L’Europa nella seconda metà dell’800
Francia, Germania, Italia.
FRANCIA: Luigi Napoleone vince trionfalmente le elezioni presidenziali del 1848. Pochi anni
dopo, con un colpo di stato sostenuto dall’esercito, scioglie le Camere e modifica la Costituzione
ottenendo poteri molto vasti. Nel 1852, con un plebiscito, si fa proclamare imperatore dei
francesi, con il nome di Napoleone III. Nasce allora il cosiddetto Secondo Impero.
La caratteristica del governo di Napoleone III fu quella di saper coniugare autoritarismo e
consenso popolare.
Da un lato vennero fortemente limitate le libertà di stampa e di associazione, il potere legislativo
venne concentrato negli organismi i cui membri erano nominati direttamente dall’imperatore;
dall’altro si mantenne il suffragio universale e Napoleone III fece spesso ricorso alle consultazioni
popolari per confermare il consenso popolare nei sui confronti.
Inoltre il regime bonapartista fece ampio ricorso alle risorse pubbliche per favorire la crescita
economica e l’occupazione. Furono questi gli anni del decollo economico francese, favorito da
grandiose opere pubbliche (l’ampliamento delle ferrovie, l’imponente ristrutturazione urbanistica
realizzata dal barone Haussmann che trasformò completamente il volto di Parigi).
Altra caratteristica del bonapartismo fu l’aggressiva e spericolata politica estera: ricordiamo la
partecipazione di Napoleone III alla 2° guerra d’Indipendenza – lo scontro con la Prussia porterà al
crollo repentino del Secondo Impero francese (1871)
DALLA PRUSSIA ALLA GERMANIA: nel 1861 salì al trono della Prussia Guglielmo I. L’anno
seguente divenne cancelliere (presidente del Consiglio) Otto von Bismarck, il grande protagonista
dell’unificazione tedesca.
Autoritario e spregiudicato, Bismarck provvide subito ad innalzare (senza il consenso del
Parlamento) le spese militari.
Il suo obiettivo principale era l’unificazione della Germania. Occorreva, a suo avviso, che la Prussia
guidasse il processo di unità nazionale, attraverso l’unico strumento che riteneva efficace: la guerra
(“Non con le parole si decidono i grandi problemi del tempo, ma col ferro e con il sangue”).
E la Prussia poteva contare sull’esercito più potente e organizzato dell’Europa di allora.
Il primo problema da affrontare era costituito dall’Austria, lo Stato più influente nella
Confederazione degli Stati tedeschi nata con il Congresso di Vienna.
Bismarck strinse un’alleanza con l’Italia, desiderosa di portare a compimento l’Unità nazionale, in
modo da tenere occupato l’avversario austriaco su due fronti.
Lo scontro principale avvenne a Sadowa, vicino a Praga, dove i prussiani sconfissero pesantemente
gli austriaci, che dovettero arrendersi nonostante le vittorie riportate contro gli italiani a Custoza e
Lissa (la battaglia navale in cui Verga fa morire Luca Malavoglia) – si tratta della Terza Guerra di
Indipendenza italiana.
Con il successivo trattato di pace (Praga, 1866):
- l’Italia ottenne il Veneto;
- la Germania venne divisa in due confederazioni: la Confederazione del Nord, presieduta da
re di Prussia; la Confederazione del Sud.
Bismarck aveva ottenuto che la Prussia sostituisse l’Austria nel dominio della Confederazione
tedesca. Si poneva però l’ostacolo di Napoleone III che, temendo un eccessivo rafforzamento dello
stato vicino, aveva imposto che la Confederazione del Sud rimanesse indipendente dalla Prussia.
C’erano inoltre altri motivi di attrito tra Francia e Prussia:
-
Bismarck non nascondeva l’interesse per due regioni francese abitate da popolazione di
lingua tedesca, l’Alsazia e la Lorena.
Nel 1870 si poneva il problema della successione al trono d Spagna. C’era l’eventualità che
salisse al trono iberico un parente di Guglielmo I. Se ciò fosse avvenuto la Francia si
sarebbe trovata circondata.
Bismarck manipolò abilmente la situazione facendo circolare una versione falsificata (e alquanto
provocatoria) di un messaggio di Guglielmo I sulla questione della successione spagnola.
Napoleone III cadde nel tranello e dichiarò guerra alla Prussia (luglio 1870).
Ma l’esercito prussiano era troppo potente e il conflitto si risolse rapidamente con un’umiliante
sconfitta francese (Sedan, 2 settembre 1870). Persino Napoleone III venne fatto prigioniero.
Nel frattempo Parigi insorse e proclamò la nascita della Terza Repubblica, con l’intenzione di
continuare la guerra contro la Prussia. Ma a gennaio 1871 dovette arrendersi anche il governo
repubblicano.
Il 18 gennaio 1871, nella sala degli specchi di Versailles, Guglielmo I venne proclamato kaiser
(imperatore) di Germania. Dopo il primo impero (reich) tedesco (il Sacro Romano Impero di Carlo
Magno) nasceva il Secondo Reich. L’unificazione tedesca si era realizzata.
LA COMUNE DI PARIGI
Il governo della Terza Repubblica francese, guidato da Adolphe Thiers, dovette affrontare il
compito di trattare la pace con i tedeschi. Le condizioni imposte dalla Germania furono
pesantissime (tra l’altro la cessione di Alsazia e Lorena e il pagamento di un ingentissimo
risarcimento).
Se il governo repubblicano era disposto a cedere, i parigini invece insorsero e indissero elezioni per
formare un consiglio comunale sovrano. Nacque così, in aprile, la Comune di Parigi che,
abbandonando il tricolore, assunse come vessillo la bandiera rossa.
La Comune durò solo due mesi.
Gli ideali portati avanti dai “comunardi” si basavano sui principi di democrazia diretta, istruzione
pubblica, laicità, lotta alla povertà e all’ingiustizia.
La Comune era guidata da un consiglio (nel quale rientrava un alto numero di operai) eletto a
suffragio universale. Ogni membro poteva essere revocato e riceveva uno stipendio pari a quello di
un operaio specializzato.
Le fabbriche vennero assegnate a cooperative di operai che le fecero funzionare.
La repressione: Parigi rimase isolata e il suo esempio non venne seguito da altre città francesi che
rimasero fedeli al governo di Thiers. Quest’ultimo, non riuscendo a domare la ribellione della
capitale, chiese e ottenne da Bismarck di rilasciare i prigionieri di guerra, soldati esperti con i quali
sarebbe stato facile sbaragliare le improvvisate truppe della Comune.
Così avvenne: nella settimana tra il 21 e il 28 maggio 1871 (la settimana di sangue) Parigi divenne
un cruento campo di battaglia. Le truppe governative si distinsero per la loro spietatezza: furono
20.000 i comunardi uccisi, oltre 4000 i prigionieri deportati nelle colonie.
IL COMPLETAMENTO DELL’UNITA’ D’ITALIA
Come già visto, al termine della Seconda Guerra d’Indipendenza, fuori dai confini della nuova
nazione italiana si trovano ancora il Veneto, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio e,
soprattutto, Roma.
Tra l’altro Roma era difesa anche militarmente dalle truppe di Napoleone III, contrario a qualsiasi
iniziativa che avesse potuto danneggiare lo Stato Pontificio.
Nel 1864 venne anche stipulata tra Italia e Francia una convenzione: l’Italia si impegnava a
difendere i confini dello Stato Pontificio, in cambio di un graduale ritiro delle truppe francesi.
Contemporaneamente la capitale dello Stato italiano veniva trasferita da Torino a Firenze.
Abbiamo già visto come, nel 1866, grazie all’alleanza con la Prussia, l’Italia sconfitta nelle due
battaglie principali della Terza Guerra d’Indipendenza (solo Garibaldi ottiene dei successi in
Trentino) ottiene comunque il Veneto, ceduto a Napoleone III, che ancora una volta lo “girerà”
all’Italia.
Fallivano nel frattempo i tentativi garibaldini di far insorgere Roma, ma la possibilità di annettere la
città eterna allo Stato Italiano era solo rimandata.
L’occasione venne data dalla disfatta francese nella guerra con la Prussia. Con la catastrofica caduta
del Secondo Impero, la Francia fu costretta a ritirare le truppe stanziate nello Stato Pontificio.
Roma capitale d’Italia: approfittando della crisi francese, il 20 settembre 1870 un corpo di
bersaglieri comandati dal generale Raffaele Cadorna, dopo averne cannoneggiato la cinta muraria,
entrò a Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Le truppe papaline furono sbaragliate. Pio IX si
dichiarò prigioniero dello Stato italiano e indisponibile a ogni trattativa.
Successivamente si svolse un plebiscito di annessione.
Roma divenne capitale d’Italia nel luglio 1871.
Lo Stato italiano volle regolare i rapporti con la Santa Sede emanando unilateralmente la legge
delle guarentigie (garanzie):
- il papa era considerato persona sacra e inviolabile, non soggetto alle leggi dello Stato.
- Al papa veniva riconosciuta la sovranità sulla Città del Vaticano, sui palazzi del Laterano e
sulla villa di Castel Gandolfo
- Al papa veniva concessa una dotazione annua di 3 milioni di lire.
Non solo Pio IX respinse queste norme; con la formula non expedit (“non è opportuno”) vietò
esplicitamente ai cattolici di partecipare alla vita politica dello Stato Italiano.
La conquista di Roma comportò così l’apertura di una profonda frattura tra il mondo cattolico e
quello laico italiani.