bisogni educativi sPeciaLi e strategie didatticHe

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Sezione
IV
Bisogni educativi speciali
e strategie didattiche
Parte
Capitolo
1
I
Teoria
Bisogni Educativi
e scuola dell’inclusione
Parte I: TEORIA
Sezione IV: Bisogni educativi speciali e strategie didattiche
1. Approcci teorici
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I più recenti studi in ambito internazionale dimostrano l’impossibilità di utilizzare termini
quali «disabilità», «handicap» o «svantaggio» indipendentemente dalle rappresentazioni sociali che danno senso a queste categorizzazioni e che spingono alla diffusione di immagini e
stereotipi circa quello che ci si può aspettare da soggetti ritenuti «diversi». Si tratta di una
questione molto difficile e dibattuta: qualsiasi definizione di un qualche «genere» di individui
tende sempre a identificare in modo netto un soggetto. «Definendo» qualcuno, gli attribuiamo determinate caratteristiche, lo facciamo letteralmente «esistere» in un determinato modo.
In altre parole, gli «conferiamo» una realtà che può essere, di volta in volta – in base al contesto di riferimento — positiva o negativa. Qualsiasi «attribuzione» di realtà – anche quella basata su dati scientificamente attestati — è sempre culturalmente e socialmente mediata: lo
testimonia il susseguirsi delle molteplici definizioni date al concetto di handicap negli ultimi
cinquant’anni, sino alle recenti prese di posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in
favore della cancellazione del termine stesso dalle classificazioni delle «condizioni di salute».
Si può allora affermare che la conoscenza specifica della condizione esistenziale e della situazione psicosociale di una persona con disturbi del neurosviluppo risulta assolutamente fondamentale al fine di determinare il percorso didattico più adatto al raggiungimento
degli obiettivi fissati.
Ciò premesso, l’inclusione si riferisce non alla distanza, più o meno significativa, delle performances di un soggetto rispetto a uno standard ritenuto «normale», ma sul riconoscimento dell’individualità di ciascuno e sul diritto di tutti alla partecipazione piena e
attiva alla vita scolastica.
L’inclusione prevede, allora, la capacità da parte di docenti ed educatori di fornire adeguate
opportunità e di valorizzare ciascun alunno, a prescindere da abilità, etnia, linguaggio, genere e condizione socio-culturale.
Alla luce delle indicazioni ministeriali, inoltre, la scuola è tenuta ad accogliere ogni differenza, non solo quelle certificate e riferibili a patologie invalidanti; ciascun alunno deve potersi
sentire a pieno titolo appartente alla sua comunità scolastica di riferimento.
2. I Bisogni Educativi Speciali
L’attenzione verso i Bisogni Educativi Speciali (BES) si è sviluppata nel nostro Paese all’indomani della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 «Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica». Attraverso questo documento,
la scuola italiana ha recepito l’apporto fornito dal modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell’OMS, che ha permesso di individuare i cosiddetti BES a carico dell’alunno.
Nel desto della Direttiva si legge: «In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non
conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. Nel
variegato panorama delle nostre scuole la complessità delle classi diviene sempre più evidente. Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali. Vi sono comprese tre grandi sotto-ca-
Capitolo 1
Bisogni Educativi e scuola dell’inclusione
tegorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale».
I Bisogni Educativi Speciali (che in altri paesi europei vengono definiti come Special Educational Needs) non sono, dunque, necessariamente relativi a condizioni permanenti più o
meno invalidanti, ma spesso sono conseguenza di stati che un alunno attraversa, con continuità o per determinati periodi, per ragioni fisiche, fisiologiche o anche di natura psico-sociale, e che richiedono adeguata e personalizzata risposta.
Nel testo della Direttiva ministeriale si legge che, per «disturbi evolutivi specifici» si intendono, oltre ai disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit:
— del linguaggio;
— delle abilità non verbali;
— della coordinazione motoria;
— dell’attenzione;
— dell’iperattività.
Il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico.
Si tratta spesso di problematiche che, non certificabili dalla legge 104/92, non determinano per l’alunno il diritto all’insegnante di sostegno.
Ciononostante, la normativa prevede che: «Le scuole – con determinazione assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie
e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi
per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure previsti dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010» (C.M. 27/12/2012). Ciò significa che tali strumenti e misure possono e devono essere messi in campo anche in assenza
di una certificazione medica rilasciata dal servizio sanitario. In assenza di diagnosi o certificazione clinica, la normativa prevede che il consiglio di classe o il team docenti motivino,
verbalizzandole, le decisioni prese, condividendole con la famiglia. Tra i passaggi necessari
al conseguimento del successo formativo, infatti, figura quello di accompagnare l’alunno e i
suoi familiari nel processo di presa d’atto delle difficoltà rilevate a scuola.
La legge 107 del 13 luglio 2015 prevede una delega al Governo per l’emanazione di uno
o più decreti legislativi che, tra le altre tematiche, puntino a rafforzare l’inclusione scolastica. Più nel dettaglio, al comma 181 lettera c) la legge 107 invita alla: «Promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità
di comunicazione attraverso:
1. la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
2. la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la
continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo
studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione;
3. l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4. la previsione di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;
5. la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta
a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate
che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;
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Parte I: TEORIA
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6. la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il
supporto all’inclusione;
7. la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per
i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;
8. la previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica;
9. la previsione della garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.»
L’attenzione verso i Bisogni Educativi Speciali è dunque, quanto mai viva da parte delle istituzioni, che sembrano orientare il proprio intervento verso la formazione dei docenti e degli operatori del settore affinché le competenze in materia di inclusività divengano a tutti
gli effetti componenti imprescindibili della professione educativa.
area dello svantaggio
Alunni con DSA (Legge 170/2010)
Alunni con svantaggio socio-economico, linguistico o culturale
Alunni con ADHD
Alunni disabili (Legge 104/92)
2.1Strategie di intervento
Di fronte ad alunni con bisogni speciali, l’orientamento ministeriale è quello di elaborare
percorsi specifici, che riguardino l’individuo singolo o l’intera classe, con la possibilità per
la scuola di stilare un Piano Didattico Personalizzato (PDP) allo scopo di definire, monitorare e documentare le strategie di intervento più adatte e, allo stesso tempo, fissare i criteri di valutazione degli apprendimenti.
Il documento emanato dal Ministero si propone di gestire la formazione scolastica dei portatori di BES nell’ottica dell’inclusione, con l’obiettivo di individuare quei denominatori comuni tra gli studenti su cui lavorare per non
lasciare indietro nessuno.
Gli stessi docenti e operatori scolastici vengono coinvolti in attività formative che vertono
sull’utilizzo degli strumenti didattici per l’autismo, l’ADHD, le disabilità motorie e intellettive.
I Centri Territoriali di Supporto
Come si legge all’interno della Direttiva del 27 dicembre 2012, i Centri Territoriali si supporto (CTS) sono stati istituiti
dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR mediante il Progetto Nuove Tecnologie e Disabilità al fine di renderli punto di riferimento per le scuole, in sinergia con Province, Comuni, Municipi, Servizi Sanitari, Associazioni delle
persone con disabilità e dei loro familiari, Centri di ricerca, di formazione e di documentazione. Come si legge ancora nel
testo, «i CTS informano i docenti, gli alunni, gli studenti e i loro genitori delle risorse tecnologiche disponibili, sia gratuite
sia commerciali. Per tale scopo, organizzano incontri di presentazione di nuovi ausili, ne danno notizia sul sito web oppure direttamente agli insegnanti o alle famiglie che manifestino interesse alle novità in materia. I CTS organizzano iniziative di formazione sui temi dell’inclusione scolastica e sui BES, nonché nell’ambito delle tecnologie per l’integrazione, rivolte al personale scolastico, agli alunni o alle loro famiglie […]. Oltre ad una formazione generale sull’uso delle tecnologie per l’integrazione rivolta agli insegnanti, è necessario, per realizzare a pieno le potenzialità offerte dalle tecnologie stesse, il contributo di un esperto che individui quale sia l’ausilio più appropriato da acquisire, soprattutto per le situazioni più complesse. I CTS offrono pertanto consulenza in tale ambito, coadiuvando le scuole nella scelta dell’ausilio
e accompagnando gli insegnanti nell’acquisizione di competenze o pratiche didattiche che ne rendano efficace l’uso. […]
La consulenza offerta dai Centri riguarda anche le modalità didattiche da attuare per inserire il percorso di apprendimento dello studente che utilizza le tecnologie per l’integrazione nel più ampio ambito delle attività di
classe e le modalità di collaborazione con la famiglia per facilitare le attività di studio a casa. La consulenza si
estende gradualmente a tutto l’ambito della disabilità e dei disturbi evolutivi specifici, non soltanto alle tematiche connesse all’uso delle nuove tecnologie».
2.2 Il Piano Didattico Personalizzato
La Direttiva del 2012 individua come BES anche alcuni disagi relativi all’area linguistica, socioeconomica e culturale che non sempre è facile evidenziare. A tal proposito, le linee guida prevedono che «per questi alunni, e in particolare per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana — per esempio alunni di origine straniera di recente immigrazione e, in specie, coloro che sono entrati nel nostro sistema scolastico nell’ultimo anno — è parimenti possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti compensativi e misure dispensative (ad esempio la dispensa dalla lettura ad alta voce e le attività
ove la lettura è valutata, la scrittura veloce sotto dettatura, etc.) […] In tal caso si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per il tempo strettamente necessario.
Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative, nei casi sopra
richiamati, avranno carattere transitorio e attinente gli aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche attraverso percorsi personalizzati, più che strumenti compensativi e misure dispensative» (Nota
n. 2563 del 22 novembre 2013).
Si tratta di interventi di carattere transitorio, volti a colmare il disagio linguistico riferibile
soprattutto agli alunni neo arrivati in Italia da Paesi di lingua non latina e ultratredicenni.
2.3 Gruppi di lavoro e inclusività
Il gruppo di lavoro dedicato alle problematiche BES, definito Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI) all’interno di una scuola dovrà essere adeguatamente formato, al fine di essere in
grado di gestire i seguenti compiti:
— rilevazione dei BES presenti nella scuola;
— raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi attivati anche in rete tra
scuole;
— focus e confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie e le metodologie di gestione delle classi;
— rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
— raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH (Gruppo di lavoro e
di studio d’Istituto);
— elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico.
Il Gruppo di lavoro per l’inclusione rappresenta inoltre il punto di contatto tra i CTS e i servizi sociali e sanitari presenti sul territorio, così da ottimizzare le risorse e allargare al massimo le potenzialità formative offerte (per gli altri gruppi di lavoro sulla disabilità si rimanda alla Sezione III Cap. 3).
Alla luce del contributo fornito dal GLI alla programmazione scolastica, nel PTOF della scuola figureranno un concreto impegno per l’inclusione, basato su:
— monitoraggio delle potenzialità esistenti e sul grado di miglioramento perseguibile —
negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle relazioni tra docenti, alunni e famiglie —;
Capitolo 1
Bisogni Educativi e scuola dell’inclusione
Su indicazione del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie), è possibile indicare i casi in
cui sia opportuna la redazione di un percorso didattico personalizzato per quei bambini
con BES che non rientrino nei percorsi di disabilità o DSA.
Nella Circolare ministeriale del 6 marzo 2013, che riporta le indicazioni operative a completamento del DM del dicembre 2012, si legge che il PDP è «lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazioni didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi
per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto
a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale».
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— criteri e procedure di utilizzo «funzionale» delle risorse professionali presenti, privilegiando una logica «qualitativa», sulla base di un progetto di inclusione condiviso con famiglie e servizi sociosanitari che recuperi l’aspetto «pedagogico» del percorso di apprendimento e l’ambito specifico di competenza della scuola;
— l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e/o di prevenzione concordate a livello
territoriale.
È importante, inoltre, che la scuola abbia consapevolezza del proprio grado di inclusività, monitorando i risultati del lavoro svolto in relazione agli obiettivi che erano stati fissati.
Questo processo ha lo scopo di ottenere dati utili all’impostazione di piani di miglioramento, sia organizzativo che culturale.
La circolare attuativa del marzo 2013 specifica infine che «il gruppo di docenti operatori
del CTS (Centri Territoriali di Supporto) o anche del CTI (Centri Territoriali per l’Inclusione) dovrà essere in possesso di specifiche competenze, al fine di poter supportare concretamente le scuole e i colleghi con interventi di consulenza e di formazione mirata. È quindi richiesta una «specializzazione» – nel senso di una approfondita competenza – nelle tematiche relative ai BES.
Per quanto riguarda l’area della disabilità, si tratterà in primis di docenti specializzati nelle
attività di sostegno, ma anche di docenti curricolari esperti nelle nuove tecnologie per l’inclusione. Per l’area dei disturbi evolutivi specifici, potranno essere individuati docenti che
abbiano frequentato master e/o corsi di perfezionamento in «Didattica e psicopedagogia
per i DSA», ovvero che abbiano maturato documentata e comprovata esperienza nel campo, a partire da incarichi assunti nel progetto NTD (Nuove Tecnologie e Disabilità) attivato
sin dal 2006. Anche in questo secondo caso è auspicabile che il docente operatore dei CTS
o dei CTI sia in possesso di adeguate competenze nel campo delle nuove tecnologie, che potranno essere impiegate anche in progetti per il recupero dello svantaggio linguistico e culturale ivi compresa l’attivazione di percorsi mirati».
Con la Nota 2563 del 22 novembre 2013, Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S. 2013/2014. Chiarimenti, il Ministero ha precisato che i Consigli di classe
o i team docenti hanno la libera facoltà di individuare quei casi specifici per i quali sia utile
attivare percorsi di studio individualizzati e personalizzati, formalizzati nel Piano Didattico
Personalizzato, la cui validità rimane comunque circoscritta all’anno scolastico di riferimento.
Nel testo della Nota si legge che «nel caso di difficoltà non meglio specificate, soltanto qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle
scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative.
Non è compito della scuola certificare gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, ma individuare quelli per i quali è
opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie didattiche».
È opportuno ribadire che l’attenzione del gruppo docente deve essere focalizzata sui bisogni formativi di ciascuno, sui singoli stili cognitivi e di apprendimento, allo scopo di poter
rispondere in maniera adeguata ed efficace alle diverse istanze poste dagli studenti.
In sintesi, una scuola può definirsi inclusiva quando:
• riesce a valorizzare le differenze e coinvolgere l’intera platea scolastica nel processo
educativo;
• coinvolge in maniera efficace i diversi attori presenti sul territorio, quali le famiglie, gli enti istituzionali; le ASL, le associazioni;
• è in grado di rimuovere gli ostacoli alla realizzazione dei processi di apprendimento e
valutazione per tutti gli studenti;
Capitolo 1
Bisogni Educativi e scuola dell’inclusione
• permette a ciascuno studente di sentirsi parte integrante del gruppo, valorizzato e
sostenuto nelle sue difficoltà.
Per raggiungere tali obiettivi, occorre partire anzitutto dalla conoscenza, da parte del docente, dell’alunno con Bisogni Educativi Speciali, così da arginare e superare le sue difficoltà. Ciò può avvenire con la collaborazione della famiglia, con la quale è auspicabile instaurare un’alleanza educativa che consenta il buon esito delle strategie messe in campo. Il
progetto formativo richiede la condivisione di più soggetti, tra cui i compagni di classe, che
vanno informati circa le difficoltà vissute dallo studente, così da non percepire come corsie
preferenziali le misure dispensative e gli strumenti compensativi posti a sua disposizione.
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Parte
I
Capitolo
2
Teoria
L’area dei disturbi evolutivi specifici
Parte I: TEORIA
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1. I DSA
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Possiamo definire come apprendimento l’acquisizione di nuove abilità in ambito cognitivo,
comportamentale, sociale ed emotivo, in seguito all’esperienza, all’osservazione e all’esercizio.
Con l’espressione disturbi dell’apprendimento si usano indicare tutte quelle condizioni
in cui l’individuo, in particolari situazioni, come ad esempio la scuola, non apprende in misura adeguata alla propria età.
Nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ed. 2014), che costituisce il testo più accreditato per
la classificazione dei disturbi a livello internazionale, il DSA viene inteso come «un disturbo nel neurosviluppo con
un’origine biologica che è alla base delle anomalie a livello cognitivo che sono associate ai sintomi comportamentali
del disturbo. L’origine biologica comprende un’interazione di fattori genetici, epigenetici e ambientali, che colpiscono le capacità cerebrali di percepire o processare informazioni verbali o non verbali in modo efficiente e preciso».
Sul piano legislativo, la legge n. 170 del 2010 (Nuove norme in materia di disturbi specifici
di apprendimento in ambito scolastico) ha riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici di apprendimento (DSA), che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della
vita quotidiana, soprattutto relative all’area dell’apprendimento scolastico.
DSA
↓
Dislessia
↓
Disgrafia
↓
Disortografia
↓
Discalculia
La legge n.170 tutela il diritto allo studio in maniera diversa dalla legge 104/1992, concentrando l’attenzione su interventi didattici personalizzati e su strumenti compensativi,
su misure dispensative e su adeguate forme di verifica e valutazione.
Con il D.M. del 12-07-2011 viene rafforzato l’invito ad adottare proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non coinvolte nel disturbo.
Vediamo nel dettaglio le principali caratteristiche dei DSA.
1.1La dislessia
La dislessia si manifesta attraverso una minore correttezza e velocità di lettura ad alta voce,
in relazione all’età anagrafica.
Elementi che consentono di individuare la dislessia sono:
— lettura lenta e stentata;
— difficoltà a riconoscere i grafemi diversamente orientati nello spazio (p/q; b/d; u/n; a/e);
— difficoltà nel riconoscimento di suoni simili (m/n; s/z; f/v; b/d…) inversione di lettere o
numeri (lo studente legge li al posto di il, 15 al posto di 51);
— omissione di grafemi e sillabe (legge pota al posto di porta, mele al posto di miele);
— omissione di parole e salti da una riga all’altra;
— ripetizioni di sillabe o grafemi;
— omissione delle consonanti doppie;
1.2 La disgrafia e la disortografia
La disgrafia è un disturbo specifico della scrittura legato agli aspetti grafico-formali ed è collegata al momento motorio della prestazione.
Elementi caratteristici dei soggetti disgrafici sono:
— scrittura irregolare;
— impugnatura scorretta;
— posizione del corpo non corretta;
— disimpegno della mano non scrivente dalla sua funzione vicariante;
— difficoltà a gestire lo spazio grafico (mancato rispetto delle righe, dei margini e degli spazi irregolari tra le parole);
— inadeguata pressione sul foglio;
— inversioni della direzionalità del gesto nell’atto dello scrivere;
— dimensioni delle lettere molto irregolare;
— difficoltà nella riproduzione grafica di figure geometriche;
— alterazione del ritmo di scrittura (eccessivamente veloce o eccessivamente lento), con
movimenti a scatto.
La disortografia si può definire come un disordine di transcodifica del testo scritto che
viene attribuito a un deficit di funzionamento delle componenti centrali del processo di scrittura, responsabili della transcodifica del linguaggio orale nel linguaggio scritto.
1.3 La discalculia
La discalculia riguarda l’abilità di calcolo, sia nell’area dell’intelligenza numerica basale (il
subitizing, cioè il riconoscimento immediato di piccole quantità), sia nei meccanismi di quantificazione, seriazione, comparazione, strategie di composizione e scomposizione di quantità, strategie di calcolo a mente.
Sono sintomi tipici della discalculia:
— errori di conteggio;
— incapacità di riconoscere il valore dello zero (ad esempio centodieci: 10010);
Capitolo 2
L’area dei disturbi evolutivi specifici
— difficoltà di riconoscimento dei gruppi consonantici (gn; ghi; ghe; chi; che; gli; sci; sche);
— difficoltà accentuate nella decodifica di parole a bassa frequenza d’uso;
— difficoltà nella memorizzazione di sequenze (alfabeto, giorni della settimana, mesi
dell’anno);
— espressione orale molto incerta o confusa;
— difficoltà a consultare il dizionario;
— difficoltà nell’apprendimento di parole straniere;
— difficoltà a copiare dalla lavagna;
— difficoltà a svolgere due azioni contemporaneamente (ad esempio, ascoltare e scrivere).
Nei suoi esordi, la dislessia può esser confusa con un semplice rallentamento del regolare processo di apprendimento della lettura. È utile, per l’individuazione di eventuali segnali anticipatori, tenere alta l’attenzione fin dalla scuola dell’infanzia. La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente e non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici, né da deficit sensoriali o neurologici.
Il ragazzo dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo
le sue capacita e le sue energie, poiché non riesce in maniera automatica e perciò si stanca
rapidamente, commette errori e ha difficoltà ad apprendere.
293
— errori nel recupero dei fatti aritmetici;
— errori nel recupero delle procedure e nelle loro applicazioni.
Si parla, infine, di comorbilità quando in un soggetto con DSA sono presenti più disturbi
del neurosviluppo, che interessano l’area del linguaggio, la coordinazione motoria, l’attenzione, la sfera emotiva e il comportamento.
In questo caso, il disturbo presenta una maggiore gravità, perché è dato dalla somma delle
singole difficoltà, che influenza negativamente lo sviluppo delle abilità complessive.
DSA: definizioni (Legge 170/2010)
Dislessia
Parte I: TEORIA
Sezione IV: Bisogni educativi speciali e strategie didattiche
Disgrafia
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Disortografia
Discalculia
Si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei
segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità della lettura
Disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica
Disturbo specifico di scrittura che si manifesta in difficoltà nei processi linguistici di transcodifica
Si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri
2. La normativa per il diritto allo studio degli alunni con DSA
Il 20 luglio 2011 è stato presentato il decreto attuativo della Legge 170/2010 con le relative Linee Guida per il diritto allo studio di alunni e studenti con DSA.
Si tratta di un documento che chiarisce le indicazioni espresse nella legge riguardo alle modalità di formazione dei dirigenti scolastici e dei docenti, alle misure didattiche di supporto e alle forme di verifica e di valutazione previste per assicurare il diritto allo studio
degli alunni e degli studenti con diagnosi di DSA, delle scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione.
Più nello specifico, la legge n. 170 si propone di:
— garantire il diritto all’istruzione;
— favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto;
— assicurare una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità.
Per garantire il diritto allo studio degli alunni con DSA la legge prevede:
— modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici;
— misure educative e didattiche che aiutano a sostenere il corretto insegnamento e apprendimento a partire dalla scuola dell’infanzia;
— l’uso degli strumenti compensativi e dispensativi, la formazione e l’informazione del
personale docente e dei dirigenti.
Sul piano operativo, gli strumenti di intervento previsti dall’art. 5 comma 2 della legge 170
comprendono:
a) «L’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate»;
b) l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non
essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere».
Capitolo 2
L’area dei disturbi evolutivi specifici
L’art. 4, comma 2 della legge 170/2010 individua «percorsi didattici individualizzati e personalizzati articolano gli obiettivi, compresi comunque all’interno delle indicazioni curricolari nazionali per il primo e per il secondo ciclo, sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell’alunno e dello studente con DSA, adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino le funzioni non coinvolte nel disturbo».
L’art. 4 comma 5 della stessa legge prevede «l’adozione di misure dispensative, finalizzata ad evitare situazioni
di affaticamento e di disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza peraltro ridurre il livello degli
obiettivi di apprendimento previsti nei percorsi didattici individualizzati e personalizzati».
L’art. 5 comma 2 lett. c) prescrive «per l’insegnamento delle lingue straniere, l’uso di strumenti compensativi
che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche,
ove risulti utile, la possibilità dell’esonero».
L’art. 5 comma 4 stabilisce che «agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli
esami di Stato e di ammissione all’Università nonché gli esami universitari».
Il D.M. 12-7-2011, n. 5669 ha dettato le norme attuative della legge 170/2010. L’art. 3 conferma la previsione
di legge secondo la quale le istituzioni scolastiche attivino percorsi di didattica individualizzata e personalizzata, basata su misure dispensative e strumenti compensativi. A tal fine le scuole dovranno tener conto delle «Linee
guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA» allegate al decreto.
Le istituzioni scolastiche possono esplicare le attività didattiche anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative che si intendono adottare.
Si legge, inoltre, nelle Linee guida che «la sinergia tra didattica individualizzata e personalizzata determina,
dunque, per l’alunno e per lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento».
Il decreto puntualizza alcuni aspetti relativi alle misure «compensative» e «dispensative»:
Art. 6, comma 4, D.M. 5669/2011: «Le istituzioni scolastiche attuano ogni strategia didattica per consentire ad
alunni e studenti con DSA l’apprendimento delle lingue straniere. A tal fine valorizzano le modalità attraverso
cui il discente meglio può esprimere le proprie competenze, privilegiando l’espressione orale, nonché ricorrendo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative più opportune».
Le prove scritte di lingua straniera sono progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le
difficoltà connesse ai DSA.
Art. 6 comma 5 D.M. 5669/2011: «Fatto salvo quanto definito nel comma precedente, si possono dispensare alunni e studenti dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in sede di esami di Stato,
nel caso in cui ricorrano tutte le condizioni di seguito elencate [...]. La certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo deve recare esplicita e motivata richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera. Richiesta presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne.
Approvazione da parte del consiglio di classe, che confermi la dispensa in forma temporanea o permanente, tenendo conto delle valutazioni diagnostiche e sulla base delle risultanze degli interventi di natura pedagogicodidattica, con particolare attenzione ai percorsi di studio in cui l’insegnamento della lingua straniera diventi caratterizzante (liceo linguistico, istituto tecnico per il turismo etc.)».
In sede di esami di Stato, conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione, modalità e contenuti delle prove orali – sostitutive delle prove scritte – sono stabiliti dalle Commissioni, sulla base della documentazione fornita dai consigli di classe.
I candidati con DSA che superano l’esame di Stato conseguono il titolo valido per l’iscrizione alla scuola secondaria di secondo grado, ovvero all’università.
Infine, l’art. 6 Comma 6 D.M. 5669/2011: «Solo in caso di particolari gravità del disturbo di apprendimento, anche in comorbilità con altri disturbi o patologie, risultanti dal certificato diagnostico, l’alunno o lo studente possono – su richiesta delle famiglie e conseguente approvazione del consiglio di classe – essere esonerati dall’insegnamento delle lingue straniere e seguire un percorso didattico differenziato. In sede di esami di Stato, i candidati con DSA che hanno seguito un percorso didattico differenziato e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano, possono sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio dell’attestazione di
cui all’art. 13 del D.P.R. 323/1998».
L’esonero totale dallo studio della lingua straniera nella scuola secondaria di secondo grado non consente il rilascio di un diploma.
Le famiglie (o gli studenti se maggiorenni) devono essere esplicitamente avvertite (o avvertiti) e sono tenute a firmare uno specifico documento dove esprimono l’eventuale consenso. Una copia originale viene conservata agli atti della scuola.
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Parte I: TEORIA
Sezione IV: Bisogni educativi speciali e strategie didattiche
2.1Strumenti compensativi e misure dispensative
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Gli strumenti compensativi per gli alunni con DSA sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria (v. § 2.3). Tra
questi, figurano:
— la sintesi vocale, che consente di «tradurre» un compito di lettura in un compito di ascolto;
— la registrazione, che evita allo studente l’onere di scrivere appunti;
— i programmi di video scrittura con correttore ortografico, in modo da agevolare la rilettura e il lavoro di correzione degli errori;
— la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
— altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali, etc.
Tali strumenti servono a dispensare o facilitare l’esecuzione di compiti senza però costituire un vantaggio cognitivo che agevolerebbe lo studente rispetto ai compagni di classe.
Per misure dispensative si intendono quegli interventi che consentono allo studente di non
svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose
e che non migliorano l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con
dislessia un lungo brano, in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura. Piuttosto, si può concedere allo studente un tempo più lungo per lo
svolgimento di una prova, o fornire più sintetici che presentino, in misura ridotta, gli stessi
elementi didattici offerti al gruppo classe.
2.2Le competenze del referente d’istituto e del docente
Sebbene non costituisca un obbligo istituzionale, gli istituti scolastici hanno la facoltà di nominare un referente per le problematiche relative ai DSA. Tale docente avrà il compito di approfondire le tematiche connesse ai disturbi specifici dell’apprendimento e di supportare i
colleghi direttamente coinvolti nell’elaborazione dell’offerta didattica.
Le linee guida allegate al Decreto Ministeriale del 12 luglio 2011 precisano che, nei confronti del Collegio dei docenti, il referente:
— fornisce informazioni circa le disposizioni normative vigenti;
— fornisce indicazioni di base su strumenti compensativi e misure dispensative al fine di
realizzare un intervento didattico il più possibile adeguato e personalizzato;
— collabora, ove richiesto, alla elaborazione di strategie volte al superamento dei problemi nella classe con alunni con DSA;
— offre supporto ai colleghi riguardo a specifici materiali didattici e di valutazione;
— cura la dotazione bibliografica e di sussidi all’interno dell’Istituto;
— diffonde e pubblicizza le iniziative di formazione specifica o di aggiornamento;
— fornisce informazioni riguardo alle Associazioni/Enti/Istituzioni/Università ai quali poter fare riferimento per le tematiche in oggetto;
— fornisce informazioni riguardo a siti o piattaforme on line per la condivisione di buone
pratiche in tema di DSA;
— funge da mediatore tra colleghi, famiglie, studenti (se maggiorenni), operatori dei servizi sanitari, EE.LL. ed agenzie formative accreditate nel territorio;
— informa eventuali supplenti in servizio nelle classi con alunni con DSA.
L’individuazione di un referente d’istituto per i DSA non solleva i docenti disciplinari dal
compito di elaborare strategie e misure didattiche orientate all’inclusione; si tratta infatti
di una figura di supporto, alla quale fare riferimento per ricevere informazioni e consulen-
2.3 Approcci didattici e metodologici
Qualsiasi approccio didattico non può prescindere da una corretta analisi della situazione
di partenza che si può iniziare ad attuare anche a settembre nei giorni precedenti all’apertura della scuola attraverso:
• Analisi dei documenti clinici riguardanti i disturbi dell’allievo, e visione di eventuali programmazioni individualizzate per lui previste negli anni precedenti.
• Conoscenza della famiglia e dei terapisti, laddove presenti, che seguono l’alunno nell’extrascuola.
• Raccolta di informazioni da docenti, Ds ed operatori scolastici che hanno interagito con
il bambino/ragazzo.
• Raccolta di materiale scolastico eventualmente prodotto negli anni precedenti.
La costruzione dell’analisi della situazione di partenza ovviamente continua ed assume pregnanza quando si conosce l’alunno nel contesto classe. Tale processo può avvenire percorrendo fasi specifiche:
• Conoscenza dell’alunno attraverso «osservazione partecipata e non partecipata» nel
gruppo classe (in attività didattiche e libere).
• Creazioni di attività didattiche opportunamente strutturate magari in forma ludica atte
a favorire l’emergere delle dinamiche di gruppo in cui l’alunno è inserito.
• Studio delle competenze acquisite dall’allievo da un punto di vista disciplinare attraverso le prove di ingresso (è buona prassi iniziare a proporre prove comuni alle classe sia
per confrontare il livello apprenditivo dell’alunno rispetto al gruppo dei pari, sia per evidenziare eventuali difficoltà. È bene somministrare tali prove spiegando con cura all’allievo che verranno utilizzate dai docenti solo come strumento per poter calibrare l’azione didattica al meglio e non prevedono votazioni o giudizi. Laddove l’alunno non sia
in grado di svolgere la prova della classe si predisporranno prove di ingresso personalizzate per tempi differenti di svolgimento ma anche per contenuti).
Acquisiti tutti i dati di cui si necessita si può procedere con la stesura del Piano Didattico Personalizzato. Si ricorda che i tempi per la stesura finale del PDP sono solitamente fissati a novem-
Capitolo 2
L’area dei disturbi evolutivi specifici
za. La normativa precisa, infatti, che tutti i docenti sono corresponsabili del progetto formativo elaborato e realizzato per gli alunni con DSA.
In particolare, si legge ancora nelle Linee guida, ogni docente, per sé e collegialmente:
— durante le prime fasi degli apprendimenti scolastici cura con attenzione l’acquisizione
dei prerequisiti fondamentali e la stabilizzazione delle prime abilità relative alla scrittura, alla lettura e al calcolo, ponendo contestualmente attenzione ai segnali di rischio
in un’ottica di prevenzione ed ai fini di una segnalazione;
— mette in atto strategie di recupero;
— segnala alla famiglia la persistenza delle difficoltà nonostante gli interventi di recupero
posti in essere;
— prende visione della certificazione diagnostica rilasciata dagli organismi preposti;
— procede, in collaborazione dei colleghi della classe, alla documentazione dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati previsti;
— attua strategie educativo-didattiche di potenziamento e di aiuto compensativo;
— adotta misure dispensative;
— attua modalità di verifica e valutazione adeguate e coerenti;
— realizza incontri di continuità con i colleghi del precedente e successivo ordine o grado
di scuola al fine di condividere i percorsi educativi e didattici effettuati dagli alunni, in
particolare quelli con DSA, e per non disperdere il lavoro svolto.
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