La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e

annuncio pubblicitario
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La ricerca di mercato
sul consumatore:
proposte e spiegazioni
In questo capitolo
■ Domande e risposte
■ Fatti, teorie, spiegazioni, classificazioni
■ Tipologie di consumo
■ Paradigmi d’acquisto
■ Alcuni concetti chiave
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Capitolo 1
Intr
oduzione
Introduzione
In una prospettiva di marketing, il concetto di comportamento del consumatore identifica l’insieme delle reazioni degli individui in un contesto commerciale. Come e perché, dunque, essi acquistino e utilizzino dei prodotti1, quali
siano le loro reazioni di fronte al prezzo, alla pubblicità e agli altri strumenti
promozionali, quali siano i meccanismi che ostacolano o favoriscono il consumo. In questo volume sono esposte le teorie sviluppate e le ricerche effettuate in questo campo, sforzandosi di farlo in un modo che possa supportare
gli operatori di mercato nell’adozione di strategie adeguate alla realtà e nella
scelta della più razionale tra le varie possibili azioni di mercato.
Questo non è un testo introduttivo: presuppone una serie di conoscenze di
base sia nel campo del marketing che della ricerca di mercato. Rispetto a molte altre pubblicazioni del settore, risulta quindi più impegnativo e adotta un
approccio più critico alla materia. Si è cercato di descrivere in dettaglio, anche
se in misura necessariamente non esaustiva, il sistema di conoscenze recentemente acquisito sulle modalità di acquisto e di utilizzo dei prodotti. Per quanto invece riguarda tutto ciò che nell’ambito del comportamento del consumatore non è ancora sufficientemente esplorato, le affermazioni presentate si
basano comunque su dati e ricerche effettivamente disponibili. Si è cercato
inoltre, dove opportuno, di trasferire un necessario senso di cautela nei confronti delle evidenze empiriche fornite, perché il dubbio è fondamento di ogni
disciplina basata sull’indagine. Oltre a costituire il carburante stesso della ricerca, il dubbio è anche un elemento importantissimo per una buona formazione; se gli studenti, infatti, percepiscono il comportamento del consumatore
come non completamente prevedibile, sapranno meglio capire e meglio s’adatteranno a eventuali nuove scoperte. È in base a queste considerazioni che per
questo volume sono stati selezionati dei contenuti molto diversi da quelli caratterizzanti i testi introduttivi.
In questo capitolo vengono introdotti i seguenti argomenti:
■ i quesiti che si pongono sul comportamento del consumatore e le risorse
disponibili;
■ il ruolo di fatti, teorie, spiegazioni e della classificazione dei diversi tipi di
consumo;
■ le tipologie di consumo. Le possibili classificazioni del comportamento del
consumatore in base a importanza, frequenza, libertà e suscettibilità all’influenza del gruppo;
■ tre prospettive sull’azione di consumo: l’approccio cognitivo, che considera le decisioni sugli acquisti come un processo di risoluzione dei problemi;
l’approccio di rinforzo, che considera il consumo come un comportamento
1
In questo libro con il termine “prodotti” si intendono sia i beni sia i servizi.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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appreso; infine l’approccio abitudinario, in cui ci si concentra invece sulla
riproduzione routinaria dei comportamenti in determinati contesti;
■ alcuni concetti chiave: coinvolgimento, libertà, frustrazione, attribuzione
causale e influenza sociale.
Domande e risposte
Marketing e comportamento del consumatore sono territori strettamente affini: si può dire, infatti, che il primo dipende dal secondo, perché gli operatori di
mercato hanno bisogno di fornire risposte adeguate agli interrogativi emersi
in seguito alle azioni di marketing da loro stessi intraprese. Alcuni esempi di
queste azioni sono:
■ utilizzo di incentivi sui prezzi;
■ campagne pubblicitarie;
■ lancio di nuovi prodotti utilizzando nomi di marca già esistenti (estensione
del marchio).
L’impiego di tali strategie è legato a precise ipotesi sulle reazioni del consumatore: ad esempio, si ritiene che gli sconti incentivino gli acquisti. Il successo
di una campagna promozionale di sconti dipende, però, da quale incremento
subiscano le vendite a fronte di una riduzione di prezzo, ad esempio, del 10%.
Il buon senso non è lo strumento adatto per rispondere a un quesito di questo
tipo. Per intraprendere un’azione promozionale con cognizione di causa è allora necessaria una ricerca sistematica che fornisca una stima dell’entità delle
possibili conseguenze spiegando anche i meccanismi in base ai quali queste
stesse conseguenze si verifichino. Le domande che potrebbero sorgere a questo proposito sono le seguenti.
■ Quanto influisce sulle vendite il fatto che i prodotti scontati siano disposti
su espositori speciali? Come cambiano le vendite al ripristino del prezzo
pre-promozionale? Perché questi effetti si manifestano?
■ Quanto influiscono sulle vendite le campagne pubblicitarie e quanto durano i loro effetti? Quali sono i meccanismi che li spiegano?
■ Quanto influisce l’uso di un nome di marca già conosciuto sull’acquisto di
un nuovo prodotto? Per quale motivo il nuovo prodotto dovrebbe essere
favorito da quel nome?
Il governo e, in particolare, le autorità garanti della concorrenza e dei mercati
si pongono altre domande. Queste organizzazioni sono delegate a controllare
il mercato e a stabilire regole sull’etichettatura dei prodotti, sulla correttezza
in campo pubblicitario, sulla forma delle confezioni e così via… Ecco quali
interrogativi potrebbero porsi.
■ Che uso fanno i consumatori delle informazioni riportate sulle confezioni?
Come si spiega questo comportamento?
■ Quali sono gli effetti della pubblicità correttiva? Perché si verificano?
■ Le confezioni a prova di bambino sono davvero sicure? Come vengono usate?
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Capitolo 1
Solo una raccolta di dati sul comportamento del consumatore può rispondere
alle domande poste dagli operatori di mercato e dalle competenti autorità di
governo. È da sottolineare il fatto che, nonostante questi due gruppi possano
a pieno titolo porre tali domande, non sia comunque a loro concesso il decidere le modalità di ricerca utili allo scopo. A questo fine entrano infatti in gioco i
metodi della ricerca di mercato, dell’analisi dei dati, della psicologia e delle
scienze sociali.
In qualsiasi disciplina applicata, in mancanza di dati oggettivi, gli esperti
devono basarsi sul proprio discernimento ed elaborare delle ipotesi. Nel marketing, i responsabili non possono sempre aspettare gli esiti di studi ampi ed
esaustivi per prendere le proprie decisioni, anche se è importante che siano
pronti ad accogliere i nuovi dati man mano che questi si rendano disponibili.
Talvolta, infatti, anche strategie apparentemente efficaci possono necessitare
di modifiche in seguito a nuove scoperte. Si prendano, ad esempio, le cosiddette confezioni “a prova di bambino” dei prodotti farmaceutici. È stato dato
per scontato che garantiscano maggior sicurezza, ma potrebbe trattarsi di una
convinzione ingannevole. Nel 1984, Viscusi provò l’esistenza di una correlazione tra l’incremento degli avvelenamenti mortali infantili e l’utilizzo di capsule a prova di bambino. Ciò era probabilmente da imputare al fatto che i
genitori, consci della presenza della capsula di sicurezza, lasciavano i medicinali in posizione accessibile; oppure al fatto che le bottiglie venivano lasciate
aperte perché chiuderle risultava troppo difficoltoso. La ricerca di Viscusi, pur
presentando alcuni aspetti non del tutto chiari, obbliga comunque a una rivisitazione dei protocolli di sicurezza.
Applicazione
Più sicur
ezza?
sicurezza?
Esiste un aneddoto ammonitore sulla sicurezza stradale. Sembrerebbe, infatti,
che le persone si avvantaggino della maggiore sicurezza delle vetture rischiando
di più: se l’auto è più sicura, insomma, allora si va più veloci. L’effetto descritto
viene chiamato compensazione del rischio. A conferma dell’esistenza di tale
effetto, Peltzman (1983) verificò come l’introduzione di uno standard per i
dispositivi di sicurezza nelle automobili non avesse sortito alcun effetto sull’incidenza di ferite gravi o mortali agli automobilisti. Allo stesso modo, Davis
(1992) documentò il fatto che in Gran Bretagna la legge che imponeva l’uso
delle cinture di sicurezza non generò la prevista riduzione negli incidenti gravi: a quanto pare, infatti, gli automobilisti guidano più velocemente con le
cinture allacciate e, di conseguenza, fanno più incidenti. L’affermazione è ulteriormente avvalorata dal fatto che in Gran Bretagna si è registrato un aumento degli incidenti a ciclisti e pedoni dopo che le cinture di sicurezza sono
diventate obbligatorie.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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Fatti, teorie, spiegazioni, classificazioni
Il valore dell’informazione dipende dall’ampiezza del suo campo d’applicazione. Alcuni dati oggettivi possono risultare, infatti, particolarmente utili perché si adattano a molte situazioni diverse. Nel 1994, ad esempio, Ehrenberg,
Hammond e Goodhart analizzando un ampio numero di dati ricavati da precedenti ricerche di marketing scoprirono che, una volta ripristinato il prezzo
normale dopo uno periodo di sconti, le vendite tornavano al livello pre-promozionale. Si tratta di un dato utile per chi sia chiamato a decidere la destinazione del budget dedicato a pubblicità e promozione, ma la maggior parte di
noi sarebbe più felice se potesse avere una spiegazione che collegasse questa evidenza ad altre ipotesi: come si spiega, ad esempio, il fatto che promozioni capaci
di aumentare le vendite del 50% (o più) non producano effetti duraturi? Di certo,
una promozione genera nuovi clienti. Di questi, ce ne saranno alcuni che rimarranno poi fedeli al marchio? Gli autori, in questo caso, offrirono una spiegazione.
Esaminando i dati relativi alle vendite, trovarono che il 93% di coloro che rispondevano positivamente alle promozioni sui prodotti dei marchi più famosi aveva
già acquistato il prodotto nei due anni e mezzo precedenti, per cui la promozione
procurava al marchio un numero esiguo di nuovi acquirenti.
Le spiegazioni ci permettono di fare un uso migliore delle evidenze empiriche a nostra disposizione e di sollevare ulteriori domande. Nel caso delle
promozioni possiamo ipotizzare che le marche minori registrino un effetto
residuo positivo, anche se di piccola entità, in seguito alla promozione, perché
è più probabile che una marca con pochi acquirenti iniziali veda aggiungersi
una percentuale maggiore di nuovi acquirenti in seguito alla promozione. Fino
a ora tale ipotesi non è stata studiata, ma se trovassimo che non c’è alcuna
relazione tra la percentuale di nuovi clienti acquisiti con la promozione e le
vendite post-promozione, si dovrebbe procedere a una revisione critica della
spiegazione fornita da Ehrenberg, Hammond e Goodhart.
Gli stessi fatti possono essere spiegati in molti modi e, dal momento che
ogni spiegazione comporta differenti conseguenze, possiamo porle a confronto tra loro. Ad esempio si potrebbero spiegare i risultati della ricerca di Ehrenberg, Hammond e Goodhart in modo diverso, ipotizzando che l’eventuale effetto di rinforzo fornito dalla promozione venga cancellato dalla tendenza delle
persone ad associare un prezzo basso a una qualità inferiore. Nel Capitolo 4
sarà diffusamente approfondita l’ipotesi che gli sconti influiscano sulla percezione della qualità di una marca.
Le spiegazioni guidano la ricerca in quanto danno vita a una rete di concetti, o teorie, entro le quali una certa quantità di fenomeni viene interpretata e
dalle quali possono essere dedotte nuove ipotesi. Queste teorie spiegano come
le persone apprendano, decidano, cambino le proprie opinioni, ricerchino una
coerenza tra pensiero e azione. Le teorie non sono soggette a confini arbitrari,
e infatti una teoria capace di spiegare il perché le persone comperino una lavastoviglie può essere valida anche per giustificare l’acquisto di azioni o il comportamento di voto. Sebbene le ragioni specifiche siano diverse in ciascuno
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Capitolo 1
dei casi descritti, la spiegazione può essere la stessa. Tra le numerose teorie
analizzate in questo volume, alcune sono brevemente descritte in questo capitolo. Le evidenze che compongono una teoria devono essere classificate e organizzate in qualche modo, quindi una delle prime cose da fare è distinguere
tra alcuni tipi di consumo.
T ipologie di consumo
Acquisti importanti
Di solito gli acquisti importanti sono tali perché effettuati per la prima volta o
comunque di rado e possono richiedere alla persona coinvolta tempo e fatica,
perché l’esperienza precedente su cui si basa la scelta è scarsa o nulla. Si tratta
di acquisti che comportano quindi un alto livello di coinvolgimento. Rientrano
in questo gruppo l’acquisto di un’auto nuova, la scelta di una località di vacanza, di recarsi o meno in un nuovo ristorante o di quali azioni acquistare,
ma anche importanti scelte di vita esterne alla sfera del comportamento di
consumo, come la scelta del lavoro o di avere o meno un figlio.
Consumo ripetitivo
Alcuni acquisti si ripetono; la maggior parte delle cose con cui abbiamo riempito il carrello l’ultima volta che siamo stati al supermercato, ad esempio, le
avevamo già acquistate molte volte. La teoria dell’apprendimento studia il
comportamento ripetuto ed è perciò importante nello studio degli acquisti frequenti. In generale, questi acquisti richiedono uno scarso livello di attenzione e
per questa ragione sono di solito descritti come acquisti a basso coinvolgimento.
Consumi involontari
Alcune azioni sono compiute in piena libertà, altre non danno possibilità di
scelta. Il consumo involontario presenta delle forme individuali e delle forme
sociali. Per quanto riguarda le forme individuali, se utilizziamo un’auto siamo
obbligati ad acquistare la benzina, e ci riuscirebbe difficile sopravvivere senza
conto in banca e telefono. Se siamo obbligati all’acquisto della categoria (il
tipo di prodotto) possiamo però scegliere tra varie marche di benzina, di servizi bancari e di compagnie telefoniche: in realtà, quando la scelta è pressoché
inutile (ad esempio tra le marche di benzina) o difficoltosa (cambiare il conto
in banca, ad esempio), la libertà d’azione di cui si è parlato è ridotta.
Le forme sociali di consumo involontario si verificano nel caso in cui i prodotti vengono forniti collettivamente e non individualmente. Molti dei servizi
che utilizziamo fanno parte di questa categoria, ad esempio la manutenzione delle strade e l’emissione dei passaporti. In questi casi non esiste un mercato, non
possiamo cambiare fornitore e il controllo della qualità del prodotto può avvenire solo esercitando una qualche forma di influenza sull’organismo fornitore.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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Consumi di gr
uppo
gruppo
Si distingue infine tra acquisti effettuati individualmente e acquisti effettuati
in base a determinate influenze di gruppo. Molte decisioni di spesa interne
alla famiglia riflettono i gusti dei componenti del gruppo familiare, così come
molte decisioni all’interno delle imprese si basano sulle opinioni di un’unità
decisionale (DMU, Decision Making Unit) composta da poche figure chiave
selezionate tra i dipendenti.
P ar
adigmi d’acquisto
aradigmi
Un paradigma è una prospettiva o una struttura entro la quale si formano
delle teorie. Nell’ambito della filosofia della scienza, i paradigmi venivano un
tempo proposti in modo fortemente restrittivo, così che il progresso scientifico veniva a subire un rallentamento fino a quando il paradigma dominante
veniva rovesciato e i problemi scientifici ridefiniti all’interno della struttura
del nuovo paradigma. Nella ricerca moderna, i paradigmi sono considerati in
modo molto più flessibile e i ricercatori possono appoggiarsi a una molteplicità di schemi per definire le proprie conoscenze (sebbene ognuno di noi tenda
ad avere delle preferenze). Dal momento che i paradigmi non sono più percepiti come mutuamente esclusivi, un pensiero parallelo di questo tipo è necessario: non è quindi corretto affermare che uno schema sia giusto e gli altri
sbagliati, ma è pur vero che un paradigma possa risultare più appropriato di un
altro in particolari condizioni. Se prendiamo in considerazione le diverse teorie
sull’acquisto, notiamo che possono essere collocate entro tre paradigmi, e cioè:
1. l’approccio cognitivo, che considera l’acquisto come risultato di processi
decisionali o di risoluzione dei problemi.
2. L’approccio di rinforzo, che considera l’acquisto come un comportamento
acquisito in risposta a vari aspetti della situazione del consumatore.
3. L’approccio abitudinario, che considera l’acquisto come uno schema comportamentale prestabilito, determinato da particolari condizioni.
Applicazione
P ar
adigmi d’acquisto e influenza manageriale
aradigmi
Il paradigma cognitivo si concentra sulla decisione del consumatore, basata su
idee, informazione, valutazione ecc. L’influenza manageriale si manifesta quindi
tramite la diffusione dell’informazione e la persuasione. Il processo decisionale cognitivo non è però così diffuso tra i consumatori come si è soliti pensare. Ciò riduce il valore dell’approccio in questione, che sembra applicarsi più
alle decisioni assunte una tantum che non agli acquisti ripetitivi.
10
Capitolo 1
Il paradigma di rinforzo si concentra sul modo in cui il comportamento viene modificato dall’ambiente; conseguentemente, l’influenza manageriale è
massimizzata attraverso il mutamento della situazione del consumatore. Tale
approccio perde in utilità quando si tratta di spiegare il comportamento complesso del consumatore derivato da una serie di esperienze passate non facilmente individuabili.
Il paradigma abitudinario si concentra su schemi di comportamento fissi che
vengono rapidamente attivati in risposta a stimoli caratteristici e rilevanti all’interno di una determinata situazione. In questo caso i manager possono
trarre beneficio dallo studio del modo in cui il comportamento è associato a
un determinato stimolo; una volta che si è identificato il legame, si può utilizzare lo stimolo per suscitare il comportamento. È particolarmente importante
in settori come la progettazione delle confezioni e la pubblicità.
Sebbene ciascuno di questi paradigmi aiuti a dare forma alle nostre idee sul
comportamento d’acquisto, vi è disaccordo sulla rilevanza assunta da ciascun
paradigma rispetto agli altri. Nella pratica il paradigma cognitivo ha avuto sino
a oggi un’influenza preponderante e pervade gran parte dei testi americani di
comportamento del consumatore (ad esempio Engel, Blackwell e Miniard, 1995;
Howard, 1994). In Gran Bretagna è stato in certa misura sostenuto l’approccio
di rinforzo e Foxall (1990) ha sottolineato come gran parte del comportamento del consumatore rientri nei modelli di apprendimento stabiliti dalla ricerca
sperimentale. Altri ricercatori nel campo del marketing (ad esempio Ehrenberg, 1988), esaminando i dati secondari acquisiti dalle società di ricerche di
marketing, hanno dimostrato la presenza di regolarità, da loro descritte in termini matematici, che concorderebbero con il paradigma abitudinario. Nelle
pagine che seguono esamineremo nel dettaglio le tradizioni di ricerca che sottendono i diversi paradigmi.
L’appr
occio cognitivo
’approccio
La prima volta che un individuo effettua un acquisto per lui rilevante si troverà probabilmente a esaminare le diverse opzioni, discutere i pro e i contro e
riflettere sulle possibili alternative; l’azione è quindi preceduta da scelte, o
pianificazioni, volte a perseguire determinati vantaggi o a evitare dei costi.
Foxall (1992a) ha descritto nei seguenti termini tale paradigma decisionale:
Il comportamento del consumatore è generalmente inteso come una sequenza di risoluzione di problemi e di assunzione di decisioni, il cui risultato viene
determinato dal modo in cui il consumatore elabora le informazioni in base ai
propri obiettivi. Si attribuisce al “consumatore cognitivo” la capacità di assimilare e utilizzare quantità considerevoli di informazioni, di effettuare in modo
autonomo valutazioni comparative di prodotti e marche alternative e di scegliere tra queste in modo razionale. Tale fiducia nel consumatore cognitivo è
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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alla base di gran parte del marketing e delle analisi economiche; è inoltre elemento centrale nell’analisi della strategia del management.
Nonostante il paradigma cognitivo sia molto popolare quale spiegazione del
comportamento di consumo, non tutti ritengono che a esso possa essere attribuita una capacità esplicativa generalizzata. Olshavsky e Granbois (1979, pag.
98 e 99) osservano che “per molti acquisti non si prende mai una decisione,
nemmeno nel caso si tratti di un primo acquisto... anche nel caso in cui l’acquisto sia preceduto da un processo di scelta, quest’ultima è destinata con
ogni probabilità a risultare molto limitata. Di solito comporta la valutazione di
poche alternative, una scarsa ricerca esterna, pochi criteri di valutazione e l’utilizzo di modelli valutativi elementari”.
Anche se queste osservazioni potrebbero sconcertare il lettore, va ricordato
che le esperienze passate e le caratteristiche della situazione di consumo possono sostituirsi al processo decisionale. Gli esperti di consumo sono d’accordo sul fatto che una parte del comportamento di consumo dipende da fattori
intrinseci alla situazione di consumo, mentre un’altra parte è intenzionale e
conseguente a una pianificazione consapevole; il punto su cui non esiste accordo è la misura in cui ciascuna delle due spiegazioni possa e debba essere
applicata. In molti testi sul comportamento del consumatore il processo decisionale consapevole viene presentato come prima e principale spiegazione della
scelta di consumo, non attribuendo abbastanza rilievo ad altri aspetti più routinari dell’acquisto. Engel, Blackwell e Miniard (1995) hanno sottolineato tale
lacuna, suggerendo l’esistenza di un continuum decisionale all’interno del quale accomodare le diverse prospettive. Gli autori osservano che gli acquisti nuovi
e importanti comportano una risoluzione estensiva dei problemi (EPS, da extensive problem solving), composta da molteplici fasi sequenzialmente ordinate:
ricognizione del problema, ricerca delle possibili alternative risolutive e delle
informazioni relative a ognuna di esse, valutazione delle alternative, acquisto
e, infine, attività successive all’acquisto quali ad esempio il passaparola positivo sul prodotto. Engel et al. concordano sul fatto che i consumatori, anche in
occasione di un acquisto effettuato per la prima volta, spesso non hanno il
tempo, le risorse o la motivazione necessari a condurre una EPS, tendendo
quindi a ripiegare su una risoluzione limitata dei problemi (LPS, limited problem
solving) che tralascia molti dei passaggi della EPS. Nel caso di acquisti ripetuti
gli autori reputano invece che i consumatori utilizzino un approccio decisionale abitudinario, basato da un lato sulla propria lealtà al marchio, dall’altro
sull’inerzia, soprattutto quando la marca soddisfi un bisogno che il consumatore non avverte come particolarmente rilevante. Anche se questa spiegazione
è plausibile e sembra adattarsi ad azioni ripetitive, vi è una contraddizione
insita nell’idea stessa di processo decisionale abitudinario. Se è abitudinario,
infatti, allora non ci può essere decisione nel senso di processo cognitivo cosciente precedente l’azione. Se le “abitudini” sono responsabili della maggior
parte dei consumi, non ci si può limitare ad attribuirle a un’assenza di riflessione: è necessaria una spiegazione più convincente.
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Capitolo 1
La Figura 1.1 rappresenta il processo di risoluzione estensiva dei problemi:
si noti come l’attenzione sia posta sui processi interni del consumatore (in
contrasto con i paradigmi di rinforzo e abitudinari, che attribuiscono invece
maggiore rilevanza alle caratteristiche della situazione di consumo). Il modello teorico in esame, che descrive l’azione del consumatore in una prospettiva
prevalentemente cognitiva, è estremamente popolare e longevo, essendo apparso per la prima volta (sia pure in una forma leggermente modificata) in
una pubblicazione di Engel, Kollat e Blackwell del 1968; si trova un modello
simile in un’opera di Howard e Sheth (1969); da allora in una forma o nell’altra l’approccio ha rivestito un ruolo chiave in molti testi di comportamento del
consumatore. I modelli cognitivi di questo genere sono stati criticati da Ehrenberg (1988) perché mancano di metodi condivisi di misurazione dei costrutti utilizzati e perché i rapporti tra i costrutti stessi sono specificati in modo impreciso.
È assai difficile trovare, nella realtà, un comportamento che si avvicini alle
sequenze elaborate e coerenti caratteristiche dei modelli basati sulla risoluzione estesa dei problemi. Dalle ricerche di Beales et al. (1981) sappiamo che
ben poche persone consultano Consumer Reports (la pubblicazione dell’associazione statunitense dei consumatori; un equivalente italiano è la rivista
Altroconsumo) prima di acquistare beni di elevato valore unitario; Beatty e
Smith (1987) rilevarono inoltre che lo sforzo di ricerca che precede l’acquisto
di beni durevoli è limitata. Talvolta i consumatori non prendono nemmeno in
considerazione l’esistenza di alternative; Lapersonne, Laurent e Le Goff (1995)
scoprirono che il 17% degli acquirenti di automobili prende in considerazione,
al momento della sostituzione, soltanto la marca di automobile precedentemente acquistata. Possiamo ritrovare le stesse limitazioni anche nel modo in
cui noi stessi prendiamo le nostre decisioni: spesso si fanno acquisti anche
importanti senza effettuare particolari indagini. Il processo decisionale completo sembrerebbe assumere una certa rilevanza in occasione del primo acquisto di un bene, un evento che però risulta piuttosto raro anche nel mercato
dei beni durevoli, dato che molti consumatori o acquistano un prodotto per
sostituirne un altro o acquistano un ulteriore esemplare di un prodotto che già
possiedono. In uno studio sull’acquisto di elettrodomestici condotto negli Stati
Uniti, Wilkie e Dickinson (1985) rilevarono che due terzi degli acquirenti avevano già comperato l’apparecchio in questione almeno una volta; Bayus (1991),
citando fonti dell’industria statunitense, fornisce le seguenti percentuali di
acquisti di sostituzione per vari tipi di beni durevoli:
Frigoriferi
Lavatrici
Automobili
TV a colori
88%
78%
70%
53%
Gli acquisti che non vanno a sostituire un bene preesistente sono spesso acquisti di un secondo o terzo esemplare del bene già posseduto, specialmente
nel caso di automobili e TV. I nuovi acquirenti rivestono dunque un ruolo rile-
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
Un modello completo del comportamento del consumatore che rappresenta il processo d’acquisto
e le sue conseguenze (Fonte: Engel et al., 1995)
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Figura 1.1
14
Capitolo 1
vante pur essendo rari: il loro primo acquisto può infatti determinare la marca
che sceglieranno in seguito.
Applicazione
Ma i risparmiatori scelgono davv
er
o?
davver
ero?
In base ai dati forniti da una ricerca della Woolwich Building Society, i risparmiatori non sfruttano al meglio le agevolazioni fiscali che spettano loro.
Quattro soggetti esenti da imposta su dieci non hanno fatto richiesta presso la loro banca o cooperativa edilizia per ricevere interessi non tassati sui
propri risparmi.
Metà di questi non ricordava di avere o meno presentato richiesta; tra quelli che non avevano presentato la domanda, il 40% ha dichiarato di non essere
a conoscenza del diritto di ricevere interessi esentasse, mentre molti altri hanno affermato di non conoscere i meccanismi per richiedere questa agevolazione.
Secondo una stima del fisco, solamente un terzo delle persone che avrebbero il diritto di ricevere l’interesse esentasse ha effettivamente presentato la
necessaria domanda. Un portavoce ha affermato che queste persone hanno il
diritto di chiedere il risarcimento dei circa 800 milioni di sterline indebitamente pagate negli ultimi due anni.
Fonte: Daily Telegraph, 11 Settembre 1993.
Spesso vengono prese in maniera superficiale perfino quelle decisioni che sembrerebbero richiedere una buona dose di riflessione. Si potrebbe ad esempio
ipotizzare che i contribuenti verifichino con attenzione le opportunità di non
pagare tasse non dovute, ma la realtà sembra dimostrare il contrario (vedi riquadro). Allo stesso modo ci si aspetterebbe che all’interno di un’impresa le
decisioni vengano assunte in base allo schema di risoluzione estensiva dei
problemi: in realtà Simon (1957) ha per primo evidenziato come la maggior
parte delle decisioni aziendali venga presa dopo aver raccolto ben poche informazioni. I dirigenti avrebbero in altre parole la tendenza ad accettare la
prima opzione ritenuta “adeguata” a risolvere il problema, rischiando così di
non prendere nemmeno in considerazione la soluzione migliore. Simon definì
questo comportamento “soddisfacente”; Mintzberg (1979) ha fornito molteplici esempi di questo tipo di comportamento. Uno studio sulle scelte di investimento operate nell’ambito delle imprese britanniche ha rivelato che le proposte erano soggette a valutazioni approssimative, a un’analisi finanziaria difettosa e mancavano di coerenza con gli obiettivi strategici stabiliti (Marsh et
al., 1988). In un commento a questo lavoro pubblicato sull’Economist (9 Luglio
1988) si parlava del processo decisionale come di un adeguamento a posteriori alla strategia aziendale.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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Klein (1989) ha rilevato come molte decisioni di natura operativa seguano
uno schema coerente con le idee di Simon. Generalmente, gli individui valutano una situazione e generano una ipotesi di comportamento basata su tale
valutazione, quindi la esaminano per decidere se fornirà una soluzione soddisfacente. Se non si rivela tale, elaborano una nuova ipotesi e la esaminano
nuovamente, ma senza confrontare la vecchia e la nuova opzione fra di loro. Il
processo di problem solving di un consumatore potrebbe seguire lo stesso schema. Le persone prendono le mosse da un problema: ad esempio dover sostituire il frigorifero. Se, alla luce di un’indagine preliminare, risulta che in un
negozio comodo e accessibile è disponibile un modello adeguato, semplicemente lo acquistano. Se così non è, si rivolgono ad altri negozi e ad altri modelli, ma se si comportano in base alle previsioni del modello elaborato da
Klein non confronteranno in alcun modo tra loro le diverse alternative. Se
gran parte delle scelte dei consumatori segue questo modello diventa allora
importante l’ordine in cui i prodotti vengono presi in considerazione dall’acquirente, dato che la soluzione adottata sarà la prima giudicata soddisfacente.
Pur non conducendo alla soluzione migliore, un comportamento di questo
genere può rivelarsi efficiente sul piano della gestione del tempo; molte persone non possono infatti permettersi di dedicare il tempo necessario ad un
processo decisionale completo e quindi, affidandosi all’approccio soddisfacente,
si riservano più tempo da dedicare ad altri problemi.
Applicazione
Diagnosi
La descrizione di Klein (1989) del processo decisionale mi ricorda un episodio
relativo al processo mentale in base al quale i medici procedono a una diagnosi. I sintomi descritti dal paziente vengono valutati in base a una diagnosi
preliminare; si controlla successivamente la presenza di altri sintomi per confermare o meno la prima diagnosi. Solo nel caso in cui questi non la confermino, si formula una seconda diagnosi. Si nota con facilità come questo procedimento possa portare a una diagnosi sovrastimata delle malattie più comuni. Il
mio informatore teneva delle lezioni a studenti della facoltà di medicina e non
è mai riuscito a ottenere che questi iniziassero il proprio processo diagnostico
prendendo in considerazione possibilità diverse. Sembra che il normale processo di risoluzione dei problemi si riduca spesso a un esame seriale delle
ipotesi.
Engel, Blackwell e Miniard sostengono che il loro modello possegga una funzione normativa, atta a indicare ai manager cosa sia necessario conoscere sul
consumatore. L’efficacia di questo approccio dipende però da quanto il modello sia accurato nel descrivere il modo in cui i consumatori agiscono. Se
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Capitolo 1
questi solo di rado dedicano l’attenzione necessaria alla soluzione dei problemi e, anche quando lo fanno, seguono in realtà l’approccio più sopra definito
“soddisfacente”, si dovrebbe prestare molta attenzione prima di considerare il
modello EPS come la norma per l’identificazione delle tipologie di informazioni necessarie a influenzare il comportamento del consumatore. Nel Capitolo 7 il tema sarà ulteriormente approfondito attraverso un’analisi critica dei
contributi che si concentrano sui processi di scelta.
Applicazione
Il pr
ocesso decisionale nei manager
processo
Se i manager, come i consumatori, prendono raramente delle decisioni sulla
base di analisi dettagliate, se ne deve tenere conto nei corsi di formazione
manageriale. Fornire le prove a supporto di un fenomeno non garantisce infatti che queste vengano poi utilizzate concretamente per assumere decisioni
più ponderate. In un certo senso se ne tiene già conto quando si sceglie di
ricorrere ad esercizi e case study per allenare a un corretto uso dei dati empirici
e all’assunzione di decisioni. Si possono anche incentivare abitudini mentali
che favoriscono migliori scelte decisionali, come ad esempio identificare e valutare una seconda alternativa rispetto a un percorso d’azione già stabilito.
Nel mondo degli affari esistono svariati modi per giungere a decisioni ponderate: ne sono un esempio le tecniche di brainstorming, usate per far nascere
nuove idee; o il fatto di assicurarsi che le decisioni vengano controllate regolarmente; o la definizione di linee guida da parte del top management volte a
delimitare i temi più rilevanti, meritevoli di ulteriori approfondimenti.
Esercizio 1.1
Pr
ender
e una decisione
Prender
endere
Pensa a un acquisto che hai effettuato e che consideravi molto importante.
■ Eri a conoscenza delle possibili alternative? Sapevi come valutarle?
■ Avevi un’idea chiara di ciò che volevi?
■ Quante ricerche hai fatto prima dell’acquisto e quante dopo?
■ Hai preso in considerazione un’alternativa alla volta, scartandola e prendendo in considerazione le altre solo se ti sembrava inadeguata, o hai confrontato le diverse alternative tra di loro?
■ Pensi di aver fatto la scelta giusta?
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
17
Anche se hai fatto la scelta migliore è molto probabile che, guardandoti indietro, tu riconosca delle imperfezioni nel tuo processo decisionale. Spesso ci
mancano l’esperienza, le conoscenze, il tempo o la motivazione per approfondire in modo adeguato le varie opportunità.
L’acquisto: un comportamento appr
eso
appreso
Noi apprendiamo dai nostri comportamenti passati e possiamo utilizzare questa
conoscenza per modificare i comportamenti futuri. Se un acquisto non ci ha
soddisfatto, in futuro lo eviteremo; se invece ci ha soddisfatto, ciò aumenterà
la probabilità di ripeterlo. La teoria dell’apprendimento è una descrizione sistematica del rapporto esistente tra l’esperienza e il comportamento che ne
consegue, elemento importante sia per il paradigma del rinforzo sia per quello
abitudinario.
Il condizionamento classico
Il fisiologo russo Pavlov studiò un tipo di apprendimento detto condizionamento classico (1927); egli notò come i cani attivassero la propria salivazione
alla sola vista della persona che li nutriva. Dato che erano soprattutto i cani
più anziani a comportarsi in questo modo, Pavlov ipotizzò che, con il passare
del tempo, lo stimolo della salivazione venisse pian piano associato al, ovvero
condizionato dal, nuovo stimolo, ossia che un cane associasse il suo padrone
con il cibo in modo che la salivazione venisse stimolata dalla semplice visione
della persona. In questo tipo di apprendimento uno stimolo nuovo diventa
associato allo stimolo iniziale in una sequenza stimolo-risposta già esistente,
facendo così in modo che dopo un certo periodo di tempo è la semplice esposizione al nuovo stimolo a innescare la risposta. Pavlov ideò una serie di esperimenti per dimostrare il processo di condizionamento classico, utilizzando il
suono di un cicalino come stimolo condizionato in sostituzione del proprietario del cane (vedi Figura 1.2).
J.B. Watson, psicologo all’Università John Hopkins, poi divenuto vice-presidente dell’agenzia pubblicitaria J. Walter Thompson, rielaborò e approfondì
il lavoro di Pavlov. Con il collega R. Rayner, condusse l’esperimento su un
bambino conosciuto con il nome di “piccolo Albert”. Watson e Rayner (1920)
utilizzarono lo stress causato da rumori forti e inaspettati come sequenza stimolo-risposta originaria; lo stimolo condizionato era rappresentato da un topolino bianco. Ogni volta che il topolino entrava nel campo visivo di Albert,
Watson spaventava il bambino colpendo una barra di ferro posta alle sue spalle. Inizialmente la vista del topolino bianco non spaventava Albert, ma dopo
un certo numero di ripetizioni l’esposizione all’animale causava nel bambino
lo stesso tipo di stress che era precedentemente associato al rumore, anche se
quest’ultimo non veniva più prodotto. Watson notò inoltre che il bambino dimostrava segni di paura anche di fronte ad altri oggetti bianchi e ricoperti di
pelliccia, dimostrando così che l’apprendimento era generalizzato. Samelson
18
Capitolo 1
Figura 1.2
Il condizionamento classico: l’esperimento di Pavlov
(1980) ha rivisto in modo critico i lavori di Watson e Rayner, che sono qui
proposti solo per esporre l’idea di condizionamento. Altri studiosi (ad esempio Hilgard e Marquis, 1940) hanno riscontrato delle difficoltà nel riprodurre
le caratteristiche fondamentali dell’esperimento di Watson. Un’applicazione
diretta della generalizzazione nel marketing è, come abbiamo già detto in precedenza, l’utilizzo di un nome esistente per pubblicizzare un prodotto nuovo
di una determinata marca. Grazie a questo processo, detto estensione di marca, parte della propensione d’acquisto verso il vecchio prodotto può essere
riversata sul nuovo prodotto; ad esempio, quando sono stati introdotti sul
mercato i saponi liquidi, molti hanno fatto ricorso al nome di una polvere detergente già diffusa.
Il condizionamento classico occupa un’importanza notevole nel comportamento del consumatore. La confezione, il nome, i colori, gli odori, la musica e
il contesto dell’acquisto e del consumo possono essere associati all’acquisto di
determinati prodotti. Un certo tipo di pubblicità è studiato appositamente per
dar vita ad associazioni tra il nome del prodotto e le caratteristiche dello stimolo: ne sono un esempio la Marlboro e i cowboy, McDonalds e l’insegna con
la grande “M” e, più in generale, i legami fra i marchi e le rispettive aziende
produttrici. L’idea è che lo stimolo condizionato possa aiutare a identificare il
prodotto e a incrementare la tendenza all’acquisto. È altresì interessante osservare come, per essere competitivi su certi mercati internazionali, i produttori debbano adottare i colori e i tipi di confezione localmente ritenuti “normali”
per quel tipo di prodotto. La forza di questo tipo di associazione è evidente
quando si compie un viaggio all’estero. Il solo fatto di non ritrovare le solite
insegne e i colori a cui siamo abituati ci confonde talmente che anche un’azione semplicissima come imbucare una lettera ci richiede tempo e fatica perché
dobbiamo identificare il colore, la forma e il luogo in cui è collocata la cassetta
delle lettere.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
19
Appr
endimento per rinforzo
Apprendimento
(condizionamento oper
ante)
operante)
Esiste un approccio molto diverso all’apprendimento che si concentra sulle
conseguenze dirette dell’azione. Fu Thorndike a condurre le prime ricerche in
questo senso (1911) rinchiudendo all’interno di una gabbia un gatto affamato
e ponendo del cibo al di fuori della gabbia. I movimenti casuali dell’animale
fecero a un certo punto scattare un semplice meccanismo che consentiva l’apertura della gabbia liberando in questo modo il gatto. Negli esperimenti che
seguirono, il gatto riuscì a liberarsi sempre più in fretta finché non riuscì a far
scattare il meccanismo non appena rinchiuso nella gabbia. Thorndike definì
questo processo, che riveste una certa importanza nell’ambito del consumo,
apprendimento per prove ed errori (successivamente, questo modello di apprendimento è divenuto noto sotto il nome di condizionamento operante). Le persone che acquistano un bene per la prima volta, infatti, si trovano di fronte a
tantissime marche e compiono dei tentativi quasi casuali finché non individuano una marca di proprio gradimento.
Nell’esperimento di Thorndike, le azioni del gatto erano guidate dai risultati ottenuti, nella fattispecie cibo e libertà. B.F. Skinner chiamò questi risultati
rinforzi. Skinner (1938; 1953) definì rinforzo un’esperienza che aumenta la frequenza della risposta associata, punizione un’esperienza che invece la riduce.
Esempi di rinforzo sono dei compensi o delle riduzioni di costo; esempi di
punizione sono dei costi o delle riduzioni nel compenso. Il rinforzo raggiunge
il massimo effetto quando si verifica contemporaneamente o immediatamente dopo la risposta. Anche se Skinner ha posto l’accento sul modo in cui il
rinforzo cambia la frequenza della risposta, esso ha anche la funzione di consolidare l’associazione tra stimolo e risposta, fattore molto importante nel
paradigma abitudinario.
Si può osservare il funzionamento dei principi del condizionamento operante nel corso delle promozioni che, per mezzo di rinforzi, aumentano l’acquisto o l’uso del prodotto: ad esempio regalando “miglia di volo” per l’uso
costante della medesima linea aerea o buoni sconto in cambio dell’acquisto di
un prodotto.
Figura 1.3
Il condizionamento operante
20
Capitolo 1
Skinner introdusse anche il concetto di modellaggio, il processo che permette di cambiare il comportamento rinforzando in modo selettivo quegli atti
che mostrano di apportare un cambiamento nella direzione voluta. Il modellaggio è a volte evidente nelle tecniche utilizzate da quei venditori che spingono l’acquirente in direzione del loro obiettivo di vendita rinforzando i movimenti che portano in quella direzione tramite cenni di apprezzamento, approvazione verbale e manifestazioni di consenso. Sono i prodotti stessi, a volte, a modellarci; anche per merito dei rinforzi forniti dal prodotto stesso, infatti, diventiamo più esperti, ad esempio, nell’uso del computer o nel guidare
l’automobile: conseguentemente andiamo in cerca di esemplari più sofisticati
dello stesso prodotto. L’evoluzione che ha interessato i prodotti negli ultimi
anni include anche il modellaggio. Un numero elevato di marche è stato posizionato attraverso il ricorso a benefici particolari che, molto probabilmente,
attraggono solo quelle persone che hanno già una certa familiarità con le versioni più semplici del medesimo prodotto. Uno dei primi esempi di questo
tipo di sviluppo di una marca si è osservato con la comparsa di diversi tipi di
shampoo specializzati per capelli secchi, normali o grassi. Al giorno d’oggi
queste varianti rappresentano la normalità, ma quando Elida Gibbs le utilizzò
per la prima volta, aiutarono lo shampoo All Clear ad assicurarsi una quota di
mercato importante (vedi Broadbent, 1981). Di recente il mercato degli shampoo ha subito un’ulteriore frammentazione in virtù della comparsa di prodotti
specifici rispettivamente per lavaggi regolari o frequenti e di altre varianti che
combinano shampoo e balsamo.
Già Skinner aveva osservato che un ricorso eccessivo ai rinforzi poteva diminuirne la capacità di influenza sul comportamento. Tale effetto di saturazione
spiega in qualche modo la perdita di efficacia, nel lungo periodo, della pubblicità. Un rinforzo ritorna efficace dopo un periodo di inutilizzo; i pubblicitari
utilizzano questo fenomeno mettendo da parte campagne pubblicitarie e recuperandole in seguito.
L’effetto di saturazione si verifica anche quando lo stimolo è troppo frequente
e perde quindi la sua capacità di generare una risposta. L’assuefazione allo
stimolo, chiamata anche desensibilizzazione, permette di sopportare esperienze
spiacevoli ricorrenti. I chirurghi non soffrono nell’effettuare centinaia di incisioni proprio perché lo stimolo perde la sua capacità di evocare una risposta.
Un importante effetto della desensibilizzazione sul comportamento del consumatore è il modo in cui le persone si abituano a condizioni che non le soddisfano o che trovano spiacevoli e, conseguentemente, il fatto che raramente
reagiscano lamentandosi o richiedendo un rimborso per tali disagi. Esempi di
un comportamento di questo genere sono la tolleranza alle code in banca, alle
immondizie per la strada o al sovraffollamento dei mezzi pubblici urbani.
L’apprendimento può venire rinforzato ogni volta che si produce una risposta, ossia continuamente, oppure in modo intermittente. L’apprendimento è
più veloce se il rinforzo è continuo, ma un rinforzo produce un effetto finale
maggiore se è utilizzato in modo intermittente. Gli schemi di rinforzo spiega-
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
21
no perché le persone sono pronte a perdere denaro giocando con le slot machine. La spesa necessaria ad azionare una di queste macchine equivale a una
punizione continua, mentre la slot machine paga in modo intermittente. A
lungo andare il premio è minore (anche largamente) della spesa, ma l’effetto
sul comportamento del premio intermittente è superiore all’effetto provocato
dal costo continuo.
Quando il meccanismo di rinforzo si interrompe si verifica un’estinzione
graduale della risposta; il periodo dell’estinzione si allunga se l’apprendimento è avvenuto tramite rinforzo intermittente e non continuo.
La punizione scoraggia l’azione e allontana le persone dal contesto in cui si
è verificata. Esperienze spiacevoli – ad esempio l’odore “chimico” di un sapone o una sensazione di nausea dopo un pranzo al ristorante – riducono la
probabilità di un acquisto ulteriore di quel prodotto. Un apprendimento di
questo tipo può avere come conseguenza il rifiuto del prodotto, al punto che
se questo venisse in seguito migliorato o arricchito il consumatore non avrebbe modo di scoprirlo. Questo aspetto dell’apprendimento può risultare molto
costoso per il fornitore; un solo errore su di un prodotto può allontanare il
cliente dall’acquisto per un lungo periodo di tempo.
Come utilizzar
e il rinforzo
utilizzare
I manager possono controllare lo stimolo e il rinforzo offerti dall’ambiente
fisico per fare in modo che il cliente sia orientato a un comportamento che
procuri all’azienda un maggiore profitto. Foxall (1992a, 1992b) ha avanzato
l’ipotesi che si debba utilizzare la teoria dell’apprendimento in modo più sistematico per definire e controllare l’ambiente d’acquisto. L’autore osserva come
gli ambiente di consumo differiscano fra loro in termini di apertura, con la
gamma di attività a disposizione del consumatore variabili nel continuum chiuso-aperto. Gli ambienti di consumo si differenziano inoltre per la quantità e il
tipo di rinforzo che offrono; Foxall distingue due tipi di rinforzo, il piacere da
una parte, l’informazione dall’altra.
Egli osserva come talvolta sia nell’interesse del management ridurre il grado di apertura; i proprietari di casinò ad esempio utilizzano luci soffuse ed
evitano di esporre orologi, così che le persone perdano coscienza del tempo
che passa e si trattengano più a lungo. Introducendo regole e convenzioni si
ottiene un controllo ancora maggiore sul comportamento: ne è un esempio
l’obbligo di puntata minima al casinò. Il piacere può aumentare grazie a servizi aggiuntivi, ad esempio le bevande gratuite sui voli aerei; l’informazione,
sempre sui voli aerei, si ottiene invece fornendo notizie sull’orario previsto per
l’arrivo, sul tempo atmosferico e sulla destinazione, oltre a fornire dati sul territorio sottostante e sui servizi disponibili a bordo. Molte linee aeree proiettano tali informazioni sui monitor di bordo.
22
Capitolo 1
Applicazione
Gli ambienti aperti possono risultar
e pr
oficui
risultare
proficui
Il management può servire i clienti nel modo migliore aumentando l’apertura
dell’ambiente. Tendiamo a dimenticare quale grande rivoluzione fu per la vendita al dettaglio l’introduzione del self-service; prima dell’avvento dei supermercati a libero servizio, i clienti erano costretti a fare la fila davanti a diversi
banconi per comperare i prodotti desiderati; in queste condizioni era difficile
introdurre nuove linee di prodotti perché questi erano accatastati dietro ai banconi e per il cliente non era facile esaminarli. L’introduzione del self-service ha
reso possibile il supermercato moderno.
La riflessione di Foxall è interessante anche perché ci obbliga a riflettere con
attenzione sugli elementi della situazione di consumo che influiscono sul comportamento. Questa attenzione meticolosa al dettaglio è caratteristica di altre
applicazioni della teoria dell’apprendimento; se solo proviamo a sfogliare un
libro su come perdere peso, evitare l’insonnia o smettere di fumare, troveremo
consigli in gran parte legati al controllo dell’ambiente circostante. Ad esempio, per perdere peso ci consiglieranno di non comperare cibi precotti, di mangiare sempre nella stessa stanza, di non associare il cibo con altri elementi
dell’ambiente come la televisione, di preparare cibi relativamente poco allettanti. Quindi, anziché insegnare a resistere alle tentazioni, una forma di controllo
interno, il terapista comportamentale cambia il controllo esercitato dall’ambiente
esterno sul comportamento, modificando gli stimoli e i rinforzi nell’ambiente.
Gli individui che comprendono inquale modo l’ambiente influenzi il loro comportamento possono divenire i terapisti comportamentali di se stesse.
Abitudini d’acquisto
Il paradigma cognitivo e quello di rinforzo enfatizzano le modifiche nel comportamento del consumatore e possono quindi spiegare le variazioni che si
verificano nel nostro modo di acquistare. Se però prendiamo in considerazione i consumatori nel loro insieme, i mercati appaiono spesso molto stabili.
Gran parte di questa costanza deriva dalla stabilità del comportamento dei
consumatori: essi tendono a comperare le stesse marche e a recarsi negli stessi negozi per lunghi periodi di tempo. Questo aspetto abitudinario del consumo è di notevole rilevanza economica; se ne discuterà in modo approfondito
nei Capitoli 2, 3 e 9.
Si dice che le persone hanno delle abitudini quando tendono ad assumere
più o meno lo stesso comportamento in situazioni simili; il contesto fornisce
quindi uno stimolo che suscita comportamenti precedentemente già stabiliti;
ad esempio, la vista di una determinata marca ricorda al cliente di riacquistar-
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
23
la. Se ci basiamo sulle abitudini il nostro comportamento risulta semplificato:
viene infatti ridotta la necessità di prendere delle decisioni e ci si può permettere di ignorare variazioni minime del rinforzo relativo al comportamento. Le
abitudini ci permettono dunque di concentrarci su quel numero relativamente
ridotto di problemi per cui l’esperienza passata non fornisce una soluzione
immediata. Prendiamo in considerazione una persona che si accinge ad acquistare un’automobile per la prima volta. La maggior parte di questo tipo di
acquirenti ha familiarità con le auto, ha visitato saloni e concessionari, ha esperienza di trattativa per altre categorie di prodotto e molto probabilmente è ben
informata sulle tecniche di vendita del personale e sui sistemi di credito. Ne
consegue quindi che il suo comportamento di acquisto di un’auto dipende in
gran parte da abitudini consolidate apprese in contesti simili. Partendo da questi
presupposti si può affermare che la forma base di ogni comportamento è abitudinaria e solo in situazioni inusuali possiamo provare, modificare ed eventualmente riadattare il nostro comportamento abituale.
Il paradigma abitudinario esclude la presenza di un processo di risoluzione
dei problemi o di pianificazione precedenti l’azione, ma non implica per questo che il consumatore sia irrazionale o non rifletta sulle proprie azioni. Capita
infatti che le persone ripensino alle proprie azioni dopo averle compiute e non
prima, come accade nel processo decisionale pianificato. I consumatori non
insistono nell’acquistare una marca che continua a deluderli, ma interromperanno la loro routine provando un prodotto nuovo. Questo significa che gran
parte degli acquisti ripetuti si basano sulla soddisfazione del consumatore nei
confronti di una marca. Ma sebbene le persone solitamente abbiano ottime
ragioni per acquistare un prodotto, queste ragioni potrebbero però non essere
le migliori possibili. È nella natura dell’abitudine ridurre la sperimentazione
rendendo talvolta il consumatore inconsapevole di quei miglioramenti nella
gamma di prodotto da cui potrebbe trarre innegabile beneficio.
Esercizio 1.2
Abitudini
È difficile individuare quali siano le abitudini che ci sfavoriscono, ma proviamo a prendere in considerazione i due ambiti descritti di seguito.
1. Mettere lo zucchero nel caffè e nel tè è un’abitudine che fa ingrassare e può
danneggiare i denti. Se una persona smette di usarlo, però, si abitua in
fretta al nuovo gusto e dopo poche settimane può addirittura preferire il tè
o il caffè amari. Ti sembra che valga la pena modificare questa abitudine?
2. Se viaggi spesso, sei sicuro di fare la strada migliore? Capita spesso di accorgersi che esiste un percorso migliore dopo anni che si percorre lo stesso
itinerario.
24
Capitolo 1
Domande
1. Quali sono i beni e i servizi che usi abitualmente?
2. Pensi che i tuoi metodi di consumo siano efficienti? Che siano ottimali?
3. Come credi che i produttori dovrebbero presentare i prodotti soggetti a
consumo abituale?
Se l’acquisto è abituale, un prodotto nuovo e migliore dovrebbe sorprendere il
consumatore così tanto da invogliarlo a provarlo. Ma non è così facile ottenere
un risultato simile! La pubblicità può venire ignorata, eventuali sconti o campioni gratuiti passare pressoché inosservati; la maggior parte delle volte i consumatori continuano a comperare i soliti prodotti. Del resto, non abbiamo mai
affermato che occuparsi di marketing sia facile.
Alcuni concetti chiav
e
chiave
Coinvolgimento
Il coinvolgimento nell’acquisto di un prodotto è correlato all’importanza dell’acquisto stesso, ai rischi che comporta e al tipo di processo cognitivo a esso
connesso. Krugman (1965) rese popolare la teoria in base alla quale il coinvolgimento spiegherebbe i diversi livelli di attività cognitiva originati dalla pubblicità e dalla situazione di acquisto. Egli sosteneva che se i consumatori presentano un basso livello di coinvolgimento nei confronti di un prodotto, la
pubblicità può condizionare il loro comportamento rinforzando il riconoscimento e il ricordo degli stimoli che riconducono a quel prodotto. Engel,
Blackwell e Miniard (1995) identificarono nel coinvolgimento uno dei fattori
che influiscono sul grado di attività cognitiva: ritenevano cioè più probabile
che si verificasse un’EPS (risoluzione estensiva del problema) se il prodotto
era più coinvolgente. Altri fattori che potrebbero accrescere l’EPS sono il grado di differenziazione tra le alternative e il tempo a disposizione.
Per Engel, Blackwell e Miniard il coinvolgimento è una grandezza graduabile, ma a questa posizione si può obiettare: se si prendono infatti in considerazione le definizioni fornite in questo capitolo, un basso livello di coinvolgimento sembra normale, mentre un alto livello di coinvolgimento richiede una
pianificazione. Probabilmente non esiste una transizione morbida tra l’uno e
l’altro, man mano che le condizioni d’acquisto diventano più complesse. Al
contrario, probabilmente le persone tollerano piccoli cambiamenti rispetto alle
proprie abitudini sino a quando non si accorgono d’un tratto che le condizioni
sono cambiate e che devono riconsiderare la propria situazione. Weber (vedi
Fechner, 1860) sostiene questa ipotesi nel suo primo lavoro. Egli introduce la
nozione di “differenza appena percepibile “ (JND, da just noticeable difference);
un cambiamento nello stimolo che sia appena al di sotto del livello di JND
non darebbe luogo a risposte. Fechner dimostrò che il JND era proporzionale
alla dimensione dello stimolo stesso.
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
25
Il rischio connesso all’acquisto aumenta i costi potenziali e influisce perciò
sul coinvolgimento; il rischio percepito è spesso associato all’irreversibilità della
decisione e alle scelte che influiscono sulla considerazione che gli altri hanno
dell’acquirente. Alcuni acquisti sottendono un giudizio o fungono da indicatori di un determinato stile di vita, ed è per questa ragione che molte persone
valutano attentamente l’acquisto dei fiori per il proprio partner o dell’abito
con cui presentarsi a un invito a cena.
Il primo autore a documentare la funzione segnaletica degli acquisti e del
possesso fu Veblen (1899/1963), nel suo libro La teoria della classe agiata. Veblen fece uso del termine “consumo cospicuo” per descrivere quegli acquisti
capaci di mostrare agli altri quale tipo di persona sia il consumatore. In particolare, egli attirò l’attenzione sulle enormi abitazioni che gli uomini d’affari di
successo si fanno costruire e che sostanzialmente servono a esibire il proprio
status e la propria ricchezza al mondo. Nel libro La vita quotidiana come rappresentazione (1959), Goffman approfondì tale analisi e avanzò l’ipotesi che gli
individui gestiscano in modo consapevole l’impressione di sé da suscitare negli altri attraverso le scelte su cosa fare, cosa dire e cosa indossare. Gli oggetti
che gli individui possiedono trasmettono molte impressioni diverse: i jeans
Levi’s 501 dicono una cosa su chi li indossa, i jeans Armani un’altra; una BMW
suscita un’impressione diversa da una Ford, un whisky a malto singolo dà
un’idea diversa rispetto a un whisky miscelato. I beni posseduti da un individuo sono spesso indicativi di uno status sociale o di benessere, ma alcuni di
questi riflettono altri tipi di distinzioni: avere dei mobili in pino grezzo anziché in legno lucidato dice qualcosa sui valori della persona che li possiede,
così come può fornire le stesse informazioni una collezione di dischi. In un
certo senso noi siamo ciò che gli altri pensano noi siamo, ed è per questo che
i nostri acquisti forniscono informazioni agli altri e contribuiscono a formare
la nostra identità. Particolarmente indicativi in questo senso sono i vestiti, le
scarpe e altri accessori personali.
Applicazione
Accoppiar
e i menù
Accoppiare
Dopo una conferenza stampa su un rapporto di ricerca relativo a un supermercato, ho ricevuto la telefonata di un giornalista. Ero in grado di dirgli qualcosa sul modo in cui la gente usa i supermercati per intessere contatti che
sfocino in relazioni sessuali? Non ne avevo idea. “Ma certo”, mi disse il giornalista, “in America è normale e sta diventando normale anche qui in Inghilterra: alcuni negozi vengono utilizzati per l’abbordaggio, in determinati giorni
della settimana, sia da etero che da omosessuali “.
Mi venne da pensare che i supermercati avevano un vantaggio: ognuno
può vedere ciò che gli altri acquistano e quindi partire da questo per costruirsi
un’idea dello stile di vita dell’altro e della compatibilità con il proprio. È una
26
Capitolo 1
persona che compera olive, Chianti e cosciotto d’agnello o piuttosto noccioline, Coca Cola e tacchino? Forse anche le agenzie matrimoniali dovrebbero
partire, quando tentano di accoppiare i propri clienti, dal chiedere loro quali
preferenze manifestano nel fare la spesa!
Il consumator
e è davv
er
o liber
o?
consumatore
davver
ero
libero?
Per essere liberi è necessario sapere che si può scegliere senza pressioni di
alcun genere tra più opzioni, e che al limite è possibile rifiutarle tutte qualora
nessuna risulti di proprio gradimento.
Credo che l’enfasi posta sul processo decisionale da parte dei molti testi
che trattano il comportamento del consumatore abbia condotto molti autori a
esagerare l’entità della possibilità di scelta che il consumatore effettivamente
ha a propria disposizione. Engel, Blackwell e Miniard (1995: 12) descrivono il
consumatore reale nei seguenti termini:
Lui o lei non sono pedine incoscienti che i persuasori commerciali possono
muovere a proprio piacimento [...] Il comportamento del consumatore, di
regola, ha uno scopo e mira a un obiettivo. I prodotti o i servizi vengono
accettati o rifiutati in base a quanto sono importanti per i bisogni e per lo
stile di vita dell’acquirente. L’individuo è perfettamente in grado di ignorare qualsiasi cosa il venditore gli voglia dire.
Potrebbe anche essere darsi che i consumatori abbiano grande autonomia di
scelta tra le marche e che i produttori dispongano di una scarsa possibilità di
influenzarla, ma ciò non significa che “il consumatore sia sovrano” some sostengono Engel, Blackwell e Miniard. L’autonomia del consumatore viene infatti limitata in molti altri modi. In molti settori la tecnologia sovrasta il consumatore in modo tale da limitarne la scelta per carenza di informazione. Altre
volte può esserci poca libertà a livello di prodotto: le persone devono comunque acquistare la benzina per l’auto e il detersivo per la lavastoviglie, e il fatto
che la scelta sia tra marche quasi identiche tra loro crea indifferenza. La libertà
d’azione viene anche limitata da abitudini che escludono determinate alternative, da una distribuzione limitata (in particolare nelle economie sottosviluppate) e dalla dipendenza psicologica da prodotti come sigarette e alcolici.
Spesso la gente ha poco tempo da perdere per scegliere.
All’idea che il consumatore sia sovrano va quindi contrapposto il fatto che
gli individui solitamente fanno moltissime cose che preferirebbero non fare,
come dirigersi verso il proprio posto di lavoro utilizzando mezzi pubblici sovraffollati o fare la fila allo sportello di una banca o alla cassa di supermercato.
In settori come l’istruzione, la sanità e la giustizia, la possibilità di influenzare
il servizio non utilizzandolo o esprimendo la propria insoddisfazione è effettivamente ridotta dalla continua necessità di usufruire di quel servizio. Ci sono
altri settori in cui è la scarsità di offerta a fare in modo che la gente non faccia
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
27
ciò che desidera fare: le case spaziose e le macchine di lusso sono beni che
solo pochi possono permettersi. Engel, Blackwell e Maniard possono sostenere la loro ipotesi sulla sovranità del consumatore solo perché focalizzano il
proprio studio in settori in cui i produttori devono competere tra loro per conquistarsi la propria base di clientela. Si tratta di settori importanti che incorporano aspetti particolari del comportamento del consumatore, ma che costituiscono pur sempre una descrizione non esaustiva dell’argomento consumo.
Esercizio 1.3
Azioni vincolate
Elenca tutti i beni e i servizi che vorresti evitare ma che sei obbligato a utilizzare a causa di altre necessità. Elenca inoltre i settori in cui l’offerta è di tipo
monopolistico. In che modo puoi influenzare i fornitori monopolistici?
Credi che la privatizzazione di settori gestiti in regime di monopolio pubblico abbia aumentato la competizione? Se ne riparlerà nel Capitolo 11.
F r ustr
azione
ustrazione
Esistono molte teorie psicologiche sulla restrizione nelle scelte. La frustrazione, ossia la condizione in cui la motivazione viene bloccata, descrive una situazione limite in cui non esistono opzioni di scelta praticabili. Barker, Dembo
e Lewin (1941) dimostrarono gli effetti prodotti dalla frustrazione su un gruppo di bambini ai quali venivano mostrati dei giocattoli molto belli con cui peraltro non potevano giocare. Quando, dopo un certo tempo, si permetteva loro
di usarli, il loro comportamento, se posto a confronto con quello di un gruppo
di controllo che non aveva subito alcuna frustrazione, si rivelava molto più
aggressivo.
I comportamenti aggressivi dei consumatori risultano particolarmente evidenti quando un servizio si interrompe senza preavviso, ad esempio quando
un computer sbaglia o il traffico è bloccato in un’ora in cui di solito è scorrevole.
I primi lavori sulla relazione tra frustrazione e aggressività suggerivano l’esistenza di una relazione biunivoca tra i due costrutti: la frustrazione conduceva
sempre all’aggressività e l’aggressività era sempre il risultato di una frustrazione (Dollard et al., 1939). Le cose però non stanno esattamente in questo
modo: molte frustrazioni minori producono per reazione un atteggiamento
riflessivo teso alla risoluzione del problema. Alcuni comportamenti di consumo non sono altro che risposte razionali a frustrazioni: ad esempio il fatto di
sostituire dispositivi inaffidabili o di recarsi al lavoro in auto per evitare i ritardi del trasporto pubblico. Ciò suggerisce che, nello sviluppo di nuovi prodotti,
si dovrebbe puntare sulla ricerca di soluzioni capaci di evitare le frustrazioni
28
Capitolo 1
comunemente sperimentate, come ad esempio il fatto che le graffettatrici si
inceppino sistematicamente sull’ultima graffetta.
La frustrazione del consumatore è correlata alla soddisfazione e insoddisfazione del consumatore e alla gestione delle lamentele, argomenti trattati nel Capitolo 8.
Attribuzione causale
Quando sono le circostanze a rendere necessario un determinato comportamento, è facile dire: “Dovevo farlo, non avevo scelta”. Non è invece facile attribuire la responsabilità di un’azione compiuta liberamente. Nel momento in
cui le persone si prendono la responsabilità delle proprie azioni o la scaricano
sulle circostanze, lo fanno valutando le condizioni che limitano la propria libertà. Supponiamo di trovarci ad aspettare in una fila lunghissima al supermercato un venerdì sera. Di chi è la colpa? La si potrebbe attribuire internamente per il fatto di essere andati a fare la spesa nell’ora di punta, oppure si
potrebbe scaricarla esternamente sul proprio lavoro o su altri impegni che ci
impediscono di farla in altri momenti, o ancora, se ci sono delle casse chiuse,
attribuirla all’inefficienza del supermercato. La ricerca sull’attribuzione di responsabilità fonda le proprie basi sul lavoro di Heider (1944; 1958); Eiser (1986)
spiega come Haider concepiva la causalità dell’azione umana:
Heider presuppone che gli individui siano motivati a considerare l’ambiente
sociale che li circonda come prevedibile e quindi controllabile, e che applichino lo stesso tipo di logica alla previsione degli eventi sociali e di quelli
fisici; essi ricercano le condizioni necessarie e sufficienti al verificarsi di
quegli eventi. Tali condizioni possono essere fattori situazionali od impersonali, esterni cioè alla persona di cui si tenta di prevedere e capire il comportamento, oppure fattori ritenuti interni a quella persona, come le sue
capacità o la sua personalità.
L’attribuzione esterna o interna della responsabilità non si applica solo a se
stessi. Lo stesso processo influenza infatti il modo in cui valutiamo le azioni
degli altri, considerandoli responsabili delle proprie azioni o vedendo le loro
azioni come il risultato di forze che essi non sono in grado di controllare.
E.E. Jones e N. Blatt (1972) scoprirono un aspetto rilevante del problema: le
persone di solito sovrastimano in modo esagerato il controllo che le disposizioni personali esercitano sul comportamento degli altri, mentre nel giudicare
se stessi ascrivono lo stesso comportamento a fattori situazionali. East, Lomax
e Willson (1991b) osservarono questo fenomeno attore-osservatore nel proprio
studio sugli utenti di supermercati e uffici postali (vedi Capitolo 9), scoprendo
che le persone in coda accusavano quasi sempre gli altri, ma molto raramente
se stessi. Tale attribuzione di responsabilità è importante perché influenza i
comportamenti conseguenti; se le persone non si ritengono in alcun modo
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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responsabili quando fanno la fila all’ora di punta, infatti, saranno meno disposte a cambiare orario e a fare la spesa in momenti più tranquilli.
Più in generale, il concetto di attribuzione causale richiama la nostra attenzione sul fatto che ci sono sempre due componenti del giudizio: la prima è
costituita dal fatto contingente, spesso imposto dall’ambiente, ad esempio essere in coda ad aspettare, aver visto le proprie azioni di borsa crollare o vedere
il prezzo delle pesche così elevato. La seconda componente è il punto di vista
utilizzato per interpretare il fatto. È possibile attribuire la colpa dell’essere in
coda in modo diverso a seconda del punto di vista. Potremmo pensare di aver
perso del denaro se confrontiamo il prezzo delle azioni prima e dopo un crollo
di borsa, oppure potremmo pensare che ci guadagniamo comunque perché il
prezzo attuale delle azioni è superiore al prezzo a cui le abbiamo acquistate.
Potremmo considerare il prezzo delle pesche alto o basso a seconda di quanto
riteniamo che debbano costare. Il punto di vista è di solito insito in noi, quindi
le persone esprimono giudizi diversi perché usano diversi punti di vista. Qualcuno potrebbe considerare basso il prezzo delle pesche perché la settimana
precedente costavano di più, mentre qualcun altro potrebbe ritenerlo alto perché è frutta di stagione e di conseguenza dovrebbe costare meno. I mutamenti
nello schema di riferimento utilizzato dalle persone sono stati correlati alla
teoria dell’adattamento di Helson (1964), secondo cui lo schema di giudizio è
il risultato della media delle esperienze passate.
Il concetto di schema sta anche alla base della teoria del prospetto di cui si
parla nel Capitolo 7. Ci sono fattori che possono modificare la conoscenza dei
fatti agli occhi del consumatore, ma non gli schemi in base ai quali egli li giudica, altri fattori possono esercitare invece una maggiore influenza sugli schemi. Una delle funzioni della pubblicità è proprio quella di modificare gli schemi che le persone utilizzano nel valutare un prodotto: se la pubblicità aumenta lo schema del prezzo di quel prodotto, il consumatore potrebbe considerarlo di maggior valore. La Figura 1.4 illustra i modi in cui si pensa che il marke-
Figura 1.4
Il modo in cui gli interventi di marketing influiscono sul consumatore
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Capitolo 1
ting possa influenzare i fatti e gli schemi. È più difficile cambiare gli schemi
ma, se la pubblicità riesce a farlo, gli effetti possono manifestarsi per un periodo molto lungo.
Influenze sociali sull’acquisto
Gli altri sono spesso alla base dei nostri acquisti. Una delle teorie che prende
in considerazione l’influenza sociale è la teoria del comportamento pianificato (spiegata dettagliatamente nel Capitolo 6). Questa teoria pone l’influenza
sociale al secondo posto nella lista dei tre fattori che determinano le intenzioni di una persona nell’eseguire un’azione volontaria. Ecco le tre determinanti:
1. costi e benefici percepiti;
2. cosa si crede che gli altri pensino di tale azione;
3. la percezione delle condizioni che rendono l’azione più o meno semplice
da portare a termine.
Per alcune azioni, come ad esempio l’acquisto di articoli di moda o un determinato stile di guida (Parker e Manstead, 1966), il controllo è esercitato tendenzialmente da ciò che si crede gli altri pensano di quell’azione, mentre per
altre, come l’acquisto di un nuovo computer, le motivazioni principali sono i
costi e i benefici connessi all’azione stessa. La teoria del comportamento pianificato fornisce perciò un mezzo per assegnare dei pesi alle determinanti
sociali o non sociali delle azioni.
Un altro modo per rappresentare l’influenza degli altri è quello di descrivere il comportamento sociale nel linguaggio del teatro, ossia come un insieme
di ruoli. Dal punto di vista cognitivo, i ruoli costituiscono un insieme di aspettative tra loro correlate su come ci si debba comportare in rapporto agli altri e
come ci si aspetta che gli altri si comportino in relazione a noi stessi. In qualità
di cliente, si tende a prendere in considerazione ciò che gli altri clienti e il
personale di vendita si aspettano da noi, aspettandoci a nostra volta che questi si comportino in una determinata maniera. Dal punto di vista degli studiosi
dell’apprendimento, i ruoli sono acquisiti e appresi se le azioni degli altri funzionano da rinforzi o da punizioni. Dal punto di vista dell’abitudine, i ruoli
sono schemi di comportamento stabiliti derivanti da contesti familiari e dal
comportamento degli altri.
La teoria dello scambio
La teoria dello scambio estende il concetto di rinforzo, elaborato da Skinner e
altri, al contesto sociale. In base a tale teoria gli scambi sono delle interazioni
tra persone mantenute grazie al rinforzo. Se uno scambio non comporta un
guadagno o non evita una perdita, sarà interrotto e sostituito da un comportamento più soddisfacente. Gli scambi duraturi sono quindi quelli che comportano più benefici di quanto ci si possa aspettare dalle possibili alternative.
Homans (1962), uno dei sostenitori della teoria dello scambio, affermava che
La ricerca di mercato sul consumatore: proposte e spiegazioni
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gli esseri umani imparano ad aspettarsi determinati comportamenti dagli altri
in risposta alle proprie azioni. Nello scambio sono implicati sentimenti quali
l’affetto e il rispetto, che si estendono a coloro che agiscono in un modo ritenuto valido, rinforzando di conseguenza il comportamento di queste persone.
In modo simile, le persone reagiscono esprimendo disprezzo e biasimo verso
coloro che causano loro fastidio e, punendo i comportamenti di queste persone, possono diminuirne la frequenza. In questo senso, la fornitura di beni e
servizi in cambio di denaro costituisce la parte commerciale di un processo di
scambio più ampio.
Una delle conseguenze di questo processo è il fatto che si vengano a stabilire regolari abitudini di interazione sulla cui base le persone elaborano la nozione di scambio equo, in cui i guadagni appaiano commisurati ai costi. Ad
esempio, coloro che da un ufficio postale ricevono regolarmente benefici (la
pensione) tollerano una eventuale coda meglio di coloro che si limitano a spendervi soldi per comperare francobolli o effettuare pagamenti: nel primo caso,
il beneficio aiuta a compensare il ritardo. Questo concetto di equità spiega
come mai nei supermercati vengano riservate delle casse veloci ai clienti che
acquistano pochi articoli, nonostante questi generino scarsi ricavi per il punto
vendita. Le regole dello scambio forniscono un ambiente prevedibile e acquistano valore per se stesse, facendo sì che le persone che violano queste convenzioni subiscano critiche e riprovazione.
Alcuni individui riescono a stabilire tassi di scambio migliori di altri. Homans ha avanzato l’ipotesi che lo status sociale aiuti alcune persone a realizzare accordi migliori; anche la possibilità di interazioni alternative con altri
individui sono importanti ai fini di una efficace gestione dei propri rapporti
sociali. Quanto peggiori sono le alternative, tanto minore è la possibilità che
le persone concludano scambi efficienti.
La teoria dello scambio è di particolare utilità nello spiegare le interazioni
commerciali nell’ambito del comportamento del consumatore. Nel Capitolo 9
si passano in rassegna i più recenti lavori basati sulla teoria dello scambio.
Sommario
I quesiti fondamentali sul comportamento del consumatore provengono dal
marketing e dalle strategie usate nei confronti del consumatore. Per rispondere a tali quesiti suddividiamo il comportamento del consumatore in azioni
importanti e banali, nuove o ripetute, libere o vincolate, individuali o di gruppo.
Le teorie cognitive sul processo decisionale sono importanti per descrivere
il modo in cui decidono le persone che affrontano scelte difficili e coinvolgenti. Quando l’azione è ripetuta, si applicano i principi dell’apprendimento; le
caratteristiche dell’ambiente possono influire sul consumo, rinforzando determinate azioni o agendo da stimolo che avvia azioni abituali già apprese. Per
modificare il comportamento del consumatore, l’agente influenzatore deve
alterare le convinzioni e i valori coinvolti in una scelta complessa o, quando è
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Capitolo 1
il contesto a controllare il comportamento, modificare l’ambiente. Tradizionalmente, i testi sul comportamento del consumatore hanno attribuito maggiore
importanza all’approccio cognitivo; in questo lavoro si afferma invece che è
necessario riservare maggior attenzione alla base abitudinaria del consumo
perché, essendo riferita agli acquisti ripetitivi, include la grande maggioranza
dei consumi complessivi. Quando il comportamento è abitudinario, lo si può
controllare tramite l’utilizzo di stimoli adeguati. Un altro effetto del consumo
ripetitivo è il fatto che le persone diventano meno sensibili agli stimoli e non
fanno più caso alle esperienze spiacevoli.
Il consumo si manifesta anche in situazioni in cui vi è ben poca scelta: per
l’acquirente ciò può essere frustrante e può indurlo a sforzarsi di superare le
limitazioni imposte alla propria libertà d’azione. Se le persone si convincono
di non esercitare alcun controllo la situazione tendono ad attribuire la responsabilità all’ambiente e sono quindi meno disponibili a modificare il proprio
comportamento.
Un fattore importante che influenza il consumo è l’influenza di altre persone; si sono descritti modi differenti di rappresentare tale influenza.
Appr
ofondimenti
Approfondimenti
Foxall, G.R. (1992b) The behavioral perspective model of purchase and consumption: From consumer theory to marketing practice, Journal of the Academy of Marketing Science, 20: 2, 189-198.
Beatty, S.E. e Smith, S.M. (1987), External search effort: an investigation across
several product categories, Journal of Consumer Research, 14, June, 83-95.
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