultato di un’alterazione dei
sofisticati meccanismi di sorveglianza immunitaria comportante un’aggressione dei
costituenti “self” rappresentati da antigeni espressi dai follicoli, ancora oggi non
8
completamente identificati.
Inoltre, l’efficacia della terapia dell’alopecia areata è di difficile valutazione per il carattere
capriccioso e talora per la spontanea risoluzione della patologia. I migliori risultati sono
descritti nelle alopecie di recente insorgenza, con aree di ridotte dimensione e comunque
quando la perdita di capelli è inferiore al 75% del cuoio capelluto. Sono invece segni
prognostici sfavorevoli l’esordio in età prepubere, la presenza di disturbi psichici, l’alopecia
particolarmente estesa, la localizzazione sopraccigliare e quella temporo-occipitale, la durata
superiore ad un anno ed infine l’associazione con atopia.
In conclusione, vista l’elevata percentuale di recidive applicando qualsivoglia protocollo
terapeutico riportato in letteratura, l’esperienza prodotta nella nostra pratica ambulatoriale ci
ha indotto ad avere un approccio diverso con il paziente, mirante soprattutto
all’individuazione di eventuali patologie associate e misconosciute, che potrebbero sostenere
l’andamento recidivante dell’alopecia areata. I risultati ottenuti individuando foci infettivi,
patologie tiroidee e gastrointestinali come probabili cause di questa malattia, ci spingono a
proseguire nel nostro studio e soprattutto nell’attuare le nostre linee guida che prevedono un
follow-up a medio e breve termine, da uno a tre mesi, e un monitoraggio stretto delle
eventuali patologie associate sia da un punto di vista clinico che terapeutico. Tutto ciò
richiede chiaramente un buon rapporto medico-paziente ed una costante collaborazione con i
colleghi delle altre discipline in modo tale da poter essere sempre supportati nelle scelte
terapeutiche. Pertanto riteniamo opportuno e fondamentale mantenere un approccio
multidisciplinare nei confronti del paziente affetto da alopecia areata.
9