“IL CORPO INCONTRA LA VOCE”….E L’ESPERIENZA DI TIROCINIO CON IL CORO IN AMBITO PSICHIATRICO Presentata da: Sara Strenghetto [email protected] Relatore, Antonio Mauro Sarcinella Triennio di Musicoterapia APIM, Torino, 2016 1 Dedicato a mia madre, madre di tutte le madri, nutrimento sonoro, culla vocale… Dedicato a chi sa ascoltare… 2 Sommario PREMESSA ............................................................................................................................................ 5 1. La VOCE come mezzo di espressione e condivisione ............................................... 9 1.1 LA VOCE E LA VOCALITA’: BASI FISIOLOGICHE E FISICHE DELLO STRUMENTO CORPO-VOCE ............................................................................................................ 9 La voce attraverso l’atto fonatorio, il respiro e la postura ................................................. 9 1.2 LA VOCE ATTRAVERSO L’ORECCHIO e L’ASCOLTO ............................................... 19 Studi e ricerche ................................................................................................................................ 19 1.3 LA VOCE COME IDENTITA’: TRA L’ARCAICO E IL MATERNO ............................... 25 Le origini psicologiche della voce .............................................................................................. 25 1.4 LA VOCE COME CANALE EMOZIONALE ........................................................................ 29 Studi e ricerche sulle emozioni ................................................................................................... 29 1.5 LA VOCE E LA BIOENERGETICA ..................................................................................... 37 La bioenergetica e la mia esperienza vocale attraverso il lavoro corporeo ............... 37 1.6 IL CORO ................................................................................................................................... 43 ASPETTI RELAZIONALI E FUNZIONALI DI UN CORO ......................................................... 43 A) LA POLIFONIA NELLA STORIA ........................................................................................ 43 B) LE FUNZIONI DEL CORO IN AMBITO PSICHIATRICO ............................................. 46 2. IL GRUPPO .............................................................................................................................. 53 2.1 Cos’è un gruppo e le sue dinamiche : premesse storiche .................................. 53 2.2 Il gruppo e la sua analisi - Il percorso storico del gruppo attraverso la terapia .................................................................................................................................................. 57 3. L’ESPERIENZA ....................................................................................................................... 62 3.1 IL TIROCINIO NEL GRUPPO-CORO “LA VOCE DEI COLORI” ................................ 62 3.2 GLI OBIETTIVI DEL GRUPPO-CORO: ............................................................................ 66 3.3 - GLI INCONTRI .................................................................................................................... 67 3.4 LA STANZA DEL CORO O IL SETTING .......................................................................... 68 3.5 LE FIGURE DI RIFERIMENTO E LA COMPOSIZIONE DEL GRUPPO-CORO ...... 69 3.6 IL REPERTORIO: ................................................................................................................... 70 3.7 ALCUNI COMPONENTI DEL GRUPPO E I LORO BENEFICI ..................................... 71 3.8 L’ESPERIENZA PRATICA .................................................................................................... 74 4. MUSICOTERAPIA:RIFERIMENTI TEORICI ................................................................... 79 3 5. ARTICOLO IL CANTO CORALE SINCRONIZZA… I CUORI! – MUSICA & PSICOLOGIA ID Articolo: 34003 - Pubblicato il: 18 settembre 2013 .......................... 90 4 PREMESSA In questi anni di esperienza come cantante e nel percorso con la musicoterapia, ho sempre avuto la percezione di entrare in contatto con qualcosa di profondamente potente e indefinibile: la musica, il suono…la VOCE. In passato, dopo vari tentativi di frequentare scuole di canto per poter utilizzare al meglio la mia voce, ho capito che addestrare la voce serve solo a creare maggiori tensioni e paure, e ho intrapreso ormai da diverso tempo la ricerca di “me stessa” attraverso la voce, ed è lei che mi ha guidato in questi anni a sperimentare vari percorsi tra cui: la meditazione, l’analisi bioenergetica e il percorso di musicoterapia. Nel percorso di tirocinio con il coro “Le voci dei colori” ho cercato di osservare e approfondire una diversa visione dell’esperienza vocale, non solo come semplice atto fonatorio ed estetico, ma anche come cura del se’ e soprattutto come mezzo di relazione e socializzazione. La tesi è divisa in cinque capitoli che ho sviluppato attraverso diverse domande che mi sono posta: Il punto focale è la voce e la totalità della persona attraverso lo strumento corporeo; in secondo luogo è la voce nella collettività del coro come canale espressivo e relazionale. Nel primo capitolo, viene presentata la voce attraverso vari aspetti teorico-scientifici: le definizioni nel significato letterale , brevi cenni sulle basi fisiologiche dell’apparato fonatorio, funzionali, psicologici, emozionali e attraverso la storia della polifonia e le sue funzioni nel coro in ambito psichiatrico. Vengono analizzate alcune teorie come quella di Alfred Tomatis sull’ascolto e quella di Alexander Lowen sul lavoro con il corpo in analisi bioenergetica, per comprendere l’aspetto fonatorio nella sua funzione globale. 5 Nel secondo capitolo, viene presentato il gruppo attraverso i contributi dei diversi teorici: il gruppo nella storia, le sue dinamiche e attraverso la terapia. Nel terzo capitolo, viene presentata la mia esperienza di tirocinio, attraverso la storia del coro “ La voce dei colori” del DSM ASL TO2, per approfondire il tema della vocalità in un ambito a me completamente sconosciuto e che mi ha permesso di superare i miei pregiudizi nei confronti del “malato psichiatrico”. Nel quarto capitolo, vengono citati alcuni riferimenti che mi hanno permesso di orientarmi nel complesso mondo della musicoterapia. Nel quinto capitolo intitolato “Conclusioni” presento una riflessione di quanto l’esperienza vocale ha un valore importante nell’ambito relazionale e di come il corpo è il canale principale per esprimere al meglio il potenziale di ognuno di noi attraverso il “gesto” vocale. Troviamo inoltre un interessante articolo che parla di una recente ricerca che si è occupata di analizzare gli effetti positivi del canto corale sul corpo e in particolare sul cuore, grazie alla capacità di stimolare la comunicazione neurobiologica. Concludendo, la tesi ha l’intento di offrire spunti di riflessione sul percorso della voce e della vocalità attraverso il corpo. Sia come atto fonatorio che nel lavoro musicoterapico, ritengo la voce un importante canale relazionale attraverso il quale può passare tutto il nostro mondo personale, le nostre emozioni e i nostri stati d’animo. Non è una conclusione, ma il punto di partenza di un affascinante percorso in un mondo così articolato come quello della musicoterapia, attraverso il nostro strumento principale:la voce. 6 7 Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta e il battito del cuore di chi ascolta. Khalil Gibran 8 1. La VOCE come mezzo di espressione e condivisione 1.1 LA VOCE E LA VOCALITA’: BASI FISIOLOGICHE E FISICHE DELLO STRUMENTO CORPO-VOCE La voce attraverso l’atto fonatorio, il respiro e la postura Da dove ha origine la voce? Come si genera il suono vocale? LA VOCE DAI VOCABOLARI: - Suono prodotto dalla vibrazione delle corde vocali. -Suono emesso dagli esseri umani attraverso gli organi di fonazione, prodotto dall’aria espirata che incontra, nella laringe, le corde vocali facendole vibrare. - Suono che, nel parlare o nel cantare , è prodotto dalla laringe nel momento in cui il flusso espiratorio incontra le corde vocali mettendole in vibrazione; anche, il timbro di questo suono, dovuto alla conformazione delle cavità (faringe, fosse nasali, ecc.) che fungono da risuonatori: il volume, il tono, l’intensità della voce. - Insieme di suoni, prodotto dalla laringe con il concorso dell’apparato respiratorio e delle cavità naturali, proprio dell’uomo nel parlare e nel cantare, caratterizzato da altezza, intensità e timbro: il volume, il tono, l’intensità della voce. La voce è uno dei più importanti mezzi di comunicazione dell’essere umano, il più spontaneo e universale e rappresenta anche lo strumento musicale più immediato che abbiamo a disposizione. Essa è il suono generato per mezzo del fiato attraverso la vibrazione delle 9 corde vocali e viene timbricamente modulata nel percorso del canale vocale. Nella produzione sonora vocale, sia parlata che cantata, avviene la coordinazione di una serie di meccanismi che controllano la sua regolazione: la respirazione , l’emissione vocale e la risonanza. “Nella descrizione dell’apparato vocale vengono comunemente distinte tre aree anatomo funzionali ( Moruzzi 1975)1: 1.In primo luogo deve essere considerato il mantice formato dai polmoni, dai bronchi e dalla trachea. Il mantice fornisce la corrente d’aria espirata. 2.Quest’ultima è veicolata attraverso una stretta fessura, la glottide, delimitata da strutture in grado di vibrare: le corde vocali. 3.La vibrazione delle corde vocali si trasmette dall’aria espirata che passa in uno spazio aereo di risonanza formato dalla faringe e dalle attività buccali e nasali. La fonazione si divide quindi in tre funzioni che compongono un unico e importante fenomeno:la produzione del fiato, la generazione del suono e la modulazione dello stesso. Dal punto di vista fisiologico gli organi fonatori che fanno parte integrante dell’apparato respiratorio e formano l’apparato di risonanza, sono: 1) Laringe, 2) Faringe, 3) Cavità nasali e paranasali, 4) Bocca, 5) Polmoni.2 1 Videscott Maria e Elena Sartori.,La voce in musicoterapia, Cosmopolis, Torino, 2008 p. 22 2 Juvarra A., Il canto e le sue tecniche, Ricordi,Milano, 1987 p. 23-24 10 Anche il diaframma, i muscoli addominali e determinati muscoli facciali intervengono nella funzione fonatoria e hanno un ruolo importante nel controllo dell’emissione vocale. Il principale organo coinvolto nella produzione della voce è quello laringeo: è molto complesso, si presenta nella sua forma esterna come un’impalcatura di cartilagini, posizionata nella parte anteriore del collo, la cartilagine tiroidea , che è la più voluminosa ed è situato come uno scudo davanti alle altre cartilagini. 11 “La laringe è il “generatore della vibrazione, del suono primario, trasformatore dell’energia aerea in energia acustica, essa garantisce la funzione fonatoria, ma in quanto valvola (glottide) concorre anche all’esplicarsi della funzione respiratoria e sfinterica 3 e attraverso l’epiglottide antiche). di quella nutritiva 4 (funzioni filogeneticamente più 5 All’interno della cavità laringea troviamo le due corde vocali che costituiscono la glottide; quest’ultima si chiude quando le corde vocali, entrando in vibrazione, e generano la funzione fonatoria. 3 La funzione sfinterica implica un’azione di controllo della pressione, attraverso cui il corpo svolge, alcune importanti attività di espulsione, come il parto, la defecazione, il tossire, il vomitare. 4 Nella deglutizione l’epiglottide si abbassa deviando il bolo alimentare verso l’esofago , mentre la glottide si chiude per proteggere le vie aeree. 5 Tosto Ida Maria, la voce musicale: Orientamenti per l’educazione vocale, EDT, Torino,2009, p.33-­‐34 12 La vibrazione delle corde vocali mette in oscillazione la colonna d’aria che le attraversa e le onde sonore si propagano attraverso i risuonatori del corpo ( la faringe, la cavità toracica, la bocca, le cavità nasali) che hanno la funzione di cassa armonica, amplificano e trasformano le onde sonore, permettendo così diversi timbri vocali che identificano la voce di ogni individuo ma anche le diverse possibilità espressive di ciascuno. I suoni formati trovano la loro amplificazione nell’apparato risuonatore, costituito dalla bocca, dalla faringe, dalle cavità nasali e paranasali. La respirazione Per la fonazione, è fondamentale la respirazione e ovviamente i polmoni che si trovano sospesi all’interno della cassa toracica, che ne determina le dimensioni, attraverso l’allargamento delle costole. La respirazione è la nostra prima fonte di energia. Le cellule per rigenerarsi hanno bisogno di ossigeno e soprattutto le cellule nervose sono sensibili alla carenza di ossigeno. Possiamo vivere pochi minuti senza respirare e le cellule sono in grado di lavorare in modo adeguato e rigenerarsi solo se ricevono l’ossigeno sufficiente. Ogni nostra parte del corpo influenza la respirazione e a sua volta ne è influenzata: la struttura scheletrica, l’elasticità toracica, il tono muscolare, le attività viscerali, il livello di energia e come vedremo anche la postura e lo stato psichico. Il flusso d’aria permette di generare il suono vocale attraverso i muscoli addominali, il petto e la schiena che aiutano a generare la forza necessaria per un adeguato e controllato flusso d’aria. Nel canto è essenziale la respirazione diaframmatica, dove avviene lo spostamento laterale delle costole inferiori , ed è costituita: dal 13 diaframma, le costole inferiori e i muscoli intercostali e addominali. Il diaframma è il principale protagonista della respirazione ed è ,una parte muscolare a forma di cupola, che separa la cavità toracica da quella addominale. Con l’inspirazione il torace aumenta facendo abbassare il diaframma che preme sulle pareti dell’addome facendolo sporgere; mentre nell’espirazione avviene il contrario. La discesa del diaframma nell’inspirazione è causata dalla contrazione della sua muscolatura, per farlo risalire nell’espirazione è necessario l’intervento dei muscoli addominali, che premono contro di esso i visceri contenuti nell’addome. 14 Una respirazione lenta e calma induce ad uno stato di rilassamento generale, mentre un respiro breve e affannoso crea stati di ansia. Come spiega Antonio Juvarra nel suo trattato sul canto e le sue tecniche “Quando s’incomincia lo studio del canto, la conoscenza della voce è localizzata nell’area della gola, dove si concentrano tutti i tentativi di modificazione dell’emissione. Al contrario, un cantante avanzato nella tecnica sperimenta la voce come un fenomeno che interessa e coinvolge tutto il corpo, a eccezione della laringe, che rimane soggettivamente al riparo in un centro di quiete paragonabile all’occhio del ciclone. Questo gli permette di cantare forte per lunghi periodi senza stancarsi.” 6 La fonazione, richiede quindi un complesso sistema di interazione tra i vari organi corporei e la laringe; il suono viene prodotto dalla vibrazione delle corde vocali nella laringe, per mezzo dell’aria che arriva dai polmoni. In questo complesso meccanismo, l’atto cantato è condizionato fortemente dalle varie tensioni muscolari corporee che influenzando l’emissione vocale. La postura La postura nel canto influisce in maniera decisiva nella qualità dell’emissione, essa permette di sfruttare al meglio le risonanze naturali del corpo e determina una corretta impostazione di tutto il sistema fonatorio. Essa è condizionata dalla posizione del corpo , dalla respirazione e dall’atteggiamento psicologico. Questi fattori si influenzano fra loro, in quanto una postura eretta, un buon appoggio 6 Juvarra Antonio., Il canto e le sue tecniche, Ricordi,Milano, 1987 p. 9 15 su entrambe le gambe divaricate e leggermente flesse, permettono una respirazione facilitata, un buon equilibrio e un atteggiamento psicologico di sicurezza , di benessere e di tranquillità. La posizione del corpo ha quindi una funzione determinante per la buona emissione vocale, in particolare quella cantata è un processo che coinvolge mente e corpo. “Non c’è parte o livello del corpo che non partecipi al gesto vocale. La materia che costituisce lo strumento è dotata di grande elasticità e dunque capace di partecipare alla vibrazione sonora[…]. Essa si avvale infatti di membrane a tensione regolabile e di valvole e di pressione come gli strumenti a fiato. L’organizzazione della vocalità comporta la coordinazione di l’interazione di molteplici funzioni.” più livelli strutturali e implica 7 A questo proposito è interessante la posizione del metodo funzionale della voce di Gisela Rohemert, che attraverso il lavoro sull’ergonomia8, evidenzia come gli organi della fonazione regolano innanzitutto funzioni vitali come il respiro, l’equilibrio nello spazio, l’alimentazione, poi il linguaggio e la comunicazione ed infine le funzioni espressive ed estetiche del canto. Il metodo funzionale della voce nasce nel 1979 in Germania, grazie alle ricerche svolte dall’Istituto di Ergonomia di Lichtenberg 9 , sull’impegno fisico e psichico del cantante durante l’atto vocale. Lo scopo di questi studi, anche attraverso l’approfondimento degli affetti di tecniche corporee, che ottimizzano le funzioni corporee (il metodo Feldenkrais, lo yoga, lo shiatsu, la terapia craniosacrale), ha avuto l’obiettivo di elaborare una pedagogia vocale, con l’analisi delle frequenze e la misurazione 7 Tosto Ida Maria, la voce musicale: Orientamenti per l’educazione vocale, EDT, Torino,2009, p.20-21 ERGONOMIA: si occupa dei problemi relativi al lavoro umano in rapporto ai vari ambienti di lavoro. I principali compiti dell’ergonomia consistono nell’analizzare, nel misurare, nel valutare e nel realizzare, al fine di organizzare armonicamente e produttivamente le funzioni che vengono attivate in qualche lavoro umano. 9 L’istituto di Lichtenberg è un’istituzione pedagogica musicale dove un gruppo di collaboratori stabili sviluppano e sperimentano nuove idee orientate alla pratica vocale e strumentale. 8 16 fisica dell’onda sonora, per permettere al cantante e in seguito al musicista, di ottenere con il minimo sforzo il massimo risultato. La svolta decisiva delle ricerche è avvenuta quando l’attenzione è passata nell’analisi dal corpo al suono, anziché sullo spettro delle frequenze della voce, permettendo la scoperta di un’ infinita serie di connessioni tra corpo, psiche, organi sensoriali, ambiente e suono.10 La Rohmert parla del “sistema-cantante”, identificando il suono vocale come potenziale ordinatore, che prodotto dall’azione coordinata degli elementi del sistema, diventa un’entità autonoma capace di guidare e organizzare il sistema stesso, ottimizzandone le risorse. ”Il suono della voce , riflesso dalle pareti delle cavità di risonanza, retroagisce sulla laringe, la quale, sollecitata nella sua attività vibrazionale, lo alimenta a sua volta ed esso acquista in qualità e potenza con un dispendio energetico minimo[…]la laringe tramite il feedback acustico, può utilizzare l’energia del suono stesso per organizzare il proprio meccanismo di produzione sonora, economizzando così l’energia muscolare e aerea.”11 Il concetto di brillantezza, o qualità timbrica ed energetica, è associato alle formanti12 del cantante, in quanto secondo la Rohmert un’energia sonora permanente è garantita solo da un ambito di frequenze che rimane stabile, ossia da frequenze di gruppi armonici collocati intorno ai 3000, 5000 e 8000 Hz, che hanno una corrispondenza con le frequenze di risonanza delle cavità dell’orecchio, che come vedremo nel prossimo capitolo gioca un ruolo fondamentale nella fonazione; richiamando alcuni aspetti in comune con il pensiero di Alfred Tomatis. Attraverso la brillantezza, il suono organizza la sua struttura interna, integrando gli altri parametri 10 Videscott Maria e Elena Sartori.,La voce in musicoterapia, Cosmopolis, Torino, 2008 p. 64-65-66 Tosto Ida Maria, La voce musicale: Orientamenti per l’educazione vocale, EDT, Torino,2009, p.10-11-12 12 Le formanti del canatnte sono un insieme di frequenze che generano qualità timbrica ed energetica, definite brillantezza di suono. 11 17 acustici (suono positivamente respiratoria, fondamentale, vocale, sull’organizzazione articolatoria, vibrato) corporea, psicologica e sulla influendo funzione conseguentemente sull’espressione musicale. Il suono vocale permette l’accesso all’orecchio e attraverso esso al sistema nervoso e di conseguenza a tutto il corpo, quindi tutti i livelli funzionali sono ordinati con un meccanismo di autoregolazione. Il meccanismo fonatorio, è dunque un complesso sistema d’interazione che avviene grazie alla sofisticata attività dei vari organi e con la partecipazione di tutto il corpo. 18 1.2 LA VOCE ATTRAVERSO L’ORECCHIO e L’ASCOLTO Studi e ricerche “Il silenzio è la musica che amo maggiormente. Ritengo che non ci sia nulla di più musicale che il silenzio! Sia perché il silenzio totale non esiste (se non in una camera anecoica), sia perché il silenzio è carico di suoni sia interiori che esteriori <<non fatti da mano d’uomo>>.(…) Ci sono persone che sembra abbiano paura del silenzio. Io certamente no. Quanto amo le pause! Anche in una composizione innica o acclamatoria, una serie di pause prende un valore particolare, perché dà senso all’attesa dell’esplosione che seguirà. Quanti silenzi pregni di vera <<musica>>! Giovanni Maria Rossi Abbiamo visto nel capitolo precedente come la voce, il canto in particolare, è il risultato di un complesso meccanismo non solo muscolare che coinvolge l’organo laringeo, ma è anche un fenomeno generato e condizionato da altri organi e di conseguenza da componenti ambientali, emotive e psicofisiche. Un’altra funzione fondamentale per la fonazione è quindi quella dell’udito, che garantisce altre funzioni fondamentali come l’equilibrio corporeo e la funzione vocale-linguistica, grazie alla stretta connessione con il sistema nervoso. 19 “L’udito rispetto alla vista, offre una percezione diffusa, tridimensionale e capace di cogliere l’evolvere temporale, permette quindi di orientarsi nello spazio e di regolare l’equilibrio e l’andatura. Se l’occhio può essere distolto o chiuso, l’apparato uditivo rimane pervio al mondo esterno ed anzi, durante il sonno, mantiene il contatto con l’ambiente circostante" (Wulf, 2002)13. L’udito ha quindi la funzione di tenerci in contatto con l’ambiente esterno, decifrando i continui segnali che ci arrivano continuamente dall’esterno, possiamo percepire lo scorrere del tempo e lo spazio. Per quanto riguarda l’apparato uditivo, anatomicamente e fisiologicamente l’orecchio è suddiviso in tre parti, ognuna con una propria funzione principale: l’orecchio esterno, l’orecchio medio e l’orecchio interno: L’orecchio esterno raccogliere e (padiglione auricolare) ha la funzione di convogliare le onde sonore; l’orecchio medio (collegato al retrobocca attraverso le trombe di Eustachio) ha la funzione di trasmettere l’energia sonora (vibrazioni) che si infrange sulla membrana del timpano, all’orecchio interno (organo del corti e nervo acustico) , il quale a sua volta trasforma l’energia sonora in impulsi elettrici che percezione del suono. raggiungono il cervello determinando la 14 Il compito principale del nervo acustico è quello di codificare lo stimolo per conservare le informazioni sulle frequenze, i tempi e le ampiezze. Il nervo acustico trasforma così il messaggio sotto forma di un segnale nervoso che contiene tutti i dettagli utili per capire che cosa l’orecchio ascolta in in dato momento.15 13 ManaroloGerardo.,Manuale di musicoterapia, Cosmopolis,Torino p. 132 ManaroloG.,Manuale di musicoterapia, Cosmopolis,Torino p. 132 15 BencivelliS.,Perché ci piace la mucica , Orecchio, emozione, evoluzione., Sironi,Milano, 2007,p .47 14 20 Come accennato nel capitolo precedente c’è un collegamento tra laringe e orecchio, il collegamento è molto stretto in quanto entrambi gli organi: sono formati dalle stesse materie organiche (legamenti, mucosa, muscoli, cartilagini, ossa);hanno nessi neurologici e inoltre nell’orecchio avviene lo stesso fenomeno di risonanza che avviene nella laringe. 16 Tra i vari ricercatori, che hanno avuto come oggetto di studi la connessione del meccanismo fonatorio a quello uditivo, troviamo Afred Tomatis (1920-2001), medico e otorinolaringoiatra, negli anni cinquanta si è occupato della discussa teoria che ha approfondito il rapporto tra la qualità dell’ascolto e la qualità dell’emissione vocale: 16 Videscott Maria e Elena Sartori.,La voce in musicoterapia, Cosmopolis, Torino, 2008 ,p.66 21 secondo la sua teoria la modificazione dell’ascolto può portare alla modificazione dell’emissione vocale ( effetto “Tomatis). Ipotizzò l’esistenza di l’esperienza un legame tra lo dell’ascolto,facendo sviluppo nascere della personalità e “l’audiopsicofonologia”, disciplina che studiava e applicava la rieducazione dell’orecchio, per accrescere la capacità di ascolto di un individuo. Secondo Tomatis, bisogna ripercorrere le tappe dello sviluppo dell’ascolto dell’individuo, andando a stimolare le frequenze a cui l’orecchio si è chiuso, per cause traumatiche e psicologiche. Per lo studioso solo l’orecchio destro è in grado di assicurare lo specifico ruolo per cui è deputato : questa specificità consiste nell’essere l’organo che capta tutti i controlli fonatori e vocali. Tra l’orecchio destro e il cervello avviene quindi un continuo e fondamentale nell’atto cantato scambio di informazioni, e tutto il corpo è coinvolto nella sua interezza, predisponendosi in funzione di questa azione. L’emissione della voce è quindi fortemente influenzata dalla funzione uditiva, che permette di regolarne l’espressione. Attraverso la vocalità ogni cellula del nostro corpo si attiva e partecipa ad un ascolto che và al di là della semplice funzione fisiologica dell’udito, ma un’attenzione interna ed esterna al nostro corpo. che ci richiede Anche “l’ascolto richiede un silenzio esterno, ma altresì un silenzio interno, è necessario creare dentro di noi un vuoto di senso e di ordine dove accogliere il senso e l’ordine dell’altro (Fausto Petrella ,1996, 1997).17 Attraverso la voce e l’ascolto, noi percepiamo la nostra esistenza e quella dell’altro. “L’essere umano ha bisogno sia di ascoltare, sia di percepire e quindi di credere di essere ascoltato e soprattutto capito. Come il bisogno di nutrimento e di amore , anche l’essere ascoltato è 17 ManaroloGerardo.,Manuale di musicoterapia, Cosmopolis,Torino,2011, p. 172 www.tomatis-­‐italia.ovh 22 un bisogno originario del bambino che concorre a definire l’essenza umana”(Fausto Petrella, 1996,1997).18 Sentire e ascoltare sono due funzioni diverse: nel primo caso si prende coscienza di un suono attraverso il circuito orecchio-cervello, il nostro udito è sensibile a ciò che viene pronunciato e ai rumori che ci circondano, sentire una voce non significa ascoltarla, per farlo è necessario capire il tono e le differenze di pronuncia, con cui si esprime una persona, dare attenzione al suo discorso; mentre nel secondo caso c’è la “volontà” di tutto il corpo a percepire, la nostra mente viene coinvolta per captare e capire le parole che ci vengono dette. Il nostro sistema uditivo entra in gioco in entrambe le azioni, ma con la differenza che nell’atto di sentire è solo l’udito a essere coinvolto nel processo ; mentre nell’ascolto sia l’udito che le funzioni cognitive vengono coinvolti nell’ azione. Dunque nell’ascolto avviene un processo psicologico e fisico che il nostro corpo traduce in sensazioni, emozioni e nozioni e crea un’apertura con l’ambiente che ci circonda, alla relazione con gli altri e con il mondo. Di conseguenza l’ambiente influenza ed è influenzato nell’ascolto e nella produzione fonatoria. Tomatis attraverso i suoi studi ha valorizzato la ricchezza dell’ascolto che porta ad uno stato di benessere a tutta la persona, tramite l’atto cantato: “Si canta con il proprio corpo[…] Il corpo viene messo in azione a tutti i livelli, grazie ai collegamenti sapienti del sistema nervoso[…] L’uomo altro non è se non un orecchio che parla e che canta[…] Tutto è canto e armonia nel nostro corpo. Tutto è musica se solo ci si lascia condurre dalla sua natura, la quale è accordata con il canto stesso della creazione[…]basta ricordare che tutto è vibrante. Come tutto è vivente. E una delle manifestazioni del corpo umano consiste nell’entrare in sintonia, in armonia, in simpatia 18 ManaroloGerardo.,Manuale di musicoterapia, Cosmopolis,Torino,2011, p. 173 23 con l’ambiente circostante. Così l’atto cantato permette di stabilire un dialogo con lo spazio. Crea un movimento di comunicazione mediante l’ambito vibrante a cui dà forma con l’aiuto dell’aria vitale che penetra ogni individuo[…]. 19 Il canto è quindi una vera e propria funzione umana che coinvolge ogni parte del nostro corpo e l’ambiente circostante. Da queste teorie che vedono coinvolto il nostro corpo nella sua totalità, ho trovato anche interessante l’esperienza di Giovanni Maria Rossi, compositore, organista, direttore di coro e musicoterapista (1929-2004), che ha teorizzato la metodologia della “VOCE- PERSONA”, riportata da Marina Mungai, musicista, direttore di coro e musicoterapista ,nella pratica dell’introduzione alla vocalità e nell’integrazione corale.20 Secondo questa metodologia , che dà importanza all’armonia tra corpo -voce- persona, la voce è considerata come lo strumento di comunicazione per eccellenza e lo studio della vocalità,attraverso vari approcci (yoga, training autogeno, ecc) e tecniche vocali, parte dalla distensione psicofisica e dalla coscienza della respirazione come “grande regolatore” del corpo. Questo tipo di approccio, con un taglio musicoterapico, mira a portare miglioramento all’espressione della propria personalità, all’inserimento in un gruppo, come quello corale, attraverso il cammino di scoperta della propria voce, con una consapevolezza maggiore alla respirazione e al corpo. Per cantare è, quindi, necessario mondo interiore e dell’ambiente un lavoro di ascolto del proprio esterno, per permettere una maggiore consapevolezza di sé, attraverso il canale vocale. 19 TomatisAlfred.,L’orecchio e la voce, Baldini &Castoldi, Milano p. 32-33 20 www.coronoteblu.net -­‐ La voce persona 24 1.3 LA VOCE COME IDENTITA’: TRA L’ARCAICO E IL MATERNO Le origini psicologiche della voce “Nella lingua che parlo, risuona la lingua di mia madre, meno linguaggio che musica, meno sintassi che canto di parole…C’è una lingua che io parlo, o che mi parla in tutte le lingue. Una lingua, al tempo stesso unica e universale, che risuona in ogni lingua nazionale quando sono i poeti a parlarla. In ogni lingua fluisce latte e miele. E in questa lingua, lo so, io non ho bisogno di entrarci: essa sgorga da me, fluisce, è il latte dell’amore, il miele del mio inconscio” Helene Cixous Come nasce il nostro legame con la musica e la vocalità? Perché la voce ha un ruolo così importante nella nostra vita? La voce umana nasce nel momento in cui nasce un essere umano, ed è unica per ogni individuo. Abbiamo analizzato precedentemente come attraverso il respiro, che è il soffio vitale che anima il nostro corpo e attraverso la ritmicità e la pulsazione dell’inspirazione e dell’ espirazione, che mostrano il mutare di molte condizioni fisiologiche e psichiche , nasce il suono della voce, quella voce che ci rende unici, ci identifica e ci mette in relazione con il mondo, in ogni epoca e in ogni cultura. La voce è lo strumento più antico, e permette di creare un ponte tra la nostra interiorità e il mondo che ci circonda, mettendoci in relazione con l’altro. La nostra esperienza sonora precede la nascita: già nel grembo materno il bambino entra in contatto con i 25 suoni del corpo della madre e del mondo esterno, che determinano un impronta non-verbale. Nel corso della gestazione “ vi è un apprendimento uterino delle caratteristiche delle vocalizzazioni e di altri movimenti che segnalino emozioni affettuose; vi è la preferenza per forme dinamiche di comunicazione; questa sottile abilità di ricezione dell’espressività umana deve affondare le proprie radici in strutture cerebrali dedicate alle emozioni e ai loro mutamenti dinamici” (Trevarthen, 1998).21 Daniele Schon ci spiega come diverse ricerche hanno mostrato che il feto comincia a rispondere a suoni e rumori a partire dal terzo trimestre della gravidanza. I neonati riconoscono innanzitutto la voce della propria madre.[…] .Questo dimostrerebbe il funzionamento percettivo e cognitivo prima della nascita. Ancora nell’utero, il futuro nato è estremamente sensibile alla struttura acustica del suono: il tono della voce , il suo contorno che sale e scende, la sua intensità, i respiri e le pause”[…]. 22 Il feto discrimina la voce della mamma preferendola alla voce di una donna estranea, e questo permetterà al neonato, dopo la nascita di riconoscere e instaurare il legame tra madre e figlio. Il bambino si trova quindi immerso in un mondo sonoro già nel grembo materno, dove entra in contatto e struttura la sua identità attraverso vari suoni. A tal proposito Rolando Benenzon ci parla delle identità sonore, chiamate anche Iso; in particolare: “il battito cardiaco, con la sua struttura di ritmi binari, i suoni di inspirazione ed espirazione, i suoni dell’acqua, del vento, il ritmo del camminare, certe sonorità come i sistemi dei messaggi degli animali, in particolare delle balene e dei delfini, sono tutti suoni che fanno parte 21 ManaroloGerardo.,Manuale di musicoterapia, Cosmopolis,Torino, 2006 p. 40 22 Schon D., Akiva-Kibiri L., Vecchi T.,Psicologia della musica, Carocci, Roma, 2007 p.15 26 di un mosaico genetico ereditato” e rappresentano l’iso universale plasmato da archetipi sonori.[…]. Mentre “Il sussurro della voce della madre, il fruscio delle pareti uterine, il flusso sanguigno, le variazioni delle pulsazioni, che saranno vitali per la vita dell’embrione, fanno parte integrante dell’iso gestaltico”.23 La voce rappresenta la nostra essenza, ma è anche il veicolo sonoro privilegiato che ci consente di entrare in relazione con gli altri esseri umani; la voce materna è la nostra prima esperienza vitale e relazionale, il nostro primo vero legame psichico perché è il nutrimento sonoro insieme a quello alimentare, attraverso il cordone ombelicale, che avrà in seguito un ruolo fondamentale per la strutturazione soggettiva del bambino. L’espressione primaria della voce dell’essere umano è il pianto del neonato, con il quale il bambino inizia ad interagire con il mondo esterno e ad esprimere i propri bisogni alla madre. La voce del bambino entra in contatto con la voce materna, le due voci si alternano e si mescolano creando la prima importante relazione. Per Benenzon“ La base della relazione tra il ritmo e l’essere umano va ricercata nel contatto sonoro del feto e la musica è l’evocazione della madre, una riedizione della relazione con lei e con la natura.”24 In questa relazione tra madre e bambino ha origine la “ninnananna”, il canto che la mamma crea attraverso l’imitazione dei suoni della natura , per calmare e relazionarsi con il suo bambino. In tutte le culture e le società, le ninnananne sono da sempre uno dei primi canali di intrattenimento per i bambini e le mamme utilizzano semplici melodie per attrarre l’attenzione del bambino, favorirne il sonno, comunicare emozioni. Essa permette un valore adattivo.25 La comunicazione vocale della mamma con il bambino, viene chiamata 23 BenenzonR.,Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma, 2011 p.52-53 24 BenenzonR.,Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma, 2011 p. 33 25 Bencivelli Silvia., Perché ci piace la musica, Orecchio, emozione, evoluzione, Sironi, Milano, 2012,p. 149 27 mammese o baby talk, e consiste in un linguaggio musicale, cantilenante caratterizzato da molte ripetizioni, ritmo lento, tonalità acuta, segmentazione più chiara nei confini tra le parole e l’aumento della qualità espressiva della voce.26 Inoltre un’altra caratteristica di questo linguaggio è l’utilizzo delle espressioni del volto e della gestualità del corpo per accompagnare i contenuti sonori. Stern ci spiega come le modificazioni del comportamento vocale materno hanno, fra le altre, finalità di facilitare il bambino nel compito di analizzare e dare significato all’universo sensoriale che lo circonda. Nel lavoro in ambito musicoterapico si parte da queste premesse per cercare di integrare e rafforzare i punti deboli messi in luce dagli studi sulla relazione primaria. La nostra voce rappresenta quindi la nostra identità, ci riporta alla simbiosi con la voce materna che è qualcosa di ancestrale che tutti ci portiamo dentro e il fatto di riconoscere la nostra voce ci riporta alle prime percezioni sonore, prima all’interno dell’utero e poi nei primi mesi di vita. Scoprire la propria voce , significa scoprire il nostro patrimonio di sensoriale e percettivo, che ci portiamo dentro. 26 Bencivelli Silvia., Perché ci piace la musica, Orecchio, emozione, evoluzione, Sironi, Milano, 2012,p. 114 28 1.4 LA VOCE COME CANALE EMOZIONALE Studi e ricerche sulle emozioni Forse la musica è la cosa più vicina all’amore. Ti eleva. Personalmente mi dà le emozioni più vicine a quelle che provo quando mi sento innamorato. Ludovico Einaudi Da dove arrivano le emozioni? Diversi pensatori si sono interrogati sull’influenza della musica sulle nostre emozioni e i nostri stati d’animo. Il principale motivo che ci spinge ad ascoltare la musica o a cantarla è proprio l’emozione che essa ci procura, rendendola sempre di più anche un mezzo terapeutico. La complessità delle emozioni dipende dal fatto che esse hanno profonde radici neurobiologiche nel nostro organismo, sono un’esperienza soggettiva con importanti significati, hanno una valenza sociale nelle relazioni con gli altri e sono definite dalla cultura di appartenenza. Per emozione s’intende uno stato affettivo intenso e di breve durata determinata da stimoli ambientali, e la sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico27. Le reazioni possono essere: • Fisiologiche: in una situazione emozionante si investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare , e le funzioni sensorie con svariati disturbi alla vista e all’udito. 27 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Torino, 1999,p. 358 29 • Viscerali: si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità di astrazione dal contesto emozionale. • Espressive: riguardano la mimica facciale, gli atteggiamenti del corpo , le abituali forme di comunicazione. • Psicologiche: si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni , diminuizione delle capacità di metodo e di critica. I greci consideravano le emozioni giudizi irrazionali sugli eventi, dopo diversi secoli di silenzio, il primo a occuparsi dal punto di vista scientifico delle emozioni fu Charles Darwin nella seconda metà del 1800, che considerò le espressioni facciali, quelle gestuali e quelle vocali, e la capacità di leggerle nel prossimo come selezione evolutiva, perché necessarie alla comunicazione tra gli individui della stessa specie. 28 Darwin basandosi sulla sua teoria evoluzionistica, teorizza che le espressioni facciali siano l’indicatore primario per la comunicazione del nostro stato emotivo. Negli esseri umani questo è frutto di un lungo processo evolutivo, che evidenzia un’ universalità dei segnali espressivi anche attraverso le culture o specie differenti. Secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, nell’emozione ci sono componenti biologiche primitive tra cui il controllo esercitato su di essa dalle parti più antiche del cervello. Attraverso le espressioni del viso si possono appunto distinguere le diverse emozioni come : la paura, la felicità, la tristezza e possono essere lette in modo universale da tutti gli uomini e da tutti i popoli. La teoria di James-Langhe (1884) o teoria periferica fà riferimento ai processi neurofisiologici: l’evento emotigeno determinerebbe una serie di reazioni viscerali e neurovegetative che sono avvertite dal soggetto e la percezione di queste modificazioni fisiologiche sarebbe 28 Bencivelli Silvia., Perché ci piace la musica, Orecchio, emozione, evoluzione, Sironi, Milano, 2012p. 135 30 alla base dell’esperienza emotiva. L’emozione soggettiva viene riconosciuta come conseguenza di una risposta fisiologica, in questo modo” non si scappa perché si ha paura , ma si ha paura perché si scappa”, “non tremiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo”. Contrapponendosi alla teoria periferica di James, Cannon (1927) elabora e propone una teoria centrale delle emozioni. Secondo Cannon il sistema nervoso centrale gioca quindi il ruolo fondamentale nel meccanismo dell’emozione: i centri di attivazione, di controllo e di regolazione dei processi emotivi non sono in sedi periferiche come i visceri, ma sono localizzati centralmente nella regione talamica, dove i segnali nervosi da essa provenienti sarebbero in grado sia di indurre le manifestazioni espressivo motorie delle emozioni, sia di determinare le loro componenti soggettive attraverso le connessioni con la corteccia cerebrale. Nel 1937 Papez parte dal contributo di Cannon, per avanzare l’ipotesi secondo cui i centri di elaborazione e di controllo delle emozioni sono situati lungo il circuito composto dall’ipotalamo, dal talamo anteriore, dal giro cingolato e dall’ippocampo (circuito di Papez). Mac Lean nel 1949 integrò il circuito di Papez con altre regioni, tra cui l’amigdala, denominando queste strutture neuroanatomiche con il nome di sistema limbico, considerato la sede di elaborazione e di regolazione dell’emozionalità. Tra le strutture che formano il sistema limbico, le più importanti in riferimento alle emozioni sono l’ipotalamo e l’amigdala: L’ipotalamo è la sede della regolazione centrale dell’ambiente interno dell’organismo e la stimolazione di specifici siti dell’ipotalamo nella zona mediale produce configurazioni di risposte emotive complete; l’amigdala è stata ritenuta come una sorta di computer dell’emotività, per la sua posizione strategica nel centro della rete emozionale, 31 dovuto a molteplici sistemi di connessione con le altre strutture nervose, essa “interpreta” lo stato del soggetto rispetto all’ambiente esterno, regolando il comportamento di conseguenza. Dal punto di vista psicologico Schatcher (1964) ideò la teoria cognitivo-attivazionale o teoria dei due fattori:l’emozione è frutto dell’interazione tra percezione dello stimolo, reazione fisiologica dell’organismo (aurosal 29 ) e codifica di quest’ultima a livello cognitivo. Tale teoria è detta dei due fattori, in quanto lo psicologo lega l’aspetto cognitivo individuato dalla teoria di James; per lo studioso il fattore fisiologico non è emozione ma, lo stato di attivazione è generato dal SNA (sistema nervoso centrale), questo fino a quando non lo interpretiamo a livello cognitivo legandolo ad un’emozione (es. SENSAZIONE DI PAURA-MINACCIA). Da questa concezione dell’Appraisal (1980) 30 di Schachter prendono avvio e sociale. profondamente l’elaborazione teorie , secondo cui le emozioni dipendono da come ogni individuo valuta e interpreta gli stimoli del proprio fisico le Viene intrecciate cognitiva evidenziato con della i che processi situazione le emozioni cognitivi, dipende ambiente in sono quanto dall’esperienza emotiva del soggetto. Le emozioni non appaiono all’improvviso o casualmente, sono la conseguenza di un’attività di conoscenza e valutazione della situazione in riferimento alle sue implicazioni per il 29 Aurosal: il termine indica lo stato di attivazione neurovegetativa dell’organismo ed è legato a cambiamenti dell’assetto fisico e psicologico di ogni individuo. Sul piano fisico questo sistema di attivazione coinvolge diversi sistemi biologici, quali sistema nervoso autonomo e sistema endocrino, mentre sul piano psicologico orienta le nostre capacità di memoria, attenzione, presa di decisioni, espressione delle emozioni e messa in atto dei comportamenti. 30 La teoria dell’Appraisal: le emozioni sono il risultato di come l’individuo struttura e dà significato ad uno stimolo. Due individui possono reagire in maniera diversa davanti allo stesso stimolo. Con questa teoria viene messo in evidenza la connessione tra le emozioni e gli stati cognitivi. 32 benessere dell’individuo e il soddisfacimento dei suoi interessi e scopi. Le teorie psico-evoluzionistiche, a partire da Tomkins (1960), si rifanno alla teoria evoluzionistica di Darwin , ritenendo le emozioni strettamente associate alla realizzazione di scopi universali, connessi alla sopravvivenza della specie e dell’individuo. Gli studiosi Ekman e Izard avanzarono l’ipotesi tra emozioni primarie ( la gioia, la tristezza, la collera, la paura) e emozioni miste o secondarie( l’imbarazzo, la colpa, la vergogna, l’orgoglio) che sono una sorta di miscela tra le diverse emozioni primarie, secondo i quali le espressioni facciali delle emozioni primarie vengono espresse in maniera universale e riconosciute in ogni cultura del mondo, tra primati e esseri umani poiché il viso è la parte più espressiva del nostro corpo e per mezzo di esso esprimiamo tutta la gamma delle emozioni. Le espressioni facciali sono quindi una parte costitutiva delle emozioni. Nelle società primitive come nelle società più avanzate le espressioni del viso hanno un impatto comunicativo molto più rapido delle parole. L’esperienza emotiva oltre ad avere aspetti di valutazione della situazione e la comparsa di modificazioni corporee, processo interno che viene manifestato è quindi un all’esterno attraverso specifiche espressioni facciali, vocali, posturali e motorie in generale, e che non è possibile nasconderlo in quanto esiste una forte connessione tra emozione ed espressione. Esiste inoltre una stretta connessione fra emozione e AZIONE, l’esperienza emozionale spinge l’individuo all’azione: le emozioni non sorgono soltanto come conseguenza diretta di un comportamento, ma sono a loro volta all’origine di azioni e modificazioni del proprio comportamento. Infatti la radice della parola emozione deriva dal verbo latino MOVEO, 33 “muovere”, con l’aggiunta del prefisso “e” (“movimento da”), per indicare che in ogni emozione è compresa la tendenza ad agire. Attualmente, con grande ritardo, si parla di Competenza emotiva, una funzione complessa costituita da otto componenti o abilità principali: 1)La consapevolezza del proprio stato emotivo. 2)La capacità di riconoscere le emozioni altrui. 3)La capacità di usare il vocabolario delle emozioni solitamente disponibile nella propria cultura. 4) La capacità di coinvolgimento simpatetico nelle esperienze emotive di altre persone. 5) La capacità di comprendere che lo stato emotivo interiore non corrisponde necessariamente alla manifestazione esteriore, sia in se stessi, sia in altre persone. 6) La capacità di affrontare in maniera adattiva le emozioni negative e angoscianti. 7) La consapevolezza che le relazioni sono definite in larga misura dal modo in cui le emozioni sono espresse e dalla reciprocità delle emozioni al loro interno. 8) La capacità di autocontrollo emotivo, in altri termini, avere il controllo delle proprie esperienze emotive e saperle accettare (Saarni 1999).31 In ambito scientifico gli studi sul rapporto tra voce ed emozione sono piuttosto recenti, nonostante nelle scuole dell’antica Grecia e di Roma veniva enfatizzato il ruolo fondamentale delle capacità vocali per esprimere le emozioni. Un valido contributo, in Italia, è stato dato dagli psicologi Luigi Anolli e Rita Ciceri, mettendo in evidenza come 31 SchafferH.Rudolph, Psicologia dello sviluppo, Raffaello Cortina,Milano, 2005,p.167 34 attraverso la voce la comunicazione emozionale viene modulata dal ritmo, dall’intonazione, dall’intensità e dalla qualità articolatoria della fonazione. La collera e la paura sono emozioni caratterizzate da un incremento dell’intensità della voce, mentre la tristezza da un basso tono e un ritmo articolare rallentato. In particolare negli studi sull’ encoding vocale delle emozioni emerge la capacità del canale vocale non verbale nel trasmettere, indipendentemente dal contenuto verbale, precise informazioni sugli stati affettivi ed emotivi dell’interlocutore. L’evento emotigeno crea quindi reazioni fisiologiche che condizionano i parametri della respirazione, della fonazione e l’articolazione dell’eloquio. Dunque gli stati emotivi sono efficaci solo se vengono calibrati in funzione dei contesti e degli avvenimenti. Il controllo o la repressione delle emozioni rappresentano sia un problema nel rapporto con sè stessi che con gli altri e a livello fisiologico causano attivazioni organiche . Nel lavoro fonatorio l’espressione emozionale gioca un ruolo di fondamentale importanza, in quanto il corpo e la mente sono strettamente coinvolti nell’atto emotivo e la voce ne è un importante fattore integrante. Tuttavia il dialogo interno non avviene sempre in modo facile, emozione e ragione a volte mandano ordini contrastanti al corpo generando azioni confuse e arrivando a manifestarsi con sintomi di disagio psicofisico. Lo stress e l’ansia oltre ad avere effetti negativi sul sistema cardiovascolare, abbassano anche la risposta immunitaria, causando indebolimento fisico o delle vere e proprie patologie. Lo psicologo Robert Ader nel 1974, attraverso i suoi studi scoprì come anche il sistema immunitario come il cervello e il sistema nervoso centrale, è in grado di apprendere e rispondere all’esperienza 35 modificando il proprio comportamento. 32 Questi studi sulla biologia hanno permesso di dimostrare come la mente, le emozioni e il corpo non sono entità separate, ma intimamente interconnesse. Il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario comunicano fra loro in diversi modi, tanto da poter influenzare le funzioni immunitarie dell’organismo. Il sistema immunitario è quindi profondamente influenzato dal nostro sistema psichico, che raccoglie e analizza le nostre emozioni e dal nostro sistema nervoso, che mette in comunicazione le parti del nostro corpo. Nel mio percorso con l’analisi bioenergetica ho potuto sperimentare il valore della scarica emozionale e dell’espressione emotiva, attraverso il lavoro con il corpo. Le emozioni sono appunto impulsi, movimenti interiori che partono dal centro di ogni individuo e se riusciamo a costruire un accordo tra corpo, emozioni e ragione possiamo esprimere al meglio il nostro potenziale. Il canto è uno dei modi più importanti per comunicare le nostre emozioni ed è il canale per trasformare i sentimenti in suono. 32 Goleman D.,Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1996,p.114 36 1.5 LA VOCE E LA BIOENERGETICA La bioenergetica e la mia esperienza vocale attraverso il lavoro corporeo “La vita di un individuo è la vita del suo corpo”. Alexander Lowen Abbiamo visto come il corpo è composto da un’insieme di strutture in stretta relazione tra loro: lo scheletro, i muscoli, i vari organi e i tessuti. Ma il corpo ci mette anche in relazione con l’ambiente attraverso i sensi, il movimento, influenza ed influenzato dai nostri pensieri e dalle nostre emozioni , attraverso le esperienze che viviamo. Nell’esplorazione della propria voce, i primi passi consistono in un approccio consapevole al proprio corpo e al proprio respiro. Il mio percorso con la voce, mi ha portato negli anni ad approfondire diversi ambiti alternativi alle tecniche tradizionali di canto. Tra i diversi approcci che ho analizzato e sperimentato, quello che ritengo più influenti nel mio rapporto voce – corpo – spirito, sono la meditazione e l’analisi bioenergetica, entrambe mi hanno permesso negli anni di avere una maggiore consapevolezza del mio corpo e in particolare della mia voce. 37 Ritengo entrambe complementari l’una all’altra, in quanto per meditare è necessario uno stato di “presenza” che può essere raggiunto solo attraverso l’ancoraggio al corpo e in particolare al respiro; il corpo è l’unico mezzo per restare nel presente, mentre la mente cerca di portarci continuamente nel passato o nel futuro, cioè nell’illusione. Il lavoro corporeo invece con l’analisi bioenergetica allena ad un ascolto più profondo attraverso la conoscenza del proprio corpo e del proprio stato emotivo. In particolare, l’analisi bioenergetica nasce negli anni ’50, negli Stati Uniti, ed è lo studio della personalità umana dal punto di vista dei processi energetici del corpo. Alexander Lowen (1910-2008) medico psicoanalista, ne ha coniato il termine, basandosi sugli insegnamenti di Wilhelm Reich (18971957)psicoterapeuta impegnato nei problemi sociali e politici33, i quali si focalizzavano sull’identità funzionale tra il carattere di una persona e il suo atteggiamento corporeo, o armatura muscolare 34 .Questa tecnica psicoterapeutica associa il lavoro sul corpo a quello sulla mente per risolvere problemi emotivi ed esprimere in maniera più ampia il proprio potenziale. Per Lowen i processi energetici del corpo determinano ciò che succede nella mente esattamente come determinano ciò che succede nel corpo. Lo scopo della bioenergetica è quello di rilassare le contrazioni muscolari permettendo così di far affiorare alla coscienza le emozioni che hanno provocato blocchi energetici ed emotivi e restituire alla persona uno stato naturale di carica energetica, attraverso la consapevolezza di sé, la capacità di auto-espressione e la padronanza di sé. 33 VegettiFinziS.,Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli,Bologna, 1976 p.43 34 Armatura o corazza: indica lo schema globale delle tensioni muscolari croniche del corpo. Vengono definite così perché servono a proteggere l’individuo contro le esperienze emotive dolorose e minacciose. Fungono da schermatura contro gli impulsi pericolosi della sua stessa personalità e contro gli attacchi da parte degli altri. 38 “ La voce quando è libera, viene dal cuore: allora l’individuo parla col cuore. Ciò significa che il canale di comunicazione tra cuore e il mondo è aperto e non ostruito”.35 Lowen, parla della voce in ambito bioenergetico, partendo dalla radice della parola Personalità, che ha due radici con due diversi significati: la prima è persona, in quanto maschera, che apre al lavoro teatrale dell’attore sulla scena, e rappresenta il ruolo che un individuo assume nella vita; la seconda è per-sona , che significa attraverso i “suoni”, e rappresenta la personalità che si riflette nel suono di un individuo. La maschera è inanimata e non può trasmettere, a differenza della voce, la vibrazione dell’organismo vivente. Il corpo e di conseguenza la voce , non mentono. Nonostante una persona possa cercare di nascondere i propri sentimenti o le proprie emozioni attraverso una determinata postura artificiale, il corpo la smentisce attraverso le varie tensioni che si vengono a creare nel corpo. Ad esempio una voce ricca ha armonici alti e bassi che la arricchiscono con un suono pieno, mentre una voce piatta, senza profondità , può essere bassa, senza energia, oppure esile e senza corpo. Ciascuna di queste qualità vocali ha un certo rapporto con la personalità dell’individuo. Per Lowen i tremiti sono vibrazioni e l’assenza di vibrazioni indica la presenza di stress o di un freno, nel corpo o nella voce, provocando in quest’ultima una perdita di risonanza, di conseguenza il blocco di un qualsiasi sentimento influisce sull’espressione vocale, questo porta a considerare ognuno dei tre elementi che entrano in gioco nella creazione del suono: il flusso d’aria sotto pressione che agisce sulle corde vocali per produrre una vibrazione, le corde vocali che 35 Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 243 39 funzionano come strumenti vibratori, le cavità di risonanza che aumentano il volume del suono. Lowen considera tre aree in cui le tensioni croniche possono formare degli anelli di costrizione, restringendo il canale vocale e impedendo l’espressione dei sentimenti. 36 -Il primo anello può formarsi intorno alla bocca: una bocca serrata o chiusa può bloccare ogni comunicazione di sentimenti, come premere le labbra e irrigidire la mascella. -Il secondo anello di tensione si forma all’articolazione del capo con il collo, dove troviamo la zona di transizione dal controllo volontario a quello involontario. La faringe e la bocca sono sulla parte anteriore di questa zona, l’esofago e la trachea sulla parte posteriore. L’organismo ha un controllo cosciente su tutto ciò che è in bocca o nella faringe; mentre non si ha più la possibilità di controllo nella zona dell’esofago. -Il terzo anello di tensione è situato all’articolazione fra collo e torace: la tensione che si sviluppa è anche funzionale in quanto protegge l’apertura che porta alla cavità toracica e dunque al cuore. Quando la contrazione è cronica, questi muscoli elevano e immobilizzano le costole superiori, restringendo l’apertura che porta al petto,interferendo con la respirazione e influenzando di conseguenza la produzione della voce. Per Lowen il nucleo della terapia è giungere al cuore:”il cuore è probabilmente l’organo più sensibile del corpo. La nostra esistenza dipende dalla sua attività costante e ritmica. Quando questo ritmo si altera anche solo momentaneamente, ad esempio quando il cuore perde un colpo o si mette a battere all’impazzata, proviamo un senso di ansia nel più profondo del nostro essere. Chi abbia provato questa 36 Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 238-239-240-241-242 40 ansia precocemente svilupperà molte difese per proteggere il cuore dai pericoli che ne possono disturbare il funzionamento. Non permetterà che il suo cuore venga toccato e le sue reazioni al mondo non verranno dal cuore. Queste difese vengono elaborate nel corso della vita e infine formano una potente barriera contro qualsiasi tentativo di raggiungere il cuore.”37 Come analizzato già in precedenza le posture e il movimento si influenzano a vicenda e possono rappresentare anche delle disfunzioni organiche e dispendio energetico. Le posture sbagliate limitano l’efficienza respiratoria, costringono i muscoli a sviluppare tensioni, favoriscono la comparsa di stati mentali negativi. Quando alteriamo una postura, nel tempo può comportare problemi di tipo muscolare e articolare, ma anche circolatoria, respiratoria e viscerale, creando squilibri sul benessere generale. “La tensione muscolare cronica in diverse parti del corpo costituisce la prigione che impedisce la libera espressione dello spirito dell’individuo. “38 In bioenergetica i cambiamenti della personalità, avvengono attraverso i cambiamenti delle funzioni corporee permettendo: una respirazione più profonda, maggiore motilità, espressione di sé più piena e più libera. In bioenergetica come in tante discipline psico - corporee, gli esercizi sono molteplici e includono tutto il corpo: dal respiro all’utilizzo della voce, al lavoro sui piedi o sul bacino. In particolare l’esercizio di radicamento o Grounding ha una funzione molto importante; per Lowen significa essere radicati nella propria verità, accettando se stessi e i propri vissuti. Questo esercizio permette di stabilire un contatto equilibrato con il suolo che ci sostiene, facendo percepire un maggiore equilibrio psicofisico. Simbolicamente rappresenta la realtà, e significa ristabilire il contatto dei piedi al terreno. Il concetto di 37 Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2014, p.102 38 Lowen A. ,Arrendersi al corpo, Il processo dell’analisi bioenergetica, Astrolabio, Roma, 1994 p. 15 41 grounding , usato esclusivamente in ambito bioenergetico, si basa sulla convinzione che il trauma fisico e psichico, riduce il contatto con la realtà, causando lo strutturarsi di un ritiro, anche a livello corporeo, dovuto conseguenza alla riducendo perdita la di radicamento capacità di stare a terra nella e di realtà. E’ rappresentato in un esercizio, dove il soggetto è in piedi con le gambe leggermente divaricate e le ginocchia flesse: questa postura, che troviamo in altre discipline, tra cui anche il canto, permette di avere una maggiore stabilità, equilibrio, sostegno, radicamento alla terra e di conseguenza genera maggiore sicurezza, consapevolezza e libertà di espressione.39 Nei lavori delle classi di bioenergetica, come nella meditazione, il lavoro con la voce permette di entrare in una connessione più profonda anche con gli altri componenti del gruppo: si genera uno stato di apertura a livello del cuore, sposta la comunicazione da un livello verbale a un livello non- verbale, creando una sintonia maggiore tra tutti i partecipanti. Nella mia esperienza personale mi sono avvicinata alla tecnica bioenergetica individuale e di gruppo perché per diverso tempo nel canto sentivo l’esigenza di esprimere maggiormente la mia voce e le mie emozioni al di là dell’esibizione vocale prettamente tecnica. Nel tempo ho sentito la mia voce mutare completamente: inizialmente era quasi metallica, e risuonava nella parte alta della testa, spesso negli esercizi di bioenergetica sentivo la mia voce uscire e non la riconoscevo. Con il tempo ho imparato ad integrare alcuni processi e oggi la mia voce si presenta più profonda, con più sfumature, e risuona maggiormente nel petto…nel cuore! 39 www.bioenergeticaesocieta.it 42 1.6 IL CORO ASPETTI RELAZIONALI E FUNZIONALI DI UN CORO A) Per LA POLIFONIA NELLA STORIA coro s’intende un complesso di voci di vario timbro (soprano, contralto,tenore, baritono, basso) per l’esecuzione di brani musicali all’unisono o concertanti; anche la composizione musicale per coro. Il coro è dunque un insieme di più voci che cantano contemporaneamente, ed è una forma di espressione diffusa in tutte le culture umane dall’antichità. La parola” coro” proviene dal greco khoréia, termine che originariamente significava sia la danza sia il gruppo dei danzatori. Nella Grecia classica il coro rappresentava, la danza unita al canto, l’insieme delle persone che la eseguivano e il luogo stesso dell’esecuzione. I Greci assegnarono alla coralità, presente nella tragedia, un notevole valore educativo. Sin dall’antichità, la musica corale fu intesa come espressione dei sentimenti di solidarietà, degli ideali di fede e di amor patrio di un popolo, attribuendole una funzione religioso-politica. La polifonia, o canto a più voci, si configura a partire dal IX d.c., con lo scopo di arricchire il Canto Gregoriano monodico che era nato nel Medioevo,come canto facile per le masse di fedeli inesperti d’arte e che fino ad allora aveva rappresentato l’unica forma di canto.40 La polifonia permise di riempire gli spazi acustici sempre più ampi delle grandi cattedrali romaniche e gotiche e di solennizzare le cerimonie liturgiche sempre più lunghe e complesse. Quella prima rudimentale forma di doppio canto chiamata organum che consiste in due voci che attaccano all’unisono per poi distanziarsi con intervalli di quarta o di 40 Mila M., Breve storia della musica, Einaudi, Torino, 1993, p. 39-40-41 43 quinta, ha un progressivo arricchimento delle combinazioni melodiche nei secoli seguenti fino ad arrivare verso il XII secolo in Francia, dove vengono elaborate le regole e le forme dell’arte contrappuntistica del canto polifonico, a opera soprattutto dei monaci della Cattedrale di Notre Dame a Parigi. La loro produzione e la loro tecnica prende il nome di Ars Antiqua. In seguito alla riforma luterana il canto degli inni da parte della gente comune diventa il centro della liturgia, dove la religione cristiana viene per così dire “desacralizzata”, permettendo la traduzione della Bibbia e la preghiera in lingua corrente, perché fosse compresa da tutti. La grande rivoluzione per quello che riguarda l’attività corale, ma anche musicale e culturale,avvenne in particolar modo nel Romanticismo nella prima metà del 1800, dove la poetica prenderà il posto di quegli aspetti che prima erano attribuiti unicamente alla cultura religiosa, cioè al desiderio di trascendenza attraverso l’espressione artistica. Grazie al Romanticismo avviene il recupero dell’attività corale e dell’identità culturale popolare; in alcuni paesi nascono le corali che si dedicano al repertorio di musica popolare. In particolare con la musica profana, la cultura delle corali ha il compito di conservare e trasmettere la cultura popolare del luogo in cui aveva origine. In questi cori inizia anche la partecipazione della voce femminile che precedentemente non era ammessa alle esecuzioni corali liturgiche e che veniva sostituita da cantanti uomini, bambini o castrati. Si struttura così il canto corale, com’è conosciuto oggi, dove troviamo la presenza di più parti vocali sviluppate simultaneamente: il repertorio si è arricchito con l’influenza di musiche di vario genere. I cori possono avere svariati livelli e modalità, ma quello che li accomuna è un certo numero di persone che decidono di condividere la musica attraverso il canto. 44 Tra i vari cori troviamo quelli amatoriali e quelli professionali: I cori amatoriali sono la maggior parte, e i componenti possono avere un diverso tipo di formazione musicale, in pochi o nessuno ha competenze musicali, ed è compito del direttore armonizzare e organizzare le voci dei partecipanti per realizzare la resa musicale migliore. I cori professionali sono molto pochi, e le competenze musicali dei partecipanti sono maggiori, anche perché nascono proprio per una finalità puramente estetica ed economica. Nel canto corale, come nella vocalità, avviene la fusione della propria voce con la precedentemente voce degli viene altri, richiamata che come quella abbiamo fusione visto ancestrale dell’interazione tra la voce del bambino e la voce materna. 45 B) LE FUNZIONI DEL CORO IN AMBITO PSICHIATRICO Un coro in ambito psichiatrico può essere considerato un intervento di musicoterapia? Per valutare la complicata distinzione delle funzioni di un coro in ambito psichiatrico è necessario partire da alcune definizioni e considerazioni sviluppate da Pier Luigi Postacchini , nel suo trattato sulla musicoterapia: Cura: il termine si riferisce all’insieme dei mezzi terapeutici coadiuvanti il passaggio dalla malattia alla salute.41 “[…] noi crediamo che curare debba significare ripristinare una condizione di armonia psicofisica , se questa c’era, o costruirne una nuova, se non c’era[…]Noi pensiamo piuttosto che sia un discorso di armonizzazione delle varie facoltà che debba essere promosso, poiché è quello che conferisce un maggior gradiente di benessere, che può però appunto derivare da un equilibrio armonico delle parti.[…]. 42 Riabilitazione: termine derivante dal diritto romano dove indica il ripristino dello stato giuridico precedente una condanna dopo la dimostrazione di non colpevolezza;[…][…]Nell’ambito della medicina sociale:Scopo della riabilitazione è quello di togliere il paziente dallo stato di emarginazione in cui si trova per effetto della sua minorazione, per inserirlo in una condizione occupazionale e sociale il più possibile identica a quella degli altri soggetti sociali. 43 […]”è riabilitazione qualunque intervento o costellazione di interventi che tendano a diminuire gli svantaggi sociali di un handicap fisico o 41 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999,p.269 42 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.60-62 43 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999,p. 903 46 psichico, e insieme a diminuire le barriere edificate dalla società nei confronti di tale handicap”(Saraceno 1985).44 Secondo Postacchini l’intervento riabilitativo in ambito musicoterapico avviene attraverso un approccio non medico all’handicap,“dal di fuori”, nella totalità della persona,in modo che il paziente possa assumerne gli schemi, le funzioni e l’armonia. Il riabilitatore non lavora sui contenuti interiori del paziente, ma aiuta il paziente nel riapprendere gli aspetti del rapporto con il quotidiano. Permette di veicolare l’affettività attraverso le azioni pratiche, per favorire la sincronizzazione tra il tempo interiore del paziente e il tempo sociale, la riacquisizione del valore del ritmo tra gli oggetti e il corpo, l’integrazione della memoria e la progettualità. La riabilitazione è quindi una strategia che promuove processi cognitivi-relazionali e di socializzazione. Terapia: il termine deriva dal greco Therapeia. Il concetto può essere inteso nell’accezione di guarire come finalità, oppure nell’accezione di “procedura verso la guarigione”. In ambito medico la terapia può intendersi come il trattamento di malattie e ferite, e l’insieme dei metodi usati per la loro guarigione e per alleviarne i sintomi. Le terapie sono misure aventi lo scopo di riportare uno stato patologico a uno stato sano e rendere sopportabile la manifestazione di sintomi disagevoli.45 Sempre secondo Postacchini la (psico)terapia è una facilitazione ,“dal di dentro”, dei processi di consapevolezza, di regolazione dell’ emotività e delle capacità comunicative. 46 ”Quello dell’handicap neuro-psichico, in cui l’aspetto strettamente clinico e tecnico della terapia, pur senza perdere minimamente d’importanza, viene a trovarsi inserito in un contesto molto più vasto di azioni a forte 44 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.62 45 https://it.wikipedia.org-terapia 46 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.67 47 significato sociale, preventivo e riabilitativo, a cui sono chiamati operatori di svariate competenze. Infatti la complessità del problema handicap impone che non possa mai essere praticamente una sola persona ad affrontarlo, sia da un punto di vista tecnico che emotivo, ma che vi sia invece un’articolata distribuzione di competenze all’interno di un approccio multidisciplinare(Jones, 1979)47. Secondo l’OMS( Organizzazione mondiale della sanità)la salute è “una qualità della vita che ha una dimensione sociale, mentale, morale e affettiva, oltre che fisica; un bene instabile che si deve continuamente riconquistare, difendere e ricostruire durante tutta la vita”.48“ La musicoterapia “a seconda del tipo di contesto e di relazione che viene stabilita, può agire tanto in senso riabilitativo, quanto in senso terapeutico[…] L’elemento unificante tra riabilitazione e terapia è , a nostro avviso, l’utilizzo di parametri armonizzanti per promuovere una migliore integrazione psicofisica della personalità, restando su un livello più concreto e senza entrare nel merito delle dinamiche emotive, se si interviene in senso riabilitativo, affrontando invece i nodi conflittuali affettivi e ideativi e quindi accedendo alla dimensione simbolica della relazione, se si interviene in senso terapeutico.”49 Kennet Bruscia definisce la musicoterapia come un processo sistematico di intervento, attraverso il quale il terapeuta aiuta il paziente a raggiungere uno stato di salute tramite le esperienze musicali e la relazione che si sviluppa tra loro come forze dinamiche di cambiamento. 50 Attraverso la fiducia che viene data alla musica e all’esperienza musicale come agente, contesto o catalizzatore dell’esperienza 47 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.66 48 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.65 49 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.68 50 www.fabiobranco.it 48 terapeutica , la musicoterapia si differenzia da qualsiasi altra forma di terapia. Sempre Bruscia distingue una musica in terapia da una musica come terapia: A. In terapia: Nel contesto di una terapia definita dal suo modello epistemologico di riferimento(psicoanalitico, cognitivista, ecc), la musica sarà impiegata come supporto e ausilio per facilitare il lavoro terapeutico. B. Come terapia: Occorre anche un modello teorico di riferimento e una tecnica, articolati e definiti.51 Inoltre fa un’altra distinzione tra: la musicoterapia, dove la musica assume un ruolo terapeutico, nel progetto terapeutico, in base alla provenienza dei vari operatori; e la musicoterapia,dove la musica ha un ruolo di facilitatore nel contesto basato sullo sviluppo relazionale. Nel contesto ospedaliero psichiatrico i disturbi di origine neurologica e psicologica che riguardano la voce , considerano quest’ultima dal punto di vista patologico: nella maggior parte dei casi la voce viene considerata come pseudo allucinazione del paziente e consiste in una percezione sensoriale uditiva che il soggetto sente provenire dal suo interno, e verso cui può mantenere una capacità critica; oppure le cosiddette “voci” distinte in interne ed esterne, che sono vere e proprie allucinazioni caratterizzate da una percezione psicosensoriale senza stimoli esterni, proiettata nello spazio e ritenuta dal paziente stesso proveniente dal di fuori in assenza di qualsiasi intervento critico da parte del paziente. 52 In questo caso la voce ha una valenza negativa e causa l’ intervento da parte degli operatori per sedare lo sfogo o l’urlo con il fine di contenere il paziente. 51 Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carocci,Roma, 1997,p.102 52 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p.1075 49 “Le voci allucinatorie che tormentano questi pazienti testimoniano la dissociazione fra voce e corpo, elementi che non costituiscono più un’identità, una sola persona. Le voci si rivolgono al soggetto colpendolo nella sua esistenza vitale nella sua individuale egoità, rammentandogli, indicandogli o alludendo a difetti, caratteristiche e contenuti che sono in relazione affettivi di ordine conflittuale[…]”.53 In ambito musicoterapico e nel coro del DSM, il lavoro con la voce assume invece una valenza potente, catartica,liberatoria e permette di esprimere le emozioni,anche le più violente, attraverso il canale vocale. I coristi che appartengono ad un coro del DSM non hanno una grande preparazione musicale, ma entrano in un coro e ci restano non tanto per il repertorio o l’aspetto musicale, ma maggiormente per la valenza socializzante che avviene all’interno del gruppo corale. Nelle sue riflessioni riguardo la creazione e l’attività corale in ambito psichiatrico Alice Isabella Gibelli, musicoterapista considera il coro come “un contenitore spazio-temporale” definito, che prevede l’incontro tra individui che partecipano ad un esperienza collettiva, comune, in questo caso musicale, consistente nell’acquisire una preparazione vocale – musicale sufficiente ad affrontare un repertorio di brani corali, e forse anche nell’impegnarsi in obiettivi comuni come l’organizzazione e/o la partecipazione a rassegne e concerti, incontrando altri cori e cantando per altre persone […]. Nel coro, sin dall’inizio le persone, vanno incontro ad una sorta di identificazione, dipende dalla qualità della propria voce, che li definirà di volta in volta come soprano, contralto, tenore o basso e determinerà, almeno in parte, il ruolo che svolgeranno e la collocazione che avranno nel coro stesso”[…] L’attività corale, se ben indirizzata, può restituire un 53 Manarolo G. e Borghesi M., Musica &Terapia,Quaderni italiani di musicoterapia, Cosmopolis, Torino,2004,p.110 50 senso di autoefficacia, così come può diventare un luogo di allenamento per migliorare la propria resistenza alla frustrazione”.54 Attraverso l’attività corale, l’individuo mette in gioco capacità relazionali, come l’inserimento e l’adattamento nel gruppo, attraverso i diversi processi che avvengono nell’interazione: - Lo sviluppo delle capacità di stringere e intrattenere relazioni con gli altri - Integrare il proprio comportamento con quello degli altri - Affrontare e risolvere eventuali conflitti, attuando abilità di contrattazione e negoziazione - Assumere, riconoscere e rispettare ruoli diversi- Rispettare le regole di ogni ambiente e saperle contraddire in maniera socialmente adeguata - Capacità di condivisione - Capacità di comunicare con gli altri in modo efficace - Esprimere in maniera adeguata le proprie emozioni - Entrare in empatia con gli altri “L’attività corale diventa quindi una pratica, un’esperienza sociale e relazionale vissuta attraverso la vocalità. Anche il repertorio, strutturato tendenzialmente su modelli di musica popolare, di tradizione contadina o di musiche di canto sociale di protesta, contiene il significato intrinseco del desiderio di fratellanza e unione attraverso il canto, superando ogni pregiudizio”.55 Bernardino Streito, fisico e musicista e direttore di coro, considera il coro come “un’ insieme di identità individuali che perseguono il progetto collettivo di raggiungere un esito artistico attraverso 54 ManaroloG,Le cure musicali,Applicazioni musicoterapiche in ambito psichiatrico,Cosmopolis,Torino, 2012p.267 Albano Fabio,Rivista, Musica e terapia, N°20,Articolo, Il canto sociale della corale Cavallini di Modena 55 51 l’impiego della voce[…]. Il cantare in coro presuppone da parte di ciascuno il senso del servizio e della partecipazione al progetto secondo le possibilità e abilità personali.[…]. Il cantore impara innanzi tutto ad entrare in rapporto con la propria voce, cioè con se stesso, scoprendo,considerando e sviluppando la propria identità vocale; tale condotta, che possiamo tranquillamente chiamare training, conduce all’autovalutazione, al rispetto di sé e quindi all’autostima[…]. 56 In un ambito come quello psichiatrico, dal punto di vista musicoterapico la formazione di un un gruppo coro, ha come finalità quelle di sviluppare delle relazioni attraverso l’esperienza musicale, favorire l’integrazione del paziente nei contesti sociali, permetterne una maggiore autonomia, favorire il superamento della condizione di isolamento sociale dovuta al forte pregiudizio nei confronti del “malato psichiatrico”. Il coro può avere quindi diverse valenze proprio per il fatto che nell’attività vocale di gruppo vengono attivati molteplici processi. Attraverso le relazioni e il confronto con gli altri possiamo apprendere modelli di comportamento utili ad affrontare la vita con maggiore equilibrio. L’obiettivo del gruppo coro da un punto di vista musicoterapico, come intervento si propone di sviluppare le relazioni attraverso l’esperienza musicale, che permette di attivare processi di cambiamento nei partecipanti e prevenire eventuali complicanze del disturbo psichico , sia attraverso il recupero di funzioni compromesse ma anche attraverso la lotta all’isolamento. 56 Videscott M. e Sartori E.,La voce in musicoterapia, Cosmopolis, Torino, 2008 p. 35 52 2. IL GRUPPO 2.1 Cos’è un gruppo e le sue dinamiche : premesse storiche Per gruppo s’intende “quell’insieme di individui che interagiscono fra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono più o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali. L’influenza reciproca tra i vari membri del gruppo è tanto più intensa quanto più il gruppo è ristretto e diminuisce via via che questo si allarga[…]”.57 Il concetto di “dinamica di gruppo” fu introdotto a livello scientifico da Kurt Lewin, psicologo statunitense di origine tedesca (1890-1947) per indicare le relazioni che interessano un gruppo e che ne influenzano lo sviluppo e la condotta. apparteneva alla corrente di pensiero Lo studioso, che in origine della teoria della Gestalt (psicologia della forma), vede il gruppo come una totalità dinamica dotata di un’unità che trascende i singoli , e non come un insieme di persone. Il gruppo è quindi un sistema dinamico di interdipendenza reciproca. Attraverso questa analisi, la dinamica di gruppo diventa uno strumento di intervento sociale rivolto al cambiamento e alla soluzione dei problemi della vita sociale. Prendendo spunto dagli studi sulla fisica, Lewin elaborò “la teoria del campo”, la quale prevede l’esistenza di uno spazio psicologico vitale dove sono presenti dei comportamenti (C), che sono in funzione degli spazi di vita delle persone (S),formati dalle persone (P) e dagli ambienti (A). 57 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p. 483 53 Il comportamento è quindi il risultato della relazione tra l’ambiente e le persone. Da qui nasce la formula C = F (PA), cioè COMPORTAMENTO = FUNZIONE L’individuo, include una personalità interiore e una personalità percettivo – motoria , che si rivolge verso l’ambiente esterno, e che viene a collocarsi all’interno di un campo di forze ambientali che lo modificano e ne vengono modificate.58 Il comportamento dell’individuo è funzione dello spazio vitale e dell’individuo stesso, quindi della sua interazione con l’ambiente psicologico, di cui ha un’esperienza soggettiva, può essere più o meno cosciente. La teoria del campo, si occupa del “qui e ora”, non considera la storia del soggetto e ha come elemento fondamentale la percezione, in quanto sostiene che l’aspetto percettivo di qualsiasi cosa varia in base all’individuo che la osserva. La dinamica di gruppo è dunque utilizzata per indicare le relazioni dinamiche che avvengono all’interno di un gruppo e che ne determinano il comportamento e il cambiamento. Tra i meccanismi di interazione troviamo una serie di caratteri generali comuni a ogni gruppo . I principali sono59: 1-Appartenenza : ogni membro prova un sentimento di appartenenza a un gruppo, ed essa dipende e si modifica in base alla frequenza dei contatti, i vissuti e le relazioni tra i soggetti. 2-Interdipendenza : ogni membro che appartiene a un gruppo determina un interdipendenza fra elementi soggettivi e intersoggettivi. 58 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p..600 59 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p. 484 54 3-Coesione : rappresenta il grado di solidarietà che è presente tra i membri del gruppo, ed agisce come rinforzo per i singoli membri nel raggiungimento degli obiettivi che il gruppo si propone. 4-Polarizzazione : avviene quando le divergenze all’interno del gruppo non possono venire eliminate, per cui si formano due sottogruppi. 5-Differenziazione dei ruoli : avviene in modo spontaneo o prestabilito in base al tipo di gruppo, o in tempi diversi. 6-Istituzione del leader : è la scelta dei ruoli e dipende dalle caratteristiche, dagli scopi e dalle interazioni tra i membri del gruppo. Al capo gruppo vengono richiesti determinati requisiti: la leadership democratica non crea particolare dipendenza e aggressività, e permette una buona collaborazione da parte di tutti i membri del gruppo. 7- Rendimento : dipende dalla buona efficienza del singolo membro. 8- Socializzazione : la dinamica di gruppo “è l’analisi del processo di socializzazione esaminato nei suoi dettagli, cioè nel suo interno, nella sua direzionalità e dal punto di vista dei fini cui esso tende”(Spaltro 1972). Questi fini, sono descritti precisamente da Umberto Galimberti, e sono: a. Il raggiungimento di un livello di sicurezza garantito dall’appartenenza al gruppo che consente, con la sua protezione, di rischiare senza troppa ansia anche in terreni mai esperiti. b. Il controllo della dinamica della colpa perché il Super-io paterno si trasforma in Super-io di gruppo più facile da controllare. c. L’accelerazione dei processi di apprendimento perché il gruppo serve da feed-back continuo mediante il paragone con gli altri, e quindi come mezzo per conoscere continuamente i risultati raggiunti. 55 d. L’aumento dell’efficienza e della funzionalità delle difese perché, seguendo la legge del successo all’interno del gruppo, verranno a essere potenziati quei meccanismi che hanno determinato un effetto positivo, e verranno abbandonati quelli che al contrario avevano fallito il loro scopo. e. L’influenza sul ritmo dello sviluppo intellettivo per il rapporto che esiste tra processi intellettivi e linguaggio, e tra il linguaggio e la comunicazione che nel gruppo è potenziata. f. La maturazione affettiva facilitata nel gruppo rispetto alla condizione isolata, e controllata nelle manifestazioni delle pulsioni che l’individuo può anche non saper regolare da solo.60 Le diverse ricerche sull’importanza del gruppo, hanno permesso di riscontare una serie di caratteri comuni all’interno del gruppo; in particolare: il senso di appartenenza, la coesione e la socializzazione. Ogni individuo nell’ambito gruppale cerca di trovare uno stato di sicurezza e di conformarsi agli altri membri del gruppo, con il desiderio di conoscere cose nuove che gli permettano di affermare la propria individualità e identità. Ritengo importante l’approccio gruppale nei contesti terapeutici e nell’ambito musicoterapico, in quanto ogni cambiamento che avviene all’interno del gruppo coinvolge tutti i membri e permette lo scambio emozionale e percettivo. 60 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p.486 56 2.2 Il gruppo e la sua analisi - Il percorso storico del gruppo attraverso la terapia L’analisi di gruppo è un metodo psicoterapico in cui più pazienti, alla presenza di uno o più terapeuti vengono trattati con l’impiego della dinamica di gruppo per dare indicazioni diagnostiche e terapeutiche che non si rivelano nel contesto analitico fondato sulla dualità del rapporto analista-paziente. L’analisi di gruppo in ambito terapeutico nasce agli inizi del XX secolo. Nel 1907 Joseph Pratt, medico presso il Massachusset General Hospital di Boston, introdusse la terapia gruppale per aiutare dei pazienti tubercolotici ad affrontare la propria malattia, attraverso la condivisione e il sostegno reciproco. Il gruppo aveva prevalentemente un obiettivo educativo, ma prevedeva anche supporto psicologico e l’impegno personale reciproco tra i vari membri. In ambito psicoanalitico, lo studioso Burrow (1927), con premesse freudiane, fu il primo ad applicare la terapia di gruppo a pazienti nevrotici, facendo nascere la psicoanalisi di gruppo. Il gruppo psicoterapeutico a orientamento analitico prende riferimento dalle esperienze e teorizzazioni rilevanti di Bion e di Foulkes, che nella metà degli anni cinquanta si trovarono impegnati a supportare le truppe inglesi durante la seconda guerra mondiale, sperimentando delle forme d’intervento con piccoli gruppi di soldati traumatizzati. In ambito psicoanalitico, lo psicoanalista inglese Wilfred Bion, ha dato un importante contributo allo studio delle dinamiche di gruppo in terapia, apportando importanti contributi alla teoria psicodinamica della personalità. Si dedicò allo studio dell’insorgenza della psicosi, approfondendo i primissimi stadi di vita e la nascita dei processi di pensiero; mentre durante la seconda guerra mondiale organizzò dei 57 gruppi di riabilitazione occupazionale per militari, dove sviluppò la sua teoria dei gruppi. Secondo Bion il gruppo è un “insieme”, per cui quando degli individui entrano a far parte di un gruppo i loro pensieri si uniscono per costruire una modalità differente di pensiero. La prima volta che gli individui hanno a che fare con il gruppo si verifica una regressione a stadi precedenti dello sviluppo. Egli ipotizza nel gruppo l’esistenza di emozioni intense e primitive, impulsi irrazionali e inconsci, che costituiscono la “mentalità di gruppo”, che influenza la struttura, l’organizzazione razionale ostacolando il lavoro da realizzare. Lo studioso considera l’esperienza emotiva centrale nella vita dell’individuo; parte dallo studio delle tensioni del gruppo dove la relazione tra i vari elementi costituisce il nido di emozioni e il punto focale della dinamica relazionale. Secondo Bion i gruppi si possono differenziare in gruppi “primitivi” o gruppi basici che funzionano in base a tre modalità fondamentali denominate assunti di base: dipendenza, attacco e fuga e accoppiamento. A - L’assunto di base di dipendenza: il gruppo è riunito per essere accudito dal capo, da cui il gruppo dipende in maniera assoluta; B - L’assunto di base di attacco e fuga: il gruppo sente di doversi difendere o di fuggire da qualcosa o qualcuno. C - L’assunto di base di accoppiamento: in cui il gruppo, esprime un sentimento speranza, ponendosi nella magica aspettativa di un salvatore esterno. Gli assunti di base sono quindi modalità che paralizzano il funzionamento del gruppo, che rimane intrappolato in meccanismi difensivi arcaici e primitivi. In opposizione ai gruppi primitivi 58 troviamo i gruppi di lavoro, che sono più maturi in quanto centrati sulla cooperazione e la capacità di assumersi la responsabilità di prefiggersi e raggiungere un obiettivo. Sigmund Foulkes, psichiatra inglese di origine tedesca, è stato negli anni Quaranta l’ideatore del ”gruppo analitico”, ponendo il contesto sociale al centro della propria indagine e sottolineando l’emergere di dinamiche inconscie nelle psicoterapie di gruppo. Rispetto alle teorie precedenti è maggiormente equilibrata. Egli utilizza il concetto di “matrice”(mater), considerando la presenza di un forte legame di dipendenza tra l’individuo e il gruppo che lo nutre e lo mantiene “mentalmente vivo”. Secondo Foulkes il gruppo è “concepito” e tenuto insieme da un terapeuta capace di dare un significato a ciò che avviene al suo interno, creando uno spazio dove avviene la produzione di catene simboliche accessibili a tutti i membri e in uno spazio protetto.61 Emerge quindi nell’approccio psicoanalitico ,l’importanza da parte del terapeuta di prendersi cura delle relazioni dell’individuo attraverso l’analisi del sintomo e del disagio, ma anche attraverso la trasformazione delle dinamiche relazionali del soggetto. La natura del legame individuo-gruppo, rappresenta una riedizione del rapporto bambino-genitore, in quanto attraverso movimenti transferali , gli affetti della vita infantile vengono spostati su oggetti diversi da quelli primari, permettendo la rielaborazione ed il lavoro analitico. In ambito musicoterapico , Edith Lecourt ,psicologa, psicoanalista e musicista, attraverso spunti sugli autori di orientamento psicoanalitico che come abbiamo visto concepiscono la dimensione gruppale costituita dalla vita psichica, analizza nelle sue esperienze d’improvvisazione musicale, le funzioni psichiche e sociali del gruppo. 61 Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999, p.483 59 Nell’analisi di gruppo, la Lecourt, sostituisce la parola setting , con la nozione di cornice, assimilata da José Bléger : la cornice ha una funzione di supporto e di sostegno, comprende il ruolo dell’analista, la tecnica e la dimensione spazio temporale degli incontri. La cornice rappresenta il processo stesso. All’interno della cornice e grazie alla cornice stessa, inizia quindi il “processo” di cambiamento da parte di tutti i partecipanti, attraverso il funzionamento psichico che viene proiettato su di essa. “Intonazione è la ricerca di un primo aggiustamento su cui fondare lo slancio musicale (e i cambiamenti di tonalità potranno accompagnare ulteriori movimenti di trasformazione). Per l’individuo l’esperienza di un gruppo […]rappresenta una sorta di nuova intonazione nel corso di un processo di integrazione rispetto a se stesso, al gruppo, alla società e…alla musica[…].62 “Attraverso il gruppo emerge e si sviluppa un’esperienza sensoriale e emotiva, condivisa da tutti i membri. Il lavoro in gruppo permette quindi di sperimentare nella relazione, un processo di integrazione interno ed esterno, dove avviene una strutturazione di elementi ansiogeni e frustranti come il confronto con gli altri ma fortificanti come l’autostima, l’aggregazione e l’espressione individuale che si fonde e trova equilibrio con quella collettiva. Per un lavoro terapeutico, formare e mantenere uno “spazio comune”, dà la possibilità di esprimere e tollerare le proprie emozioni e quelle degli altri membri del gruppo”.63 Dagli studi citati in questo paragrafo si è portati a riflettere sul compito del terapeuta che ha la responsabilità analizzare,distinguere e gestire le caratteristiche di ogni individuo e rispettarne i tempi del percorso terapeutico. 62 Lecourt E., Analisi di gruppo e musicoterapia,Cittadella, Asssi,1993, p.201 63 Giberti-Rossi, Manuale di psichiatria, Piccin,Padova,2009,p.536 60 Nella mia esperienza personale mi è capitato diverse volte e in vari ambiti di sperimentare la dimensione gruppale: nei lavori di meditazione, in analisi bioenergetica, e nel tirocinio con il coro del DSM; in ognuna di queste esperienze ho trovato diversi elementi in comune. In particolare l’uso della vocalità nelle esperienze di gruppo mi ha sempre fatto provare uno stato di profonda connessione con me stessa e con le persone con cui ho condiviso l’esperienza. In ambito terapeutico, in musicoterapia in particolare, ritengo sia importante l’intervento di gruppo, proprio per la ricchezza che ogni individuo può apportare all’esperienza e per il lavoro di “intonazione”e modulazione del proprio comportamento che avviene all’interno del gruppo. 61 3. L’ESPERIENZA 3.1 IL TIROCINIO NEL GRUPPO-CORO “LA VOCE DEI COLORI” La storia Il coro la Voce dei colori del Centro Diurno del DSM ( Dipartimento di Salute Mentale) dell’USL 2 di Torino, nasce con la funzione di socializzazione nel percorso terapeutico - riabilitativo del paziente psichiatrico. Il gruppo è composto da coristi adulti che provengono da storie, ambienti e età differenti, che frequentano il centro hanno e l’interesse comune a coltivare la propria espressione e condivisione attraverso la loro vocalità. La proposta del DSM di Torino ha tra i suoi obiettivi la socializzazione e l’integrazione nel territorio delle persone con disagio psichico. Breve storia del coro del Centro Diurno - LA VOCE DEI COLORI “Il coro La voce dei colori è presente come attività terapeutica del Centro Diurno del DSM (Dipartimento di Salute Mentale) dell’ASL 2 di Torino dall’autunno del 1999. Nella sua primissima forma, il gruppo era molto diverso da quello attuale: il repertorio era quasi completamente formato da brani gospel, come Oh Happy Day , eseguiti con l’accompagnamento delle sole tastiere, i vari componenti del gruppo durante i concerti indossavano dei costumi creati da altri utenti del Centro Diurno. La prima importante esibizione, avvenne, dopo diversi mesi di prove, all’interno del convegno della Società Italiana di Psichiatria (Auditorium del Lingotto di Torino, 16-21 Ottobre 2000).L’ evento diedeuna grossa spinta all’autostima del gruppo, che continuò quindi con rinnovato entusiasmo per poi esibirsi 62 al Festival della Creatività tenutosi nei giorni 25,26 e 27 Settembre 2002 a Melfi. Il primo grosso cambiamento è avvenuto con l’arrivo del maestro Oto Perillo, formatosi presso il Conservatorio di Torino con specializzazione in musica corale, Direttore di coro e maestro di Pianoforte. Sotto la sua direzione , il gruppo si è indirizzato verso una più alta forma di preparazione tecnica, sono apparse le varie voci che compongono i cori polifonici (soprano, contralto, tenore e basso) e il repertorio si è di conseguenza modificato con l’inserimento di brani folk, classici, pop e rock. E’ in questo momento che iniziano a essere eseguiti alcuni dei brani che diventeranno nel tempo dei cavalli di battaglia del gruppo: Tourdion , Past Time, Napule è, We are the Champions, Spunta la luna dal monte. Più avanti verranno ulteriormente inseriti Cherokee Moorning Song, Knockin’onHeaven’s door, Domo mea. Molti di questi brani sono parte integrante del repertorio del gruppo e vengono eseguiti con buona regolarità. E’anche ricchissima l’attività live : il coro viene invitato in molti degli eventiorganizzati dall’ASL TO 2(ex ASL 3); si canta soprattutto per favorire i momenti di socializzazione e , in occasione delle festività natalizie, nelle strade del centro di Torino e in altri servizi di cura.”Nel 2006 viene richiesto al coro di esibirsi al Convegno di Musicoterapia di Alba(CN) e molti sono i concerti a cui si partecipa per reperire fondi sia per il gruppo stesso, sia per aiutare l’Associazione Sorriso, creata dagli stessi pazienti e presente ormai da diversi anni nel territorio dell’ASL TO2.Dalla collaborazione con gli studenti del Liceo Psicopedagogico”D. Berti” di Torino, che hanno curato la parte strumentale, nel maggio del 2008, è nata la registrazione e la realizzazione del primo CD del gruppo La Voce dei Colori, esperienza per il gruppo assolutamente nuova e arricchente. Altri momenti importanti per la crescita della autostima sono state le partecipazioni al festival letterario Collisioni Festival a Novello (CN) e al festival 63 Apparenti Stonature, organizzato dal gruppo-coro Coralmente Abili di Volterra dell’U.S.S.L. di Pisa, entrambi tenutisi nel 2009. Quest’ultimo è un festival che si tiene con cadenza (quasi) annuale e vede la partecipazione di vari gruppi corali provenienti dai vari D.S.M.(Dipartimento di Salute Mentale) di tutta Italia (e non solo, dato che era presente anche un gruppo spagnolo). Il festival Apparenti Stonature è stato indubbiamente ricco di momenti stimolanti:per la prima volta è stato possibile confrontarsi con altri gruppi, ricevendo tantiattestati di stima e condividendo il palco del bellissimo Teatro Persio Flacco. La chiusura del festival ha anche visto la partecipazione del cantautore EugenioFinardi con tutti i gruppi partecipanti che hanno coralmente accompagnato l’artista in una delle sue canzoni più famose: Extraterrestre.64 UN NUOVO PERCORSO Queste esibizioni si sono ripetute nei successivi 2010 e 2011 con un importante cambiamento nella direzione musicale: infatti, al maestro Oto Perillo si è alternato il maestro Mauro Sarcinella, Musicoterapeuta nonché chitarrista del gruppo folk Babelamà. Le conseguenze di tale avvicendamento hanno portato i coristi a confrontarsi con altri generi musicali, in particolare con la musica popolare non solo italiana. Grazie a questa nuova collaborazione, si è creato anche uno stretto legame con gli altri musicisti del gruppo folk Babelamà, che hanno sostenuto non solo musicalmente il coro durante le esibizioni a cui ha partecipato. L’accompagnamento strumentale (flauto, percussioni, chitarra, ghironda, fisarmonica, zampogna) ha arricchito il repertorio di nuovi brani come Barbagal, Il gallinaro, Se chanto, Vulesseaddeventare nu brigante; il rapporto con i musicisti è stato un 64 MessagliaR.,Gentile M., Sarcinella M.,Vigliaroni G., Cantare le voci- Il canto corale come cura, Didattica Attiva,Torino, 2015 p.67-68 64 occasione di confronto e di lavoro tra persone con cui condividiamo la medesima passione per la musica ma che sono estranee all’ambiente sanitario. Diverse e variegate le opportunità di sperimentarsi durante i concerti a cui il coro ha partecipato: festa di quartiere in occasione del 25 aprile, festa patronale a Caselle Torinese (TO), concerto presso l’A.N.P.I. di Venaria (TO), esibizioni presso vari locali di Torino e cintura. Ma tra tutte queste occasioni, ci piace evidenziare l’esperienza del coro al festival I Castelli Incantati, tenutosi nell’area dei Castelli Romani nel giugno 2012. Si è trattato di soggiornare per alcuni giorni lontano da casa e di spostarsi seguendo le tappe del festival lungo i comuni di Ariccia, Castelgandolfo e Frascati, nei quali si svolgevano i concerti dei numerosi gruppi partecipanti, gruppi di provenienza anche internazionale. Il festival era e rimane una manifestazione aperta a tutti riconoscimento internazionale. i cori e ha anche un valido Il gruppo si è confrontato con cori professionisti, davanti a un pubblico molto competente e numeroso. L’esperienza de I Castelli Incantati è stata di fondamentale importanza, perché, per la prima volta, ci si è esibiti al di fuori del circuito “Sanità”. Questa rimane la strada da seguire in futuro senza per questo dimenticare chi siamo e qual è stato il nostro percorso. E sempre con la musica nel cuore.65 65 MessagliaR.,Gentile M.,Sarcinella M.,VigliaroniG.,Cantare le voci,Il canto corale come cura, Didattica Attiva,Torino, 2015 p.. 71-72 65 3.2 GLI OBIETTIVI DEL GRUPPO-CORO: Il lavoro con il gruppo-coro nasce con diverse finalità che cercano di conciliare il valore terapeutico e socializzante della vocalità, ma anche la qualità della produzione sonora. Tra gli obiettivi troviamo quindi una valenza terapeutica ed artistica: Obiettivi terapeutici : . La socializzazione . L’integrazione in contesti sociali . Migliorare l’autostima . Migliorare l’autonomia nella vita . Superare momenti di crisi come l’ansia , la tensione, la frustrazione Obiettivi artistici: . Capacità nella realizzazione dei brani . Capacità di proporre e ascoltare i brani . Capacità a rispettare il ritmo e la tonalità per eseguire i vari brani da proporre in pubblico . Capacità alla gestione dello spazio Come spiega Antonio Mauro Sarcinella l’attenzione soprattutto alla socializzazione “è alla base della proposta dell’attività del gruppo coro del DSM, proposta partita dall’idea che all’interno di un gruppo si stabiliscono legami soggetti a un cambiamento, punto focale di un intervento che vuole essere terapeutico, che derivano da una interferenza fra le condizioni individuali, caratteristiche di ciascun 66 partecipante, e quelle gruppali, dovute alle interazioni sociali e alle percezioni interpersonali”.66 Nella dimensione artistica del gruppo, l’uso dello strumento voce permette anche di realizzare obiettivi trasversali come: -favorire l’instaurarsi di un clima positivo nel gruppo; -sollecitare nuove esperienze che migliorano la percezione di sé e degli altri; -maturare progressivamente la capacità di ascolto, di concentrazione e d’interazione Inoltre il coro le Voci dei colori, si esibisce con concerti in festival, convegni e concorsi in occasione di iniziative sul territorio, favorendo la sensibilizzazione del cittadino al superamento dei pregiudizi che accompagnano da sempre la “malattia mentale”. 3.3 - GLI INCONTRI Gli incontri del coro sono a cadenza settimanale, il martedì dalle 17 alle 19, presso lo spazio del centro diurno di Piazza Massaua ( sempre lo stesso giorno , lo stesso luogo e la stessa ora ad eccezione di quando bisogna prepararsi per un concerto o una manifestazione). Durante l’anno le pause dall’attività corale sono durante le festività e nei mesi di Luglio e Agosto. 66 MessagliaR.,Gentile M., Sarcinella M.,Vigliaroni G., Cantare le voci- Il canto corale come cura, Didattica Attiva,Torino, 2015 p..63 67 3.4 LA STANZA DEL CORO O IL SETTING Il centro è strutturato per offrire attività diurne per soggetti psichiatrici, senza alcuna distinzione in merito alle capacità, in modo da favorirne l’integrazione. Nel servizio diurno vengono proposte attività di Arti-Terapie (gruppocoro, lavorazione del legno e della creta, pittura, musica). Per le prove ci si ritrova nella sala d’attesa del centro diurno, dove vengono scambiate informazioni su eventuali appuntamenti per concerti e nel frattempo si aspettano i ritardatari. Poi ci si sposta nella stanza adibita alle prove del coro. La stanza si trova lungo un corridoio vicino ad altre stanze adibite ad attività manuali come la pittura, la lavorazione del legno e della creta. All’ingresso e di fronte alla stanza del coro si trovano le sale d’attesa. Ad ogni incontro, prima di entrare nella stanza, vengono indossati dei copri- scarpe di plastica per motivi igienici. La stanza si presenta vuota, con pareti rivestite in legno e una finestra che si affaccia sul corso Francia. Prima di iniziare, il musicoterapista, Antonio Mauro Sarcinella, prepara la sua postazione sedendosi su una sedia e accordando la sua chitarra. Gli operatori nel frattempo distribuiscono gli spartiti ad ogni utente che possiede un quaderno con tutti i testi e gli spartiti delle canzoni. I coristi si posizionano ad ogni incontro in piedi a semicerchio: da una parte le voci maschili e dall’altra le voci femminili, posizionate in ordine crescente di tonalità. 68 3.5 LE FIGURE DI RIFERIMENTO E LA COMPOSIZIONE DEL GRUPPO-CORO Le figure di riferimento nel gruppo-coro sono: - Il Direttore, Antonio Mauro Sarcinella, musicoterapeuta e musicista : dirige il Coro, suona la chitarra, sceglie il repertorio, e si occupa di trovare i concerti, manifestazioni, ecc. nei quali far esibire il coro. - Il coordinatore del coro, Marzia Gentile, educatrice professionale, cantante , percussionista e corista: oltre a partecipare al coro e suonare le percussioni, si occupa insieme al Direttore di coordinare l’attività del canto, curandone anche gli aspetti estetici; organizza logisticamente le uscite, i trasporti inerenti alle iniziative pubbliche, gestisce gli appuntamenti e i contatti . - Gli accompagnatori del coro: Giacomo Viraglioni, educatore e Piera infermiera professionale, fanno parte del coro, seguono la corale nelle trasferte e danno eventuale assistenza ai partecipanti. Il gruppo-coro è composto da circa dieci pazienti (alcuni spesso presenti agli incontri, altri presenti saltuariamente) e dagli educatori provenienti dal Centro Diurno dell’USL TO2, di via Sostegno 33 a Torino, dai tirocinanti, ma è aperto a chiunque abbia il piacere di condividere l’esperienza corale. Per partecipare al coro è necessario un colloquio con Roberto Messaglia, dirigente presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’USL TO2,psichiatra, psicoterapeuta, pianista, musicoterapista e fondatore del coro “La voce dei colori”. Dopo il colloquio, ci si presenta al primo appuntamento, dove si viene presentati al gruppo e si ha da subito la possibilità di partecipare al canto oppure si può solo ascoltare. 69 3.6 IL REPERTORIO: Il repertorio è composto principalmente da canzoni tipiche della tradizione popolare italiana e delle diverse parti del mondo, altri brani sono rock. Il repertorio popolare, che attinge alla tradizione orale rappresentando un metodo di trasmissione culturale di apprendimenti motori, linguistici, musicali e modelli di relazione sociale. Dal punto di vista musicale questo repertorio utilizza prevalentemente testi brevi, ripetitivi, scanditi e chiari sia sul piano vocale sia ritmico; sono caratterizzati da rime. I brani svolti nell’attività corale sono stati anche inseriti nel cd registrato dal gruppo-coro le Voci dei colori nel 2014 e pubblicato nel libro CANTARE LE VOCI- Il canto corale come cura e sono: 1) Pexinhos do mar canto brasiliano che racconta della resistenza agli eserciti olandesi, spagnoli, portoghesi e francesi, di un gruppo di schiavi di colore. 2) Barbagal una canzone di Alberto Cesa, ispirata a un’area tradizionale anglosassone. 3) Se chanto inno della nazione occitana (zona europea che parte dalle valli cuneesi e arriva fino ai Pirenei spagnoli). 4) La bergera o Pastora fedele un brano arrangiato da Oto Perillo, della tradizione popolare piemontese. 5) Tourdion un’antica danza francese. 6) Oltre il ponte una canzone scritta da Italo Calvino e musicata da Sergio Liberovici, che descrive il periodo storico della Resistenza. 7) Ipharadisi un canto tipico degli Zulù, proveniente dal Sud Africa. 70 8) Cherokee Morning song una canzone arrangiata da Robbie Robertson della tradizione dei nativi d’America, cantata dalle donne Cherokee. 9) Sailing un brano scritto da Gavin Sutherland e reso celebra dal cantante Road Steward. Nelle prove dei brani musicali con il coro sono stati curati ad ogni incontro alcuni elementi indispensabili per l’esibizione canora: -partire contemporaneamente -mantenere la pulsazione -curare l’espressività -chiudere insieme 3.7 ALCUNI COMPONENTI DEL GRUPPO E I LORO BENEFICI E’ stato interessante confrontarmi , con gli educatori, sulla storia di alcuni pazienti che partecipano all’attività del gruppo- coro. Ho chiesto agli operatori di raccontarmi come ognuno di loro ha deciso di entrare nel coro e i benefici che ognuno di loro ha avuto nel frequentarlo. I pazienti che partecipano al coro, sono utenti del CSM dell’USL TO2 e sono quotidianamente in terapia farmacologica. Per questione di privacy sono riportate solo le iniziali dei pazienti. S. Ha sempre amato cantare e ascoltare la musica. Le piace portare dei brani da ascoltare e proporre nuovi brani da inserire nel repertorio. 71 Benefici: Ha creato un forte legame affettivo con l’equipe del centro diurno, esprime la sua passione musicale ad ogni incontro. A. Le piace cantare, ma la sua motivazione maggiore è partecipare al coro per socializzare. Benefici: la socializzazione , perché sola, ha creato relazioni ed è sempre presente agli incontri. A.M. Le piace cantare, ha avuto esperienze in passato di canto parrocchiale. Per lei il gruppo-coro è un importante punto di riferimento. Benefici: Inizialmente la sua voce era bassissima, cantava con un filo di voce, era molto timida; partecipando al coro ha liberato la voce, è più disinibita, e anche per lei gli incontri hanno un forte valore socializzante. M. E’ stato scout e cantava nel coro degli alpini. Benefici: la socializzazione, ha creato un forte legame affettivo con l’equipe e i partecipanti al coro, ha un maggiore autocontrollo, una presenza costante al gruppo-coro e un forte impegno in questa attività per lui piacevole. M. nessuna esperienza precedente nel canto. Benefici: la socializzazione, le RELAZIONI perché è cresciuto completamente isolato dal mondo esterno, con la partecipazione al gruppo-coro ha avuto grandi progressi :è maggiormente calato nella realtà, è sempre presente agli incontri e nei soggiorni ha imparato ad avere una maggiore autonomia nella cura personale. D. non ha mai cantato precedentemente e non canta nemmeno al coro ( partecipa con interesse, muove la bocca e tiene il ritmo, ma 72 non canta, la sua motivazione maggiore è partecipare al coro per socializzare e sentirsi parte del gruppo. Da quando ha avuto un problema fisico non partecipa più ai concerti, ma è sempre presente alle prove settimanali del coro. Benefici: la socializzazione, è sempre presente, ha creato un forte legame affettivo con l’equipe e gli altri partecipanti, è collaborativo e si dedica con molto impegno all’attività, anche se non canta. Da questi dati si può notare come i componenti del gruppo-coro: hanno avuto precedenti esperienze nel canto, ad esempio in chiesa o negli scout, e volevano riproporre l’aspetto piacevole del cantare in gruppo; altri si sono avvicinati per curiosità o bisogno di socializzazione. I benefici sono stati piuttosto comuni in quanto il desiderio di tutti è socializzare, sentirsi parte del gruppo e sentirsi al di “fuori” del contesto ospedaliero. 73 3.8 L’ESPERIENZA PRATICA Il percorso è strutturato in due parti: 1. Il lavoro vocale nel centro diurno 2. La relazione del gruppo- coro nei contesti interni ed esterni al centro (incontri,concerti, cene,ecc) Ho conosciuto il coro “Le voci dei colori” nel febbraio 2015, in occasione del primo incontro di osservazione, dove sono stata presentata dal musicoterapista come tirocinante di musicoterapia, agli utenti del coro, che da subito mi hanno accolta con entusiasmo e affiatamento. Dal secondo incontro mi sono inserita come voce mezzo-soprano nella parte femminile del coro. L’inizio degli incontri è dedicato ai saluti, agli aggiornamenti e comunicazioni del Direttore e coordinatore su eventuali eventi. Poi segue la prova e la messa a punto dei brani. L’attività si è svolta provando insieme, più volte, i vari brani di repertorio suonati da Mauro Sarcinella e le esibizioni presso sedi esterne con concerti e manifestazioni. La prima uscita dal contesto dell’USL, nella quale mi sono esibita con la corale, è stata alla Turin Choral Maraton il 13 Settembre 2015, un’evento organizzato dall’Associazione Cori l’Assessorato dello Sport di Torino, nell’ambito Piemontesi con di Torino Capitale dello Sport, e con il Patrocinio della Regione Piemonte e del Consiglio Regionale.67 www.associazionecoripiemontesi.com 67 74 Per l’occasione abbiamo indossato una divisa : una maglia colorata, dei pantaloni neri e le femmine un fermaglio con una farfalla colorata; ognuno aveva il suo quaderno con gli spartiti e l’organizzazione ci aveva fornito il foglio con i tre brani da cantare insieme nel concerto finale. La maratona si è svolta nelle piazze e nelle vie del centro di Torino dalle 14,00 alle 19, con la partecipazione di circa 30 cori. Questa prima edizione della Turin Choral Maraton aperta ad ogni tipologia di Coro ( popolare, gospel, voci miste, voci bianche, giovanili, folk ecc. e senza limiti di repertorio, di ogni epoca e tradizione), era strutturata 75 in un percorso diviso in tappe contrassegnate da totem dedicati per l’evento, dove ogni coro si esibiva per circa 20 minuti e proseguiva per la tappa successiva( tre in totale per ogni coro) , ad ogni coro è stato assegnata una guida per garantire la puntualità negli spostamenti e nelle esibizioni. Le nostre tappe sono state: Via roma, Palazzo Madama e Piazza Castello; i passanti si fermavano ad ascoltarci o a cantare con noi. Al termine della maratona tutti i cori si sono riuniti in piazza San Carlo, 76 diretti da Dario Piumatti e dal “Coro guida”, dove abbiamo unito le nostre voci a circa 1000 persone con i brani: VOLARE, SUMER IS ICUMEN IN, SHOSHOLOZA. Il clima dell’esibizione si è svolta in un crescendo di gioia e spensieratezza, fino ad arrivare al concerto finale dove tutti ci siamo commossi ed emozionati nel cantare in mezzo a tutte quelle persone. In circa mille abbiamo persone abbiamo cantato, ballato e battuto le mani. 77 Il 10 Ottobre 2015 con il coro abbiamo partecipiamo ad un altro concerto presso la struttura Cecchi Point per il concerto finale della settimana della salute mentale, dove oltre a noi si sono esibiti altri gruppi musicali. Anche in questa occasione abbiamo cercato di presentarci tutti con una divisa: una camicia bianca, un pantalone nero e foulard di tutti i colori da indossare. L’esibizione è andata molto bene, eravamo tutti in un clima festaiolo e al suo termine ognuno dei coristi aveva la possibilità di passare la serata come preferiva (rimanere fino al termine del concerto, tornare a casa in autonomia, o fermarsi a mangiare fuori). 78 4. MUSICOTERAPIA:RIFERIMENTI TEORICI LA MUSICOTERAPIA Definizione Secondo la Federazione Mondiale di Musicoterapia:La Musicoterapia è l’uso della musica o degli elementi musicali( suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un cliente o un gruppo, in un processo atto a facilitare la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che il paziente o la paziente possano meglio realizzare l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possano migliorare la qualità della loro vita grazie ad un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico. Definizione La musicoterapia può quindi essere considerata un intervento specifico in tutti quei casi in cui esiste un disturbo qualitativo e /o quantitativo della sfera emotiva e delle relative competenze espressive – comunicative- relazionali; la musicoterapia è in grado di agire in modo isoformo sulle qualità innate , pre-protosimboliche , ma anche su quelle acquisizioni simboliche , al fine di attivarle , regolarle, qualificarle, integrarle in una dimensione intrapersonale e interpersonale.68 68 Manarolo G.,Manuale di Musicoterapia,Teoria, Metodo e Applicazioni della Musicoterapia,Cosmopolis, Torino,2011, p.45 79 ROLANDO BENENZON: Per Rolando Benenzon ( musicista, medico e psichiatra argentino) la musicoterapia è una tecnica psicoterapica, che utilizza il suono, la musica, il movimento e gli strumenti corporei, sonori e musicali per determinare un processo storico di vincolo, tra il terapeuta e il suo paziente o gruppi di pazienti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e di riabilitare e recuperare i pazienti per la società>. Nel suo modello di musicoterapia, Benenzon parla del principio dell’ISO e dell’OGGETTO INTERMEDIARIO: - ISO significa UGUALE o IDENTITA’ SONORA, tale principio rappresenta il vissuto sonoro di ogni individuo, sintetizza la nozione dell’ esistenza di un suono o di un insieme di suoni o di fenomeni sonori che ci caratterizzano e che ci individualizzano. Troviamo: L’iso universale: (inconscio, comprensivo dei suoni regressivogenetici: il battito cardiaco, la respirazione,la voce materna) caratterizza tutti gli esseri umani indipendentemente dal contesto sociale, culturale e storico di appartenenza. L’iso gestaltico: inconscio, riassume il vissuto sonoro dalla nascita fino all’età attuale, è il patrimonio sonoro individuale. L’iso culturale: preconscio, corrisponde all’identità etnica dell’individuo, caratterizzato dal contesto culturale in cui l’individuo cresce. L’iso gruppale : identità sonoro-musicale propria di un gruppo di soggetti. 80 L’iso complementare : rappresenta l’insieme dei quotidiani accomodamenti dell’iso gestaltico e dell’iso culturale. OGGETTO INTERMEDIARIO: è l’elemento fondamentale che permette il collegamento nella relazione tra paziente e terapeuta, permettendo di superare eventuali resistenze o angosce. Nel mio percorso ho trovato importante fare riferimento al modello Benenzon principalmente per gli studi sull’origine del rapporto tra suono e individuo , che risale al rapporto tra il feto e la madre , dove inizia il primo scambio sonoro. Inoltre Benenzon mostra l’importanza per il terapeuta di raggiungere e mantenere un equilibrio per entrare in relazione con il paziente. La consapevolezza del terapeuta avviene attraverso vari elementi, in particolare: la conoscenza del proprio ISO e l’attenzione al proprio stato emotivo prima di ogni seduta. EDITH LECOURT : Edith Lecourt, psicologa, psicoanalista e musicista, ha dato un grande contributo alla musicoterapia attraverso i suoi studi sull’utilizzo di un mediatore sonoro -musicale nell’esperienza gruppale, approfondendo i temi del lavoro psicoanalitico in gruppo, l’improvvisazione musicale in gruppo e la musicoterapia attiva di gruppo. Nonostante il suo pensiero non figuri tra i modelli e le teorie riconosciute nel congresso della WORD FEDERATION OF MUSIC THERAPY, (Washington 1999), ho ritenuto molto interessanti i sui interventi e il suo impegno sul lavoro gruppale. 81 ALEXANDER LOWEN: “La vita di un’individuo è la vita del suo corpo. Poiché il corpo vivente comprende la mente, lo spirito e l’anima, vivere la vita del corpo significa avere una vita mentale, spirituale e sentimentale piena. Se questi aspetti della nostra natura sono carenti , è perché non viviamo interamente dentro o con il nostro corpo. Lo trattiamo come uno strumento o come una macchina(…). L’analisi bioenergetica studia la personalità umana attraverso i processi energetici caratteriali del corpo classificandole e analizza le diverse strutture in cinque tipi fondamentali: schizoide, orale, psicopatico,masochista e rigido. Ho trovato interessante questo tipo di classificazione, non perché è una classificazione di persone ma perché rappresenta le varie posizioniposizioni difensive. A livello psicologico e muscolare, ogni tipo ha un suo schema di difesa che lo distingue dagli altri. SCHIZOIDE: COMPORTAMENTO: 1) tende a spaccare in due il funzionamento unitario della personalita’. 2) Perde il contatto con il mondo e la realtà esterna. CARATTERISTICHE FISICHE: Il corpo è contratto, il viso è simile a una maschera e gli occhi sono privi di vita. Tra le due metà del corpo c’è una discrepanza marcata. BLOCCHI ENERGETICI: L’energia viene trattenuta e non fluisce negli organi che stabiliscono il contatto con il mondo esterno, cioè nelle strutture periferiche del corpo. ASPETTI PSICOLOGICI: Il soggetto non si sente integrato e connesso. C’è un senso inadeguato di sé dovuto alla mancata identificazione con il corpo. 82 ORALE: COMPORTAMENTO: Ha uno scarso senso di indipendenza anche se a volte manifestano un’indipendenza esagerata che nelle situazioni di stress non regge. Tende ad aggrapparsi agli altri. CARATTERISTICHE FISICHE: Il corpo è lungo e sottile, e tende ad accasciarsi per la debolezza del sistema muscolare. La respirazione è poco profonda. BLOCCHI ENERGETICI: La carica è ridotta, fluisce nella periferia del corpo ma è ridotta. La mancanza di energia e di forza è più evidente nella parte inferiore del corpo. ASPETTI PSICOLOGICI: Il soggetto ha difficoltà a stare in piedi da solo. Ha un bisogno esagerato di contatto con gli altri, per avere appoggio e calore. Ritiene che tutto gli sia dovuto, per la sua esperienza precoce di deprivazione. PSICOPATICO: COMPORTAMENTO: In tutti i caratteri psicopatici c’è un grande investimento di energia nella propria immagine. Ha bisogno di potere, di dominio e di controllo, che cerca di raggiungere in due modi: A. Con la prepotenza e la sopraffazione B. Con un approccio seduttivo CARATTERISTICHE FISICHE: il tipo prepotente ha uno sviluppo sproporzionato della parte superiore del corpo. Il tipo seduttivo e’piu’ regolare in entrambi i casi il flusso che passa da una parte all’altra del corpo e’ disturbato. BLOCCHI ENERGETICI: Il tipo prepotente: ha un marcato spostamento dell’energia nella parte superiore del corpo per sovrastare l’altro, e concomitante riduzione della carica nella parte inferiore. Il bisogno di controllo è diretto anche contro il proprio sè. ASPETTI PSICOLOGICI: Nella personalità psicopatica il bisogno di controllare è strettamente collegato alla paura di essere controllati. La negazione dei sentimenti è una negazione del bisogno. 83 MASOCHISTICO: COMPORTAMENTO: La struttura del carattere masochistico è quella dell’individuo che soffre, lamentandosi, ma rimane remissivo. Esternamente mostra un comportamento sottomesso, ma internamente è l’opposto. CARATTERISTICHE FISICHE: Una delle caratteristiche più importanti è l’avanzamento del sedere tenuto in dentro, a livello della vita. Pesantezza nelle natiche e delle cosce, con pelle scura causata dal ristagno della carica. BLOCCHI ENERGETICI: La struttura masochista è tutta carica di energia, ma è costretta dentro limitando l’azione espressiva. ASPETTI PSICOLOGICI: Atteggiamento cosciente di sottomissione e compiacenza, inconsciamente contraddetto da negatività e ostilità. RIGIDO: COMPORTAMENTO: Personalità ancorata alle due estremità del corpo e dotata di un buon contatto con la realtà, però con la difesa contro l’aspirazione al piacere e all’abbandono. Carattere inflessibile e orgoglioso. CARATTERISTICHE FISICHE: Il corpo è proporzionato e armonioso, vitale, con occhi brillanti e buon colorito. Queste caratteristiche diminuiscono se aumenta la rigidità. BLOCCHI ENERGETICI: Il controllo è periferico consentendo il flusso dei sentimenti, ma limitandone l’espressione. Ci sono comunque vari gradi di rigidità. ASPETTI PSICOLOGICI: Il soggetto ha un buon orientamento verso il mondo, competitivo e ambizioso. La passività viene vissuta come vulnerabilità. 84 I vari tipi di carattere hanno determinate caratteristiche: lo schizoide è caratterizzato dal rifiuto, l’orale dalla deprivazione, lo psicopatico dalla negazione dei sentimenti, masochista è remissivo e il rigido interagisce efficacemente con il suo mondo; questa classificazione ha l’obiettivo di permette al terapista di capire il paziente e i suoi problemi, senza perdere di vista il valore della persona. Il lavoro con la bioenergetica mi ha permesso di sperimentare sia l’importanza del lavoro sul corpo, per la ricerca di un benessere psicofisico, ma anche come attraverso la voce la nostra personalità si può esprimere e superare i vari blocchi. 85 CONCLUSIONI Concludendo la tesi ha l’intento di offrire spunti di riflessione sul percorso della voce e della vocalità attraverso il corpo e nella coralità. Sia come atto fonatorio che nel lavoro musicoterapico, ritengo la voce un importante canale relazionale attraverso il quale può passare tutto il nostro mondo personale, le nostre emozioni e i nostri stati d’animo. Il canto rappresenta l’unico “gesto corporeo” che produce musica senza la mediazione di un oggetto sonoro, nel gesto nasce la musica. Attraverso il gesto si impara la consapevolezza di sé stessi e del proprio valore, che và al di là di ogni possibile diagnosi. Più volte ho revisionato questo trattato e mi sono resa conto di come ogni giorno attraverso le nuove esperienze, non solo di tirocinio, il modo di osservare e vivere le esperienze cambia. Più di tutto ho imparato il valore che la voce ha nelle relazioni, e di come attraverso di essa possiamo ascoltarci e raccontarci. La voce mi ha permesso di andare oltre il pregiudizio e di scoprire mondi a me sconosciuti e nuovi modi di vedere la vita. Di tutte le persone che ho incontrato, potrò ricordare il suono unico della loro voce. Non è quindi una conclusione, ma il punto di partenza di un affascinante percorso in un mondo così variegato come quello della musicoterapia, attraverso il nostro strumento principale: la voce. 86 GRAZIE Questo percorso e’ dedicato alla mia famiglia, mamma Loredana, papa’ Massimo e fratelli Oliver e Elia che hanno accompagnato la mia vita con le loro proposte musicali. Grazie a Diego Iracà e ad Andrea De Ambrosis per il sostegno e per aver creduto in me e perché senza di loro non avrei mai intrapreso questo percorso nella “ricerca di me stessa” . Grazie a Cosimo Morleo, che oltre ad essere un grande cantante, è un vero artista e mi ha trasmesso la “bellezza” del canto. Grazie a tutti i miei compagni del corso di musicoterapia che mi hanno nutrita con la loro amicizia e il loro affetto. Grazie a Giorgio Debernardi e a Caterina Dominelli, compagni di chiacchere, di riflessioni, di confronti, di risate e di suoni. Grazie ad Antonio Mauro Sarcinella, Flavio Rubatto e Silvia Pusceddu per la disponibilità, il confronto e il tempo dedicato nei tirocini. Infine grazie a me stessa, grazie al mio corpo e alla mia voce, perché mi conducono sempre in un universo di meraviglia! 87 O razza nata dalla terra, in balia del destino, schiacciata dalla Forza , o piccoli avventurieri di un mondo infinito prigionieri di un’umanità nana, per quanto ancora girerete nella giostra della mente intorno al piccolo ego e a meschine cose? Non per un’immutabile piccolezza foste concepiti, né fatti per una vana ripetizione… Poteri onnipotenti sono rinchiusi nelle cellule della Natura. Un destino più grande aspetta davanti a voi… La vita che conducete nasconde la luce che siete. Li ho visti attraversare l’alba di un era, i bambini dagli occhi di sole di un’alba mirabile… I potenti distruttori delle barriere del mondo… Gli architetti dell’immortalità… Corpi colmati di bellezza dalla luce dello Spirito, che portano la parola magica, il fuoco mistico, che portano la coppa dionisiaca della gioia… SATPREM, SRI AUROBINDO CONTENUTI BIBLIOGRAFICI Albano Fabio,Rivista, Musica e terapia, N°20,Articolo, Il canto sociale della corale • Cavallini di Modena Bencivelli Silvia., Perché ci piace la musica,Orecchio,emozione,evoluzione,Sironi, • Milano,2012 • Benenzon R.,Manuale di Musicoterapia,Borla, Roma, 2011 • Galimberti U., Psicologia, Garzanti,Milano, 1999 • Giberti-Rossi, Manuale di psichiatria, Piccin,Padova,2009 • Goleman D.,Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1996,p.114 88 • Juvarra A., Il canto e le sue tecniche, Ricordi,Milano, 1987 • Lecourt E., Analisi di gruppo e musicoterapia,Cittadella,Asssi,1993 • Lowen A. ,Arrendersi al corpo, Il processo dell’analisi bioenergetica, Astrolabio, Roma, 1994 • Lowen A., Bioenergetica, Feltrinelli, Milano, 2014 • Manarolo G. e Borghesi M., Musica &Terapia,Quaderni italiani di musicoterapia, Cosmopolis, Torino,2004, Manarolo G,Le cure musicali,Applicazioni musicoterapiche in ambito • psichiatrico,Cosmopolis,Torino, 2012, Messaglia R.,Gentile M., Sarcinella M.,Vigliaroni G., Cantare le voci- Il canto corale • come cura, Didattica Messaglia R.,Gentile M.,Sarcinella M.,VigliaroniG.,Cantare le voci,Il canto corale • come cura, Didattica Attiva,Torino, 2015 • Mila M., Breve storia della musica, Einaudi, Torino, 1993 • Postacchini P.L., Ricciotti A., Borghesi M.,Musicoterapia, Carocci, Roma, 1997 • Rivista, musica e terapia n.20 • rivista, musica e terapia, n.21 • Schon D., Akiva-Kibiri L., Vecchi T.,Psicologia della musica, Carocci, Roma, 2007 • Tomatis Alfred.,L’orecchio e la voce, Baldini &Castoldi, Milano • Tosto Ida Maria, la voce musicale: Orientamenti per l’educazione vocale, EDT, Torino,2009 • Vegetti FinziS.,Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli,Bologna, 1976 • Videscott M. e Sartori E.,La voce in musicoterapia, Cosmopolis, Torino, 2008 SITOGRAFIA • A.Tenaglia,Lacoralità,www.psycomedia.it/neuro-snp/0809/tenaglia.htm • https://it.wikipedia.org-terapia • La voce e il canto, www.accademiaarsantiqua.net • www.associazionecoripiemontesi.com • www.bioenergetica.eu 89 • www.bioenergeticaesocieta.it • www.biosofia.it • www.coronoteblu.net - La voce persona • www.educare.it • www.kalycantus.com -Vocalità • www.maurouberti.it-la voce. • www.musicoterapia.it • www.psichiantria.it • www.stateofmind.it • www.terapiacognitiva.re.it • www.tomatis-italia.ovh 5. ARTICOLO IL CANTO CORALE SINCRONIZZA… I CUORI! – MUSICA & PSICOLOGIA ID Articolo: 34003 - Pubblicato il: 18 settembre 2013 di Camilla Marzocchi UNA RECENTE RICERCA SI È OCCUPATA DI PORTARE ALLA LUCE GLI EFFETTI POSITIVI DEL CANTO CORALE SUL CORPO, E IN PARTICOLARE SUL CUORE, GRAZIE ALLA CAPACITÀ DI STIMOLARE LA COMUNICAZIONE NEUROBIOLOGICA TRA GLI ESSERI UMANI. Moltissime sono le manifestazioni di “canto corale” volte ad incrementare la comunione, la solidarietà e l’appartenenza: gli inni, i rituali e i canti religiosi, i mantra e il celebre “Om” della pratiche yoga. 90 Per chi non avesse avuto la fortuna di provare una qualunque di queste esperienze, ora abbiamo la conferma che è giunta l’ora di buttarsi! Una recente ricerca condotta in Svezia (BjörnVickhoff, 2013) si è occupata infatti di portare alla luce gli effetti positivi del canto corale sul corpo, e in particolare sul cuore, grazie alla capacità di stimolare la comunicazione neurobiologica tra gli esseri umani: uno studio da “nerd dell’evoluzionismo”…..che offre tuttavia una spiegazione biologica a moltissime esperienze umane, già presenti in tutte le culture dalla notte dei tempi! Esiste a questo proposito un filone di ricerche storicamente interessato a questi aspetti del comportamento umano, definiti come joint action (Sebanz et al., 2006) che sottolinea come, in sintesi, azioni di gruppo esterne e visibili corrispondano ad azioni interne e biologiche precise, regolando dunque il comportamento umano in modo profondo e in alcuni casi completamente automatico. I ricercatori dell’Università di Göteborg si sono occupati in particolare di approfondire gli effetti del cantare in coro sul cuore, partendo proprio dal monitoraggio di alcuni indici fisiologici correlati all’attività cardiaca e alla regolazione delle emozioni. La frequenza cardiaca nell’uomo è in costante mutamento nell’arco della giornata, può accelerare o rallentare in base alle esigenze del momento e ciò ci rende capaci di un buon adattamento in molte e diverse situazioni. Il rapporto tra cuore e canto è mediato principalmente dalla respirazione, o meglio dalla sincronizzazione di variabilità interbattito (HRV) e respirazione, che in letteratura è chiamata RespiratorySinusArrhythmia (RSA): la respirazione lenta produrrebbe una maggiore ampiezza della variabilità interbattito, per via della sua influenza sull’attività del sistema nervoso autonomo (SNA), e dunque una maggior regolarità del cuore. In sintesi, quando espiriamo il SNA produce una risposta vagale (parasimpatico) che rallenta il battito, intervenendo direttamente sul’attività delle cellule del principale pacemaker del cuore (il nodo sinoatriale), al contrario quando inspiriamo viene bloccata l’attività del vago (vagal break) e il nostro battito cardiaco aumenta (simpatico). L’RSA è il risultato di questa attività on-off del vago: più questa attività è regolare e sincronizzata al respiro, maggiori sono i benefici per il nostro sistema cardiocircolatorio (Porges, 2011). Per intenderci: la meditazione, lo yoga, la respirazione guidata, la pratica mindfulness … agiscono tutte su questo meccanismo. Ma ora torniamo al canto! I ricercatori hanno scelto di indagare tre forme di canto al fine di identificare la più efficace nell’aumentare RSA e dunque il benessere 91 generale: un suono monotono (humming), un inno e un mantra. In tutti e tre i casi è stata valutata la struttura ritmica dei brani, la coordinazione tra questa e il respiro dei partecipanti e alcuni indici fisiologici (HRV, conduttanza cutanea, temperatura del dito, respirazione). I risultati hanno mostrato come cantare all’unisono brani dalla struttura ritmica regolare, porti alla sincronizzazione del battito cardiaco e della respirazione dei partecipanti: l’effetto maggiore sull’ampiezza dell’HRV si è ottenuto per il mantra e per l’humming, mentre meno significativo è risultato l’inno. Quel che è importante è che dopo una sessione di canto, i cuori dei cantanti “imparano” ad accelerare e rallentare simultaneamente, producendo una sintonizzazione emotiva e contemporaneamente fisiologica molto benefiche per l’uomo. Se pensiamo infine che il nervo vago arriva a regolare anche l’attività dei muscoli della laringe, producendo quella che viene definita “prosodia emozionale”…..ecco che la voce e la sua espressione attraverso il canto assumono un ruolo comunicativo evolutivamente fondamentale. I risultati della ricerca spiegherebbero, potenzialmente, il ruolo del canto collettivo nella creazione di una prospettiva congiunta e dunque di un’azione congiunta.. Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2013/09/canto-corale/ 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108