Ricordi di Biandrate - Comune di BIANDRATE

Ricordi di Biandrate
di Giuseppe Bellomo
Preambolo
Ogni uomo vuole emergere dalla massa umana.
Uno stimolo notevole lo spinge a differenziarsi, oltre alle capacità proprie, anche riguardo al luogo di provenienza, e questo sia per il nativo che per il residente occasionale. Le persone si sentono come investite da una forza che le fa
ritenere diverse dagli altri. Il luogo in cui si abita è un punto di riferimento che
diventa importante. Questo scritto cerca di evidenziare le caratteristiche più
rilevanti che riguardano il paese di Biandrate.
La molla
Dopo aver letto l’avviso situato all’ingresso del paese di Rima, sono scattato
come una molla e ho iniziato ad approfondire tutto ciò che riguarda il mio
paese nativo. A Rima ero giunto percorrendo la strada di sinistra appena dopo
l’abitato di Rimasco. Rimasco è situato nella seconda vallata di destra per chi
proviene da Varallo dirigendosi verso Alagna in Valsesia.
E’ proprio vero che chi è del posto non si rende conto di quanto alcune cose di
esso siano uniche. Il risultato è stato uno stimolo che mi ha consentito di scoprire alcuni eventi antichi e ripercorrere il passato più recente. I dati riportati
non sono da ritenersi frutto di una sistematica ricerca scientifica, ma frutto
della mia curiosità, forse troppo partigiana e superficiale.
L’avviso situato all’ingresso di Rima, oltre a fornire altre informazioni, riguardava la pergamena di Boccioleto in data 1387, che richiamava l’atto di donazione del 6 marzo 1083, con il quale il conte Guido di Biandrate donava
all’Abbazia di Cluny l’Alpe Lavazoso (oggi Lavazei), in Val Sermanza.
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L’origine e il passato antico
I reperti di attività di uomini, avvenuta nel comune di Golasecca, situato a
sinistra dell’inizio del fiume Ticino, hanno consentito ai paleontologi e ai
paleoantropologi di ritenere che in quella zona si fosse insediata una popolazione ligure. Ad essa si sostituì una popolazione, proveniente dalla Gallia
e, successivamente, la zona fu occupata dai Romani, rimanendo boschiva e
in parte incolta. Con la caduta, nel V secolo, dell’Impero Romano, dovuta
all’invasione delle popolazioni barbare, si ebbe l’occupazione dell’Italia settentrionale e di parte di quella centrale e meridionale ad opera della popolazione longobarda.
I longobardi furono ritenuti dai papi dell’VIII secolo una minaccia per i beni
della Chiesa, per cui invitarono il re dei Franchi ad intervenire.
Carlo Magno, nel 774,, venne in Italia con il suo esercito, sconfisse i Longobardi ed uccise il loro re Desiderio. Il Papa Leone III, riconoscente, lo incoronò imperatore del Sacro Romano Impero, nel Natale dell’ anno ‘800. Il
nuovo imperatore si trovava così in possesso di vasti territori e, per governarli,
li spartì li affidò a uomini che vennero chiamati – nobili.
I nominati erano generalmente analfabeti, e i loro diritti furono tramandati
ai loro eredi, che con il trascorrere del tempo si ritennero assoluti padroni dei
territori assegnati.
Sul posto però, esisteva una rete organizzata che faceva capo al Vescovo, più
colto dei nobili e alle dipendenze del Papa. I Vescovi, così come il Papa, si
erano dotati di uomini armati per meglio imporre il loro “giogo”, che a volte
si scontrava con quello dei nobili.
Il nobile di Pombia, che controllava i traffici commerciali che attraversavano
il fiume Ticino, forse perché i traffici erano divenuti meno importanti e scarsi,
si trasferì a Biandrate, il paese centro dei suoi beni.
I possedimenti erano in Valsesia, nella pianura di Novara, e precisamente
nella “Baraggia” o brughiera, oltre a vari altri possedimenti sparsi altrove. I
possedimenti del Conte di Biandrate costituivano un limite all’espansione di
Novara e Vercelli. Le armate del Conte, a fasi alterne, partecipavano agli scontri ora per l’una, ora per l’altra città, ma sempre dalla parte degli imperatori
di turno.
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Il conte Guido I, detto, Il Grande, figlio del conte Alberto, sposò Isabella,
figlia di Ranieri, marchese del Monferrato, e di Ida, sorella dell’imperatore
Corrado III, e in dote della sposa ottenne altri beni situati nel canadese. A
questi beni vanno aggiunti quelli acquistati nel 1070 dalla sua famiglia, che
erano nel piacentino, nel pavese e nel meridione del novarese.
L’Imperatore Federico I. detto il Barbarossa, nel 1152, giunto presso il
marchese del Monferrato, come aveva fatto nel 1140 l’Imperatore Corrado
III, confermò i diversi feudi del conte di Biandrate.
Dopo l’anno Mille, numerosi Comuni si erano riscattati dai gioghi sia dei nobili che dei vescovi, e si ritenevano non più soggetti ad altri poteri. Infine nel
1168 si ebbe da parte della città di Novara, di Vercelli e della Lega Lombarda
dei Comuni, che si era costituita a Pontida nel 1167, la distruzione di Biandrate, perché parteggiava sempre per l’imperatore.
La città di Novara e di Vercelli ripresero a fronteggiarsi, con l’aiuto alterno
della famiglia dei conti di Biandrate, per il possesso dei beni del Conte. Solo
con la pace conclusa a Casalino nel 1194 le due città stabilivano, oltre ad altre
condizioni, di mantenere distrutta la città di Biandrate e di deportare in parti
uguali condizioni, le famiglie più in vista. La famiglia dei conti di Biandrate
non si riprese più e si estinse a Torino nel 1958 con la contessa MariaLuisa.
I conti di Biandrate avevano il blasone che riportava la figura di un cavaliere
a cavallo che impugnava la spada sguainata (forse San Giorgio) e intorno al
collo uno scudetto con incisa la doppia croce.
Oggi del castello di Biandrate sono visibili i resti di un angolo. Il castello
doveva essere alla periferia di ponente dell’abitato, mentre in quella di levante
e alla destra della roggia Braga, a circa 100 metri a nord della strada per Novara, si vedevano i ruderi delle fondamenta di una cassaforte, perché a ridosso
della strada per Novara si poteva scorgere un “bugiun” la cui forma suggeriva
la continuazione di un fossato esterno alla cassaforte.
Esisteva una strada detta La Biandrate che con inizio a Romagnano Sesia
proseguiva poi per gemme, Carpignano Sesia, Sillavengo, Mandello, Vicolungo, Biandrate, per poi proseguire per Vercelli, che collegava i beni del Conte.
La “Biandrina” forse passava a lato di un campo “della forca” che si trova nel
Comune di Biandrate, al bivio di strade di campagna e con una quota molto
inferiore ad esse. Tale campo è a notte della nuova strada per Recetto di circa
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400 metri e a ponente della strada per Vicolungo di circa 500 metri.
Evoluzioni successive e curiosità
Il protettore dei Biandratesi è San Sereno, nono Vescovo di Marsiglia. Egli era
di ritorno da Roma circa nel 600 perché era stato convocato da Papa Gregorio
I, il quale sosteneva che le figure erano l’alfabeto degli analfabeti ed attribuiva
ad esse la stessa funzione della scrittura, a riguardo della disposizione emanata dal Vescovo. Il Vescovo, forse, era ospite nel convento di Biandrate dove
morì.
Le tracce del convento sono ancora oggi visibili e le abitazioni adiacenti costituiscono il rione “Convento”. Si narra che dopo alcuni secoli si riesumò il
corpo del Vescovo che venne collocato su un carro trainato da due buoi, per
trasferirlo in una chiesa di Biandrate o di Casalbeltrame. I buoi che trascinavano il carro con il feretro, giunti alla strada che collega i due paesi, senza che
alcuno li indirizzasse, andarono verso Biandrate. Il corpo di San sereno ora si
trova sopra la vecchia chiesa, sul fondo della quale vi è l’accesso alla canonica
ed al centro del lato di levante si accede all chiesa attuale. La nuova chiesa è a
tre navate, con il campanile addossato ad essa, e che si eleva a un’altezza di 45
metri. Il campanile è stato eretto successivamente alla chiesa, e precisamente
nel 1819, realizzato secondo il progetto dell’ingegnere vercellese Vincenzo
sassi.
Le pareti ed il soffitto della vecchia chiesa, ai tempi della mia gioventù, avevano figure abbastanza delineate e comprensibili, ma ora sono indecifrabili.
Per comprenderle e rivederle come erano, si possono esaminare perché riportate sui frontespizi dell’elenco telefonico relativo alle Province di Novara e del
VCO dell’anno 2002. Le foto sono dell’Archivio Alinari di Firenze.
La pieve di Biandrate comprende i paesi di : Recetto, Vicolungo, Casaleggio, Casalbeltrame e San Nazzaro Sesia, che i Biandratesi chiamano “Badia”.
Questi paesi, pur essendo in Provincia di Novara, appartengono alla diocesi
di Vercelli, come pure la pieve di Biandrate. Interessante è la denominazione
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della parrocchia intitolata al monaco irlandese Colombano, che nel Seicento
si era adoperato nel diffondere il credo cristiano.
Si narra che un Biandratese, al termine di una giornata di lavoro, abbia scagliato delle pietre contro un’immagine della Madonna. La popolazione di Biandrate, a riparazione di quell’atto vandalico, costruì un Santuario al quale
diede nome “Preiera”. Tale Santuario è aperto una volta all’anno per la processione dei Biandratesi, che si conclude con la celebrazione della santa Messa solenne.
Non meno interesse suscitava la facciata del Palazzo Comunale, che ai lati
del balcone aveva una finta colonna semicircolare; nell’area situata al di fuori
e superiore ad esse, in quella di destra si vedeva la testa di un guerriero con
l’elmetto, e sottostante la dicitura “Facino Cane”. Il personaggio Facino Cane
era un condottiero al solodi di Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano,
che morì nel 1402. Dalla morte del Visconte, il Facino Cane rimase nominalmente al servizio dei due figli minorenni, ma quello che conquistava, lo
considerava come suo. Divenuti maggiorenni i due figli di Gian Galeazzo,
e morto nel frattempo Facino Cane senza aver lasciato eredi, Filippo Maria
Visconti, uno dei fratelli, sposava la vedova di Facino Cane, giungendo così in
possesso dei beni sottratti abusivamente.
Nell’altra area situata a sinistra e superiore alla finta colonna semicircolare
del balcone predetto, si vedeva riprodotto il blasone dei Conti di Biandrate.
Nell’area centrale, sempre superiore alle finte colonne semicircolari, situate al
lato del balcone, si vedeva lo stemma del Comune.
Un’opera importante, che contribuì a modificare l’ambiente costituito principalmente da boschi e da terreni asciutti e in parte coltivati, è stata la costruzione nel 1866 del Canale Cavour, che facilitò la coltivazione di cereali, per i
quali è necessaria abbondante acqua.
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Modifiche contemporanee
Le strade interne del paese, sino al 1955, erano acciottolate e prive di marciapiedi, affiancate ai lati di un cataletto che convogliava l’acqua piovana o nella
roggia Molinara o nel cavo Gautieri. Nei pressi degli scarichi delle strade, vi
erano gli scranni di cemento predisposti per le lavandaie. Dopo la costruzione
della fognatura, le strade dell’abitato vennero asfaltate e dotate di marciapiedi.
Nei mesi estivi, per diminuire la temperatura, le strade del paese venivano
annaffiate abbondantemente. Non ci sono più i binari del tram la cui motrice
era chiamata dai biandratesi “Gamba de legn” forse a causa della sua scarsa
velocità. La linea del tram cominciava da Fara, e dopo l’incrocio della linea
per Novara, che avveniva a Biandrate, proseguiva per Vercelli. Il telefono della
ferrovia era un modello a manovella; girandola più volte si poteva comunicare
con determinate località. Sono a conoscenza dell’uso del telefono della ferrovia perché la mia famiglia gestiva la biglietteria che era situata nel fabbricato
dei signori Baraggioli, di fronte al municipio di Biandrate.
Vi era pure un portichetto, come si può vedere nella foto, verso la fine sud
della facciata del fabbricato rivolto verso sera, che serviva ai viaggiatori come
riparo dalle intemperie in attesa dell’arrivo del tram. Ma con la ristrutturazione del fabbricato il portichetto è stato eliminato.
Sulla parte terminale dell’edificio, all’angolo con via Roma, c’era la farmacia
gestita dal dottor “spizié” così chiamato perché misurando e pesando i vari
ingredienti prescritti dal medico, preparava la medicina.
C’era anche la levatrice che assisteva le donne nel parto. Oggi le donne per
partorire vanno in ospedale e la figura della levatrice non esiste più.
In una casa della periferia verso Casalbeltrame c’era l’allevamento dei bachi
da seta, posti su stuoie, che divoravano le foglie dei gelsi che venivano colte
dai “murun” esistenti lungo il tratto di ponente della strada per Vicolungo,
compreso tra il cimitero e la periferia dell’abitato.
Ricordo pure che si accedeva all’asilo Ginetta Caccianotti tramite un ponticello sulla Roggia Molinara. Oggi non c’è più il ponticello né la roggia, ma
è stata ampliata la strada relativa. Anche le scuole elementari, dove il sottoscritto aveva appreso i primi rudimenti, sono state trasferite. Le scuole, ai
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miei tempi, erano al piano superiore di un edificio prospicente via Vinisciola,
in proseguimento della sede municipale sita in piazza cesare Battisti. Il fabbricato si interrompeva alla strada Vinisciola, ora via Greppi, che era molto
stretta.
Al piano terra della parte terminale del predetto edificio prospicente via Matteotti, vi era l’ambulatorio del medico condotto che prospettava in parte sulla
via Vinisciola, quindi, dopo un passaggio carraio e proseguendo sempre verso
la piazza Cesare battisti, vi erano i locali dell’abitazione di un dipendente comunale ed infine i locali occupati dalla Guardi di Finanza. Il cortile interno
dell’edificio terminale era molto ampio, con in fondo un albero maestoso.
Tutto questo ora non esiste più e al suo posto è stato realizzato un parcheggio.
Conclusione e alcune consultazioni
Quando ritorno a Biandrate, prima ancora di giungervi, vedo tante innovazioni che modificano radicalmente l’aspetto originario dell’ambiente, per cui
mi sento spaesato. Il paese è talmente cambiato che mi sento forestiero.
Conoscere, sia pur imperfettamente e con le possibili mancanze, è utile per
rafforzare le informazioni che riguardano Biandrate. La propria personalità
ne trarrà innegabili benefici. E’ con orgoglio che il biandratese si sente diverso; forse suonerà presuntuoso e superbo, ma solo gli audaci cambieranno
il mondo per cui dico “Forza Biandratesi”.
Sapere come si sono svolti gli avvenimenti passati, nochè le curiosità che
riguardano il luogo di residenza o di provenienza, danno un senso di sicurezza. Forza Biandratese, abbi fiducia in te stesso e diventerai una persona di
valore dal cuore gioioso!
Le notizie qui riportate provengono da uno storico dilettante divenuto ricercatore occasionale, affinché i Biandratesi trovino una crescente energia e siano
più coraggiosi.
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Sono state consultate alcune pubblicazioni:
Valsesia, storia ed immagini – Editore Albino Roma – 2003
Novara e la sua terra nei secoli XI e XII, a cura del Comune di Novara
Sestante, rivista di cultura e turismo del territorio novarese n.4, febbraio 2007
C.S.N. n. 18. Giugno 2008
Reggie, castelli e forti – Ente del turismo di torino – 2008/2009
Storia della Chiesa in tre volumi – S. Paolo edizioni
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