Fisiologia Prof.ssa Metro Lezione 09/05/13 Riprendiamo da dove avevamo lasciato ieri. Ricapitolando ieri abbiamo parlato delle due grosse fasi del sonno: REM e NON REM. Abbiamo visto come il REM sia unico, un sonno particolare caratterizzato da un tracciato elettroencefalografico di veglia, abbiamo visto che presenta delle componenti toniche e delle componenti fasiche. Le componenti TONICHE sono date dal tracciato elettroencefalografico, perchè dura appunto per tutta la durata del periodo REM, tipico di veglia, abbiamo visto che è componente tonica anche l’ATONIA, la paralisi locomotoria caratteristica di questa fase. Sono componenti FASICHE invece: i rapidi movimenti oculari, le clonie e le onde PGO. Per quanto riguarda il sonno NON REM invece, si è detto che è diviso in stadi ed abbiamo esaminato i 4 stadi. Abbiamo poi parlato, come ricordate, delle strutture che sono coinvolte nel ciclo sonno-veglia e quindi ieri abbiamo parlato solo ed esclusivamente dei sistemi sincronizzanti, quindi sistemi e circuiti che inducono il sonno. Ora invece dobbiamo vedere i circuiti desincronizzanti o della veglia. Ovviamente, siccome li avevamo già elencati ieri all’inizio (perché avevamo visto il ruolo dell’ipotalamo, della formazione reticolare, dei nuclei del talamo), vediamo adesso quindi che queste strutture, che vengono indicate come strutture desincronizzanti o della veglia, sono ovviamente opposte a quelle che invece inducono la sincronizzazione e pertanto il sonno. Per cui avremo strutture mesencefaliche e rostropontinee ,questa volta, non ad azione deattivante ma ad azione attivante e quindi quella che va sotto il nome di formazione o sostanza reticolare attivante ascendente. Questa è una delle strutture in grado di mantenere l’attività di veglia e mantiene l’attività del cervello a livelli elevati, perché ieri, tra l’altro, abbiamo detto che è molto importante distinguere le strutture che ci fanno risvegliare dalle strutture che invece mantengono il grado di veglia e quindi la tonicità della veglia. Poi abbiamo l’ipotalamo; quello anteriore lo avevamo visto per il sonno, adesso invece esaminiamo l’ipotalamo posteriore. La stimolazione dell’ipotalamo posteriore che cosa produce? Produce de sincronizzazione e quindi il risveglio dell’animale. Ovviamente la componente reticolare, come avevamo detto ieri, ha maggiore importanza proprio per la manifestazione elettroencefalografica tipica del sonno, mentre la componente ipotalamica ha più importanza per quanto riguarda le manifestazioni di tipo comportamentale. Quindi alla fine questo passaggio dalla veglia al sonno è dovuto da una attivazione o disattivazione. Pertanto: quando si ha una ridotta attività della formazione reticolare attivante ascendente ovviamente l’animale si addormenta, altrimenti si sveglia. E questo perché interviene anche un sistema antagonista che è in grado di deattivare e poi ovviamente interverranno anche tutta una serie di impulsi esogeni ed endogeni. Certo, è ovvio che se noi ci mettiamo al buio, chiusi in una stanza a letto, prima o poi ci addormentiamo! Quindi la mancanza anche di impulsi, che ti induce… Tanto è vero che gli studi fatti sul sonno…Riflettete un attimo su questo…Hanno studiato tantissimo la deprivazione di sonno. Ma studiare la deprivazione di sonno, com’è possibile farla? Cioè è possibile tenere un soggetto sveglio oppure privarlo del sonno REM. Solo queste due cose si possono fare. Ma se noi volessimo privare il soggetto del sonno NON REM, non potremmo farlo. Pensate il perché! Innanzitutto un individuo si addormenta, a meno che non sia un bambino piccolo, sempre nella fase NON REM; quindi la fase NON REM è sempre quella che precede tutte le altre fasi. Ci addormentiamo nella fase NON REM. E allora cosa possiamo ottenere? O di svegliare e mantenere sveglio il soggetto impegnandolo a fare qualcosa (altrimenti, prima o poi, si addormenterebbe), oppure di privarlo della fase REM, cioè, ogni qualvolta entra nella fase REM ( e quindi ogni qualvolta che il tracciato si modifica e va verso la de sincronizzazione) si risveglia la persona, che così viene privata della fase REM. Ma in questo modo lo priveremo: - o del sonno totale - o del sonno REM tutti gli studi che si hanno sul sonno, sono basati su questo. Quindi dire effettivamente il perché, il significato del NON REM, è difficile…perché sono più che altro delle deduzioni che nascono dal fatto che il soggetto è stato privato del sonno totale. Non solo, c’è anche un’altra cosa da aggiungere: privare un soggetto del sonno totale, vuol dire anche privarlo del riposo. Perché, come vi dicevo prima, non posso tenere una persona al buio e dirle: “ tu stai qua chiusa, ti riposi, ma non dormi!” Perché, chiaramente, la mancanza di impulsi la farà addormentare, la devo impegnare, le devo far fare qualcosa: video giochi, parole crociate, una partita a scacchi, la porto a ballare! Cioè la devo impegnare, la devo tenere attiva, non la posso tenere a riposo. E quindi tutto quello che si sa, ovviamente nasce da questi studi che sono stati fatti. Hanno fatto molti studi sulla privazione del sonno REM, perché il sonno REM ha delle caratteristiche tutte sue. E li già si può dare un’interpretazione, anche se, (come vi dicevo ieri) ogni giorno vengono fuori delle novità, però purtroppo in che misura il NON REM possa influenzare il sonno totale resta, tutt’oggi, in parte un mistero. Anche qua ovviamente abbiamo il discorso dei circuiti. Ci sono sempre dei circuiti, come quelli che avevamo visto per la sincronizzazione, che, in questo caso però, saranno in grado di indurre e mantenere lo stato di veglia. Quindi questo sistema desincronizzante, che abbiamo detto controllare l’attività corticale attraverso anche la via reticolo-talamica, mediante un’attivazione o inibizone di questi neuroni intralaminari della linea mediana, può determinare appunto, può interrompere questa sincronizzazione e dare il via alla desincronizzazione. Ieri abbiamo anche parlato del ruolo della corteccia, che può intervenire nella selezione. Ricordatevi sempre il ruolo attivo che ha la corteccia; abbiamo fatto una serie di esempi quindi non ci ritorniamo sopra. Alla fin fine, vedete, ho messo due slide che servono un po’ a riepilogare quanto detto: veglia e quindi queste sono le strutture ( formazione reticolare, ipotalamo, per quanto riguarda il REM abbiamo parlato anche del nucleo reticolare pons caudalis ed oralis) localizzate a livello del tronco dell’encefalo, del bulbo e del ponte. E poi abbiamo il ruolo, quindi, dell’ipotalamo e del talamo. E allora tronco dell’encefalo, area latero-dorsale del tegmento con il nucleo peduncolo pontino del tegmento ( quello che chiamano PPT) ed il nucleo latero-dorsale del tegmento, il locus coeruleus, i nuclei del rafe, la sub stantia nigra..queste sono tutte le zone del tronco dell’encefalo implicate nel processo. Perché, come abbiamo detto anche quando abbiamo parlato dei neurotrasmettitori, i circuiti neurotrasmettitoriali coinvolti in questo processo, in questo ciclo sonno-veglia, sono tanti, tantissimi;sono una miriade i neurotrasmettitori coinvolti e questo spiega, quindi, il motivo di tutte queste strutture che entrano a far parte. Poi abbiamo l’ipotalamo ( e lo abbiamo anche detto) anteriore e posteriore, in modo particolare, dell’ipotalamo posteriore il nucleo tubero-mammillare e vedete altro trasmettitore:istamina, oressina o orexina ( di cui parleremo dopo), l’ipotalamo dorso-laterale, queste sono tutte strutture importanti nella veglia e nel sonno. Per quanto riguarda il NON REM, in particolare, per quanto riguarda l’ipotalamo, abbiamo parlato della formazione reticolare, la via talamica, le vie extratalamiche, le vie ( quello che dicevamo prima) che inibiscono le aree desincronizzanti.Invece,per quanto riguarda il REM, i nuclei reticularis pons caudalis ed oralis e il locus coeruleus, che determinano:de sincronizzazione, atonia e REM (rapid eyes movements, ovvero i rapidi movimenti degli occhi). Quidni vedete questa in realtà è una sintesi, però un pochino più dettagliata. Perché ieri le abbiamo dette in maniera un po’ più generica, invece queste sono un po’ più dettagliate tutte le strutture ch effettivamente sono coinvolte in questo processo. Vedete come è parlare del sonno e della veglia è affascinante però è un argomento abbastanza difficile, se ci vogliamo addentrare anche negli aspetti anatomici. In fondo, parla degli esperimenti che sono stati fatti è una cosa che suscita più interesse, queste mi rendo conto che sono delle cose un po’ più seccanti, un po’ più complesse. E adesso parliamo di aspetti temporali. Ieri vi dicevo (anzi la signorina aveva fatto una domanda), delle varie fasi o come si alternano le varie fasi. Questo è un ipnogramma fisiologico, ora non ricordo se ho portato un ipnogramma patologico…forse non lo so se c’è …non me lo ricordo sinceramente perché per ora ho messo a posto tante e tante di quelle diapositive che non lo ricordo… Ovviamente l’ipnogramma patologico, per esempio, non so con un soggetto affetto da pneumor fecher nocturne, un soggetto che ha dei risvegli, chiaramente non sarà così bello e pulito come può essere un ipnogramma fisiologico. Che cosa notiamo? Abbiamo nelle ascisse il tempo, le ore di sonno quindi qua sono 8 ore ( come dicevamo ieri) perché deve essere 1/3 della giornata ( la giornata di 24 ore, 8 ore le trascorriamo dormendo) poi sulle ordinate invece troviamo che cosa? Troviamo i vari stati, quindi stato di veglia ( voi nei libri vi trovate scritto anche “arousal”, altro modo per indicare la veglia) e poi trovate stadio1, stadio2, stadio3 e stadio4. Ieri abbiamo detto che il 3 e 4 si identificano con il sonno profondo e poi abbiamo..vedete questi pezzetti in neretto? Questo è il sonno REM, la fase REM. Quindi che cosa deduciamo noi da questo ipnogramma? Ci addormentiamo (siamo allo stadio1 in una condizione di dormiveglia), poi avremo 2, 3, quindi passiamo gradatamente al 4, sonno profondo. Vi potete fare il conto e più o meno qua saranno una ventina di minuti di sonno profondo, anche un po’ di più considerando tra 3 e 4, quindi una mezz’oretta. Dopo di che abbiamo: stadio3, stadio2, REM. Perché vedete, il REM è a parte. Cioè bisogna risalire per entrare nella fase REM…e poi nuovamente stadio2, stadio3, sonno profondo, REM, ecc.. Che cosa notiamo da questo ipnogramma? Due cose. Prima di tutto che ci addormentiamo sempre nella fase NON REM, tranne il bambino piccolo fino ai 2 anni che si addormenta direttamente nella fase REM; ed il REM dura molto di più, è un 50 REM un 50 NON REM, mentre nell’adulto avevamo detto circa 75 NON REM ed il resto è REM ed è spiegabile perché chiaramente il REM, tra tutte le funzioni del sonno REM, c’è quella anche di contribuire alla maturazione corticale, quindi è logico, il bambino piccolo fino al secondo anno di età deve completare la maturazione del sistema nervoso e per questo motivo dorme di più nella fase REM. E allora notiamo, come dicevo, due cose: - ci addormentiamo nella fase NON REM Dopo di che nelle prime ore della notte, trascorriamo del tempo nelle fasi di sonno profondo; quindi il sonno profondo è solo nelle prime ore della notte. Invece nelle ore del mattino, quasi alcune ore prima di risvegliarci, aumenta notevolmente la fase REM e non entriamo più nella fase di sonno profondo. Questo comporterà che se dovessimo perdere delle ore magari (se dovessimo andare a dormire molto tardi), certe volte, quando questo avviene, ci fa perdere quella fase proprio del sonno profondo; mentre quando ci si risveglia molto presto al mattino, siamo privati di buona parte del sonno REM. Infatti quando, se notate con attenzione, chi va a dormire molto tardi la sera, spesso la mattina si sveglia stanco. Se invece vi svegliate molto presto, spesso siete nervosi. Questo perché? Perché nella prima parte della notte c’è il vero sonno ristoratore, quello che noi chiamiamo appunto NON REM e quindi è il sonno che ci da il riposo fisico. Il REM invece è quel sonno che è legato ad altri processi tra cui l’apprendimento e la memoria ( di cui ora parleremo) e quindi essere privati della fase REM da un certo nervosismo anche perché il REM ( ricordatevi) è l’unico sonno che noi non possiamo perdere e che comunque recuperiamo. Quindi se passiamo una notte bianca, l’indomani non è che dormiremo 16 ore ( di norma non si sommano così le ore di sonno, dice perdiamo due notti, dobbiamo dormire 24! No, non è così.), andremo a recuperare solo il REM perso. Quando saltiamo una nottata, dormiremo qualche ora in più giusto per recuperare la fase REM, perché è quella che assolutamente non possiamo perdere. Infatti, come vi dicevo, i soggetti che sono stati studiati, privati della fase REM erano nervosi, irascibili, e lo studio al solito veniva fatto sugli animali, quindi anche sui gatti che non si riuscivano a controllare perché chiaramente erano stati provati di quella fase del sonno che è indispensabile per molti processi di cui parleremo dopo. Ed anche i topi sono stati studiati a lungo, vedete oggi stanno venendo fuori nuove teorie. Voi sapete che i topolini, quelli piccoli, hanno un’ottima memoria infatti basta far fare loro ( lo avrete visto anche in qualche documentario in televisione) i famosi labirinti, questi percorsi in cui mettono il cibo, il formaggio; loro fanno il labirinto e dopo che lo fanno una volta già lo ricordano tranquillamente e quindi poi, la volta successiva, riescono a fare il percorso piuttosto spediti, senza ostacoli. Gli animali privati della fase REM avevano difficoltà a ricordare questo tipo di labirinto. Ora, si diceva che il sonno REM fosse connesso con i processi di apprendimento. È sorto il dubbio, invece, che il sonno REM prepara semplicemente all’apprendimento o comunque in qualche modo un nesso c’è: o è quindi un apprendimento diurno o è un apprendimento notturno comunque è legato con il processo di apprendimento! Allora l’animale, privato di questa fase del sonno, non ricorda bene come fare questi percorsi. Voi potreste dire: “ma come si sveglia un topo?” e soprattutto “ come si fa l’elettroencefalogramma in un topo?” Diventa una cosa abbastanza complessa…cioè lo fanno…si fa l’elettroencefalogramma anche nel topo, però, insomma, diventa anche complesso andare a svegliare un topolino quando entra nella fase REM del sonno, per cui avevano studiato un sistema piuttosto geniale che si chiamava “l’esperimento dell’isolotto”. Praticamente il criterio era questo: si prendeva una vaschetta che si riempiva tutta di acqua e poi si metteva dentro un recipiente (tipo un vaso per i fiori), messo sottosopra ed emergeva dall’acqua solamente la base di questo vaso, ecco perché lo chiamavano dell’isolotto. Perché era come un isolotto che emergeva. Dopodiché la sopra mettevano il topo. Il topo chiaramente si addormentava e nel momento in cui entrava nella fase REM, subentrava l’atonia e quindi finiva con il muso in acqua. Appena finiva con il muso in acqua, quel povero animale chiaramente si risvegliava. Così facendo veniva privato completamente della fase REM perché, ogni volta che subentrava l’atonia, l’animale andava giù, si risvegliava e veniva completamente privato della fase REM. Questo ha quindi fatto capire che sicuramente c’era un nesso con questi discorsi…gli studi di privazione o per motivi pubblicitari o per scienza o per guinness dei primati, sono stati sempre fatti…gente che pur di entrare nel guinness dei primati ha dormito per non so quante ore e talvolta si hanno delle sorprese perché la perdita di sonno induce delle psicosi. Il discorso di non dormire spesso porta (pensate 250 ore significa magari una decina di giorni) a psicosi. C’era un caso eclatante di un disc jockey che aveva fatto un esperimento,tipo quello fatto un paio di anni fa sul Tamigi e poi un altro in America con gente che si metteva dentro una sfera di vetro, a fare qualcosa…comunque tenendosi impegnata e che riusciva a non dormire per un certo periodo di tempo…però molti sviluppavano psicosi. In un primo momento si era ipotizzato che si potesse trattare proprio della privazione di sonno, per esempio questo inglese cominciò, ad un certo punto, di essere stato avvelenato, quindi cominciava a dare di matto perché comunque aveva sviluppato una psicosi. In molti altri casi, si è discusso su questo, e si è detto che queste persone per mantenere questo stato di veglia, spesso ricorrono alle anfetamine, e allora probabilmente la psicosi non era dovuta alla mancanza del sonno ma all’utilizzo di sostanze. Rimane sempre il punto interrogativo, ma sul fatto che la deprivazione di sonno faccia male, su questo, non c’è dubbio anche perché la privazione di sonno equivale anche a privare l’individuo del riposo. Però attenzione! Del riposo si, ma della concentrazione no. Cioè c’è gente che riesce, nonostante sia sveglia da ore ed ore,anche a concentrarsi su cose complesse quale può essere, ad esempio, una partita a scacchi. Riescono a farlo e questo vuole che noi non che perché abbiamo sonno, siamo privi di concentrazione. Se siamo impegnati a fare qualcosa, la facciamo bene ugualmente. Certo a meno che una crolla e si addormenta. Quindi il discorso della privazione di sonno è abbastanza complicato. Ritornando al nostro ipnogramma, osservate un poco come varia in base all’età. Abbiamo il neonato, qua siamo già al bambino ( 10 -14 anni), adolescente e poi adulto. Dapprima abbiamo un 50% di REM ed un 50 % NON REM e poi, via via, tende a diminuire fino ad arrivare alle percentuali che sappiamo: 25% ( REM) e 75% (NON REM). Tra l’altro l’uomo si dice che è monofasico, cioè in teoria dovrebbe dormire una sola volta nell’arco della giornata: le 8 ore e basta. Infatti nell’adulto questo dovrebbe essere il periodo e poi le ore di veglia. Se osserviamo l’evoluzione notiamo che il neonato alterna periodi di sonno a periodi di veglia, praticamente dorme quasi sempre,sta pochissimo tempo sveglio e poi dorme buona parte della giornata. Questo perché? Perché abbiamo detto che il sonno nei neonati è molto importante, anche ai fini della maturazione corticale. Il bambino già intorno ai 4 anni comincia a comportarsi quasi come l’adulto: dorme un po’ di più, invece di dormire 8 ore dormirà 10 ore o 12 ore; alcuni bambini fanno il riposino pomeridiano…anche alcuni adulti lo fanno eh! Però di norma, dai 10 anni in poi, il bambino si comporta come l’adulto: dorme un po’ di più durante la notte. Come dicevamo ieri è soggettivo, cioè le ore di sonno variano da individuo ad individuo: c’è chi, dopo 4 o 5 ore si sente appagato, c’è chi deve dormire 10 ore perché sennò non c’è la fa a stare in piedi…quindi è tutto in relazione al soggetto. E poi vedete è anche importante la qualità del sonno, perché se dormiamo 5 o 6 ore ma dormiamo bene proprio, magari ci sentiamo meglio di quanto non ci sentiremmo se dormissimo 10 ore svegliandoci e addormentandoci di continuo. Un’altra cosa curiosa è il discorso dell’atonia. Per quanto riguarda l’atonia è un problema legato al tronco dell’encefalo. Ci sono delle strutture a livello bulbo- pontino responsabili sia dell’atonia che della paralisi locomotoria. Qui noi vediamo una sezione longitudinale del tronco dell’encefalo e vediamo la zona del bulbo, la zona del ponte, la zone del mesencefalo. Qua abbiamo un’area detta area inibitoria bulbare. Quest’aerea è stata studiata da Moruzzi e Magun per molto tempo. E quest’aera inibitoria invia dei fasci inibitori al fascio tegmentoreticolare. Che cosa succede? Quando viene attivata quest’area inibitoria e quindi fa sentire i suoi effetti a livello pontino su questo fascio tegmento-reticolare, induce l’atonia. Così come, questa zona inibitoria, invia anche dei segnali a questi fasci detti fasci locomotori laterali, che a loro volta inviano i segnali, gli impulsi al midollo spinale e quindi il non funzionamento di questa zona inibitoria non può indurre il segnale al fascio locomotore laterale e noi ci muoviamo regolarmente. Nel momento in cui, invece, viene attivata questa area inibitoria, questa invia segnali al fascio locomotore laterale ed il fascio locomotore laterale non può più mandare, vengono interrotti gli impulsi al midollo spinale e quindi si ha la paralisi. Questo è il meccanismo: durante la fase REM viene attivata quest’area inibitoria la quale invierà segnali al fascio locomotore laterale ed al fascio tegmento-reticolare e quindi avremo di conseguenza l’atonia e l’interruzione degli impulsi al midollo spinale e allora la paralisi. Quando viene fatto sperimentalmente questo discorso, basta praticare un taglio a livello del ponte e del fascio locomotore laterale, impedendo che l’area inibitoria possa inviare i segnali al fascio locomotore laterale e quindi si ottiene un animale che dormirà nella fase REM senza avere la paralisi e l’atonia. Questo è un gatto che dorme però che cosa fa? Si muove, cammina perché ha un tracciato di veglia e quindi è chiaro che si muove e si sposta nella stanza, fa danni, perché è un animale che comunque si muove. Ed è una condizione, vi dicevo ieri, simile al sonnambulismo; il sonnambulismo è infatti un parossismo del sonno NON REM e lo vedremo dopo. Questo invece è l’animale che dorme regolarmente nella fase REM e quindi ho un’atonia e paralisi locomotoria. Perché? Perché qui arriva il segnale inibitorio al fascio locomotore laterale e quindi inibizione degli impulsi e quindi al midollo spinale e quindi l’animale non può camminare, non si può muovere, è completamente rilasciato, abbandonato. C’è una condizione nella veglia che è simile a questa e vedete questo è un gatto sveglio. È una condizione che si può verificare anche nell’uomo (studiata tranquillamente) ogni qualvolta si presenta uno stimolo inaspettato e minaccioso. E allora, per esempio, quando attraversiamo la strada e ci si para davanti improvvisamente un mezzo, cioè un’improvvisa paura può portare un’istantanea (dura una frazione di secondo)più che atonia, paralisi. Perché con l’atonia implicherebbe una caduta per terra, invece non avviene questo, è un blocco cioè quell’attimo quando uno non sa…succede, vedete, quando sta per essere investito un gatto. Quell’animale si para così e poi scappa come un matto. Però all’istante, è una frazione di secondo, in cui l’animale ha un’interruzione degli impulsi dovuti all’attivazione dell’area inibitoria e quindi vengono interrotti gli impulsi al midollo spinale e presenta questa paralisi: non sa se andare avanti o andare indietro. E questa è un avvenimento che accade a tutte le persone quando si presenta un qualcosa che ci provoca una certa paura. Per quanto riguarda il sonno REM noi distinguiamo: -dei fenomeni ascendenti -dei fenomeni discendenti I fenomeni ascendenti comprendono: -desincronizzazione - rapidi movimenti oculari - onde PGO - onde theta ippocampali Vi ricordate che ieri vi ho fatte vedere quei tracciati e vi ho detto che ci sono delle onde che vengono registrate a livello dell’ippocampo e che durante il sonno NON REM sono meno ampie (quindi più basse) mentre durante la fase REM e durante la veglia sono più frequenti e più ampie, perché appunto queste onde theta ippocampali sono in relazione con i processi apprendimento. Come vedremo l’ippocampo è una struttura importantissima per quanto riguarda la memoria e quindi quello che faremo tra poco. Queste onde invece, le PGO le abbiamo commentate ieri quindi non torniamo sull’argomento. E poi abbiamo dei fenomeni discendenti che invece riguardano le modificazioni del tono e la paralisi. Andiamo a considerare l’aspetto neurochimico. Ieri dicevamo che il sonno è stato studiato sotto tutti i punti di vista, anche per quanto riguarda gli aspetto neurochimici. Tutt’oggi sono in corso studi interessantissimi. Ci sono molti neurotrasmettitori che prendono parte a tutti i processi di apprendimento, della memoria, dell’attenzione e tra tutti questi ne sono stati studiati alcuni. In particolare, oltre il fattore S di cui si è parlato ieri, a proposito della circolazione incrociata tra due gatti ecc..che è un glicopeptide a quanto pare capace di indurre sonno ( col punto interrogativo perché quell’esperimento si è rivelato un tantino strano, visto che si provocava ipertensione endocranica nel gatto), ci sono altre sostanze, per esempio, è stata studiata una sostanza promotrice di sonno che si chiama SPS ( sostanza promotrice di sonno), simile al fattore S ed è stato studiato anche un fattore specifico per il sonno REM. Quindi, sicuramente, ci sono dei fattori che inducono il sonno. Che cosa si sa su questi? Ci sono vari punti interrogativi, però comunque esistono. Per quanto riguarda i sistemi neurotrasmettitoriali, abbiamo: -neuroni catecolaminergici -neuroni colinergici - neuroni serotoninergici E di questo si è parlato anche quando abbiamo fatto le sinapsi e quindi abbiamo parlato dei neurotrasmettitori. Fino ad ora sono state caratterizzate circa 30 sostanze in grado di regolare il ciclo sonno-veglia. Quindi vedete sono tante, ciascuna con le sue caratteristiche e praticamente secondo alcuni, molte di queste sostanze, avrebbero la funzione di produrre la spinta omeostatica. Non è che, in parole povere, facciano dormire. Danno la spinta all’addormentamento, è una spinta perciò, un’induzione al sonno poi ovviamente viene mantenuto da altri fattori, dalle strutture che abbiamo visto. Il sonno NON REM potrebbe essere attivato, per esempio, da un aumento dell’adenosina e della prostaglandina D2, dal GH (ormone della crescita), dall’ interleuchina 1, dall’uridina, queste sono tutte sostanze che probabilmente avrebbero un ruolo nell’induzione del sonno NON REM. Invece il REM, a quanto pare, è indotto dal VIP ( peptide intestinale vasoattivo) e dalla prolattina. Questi sono studi recenti. L’adenosina è un prodotto che deriva dalla degradazione dell’adenosintrifosfato e si è visto che si accumula, comunque, durante la veglia quindi un nesso c’è perché si accumula durante la veglia ed ecco perché si parla di un’induzione al sonno. La concentrazione, addirittura, dell’adenosina vedete, prima dell’addormentamento, raggiunge circa il doppio rispetto ai valori medi. E soprattutto sei soggetti sono stati privati dal sonno ( quindi nei soggetti deprivati dal sonno) questi valori aumentano ancora di più, quindi certamente c’è un nesso. Quando infatti assumiamo caffè, te, per mantenerci svegli probabilmente, utilizziamo queste sostanze perché vanno a agire proprio inibendo questi recettori adenosinici e quindi impedendo che il soggetto tenda ad addormentarsi. Quindi l’adenosina è stata ampiamente studiata, così come un’altra sostanza che è stata ampiamente studiata è l’oressina o orexina. Questa sostanza viene prodotta dai neuroni oressinergici quando diminuiscono in livelli di glucosio ematico ( praticamente in condizioni di digiuno); invece l’aumento post-prandiale di glucosio riduce l’attività di questi neuroni oressinergici con aumento della sonnolenza. Come dicevamo l’altra volta, quando abbiamo studiato i neurotrasmettitori, queste sostanze sono state molto studiate perché quando c’è una grave carenza nell’organismo ( di queste sostanze) ci sarà una “patologia” del sonno che si chiama narcolessia. Nella narcolessia si hanno improvvisi addormentamenti e fenomeni di paralisi temporanea. Questi soggetti vanno quindi incontro ad un sonno assolutamente incontrollabile, sono delle crisi, degli eccessi di sonno assolutamente incontrollabili che possono portare l’individuo ad avere grosse difficoltà nella vita quotidiana...perchè uno che si addormenta improvvisamente, dovunque si trovi, sicuramente avrà delle difficoltà (potrà essere alla guida, in acqua, può assistere un neonato, un bambino, insomma può avere dei grossi problemi). Studi recenti hanno indicato un farmaco inibitore dell’orexina, capace di ampliare le fasi di sonno REM e agevolare anche i processi di consolidamento…un domani potrebbe essere eventualmente utilizzato per l’insonnia. Sono farmaci in corso di studio e siccome l’orexina (come avevamo detto a suo tempo) è anche coinvolta nel ciclo, del meccanismo fame-sazietà, si parla anche di utilizzare degli inibitori per controllare l’obesità. Un’altra sostanza importante: la melatonina. Ieri abbiamo accennato al fatto che viene prodotta dall’epifisi e che viene secreta durante la notte. Perché c’è il problema di dare la melatonina sottoforma di integratore? Perché il problema è che,la melatonina, diminuisce con l’età. Quindi, siccome la sua produzione diminuisce perché si ha la calcificazione dell’epifisi, il soggetto tende a dormire di meno. Non è che l’anziano dorme poco, di norma, se non ha problemi ( l’insonnia, come dicevamo, è un sintomo e non una malattia), dorme regolarmente. Molte volte, tuttavia, tende a dormire un po’ meno per questo fatto: perché viene a mancare un po’ la melatonina. E quindi si tende a darla dall’esterno, cosa che non sempre si rivela essere utile. Il problema invece dell’anziano consiste, più che altro, nel fatto che gli anziani dormono spesso di giorno e quindi queste continue interruzioni, questi continui addormentamenti (spesso si addormentano davanti la televisione) influiscono sulla qualità del sonno. E perciò quando l’anziano dice: “ io la notte non dormo” , molte volte non è che non dorme ( influiranno, si, anche i meccanismi ormonali come abbiamo visto ieri), ma è dovuto ad una non corretta igiene, cioè al fatto che ci si addormenta più volta nell’arco di una giornata. Capita anche a noi, se dormiamo di pomeriggio un poco più del dovuto, poi la notte possiamo avere qualche difficoltà..non succede a tutti ma a qualcuno può succedere. La melatonina dovrebbe, quindi, migliorare la qualità del sonno stimolando il sistema immunitario, ed ecco perché molte volte viene anche data dai neurologi per dormire bene: prima di prendere un sedativo ipnotico, prova la melatonina e vediamo come va. Viene anche utilizzata ( la melanina) come antiossidante e quindi anche per proteggere l’organismo dall’insorgenza di patologie diciamo degenerative..anche se lascia un po’ il tempo che trova. ( Va bene questi sotto tutti i neurotrasmettitori e li abbiamo visti, parliamo un attimino dei sogni e della memoria…anzi ci fermiamo e facciamo pausa.) Per quanto riguarda la spiegazione, l’interpretazione dei sogni, c’è il problema quando si sogna di:quanto durino i sogni, aspetti temporali del sogno e così via. Innanzitutto noi sogniamo sempre, sia durante la fase REM che durante la fase NON REM. Quello che cambia è il tipo di sogno; il sogno che avviene durante la fase REM è un sogno episodico, quindi più o meno simile alla realtà,nel senso che riusciamo a carpirne i particolari,a raccontarne anche i più piccoli dettagli e quindi è un sogno che si ricorda quando ci svegliamo nella fase REM…e questo spiega anche il motivo per cui, molte volte, si dice: “stanotte non ho sognato nulla!”. Non è vero, non ricordiamo quello che abbiamo sognato, perché quando ci svegliamo nella fase NON REM rimuoviamo puntualmente il sogno fatto nella fase REM. Quando invece ci svegliamo mentre stiamo sognando, abbiamo il ricordo vivido di quel sogno. Molto spesso, anzi, capita che ci svegliamo durante la notte perché stiamo sognando una cosa, bella o brutta che sia, poi ci riaddormentiamo. L’indomani mattina vogliamo cercare di ricordare il sogno fatto e magari non lo ricordiamo bene, per come lo ricordavamo al risveglio notturno. Questo perché la fase NON REM tende a cancellare il ricordo del sogno. Cosa sogniamo nella fase NON REM? Il sogno fatto nella fase NON REM è invece un sogno non episodico, è un sogno strano, che si identifica di più con un evento che può essere un momento (come avviene nell’incubo), cioè una sensazione più che altro particolare. Quante volte capita che ci svegliamo all’improvviso e abbiamo la sensazione di cadere nel vuoto, di cadere dalle scale, però non riusciamo ad apprezzare e descrivere i particolari…ci svegliamo all’improvviso e non capiamo cosa sia successo. Abbiamo avuto, magari, la sensazione di cadere ma non riusciamo ad identificare. Quello verosimilmente è un sogno che si è verificato nella fase NON REM. Il sonno REM è stato studiato, visto il tipo di sogno (sogno episodico), proprio come fase onirica, proprio perché questi sogni sono sogni particolari. Ci sono vari modi di interpretare i sogni, varie teorie per spiegare i sogni. Queste sono le più eclatanti, ma poi ce ne sono tante altre. Una, per esempio, è la teoria psicoanalitica, questa è quella di Freud ( il sogno come l’inconscio per risolvere molti problemi). Più che altro, la teoria psicoanalitica dice che l’uomo con il sogno appaga tanti istinti, quindi noi la definiamo proprio soddisfazione allucinogena. Freud diceva soddisfazione allucinogena di un comportamento istintuale e quindi l’istinto che veniva appagato. Qui nasce il problema ( chi ha letto Freud…ti dicono che era fissato col sesso ma uno che faceva psicoanalisi è normale che studiasse anche certe cose) del famoso sogno erotico, altro tra i fenomeni che si studia nella fase REM. Noi non abbiamo parlato (ecco, così ci arriviamo per altra via) di quello che avviene durante la fase REM. Aumenta il tono del parasimpatico, certamente, infatti viene indicata ( la fase REM) come una burrasca parasimpatica, poi ci sono le componenti fasiche e li abbiamo anche dei picchi, un aumento enorme del tono del simpatico, tant’è vero che durante la fase REM aumentano: - frequenza cardiaca - gittata cardiaca Il paziente cardiopatico è a rischio perché, in questa fase, chi è iperteso, chi ha problemi di cardiopatia è a rischio. Le famose morti improvvise sono dovute a questa fase particolare del sonno ed in questa fase del sonno avvengo anche dei fenomeni particolari quali quelli di erezione. Qui nasce questo discorso del sogno erotico. E molti dicono che questo venga fuori dal fatto che l’uomo, durante la fase REM, vada incontro ad erezione…o che l’erezione sia conseguenza del sogno erotico. C’è questa diatriba riguardo quale scateni l’altro. Questo fenomeno, guardate, è molto studiato e non mi riferisco al fenomeno del sogno erotico in se ma al fenomeno dell’erezione perché, molti pazienti impotenti, sono stati curati proprio così: cioè gente che crede di essere impotente (perché ha un’impotenza su base psicologica) in realtà non lo è perché, durante la fase REM del sonno, viene studiato il fenomeno e ci si accorge che il fenomeno spontaneo c’è. Molte volte sono state curate anche forme di questo genere: impotenza su base psicologica. Quando si fanno,infatti, i tracciati polisonnografici oltre a studiare i movimenti oculari, oltre a fare l’elettromiografia, si studia anche questo fenomeno mettendo proprio degli anelli alla base del pene. Un’altra teoria è quella rielaborativa e questa è estremamente valida. Cioè il fatto di riorganizzare le attività diurne della veglia. Quante volte capita che durante la giornata facciamo delle cose e poi la notte ce le sogniamo, oppure incontriamo una persona che non vedevamo da tempo e poi la notte la sogniamo. Oppure quello che stiamo facendo al momento di andare a dormire, poi viene rielaborato nei sogni, quante volte capita, quando ci si accanisce con un videogioco oppure una cosa, poi la notte di rielaborare quei dati. O quando studiamo un argomento la sera, prima di andare a dormire, poi la notte ci martella! Ma questo è normale, perché è appunto una funzione di ordine per la memoria stessa. Sono avvenimenti comuni. Oppure la teoria dell’attivazione-sintesi cioè che i sogni sarebbero generati dai circuiti nervosi del tronco dell’encefalo e sarebbero casuali. Anche questo è vero. Molte volte sogniamo delle cose stranissime, in cui non c’è un nesso con nulla..è un sogno casuale. Poi c’è l’altra teoria, quella del sogno premonitore, ma c’è chi ci crede e chi non ci crede. Molte volte i sogni premonitori hanno cambiato il corso della storia, quindi dico, non dobbiamo nemmeno sottovalutare questo. Molta gente ha la premonizione e sogna qualcosa che poi si avvera. Sono tutte teorie più o meno valide, con tanti punti interrogativi, prendiamole sempre tutte per buone… Andiamo al significato funzionale del sogno, rapidamente, perché vorrei dire qualcosa sulla memoria. Ci sono almeno 8 buoni motivi per i quali si dorme ed alcuni li abbiamo già visti, per cui ci andiamo rapidamente. Del fatto del sonno REM: - funzione metabolica, eliminare metaboliti endogeni che si formano durante l’attività di veglia. - funzioni di stimolazione corticale -sinaptogenesi - funzione omeostatica e quindi il vero e proprio ristoro, legato soprattutto alla fase NON REM. - funzione legata ai processi di apprendimento e memoria - funzione di resettare e quindi cancellare tutte le informazioni che vengono ritenute superflue, per cedere il posto a nuove nozioni. - funzione (pare) di trasferimento dei ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine - funzioni intese, il sonno inteso, come risposta adattativa Che vuol dire risposta adattativa? Questo chiaramente vale per l’animale e non per l’uomo, quando l’animale dorme, per esempio, per allontanarsi dai pericoli, oppure quando entra in letargo per allontanarsi perché non trova cibo. O ancora gli animali che dormono di giorno e sono svegli di notte, proprio perché la notte possono essere attaccati, più facilmente, dai predatori… - in ultimo, la teoria di Freud di cui abbiamo già parlato. Queste sono tutte le interpretazioni e tutte le teorie che mettono insieme le due fasi del sonno. Oggi ci sono nuove esperienze: il REM, si diceva, che servisse principalmente per i processi di apprendimento e si diceva che bastava leggere qualcosa la sera, prima di andare a dormire, o non so…c’era gente che in passato studiava le lingue straniere e metteva le cuffiette la sera per sentire ( cosa sbagliatissima, perché anche il ristoro, dal punto di vista cerebrale è essenziale)la registrazione la notte ed imparare le lingue. Si credeva che tutto si basasse su questo: passaggio dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine , con un resettaggio delle nozioni ritenute superflue. È logico, noi siamo bombardati da tutta una serie di stimoli che poi vengono..o comunque impariamo tante e tante cose e poi dobbiamo fare spazio a nuove informazioni; quindi eliminiamo quello che non ci interessa,(alcune cose non vengono cancellate del tutto, vengo messe nei “cassetti della memoria”) per dare lo spazio a nuove informazioni. Oggi,invece, ci sono delle nuove teorie che in parte hanno smentito questo e questo studio fatto nel Wisconsin ha rivoluzionato un po’ le teorie. Secondo l’ipotesi di questi studiosi, non sarebbe vero che, durante la fase REM, avvenga la sinaptogenesi, non si rafforzerebbero le sinapsi (come in passato si credeva), ma pare invece che si indeboliscano durante il sonno REM. E allora questi studiosi parlano di: “potatura delle sinapsi”, cioè durante questa fase REM che cosa succede? Succede che viene preparato il sistema nervoso a recepire meglio le nozioni durante la veglia, quindi in realtà ( per questo dico, non è che cambi molto)durante la veglia ci sono continue stimolazioni, siamo continuamente stimolati, vengono potenziate le nozioni che già conosciamo e ne vengono aggiunte di nuove e questo può avvenire grazie al fatto che nella fase REM, il sistema nervoso,è stato preparato ad accoglierle. Alla fin fine, il passaggio alla memoria non avverrebbe, secondo loro, durante la fase REM ma durante la veglia, però con la preparazione della fase REM. Insomma, alla fin fine, non cambia molto. Il sonno è il periodo nel quale, in assenza di stimoli ambientali, le sinapsi “vengono potate”, quindi rallentano la loro attività,per essere meglio pronte ad accogliere nuove informazioni. Un altro studio che è stato fatto, non potendo privare il soggetto del sonno ad onde lente, cosa hanno fatto? Hanno privato il soggetto del sonno profondo, perché quello si può fare. Il soggetto entra quindi nelle fasi di sonno profondo e viene svegliato, si priva perciò del terzo e del quarto. Quindi hanno visto ( è stato uno studio olandese) che la privazione del sonno ad onde lente, ridurrebbe l’attività dell’ippocampo. E pertanto, per riposare il cervello e salvare i ricordi, non basta dormire ma dobbiamo dormire nella fase di sonno profondo, in modo da poter salvare ancora meglio i ricordi. Quindi altro problema..hanno provato a studiare soggetti che non si addentravano nel sonno profondo, soggetti invece che dormivano lo stesso numero di ore però riuscivano ad addentrarsi nel sonno profondo e quelli che si addentrano nel sonno profondo, si dice, ricordino meglio rispetto agli altri. E allora questa è un’ulteriore prova collegata al fatto che dormire fa bene. Andiamo rapidamente ai disturbi del sonno, così vi dico qualcosa sulla memoria. I disturbi del sonno comprendono: - ipersonnie -insonnie -parasonnie Le ipersonnie sono eccessi di sonno. L’insonnia è la mancanza di sonno. Le parasonnie sono disturbi parossistici morfeici, quindi legati al sonno non di natura epilettica. Infatti si fa spesso la diagnosi differenziale perché molti di questi disturbi possono portare a credere che si possa trattare di epilessia e invece non lo è. Le ipersonnie sono di due tipi: - continue, dovute a lesioni cerebrali, quindi non c’entrano nulla. - parossistiche tra cui la narcolessia, di cui abbiamo già parlato. Le insonnie ( abbiamo detto) ovvero quando si ha la sensazione di non ottenere riposo dal sonno. Sono: - insonnie mattutine, nel senso che ci si sveglia presto al mattino - insonnie legate all’addormentamento, quando uno tarda ad addormentarsi Insomma, varie forme di insonnia. E poi le parassonie tra cui ricordiamo delle manifestazioni parossistiche, ad esempio, molto frequenti nell’infanzia: - il sonnambulismo - l’enuresi notturna, cioè il fare la pipì a letto - la paura notturna - il sonniloquio, ovvero il parlare nel sonno - il bruxismo, ovvero il digrignare i denti Ricordatevi che questi sono tutti fenomeni legati al sonno NON REM. Al sonno REM,invece, ci sono solo alcune manifestazioni legate tipo: - le clonie - i soprassalti dell’addormentamento Per quanto riguarda il sonnambulismo, questa, è una parassonia che colpisce i bambini. Il soggetto si alza, sta un quarto d’ora, gira per la stanza, si siede alla scrivania, fa cose strane e poi l’indomani mattina non ricorda nulla. Questo spiega il motivo per cui non bisogna svegliare il sonnambulo, proprio perché questo potrebbe traumatizzarlo, perché il sonnambulo è un soggetto che non ricorda assolutamente niente. È stata descritta una forma di sonnambulismo in America, la “z-mail”. Sono soggetti,questi, che inviano e-mail durante la notte e la mattina dopo non ricordano nulla. Si chiama infatti, per questo, fenomeno della z-mail ed è connesso con questa forma particolare di sonnambulismo. Certo che il sonnambulismo da dei problemi, sebbene sia ritenuto un fenomeno non preoccupante. Qua ci sono tutti i sintomi, poi ve li guardate voi, del sonnambulismo; i problemi li può dare soprattutto ad un soggetto che si trova in una stanza e magari, noncurante, può farsi male. Però diciamo, di norma, è un disagio e può interferire con le attività sociali ma si risolve facilmente; c’è qualche adulto sonnambulo, ma di solito durante la pubertà, questi fenomeni tendono a scomparire. C’è il fatto del persistere, ne parlavamo ieri con un ragazzo, il persistere della paralisi locomotoria al risveglio, durante la fase REM. Questo è un fenomeno che colpisce di solito i giovani, soprattutto quando ci si addormenta al pomeriggio; certe volte capita che alcuni ragazzi si svegliano dalla fase REM ( è comunque una frazione di secondo) ma persiste la paralisi. È una sensazione molto sgradevole, molto brutta ma si risolve nell’arco di pochi secondi. E allora, rapidamente, qualcosa sulla memoria, giusto per completare. Dobbiamo distinguere due cose importanti: -apprendimento - memoria L’apprendimento è il processo mediante il quale noi riusciamo ad acquisire nuove conoscenze e quindi riusciamo a stabilire dei rapporti tra passato e presente. Questo comporterà tutta una serie di modificazioni a livello del sistema nervoso, tra cui tutti quei processi che definiamo “meccanismi a lungo termine” quindi: - formazione di nuove sinapsi - variazioni neurochimiche - apertura di nuove vie di comunicazione tra i vari centri nervosi Perché è chiaro che sono dei meccanismi che non che avvengano nell’arco di poche ore. Sono dei meccanismi che avvengono, ovviamente, nel tempo e quindi sono tutti processi abbastanza lenti. Mentre la memoria è il processo mediante il quale noi riusciamo a conservare queste informazioni. Non basta, quindi, apprendere, dobbiamo anche ricordare. Per cui, la memoria, è un processo durante il quale noi nel tempo riusciamo a conservare queste conoscenze. Ora, anche questa è collegata all’ipertrofia delle cellule, alla formazione di nuove spine dendritiche ( quindi alla sinaptogenesi) , ad attivazioni circuitali particolari, e questo processo avviene mediante varie tappe. Dobbiamo infatti codificare i messaggi, ritenerli, consolidarli. Abbiamo varie forme di memoria, come vedremo. C’è la memoria labile, quella memoria episodica, noi ricordiamo un attimo un numero di telefono perché lo dobbiamo usare. Questa è una forma di memoria che non si usa più perché abbiamo i telefonini, quindi tutto memorizzato…ma una volta, si utilizzava molto di più l’elenco telefonico, si cercava il numero, dopodiché noi ricordavamo quel numero per un paio di minuti ( il tempo di comporlo), poi dopo un paio d’ore avevamo già rimosso il tutto. Ma lo scopo della memoria è quello, invece, di ritenere le informazioni, soprattutto quelle nozioni che dobbiamo ricordare. E allora viene definita come un processo mediante il quale, gli effetti di un’esperienza, persistono e si manifestano successivamente; quindi noi, anche quando pensiamo di non ricordare una cosa, in realtà la ricordiamo. Per esempio quando pensiamo: “ io l’argomento l’ho studiato, tanto tempo fa, e non mi ricordo niente”, poi magari sfogliamo il libro e diciamo: “quello lo ricordo, quello lo avevo visto…” oppure vediamo qualcosa che ci richiama alla memoria qualcosa avvenuto anni prima e che pensavamo, assolutamente, di non ricordare più. La memoria è bella proprio per questo motivo, perché ci sono dei veri e propri “cassetti” che possiamo riaprire al momento opportuno, al momento in cui dobbiamo tirare fuori quella nozione o quella informazione che ci serve. Da un punto di vista neurologico, distinguiamo tre tipi di memoria: - la memoria motoria, collegata all’apprendimento motorio e quindi al movimento; - la memoria sensoriale, legata alle percezioni; - la memoria cognitiva, legata all’apprendimento Queste sono le tre forme dal punto di vista neurologico. Dopodiché la memoria sensoriale coincide con la capacità dei recettori di essere modificati quando arriva lo stimolo e c’è poco da dire, dipende dai vari recettori interessati che possono essere della vista, dell’olfatto… Sono delle informazioni che durano per un periodo molto breve: sento un odore, vedo uno stimolo luminoso, però sono ovviamente delle cose poco durature. Livelli della memoria Innanzitutto questo è lo studio temporale, quindi è lo studio temporale. Noi dobbiamo studiare la memoria nel tempo e distinguiamo: - la memoria sensoriale, che è brevissima; - la memoria a breve termine - la memoria a lungo termine Ci sarebbe anche una memoria, cosi detta, a medio termine. In realtà, quello che si studia, è il passaggio da questa memoria a breve termine alla memoria a lungo termine e quindi il consolidamento del’informazione perché è una cosa molto importante studiare questo e quindi passare da una nozione che abbiamo appreso, e che possiamo dimenticare subito, al ritenimento di questa informazione nel tempo. Noi dobbiamo chiaramente consolidarla, e come facciamo a fare questo? Ci sono varie tecniche tra cui una molto importante che è il ripasso e quindi il fatto di ripassare una cosa, di cercare di riportarla alla memoria in modo tale da ricordarla definitivamente. Dicevo che, se sul piano temporo-funzionale, parliamo di memoria a breve termine e memoria a lungo temine, dobbiamo vedere i meccanismi legati alla memoria a breve termine e quelli legati alla memoria a lungo termine. La memoria a breve termine è quella che entra in gioco subito dopo la memoria sensoriale ( che è rapidissima). Consiste nella capacità di ritenere l’informazione per intervalli brevi di tempo. Questa memoria sensoriale dura pochi secondi, poi bisogna passare a questa memoria breve. E allora, l’informazione, di norma decade dopo questi secondi. Se invece noi ripassiamo ulteriormente, possiamo consolidare l’informazione e quindi possiamo passare a quella di breve termine. Avremo il passaggio da quella sensoriale a quella a breve termine. Dopodiché, continuando a ripassare e rimarcare nel tempo queste informazioni, si può anche arrivare a passare a quella a lungo termine. La memoria a breve termine comprende vari aspetti tra cui uno importantissimo che è la “memoria iconica”, cioè una memoria a brevissimo termine relativa, molto simile alla sensoriale potremmo dire, perché è quella memoria legata ad un avvenimento ( vedi un evento visivo, una breve immagine, quando osserviamo una fotografia) e che comunque dura pochissimi secondi ( per questo si chiama iconica). La memoria a lungo termine viene anche definita permanente. Però, nell’ambito della memoria a lungo termine, dobbiamo fare delle differenze perché dobbiamo distinguere la memoria a lungo termine che è una memoria che non dimenticheremo mai, in quanto riguarda delle informazioni che ricordiamo e che ricorderemo per tutta la vita ( tipo il nostro nome, il nostro cognome, il nostro indirizzo) e che possiamo dimenticare solo con un’amnesia, un colpo in testa, un trauma. Quindi avremo questa memoria che definiamo permanente ( di nozioni che non si dimenticheranno per la vita) e c’è una memoria che invece, è a lungo termine, e che è la memoria di cose che di norma ricordiamo sempre ma di cui, qualche volta, sfuggono i particolari. Di norma, quando la memoria è consolidata, soprattutto quando questo avviene da giovani è difficile che si perdano i particolari. Il nostro “magazzino della memoria”, i “cassetti” di cui parlavo prima, hanno una capacità illimitata. Possiamo conservare tutto, poi sta a noi consolidare le informazioni interessanti, riportarle alla memoria quando serve. Diciamo che alla base di tutto ci sta questo passaggio tra la memoria a breve termine e quella a lungo termine. Come? Ci sono vari meccanismi. Prima parlavamo del ripasso, perché il ripetere meccanicamente potrebbe essere uno dei sistemi, oppure la ripetizione elaborativa cioè cercare di rielaborare un concetto per meglio ricordarlo. Quante volte capita che ricordiamo una cosa meglio perché magari la abbiamo vista, abbiamo visto una parte pratica e allora la ricordiamo meglio rispetto a come si potrebbe ricordare una cosa letta semplicemente. Molte volte, questo passeggio, avviene accidentalmente e quindi c’è un passaggio da quella breve a quella a lungo termine: un avvenimento che ci ha colpito, passa direttamente nel deposito a lungo termine. Pensate ad una persona che subisce un trauma o una violenza. Pensa che quello sia un episodio a breve termine? È chiaro che transita direttamente nella memoria a lungo termine e quindi anche se uno tenta di dimenticare degli avvenimenti, verosimilmente, è impossibile riuscirci. Per quanto riguarda il discorso della memoria a breve termine, quella che dicevamo che appunto dura 30 secondi, è legata a circuiti particolari detti “ circuiti riverberanti” e che si trovano nella corteccia associativa. Ora, che cosa consentono questi circuiti? Perché si chiamano circuiti riverberanti? Perché sono delle reti neuronali che consentono il ricircolo dell’informazione e quindi, fin tanto che questa informazione transita, noi praticamente la possiamo ricordare. Questo è il concetto. È chiaro che deve essere, per forza, memoria a breve termine perché l’informazione non può circolare all’infinito e nel momento in cui non circola più, l’abbiamo rimossa, l’abbiamo dimenticata. Le aree interessate sono: - area parieto-occipitale, che interessa soprattutto la memoria tattile - la corteccia temporale anteriore per il gusto - la regione medio-temporale per l’udito - la corteccia temporale inferiore, importante per la discriminazione visiva Quindi sempre legata ad un evento sensoriale. Qua vediamo infatti un possibile meccanismo di questi circuiti. Questi sono i cosiddetti circuiti riverberanti, quindi un circuito neuronale chiuso dove il passaggio dell’informazione avviene per un certo periodo di tempo. Questo avviene nelle cellule nervose e quindi è, in realtà, qualcosa di meccanico cioè il mantenimento dell’informazione è dovuto a questo ricircolo del messaggio e quindi, alla fine, è una cosa molto semplice. Per quanto riguarda, invece, il discorso a lungo termine, siccome abbiamo detto che questo deve essere uno stato stabile e che qui la memoria deve essere illimitata, cioè possiamo aggiungere tutto quello che vogliamo, tutte le informazioni che vogliamo..è chiaro che questo presuppone dei meccanismi umorali ( a lungo termine) e delle modificazioni quindi che possono avvenire nel tempo e la crescita, perciò, del numero e dei contatti sinaptici. L’aumento del numero delle sinapsi, del numero dei contatti, del numero delle spine dendritiche e così via…e spesso sintesi di nuove proteine a livello nucleare quindi attivazione di secondi messaggeri e tutte le famose risposte metabolo-tropiche di cui avevamo parlato. Questo per spiegare come si modificano le sinapsi, anche in questo caso, sono state avanzate molte teorie e si parla di aumento del numero e del volume delle spine per modificazioni anatomiche, modificazioni chimiche o fisiche nella membrana del terminale pre e post sinaptico. Come vi dicevo, appunto, la sintesi di secondi messaggeri, modificazioni metaboliche con sintesi di nuove proteine e ,in questo caso, ha un ruolo importantissimo il famoso “anello o nucleo di Menard” che proprio si dice sia il punto clou della memoria. È un anello colinergico, cioè il neurotrasmettitore è l’acetilcolina che è importantissimo ai fini della memoria, quindi questo circuito è importante ai fini della memoria. Qua vediamo come questo è il magazzino di informazioni, memoria a breve termine, se c’è dimenticanza o non c’è dimenticanza, altrimenti il passaggio codificazione semantica ( ora lo vediamo meglio) è il passaggio dalla memoria a lungo termine. Alla fine possiamo così schematizzare: parliamo di memoria a breve termine - memoria uditiva verbale e non - memoria visiva - memoria tattile - memoria olfattiva Memoria a lungo termine: - memoria procedurale (abilità,condizionameno) - memoria dichiarativa ( memoria episodica, memoria semantica quando proprio sono fatti ed avvenimenti, episodi, quindi qualcosa di molto più complesso della memoria episodica che dura tantissimo). Questi sono tutti i vari tipi di memoria che poi vi guardate con calma voi. La memoria a breve termine, la memoria a lungo termine. Quella a lungo termine va divisa in: dichiarativa e non dichiarativa e quindi poi qua vi guarderete tutti i vari tipi di memoria. Quella semantica, le varie nozioni che vengono apprese. La memoria episodica. La memoria procedurale e quindi tutte le abitudini che noi acquisiamo nel tempo. La memoria di apprendimento associativo. L La memoria di apprendimento non associativo… e le varie risposte dovute alle strutture…questo ve lo guardate voi, altrimenti perdiamo un sacco di tempo. Invece guardiamo rapidamente le varie fasi così poi ci fermiamo. Ci sono vari momenti importanti: - prima fase, che interessa il primo anno di vita ed è la memoria motoria e quindi l’attività motoria vera e propria del bambino. È limitata al riconoscimento di ciò che il neonato percepisce, memoria che poi, andando avanti, si modifica e quindi diventa memoria iconica che interessa il secondo ed il terzo anno di vita. Qua c’è già l’immagine mentale e il bambino, infatti, comincia a ricordare. Di norma, appunto, quello che avviene nel primo anno di vita non lo ricordiamo, dal secondo/terzo anno si può ricordare. - terza fase, la memoria semantica che a partire dal quarto/quinto anno di vita quindi abbiamo la memoria che si tramuta in concetto verbale. Non solo siamo in grado di ricordare, ma siamo anche in grado di descrivere e quindi di raccontare. Questa è la terza tappa, quella che poi anche nell’adulto è presente. Quindi qua le fasi di sviluppo: - prima fase, memoria motoria - seconda fase, memoria iconica - terza fase, memoria semanticalinguistica Le strutture, lo abbiamo detto: l’ìppocampo ( quel cavalluccio marino, si chiama per questo così) che ha questa forma un po’ particolare e che è un lembo curvo di sostanza grigia che si trova al di sotto della regione corticale vera e propria. Le prove che l’ippocampo sia importante nei processi di memoria, di consolidamento della memoria, sono legate al fatto che la distruzione di tale struttura ha portato,al soggetto, grosse difficoltà nel memorizzare determinati compiti assegnati. È indispensabile, l’ippocampo, quindi sia per la fissazione della memoria, ma ricordatevi anche che interviene nel consolidamento e soprattutto nel richiamo, cioè quando vogliamo richiamare alla mente un determinato concetto. Quando parlavamo prima dei circuiti riverberanti è sempre l’ippocampo in parte…perché parte dei segnali ippocampali va a riverberare nei circuiti, detti circuiti di Papez. Tutto, come vedete, è strettamente correlato. L’attivazione di questo circuito non è altro che la base di tutto ciò che viene dopo e quindi dell’immagazzinamento e di tutto il resto. Altre strutture importanti ( almeno fissiamo queste) sono: - l’amigdala - - il nucleo laterale interposito del cervelletto Queste tre strutture sono fondamentali per questo. Un discorso a parte merita la memoria di abitudine perché è una memoria particolare in quanto, come vedete, non coinvolge il sistema limbico, non rientra nella memoria cognitiva ed è quella memoria..cioè quando siamo abituati a fare qualcosa e quindi quella che chiamiamo appunto memoria di abitudine, la memoria dell’abitudine non dipende dall’ippocampo ma dipende dallo striato. Infatti si è visto che gli animali che hanno avuto una distruzione dell’ippocampo, del sistema limbico in generale, sono in grado di apprendere. Quindi quando noi apprendiamo (il famoso labirinto dei topi) un percorso, una cosa o siamo abituati a fare sempre la stessa strada, non riflettiamo su quello che facciamo. Quella è la memoria di abitudine ed è responsabile molto lo striato. Quindi anche la distruzione dell’ippocampo, del sistema limbico, in alcuni casi può farci mantenere questa cosiddetta memoria di abitudine. Va bene, l’asportazione dell’ippocampo…questo possiamo anche andare rapidamente perché sennò…vabbè…questo eventualmente ve lo guardate voi: - ritenzione - consolidamento - processi di recupero è interessante, più che altro, per ricordare veramente le cose…perché, vedete, la memoria è molto studiata dagli psicologi, dai fisiologi, dagli psichiatri, perché ci sono molte tecniche per riuscire a ricordare. C’è gente che, che vi posso dire, guardate questa parte….la codificazione, il consolidamento, l’immagazzinamento, il recupero delle informazioni, noi come facciamo? Con tanti mezzi, con l’organizzazione, con la visualizzazione ( l’uso delle immagini mentali), quante volte per ricordare una cosa la associamo ad un’altra? Quindi l’associazione. Quando dobbiamo ricordare una parola, non riusciamo a ricordare questa parola e allora cerchiamo di ricordare la lettera con la quale inizia, oppure delle parole che ci richiamano alla mente quella cosa che vogliamo ricordare. Oppure qualcosa che è simile alla parola, ma non è la parola, perché ci viene più semplice d ricordare. Sono tutti meccanismi, sistemi che mettiamo in atto. Quindi: -raggruppamento, -organizzazione - uso di immagini mentali L’amnesia è la perdita della memoria…basta ho visto che vi ho scocciato terribilmente e quindi mi fermo qua. Ricordatevi sempre che questi concetti non si trovano su tutti i libri, quindi eventualmente avrete modo di approfondire più a vanti in neurologia, psichiatria, psicologia…anche se non trovate tutto nei libri di fisiologia. Ludovica Crocè