La cosmologia di Aristotele Non possedendo alcuna teoria fisica sul perché i pianeti si muovono in orbite, i greci immaginarono modelli nei quali i corpi celesti si dovevano necessariamente muovere secondo orbite circolari. In questo modo veniva colmata la carenza di una teoria fisica e nello stesso tempo andavano d'accordo con l'idea della perfetta simmetria della sfera enunciata da Platone Aristotele (384-322 a.C.) accettò in pieno la teoria di Eudosso di Cnido (408-355 a.C.), che per primo elaborò un sistema matematico sulle sfere celesti, ovvero il sistema delle sfere cristalline, col quale potevano essere spiegati (in realtà, solo in parte) i complessi movimenti dei pianeti. Vista in piano delle sfere celesti Al centro la Terra (T), e poi in ordine dall'interno verso l'esterno quelli che erano conosciuti come pianeti (sette, più le stelle fisse): L - Luna (L) - Mercurio (Me) - Venere (V) - Sole (So) - Marte (Ma) - Giove (G) - Saturno (Sa) T V So Ma Sa - Stelle fisse (SF) Me G SF Stelle fisse Saturno Nella sua rielaborazione, Aristotele combinò gruppi separati di sfere in un complicatissimo sistema meccanico di sfere concentriche legate le une alle altre. Per riuscire a spiegare la realtà osservata, il suo sistema arrivò a prevedere un totale di 55 sfere (Metaphysica, XII, 8 - Nella figura a destra la riproduzione di uno spicchio delle sfere). Tutte le sfere celesti erano costituite di una materia cristallina ingenerata, eterna, incorruttibile, imponderabile, perfettamente trasparente - l'etere, o quintessenza - (De Caelo, II, 1) ben diversa dagli altri quattro elementi che componevano il mondo sublunare pesante e corruttibile: terra, acqua, aria e fuoco. Giove Marte Sole Venere Mercurio Terra Luna 1 di 1