COMUNICATO STAMPA
Il Palazzetto Bru Zane presenta
PROSERPINE
di CAMILLE SAINT-SAËNS
DOMENICA 9 OTTOBRE 2016 - ORE 19
PRINZREGENTENTHEATER
MONACO DI BAVIERA (GERMANIA)
Dante Gabriel Rossetti - Proserpine
MARTEDì 11 OTTOBRE 2016 - ORE 20
OPÉRA ROYAL DE VERSAILLES (FRANCIA)
CONTATTO STAMPA
Studio Begnini
Roberto Begnini e Flaminia Persichetti
+39 349 55 12 059
[email protected]
SOMMARIO
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L’opera in breve
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Camille Saint-Saëns
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Proserpine: dalla genesi alla recezione
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Sinossi
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Sul compositore: libri e CD
L’OPERA IN BREVE
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Louis Gallet (dalla pièce di Auguste Vacquerie, 1872), prima
rappresentazione all’Opéra-Comique di Parigi il 14 marzo 1887.
Versione da concerto
Ci si sarebbe potuti aspettare che un Saint-Saëns – che si suppone «classico» – avesse trovato materia di ispirazione nel destino
dell’antica Proserpina; con sorpresa si scopre invece che questa sua Proserpina altro non è che una cortigiana rinascimentale
avvezza agli amori colpevoli. Saint-Saëns stesso riassume acutamente le vere valenze drammatiche di questo dramma lirico,
molto lontane dal repertorio dell’Opéra-Comique nel cui ambito era stato creato: «Angiola è l’innocenza, il candore, l’amore
puro e verginale; Proserpina è una dannata, il vero amore è per lei un frutto proibito; non appena lo tocca, comincia la tortura.
[…] E accade questa cosa inattesa e terribile: il casto amore della santa appare poca cosa accanto alle passioni infernali della
cortigiana. Spaventoso problema! Satana, il rivoltoso, l’eterno maledetto, schiaccia con la propria superiorità gli angeli fedeli!
[…] È la bestia sanguinaria che è mirabile, la dolce personcina è soltanto carina e simpatica». Evidentemente ispirato da questo
gusto dell’orrido, Saint-Saëns crea un’orchestrazione di una modernità senza precedenti, accumulando le dissonanze sotto le
urla di furore o di disperazione dei suoi personaggi. E conclude: «Proserpine è, di tutte le mie opere teatrali, la più avanzata
secondo il sistema wagneriano». Ma è anche la meno conosciuta, ed era tempo di rivelarla al pubblico.
DOMENICA 9 OTTOBRE – ORE 19
Prinzregententheater
Monaco di Baviera (Germania)
MARTEDì 11 OTTOBRE – ORE 20
Opéra royal de Versailles (Francia)
Ulf Schirmer © Denis Pernath
MÜNCHNER RUNDFUNKORCHESTER
CORO DELLA RADIO FIAMMINGA
Ulf Schirmer direzione
Proserpine Véronique Gens
Angiola Marie-Adeline Henry
Sabatino Frédéric Antoun
Squarocca Andrew Foster-Williams
Renzo Jean Teitgen
Ercole Philippe-Nicolas Martin
Orlando Mathias Vidal
Filippo / Gil Artavazd Sargsyan
Une Religieuse Clémence Tilquin
Produzione Palazzetto Bru Zane
In collaborazione con
Orchestra della Radio di Monaco di Baviera
Registrato dal
Palazzetto Bru Zane –
Centre de musique romantique française
per la collana «Opéra français»
Véronique Gens © Marc Ribes
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CAMILLE SAINT-SAËNS
Camille Saint-Saëns (1835-1921)
Orfano di padre proprio come Charles Gounod, Saint-Saëns fu cresciuto dalla madre e dalla
prozia. Fu quest’ultima a iniziarlo al pianoforte, prima di affidarlo a Stamaty e poi a Maleden.
Straordinariamente precoce, fece la sua prima apparizione in concerto già nel 1846. Due anni
dopo lo ritroviamo al Conservatorio nelle classi di Benoist (organo) e poi di Halévy (composizione). Anche se fallì due volte al concorso per il prix de Rome, il complesso della sua carriera fu costellato da un’infinità di riconoscimenti e di nomine a vari incarichi ufficiali, tra cui
un’elezione all’Académie des beaux-arts nel 1881. Virtuoso, titolare degli organi della Madeleine
(1857-1877), impressionò i suoi contemporanei. Compositore colto e fecondo, si adoperò per la
riabilitazione dei maestri del passato partecipando a edizioni di Gluck e di Rameau. Eclettico,
difese tanto Wagner quanto Schumann. Come didatta ebbe tra i suoi allievi Gigout, Fauré o
Messager. Come critico firmò numerosi articoli che attestano uno spirito lucido e acuto, anche se
molto legato ai principi dell’accademismo. Fu questo stesso spirito, indipendente e volitivo, a inRitratto di Camille Saint-Saëns durlo a fondare nel 1871 la Société nationale de musique, e quindi a rassegnare le dimissioni nel
1886. Ammirato per le sue opere orchestrali, pervase di un rigore assolutamente classico in uno
stile ardimentoso (cinque concerti per pianoforte, tre sinfonie, l’ultima delle quali con organo,
quattro poemi sinfonici, tra cui la celebre Danse macabre), conobbe un successo internazionale
grazie in particolare alle opere Samson et Dalila (1877) e Henry VIII (1883).
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PROSERPINE: DALLA GENESI ALLA RECEZIONE
di Marie-Gabrielle Soret
Affascinato dalla lettura di Proserpine, pièce giovanile in versi del poeta e drammaturgo Auguste Vacquerie (1819-1895),
scritta nel 1838 e pubblicata nel 1872 nella raccolta Mes premières années de Paris, Camille Saint-Saëns aveva pensato
di metterla in musica nella forma di un’opera «italiana», come suggerito dall’ambientazione e dal tipo di trama. Durante
un soggiorno in Inghilterra all’inizio del luglio 1880, essendo in trattative con l’impresario Carl Rosa che voleva commissionargli un lavoro, Saint-Saëns gli fece leggere la pièce, che però venne giudicata «troppo forte», per cui il progetto cadde.
Tuttavia, il musicista perseguì la sua idea e riuscì, non senza difficoltà, a ottenere l’assenso di Vacquerie all’elaborazione di
un libretto in italiano. Ma è durante una cena nel 1883 a casa di Victor Hugo, presso il quale i due si rivedono, che – essendo
ormai stata abbandonata l’idea di un adattamento per il Théâtre Italien – Saint-Saëns convincerà Vacquerie ad accettare
che il suo lavoro venga rimaneggiato, e che il librettista Louis Gallet sarebbe stato il collaboratore ideale per realizzare tale
trasformazione.
Proserpine, composta tra il 1886 e il 1887, è dunque un nuovo prodotto dell’amicizia tra Saint-Saëns e Gallet. Dopo la
Princesse jaune del 1872 ed Étienne Marcel del 1877, si tratta della loro terza collaborazione.
«Due giovani si contendono il cuore di una donna, e questa donna ne muore»: ecco la trama riassunta da Saint-Saëns in
una frase. A metà febbraio 1885, Louis Gallet fa leggere il testo al direttore dell’Opéra-Comique, Léon Carvalho, che si mostra
interessato e mette subito un’opzione sull’opera. Tuttavia, Gallet comincia a versificare il libretto solo all’inizio del 1886 e a
metà maggio annuncia al compositore:
Mio caro amico, ho concepito e scritto il primo atto di Proserpine, seguendo quella speciale poetica sulla quale avevamo
convenuto, ossia dimenticando il più possibile di lavorare per un musicista. Ciò è molto piacevole, perché mi permette di
conservare ampi brani del testo originale. E la vera musica drammatica non vi perde nulla, al contrario!
Il primo atto è compiuto, versificato e approvato da Vacquerie. A metà luglio Saint-Saëns si reca a Firenze per immergersi
nel contesto specifico della storia e dei personaggi. Preso dal soggetto, già immagina la scenografia, con portici e scalinate
di marmo e «quattro o cinque graziose ballerine, magnificamente vestite alla Veronese, che assumeranno pose graziose e
discorreranno con i giovani».
Si ritira quindi a Berna e poi a Chaville, ove scrive la musica tra metà luglio e il 28 settembre, e orchestra la partitura tra il
novembre 1886 e il gennaio 1887, intrattenendo una fitta corrispondenza con Gallet per informarlo dei progressi del proprio
lavoro e chiedergli modifiche da apportare al testo.
Nonostante svariate interruzioni a causa di tournée concertistiche, Saint-Saëns si lascia portare dal soggetto e la composizione procede assai rapidamente, in quell’atmosfera di schietto cameratismo che ha sempre caratterizzato i suoi rapporti
con Gallet: «Lei non ha idea di come sono felice di di lavorare con Lei e con Vacquerie, siete due ali, che peccato che tra queste
due ali ci sia una papera!».
Sin dall’inizio del settembre 1886 Vacquerie e Carvalho avevano espresso il desiderio di ascoltare la musica.
All’Opéra-Comique c’era entusiasmo, ed erano tutti convinti in anticipo che quel nuovo dramma lirico in quattro atti,
ciascuno di carattere distinto, sarebbe stato un capolavoro.
Saint-Saëns e Gallet hanno sensibilmente rimaneggiato lo svolgimento drammatico del lavoro di Vacquerie. La prima
scena aveva luogo per strada e cominciava ex abrupto con un dialogo tra Sabatino e Renzo a proposito di Angiola, la sorella
di Renzo, e con Renzo che metteva alla prova Sabatino chiedendogli di sedurre Proserpine. Saint-Saëns sposta invece la scena
nei giardini della dimora di Proserpine, «poetica riproduzione di una corte d’amore», in cui giovani signori e donne passeggiano conversando intorno al fascino della bella cortigiana. L’entrata in scena di Proserpine è dunque «preparata» secondo
le convenzioni operistiche del tempo.
Il secondo atto, che si svolge nel convento in cui Angiola è reclusa, non c’è nella pièce di Vacquerie. È un’invenzione di Gallet,
e paradossalmente sarà l’atto che piacerà di più.
Ma il rimaneggiamento più importante riguarda lo scioglimento finale. Nel lavoro di Vacquerie, Proserpine uccide Angiola, e
Sabatino uccide Proserpine: due assassini e due cadaveri, cose poco convenienti sul palcoscenico di un teatro d’opera. Nella
prima versione del libretto (1887), Proserpine colpisce Angiola e Sabatino uccide Proserpine, ma si intuisce che Angiola, benché gravemente ferita, sopravvivrà. Gallet non era soddisfatto di questo finale, come scriveva al musicista:
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E poi mi spiace che non ci sia una sola parola per far sapere al pubblico che Angiola non è morta, un «tu vivrai!»
qualunque, banale se vuole, ma molto utile a congedare il pubblico in modo lieto, dopo questo terrificante macello.
Nella seconda versione (1891), Gallet mitiga la scena per renderla più accettabile: Proserpine tenta di uccidere Angiola, ma
la sua mano è fermata da Sabatino; essa rivolge allora il pugnale contro di sé e si uccide. Dunque non resta che un solo
cadavere, e non c’è nessun assassino. La trasformazione di questo finale, pensato per «addolcire Proserpine», fu oggetto
di animate discussioni tra il musicista, il librettista e il drammaturgo, e fu infine Vacquerie ad avere l’idea del suicidio di
Proserpine.
Sin dall’inizio, Saint-Saëns ha una visione assai precisa del personaggio di Proserpine, «donna strana e misteriosa» che non
deve però sembrare troppo respingente o enigmatica; del resto, questa era stata anche la preoccupazione di Vacquerie quando aveva concepito la sua pièce. Nondimeno, dopo Carmen e la Traviata, ecco di nuovo una cortigiana sulla scena della Salle
Favart, e stavolta una cortigiana di alto profilo, «universelle» come precisa il libretto, alla quale bisognava peraltro infondere sentimenti che commuovessero lo spettatore. La tensione del libretto sta tutta nel contrasto e nell’ambiguità di questi
due ruoli femminili: la limpidezza, il candore e la purezza di Angiola, ma anche, forse, la sua banalità, in contrapposizione
alla passione, all’oscurità, alla focosità e infine alla dannazione di Proserpine.
Nella prima rappresentazione, il difficile ruolo di Proserpine, che richiede pari qualità di attrice tragica e di cantante, toccò a Caroline
Salla. Il ruolo fu definito dalla critica «ingrato» in quanto, nella prima
versione, non presentava pezzi di bravura che valorizzassero la solista (Saint-Saëns vi aggiungerà un bel cantabile nel terzo atto della
seconda versione).
La prima rappresentazione di Proserpine ebbe luogo il 14 marzo 1887
all’Opéra-Comique sotto la direzione di Jules Danbé, in un allestimento di Charles Ponchard con scene di Jean-Baptiste Lavastre e costumi
di Théophile Thomas. Ci furono dieci rappresentazioni, e l’opera fu
oggetto di un’enorme quantità di recensioni, che meriterebbe per se
stessa uno studio approfondito, tanto è significativa dell’evoluzione
dei gusti, della mutevolezza delle opinioni e dei sottintesi politici ed
estetici dell’epoca. Molti critici etichettarono l’opera come «composita». Lo stesso Gallet nota la varietà dell’ispirazione musicale, che
Saint-Saëns traduce nella sua partitura proponendo quattro atti di
carattere assai diverso: «sinfonico, melodico, pittoresco, drammatico».
I primi due atti corrisposero alle aspettative del pubblico, con arie e
melodie ben distinte. Soprattutto il secondo atto, quello del convento,
piacque unanimemente: i cori delle nozze rapirono il pubblico, mentre
il finale, nella prima rappresentazione, venne bissato. In compenso,
gli ultimi due atti sconcertano. Camille Bellaigue, per esempio, ritiene
che la pièce cominci al terzo atto… nel punto in cui la musica finisce cadendo in un fosso. Si rimprovera Saint-Saëns di
avere messo in atto il «modello wagneriano», impiegando la declamazione continua, volendo fondere dramma e musica,
ma soprattutto abusando dell’uso dei Leitmotive. L’utilizzo di motivi ricorrenti, dei quali i più non colgono le intenzioni né
le sottigliezze, è giudicato come un’irritante facilitazione della scrittura, «avanzi» che il musicista reimpasta in qualche
modo, in base a un sistema monotono e applicato meccanicamente. La critica maggiore è quella che viene abitualmente
mossa al compositore: lo si rimprovera di lasciare che il «sinfonista» prevalga sull’autore drammatico, ossia, in altre parole,
di creare una partitura troppo elaborata per poter essere facilmente capita dal pubblico, o ancora di mettere tutta la sua
immaginazione al servizio dell’orchestra a scapito delle parti vocali.
Che la partitura di Proserpine disorienti la critica è dire poco. Henri Moreno, del «Ménestrel», vi vede un’opera di compromesso tra il vecchio stile operistico e quello nuovo, donde un’impressione di disagio e «una specie di malaria che domina
in tutta la partitura». Altri, come Félicien Champsaur o Raoul d’Harville, non hanno certo la mano leggera: «Cinque sensi,
ma niente anima», «Nessuno ha capito una sola parola di tutto il pastrocchio di note gettate a caso negli atti primo, terzo e
quarto dal signor Camille Saint-Science [sic]».
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Queste critiche, talvolta crudeli, spesso appassionate, si spiegano anche con alcune interferenze che turbarono un’obiettiva
ricezione dell’opera. Da una parte, il 9 gennaio di quello stesso anno, Parigi scopriva la potente Terza Sinfonia con organo,
eseguita alla Société des concerts del Conservatorio. La reputazione del Saint-Saëns «sinfonista» è in quel momento al suo
apice, coronata da questo capolavoro destinato a passare ai posteri con il successo che sappiamo. Dall’altra, aria tedesca
soffia su Parigi dopo essere passata per il Belgio: la Valchiria andrà in scena al Théâtre de la Monnaie in lingua francese il 6
marzo 1887, la settimana precedente la prima di Proserpine (la Valchiria non sarà rappresentata integralmente all’Opéra
di Parigi fino al 12 marzo 1893). Una manna per i critici musicali, i quali mettono tutti a confronto le due opere, vuoi dal
punto di vista estetico, vuoi da quello politico, in un’epoca in cui si ritiene che ogni compositore debba sventolare una sua
bandiera.
Charles Gounod prende posizione a favore di Saint-Saëns con pubbliche dimostrazioni di sostegno e di amicizia e pubblica
un lungo articolo sulla prima pagina del quotidiano «La France» il 18 marzo 1887, quattro giorni dopo la prima di Proserpine. Se ritiene necessario appoggiare così apertamente l’opera, è anche perché aveva previsto che non sarebbe stata ben
capita. Gli antiwagneriani vi videro il contrafforte di un baluardo da erigere contro l’egemonia tedesca, ma la questione
non era così semplice, poiché il linguaggio musicale impiegato da Saint-Saëns in Proserpine fa nascere ancora una volta
dei dubbi quanto alla sua «francesità». In effetti, egli avrebbe «subito la considerevole influenza del maestro di Bayreuth»;
peggio ancora, avrebbe messo in pratica nei suoi lavori quello che negava nei suoi scritti.
Nel 1876 Saint-Saëns era un ardente difensore dell’opera di Wagner; ma nel 1886, dopo la pubblicazione della sua raccolta
di articoli Harmonie et Mélodie – nella prefazione della quale attaccava non i principi wagneriani, bensì il wagnerismo e i
suoi emuli –, il musicista dovette subire violenti attacchi da parte della stampa in occasione di una sua tournée concertistica in Germania e questa campagna portò al boicottaggio delle sue opere sulle scene tedesche. La ricezione di Proserpine
si colloca dunque su questo sfondo di polemiche ed è influenzata dalle prese di posizione pubbliche da parte del suo autore.
Tuttavia, altri commentatori, non meno numerosi, lodano la maestria della scrittura del compositore, la ricchezza del suo
tessuto orchestrale e la sottigliezza con cui egli accorda i timbri e riempie lo spazio sonoro, il senso delle proporzioni negli
sviluppi e nella struttura; un’orchestra sempre sobria, varia ed espressiva, senza eccessi e senza passaggi a vuoto, in cui i
timbri si oppongono e si combinano secondo un’arte infallibile, le cui sonorità sono sempre conformi alla situazione. Ma è
ancora un’arte da «sinfonista».
Per tagliare corto con tali polemiche, Saint-Saëns si sente in obbligo di prendere in mano la penna, anzitutto pubblicando
una lettera nel «Ménestrel» del 17 aprile 1887.
La mia teoria, in materia di teatro, è questa: credo che il dramma si indirizzi verso una sintesi di stili differenti – il
canto, la declamazione, la sinfonia – riuniti in un equilibrio che consente al suo creatore di utilizzare tutte le risorse
dell’arte, e all’ascoltatore di soddisfare tutte le sue legittime aspettative. È questo equilibrio quello che io cerco, e che
altri sicuramente troveranno. Anche la mia natura e la mia ragione mi spingono a questa ricerca, alla quale non mi
saprei sottrarre. È per questo che vengo rifiutato tanto dai wagneristi, che disprezzano lo stile melodico e il bel canto,
quanto dai reazionari, che viceversa vi si aggrappano, considerando la declamazione e la sinfonia come accessorie.
Tuttavia, quando l’opera fu poi riproposta nel 1899, il pubblico aveva ormai nell’orecchio Lohengrin, Samson et Dalila, Le
Rêve di Alfred Bruneau e la Valchiria ed essendosi evoluto il gusto, un critico noterà saggiamente che «Proserpine sarebbe
accolta oggi con favore, e i passaggi più criticati nel 1877 sarebbero ora i più ammirati, e a ragione». Ma gli si rimproverò
allora il «romanticismo tardivo» del libretto, decisamente passato di moda. In ogni caso, come confidò a Jacques Durand
nel 1910, Saint-Saëns non riuscì a spiegarsi l’insuccesso della sua opera:
Mi chiedo donde venga l’ostracismo di cui è fatta oggetto e non trovo risposta. Lì dentro c’è passione, grazia, del pittoresco; e il secondo atto è un incanto. È inoltre un’opera letteraria il cui testo non ha niente in comune con le «parole» delle
opere liriche ordinarie né con le incomprensibili assurdità di certe traduzioni.
Occorre poi riconoscere che Proserpine è stata particolarmente sfortunata e che nel corso delle sue varie rappresentazioni,
sia in Francia sia all’estero, non si contano gli incidenti occorsi ai cantanti: della voce, gambe rotte, cadute da cavallo, litigi
tra cantanti e direttori, defezioni a favore di contratti più vantaggiosi; come dice lo stesso Saint-Saëns, «è lunga la lista delle
trappole sparse lungo il cammino di quest’opera disgraziata», a cominciare dall’incendio della Salle Favart del 25 marzo
1887 che, se risparmiò la partitura, ridusse in cenere i singoli spartiti, le parti del coro e la scenografia, polverizzando qualsiasi speranza di riprendere l’opera in tempi brevi dopo le prime rappresentazioni.
Altro ostacolo e non dei minori. Quella di Proserpine è una parte difficile, scritta per una voce grave di quelle che piacciono
a Saint-Saëns: diciamo una Falcon che interpreti Valentine alla prima degli Huguenots, cosa non facile da trovare in quan7
to il ricorso a questo tipo di voce diviene piuttosto desueto alla fine del XIX secolo. Come per il ruolo di Dalila, Saint-Saëns
cercherà a lungo la cantante adatta a impersonare la sua eroina, capace di interpretare con successo questo ruolo cupo e
fortemente drammatico, questo personaggio immorale e patetico insieme, questa donna corteggiata senza essere amata,
sorella della Proserpina degli Inferi («toi, loin du jour, moi, loin de l’amour, deuil pareil!»): una ricerca estremamente difficile.
La ripresa dell’opera è prevista a partire dal 1891, ma è legata alla buona volontà del direttore e all’individuazione di una
grande solista, e Saint-Saëns comunica i propri stati d’animo a Louis Gallet e a Auguste Durand: «Non mi rimane che aspettare una Proserpine. Ma in questo momento non ne vedo. La stessa signora Caron mi pare troppo magra, e indossa corsetti
troppo fantastici. Ci vorrebbe il fisico della Adiny insieme al talento della signora Caron»; «Quello che ci vorrebbe è scoprire
una Proserpine. Ci vorrebbe qualcosa di inedito, di suggestivo, con una voce notevole e molto talento. Dove trovare questo
uccello raro?; «Per Proserpine bisognerebbe pretendere la Falcon del grand-opéra; è un ruolo che richiede grandi mezzi, anzi
li esige».
Saint-Saëns vorrebbe Emma Calvé, ma questa non è nei piani del direttore dell’Opéra-Comique, Albert Carré, e infine trova
che essa «gesticola troppo» e ha un po’ paura «delle sue eccentricità, alle quali non è possibile mettere freno. Quella che mi
ci vorrebbe è una grande coquette abbinata a una grande amante tragica: ahimè, non ne vedo». Il musicista si decise allora
a qualche compromesso e «sopranizzò» un po’ il ruolo, sperando così di farlo adottare da altre stelle, come Marthe Chenal,
Marie Delna, Meyrianne Héglon, Georgette Leblanc o Marie Bréma, che a quel punto avrebbero potuto tutte impersonare
una Proserpine verosimile.
Saint-Saëns è convinto che l’opera non sia ben compresa e che la possibilità di un suo successo dipenda anche dagli interpreti, «poiché il ruolo di Proserpine è ammirevole, lo si può interpretare sia in senso comico sia in senso tragico, si può sorridere
e si può essere terribile, sfoggiando costumi diversi che messono in risalto la bellezza in tre differenti maniere. Aggiungete
il fatto che ora può essere affrontata sia da soprani sia da contralti!».
Quando l’opera venne ripresa, e con successo, ad Alessandria d’Egitto alla fine del 1902 e al Cairo all’inizio del 1903,
Saint-Saëns avvertì ancora una volta il bisogno di chiarire i propri intendimenti e pubblicò un opuscolo di 10 pagine dal
titolo Quelques mots sur Proserpine (Alessandria d’Egitto, Teatro Zizinia, 1902), raccomandando ad Auguste Durand:
Non sarà inutile diffonderlo a Parigi quando vi si tornerà a rappresentare Proserpine;
infatti, dopo avere raccontato il soggetto
della pièce, ho formulato un’intera spiegazione di quello che sta sotto il soggetto e
di quello che ho inteso fare scrivendone la
musica. Poiché a Parigi si erano particolarmente ostinati a non volervi capire nulla e
a chiedere per quale ragione avessi pensato
di mettere in musica «questo brutto dramma romantico», non sarà male fare un po’
di luce.
Nondimeno, sin dall’inizio, e come per Samson et Dalila, che dovette assai penare prima
di riscuotere il dovuto successo, Saint-Saëns
aveva sempre creduto che il valore della sua
opera sarebbe stato riconosciuto dai posteri, e
tutti gli ostacoli che si frapposero al suo percorso non lo fecero deviare dal suo proposito.
Continuo a trovare Proserpine un’opera
eccellente. Il futuro mi darà ragione.
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SINOSSI
ATTO I
Italia, XVI secolo. In occasione di una festa, la cortigiana Proserpine riapre agli ospiti la propria dimora, che era rimasta
chiusa per un mese. I suoi amanti passati o futuri si interrogano. La donna appare e li allontana sospirando: «Sabatino
non è venuto». Essi le cantano un madrigale, invano; Proserpine si ritira. Un attimo dopo, Sabatino varca la soglia
insieme all’amico Renzo, del quale deve sposare la sorella, Angiola, a una condizione: che si sbarazzi, appagandola,
della forte attrazione che prova per Proserpine, la quale non gli ha mai accordato i suoi favori. In effetti essa accoglie
Renzo e sembra ignorare Sabatino che, approfittando di un momento in cui si ritrova da solo con lei, implora la grazia
di poter diventare suo amante. Proserpine, che lo ama segretamente, gli risponde che è fortunato che essa non sia
altro che una cortigiana, poiché, se gli offrisse la propria anima anziché vendergli il proprio corpo, non potrebbe più
rispondere di se stessa. Spaventato, Sabatino dichiara di non aspettarsi altro che una relazione venale. Lei rifiuta.
Lui insiste: «Sono ricco». La donna lo scaccia e, disperata, sogna di offrirsi a un uomo povero. Per combinazione un
autentico pezzente, Squarocca, è appena stato preso in flagrante mentre cercava di rubarle i gioielli; dopo avergli
imposto di scegliere tra la prigione e il suo palazzo, Proserpine lo porta con sé alla festa. Quando viene a sapere delle
prossime nozze di Sabatino, essa si assicura della devozione di Squarocca e dà inizio alla festa.
ATTO II
Nel convento di Torino in cui è chiusa, Angiola stenta a credere all’avvenire felice che le sue compagne le decantano.
Arriva suo fratello Renzo, accompagnato, dice, da un peccatore che grazie a lei ha trionfato sull’inferno: Sabatino. Il
giovane, commosso, improvvisa una dichiarazione d’amore; la fanciulla risponde con poche parole, dopodiché i due
esprimono la propria gioia scambiandosi gli anelli; Renzo, intenerito, si unisce a loro. La scena è interrotta dall’irruzione
di una folla di pellegrini. Nascosto tra questi, Squarocca osserva e già trema a causa di ciò che dovrà riferire a Proserpine:
Angiola è così bella che Proserpine potrebbe morirne di gelosia.
ATTO III
In montagna, alcuni zingari ballano la tarantella. Proserpine, travestita da gitana, attende Squarocca, che giunge e le fa
il suo resoconto. La donna si infuria. I due si sono trovati lì per fare prigionieri Renzo e Angiola, costretti a interrompere
il loro viaggio proprio in quel luogo a causa di una ben preparata rottura dell’asse della loro carrozza. Conoscendo
ormai i tormenti della gelosia dopo quelli dell’amore impossibile, Proserpine invoca la dea della quale porta il nome, e
che fu privata della luce del sole così come lei lo è dell’amore puro. Squarocca intona poi una canzone da ubriaco per
attrarre i due viaggiatori, che cercano un rifugio nella notte. Poco dopo li accoglie, porta Renzo all’aperto con la scusa
di riparare la carrozza e lo lega a un albero, mentre Angiola, rimasta sola con Proserpine, si fa predire il futuro; ma le
vengono prospettate tale sciagure, qualora non rompesse col fidanzato, che essa intuisce l’inganno e cerca di fuggire.
Squarocca glielo impedisce, mentre Proserpine scompare; Renzo, che intanto ha spezzato i suoi lacci, sopraggiunge e
libera Angiola.
ATTO IV
Nella propria casa, Sabatino pregusta il piacere di un matrimonio che lo libererà delle turpitudini del suo passato
libertino. Irrompe Proserpine, la quale confessa che lo ama sinceramente da sempre e si getta ai suoi piedi… Niente da
fare: egli la prega di ritirarsi, quando ode il rumore della carrozza di Angiola. Proserpine rimane nascosta a osservare
le effusioni dei due amanti. Non riuscendo più a trattenersi, esce allo scoperto, puntando contro Angiola un’arma che
Sabatino riesce in extremis a stornare. Proserpine, disperata, rivolge l’arma contro se stessa, attirando infine su di sé la
compassione della coppia, alla quale augura una vita felice.
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SUL COMPOSITORE: LIBRI E CD
FESTIVAL CAMILLE SAINT-SAËNS, TRA ROMANTICISMO E MODERNITÀ
Venezia / 24 settembre – 3 novembre 2016
Un festival di 8 concerti dedicato a Camille Saint-Saëns propone un viaggio alla scoperta dei molteplici aspetti finora sconosciuti
della produzione del compositore francese: musiche per pianoforte e per pianoforte a quattro mani, mélodies e lavori per archi e
pianoforte. Noteremo in particolare la presesnza di Tassis Christoyannis, Jeff Cohen, Henri Demarquette, Suzana Bartal, Philippe
Bianconi, il Quartetto di Cremona, Andrea Lucchesini, il trio Latitude 41, il Mozart Piano Quartet, l’Ex Novo Ensemble e i solisti della
Chapelle Musicale Reine Elisabeth.
ATTUALITÀ DISCOGRAFICHE
Integrale delle mélodies
Tassis Christoyannis baritone
Jeff Cohen piano
APARTÉ (settembre 2016)
Quintetto con pianoforte
e Quartetto n. 1
Quartetto di Cremona
Andrea Lucchesini
pianoforte
AUDITE (settembre 2016)
Mélodies con orchestra
ORCHESTRA DELLA RADIO
SVIZZERA ITALIANA
Markus Poschner direzione
Yann Beuron tenore
Tassis Christoyannis baritono
ALPHA CLASSICS (gennaio 2017)
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ATTUALITÀ EDITORIALI
Camille Saint-Saëns Jacques Rouché
Correspondance (1913-1921)
Camille Saint-Saëns,
le compositeur
globe-trotter (1870-1921)
volume a cura di
Marie-Gabrielle Soret
Stéphane Leteuré
Questo libro presenta gli scambi,
negli anni 1914-1920, fra il direttore
dell’Opéra di Parigi e Saint-Saëns
allora giunto al termine della sua vita.
ACTES SUD / PALAZZETTO BRU ZANE
PUBBLICAZIONE: SETTEMBRE
2016
Camille Saint-Saëns
Il Re degli spiriti musicali
di
Giuseppe Clericetti
Il saggio di Giuseppe Clericetti
costituisce il primo studio pubblicato
in Italia su Camille Saint-Saëns,
considerato uno dei massimi
rappresentanti dell’arte musicale del
XIX secolo.
ZECCHINI EDITORE
PUBBLICAZIONE:
SETTEMBRE 2016
10
Viaggiatore instancabile, Saint-Saëns
trascorre lunghi anni in paesi quali
l’Algeria o l’Egitto nel momento in cui
colonizzazione e transfert culturali sono
al loro apice.
ACTES SUD / PALAZZETTO BRU ZANE
PUBBLICAZIONE: 2017
CD CON LIBRO E LIBRO GIÀ PUBBLICATI
Les Barbares di Saint-Saëns
CHŒUR LYRIQUE ET
ORCHESTRE SYMPHONIQUE
SAINT-ÉTIENNE LOIRE
Laurent Campellone direzione
PALAZZETTO BRU ZANE
Lettres de compositeurs à
Camille Saint-Saëns
prefazione di Eurydice Jousse
e Yves Gérard
SYMÉTRIE / PALAZZETTO BRU ZANE
(2009)
11
Camille Saint-Saëns et
le prix de Rome
BRUSSELS PHILHARMONIC
FLEMISH RADIO CHOIR
Hervé Niquet direzione
PALAZZETTO BRU ZANE
Palazzetto Bru Zane
Centre de musique romantique française
San Polo 2368, 30125 Venezia
[email protected]
BRU-ZANE.COM