Lezione 11

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Insegnamento di
IGIENE GENERALE
Malattie infettive in ambito
sportivo
Prof. Daniela Anastasi
Cattedra di Igiene
Anno Accademico 2012/13
1
Principali malattie infettive che si possono
contrarre in ambito sportivo
In ambito sportivo, l’incidenza delle malattie infettive
è di entità non trascurabile. Infatti, anche se
l’infortunio fisico rappresenta in tale settore il
principale rischio di compromissione della
performance dell’atleta, c’è da considerare che
contrarre una malattia infettiva potrebbe
rappresentare un serio impedimento.
Particolare rilievo in ambito sportivo assumono le
infezioni virali, soprattutto per gli effetti inabilitanti
che si possono determinare sul tessuto nervoso e su
quello muscolare, oltre agli effetti dannosi sul cuore
che potrebbero essere provocati dal prematuro
ritorno alla pratica sportiva dopo episodi virali.
Occorre, inoltre, considerare che la diffusione degli
sports a livello mondiale, sia in termini di pratica
sportiva, sia in termini di internazionalizzazione, ha
incrementato la possibilità che gli atleti, che si
spostano spesso da un paese all’altro, siano esposti
ad un più ampio spettro di infezioni, come ad
esempio le varie forme della “diarrea del
viaggiatore”, la febbre emorragica, la malaria.
La trasmissione delle patologie infettive durante la
pratica sportiva può avvenire attraverso la modalità
diretta, o indiretta, ad esempio, per contatto con la
superficie del campo sportivo o con acqua della
piscina contaminati da patogeni oppure per la
condivisione e l’uso di oggetti (macchinari,
asciugamani e abbigliamento).
Condizioni predisponenti alle infezioni da sport
Considerando le patologie di origine infettiva, non si
può non tener conto degli effetti sul sistema
immunitario dell’attività fisica, dell’eccesso di
allenamento e dello stress psicologico che comunque
la pratica sportiva può determinare negli atleti.
Esercizio moderato.
L’esercizio fisico moderato, oltre a determinare
benefici effetti cardiovascolari e psicologici, protegge
l’individuo nei confronti delle infezioni attraverso la
stimolazione del sistema immunitario.
In tale situazione si determina un incremento
dell’immunità umorale (anticorpi) ed un aumento
della concentrazione dei globuli bianchi (granulociti e
linfociti T).
L’incremento della leucocitosi indotta da esercizio è,
comunque, di breve durata.
Sovrallenamento.
La situazione di sovrallenamento, invece, ha un
effetto negativo sulla risposta immunitaria dell’atleta
e di conseguenza potrebbe causare una limitazione
dell’attività sportiva.
Gli atleti stessi lamentano spesso che il
sovrallenamento può essere considerato causa di
raffreddori persistenti, mal di gola, ed altre malattie
simil-influenzali, condizioni spesso presenti in
maniera ricorrente durante una stagione sportiva al
punto tale da comprometterla del tutto.
Pedersen e Toft, in una recente revisione della
letteratura scientifica internazionale, hanno
verificato che il sistema immunitario è caratterizzato
da alterazioni del sistema immune bio-umorale e da
aumento degli indici di infiammazione.
Basse concentrazioni di linfociti, immunità naturale e
proliferazione linfocitaria soppresse, sono tipiche di
tali condizioni.
A livello salivare si verifica una transitoria
soppressione delle immunoglobuline IgA, e questo
potrebbe essere alla base della maggiore
suscettibilità alle infezioni della parte superiore
dell’albero respiratorio.
Simultaneamente, si verificano innalzamenti dei
livelli di citochine infiammatorie circolanti.
Livelli bassi di IgG a riposo sono stati riscontrati nei
maratoneti alla fine della stagione sportiva.
Stress psicologico. Un fattore che senza dubbio
influisce sullo stato immunitario è rappresentato
dallo stress, dal momento che condizioni
multifattoriali che sono alla base dell’insorgenza
dello stress (fattori neuroendocrini e metabolici)
sono presenti nell’eccesso di allenamento o di pratica
sportiva. Numerosi studi indicano che lo stress
psicologico o le malattie psichiche possono
influenzare negativamente la funzione immunitaria,
attraverso la secrezione di ACTH e la secrezione di
catecolamine (es. adrenalina).
Sindrome della fatica cronica. Per sindrome della
fatica cronica si intende un periodo di fatica lungo
almeno 6 mesi, caratterizzato da malessere e
depressione psicologica la cui origine, funzionale ed
organica, è fonte ancora di controversie tra gli
esperti.
La sindrome rappresenta un gruppo eterogeneo di
condizioni, per cui i sintomi vengono attribuiti o a
problemi di tipo psichiatrico oppure al periodo post
acuto di precedenti episodi infettivi.
Molti individui soffrono di un periodo variabile di
fatica, malessere e depressione dopo un’infezione, in
particolare se di origine virale, come l’influenza, la
Mononucleosi infettiva e l’epatite.
Tuttavia, se i sintomi della sindrome siano da
attribuire o meno ad un’infezione virale è ancora
oggetto di discussione scientifica.
Analogamente, esistono dati che contrasterebbero
con la tesi organica della Sindrome da Fatica Cronica.
In uno studio condotto con 100 adulti affetti dalla
sindrome, il 70% circa aveva disturbi psichiatrici
all’origine della patologia, il 5% era affetto da
patologie mediche (epilessia, apnea, polimialgia e
asma), mentre nella restante percentuale dei
pazienti, la causa della fatica cronica era inspiegabile.
Diversi studi hanno messo in evidenza una stretta
correlazione tra Sindrome e condizioni quali
depressione e ansia.
Talvolta, alla raccolta dell’anamnesi, si riesce ad
evidenziare una storia di infezione respiratoria o di
una malattia intestinale immediatamente precedenti
lo scatenarsi della sindrome.
I sintomi molto spesso descritti sono, oltre la fatica,
la debolezza muscolare, scarsa concentrazione,
anomalie del sonno, irritabilità, dolore alle
articolazioni, cefalea, amnesia, dolore degli organi
linfatici, fotofobia e faringodinia (dolore alla faringe).
Malattie aerodiffuse
Le malattie infettive a trasmissione aerea possono essere
facilmente contratte nella pratica di attività sportiva in
ambiente indoor, come l’ambiente confinato delle
palestre dove la contemporanea presenza di un gran
numero di persone che svolgono attività fisica favorisce
la creazione di un clima caldo-umido che a sua volta può
determinare la diffusione di agenti patogeni per mezzo
delle cosiddette goccioline di Flügge o mediante polveri.
Fra le malattie aerodiffuse vanno annoverate l’influenza e
le febbri ghiandolari.
Febbri linfonodali. Le febbri linfonodali
comprendono alcune patologie che hanno in comune
sintomi quali la febbre elevata e ingrossamento dei
linfonodi.
Fra di esse meritano particolare attenzione:
• La mononucleosi infettiva
• La malattia citomegalica
• La toxoplasmosi
Mononucleosi infettiva (MI). L’agente etiologico è il
virus di Epstein-Barr, che causa una comune
infezione negli atleti, ed in particolare nei giovani
adulti nei paesi sviluppati, e nei bambini nei paesi
emergenti.
La mononucleosi infettiva è spesso una condizione
asintomatica, che si trasmette nella maggior parte
dei casi per contagio diretto.
Dal punto di vista clinico si presenta con dolore alla
faringe, cui si accompagnano febbre e
linfoadenopatia, con o senza ingrandimento della
milza, e talvolta ittero.
In alcuni pazienti possono verificarsi dei disturbi
neurologici, che possono riguardare l’encefalo
(encefalite) oppure il sistema nervoso periferico
(neuropatia).
Fra gli sportivi, due complicazioni della MI assumono
particolare interesse: la rottura della milza e la fatica
persistente.
Nella prima condizione è stato stimato che il 40% dei
casi di rottura traumatica della milza si verifica in
atleti affetti da MI con milza ingrossata.
La seconda condizione ha durata relativamente breve
(15-45 giorni), ma talvolta i sintomi permangono per
lungo tempo, fino a configurare la sindrome della
fatica cronica.
Dal punto di vista diagnostico, la MI si riconosce da:
1) sintomi clinici;
2) presenza significativa (> 15%) di linfociti atipici nel
sangue;
3) Mono-test (ricerca di anticorpi) positivo.
In determinati individui potrebbe coesistere
un’infezione del faringe da parte di Streptococcus
Gruppo A, e per tale motivo agli atleti positivi al
Mono-test andrebbe praticato un tampone faringeo.
Molto spesso sono presenti alterazioni degli indici di
funzionalità epatica, tra cui le transaminasi (GOT e
GPT).
Viste le possibili complicanze della MI, la ripresa
dell’attività fisica dopo tale patologia deve essere
programmata e gestita senza forzare i tempi di
recupero.
Per la prevenzione della rottura della milza è
fondamentale evitare sforzi particolarmente gravosi,
contatti fisici frequenti (es. sport come il pugilato, il
rugby e le varie forme di lotta) ed il consumo di
bevande alcoliche, soprattutto nelle primissime
settimane di malattia.
Malattie a trasmissione orofecale.
Si tratta di malattie infettive i cui agenti etiologici,
eliminati con le feci, vengono trasmessi a nuovi
soggetti per via orale, e i veicoli possono essere
molteplici: acqua contaminata, alimenti inquinati, o
le mani sporche che portano alla bocca i germi
infettanti.
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La diffusione di tali malattie è un indice sensibilissimo delle
condizioni igieniche locali, perché esse trovano le occasioni
migliori per propagarsi laddove lo smaltimento fognario è
primordiale, dove l’approvvigionamento idrico è inadeguato,
dove l’igiene degli ambienti crea occasioni di più facili contatti
infettanti, e dove l’educazione sanitaria delle popolazioni è più
arretrata.
In questo gruppo tra le malattie che possono avere diffusione
in campo sportivo ricordiamo:
Epatite A
Febbre tifoide
Colera
Diarrea del viaggiatore
Diarrea del viaggiatore. E’ il disturbo più comune tra i
viaggiatori: colpisce l’8% di quelli destinati all’America del
Nord, Canada, Europa del Nord e Centrale; tra l’8 e il 20%
di quelli diretti nelle isole Caraibiche, Mediterraneo,
Israele, Giappone e Africa Meridionale; il 20-55% di quelli
recatisi in paesi emergenti.
Il principale responsabile è Escherichia Coli, ma altri
batteri, virus e protozoi possono contribuire all’infezione.
E’ il caso di Shigella, sebbene anche Salmonella e
Campylobacter possono presentare quadri clinici simili.
I sintomi iniziano spesso dopo il terzo giorno di
permanenza all’estero, ma in alcuni soggetti si possono
avere episodi di diarrea nella seconda settimana. Oltre la
diarrea, i sintomi possono indurre crampi, nausea,
vomito, in alcuni casi febbre.
La presenza di sangue nelle feci indica un’infiammazione
o ulcerazione intestinale.
La Giardiasi (infezione protozoaria) ha un periodo di
incubazione più variabile e lungo (settimane) e produce
diarrea, gonfiore, distensione addominale e intolleranza
al lattosio persistente.
Occasionalmente si possono osservare episodi epidemici
di varia entità causati dal virus di Norwalk, in particolare
in ambienti come le piscine.
Profilassi: le precauzioni alimentari consistono nel
mangiare cibo ben cotto ed evitare il consumo di
frutta e verdura cruda. Può essere consumata solo
acqua minerale o comunque sterilizzata ed evitato
l’uso del ghiaccio e dei gelati non confezionati.
La profilassi antimicrobica è indicata per l’atleta che
rimane all’estero per meno di due settimane e negli
atleti per cui è vitale la performance ottimale.
INFEZIONI DELLA PELLE
La pelle rappresenta una barriera protettiva del corpo.
Nella pratica sportiva, però, a causa di alcuni fattori come
l’aumentata sudorazione, il contatto con altri individui,
alcune forme di trauma, la pelle diventa più suscettibile
alle infezioni. E’ importante non sottovalutare tali
infezioni, soprattutto nelle fasi iniziali, perché possono
trasformarsi in fattori limitanti la performance atletica.
Possiamo distinguere le infezioni della pelle in tre gruppi:
• Infezioni virali
• Infezioni batteriche
• Infezioni micotiche
Infezioni virali
Molluscum contagiosum. E’ una dermatite virale
(causata da un Poxvirus) molto frequente negli atleti,
caratterizzata da piccoli rilievi nodulo-papulari
emisferici di colorito della cute normale ombelicati al
centro. Si presentano singolarmente o in gruppi,
localizzati soprattutto sul viso, al collo, ai genitali e al
tronco.
Herpes simplex. Questa malattia decorre spesso
asintomatica e generalmente si presenta per la prima
volta nell’infanzia e nell’adolescenza. E’ clinicamente
evidente nell’età adulta e si presenta con episodi
singoli o recidivanti. E’ caratterizzata da vesciche
cutanee e mucose per lo più raggruppate. Negli sport
che prevedono un contatto ravvicinato, quali ad
esempio il judo o la lotta libera, è possibile che un
individuo infetto possa trasmettere il virus
all’avversario, dando così inizio a lesioni conosciute
come scrumpox o herpes gladiatorum.
L’herpes gladiatorum era tradizionalmente associato al
gioco del Rugby: la presenza di lesioni cutanee in
combinazione con gli effetti abrasivi della barba dei
giocatori durante la fase di mischia, facilitava il rischio
della trasmissione dell’infezione.
Questa può anche propagarsi tramite l’uso in comune di
macchinari e asciugamani, oppure mediante le persone
che lavorano a stretto contatto con gli atleti, come i
massaggiatori e i fisioterapisti.
I sintomi che accompagnano l’infezione primaria possono
essere febbre, malore e prostrazione. Decorsa questa,
solo in una piccola percentuale di individui si ha la
manifestazione clinica secondaria caratterizzata dalla
comparsa delle caratteristiche vesciche.
Verruche. Le verruche (dette comunemente porri)
sono rilievi papillomatosi di grandezza, forma e
localizzazione variabile, causate dal virus del
papilloma umano (HPV). Sono autoinoculabili (per
esempio tra zone a diretto contatto) e spesso i
traumi favoriscono la loro formazione, si contraggono
facilmente in ambienti caldo-umidi (come le piscine),
che favoriscono il contagio che può essere limitato
usando misure preventive adeguate, ad esempio
usando sempre le ciabatte appena usciti dall’acqua o
mentre si fa la doccia.
Infezioni batteriche
Piodermiti. Le piodermiti sono un gruppo polimorfo
di dermatiti causate prevalentemente da batteri
come Streptococcus pyogenes e Staphylococcus
aureus. Sono spesso caratterizzate dalla formazione
di pustole piene di pus, localizzate in genere sulla
testa o sugli avambracci, che a causa di piccoli traumi
inevitabili o per trattamento si rompono e lasciano
uscire il liquido che infetta le zone vicine.
Queste infezioni si propagano perciò rapidamente,
particolarmente nel caso di impetigine, il cui
trattamento è urgente e il paziente deve essere
isolato per evitare di contagiare altre persone.
Infezioni micotiche
Piede d’atleta (tinea pedis). Si tratta di un processo
molto frequente negli atleti, caratterizzato
prevalentemente da eritema, desquamazione,
vescicole, erosione, macerazione delle superfici
interdigitali, ma che si estende anche alle dita ed alle
altre regioni del piede.
Le lesioni possono essere dolorose, ma la
complicazione più importante del Piede d’atleta è
l’infezione batterica secondaria.
E’ causato da vari miceti (dermatofiti) tra cui il
Tricophyton rubrum, sebbene anche altri organismi
possano essere implicati.
Questi organismi microscopici sono normali abitanti
della pelle, e la loro crescita resta sotto controllo fino
a quando la pelle è pulita e asciutta. Tuttavia, i
dermatofiti prosperano in ambienti umidi.
Il piede d'atleta di solito si verifica con scarpe strette che
stringono le dita insieme e creano zone calde e umide tra
di loro. Anche le scarpe di plastica possono fornire un
ambiente accogliente per la crescita di funghi e infezioni.
Il piede d’atleta è contagioso e può essere trasmesso
attraverso il contatto con superfici contaminate come
asciugamani, pavimenti e scarpe
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Fattori di rischio.
Si è a più alto rischio di piede d'atleta se:
Si è di sesso maschile.
Si indossano frequentemente calzini o scarpe umide.
Si condividono stuoie, tappeti, lenzuola, vestiti o
scarpe con qualcuno che ha una infezione fungina.
Si cammina a piedi nudi nelle aree pubbliche in cui
l'infezione può diffondersi, come spogliatoi, saune,
piscine, bagni e docce in comune.
Si ha un sistema immunitario indebolito.
Complicanze.
• Infezioni secondarie. Il piede d'atleta può creare un
ambiente che invita a una infezione batterica
secondaria. Producendo una sostanza antibiotica, il
fungo può uccidere i batteri più vulnerabili
e favorire la crescita eccessiva di quelli più robusti e
resistenti. A sua volta, il batterio rilascia sostanze che
possono causare rottura dei tessuti.
• Una reazione allergica. Dopo un episodio di piede
d'atleta, alcune proteine ​potrebbero essere immesse
nel flusso sanguigno, causando una reazione allergica
che può causare un'eruzione di vesciche sulle dita dei
piedi o delle mani.
Prevenzione.
• Mantenere i piedi asciutti, soprattutto tra le dita dei
piedi.
• Indossare calze che sono fatte di materiali naturali
come cotone o lana.
• Cambiare calze e calzini regolarmente. Se i piedi
sudano molto, cambiare i calzini due volte al giorno.
• Indossare le giuste calzature. Evitare calzature in
materiale sintetico, come il vinile o la gomma.
• Proteggere i piedi nei luoghi pubblici. indossare
sandali o scarpe impermeabili in docce comuni,
piscine, centri fitness e altre aree pubbliche.
• Non condividere le scarpe.
Tinea corporis.
Frequente in clima caldo-umido, in soggetti
facilmente esposti all’infezione come possono essere
gli atleti, associata o no ad altre manifestazioni
fungine, la tinea corporis può essere causata dalla
più grande varietà di dermatofiti e assumere aspetti
diversi.
Insorge più frequentemente nelle parti scoperte, ma
anche sul tronco e sulle spalle.
Per la sua prevenzione è indispensabile il lavaggio
meticoloso dei piedi e del corpo ed un accurato
asciugamento.
Malattie trasmesse da vettori
Le punture di insetti, e in particolare quelle causate
da zanzare e zecche, possono causare diverse
malattie infettive in cui l’invertebrato funge da
vettore o da ospite intermedio. Gli sport più esposti a
questo rischio sono quelli che si svolgono all’aperto e
in vicinanza di luoghi naturali, pertanto atleti come
corridori di corsa campestre e ciclisti in mountain
bike oppure alpinisti ed arrampicatori, devono
prestare maggiore attenzione.
Discorso a parte merita la malaria, malattia diffusa in
diverse parti del mondo.
Malattie sessualmente trasmesse (MST)
Gli atleti hanno le stesse probabilità della
popolazione generale di contrarre una MST, ma il
fatto di viaggiare spesso all’estero e le sempre più
frequenti pratiche sessuali possono aumentare il
rischio di contagio.
Fra le MST, di particolare rilievo per le possibili
implicazioni a lungo termine, ci sono l’infezione da
HIV e l’Epatite B, che nella maggior parte dei casi si
trasmettono attraverso il sangue, am che possono
essere anche trasmesse per via sessuale.
Infezione da HIV.
Il rischio di contrarre l’HIV nelle attività sportive è
pressoché inesistente, e finora non sono stati riportati
casi. Il rischio per gli atleti deriva quindi dai
comportamenti sessuali e, come per tutti, va promosso
l’uso del preservativo e l’evitare i partner occasionali.
L’uso in comune di rasoi e spazzolini da denti rappresenta
una possibile modalità di trasmissione.
Non esistono casi documentati di trasmissione di HIV
attraverso sport di contatto. Tuttavia, sono stati riportati
casi in cui si è verificata una sieroconversione a seguito di
contatto del sangue con una ferita aperta.
Le ferite e le escoriazioni che possono determinarsi
durante l’attività fisica richiedono pertanto un pronto
intervento; le ferite devono essere opportunamente
medicate e fasciate, e l’atleta deve lasciare il campo
da gioco.
Nel caso si verifichino delle ferite negli atleti, è
fondamentale seguire precise regole
comportamentali, al fine di evitare possibili contagi.
Naturalmente tutto ciò vale per l’HIV, ma anche per
tutte le malattie che si trasmettono attraverso il
sangue.
Raccomandazioni per la gestione delle ferite di un
soggetto presunto HIV positivo
1. Assumere che tutti i soggetti siano sieropositivi
per HIV.
2. Indossare guanti protettivi per tutte le operazioni
che richiedono contatto con il sangue.
3. Coprire i tagli quanto possibile.
4. indossare occhiali protettivi dove ci sia il rischio di
schizzi di sangue.
5. Lavare la pelle immediatamente dopo la
contaminazione con secrezioni o sangue.
6. Mai riutilizzare le siringhe.
7. Il materiale utilizzato per medicare deve essere
incenerito.
8. Gli indumenti contaminati devono essere messi a
mollo in acqua calda (>70°C) per almeno 30 minuti e poi
lavati completamente. In alternativa, possono rimanere a
mollo nella candeggina.
9. Tutte le aree contaminate devono essere trattate e
pulite con la candeggina.
10. Non è stato mai riscontrato alcun caso di
trasmissione di HIV dopo la respirazione bocca a bocca.
Tuttavia, esistono dispositivi per facilitare questa
operazione che non favoriscono il contatto diretto tra
paziente e soccorritore.
Epatite B
Una delle forme più diffuse di epatite virale è quella
causata dal virus B (HBV) che è generalmente
determinata dalla inoculazione per via parenterale del
virus, anche se sono possibili contagi attraverso la saliva,
la trasmissione materno-fetale e la modalità sessuale.
Questa malattia presenta un periodo di incubazione
variabile da 60 a 160 giorni.
Le precauzioni per gli atleti e i loro assistenti sono le
stesse da mettere in atto per l’HIV.
Non vi è alcuna indicazione che i portatori cronici di
epatite B non possano svolgere attività sportiva, fatta
eccezione per gli sport che prevedono un contatto
ravvicinato come il pugilato, la lotta o il rugby.
Dal punto di vista della profilassi è utile ricordare che
in Italia la vaccinazione per l’epatite B è obbligatoria
per tutti i nuovi nati.
Il ritorno allo sport dopo la malattia deve essere
graduale ed il pieno ritorno può essere consentito
solo quando i sintomi sono definitivamente eliminati.
Il follow-up dei pazienti con epatite B è importante
sia per assicurarsi dell’avvenuta scomparsa del virus,
sia per controllare l’eventuale sviluppo di una
cronicizzazione (5-10% dei casi), che può assumere
diversi aspetti clinici (epatite cronica, cirrosi, o
tumore del fegato).
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