Tesi: Relazioni internazionali e politica di cooperazione tra Francia

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CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE
Classe XV - Scienze Politiche e delle Relazioni
Internazionali
Facoltà di Scienze Politiche
Università di Cagliari
LE RELAZIONI INTERNAZIONALI E LA POLITICA DI
COOPERAZIONE TRA LA FRANCIA E L’ALGERIA
INDIPENDENTE
RELAZIONE FINALE
di
Daniel Corrias
Supervisore
Prof.ssa Bianca Maria Carcangiu
Anno Accademico 2007-2008
Introduzione
Capitolo I
I RAPPORTI DURANTE L’EPOCA COLONIALE
1.1 Lo sbarco a Sidi Ferruch.
1.2 Le conseguenze dello sbarco.
1.3 I movimenti di resistenza alla conquista.
1.4 L’Amministrazione Coloniale : dalla Seconda Repubblica al Secondo Impero
1.5 Dalla Terza Repubblica alla prima guerra mondiale.
1.6 La nascita dei primi movimenti nazionalisti
1.7 Il movimento dei Giovani Algerini.
1.8 La nascita del primo partito nazionalista : L’ ENA.
1.9 La Federazione degli Eletti.
1.10 L’Associazione degli Ulema.
1.11 La repressione Francese alla vigilia della seconda guerra mondiale.
1.12 Dal dialogo postbellico all’insurrezione ed il Manifesto del popolo algerino.
1.13 Gli incidenti di Setif e la nascita dell’U.D.M.A.
1.14 Lo Statuto del 1947.
1.15 L'evoluzione dei partiti e le elezioni.
1.16 Dal Fronte Algerino alla nascita del CRUA.
1.17 La guerra di liberazione.
1.18 De Gaulle al potere.
p. 4
p. 6
p. 7
p. 8
p. 9
p. 11
p. 13
p. 14
p. 15
p. 18
p. 20
p. 22
p. 23
p. 26
p. 27
p. 29
p. 30
p. 32
Capitolo II
DALL’INDIPENDENZA AGLI ANNI 80
2.1 Gli accordi di Evian
2.2 Il programma di Tripoli.
2.3 Come ricostruire il paese?
2.4 L'assistenza finanziaria francese.
2.5 Gli scambi commerciali.
2.6 I rapporti tra Francia e Algeria sotto Boumediène.
2.7 Gli accordi petroliferi del 1965.
2.8 Gli accordi in materia finanziaria.
2.9 Divergenze bilaterali e convergenze internazionali.
2.10 La Nazionalizzazione delle risorse.
2.11 Dalla banalizzazione dei rapporti alla ricerca di un nuovo equilibrio.
2.12 La crisi e le conseguenze sull'immigrazione.
2.13 La congiuntura internazionale ed il riavvicinamento.
2.14 I rapporti sotto la presidenza di Giscard d’Estaing.
2.15 La prima visita ufficiale.
2.16 L'Algeria e la Francia nella questione del Sahara Occidentale.
p. 39
p. 42
p. 44
p. 46
p. 48
p. 50
p. 54
p. 57
p. 59
p. 60
p. 63
p. 64
p. 66
p. 68
p. 70
p. 71
2
Capitolo III
I RAPPORTI NEGLI ANNI 80 E 90
3.1 Chadli Bendjedid il nuovo Presidente dell’Algeria.
3.2 La sinistra al potere in Francia.
3.3 Rilanciare la cooperazione.
3.4 Chadli Bendjedid in visita a Parigi nel novembre 1983.
3.5 Nuovi problemi all'orizzonte.
3.6 Le rivolte del 1988.
3.7 Le elezioni municipali del giugno 1990.
3.8 Le elezioni legislative del giugno 1991
p. 75
.p. 76
p. 78
p. 80
p. 81
p. 83
p. 86
.p. 87
Conclusione
Bibliografia
p. 90
3
Capitolo I
I RAPPORTI DURANTE L’EPOCA COLONIALE
1.1 Lo sbarco a Sidi Ferruch.
Gia tra il XVI e il XVIII secolo i rapporti tra l’Algeria e la Francia avevano
conosciuto l’ alternarsi di disaccordi e di riavvicinamenti, per ragioni
essenzialmente economiche. Agli inizi del XVI secolo la Francia, che si
preoccupava delle attività dei corsari nel mediterraneo, fece un intesa con il
sultano di Costantinopoli e stipulò un accordo di principio con la Reggenza
d’Algeri, da esso dipendente. Questo accordo avvantaggiava la Francia per
almeno tre motivi: dava sicurezza che i corsari non si sarebbero più occupati delle
navi mercantili francesi, attribuiva una sorta di monopolio sull’ estrazione del
corallo alla Francia su certe zone del litorale algerino e consentiva l'installazione
di un consolato francese d'Algeri che avesse poteri esclusivi sui cittadini francesi1.
Successivamente, durante il periodo delle guerre napoleoniche, il Dey di Algeri
mantenne un atteggiamento spesso amichevole verso la Francia. Malgrado le
minacce dell'Inghilterra, egli non si limitò a consentire alle navi francesi di
approvvigionarsi nei suoi porti, ma giunse a concedere ai francesi dei prestiti e ad
autorizzare delle forniture di cereali il cui regolamento diede origine ad incidenti
che condussero alla conquista dell'Algeria2.
In quel periodo anche altre potenze europee tentarono di avere delle relazioni
commerciali con la Reggenza di Algeri, perché installarsi in questa regione
rappresentava un mezzo di notevole importanza strategica per dominare il
Mediterraneo. La Francia però non gradiva che l'Algeria intraprendesse relazioni
diversificate con altre potenze e per questo motivo accelerò il suo coinvolgimento
in questa regione per evitare di vedersi preceduta3.
Già nel 1798 Napoleone accarezzò l'idea di occupare la Reggenza per costruirvi
una base per la sua lotta contro la Gran Bretagna e per questo motivo fece fare dei
rilevamenti ad un maggiore del genio militare, il generale Boutin, che segnalò la
penisola di Sidi Ferruch come il punto più adatto per eseguire uno sbarco4. Nel
XVIII secolo inoltre una diminuzione degli introiti della pirateria e la stagnazione
della produzione indebolirono economicamente la Reggenza turco-algerina, che
divenne debitrice delle grandi potenze e fin troppo dipendente dalle fortune del
commercio internazionale5.
Sul piano interno non si hanno per il periodo che va dalla instaurazione del Dey
allo sbarco francese molte notizie attendibili. Le zone dell'interno erano teatri di
vari tentativi autonomistici specie nelle regioni della frontiera tra la pianura e gli
altopiani e verso le zone desertiche del Sahara. Dal punto di vista amministrativo
1
T. Bensalah, La République Algérienne, librarie générale de droit et de jurisprudence, Paris,
1979, p. 23
2
Enrico De Leone, La colonizzazione dell'Africa del Nord, Cedam, Padova, 1957, p. 63.
3
T. Bensalah, op.cit., p. 24.
4
C. R. Ageron, Histoire de l’Algérie contemporaine,Presses Universitaires de France, Paris, 1969,
p. 6
5
G. Calchi Novati, Storia dell’Algeria indipendente: dalla guerra di liberazione al
fondamentalismo islamico, Bompiani, Milano, 1998, pp.12-18.
4
era possibile dividere il paese in due zone: il bled al-maghzen (paese sottomesso
al governo centrale) e il bled el-Siba (paese della dissidenza). A seconda
dell'autorità e delle relazioni personali del dey una zona governativa si allargava,
o si restringeva, a danno o favore della dissidenza6.
Fu una disputa circa un'operazione finanziaria tra la Francia e l'Algeria, in piena
crisi, a rappresentare il pretesto della pressione francese, che dopo alcuni anni di
tensione e di incidenti, portò nel 1830 allo sbarco ed alla conquista algerina.
Dopo aver contratto un credito con la Francia relativo alla vendita ad ingenti
quantitativi di grano, ed aver più volte sollecitato il governo francese al
pagamento, il Dey ricevette il 29 aprile 1827 il console francese Duval
invitandolo a saldare il conto. Un secco rifiuto da parte del console provocò una
reazione del sovrano che lo invitò ad andarsene colpendolo più volte con uno
scacciamosche7.
Questo episodio indusse la Francia ad inviare ad Algeri una divisione navale per
ottenere una riparazione ostinatamente negata dal Dey Husain8. Dopo quasi tre
anni di blocco navale imposto dalla Francia all'Algeria, nell'agosto del 1829 il
vascello francese di "La Povence", battente bandiera parlamentare, subì il fuoco
delle batterie algerine.L'insieme di questi avvenimenti indusse il governo francese
di Carlo X a rompere gli indugi e ad attaccare la Reggenza9.
Nonostante questa fosse la versione ufficiale data da Parigi, alla luce dei fatti,
questa giustificazione dell’impresa appare alquanto semplicistica. Lo sbarco aveva
ragioni ben più profonde e queste andavano cercate innanzitutto nel desiderio del
vacillante regime di Carlo X di superare difficoltà in politica interna con
un'operazione di prestigio10.
Dopo le iniziali preoccupazioni sulla possibile reazione della Gran Bretagna,
interessata a mantenere l'equilibrio del Mediterraneo, ad un attacco francese in
Algeria, il primo ministro Polignac superò ogni apprensione di complicazioni
internazionali ed i preparativi per la spedizione furono condotti con molta rapidità.
Dopo circa tre mesi di allestimenti, la flotta dell'ammiraglio Duperré, con a bordo
e il generale di Buormont ed un corpo di trentamila uomini partì dal porto di
Tolone il 25 maggio 1830. Lo sbarco ebbe luogo il 14 giugno 1830 a Sidi Ferruch
e dopo una breve resistenza da parte algerina, le armate francesi costrinsero il Dey
Husain a firmare il 5 luglio 1830 una convenzione che prevedeva la capitolazione.
Forte di questi primi successi in generale Bourmont, a cui era affidato il comando
delle truppe, annunciava il 7 luglio a Parigi che la Reggenza sarebbe stata ridotta
in suo potere entro massimo 15 giorni. La conquista dell'Algeria nella sua totalità
del territorio si presentò invece lunga e costosa, ma ciò che importava in quel
momento al pericolante governo francese presieduto da Polignac, era influenzare
favorevolmente l'opinione pubblica, in occasione del conflitto con la Camera dei
deputati che accusava la Monarchia di essere troppo passiva verso le potenze
straniere. In realtà il successo dello sbarco ad Algeri non salvò Carlo X che fu
costretto il 29 luglio a rinunciare al trono in favore del duca d’Orléans, re sotto il
nome di Luigi Filippo I11.
6
R. Rainero, Storia dell’Algeria, Sansoni, Firenze, 1961, p. 77-78
altre versioni raccontano invece di un colpo di "ventaglio". Vedi. ex De Leone, op.cit., p. 64
8
E. De Leone, op.cit., p. 64
9
G. Esquer, Histoire de l’ Algérie (1830-1960), Universitaires de France, Paris, 1960, p.7
10
T. Bensalah, op. cit., p. 25
11
C. R. Ageron, op. cit., pp. 8-9
7
5
1.2 Le conseguenze dello sbarco.
Al momento dell'offensiva del colonialismo, l'Algeria non poteva competere con
le potenze tecnicamente e militarmente superiori, anche a causa della sua
inferiorità sul piano politico e amministrativo. Il potere risentiva della lontananza
non solo geografica della Turchia e le strutture dello Stato, in materie come la
fiscalità o il controllo degli scambi, erano ancora fortemente inadeguate. La
spedizione francese colse la Reggenza in una condizione di particolare
vulnerabilità quando la costruzione statale e nazionale era appena iniziata.
Come affermò fieramente il capo della spedizione francese il generale Boumont
:"venti giorni sono stati sufficienti ad abbattere uno Stato la cui esistenza da tre
secoli esasperava l'Europa"12.
Quanto alle ripercussioni internazionali che l'impresa ebbe, esse furono
caratterizzate da una calma imprevista da parte della Gran Bretagna, che pure era
la principale potenza interessata ad evitare sia una qualche affermazione di
prestigio da parte della Francia, sia un suo stanziamento permanente nelle coste
algerine, non lontane dalla strada che portava l’impero britannico verso il vicino
oriente. La Gran Bretagna probabilmente travagliata dalle vicende interne che
avrebbero poi portato i liberali al potere nel novembre del 1830, tramite il
Ministro degli esteri Lord Aderdeen si limitò, il 26 luglio, a chiedere blandamente
a Carlo X di un ritorno allo status quo13.
Nonostante che Carlo X avesse potuto godere di una rinnovata popolarità con la
conquista di una parte del Nord Africa, ci si rese ben presto conto che la
capitolazione di Husain non era la sottomissione della Algeria. L'estromissione
del Dey decapitò la Reggenza e l’intera armatura della sua amministrazione si
sfasciò, ma proprio perché l'esercizio delle autorità del Dey era territorialmente
incerto la sua sconfitta non equivaleva all'occupazione di tutta l'Algeria. La
conquista dell'Algeria era stata "prematura" rispetto allo stadio di sviluppo del
colonialismo europeo, la Francia non aveva ancora né una politica di espansione
formata né una spinta interna che avrebbe potuto giustificare un inverno coloniale.
Ma il governo francese si convertì presto all'idea di fondare nel Nord Africa un
imponente colonia. La politica francese in Algeria, nei primi anni di
colonizzazione, fu improvvisata e incerta, priva di direttive coerenti è affidata
all'iniziativa dei singoli governatori. Gli ininterrotti cambiamenti istituzionali in
Francia, dal regno di Carlo X alla Monarchia di Luglio, dalla seconda Repubblica
al secondo Impero e quindi alla terza Repubblica, sottoposero l'amministrazione
ad innumerevoli sbandamenti, tanto più che i vari regimi, rappresentanti gli
interessi di altrettante classi sociali e portatori ognuno del proprio ideale,
perseguivano in campo coloniale obiettivi e politiche in qualche modo
discordanti14.
I primi anni di conquista non furono per l'Algeria i peggiori data anche una
limitatezza delle zone occupate e soprattutto l'incertezza riguardo al futuro della
presenza francese.
12
G. Esquer, op. cit., 11
R. Rainero, op. cit., p. 79
14
G. Calchi Novati, op. cit., pp. 15-16
13
6
Dallo sbarco al 1834 l'Algeria, il cui controllo francese si limitava ad Algeri e
dintorni, si presentava totalmente priva di istituzioni civili e praticamente in preda
ad un regime puramente militare.
Il "Comandante del corpo di spedizione" divenuto poi "Comandante supremo
dell'esercito d'Africa" e quindi "Comandante del corpo di occupazione" sostituiva
e accentrava nelle sue mani ogni autorità amministrativa, economica, politica e
giurisdizionale su tutto il territorio sottoposto al controllo delle truppe.
Per i primi i primi dieci anni la politica francese in Algeria contraddistinta
dall'indecisione, dalla mancanza di sistema, dalla discontinuità di indirizzo: i
governatori, quasi tutti i militari, si succedettero con una sconcertante frequenza e
ciascuno preoccupato di seguire una politica diametralmente opposta a quella del
suo predecessore.15
Inoltre il fatto che nemmeno i ministri del parlamento francese possedessero
informazioni precise su questo paese, i suoi abitanti, le sue risorse rendeva
impossibile attuare delle politiche determinate16.
L'ignoranza totale del paese da parte di comandi francesi, i metodi di conquista
impiegati, gli abusi commessi e lo strapotere dei militari francesi non mancarono
poi di fare da catalizzatore alle nascenti resistenze algerine che si stavano nel
frattempo sviluppando.
1.3 I movimenti di resistenza alla conquista.
Dopo la caduta del Dey Husain e lo sbarco francese la situazione interna delle
popolazioni algerine si presentava in pieno fermento e la piena occupazione
francese del territorio, lungi dall'essere rapida come sperato, si divise in diverse
fasi
Durante la prima fase della conquista che andava circa dal 1830 al 1841 quando la
Francia trovava in Abdel Kader, il capo in grado di mobilitare consensi tra la
popolazione in Algeria in modo da creare una forza di dimensioni quasi nazionali.
La seconda fase andava dal 1841 al 1847 ed era dominata dalla guerra contro lo
stesso Abdel Kader mentre la terza, tra il 1847 e il 1857, si può identificare con la
conquista dell’Aurès, nelle oasi meridionali e infine della Cabilia.
La quarta fase , quella conclusiva e andò 1857 al 1871, ed è stata caratterizzata
dalla repressione francese delle ultime rivolte delle popolazioni locali.
Nel 1871 l’ insurrezione capeggiata da Mohammed el-Hadj el-Moqrani, può
essere considerata l'ultimo movimento di opposizione generalizzata fino
all'insurrezione scatenata dal Fronte di liberazione nazionale nel 1954. Ma in tutti
quegli anni di stabilità apparente la dialettica di fondo fra colonizzazione e
resistenza della nazione araba algerina, da una parte per la sottomissione
definitiva della Algeria e dall'altra per la conservazione dell'identità (lingua e
religione), non venne mai meno, almeno allo stato latente17.
Nel ventennio circa del regno dei Luigi Filippo Orlèans, che sarà deposto sua
volta nel 1848 con quella che è passata alla storia come la "rivoluzione di
febbraio", nella mancanza di un sistema accentrato all'interno della nebulosità
della realtà algerina, i vari tentativi di conquista si diramavano in tanti rivoli,
dissanguando in guerre senza fine le forze francesi, che trovarono nelle regioni
della Cabilia i maggiori ostacoli. Fu con un certo sollievo, per quanto paradossale
15
E. De Leone, op. cit. , p.67
G. Esquer, op. cit., 10
17
G. Calchi Novati, op. cit., pp. 22-26
16
7
possa sembrare, che la Francia salutò l'emergere di un leader come Abdel Kader,
che aveva in titoli e le capacità per dare l'Algeria minimo di unità: lo scontro
finale con l’emiro doveva essere infatti la soluzione del problema della conquista.
Per tutto il primo periodo della colonizzazione francese, la resistenza non
raggiunse una dimensione nazionale mobilitando il grosso della popolazione
musulmana contro l'occupazione nei confini di quella che sarebbe diventata
l'Algeria moderna e contemporanea, ma tra il 1830 e il 1948 l'emiro riuscì a
trovare vasti appoggi tra le tribù creando un movimento che univa alla difesa
contro "l'infedele" l'opposizione ai resti della "tirannia turco ottomana" 18.
Abdel Kader nacque nel 1808 a Mascara da una famiglia molto religiosa. Divenne
presto in patria uno dei massimi esponenti della cultura religiosa, all'età di soli
venticinque anni acclamato come "re degli arabi" fu chiamato da tre grosse tribù
della regione di Orano a dirigere in qualità di emiro la resistenza contro la
Francia19.
La volontà che spingeva Abdel Kader alla guerra contro la Francia era
l'espressione di una consapevolezza politica ben determinata, di un patriottismo
che voleva difendere insieme la libertà e la terra, e rappresentava quindi la prova
di un attaccamento alla religione e alla cultura musulmana.
Gli storici algerini hanno provveduto a rivalutare l'opera di Abdel Kader,
smontando in particolare alla tradizione storiografica di scuola europea che ha
ridotto l'azione dell'emiro a livello di una "guerra santa", più che ad un movimento
di stampo nazionalista.
La grave sconfitta francese della Macta, il 12 giugno 1835 segnò l'inizio delle
ostilità con Kader e il suo esercito, che durarono fino al 20 maggio 1837 e si
conclusero con il trattato di Tafna. Con questo trattato, in realtà abbastanza
ambiguo20, la Francia riconosceva la sovranità all'emiro sulla provincia di Titteri e
su quasi tutta la provincia di Orano21.
Abilissimo condottiero Kader non aveva però la statura e i mezzi di un statista.
Nonostante la creazione di un'infrastruttura statuale, specialmente a livello
militare commerciale, con un'amministrazione in grado di avviare rapporti di
vicinato in quei territori occupati dalla Francia e di esercitare la giustizia e la
fiscalità, il suo "impero" poteva contare solo sulla guerra. Buona parte delle
energie di Abdel Kader furono dedicate in effetti a consolidare i suoi poteri sugli
algerini. Resistenza alla Francia ed edificazione dello Stato erano aspetti
complementari. Ma la guerra, probabilmente inevitabile non solo per le
provocazioni da parte francese ma anche per gli obblighi dell'emiro nella sua
qualità di comandante o principe dei credenti, ebbe a lungo termine un esito
sfavorevole a Kader22.
Nel novembre 1839 la Francia decise di rinunciare alla "pace politica" e di
intraprendere la strada della guerra ad oltranza nei confronti di Abdel Kader, al
fine di estendere a tutta l'Algeria la propria autorità. Fu il generale francese Valée
a porre le basi della conquista totale, ma fu il generale Bugeaud a legare in
definitiva il suo nome a quello della "pacificazione" della Algeria.
18
C. R. Ageron., op. cit., pp 13-15
G. Esquer, op. cit., 18
20
La stesura di questo contratto appariva abbastanza ambigua, in quanto a seconda della lingua in
cui questo fu redatto, francese e arabo, era possibile interpretarlo in maniera differente. Per
esempio ad un certo punto del documento francese il trattato diceva:«l'emiro riconosce la sovranità
della Francia»; mentre quello arabo affermava, «l'emiro dei credenti sa che il sultano è grande».
21
C. A. Julien, Histoire de l’algérie contemporiane: La conquete et les débuts de la colonisation
(1827-1871), Presses Universitaire de France, 1964, Paris.
22
G. Esquer, op. cit., p. 20-21
19
8
Fu proprio Bugeaud che si pronunciò il 14 maggio per la conquista totale e per la
colonizzazione militare23.
Nel maggio 1841 la capitale del regno di Kader, Mascara, fu occupata come pure
Saida, Boghar, Tlemcen ed altri punti strategici del dominio dell'emiro. Nel 1843
Abdel Kader fu costretto a rifugiarsi nel vicino Marocco dove godeva
dell'amicizia del sultano Abd el-Rahman.
Una ferrea offensiva francese privò in breve l’emiro di ogni valido appoggio e
sorpreso alla frontiera algero-marocchina egli si arrese.
La guerra durò fino al 23 dicembre 1847 quando l'emiro si consegnò nelle mani
del generale La Morcière per essere poi relegato in esilio a Parigi dove morì nel
188324.
Dopo aver sconfitto Abdel Kader, l'opera di "pacificazione" della Algeria da parte
della Francia non era ancora terminata. Le tribù Berbere del sud algerino non
avevano mai sospeso la loro agitazione, insofferenti della penetrazione francese
come lo erano state del dominio ottomano. Una serie di rivolte più o meno
spontanee, seguite da pesanti rappresaglie, ritardarono la stabilizzazione del
potere coloniale, che non esitò ad utilizzare tutti i mezzi di repressione e di tortura
per mantenere l'ordine.
Fra tutte le rivolte quella di Moqrani nel 1871, sia per le dimensioni assunte sia
perché sospinta dalla frustrazione delle masse contadine private delle terre, può
essere vista come preludio del futuro movimento nazionalista.
Quella di Moqrani fu un'insurrezione alimentata dai contadini senza terra, i quali
autodefinendosi "arabi" e "musulmani" possono essere considerati come i primi
nazionalisti. La repressione che seguì questa insurrezione aveva lo scopo di
terrorizzare contadini e di procurare altre terre alla colonizzazione. In Algeria si
venne formando così una tradizione di lotta, radicata nelle campagne, che la
rivoluzione nazionale del secondo dopoguerra, dopo più di un secolo di
occupazione francese, avrebbe utilizzato nel grande sforzo di liberazione.
La guerra di conquista o perlomeno la sua parte più lunga e più cruenta era finita e
l’Algeria ormai stremata si presentava preda a difficoltà di ogni genere.
Dopo la parentesi dell'emiro Abdel Kader " Islam" e "Indipendenza" divennero
inseparabili per molti algerini in tutte le manifestazioni di "resistenza" al
colonialismo: « non c'è alcun dubbio per quanto profondo fosse il senso di identità
islamica a livello degli individui della comunità, che era la natura distruttiva della
politica coloniale della Francia a provocare in ultima istanza la reazione
aggressiva di un'identità algerina indigena fortemente legata alla cultura islamica
nativa"25.
1.4 L’Amministrazione Coloniale : dalla Seconda Repubblica al Secondo Impero.
Se Carlo X e la Luigi Filippo I non ebbero idee ben precise per quanto riguarda la
dottrina da applicare alla colonizzazione dell'Algeria, la seconda Repubblica ne
fissò una fin dal suo nascere: quella dell'assimilazione, che divenne il nuovo
emblema delle autorità francesi.
I presupposti concettuali di questa dottrina erano la presunta assenza nella colonia
di una individualità storico culturale e la universalità della civilizzazione francese.
23
C. A. Julien, op. cit., p. 155
R. Rainero, op. cit., p. 93
25
G. Calchi Novati, op. cit., pp. 21-23.
24
9
Possedimenti e sudditi coloniali si sarebbero dovuti fondere e confondere nella
realtà rappresentata dalla Francia.
Fin dal 4 marzo 1848, cioè appena dieci giorni dopo la formazione del governo
provvisorio a Parigi, un decreto dichiarò d'Algeria "parte integrante dei territori
francesi" e tutte le misure prese all'epoca in virtù di questo principio, tesero tutte
all'obiettivo di introdurre e realizzare nella colonia un apparato amministrativo
che fosse il più simile possibile a quello della madrepatria26.
In base al decreto citato, confermato dall'articolo 21 della costituzione del 4
novembre dello stesso anno, i francesi d'Algeria furono ammessi a godere gli
stessi diritti di quelli di loro compatrioti in Francia e autorizzati ad inviare
rappresentanti all'assemblea costituente.
In meno di due anni sbarcarono in Algeria circa ventimila francesi, dando il via a
quel sistematico spossessamento nelle terre migliori con conseguente esclusione
degli indigeni, che sarebbe diventato una delle note dominanti della
colonizzazione. l'Algeria fu divisa in tre provincie (Algeri, Orano, Costantina), in
ognuna delle quali si distinguevano i "territori civili" , amministrati da prefetti e
viceprefetti, dai "territori militari"27.
Questo sistema si ridusse in un doppio regime amministrativo abbastanza
confusionario e senza il controllo di alcuna autorità superiore, che portò una sorta
di anarchia nel paese, favorita anche dai frequenti cambiamenti di governatori.
Per i musulmani questo periodo fu segnato delle grandi epidemie e gli anni che
vanno dal 1845 al 1851 furono chiamati "gli anni della miseria". La crisi
economica, che toccò anche i coloni, colpi più gravemente i contadini algerini, già
impoveriti da tre anni di siccità da cattivi raccolti e diminuzione dei greggi, fu
accompagnata anche da un'epidemia di colera che colpì la popolazione algerina
dal 1849 al 185128.
Con l'avvento del secondo impero i contrasti tra l’ autorità civile ed i militare non
accennarono a scomparire e una nuova Costituzione francese del 14 gennaio 1852
sancì il decadimento dell'autorità civile e la possibilità per quella militare di
esercitare il potere senza controllo. Questa fu l'epoca delle ultime lotte contro le
resistenze indigene e la fine delle grandi operazioni militari permise a Napoleone
III di mutare il sistema che attaccato da ogni parte per soprusi e arbitrio finiva per
indebolire il regime. Con un decreto, il 14 giugno 1858, l'imperatore soppresse la
carica di governatore generale ed istituì in sue veci il ministero d'Algeria e delle
colonie, il quale da Parigi avrebbe dovuto amministrare il paese attraverso dei
prefetti assistiti da Consigli generali.
Nel settembre 1860 Napoleone III compì il suo primo viaggio in Algeria, e fu
probabilmente questo viaggio che determinò un cambiamento nel suo sistema è
l'inaugurazione della cosiddetta politica del "regno arabo"29.
Questa politica fu enunciata per la prima volta nel 6 febbraio 1863 in una lettera
dell'imperatore al governatore generale, maresciallo Pèlissier, che diceva:
"l'Algeria non è una vera e propria colonia bensì un regno arabo. Gli indigeni
hanno come i coloni pari diritto alla mia protezione...Sono tanto imperatore degli
arabi quando imperatore di francesi"30.
Con un decreto, il ministero della Algeria venne soppresso e fu ristabilito il
governatore generale.
26
R. Rainero, op. cit., p. 96.
C. R. Ageron, op. cit., pp 25-26.
28
C. A. Julien, op. cit., p. 159.
29
E. De Leone, op. cit., p. 88
30
R. Rainero, op. cit., p.104 vedi anche De Leone, op. cit., p. 90
27
10
La formula del colonialismo alla quale faceva riferimento a Napoleone può essere
sintetizzata in più “capitali” meno “coloni”. La piccola colonizzazione degli inizi
doveva infatti venir sostituita da una grande colonizzazione di tipo capitalistico.
Ovvie ragioni di fierezza inducevano l'imperatore a ripudiare la politica di
popolamento di una terra lontana con l'emigrazione dei propri cittadini, tanto più
che la potenza finanziaria dei grandi complessi francesi andavano ora nel senso di
una valorizzazione delle prime forme di imperialismo bancario commerciale,
meno dispendioso per lo Stato. Fra indigeni e coloni doveva essere instaurata
comunque un'"eguaglianza perfetta"31.
Napoleone III fece allora ricorso ad una doppia manovra che riconosceva da una
parte agli indigeni il possesso della terra, allora nelle loro mani e dall'altra offriva
loro tramite la nazionalizzazione la via legale per diventare cittadini francesi di
pieno statuto. I due documenti rivestirono la forma di due senato-consulti
rispettivamente in data 22 aprile 1863 (sulla proprietà fondiaria) e 14 luglio 1865
(sullo statuto degli indigeni).
Il primo senato-consulto non abrogava però le leggi del 1851 che autorizzavano
l'esproprio delle terre appartenenti ai villaggi da parte dell'amministrazione
francese e in più sanciva l'acquisto delle terre già sequestrate e occupate dagli
europei. Il secondo senato-consulto, quello sullo statuto degli indigeni permetteva
l'accesso alla cittadinanza francese agli indigeni ma solamente a patto di un
precedente abbandono dello statuto personale coranico32.
Estesa alla popolazione araba, l'assimilazione, aveva lo scopo di cancellare
un'identità nazionale fortemente radicata. Ma come l'esperienza successiva
dimostrò, pochissimi algerini rinunciarono al proprio statuto mettendosi
automaticamente fuori dalla comunità della propria gente per essere accolti in
quella dei propri dominatori e infatti fra il 1866 e il 1934 solamente 2.500 algerini
divennero cittadini francesi.
1.5 Dalla Terza Repubblica alla prima guerra mondiale.
L'incremento naturale della popolazione europea residente, l'arrivo di francesi al
seguito delle compagnie finanziarie e industriali, dalla richiesta di tecnici per la
campagna di opere pubbliche indetta dalla Francia non consentirono l'effettiva
riduzione della popolazione non indigena, tanto che nel 1871, al crollo del
Secondo Impero, gli europei d’Algeria erano saliti a 245 a mila (dei quali 130
mila francesi). Fu questo il momento a partire dal quale i coloni sapranno di poter
rappresentare un forte gruppo di pressione e non vorranno essere più soltanto uno
strumento nelle mani della Francia. Da allora la questione algerina si complica di
un elemento nuovo, il terzo dopo Francia e indigenato algerino, i "francesi
d'Algeria" i coloni33.
Con l'aiuto delle leggi che fino a quel momento erano state promulgate si venne a
costituire di fatto in Algeria un regime razzista, nel quale francesi residenti, i
cosiddetti pieds-noirs, godevano di prerogative che neppure Parigi osava
contrastare.
L'impulso maggiore alla colonizzazione in profondità avvenne in effetti con la
Terza Repubblica, fu la grande epoca della colonizzazione francese, sia di quella
31
C. A. Julien, op. cit. pp. 433-434
G. Calchi Novati, op. cit.., p. 32
33
R. Rainero, op. cit., p. 105
32
11
ufficiale che di quella libera, sia di quella proletaria che di quella capitalistica34.
Come è accaduto in tutti possedimenti coloniali le divisioni verticali, in classi,
scomparvero o si attenuarono davanti a quelle orizzontali, più simili a delle
"caste"; schierando in pratica tutti i "bianchi" su un fronte e gli "arabi" o
"musulmani" sull'altro, al di là dell'interesse comune che genericamente avrebbe
dovuto coalizzare contro i "grossi coloni", i magnati dell'agricoltura della
navigazione, i petit blancs e i contadini arabi proletarizzati dagli espropri35.
Durante la Terza Repubblica il governo francese si occupò del problema della
indivisione delle terre. Queste ultime potevano essere riconosciute come
"proprietà" dal senato-consulto napoleonico del 1863 ma apparivano per la
maggior parte appartenenti ad una tribù e non ad un singolo contadino. I coloni si
attaccarono allora al "comunismo arabo", ben consci che, una volta stabilita
proprietà individuale nella tribù, sarebbe stato un gioco soddisfare il proprio
bisogno di terre. Presentarono le loro richieste al parlamento asserendo che
:«bisognava fare leggi concepite unicamente in vista dell'ampliamento della
colonia francese e lasciare poi ché gli arabi se la cavassero da soli nella battaglia
per la vita». Ottenendo così, nel 1870, un decreto col quale veniva imposta
l'attribuzione individuale delle terre indigene possedute nell’indivisione.
Fra le disposizioni adottate a questo scopo, la legge Warnier del 1873, che sostituì
le deliberazioni dal senato fatto sotto Napoleone III, sotto pretesto di abolire la
proprietà collettiva mirava a favorire il passaggio di proprietà degli apprezzamenti
dagli algerini ai coloni.
In questo modo il possedimenti coloniali si erano allargati a macchia d'olio,
distruggendo la proprietà indivisa attorno alla quale si organizzava la società
algerina post coloniale e destabilizzando irrimediabilmente l'equilibrio socioeconomico36.
Sul piano amministrativo e politico la riforma delle "competenze separate" e la
nascita delle delegazioni finanziarie saranno i due provvedimenti più importanti
nel periodo precedente alla prima guerra mondiale.
La dottrina delle "competenze separate" dopo essere stata difesa dai governatori
A. Grévy (1879-1881) e L.Tirman (1881-1891), fu violentemente attaccata dal
loro successore J. Cambon (1891-1897) che riuscì a far varare al governo il
decreto del 31 dicembre 1896 che metteva fine del sistema.
Dando ai coloni ed al governatore un'autonomia notevole il decreto 1896
consacrerà il fallimento della politica di assimilazione, quella teoria cioè che
pretendeva di amministrare l'Algeria alla stregua di "tre dipartimenti francesi". La
fine delle competenze separate fa convergere nelle mani del governatore residente
ad Algeri i poteri fino ad allora ripartiti tra i vari ministeri e questo notevole
potere farà sì che spesso, da allora, nei momenti più critici, esisterà tra Parigi e
l’Algeria una dualità di intenti ed un antagonismo che spesso portò
l'amministrazione dell’Algeria ad essere in balia dei grandi coloni ed a
contaminare inevitabilmente quel dialogo che gli indigeni aspiravano ad avere con
la Francia.
Dopo la fine del regime delle "competenze separate" ci fu la creazione delle
delegazioni finanziarie ,decise con una serie di decreti che dal 1898, che
costituiranno una sorta di carta costituzionale del paese. Le assemblee previste nei
decreti erano tre, in un numero atto a rappresentare i vari interessi chiamati a
votare il bilancio algerino ma avrebbero mantenuto soltanto un potere consultivo
34
C. R. Ageron, op. cit, p. 41
G. Calchi Novati, op. cit.., p. 33
36
M. Brondino, Algeria: paese delle rivoluzioni accelerate, Stampatori, 1980, Torino, pp. 35-37
35
12
poiché il bilancio adottato dalle delegazioni era soggetto alla revisione da parte
del Consiglio superiore del governo37.
Un simile decentramento era solo in apparenza contrario alla vocazione generale
dell'imperialismo francese di assimilare i possedimenti oltremare alla propria
civiltà e l'Algeria non sfuggiva dai forti tentativi di soppressione dell'individualità
statale e culturale.
1.6 La nascita dei primi movimenti nazionalisti: le conseguenze della prima
guerra mondiale.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, che mobilitò un gran numero di
algerini38, quasi un decimo della popolazione totale fu portata fuori dai confini e
fu messa in contatto con realtà e condizioni di vita nuove che ne accelerarono il
processo di reazione e di rivolta verso l'ambiente politico algerino. I sacrifici
bellici contribuirono alla presa di coscienza del popolo algerino riguardo alla
propria unità come entità ben distinta da quella francese e dei propri diritti.
Il richiamo al nazionalismo arabo diviene sempre più insistente e con esso la
volontà di affermare la propria individualità etnica39. Fissare la datazione per
quanto riguarda la nascita del movimento nazionalista algerino appare però
un'operazione non semplice, anche perché lo stato unico di parte integrante della
Francia rivestito dall'Algeria la rendeva meno soggetta alle correnti che si stavano
sviluppando all'interno dei paesi confinanti.
I primi movimenti organizzati che rivendicavano i propri diritti risalgono agli inizi
del 1900 e probabilmente presero la loro sorgente da una popolazione ridotta al
silenzio dal 1871 e alla quale non restava che la clandestinità come campo
d'espressione. Ma questi movimenti si limitavano alla richiesta della piena
cittadinanza francese per gli algerini e ad un più semplice processo di
assimilazione40.
Occorre attendere il decennio successivo al termine delle ostilità per vedere in
Algeria una serie di iniziative politiche che valsero a "sfrondare l'idea nazionale di
quanto di vago e di indefinito permaneva in essa ed a farla penetrare in strati
sempre più larghi della popolazione musulmana"41.
Dopo il 1930 e la celebrazione del centenario della conquista della con la
ripetizione dello sbarco a Sidi-Ferruch, il malcontento generale venne finalmente
a galla e le rivendicazioni di stampo nazionalista furono manifestate
pubblicamente da vari movimenti.
In linea generale a partire da questi anni si possono distinguere in Algeria tre
diversi tipi di nazionalismo algerino, ciascuno identificantesi con un capo
particolare: il movimento religioso, era rappresentato dall’ Association des Uléma
dello sceicco Abdul-Hamid Ben Bendis; quello rivoluzionario dei seguaci di
Messali Hadj; e infine quello, almeno inizi, liberale di Ferhat Abbas.
Il frazionamento di questi movimenti rende però difficile da loro classificazione
anche perché fu soprattutto il ruolo giocato al loro interno dai capi- carismatici,
oltre che la situazione politica tra la Francia l'Algeria, a condizionare le loro linee
di condotta.
37
R. Rainero, op. cit., p.110-112
25°….
39
T. Bensalah, op. cit., p. 52
40
G. Calchi Novati, op. cit., p. 41
41
Ibidem, p. 42
38
13
Alcuni hanno cercato di classificare in movimenti nazionalistici sorti in Algeria in
base ai loro obiettivi di fondo. J. C. Vatin distingue tra movimenti "ugualitaristici"
e movimenti "separatistici"42. In effetti se è vero che certi movimenti hanno come
rivendicazione principale l'uguaglianza ed altri il reclamano l'indipendenza e
anche vero contestare che la loro evoluzione ulteriore ne rende difficile la
classificazione. Ad esempio il movimento creato da Ferhat Abbas che all'inizio
poteva essere classificato assimilazionista mentre fini per posizionarsi in una
prospettiva indipendentista. Al contrario Messali EL Hadj che inizialmente era un
accanito difensore dell'indipendenza, in seguito si oppose al F.L.N.. Questi
movimenti hanno subito delle mutazioni negli anni è possibile però dividerli in
due categorie: quando i quadri dirigenti sono generati da tradizionalisti a cultura
arabo-islamica, l'attitudine è sempre quella di rigetto del colonialismo e di lotta
per l'indipendenza, al contrario quando i quadri politici sono notabili che hanno
ricevuto una cultura francese, le loro rivendicazioni sono dominate dai temi
dell'uguaglianza e dell'assimilazione43.
Secondo gli studiosi musulmani, durante il secolo di governo francese fu
soprattutto della dottrina religiosa a tener vivo il fuoco del nazionalismo algerino
e furono probabilmente gli ùlama a dare ai nazionalisti il primo impulso.
1.7 Il movimento dei Giovani Algerini.
Il movimento politico dei giovani algerini, nato nel 1908 e composto da cittadini
principalmente di livello agiato e intellettuali, si ispirava soprattutto ai movimenti
dei giovani turchi e dei giovani tunisini. Questo movimento non ebbe mai più di
duemila aderenti reclutati tra i membri delle professioni liberali, maestri e i
giuristi musulmani. L'associazione è stata dominata dalla volontà di utilizzare i
mezzi legali che offriva il sistema coloniale per raggiungere i diritti inerenti alla
qualità di cittadinanza francese. Dal 1910 a dimostrazione dell'ambivalenza
culturale dei dirigenti del movimento, ma anche della loro volontà di coinvolgere
l'opinione pubblica francese e allo stesso tempo reclutare dei simpatizzanti
algerini, il movimento dei giovani algerini pubblicò due giornali bilingui Islam e
Rachidi.
L'azione di questa movimento si prolungò grazie alla creazione di Circoli nelle
aree urbane tramite i quali essi facevano circolare dei bollettini informativi ed
organizzavano dei corsi e delle conferenze. Il programma del movimento, basato
soprattutto sull'assimilazione, era contenuto nel "manifesto dei giovani algerini"
elaborato nel 1912 e portato a Parigi da una delegazione ufficiale malgrado
l'opposizione del governatore generale44.
I "giovani algerini", ai quali probabilmente non si addiceva l'etichetta di
movimento "nazionalista", richiedevano polemicamente un ampliamento della
rappresentanza araba negli organi elettivi, l'accesso agli uffici pubblici, la
diffusione dell'istruzione45.
Le rivendicazioni contenute nel "manifesto" erano raggruppate principalmente
intorno al 5 punti. In primo luogo, i giovani algerini reclamavano il servizio
militare obbligatorio per i musulmani considerandolo come un preliminare
indispensabile alla concessione di diritti politici. Il secondo punto, il corollario del
42
T. Bensalah, op. cit., p. 53
T. Bensalah, op. cit., p.53
44
G. Esquer, op. cit., p.63
45
G. Calchi Novati, op. cit., p. 41
43
14
primo, era la richiesta che la naturalizzazione fosse accordata a quelli che avessero
fatto il servizio militare. Gli ulteriori punti del manifesto riguardavano: una giusta
ripartizione delle tasse e delle risorse, la presentazione politica legale per
l'accrescimento del numero dei rappresentanti algerini il diritto all'elezione dei
sindaci e la soppressione del codice dell'indigenato46.
Tali rivendicazioni accolte con "blando paternalismo" in Francia, trovarono gli
oppositori più convinti tra i pied noirs, che capivano di dover difendere "l'Algeria
francese" fermando in tutti i modi preventivamente lo sviluppo economico,
sociale e culturale degli algerini. La paura dei coloni era dovuta al fatto che ogni
riconoscimento di diritti degli autoctoni avrebbe potuto mettere in moto una
spirale che si sarebbe arrestata solo con l'autogoverno.
Nonostante i tentativi di esporre le proprie ragioni della delegazione a Parigi,
nessuna risposta precisa fu data dal governo francese e gli inviati del movimento
ritornarono ad Algeri per discutere di un eventuale cambiamento di metodo per far
valere le proprie rivendicazioni47.
Dopo la prima guerra mondiale il movimento dei "giovani algerini" andò verso
una scissione probabilmente inevitabile: da una parte chi guardava alla
naturalizzazione a qualsiasi costo, rinunciando allo statuto personale regolato
dalla sharia e dall'altra chi percepiva forte il rischio della perdita d'identità che
avrebbe potuto causare l'assimilazione48.
Alcune rivendicazioni dei giovani algerini ottennero, in misura limitata, ascolto
nella legge Clemenceau del 4 febbraio 1919 che offriva, in segno di
riconoscimento per i sacrifici algerini durante la guerra, delle facilitazioni per
quanto riguarda l'accesso musulmano alla cittadinanza francese.
Ma questa legge suscitò la più violenta intransigente opposizione da parte dei
pieds-noirs, riluttanti o timorosi di mutamenti. Come disse dopo l'approvazione
della legge il senatore di Orano: "gli indigeni hanno adempiuto proprio dovere
verso di noi, e meritano una ricompensa: ma forse è necessario, per dargliela,
ricorere a misure imprudenti?"49.
Il movimento dei giovani algerini sì disgrega e sparisce definitivamente tra il
1926 e il 1927 ed alcuni dei suoi dirigenti si ritroveranno in altri movimenti come
quello della Federazione degli indigeni, suo naturale prolungamento50.
1.8 La nascita del primo partito nazionalista : L’ ENA.
Il primo partito nazionalista a sorgere fu la Etoile nord-africaine (ENA) nato non
in Algeria bensì a Parigi nel marzo 1926 ad opera di un membro del comitato
direttivo del partito comunista Ali Abd el-Kader51. Sorto inizialmente come
associazione di beneficenza per aiutare gli emigranti nordafricani, l’E.N.A venne
fondato tra il proletariato algerino residente in Francia e si intitolò genericamente
al Nord Africa invece che alla patria algerina52. Il programma iniziale del partito
era "difendere gli interessi materiali, morali e sociali dei musulmani nordafricani"
46
T. Bensalah, op. cit., p. 55
Ibidem, p. 56
48
R. Rainero, op. cit., p.126
49
G. Mansell, Tragedy in algeria, Edizioni Comunità, Milano, 1965, p. 73
50
T. Bensalah, op. cit., p.62
51
R.Rainero, op. cit., p. 128
52
G. Calchi Novati, op.cit., p. 41
47
15
nonché la loro educazione53. Lo spirito della lotta sindacale e quello nazionalistico
si fondevano nella politica di questi algerini trapiantati come lavoratori in Francia
i quali oggetto di svariate discriminazioni, disprezzati dalla società bianca e
respinti da ogni possibile reale assimilazione della civiltà francese, portarono il
loro impegno nella lotta per la parità dei diritti fino all'estremismo. La lotta di
questi proletari aveva di mira più il capitalismo che il colonialismo in senso
stretto. Anche il richiamo a tutto Nord Africa contribuiva a sottolineare che
l’associazione si poneva in una prospettiva classista e terzomondista piuttosto che
in una nazionalista54.
Probabilmente l'attività svolta dall’ E.N.A non sarebbe andata oltre le
rivendicazioni sindacali o di quella di una società di mutuo soccorso a sfondo
socialista se un anno dopo la sua fondazione non fosse diventato presidente e
leader indiscusso Ahmed Messali el-Haj.
Nato nel 1898, figlio di un calzolaio di Tlemcen presso il confine marocchino,
Messali combattè nell'esercito francese durante la prima guerra mondiale per poi
trasferirsi a cercare lavoro in Francia. Qui intraprese l'attività di operaio e sposò
una francese iscritta al partito comunista a cui egli aderì a sua volta. Gli stretti
rapporti con il partito comunista non gli impedirono però una certa divergenza
nelle strategie. Il partito comunista francese subordinava l'indipendenza della
Algeria alla realizzazione del socialismo in Francia ed il suo impegno
anticoloniale si affievolì ulteriormente davanti all'emergenza ed all’affermazione
del fascismo.
Per Messali Hadj, ovviamente, veniva prima la nazione algerina con i suoi valori
rivoluzionari e gli aspetti egualitari dell'Islam.
Dal momento in cui nel 1927 Messali diventa presidente del Etoile nord-africaine,
all'età di ventinove anni, la sua storia si confonderà con quella del partito.
L’E.N.A fonda nel 1927, un giornale l’Ikadam ( "il Lavoro"), che per il suo tono
violento e anarchico fu sciolto lo stesso anno. Giornale che rinasce subito dopo
col titolo Al-Ummah ("la Nazione"; stavolta è scritto in francese e la sola testata
rimane araba).
Dalla presidenza di Messali in poi, il programma dell’Etoile nord-africaine appare
chiaramente delineato: indipendenza dell'Africa del Nord, ritiro delle truppe
francesi, formazione di un governo nazionale rivoluzionario. Le tesi di Messali
esposte chiaramente nel 1929 provocarono un intervento del governo di Parigi che
perseguì l'organizzazione come associazione non autorizzata e ne fece proclamare
lo scioglimento del tribunale della Senna il 20 novembre dello stesso anno.
Per un decorso eccezionale di circostanze questa decisione non venne resa
esecutiva nei termini previsti e decadde sei mesi dopo, ai sensi dell'articolo 156
del codice di procedura civile francese. Da questo momento in poi l’ E.N.A era
considerato illegale ma non verrà sciolto e continuerà anzi la propria attività
promuovendo addirittura pubbliche riunioni politiche degli algerini di Parigi55.
A differenza degli altri movimenti nazionalisti arabi dell'epoca, tutti più o meno
influenzati dal panarabismo, l’ Etoile si diede inizialmente un'organizzazione
politica rigorosamente laica ma, in seguito, il programma di questo partito
riprenderà negli anni trenta gli argomenti religiosi degli ulema riformisti.
Il partito portava avanti un programma non sempre ben delineato nel quale la
collaborazione con i comunisti francesi risultava difficile da conciliare con la
solidarietà dovuta ai partiti nazionalisti fratelli della Tunisia e del Marocco
53
R. Rainero, op. cit., p. 129
G. Calchi Novati, op. cit., p. 42
55
Novati., op. cit., p.41
54
16
essendo le idee nuove elaborate dal mondo operaio francese in netto contrasto con
il panarabismo.
L'intransigenza e il disdegno dei compromessi del movimento possono essere
facilmente rappresentati dal suo motto ufficiale "Tutto o nulla". Una prima
specificazione in senso politico del programma dell’Etoile, con un'enfasi marcata
sull'indipendenza della Algeria, benché in sintonia con Tunisia e Marocco
preparando l'unità dell'Africa del Nord, avvenne al congresso del partito del 1933.
Sul piano religioso il movimento proclamava l'unità della fraternità dell'Islam: su
quello sociale, subendo le influenze comuniste, si schierava contro
l'accaparramento da parte dei francesi della ricchezza economica della Algeria
sostenendone la restituzione al futuro Stato algerino e si dichiarava protettore
della confisca, a favore dei contadini, delle grandi proprietà dei coloni e delle
società finanziarie. Dal punto di vista nazionale, infine, chiedeva il
riconoscimento dell'arabo come lingua ufficiale e del suo insegnamento
obbligatorio e rivendicava il ritiro delle truppe di occupazione, la costituzione di
un esercito nazionale e la creazione di un parlamento nazionale eletto col
suffragio universale. L’ Etoile fu quindi un movimento che incentrò da sua azione
su una radicale e rivoluzionaria riforma fondiaria e su un acceso nazionalismo
probabilmente ancora poco consone con la reale situazione della società
algerina56.
La storia di Messali Hadj è quella del suo movimento degli ultimi anni venti e
negli anni trenta fu tutta una lunga storia di persecuzione poliziesche, interrotta
solamente da una breve pausa coincidente con l'avvento al potere in Francia del
governo di Fronte Popolare di Lèon Blum nel 1936. Fino a questa data le attività
del movimento restarono in gran parte circoscritte alla Francia e sembravano
avere ben poche ripercussioni in Algeria. Con l'avvento del Fronte Popolare,
L’Etoile pur rimanendo ancora nella clandestinità portò per la prima volta la sua
campagna per l'indipendenza sul suolo d'Algeria. L'avvento al potere di Blum
causò il ritiro, per esigenze politiche, dell'appoggio del partito comunista alle
rivendicazioni del nazionalismo algerino, partito comunista che non mancò invece
di sostenere il programma Blum-Voilette, ispirato essenzialmente da principi
socialisti ed alla vecchia tradizione giacobina di assimilazione, eguaglianza e
diritti dell'uomo57.
Cosa ordinare l'opportunismo, il partito comunista francese si mise contro i loro
vecchi alleati sferrando una decisa campagna di denuncia contro Messali
ritenendolo nemico dei lavoratori algerini. Quando ancora una volta l’Etoile
Nord-Africaine venne messo fuorilegge ad opera del governo Blum, ai primi del
1937, i suoi capi giunsero facilmente alla conclusione che questo era stato fatto su
ispirazione dei comunisti. Allora Messali ruppe ufficialmente con i vecchi alleati
comunisti e dal suo programma scopmparvero tutte le tracce di ideologia
marxista: il suo partito divenne in modo più esclusivo un partito nazionalista
musulmano, con un seguito operaio e un accento religioso.
Nel marzo 1937 per sottolineare il proprio cambio di rotta, la denominazione del
partito fu sostituito da l’Etoile Nord-Africaine a quella più nazionalistica di Parti
du Peuple Algérien. Pochi mesi dopo Messali fu arrestato ancora una volta della
sua organizzazione di partito in Algeria largamente smantellata grazie all'arresto
di numerosi attivisti. Rilasciato poco prima dello scoppio della seconda guerra
mondiale, egli fu nuovamente arrestato alla fine del settembre 193958.
56
De Leone, op. cit., p 153
Novati, op. cit., p. 42
58
Mansell, op. cit., pp. 74-75
57
17
Benché Messali rimase un grande protagonista della politica algerina fino al
momento dell'insurrezione armata meritandosi l'appellativo di "padre" del
nazionalismo algerino, tuttavia L'azione dell’Etoile non raccolse sul territorio
algerino quell'unanimità di voti popolari che il suo presidente più volte affermò di
avere. Basti ricordare i suoi aderenti non superarono ma i 10 mila e le sue sezioni
politiche, la trentina.
Parlando in termini di indipendenza nazionale, Messali Hadj si distaccava
nettamente dei "giovani algerini" e dei loro seguaci, che potremmo considerare
più "liberali", ma queste due diverse correnti di pensiero coabitarono a lungo in
Algeria59.
1.9 La Federazione degli Eletti.
La Federazione degli Eletti, fondata da Benthami Ould Hamida e Mohammed
Salah Bendjellul con lo scopo di far evolvere le condizioni politiche dell'Algeria
"nell'ambito delle leggi francesi", tenne il suo Congresso costitutivo di 11
settembre 1927 ad Algeri. Nonostante l'assimilazione in quel periodo avesse già
rivelato chiaramente i suoi limiti e le sue contraddizioni, nel discorso degli "eletti"
vi erano ancora ampie tracce di lealismo verso la Francia. Le rivendicazioni di
questo movimento si adattavano perfettamente alla condizione degli "evoluti", di
solito medici, farmacisti o avvocati, ma comunque sempre figli della scuola laica
e democratica a mezza strada tra la cittadinanza francese la nazione algerina. Gli
aderenti a questo movimento non erano ben visti dai coloni ma neppure dalla
massa araba perché partecipi di certi privilegi della società coloniale. Gli "eletti"
partecipanti nei vari organi che componevano l'infrastruttura amministrativa e di
governo dell'Algeria coloniale, erano spesso combattuti tra l'interesse personale,
che li spingeva a schierarsi con il potere della Francia, e il richiamo della
coscienza a difendere i loro rappresentati con cui condividevano lo status di
"indigeni"60.
Chi agi da catalizzatore in questo processo fu senz'altro il governatore Violette
che tentò di combattere l'estremismo di Messali el-Hadj appoggiando le
rivendicazioni di integrazione degli algerini evoluti. Il programma Blum-Violette
rappresentava essenzialmente un tentativo di portare il processo di assimilazione a
uno stadio più avanzato rispetto alle riforme del 1919. Una delle sue proposte più
importanti, che veniva incontro ad una delle rivendicazioni principali degli
évolués (evoluti) musulmani, prevedeva la concessione della cittadinanza francese
a determinate categorie di musulmani, senza subordinarla alla loro rinuncia allo
status personale in base alla legge musulmana.
Gli évolués anche se occidentalizzati di spirito, non lo erano nella loro vita
quotidiana domestica e all'interno della famiglia musulmana. Per questo motivo la
comunità araba tradizionale continuava ad esercitare su di loro un'influenza non
indifferente e l'abbandono dello statuto personale rappresentava l'ostacolo contro
il quale si infrangevano i loro sforzi di adattamento.
Con la legge Violette-Blum, ben 21 mila musulmani sarebbero così stati ammessi
alla cittadinanza francese nel primo anno e il loro numero sarebbe ulteriormente
aumentato di ogni anno successivo, non solo perché molti di più tra essi avrebbero
acquisito i titoli necessari, ma anche perché il principale ostacolo, agli occhi di
60
Rainero, op. cit., p.131
18
musulmani, per l'accettazione della cittadinanza francese, sarebbe stato abolito, e
molti membri della nuova borghesia musulmana di cultura francese avrebbero
salutato con gioia quest'opportunità di acquisire gli stessi diritti politici dei
francesi. A differenza della legge 1919, il programma Blum- Violette non ottenne
l'approvazione del parlamento e venne di fatto ritirato dal governo prima ancora di
essere messo al voti. I coloni d’Algeri ed il loro emissari ed allegati parigini
sostennero infatti che la sovranità francese nell'Africa settentrionale del sarebbe
stata compromessa61.
Lo stesso Violette tentò invano di convincere i francesi d'Algeria, ma accusato di
voler sabotare gli interessi della Francia in Algeria fu costretto ad abbandonare la
carica di governatore.
La Federazione degli Eletti sopravvisse alla caduta di Violette ma da quel
momento in poi i suoi maggiori esponenti compresero la mole di difficoltà da
sormontare per raggiungere gli obiettivi della parità dei diritti e
dell’assimilazione62.
Oltre a Bendjellul storico fondatore degli "eletti" il più famoso leader del
movimento è considerato senza ombra di dubbio Fehat Abbas. Costui era uno dei
pochi algerini ad avere concluso gli studi superiori nell'Algeria nei primi decenni
del secolo e faceva parte di una cerchia ristretta di quegli uomini nuovi della
media borghesia che volevano sfruttare al meglio la risorsa dell'istruzione.
Anche Abbas intraprese, almeno inizialmente, la dottrina neo-assimilazionista
convinto che accettando la battaglia sul terreno della legalità coloniale, avrebbe
scelto il percorso più breve per il riconoscimento dei diritti degli algerini.
In una serie di saggi scritti tra il 1921 e il 1930, Abbas affermava :«l'Algeria è una
terra francese. Noi siamo francesi con lo status personale di musulmani». Ed egli
dichiarava categoricamente non esservi nulla nel Corano che impedisse
musulmano algerino di essere «dal punto di vita nazionale» un francese. Nessun
accenno si fa in questi iscritti al nazionalismo o ad una nazione algerina. La
principale richiesta è quella della parità dei diritti politici e della fine del regime
coloniale63.
La corrente di pensiero neo-assimilazionista portata avanti dalla Federazione nei
primi anni della sua esistenza subì, almeno per molti dei suoi esponenti,
un'inversione di tendenza dopo il 1930 e le sfarzose manifestazioni del centenario
della conquista francese dell'Algeria.
Il tono fortemente autoelogiativo delle celebrazioni, che mettevano l'accento sui
meriti della Francia nella continua evoluzione dell'Algeria e la rievocazione
l'esaltazione degli avvenimenti connessi al conquista, furono percepite dagli
algerini musulmani come un'umiliazione insopportabile e causarono l’
avvicinamento alla lotta nazionalista di un numero sempre maggiore di persone64.
Alla fine del centenario la massa degli algerini, aliena l'estremismo di Messali elHadj,e delusa dagli scarsi risultati conseguiti da Bendjellul vive con favore della
nascita del terzo grande partito indigeno: l'associazione degli Ulema al quale
toccò il compito di scuotere l'opinione pubblica indigena dallo stato di letargo
nelle quale si trovava.
61
Mansell, op. cit., p. 68-69
Rainero, op. cit., p.131
63
Esquer, op. cit., p. 82
64
T. Bensalah, op. cit., p. 57
62
19
1.10 L’Associazione degli Ulema.
Fondata il 5 maggio 1931, l’Associazione degli Ulema si occupava alle origini di
problemi più religiosi che politici. Questa Associazione si rifaceva ai movimenti
riformisti che stavano nascendo in tutto d'oriente arabo musulmano a partire dal
XIX secolo sotto l'influenza grandi pensatori dalla Nahda (Rinascita) Al-Afghani
(1838- 1897) e Mohamed Abdou (1849-1905).
Fu proprio il passaggio di quest'ultimo in Algeria nel 1903 che permise di
allacciare delle relazioni tra riformisti e ulema algerini65.
Nata all'indomani del Congresso Islamico di Gerusalemme, l'Associazione
raccolse lo spirito del Patto arabo racchiuso che invitava nell'articolo 2 i
partecipanti a «rivolge gli sforzi in ogni paese arabo ad un unico scopo cioè
all'indipendenza»
La personalità più autorevole del gruppo fu lo sceicco Ad bel-Hamid ben Badis,
pensatore moderno relativamente progressista e disposto ad assorbire quanto più
possibile dall'Occidente per rafforzare l'Islam senza snaturarlo. La corrente del
riformismo badissiano è detta "salafita" o "islahista" in opposizione all'Islam
sincretico delle confraternite mistiche e delle famiglie marabutiche66.
I tre personaggi principali erano costituiti da Ben Badis, Tayeb El Oqbi e Bachir
El Ibraimi aumentarono la loro popolarità in Algeria grazie alla pubblicazione di
diversi giornali e riviste dottrinali tra i quali il più famoso era la rivista EchChihab (la ficcola), fondata nel 1924 da Ben Badis, incaricata di "diffondere le
luci della civiltà dell’islam e di farla diventare una ficcola dell’umanità" 67.
In Ech-Chihab venivano già sviluppate dallo sceicco le linee di pensiero
fondamentali della futura Associazione: appartenenza dell'Algeria al mondo arabo
musulmano, rinascita di una nazione araba rinnovata, lotta contro il culto dei santi
e la purificazione dell'Islam di tutti gli elementi oscurantisti. Quando
l'associazione venne fondata, questi temi furono mantenuti e adattati alla
situazione specifica che stava vivendo l'Algeria68.
I maggiori esponenti dell’Associazione venivano reclutati tra gli insegnanti che
avevano compiuto studi specifici nei paesi arabi e provenienti soprattutto da
Medina, il Cairo e dalla Zitouna della vicina Tunisi.
Gli obiettivi del movimento erano inizialmente culturali e religiosi ed avevano
come scopo ultimo quello di purificare la religione dalle superstizioni e dalle false
credenze che vi avevano introdotto gli ignoranti, in favorire di un ritorno alle fonti
coraniche e profetiche. Secondo gli ulema, le masse poco colte davano più peso
alle pratiche magiche che ai precetti coranici, e proprio per questo motivo era
necessario rieducare il popolo algerino alla religione. Il passaggio da movimento
solamente culturale e religioso a movimento politico fu però breve e nel giro di
pochi anni, gli ulema si identificarono in "partigiani di un ritorno alla fede
primitiva, rappresentanti di un Islam militante e combattivo".
Essi non si accontentarono del solo potere del verbo ma si organizzarono per
partecipare attivamente alla ristrutturazione della società, senza la quale sarebbe
stato impossibile un "rimodellamento degli spiriti"69.
65
Ageron, op. cit., p. 88
Novati,op. cit., p. 48
67
Rainero, op. cit., p.132
68
T. Bensalah, op. cit., p. 58
69
Novati., op.cit., 49
66
20
Secondo Ben Badis ciò che costituiva una nazione era la religione, la lingua, la
fierezza del passato. E finché un popolo non aveva perso queste tre caratteristiche
poteva considerarsi vivo nonostante la condizione di schiavitù70.
Il programma elaborato insisteva sulla necessità che il riconoscimento dell'identità
e della personalità algerina rappresentasse il solo mezzo di affermazione contro
l'asservimento coloniale.
Questa identità algerina si sarebbe dovuta realizzare tramite la creazione di scuole
libere nelle quali si sarebbe potuto dispensare l'insegnamento dell'arabo e delle
scienze esatte. Sarebbero state "scuole di patriottismo" dove si sarebbe insegnato
l'ideale nazionale e la grandezza della nazione algerina71.
Gli ulema saranno totalmente ostili all’assimilazione reclamata dai Giovani
Algerini prima e dalla Federazione degli Eletti poi, secondo loro era necessario
però dar prova, gradualmente, della capacità della società algerina di resistere alle
mire assimilazionistiche francesi.
Essi presero posizione nel 1936 contro Ferhat Abbas che difendeva la causa
dell’assimilazione vicino alle autorità francesi: « Noi ulema parliamo a nome
della maggioranza degli indigeni, dicendo a quelli che si sentono francesi: voi non
ci rappresentate!... il popolo musulmano d’Algeria ha la sua storia, la sua unità
religiosa, la sua lingua, la sua cultura e le sue tradizioni….questa popolazione
musulmana non è francese, ella non può essere francese e non vuole essere
francese». Le posizioni degli ulema si espliciteranno in seguito nella
rivendicazione dell’indipendenza e saranno diffuse in tutto il paese tramite
l’organizzazione di conferenze, le predicazioni e i dibattiti nelle moschee.
Essi non volevano rompere per principio con la Francia. Il ragionamento fermo e
senza equivoci si coniugava con un prudente modernismo dedicato allo scontro
con l'amministrazione coloniale e prevedeva l'indipendenza come approdo di
un'evoluzione lunga e senza violenza. Era necessario dar prova, gradualmente,
della capacità della società algerina di resistere alle mire assimilazionistiche
francesi72.
La replica dell’ autorità coloniale non tarderà però a farsi sentire. I francesi
attuarono un provvedimento che impediva la predicazione agli imam non
remunerati escludendo da quest’ultima la quasi totalità degli imam ulema
appartenenti all’Associazione. Nello stesso anno un altro provvedimento francese
dichiarava fuorilegge e bandiva tutti i giornali ed le pubblicazioni che potevano
essere ricondotte al movimento.
Ma queste misure non ridussero la popolarità della Associazione degli Ulama che
continuava a crescere e ad aumentare il numero dei suoi simpatizzanti. Anzi
questo momento in poi, l'attività di predicazione degli ulema che si svolgeva nelle
scuole, dove essi insegnavano il Corano e l'arabo classico, divenne l’attività
principale dell’Associazione. Grazie alla carenza di scuole governative francesi,
essi non ebbero difficoltà ad attirare migliaia di fanciulli arabi e perfino di adulti
nelle scuole libere coraniche che fondarono in tutto il paese. Gli ulema si
opposero agli insegnanti ufficiali di legge e teologia coranica, controllati
dall'amministrazione, e con i loro insegnamento ai fanciulli e agli adulti
contribuirono considerevolmente a diffondere la conoscenza della cultura araba e
dell'antica storia del popolo arabo, e quindi anche a sviluppare la coscienza
nazionale73.
70
Esquer, op.cit. , p. 5
T. Bensalah, op. cit., p. 58
72
Esquer, op. cit., p.67
73
Mansell, op. cit., p. 70
71
21
Anche i suoi avversari di un tempo, delusi dal comportamento delle autorità
francesi, finirono col trovare delle soluzioni ai problemi politici algerini che
andavano nella stessa direzione di quelle trovate dagli ulema.
Nel nazionalismo algerino, non solo la corrente religioso-riformista di Ben Badis
riuscì a contendere il titolo di principale esponente alla corrente radical-pupolista
di Messali, ma fu proprio l'azione degli ulema ad elaborare il programma più
espressamente contrario ad ogni contaminazione sul piano culturale. Nello stesso
tempo, grazie ai richiami alla cultura araba, l'Algeria "stabiliva una correlazione
attiva con il processo di emancipazione dei popoli nel medio oriente", in cui questi
ultimi esponenti della associazione si erano formati.
1.11 La repressione Francese alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Caduto Blum nel giugno 1937 e succedutogli il radicale Chatemps la Francia
entrò in un periodo in cui le difficoltà economiche e politiche minacciavano
sempre di più il gabinetto e non consentirono di giungere sul problema algerino
alla soluzione annunciata nell’ottobre dell’anno precedente. La legge BlumViolette che avrebbe potuto realmente rappresentare il punto di partenza per un
politica moderata nei confronti degli indigeni non venne ne discussa ne varata. Il
ritorno allo status quo dopo le speranze del 1936 rappresentò una fortissima
delusione per i moderati che si videro sopraffatti dalle pressioni esercitate dai
coloni nei confronti del governo. Il nazionalismo da questo momento in poi
rappresento l’unica possibile soluzione anche per quella grande massa di algerini
moderati che fino a quel momento avevano chiesto solamente la parità dei diritti
con i coloni.
Tra i tanti convertiti, anche Ferhat Abbas si allontanò dalla sua posizione
assimilazionista entrando per la prima volta nella arena politica algerina creando
l’Unione popolare algerina (U.P.A) che tentò di raggruppare gli eletti delle masse
popolari con un programma chiaramente nazionalista :« Vogliamo che l’Algeria
conservi la propria fisionomia, la sua lingua, i suoi costumi, le sue tradizioni…».
Di fronte a questo irrigidimento indigeno il governo di Parigi e le autorità francesi
di Algeri adottarono un deciso atteggiamento di reazione sottoponendo il
nazionalismo algerino ed i suoi uomini ad una sistematica pressione.
Dopo la crisi del 1938 la Federazione degli Eletti si era praticamente svuotata di
significato, mentre Messali, che attirava l’opposizione dei coloni, veniva accusato
di aver ricostruita sotto il nome di Partito Popolare Algerino (P.P.A)
un’associazione politica già sciolta per legge (l’Etoile). Per questo morivo Messali
venne arrestato il 4 ottobre 1939 e condannato il 17 Marzo 1941 a 16 annidi lavori
forzati e 20 anni di residenza coatta per complotto contro la sicurezza dello
Stato74.
Anche l’associazione degli Ulema attraversava una grave crisi a causa di numerosi
processi ed arresti dei suoi maggiori esponenti e soprattutto a causa della morte
del suo fondatore e presidente ben Badis avvenuta ad Algeri nell’aprile 1941.
Alla vigilia della fase decisiva della seconda guerra mondiale, allorché
l’armistizio franco-tedesco del 17 luglio 1940 venne firmato, il clima in Algeria
poteva ritenersi calmo.
74
Rainero, op. cit., p. Di 144 -145
22
Il nazionalismo però non poteva ritenersi una parentesi superata per
l’amministrazione francese, gli anni anzi mostrarono il contrario e la guerra forni
al movimento le occasioni sperate per radicarsi sempre più nella società75.
1.12 Dal dialogo postbellico all’insurrezione ed il Manifesto del popolo algerino.
Lo sbarco delle forze anglo-statunitensi in Algeria del 8 novembre 1942 fu seguito
dall'immediata liberazione dei capi nazionalisti che ripresero la loro attività
politica in mezzo alle complicazioni nate dalla simultanea presenza degli eserciti
francese, britannico e statunitense, della crisi della dissidenza francese e della
continuazione della guerra in Tunisia contro le residue forze dell'asse.
L'agitazione politica nella società civile della Francia divisa tra monarchici,
repubblicani, estremisti di destra e di sinistra, gaullisti ecc. ebbe come unico
risultato di mostrare ancora più chiaramente alla massa degli algerini degli aspetti
negativi della presenza coloniale, mentre l'occupazione militare statunitense
rendeva palese la modestia della tanto acclamata potenza militare della francese.
Condizioni internazionali erano inoltre particolarmente favorevoli al più acceso il
nazionalismo e all'ideologia anticoloniale, affermata unanimemente dall'Urss e
dagli Stati Uniti con il principio di autodeterminazione dei popoli sottoscritto
dagli alleati il 25 settembre 1941 nella Carta Atlantica, resero più intransigente e
rigida la propaganda dei nazionalisti.
Il 11 dicembre 1942 l'ammiraglio Darlan invitava i musulmani dell'Africa
settentrionale francese a partecipare più attivamente allo sforzo bellico intrapreso
dalla Francia e dagli alleati sui vari teatri di guerra africani ed europei. In risposta
a questo appello Ferhat Abbas inviò, il 20 dicembre, a nome "dei rappresentanti
dei musulmani algerini" un Message aux autorités responsables che suonava
come un vero e proprio ultimatum nazionalista76: « Questa guerra non è una
guerra di liberazione dei popoli senza distinzione di razza o di religioni. Malgrado
le promesse che sono state fatte ed i sacrifici sostenuti, le popolazioni autoctone
dell'Algeria sono prive di libertà e di diritti essenziali di cui godono le altre.
L'opinione musulmana vuole essere associata alla sorte comune non solo con
nuovi sacrifici. Occorre quindi dimostrarla con realizzazioni tangibili ed
immediate, la volontà della Francia. A questo fine, auspichiamo la convocazione
di una conferenza degli eletti e dei rappresentanti di tutte le organizzazioni
musulmane per l'elaborazione di uno statuto politico, economico e sociale che
darà alle masse la coscienza di diritti e del loro impegno a partecipare allo sforzo
bellico»77.
Con questo appello Ferhat Abbas, che fino a pochi anni fa poteva essere
considerato un esponente di prima linea tra i moderati filo-francesi e che nel 1936
aveva addirittura negato l'esistenza di una parte algerina, si poneva come uno dei
maggiori sostenitori del nazionalismo più intransigente.
Il messaggio del 20 dicembre venne respinto dalle autorità poiché, indirizzato
«alle autorità responsabili» e trasmesso anche alle autorità militari statunitensi,
sembrava mettere in dubbio la competenza esclusiva della Francia nella questione
algerina.
75
Ageron, op. cit., p. 88
Ageron, op. cit., p. 92
77
Esquer, op. cit., p. 79
76
23
Due giorni dopo, un analogo messaggio, diretto questa volta le sole autorità
francesi, venne ricevuto dal governo provvisorio che però non vi rispose affatto.
In seguito a questa mancata replica, cinquantasei esponenti nazionalisti algerini
capeggiati dallo stesso Ferhat Abbas firmarono e resero pubblico in 10 febbraio
1943 il Manifesto del popolo algerino che denunciava la politica coloniale
perseguita in Algeria dalla Francia e che sarebbe diventato la carta costitutiva di
un nuovo movimento, quello degli Amici del Manifesto della Libertà78.
Il manifesto accusava le autorità francesi di non curarsi affatto dell'avvenire
politico degli otto milioni e mezzo di musulmani algerini imponendo Algeria un
regime coloniale fondato sui crimini e sulle ingiustizie. Il manifesto richiedeva
inoltre per l'Algeria una Costituzione che garantisse libertà e uguaglianza,
soppressione delle proprietà feudali, riconoscimento della lingua araba, libertà di
stampa di associazione, istruzione gratuita e obbligatoria, libertà religiosa,
partecipazione immediate e reale dei musulmani alla vita pubblica e la liberazione
dei condannati politici.
Consegnato ufficialmente il 31 marzo il manifesto venne esaminato da una
speciale Commissione per gli affari economici e sociali musulmani, creata il 3
aprile, in due sedute tenute il 14 aprile e il 23 giugno sotto la presidenza del
direttore degli affari indigeni. A questa commissione Ferhat Abbas indirizzò al 26
maggio un ulteriore Piano di riforme che spingeva ancora più avanti le richieste
dei nazionalisti. Il piano affermava che la soluzione dell'emancipazione
dell’Algeria risiedeva ma in una Costituzione di indipendenza. Questa
Costituzione avrebbe dovuto garantire l'integrità e l'unicità del territorio algerino e
riconoscerle l’autonomia politica quale nazione sovrana. Secondo il Piano, al
termine del conflitto, l'Algeria sarebbe dovuta essere dotata di un proprio Statuto,
liberamente adottato, e da una Assemblea Costituente eletta a suffragio universale
da tutti gli algerini79.
Nel Piano di riforme erano presenti anche cinque provvedimenti della Francia
avrebbe dovuto adottare nell'immediato: trasformare il governatorato generale in
governo algerino con ugual numero di ministri musulmani e francesi, garantire
l'applicazione di questa stessa uguaglianza numerica alle assemblee elette dagli
altri organi di governo, mettere i musulmani nei pubblici uffici rimuovendo ogni
legge o regolamento ispirato a criteri di discriminazione, concedere l'uguaglianza
di trattamento agli algerini arruolati nell'esercito francese dando ai loro reggimenti
la bandiera delle Algeria, garantire la libertà nel campo dell'educazione della
religione.
Mentre la commissione per le riforme studiava le proposte contenute nel
Manifesto e nel Piano del 26 maggio, il Comitato francese di liberazione
nazionale (C.F.L.N) nominò, il 3 giugno 1943, il generale Catroux, governatore
dell'Algeria e commissario di Stato degli Affari musulmani.
Il nuovo governatore Catroux si presentò subito come un convinto
assimilazionista, sostenitore della maniera forte e grande difensore della missione
civilizzatrice francese nel Nord Africa. Pochi giorni dopo la sua nomina Catroux
toglieva ai nazionalisti ogni illusione sulle possibilità di pacifica revisione dello
status politico dell'Algeria. Il 23 giugno davanti alla Commissione per le riforme,
il neo governatore dichiarava che per quanto riguarda le proposte riforme
politiche:«il necessario sarà fatto al momento più opportuno sulla base dell'unità
della Francia e dell'Algeria, unità che costituisce un dogma. Mai la Francia
consentirà all'indipendenza dell'Algeria che ne è parte integrante». Con questa
presa di posizione il generale rigettava senza ombra di dubbio Manifesto e Piano
78
79
Ageron, op. cit., p. 92
Esquer, op. cit., p. 80
24
presentati dei nazionalisti trovandoli inadeguati ad essere presi come punto di
partenza dei lavori sulle riforme da attuare in Algeria.
Prendendo l'iniziativa, Catroux firmava il 6 agosto sei ordinanze sulla riforma
dell'amministrazione, sulla cittadinanza, sull'istruzione elementare e sulla
previdenza sociale, che però non accoglievano in nessun punto le richieste
nazionaliste. Per protestare contro l'azione di Catroux i delegati musulmani
rifiutarono di partecipare alla sessione straordinaria delle delegazioni finanziarie
del 22 settembre 1943. Incolparti di "disubbidienza in tempo di guerra" il
presidente della sezione musulmana Sayah Ab del-Keder e Ferhat Abbas vennero
arrestati come istigatori della protesta nazionalista ed internati a sud di Orano80.
Nonostante fosse chiaro che le autorità francesi avrebbero respinto qualsiasi
proposta che potesse incidere sull'unità della Repubblica francese, di cui l'Algeria
da parte integrante, il C.F.L.N ,ed il governo del generale De Gaulle, cercarono di
venire incontro alle aspirazioni dei musulmani riesumando alcuni dei
provvedimenti contemplati nel respinto programma Blum-Violette.
Il 12 dicembre il generale De Gaulle annunciava nel primo dei suoi discorsi di
Costantina che i musulmani appartenenti a determinate categorie, peraltro
abbastanza vaste, potevano diventare cittadini francesi, senza perdere il loro status
giuridico personale di musulmani. Le "molte migliaia di musulmani francesi"
sarebbero stati dai cinquanta ai sessantamila ed avrebbero avuto diritto di voto. I
musulmani avrebbero potuto votare in collegio parte della loro proporzione di
rappresentanti delle assemblee locali sarebbe aumentata, pur restando sempre in
minoranza.
Nell'ordinanza del 7 marzo 1944 vennero specificate le sedici categorie di
indigeni che sarebbero diventati di diritto cittadini francesi: ex ufficiali, titolari
della licenza elementare, funzionari ed ex funzionari, membri delle assemblee
finanziarie e titolari di certe cariche politiche.
Gli orientamenti ufficiali francesi circa i futuri sviluppi dell'Algeria continuavano
così ad essere ispirati da idee assimilazioniste, proprio per questa ragione le
riforme e 1944, pur comportando un considerevole progresso, non incontrarono
molto favore tra i musulmani ed incontrarono invece la ferma opposizione dei
coloni, gelosi dei loro privilegi, che le trovavano eccessive e pericolose81.
Come reazione alla politica assimilazionista delle autorità francesi Ferhat Abbas
gli ulema e Messali Hadj uniranno i loro movimenti nazionalisti facendo nascere
gli Amici del Manifesto della Libertà (AML) costituendo una sorta di fronte
popolare del nazionalismo algerino contro il colonialismo. Lo scopo fondamentale
di questo movimento era quello di rendere familiare l'idea di una nazione algerina
e rendere augurabile la creazione in Algeria di una repubblica autonoma federate
ad una Repubblica francese, anticolonialista ed anti-imperialista. Il patto
costitutivo degli Amici del Manifesto si proponeva infatti di lottare contro i
privilegi delle classi dirigenti affermando l'uguaglianza tra gli uomini, di
smascherare gli intrighi e le manovre delle forze reazionarie e feudali musulmane
e francesi e di coloro che avevano interesse qualsiasi al mantenimento del regime
coloniale.
Questo nuovo movimento ruppe con la pratica delle delegazioni e delle petizioni
dando la parola alla piazza. Le massicce dimostrazioni dovevano mettere in
evidenza la volontà dell’Algeria di conquistare maggiore libertà. Il cartello riunito
nell'associazione degli Amici del Manifesto era quanto di più vicino a un partito
unico abbia prodotto la scena politica algerina prima della formazione del FLN,
ma ben presto diede segno di essere caduto sotto l'influenza della sua ala
80
81
Rainero, op. cit., p. 153-154
Mansell, op. cit.,
25
estremista, ossia del Partito del Popolo algerino di Messali Hadj, che dopo il 1946
si sarebbe trasformato in Movimento per il Trionfo delle Libertà Democratiche
(MTLD)82.
1.13 Gli incidenti di Setif e la nascita dell’U.D.M.A.
Nei primi anni 40 l'economia algerina, a base prevalentemente agricola, stava
attraversando periodi di crisi di eccezionale gravità. Due invasioni di locuste e la
quasi totale mancanza di precipitazioni estive soprattutto negli anni 1944 e 1945
distrussero la maggior parte del raccolto cerealicolo algerino.
Nello stesso periodo la temperatura politica nel paese continuava a salire, ed un
congresso degli Amici del Manifesto svoltosi ad Algeri nel marzo 1945 fissò
manifestazioni di massa per la libertà dell'Algeria. Il 1° maggio 1945, in occasione
delle celebrazioni della Festa dal lavoro, le principali città algerina furono teatri di
grandi manifestazioni nazionaliste83.
L' 8 maggio 1945, giorno della vittoria alleata, una violenta insurrezione scoppiò
nelle vicinanze di Setif, regione della Cabilia con una prevalenza linguistica
berbera. Probabilmente ad accendere la scintilla dei disordini fu una
dimostrazione organizzata dai nazionalisti per celebrare appunto il giorno della
vittoria: la dimostrazione era incominciata in modo abbastanza pacifico, ma il
tentativo della polizia di abbattere alcuni cartelli portati dai dimostranti e l'uso di
un'arma da fuoco da parte di un ispettore della polizia francese contro i
manifestanti indigeni suscitò la rabbiosa reazione di una parte della folla. Ben
presto la protesta degenerò in aperta ribellione, fattorie ed edifici francesi vennero
assaliti e messi al sacco dalla folla in una serie di disordini durati due giorni che
provocano la morte di centodue europei84.
La repressione non si fece attendere, nel giro di pochissimo tempo fu proclamata
la legge marziale e reparti in assetto da guerra di truppe senegalesi e della Legione
straniera, appoggiati dai blindati, iniziarono un sistematico rastrellamento delle
zone colpite dalla protesta. Durante queste operazioni 44 villaggi vennero rasi al
suolo, mentre il numero delle perdite subite dalla popolazione algerina varia a
seconda delle versioni storiche, da un minimo di millecinquecento morti, ammessi
in un primo momento dall'Alto comando francese, ad un massimo di
quarantacinquemila, denunciato dai nazionalisti. Alla repressione militare seguì
un'ondata di arresti: più di quattromila musulmani tra cui Ferhat Abbas e altri
esponenti degli Amici del Manifesto (che venne soppresso) e del Partito Popolare
Algerino vennero imprigionati per misura di sicurezza. Le conseguenze politiche
della repressione di Sétif furono molto gravi e ben si può dire che proprio a Sétif
nacque la scintilla che avrebbe poi portato all'insurrezione del 1° novembre
195485.
In coloni rassicurati dopo la repressione presero a pretendere dal governo
drastiche misure contro i nazionalisti incarcerati inneggiando l'esecuzione dei
responsabili. Il governo però resistette a questi inviti ed allo scopo di mostrare al
popolo algerino il suo desiderio di ritorno alla legalità volle indire, come
precedentemente previsto, le elezioni del 21 ottobre 1945.
82
Robert Aron, Francoise Lavagne, Janine Feller, Yvette Garnier-Rizet, Les origines de la guerre
d’Algerie, Fayard, Paris, 1962, p.256
83
Rainero, op. cit. , 155
84
Horne, op. cit. , p. 200
85
Aron, Lavagne, op.cit., p. 92-93
26
Dichiarati fuorilegge i due principali partiti nazionalisti, il Partito Popolare
Algerino e quello degli Amici del Manifesto, le elezioni del 1945 svoltesi dopo la
tragica repressione non inviarono alla prima Assemblea costituente francese
rappresentanti nazionalisti. Notevole, malgrado l'elevata percentuale delle
astensioni l'affermazione della Federazione degli eletti, che presntando un
programma assimilazionista e filo francese, ricevette ben 308 mila vuoti su 689
mila votanti.
L'ordine pubblico dell'Algeria si era intanto completamente ristabilito e sempre
più ferventi si levavano in tutto il paese le richieste di clemenza nei confronti
degli arrestati e dei condannati per i fatti del maggio 1945. Dovuta all'iniziativa
del ministro degli esteri Le Troquer la discussione sull'amnistia iniziò nel febbraio
1946 .
Uscito dal carcere col favore dell'amnistia e il 16 marzo 1946 Ferhat Abbas
riprese immediatamente il programma del Manifesto, inserendolo nel quadro di un
partito politico, composto dalle sue sezioni, alla sua disciplina della sua dottrina.
Nasceva quindi l’Unione democratica del Manifesto algerino (UDMA). Il 1°
maggio seguente precisava gli scopi dell'unione in un appello alla gioventù
meridionale e francesi. Secondo Abbas l’UDMA doveva puntare :« All'erezione
dell'Algeria in uno stato algerino dove francesi e musulmani avrebbero potuto
continuare liberamente a vivere...Né assimilazione, né nuovi padroni...».
Abbas guardava alla futura Algeria come ad una comunità multirazziale, ed
esortava gli europei a liberarsi dal loro «complesso coloniale» e del loro «orgoglio
di conquistatori»; ma incitava pure i musulmani a rinunciare ai loro :«concetti
teocratici medievali» e all'idea ormai superata del nazionalismo musulmano. Con
dichiarazione di questo tipo Ferhat Abbas confermava il suo atteggiamento
moderato ripudiando sia l'arabismo degli Ulema, sia il nazionalismo separatista
del P.P.A di Messali.
1.14 Lo Statuto del 1947.
Alle elezioni per la seconda Assemblea costituente del 2 giugno 1946 il nuovo
partito di Ferhat Abbas, portavoce in primo luogo dei ceti medi urbani, conquistò
11 nei 13 seggi del secondo collegio e 458.000 vuoti su 633.000 votanti.
Frutto senz'altro di favorevoli condizioni quali l'appoggio del clandestino PPA e
di quello della ormai frammentaria Federazione degli Eletti, il trionfo di Ferhat
Abbas segnò la disfatta dei partigiani dell'assimilazione dei moderati.
Il fondatore dell’ UMDA, rivelatosi durante le elezioni il più popolare esponente
del nazionalismo algerino, propose, il 9 agosto 1946, all'assemblea costituente un
nuovo Statuto per Algeria86.
Secondo lo statuto proposto da Abbas, il paese sarebbe dovuto diventare una
repubblica autonoma, di cui abitanti, sia francesi che musulmani, avrebbero
assunto la cittadinanza algerina. L’algeria avrebbe poi avuto un governo proprio,
responsabile di fronte ad un Parlamento eletto a suffragio universale. Inoltre, la
Repubblica algerina avrebbe amministrato in proprio gli affari interni, ma in fatto
di politica estera e di difesa sarebbe stata associata alla Francia. Da quest'ultima
l'Algeria avrebbe continuato a ricevere aiuti finanziari, mentre d'altro canto la
Francia avrebbe tenuto in Algeria, a rappresentarla, un suo Délégué Général
investito di un qualche potere consultivo.
86
Ageron, op. cit., 92-93
27
Il piano dell’UMDA non fu mai preso in esame dall’Assemble Nazionale
francese, nemmeno come base per una discussione, allorché si trattavarono i futuri
rapporti tra la Francia e di suo territorio d’oltremare87.
La situazione delle forze nazionalisti era intanto mutata nel paese con il ritorno del
lungo esilio del presidente del disciolto P.P.A Messali Hadj avvenuto il 13 ottobre
1946. Fondando il nuovo partito Movimento per il trionfo delle libertà
democratiche (MTLD), Messali Hadj, in rotta con i programmi dell’ UDMA, e
degli Ulema, decise di ridare al nazionalismo algerino la vecchia intransigenza dei
tempi dell’Etoile.
Ferhat Abbas non riuscendo a intendersi con quest'ultimo partito per fondare un
fronte nazionalista unito rinunciò partecipare alle elezione del 10 novembre,
durante le quali Messali Hadj ottenne ben 5 seggi, con 153 a mila voti su 464 mila
votanti.
Il governo francese, ancora scosso dai fatti di Sétif, decise che era tempo di
dettare una nuova Carta dei Diritti dell'Algeria e di offrire al paese di suo primo
statut organique. Per le notevoli ragioni di contrasto tra i diversi gruppi di
pressione presenti nell'assemblea e per l'estrema diversità di proposte da essa
scaturita, lo statuto si risolse in un compromesso. Il 27 agosto 1943, lo statut
venne votato da 328 deputati contro 33, con 208 astensioni tra le quali quelle dei
quindici deputati musulmani. Esso conteneva cinque importanti riforme e
costituivano il suo fulcro centrale:
la soppressione delle communes mixtes, da sostituirsi con consigli locali
democraticamente eletti, la soppressione del governo militare dei territori
sahariani, da sostituirsi con quello civile di dipartimento, il riconoscimento
dell'arabo a lingua ufficiale accanto a francese, la separazione tra Chiesa e Stato
per la musulmana come per le altre religioni, la concessione del diritto di suffragio
elettorale alle donne musulmane. Allo stesso tempo lo statuto aboliva il sistema
del " governo mediante decreto", sostituendolo con un'Assemblea algerina elettiva
composta di 120 membri (60 per ciascun collegio elettorale), con il potere di
modificare delle leggi metropolitane applicabili all'Algeria e di voto in materia di
bilancio e di leggi finanziarie.
L’Assemblea avrebbe preso le proprie decisioni in base al sistema del doppio
collegio88, grazie al quale, la minoranza europea si trovò in effetti a pensare
quanto l'intera popolazione musulmana. Esso non rispondeva pertanto né alle
domande del gruppo parlamentare musulmano riguardo alla garanzia di sovranità
da concedere all'Assemblea algerina (sovranità totale, tranne che in materia di
difesa e affari esteri) né alla richiesta di concessione dei diritti in doppia
cittadinanza89.
Lo statuto non soddisfaceva né i deputati algerini, che come già detto si astennero,
né i sostenitori dell’ MTLD di Messali che rifiutarono persino di riconoscere la
competenza dell'Assemblea francese a legiferare in materia, ma nemmeno i
conservatori pied-noir che ritenevano che l'apertura apportata nei confronti di una
maggioranza musulmana nell'Assemblea algerina avrebbe minacciato la sicurezza
nazionale. Nonostante queste critiche, se fosse stato messo in pratica, lo statuto
avrebbe probabilmente rappresentato se non altro una riforma di importanza senza
87
Mansell, op.cit., p 78
il primo collegio elettorale comprendeva tutti i cittadini francesi di un certo numero di
musulmani meritevoli, ossia persone con educazione superiore, funzionari civili, ecc. per un totale
di circa sessantamila individui. Il secondo collegio comprendeva gli elettori facenti parte della
restante schiera dei nove milioni di musulmani
89
Aron, Lavagne, op.cit., pp. 262-265
88
28
pari rispetto al passato. Ma il gruppo dei pied-noir riuscì a bloccarlo, come già
aveva fatto nel 36 con il progetto Blum-Violette.
Nello statuto venne così inserita una clausola procedurale in base alla quale le
cinque riforme cruciali sarebbero state soggette all'approvazione dell'Assemblea
algerina: come dire che, sin quando i pied-noir vi avessero conservata la
maggioranza, anche queste riforme, alla stregua di tutte le altre a partite dal 1909,
non avrebbero mai visto la luce90.
1.15 L'evoluzione dei partiti e le elezioni.
Le elezioni per la prima Assemblea algerina si svolsero il 4 aprile 1948 e
rappresentarono un esempio eloquente di "elezioni" caratterizzate da notevoli
brogli ed irregolarità, ma fatte passare in Algeria, in Francia e all’ ONU come
rispettose della democrazia e della volontà del popolo algerino91.
Il corpo elettorale era composto da 464.000 coloni e 60.000 algerini per il primo
collegio e da 1.400.000 algerini per il secondo. Nel primo collegio si assistette a
un crollo dei partiti di sinistra a favore di una unione di destra ispirata agli ideali
gollisti. Nel secondo le elezioni segnarono la clamorosa sconfitta dei nazionalisti e
dei separatisti algerini che videro i voti degli algerini orientati verso liste moderate
e filo-francesi. Ma durante queste elezioni proclamate regolari dal governo
francese, le violenze contro gli elettori, agli arresti dei candidati nazionalisti, la
pura e semplice contraffazione del voto furono tanto scandalosi che, anche i
deputati francesi presentarono interrogazioni al governo chiedendo spiegazioni92.
Trovati i candidati moderati e ben accetti, l'amministrazione francese diede
istruzioni ai prefetti e ai sindaci per sbarrare la strada ai separatisti, in modo da
rimediare agli errori dello statuto dell’anno precedente e adattarlo alle necessità
algerine.
Una giustificazione di tali manovre riferita da P. Fréderix nel quotidiano "Le
Monde" del 3 aprile 1952 è significativa :«Al momento di eleggere nella nuova
Assemblea prevista dallo statuto il governo francese temette quanto il Parlamento
francese aveva fatto. Nei nostri tre dipartimenti algerini la scelta non verteva tra
elezioni libere e le lezioni manovrate. Verteva tra elezioni manovrate dai
messalisti per le lezioni manovrate dal governatore. Abbiamo scelto le seconde»93.
Anche il rinnovo parziale dell'assemblea, il 4 e l’11 febbraio 1951, confermò i
dubbi sui maneggi elettorali da parte francese. Mentre nel primo collegio le
posizioni rimasero più o meno uguali a quelle del 1948 nel secondo i partiti
nazionalisti perdettero sempre più terreno a favore degli indipendenti progressisti
o dell’ Unione moderata algerina94.
90
Horne, op. cit., pp. 69-70
tutto una serie di elezioni che si tenne in Algeria dopo la consultazione del 1948: nel marzo
1949 elezioni cantonali, nel febbraio 1951 all'Assemblea algerina e nel giugno dello stesso anno
per l'Assemblea nazionale francese, nell'aprile e nel maggio 1953 per le amministrazioni
municipali, nel gennaio-febbraio 1954 ancora per l'Assemblea algerina. Le circolari inviate dai
funzionari locali raccomandavano di "esercitare pressioni sugli amministratori" e di indurre gli
elettori a votare "in favore dei candidati sostenuti dall'amministrazione"
92
G. Calchi Novati, op. cit., p. 66
93
Pierre Frèdérix , Propectives Algerienne, le monde, 3 aprile 1952
94
Alistar Horne, Storia della guerra d’algeria (1954-1962),Rizzoli, Milano, p 72.
91
29
il sostanziale fallimento dello Statuto sembrava un ulteriore conferma che
all'Algeria non poteva aspettarsi di essere liberata dal giuoco parlamentare
francese.
Contro questi abusi non mancarono anche da parte di personalità europee proteste.
Un simile malcostume politico ebbe serie ripercussioni sui nazionalisti e sui
musulmani in generale: l'alta percentuale di astensionismo dimostrava la totale
sfiducia nel metodo elettivo quale sistema democratico95.
1.16 Dal Fronte Algerino alla nascita del CRUA.
Il primo tentativo di unire sotto la stessa bandiera a tutti i nazionalisti algerini
risale al 31 luglio 1946 allorché il Comitato centrale del Partito Comunista
Algerino (PCA) lanciò un appello «per l'unione di tutti degli algerini progressisti
in un vasto Fronte nazionale democratico» che avrebbe dovuto unire il PPA,
l'Unione democratica del Manifesto, gli Ulema e il Partito Socialista.
L’iniziativa del PCA, benché evidenziasse come uno dei principali difetti del
nazionalismo algerino fosse insito nella sua divisione, non ebbe il successo
sperato e non venne raccolta dai partiti musulmani insospettiti per ragioni
ideologiche da una proposta comunista.
Un secondo tentativo di unità nazionalista può essere ritenuto, seppur riguardi
solo il P.P.A, l'adesione algerina al comitato di liberazione del Magherb arabo in
data 7 gennaio 1948 con i partiti nazionalisti del Marocco e dalla Tunisia. Si
sarebbe dovuto però aspettare alle elezioni del 21 giugno 1951 per giungere
all'unificazione tramite la creazione ad opera del Congresso degli Ulema,
dell’U.D.M.A, del M.T.L.D del P.C.A, nel Fronte algerino per la difesa e per il
rispetto della libertà avvenuto il 5 agosto 1951.
Le ragioni che indussero i partiti nazionalisti ad unirsi furono, secondo il
proclama comune, l'insincerità delle elezioni fino a quel momento indette, la
mancanza delle libertà fondamentali per gli elettori del secondo collegio, la
repressione delle autorità contro algerini di idee politiche nazionaliste e lo stato di
tensione generato in tutto paese da questa situazione. Gli obiettivi che il Fronte si
proponeva erano quelli dell'annullamento delle elezioni del 1951, che secondo
opinione comune, avevano portato alla nomina da parte dell'amministrazione di
uomini ai quali popolo algerino non aveva affidato il suo mandato e dei quali esso
negava il diritto di parlare in proprio nome. Il Fronte dichiarava inoltre di
respingere ogni forma di repressione collettiva o individuale e ogni ingerenza
amministrativa della sfera del culto, ed esigeva il rispetto da parte delle autorità
francesi delle libertà fondamentali del popolo: di coscienza, di stampa, di opinione
e di riunione96.
Inizialmente l'importanza che al Fronte venne attribuita da parte musulmana come
da parte francese fu notevole. Si rilevò giustamente che quella fosse la prima volta
in cui nazionalisti algerini erano riusciti a riunirsi superando rivalità personali e
gli attriti tra i diversi partiti. Ma ben presto i buoni propositi del Fronte fecero
spazio alla crisi ed i dissidi tra i vari esponenti riaffiorarono come le numerose
incompatibilità ideologiche esistenti tra i 4 partiti. Il M.L.T.D, giudicato dalla
95
96
Rainero, op. cit., p. 167-169
Ageron, op. cit., p. 98
30
Francia il competitore più temibile, fu il primo a dichiarare nel suo congresso del
1953 di ritenere superate le politiche del Fronte.
Fino al 1947 i partiti nazionalisti avevano condotto una lotta politica attraverso
metodi costituzionali, ma fu probabilmente l'improduttività di questa lotta che
contribuì alla nascita di una nuova forma d'azione, si potrebbe chiamare "diretta"
o "violenta", fuori dal raggio dei partiti tradizionali.
Il gruppo che per primo si concentrò su una prospettiva "violenta" fu
l'Organizzazione speciale, una sorta di braccio armato del M.L.T.D, fondata nel
1947, embrione dell'insurrezione del 1954, che permise al M.L.T.D di
ufficializzare in qualche modo lo sdoppiamento tra legalità e illegalità. Con l’ Os
in movimento di Messali poteva perseguire, per vie parallele, con una vera e
propria ripartizione di compiti, sìa alla strada della politica elettorale sia l'impegno
diretto per l'indipendenza.
L'inizio degli anni cinquanta fu però segnato da ripetuti contrasti all'interno del
partito di Messali che portò ad una scissione del M.L.T.D in due tronconi. I dissidi
interni si possono sintetizzare con la polemica tra "messalisti" e "centralisti". I
primi, i seguaci più fidati di Messali Hadj, sostenevano di essere i soli interpreti
della volontà popolare; i secondi, così chiamati dal loro riferirsi all'autorità ultima
del Comitato centrale, in cui detenevano la maggioranza, volevano elevarlo a
istanza suprema contro il personalismo di Messali.
Una scissione avvenne nel luglio del 54 quando il gruppo dei "messalisti"
rimpiazzò il Comitato centrale, accusato di deviazionismo, con il Consiglio
nazionale della rivoluzione. Mentre nello stesso mese il Comitato centrale si
riuniva per espellere Messali dal partito accusandolo di fanatismo religioso.
Il conflitto tra le due tronconi del MLTD persuase i resti dell’ Os ad intraprendere
un azione come gruppo separato, per non disperdere completamente il patrimonio
dell'unico partito di massa che al momento avesse l'Algeria. Su iniziativa di
Mohammed Boundiaf, con l'intento esplicito di unificare il partito tormentato
dalle rivalità ideologiche e personali con un progetto anticoloniale e
rivoluzionario, i militanti che avevano fatto parte dell'Organizzazione speciale si
riunirono in più occasioni fino a fondare il Comitato rivoluzionario di unità e di
azione (C.R.U.A)97.
Si trattava in pratica di una terza forza gli “attivisti”, rispetto a “messalisti” e
“centralismi” che ormai si stavano facendo la guerra.
I piani del C.R.U.A prevedevano che, con l'inizio delle operazioni militari, il
movimento avrebbe assunto forma politica più precisa. Venne costituito un
partito, battezzato Fronte di liberazione nazionale (Front de libération nationalF.L.N), che combinava elementi del radicalismo messalista con idee
modernizzanti degli "evoluti" e le spinte islamiche della base. Al fianco del F.L.N
avrebbe operato l'Armata di liberazione nazionale (Armée de libération nazionaleA.L.N ), sua organizzazione militare98.
Il passo che portò alla rivolta armata del novembre 1954 maturò in alcuni mesi tra
molte difficoltà. I capi del movimento dovevano convincere popolo algerino della
sua consistenza e dargli fiducia nei confronti di una forza, il dominio francese che
la gente si era abituato a ritenere invincibile. Grandi problemi di armi, viveri e
consensi internazionali furono affrontati e risolti in un'estenuante vagabondaggio
tra l'Algeria ed alcune città straniere, soprattutto il Cairo, Berna e Ginevra, oltre a
Parigi.
Nove furono i capi storici che diedero vita alla rivoluzione, sei di loro, Didouche,
Ben Boulaid, Buondiaf, Rabah Bitat e Belkacem Krim, si mossero negli ultimi
97
98
Horne, op. cit., p. 78
Ageron, op. cit., p. 98
31
mesi soprattutto in Algeria, e tre al Cairo, Ahmed Ben Bella, Vocine Ait Ahmed,
Mohammed Khider99.
1.17 La guerra di liberazione.
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1954 scoppiò una serie di disordini
che coinvolse tutta l'Algeria. Malgrado le prime dichiarazioni dell’allora
governatore R. Léonard che tendevano a minimizzare lo scoppio delle violenze,
l'opinione pubblica ed il governo francese si resero presto conto che gli incidenti
prendevano l'aspetto di una vera e propria ribellione organizzata. Pochi giorni
prima della rivolta il quotidiano nazionalista La Nation Algérienne si schierava
contro l'immobilismo politico di Parigi :«Per lungo tempo si è voluto negare che
esistessero il problema indocinese e un problema tunisino. Gli avvenimenti si
sono incaricati di provare il contrario... Altrettanto valga per l'Algeria; il governo
francese e dell'avviso che, nel nostro paese, tutto procede per il meglio e non
esiste un problema algerino» ed in oltre « la lotta per le riforme immediate non è
incompatibile con quella per la liberazione»100.
Alla notizia di disordini, il governo presieduto dal radicale Pierre Mendès-France
si trovò preso alla sprovvista senza un preciso piano d'azione nel territorio
algerino. Lungi da pensare ad una trattativa con i nazionalisti e convinto della
necessità di ridurre prima alla ragione la punta più estremista, Mendès-France
decise, il 5 novembre, lo scioglimento del MLTD, la soppressione di tutta la
stampa nazionalista e l'arresto di tutti gli esponenti più illustri del nazionalismo
algerino. Parallelamente ebbero inizio le operazioni militari di "pacificazione" con
l'aiuto di truppe, circa quarantamila uomini, fatte affluire della Francia101.
Lo scioglimento del MLTD non ebbe però i risultati sperati, anche perché il
comando delle operazioni era ormai stato preso in mano dal nuovo partito del
FLN , creato dal CRUA.
Il 1° novembre 1954, il Fronte di Liberazione Nazionale annunciava il passaggio
alla lotta armata contro il colonialismo francese, per la «restaurazione dello Stato
algerino, sovrano, democratico e sociale, nel quadro dei principi islamici»102.
iniziava così una riconquista che sarebbe durata più di sette anni e sarebbe
costestata al popolo algerino oltre un milione di vite, a tre milioni di deportati e un
territorio devastato.
La mobilitazione si fece ovviamente sul tema dell'indipendenza nazionale ma
soprattutto sull'unità del popolo algerino e sul suo essere islamico. Il concetto di
"nazione" tout court non sarebbe bastato a smuovere le masse in uno slancio
omogeneo se non fosse stato un senso di "nazione musulmana", cioè
l'affermazione del popolo di Allah contro lo straniero. Solo nella dimensione
religiosa potevano convergere ed unificarsi le motivazioni di ognuno: quelle dei
99
Novati, op. cit., p 78
La Nation algérienne, 29 ottobre, in Esquer, op. cit., p 95
101
Rainero, op.cit., p. 175
102
Proclama del FLN 1° novembre 1954, in Calchi Novati, La Rivoluzione Algerina, Milano,
Dall’Oglio, 1969, p. 222
100
32
fellahin (contadini) spodestato nelle loro terre, quelle degli intellettuali messi a
tacere, quelle dei commercianti borghesi bloccati nella loro ascesa sociale103.
Il FLN si proponeva come movimento indipendente dalla due parti del MLTD che
si contendevano il potere ("centralisti " e "messalisti") ed offriva agli algerini di
tutte le categorie sociali di integrarsi nella lotta per la liberazione. La parola "
fronte" era stata voluta da Boundiaf per non dare l'impressione di esclusivismi e
garantire che tutti gli algerini, quale che fosse la loro direzione politica, si
sarebbero potuti unire al movimento.
Pressoché senza rivali anche per l’involontario aiuto fornitogli dalle autorità
francesi con l'attacco contro il MTLD, il FLN decise di ammettere come aderenti
a titolo personale i militanti dell'uno dell'altro dei due partiti tradizionali, nonché i
comunisti, purché non sopravvivessero correnti o gruppi organizzati104.
Assestato il primo colpo dagli attentatori del 1° novembre 1954, la rivoluzione
algerina si trovò davanti il compito di creare dal nulla un movimento che aveva
avuto origine da un atto di volontà di una cerchia ristretta di dirigenti. Fin
dall'inizio l'ossatura di tutto il sistema che animava e sorreggeva l'insurrezione era
costituita dalle zone di combattimento che più tardi sarebbero state chiamate
wilaya.
L'Algeria venne divisa in sei wilaya: Aurès, Costantinese del Nord, Cabilia,
Algeri, Oranese, Territori del Sud, più la cosiddetta Base dell’Est, presso il
confine tunisino105.
Ciascuna delle zone sarebbe stata autonoma per tutto quello che concerneva le
decisioni strettamente operative, ed i sei capi storici dell'interno vennero posti al
comando ognuno di una specifica wilaya.
L’Armata di liberazione nazionale, il braccio armato dell’ FLN, contava nel 1954
al massimo 500 combattenti (moudjahidin), più alcune migliaia di suppletivi
inquadrati (moussebilin) e volontari incaricati di missioni speciali impiegati
soprattutto del terrorismo urbano. Secondo stime affidabili, l’ALN arrivò ad
avere un massimo di 120 mila uomini nel 1957-59, scendendo a 40 mila effettivi
al momento del cessate il fuoco106.
La tattica di guerra dell’ALN, cosciente della propria inferiorità militare rispetto
all'esercito francese, era quella della guerriglia; i combattenti si nascondevano
nelle zone impervie sfruttando la loro familiarità con il terreno e l'aiuto crescente
della popolazione, nel tentativo di logorare le forze armate francesi con interventi
rapidi ovunque nel paese.
La caduta di Mendés-France e la nomina di Soustelle governatore dell'Algeria, il
25 gennaio 1955, non modificò la situazione ne allentò la tensione. Il nuovo
rappresentante della Francia pubblicò un piano di riforme che seguiva un
precedente piano redatto dal ministro Mitterand e puntava soprattutto sul
progresso economico e sociale del paese, vedendo solo in questo aspetto le radici
del problema.
Il 31 giugno 1955 l'Assemblea nazionale francese istituì lo "stato d'urgenza" in
Algeria che sanciva il passaggio di molte responsabilità e poteri alle autorità
militari per far fronte a necessità del momento107. Ma già allo scadere del primo
semestre dallo “stato d'urgenza” l'Assemblea nazionale, interrogandosi di nuovo
sulla questione, si rendeva conto che difficilmente il problema algerino si sarebbe
potuto ridurre a meri rapporti di forza tra Francia ed i nazionalisti in rivolta. Molti
103
Brondino, op. cit., p. 44
Novati, op. cit., p 79
105
Esquer, op. cit., p. 98
106
Novati, op. cit., p. 84
107
Ageron, op. cit., p. 100
104
33
parlamentari intervenuti nella seduta del 11 ottobre si mostrarono coscienti
dell'esigenza di un rinnovamento delle politiche francesi in Algeria. Ma questo
rinnovamento lungi dal presentare alcun riferimento ad autodeterminazione del
popolo algerino si riassunse nella formula dell'integrazione. Disse l’allora
presidente del consiglio Faure:« Scegliendo la parola integrazione noi abbiamo
respinto la secessione e l'assimilazione. Certo la completa assimilazione è una
bella idea conforme a genio della Francia, mentre incontra due obiezioni: la
coscienza di una specifica originalità della popolazione musulmana e il fatto che
essa è stata considerata come un alibi per l’inattività»108.
Gli esponenti musulmani non intendevano però cedere a questo tipo di politica e
considerando l'integrazione un sistema ormai superato.
L'estendersi della rivolta trovò consensi e appoggio nei vari paesi arabi i quali
ritenevano le varie esplosioni di violenza un'ulteriore conferma del carattere
unitario della lotta contro il colonialismo francese nel Nord Africa.
Le conseguenze più clamorosa di questi consensi si ebbe nell'iscrizione all'ordine
del giorno dei lavori dell'Assemblea generale dell'ONU della questione algerina.
Gli echi di questa prima internazionalizzazione del conflitto furono notevoli anche
se ogni discussione sull'argomento fu bloccata dall’ opposizione francese che,
considerando i dipartimenti in Algeria parte integrante del suo territorio, si
richiamò all'articolo 2, paragrafo 7 dello statuto dell'ONU che vieta l'ingerenza
sull'organizzazione negli affari interni di uno Stato membro109.
L'attività militare dell’ ALN, in un primo tempo fatta di attacchi episodici, diventò
a partire dei primi mesi del 1956 una vera e propria guerra con, sempre più, azioni
di gruppi armati regolari che controllavano intere zone e ne presidiavano
l'accesso. In questo periodo cominciarono anche i primi atti bellici nella capitale e
si verificheranno i segnali della ormai imminente "battaglia d'Algeri".
Il 10 agosto una bomba al plastico posta dai combattenti francesi in nel cuore
della Casbah provocherà alcune decine di vittime tra i civili algerini, mentre i
primi attentati da parte dei guerriglieri algerini nei caffè di Algeri frequentati da
giovani europei avverranno il 30 settembre.
Di fronte al intensificarsi ad Algeri di attentati sempre più micidiali, il ministro
Lacoste decise di affidare la difesa dell'ordine in città alla divisione di paras del
generale Massu. Questi facendo ricorso alle armi dell'anti-guerriglia, con
rastrellamenti di massa e interrogatori che prevedevano un uso sistematico della
tortura, riuscì a smantellare l'organizzazione della rete clandestina nella
capitale110.
Le zone principali nelle quali si "installò" la guerra erano due: le legioni nel
confine algero-tunisino e le montagne dell'interno (Nementcha, Aurés, Biban).
Naturalmente questa localizzazione della rivolta non impedì la prosecuzione
dell'altra forma di lotta, quella della guerriglia, che rendeva poco sicure le
comunicazioni ed insediava alla vita normale delle città algerine e, a partire dagli
ultimi mesi del 1956, anche quella delle città francesi dove era notevole la
presenza algerina111.
Nell'agosto 1956, dopo circa due anni dallo scoppio della lotta di liberazione
nazionale, il FLN tenne il suo primo Congresso nella valle della Sommam nella
Cabilia dove venne abbozzato per la prima volta in programma politico della
Rivoluzione in atto. Negli atti del Congresso la Rivoluzione veniva vista come un
mezzo mentre :«il fine da perseguire è l'indipendenza nazionale».
108
Rainero, op. cit., pp. 178-179
Novati, op. cit., p 94
110
Esquer,op. cit., p 100 Vedi anche Novati, op. cit., pp- 88-89
111
Rainero, op. cit., p.181
109
34
Nella Sommam si avrà l'investitura ufficiale del FLN come un'unica
organizzazione veramente nazionale in tutto il territorio algerino. Il Congresso
dava un'organizzazione politica al movimento di liberazione fissando una serie di
organi e di principi di metodo, come la priorità dei civili sui militari. In questo
Congresso il FLN si diede un esecutivo ristretto, facente funzioni di un governo, e
un'assemblea con i poteri di istanza suprema. L'esecutivo, formato da cinque
membri, venne chiamato Comitato di coordinamento di esecuzione (CCE), mentre
il parlamento, nel quale furono chiamati tutti i capi politici e militari della
rivoluzione per un totale di 34 membri, venne chiamato, il Consiglio nazionale
della rivoluzione algerina (CNRA)112.
Subito dopo il Congresso della Soummam, il 22 ottobre 1956, la autorità francesi
causarono l'atterraggio forzato ad Algeri dell’aereo marocchino che trasportava da
Rabat a Tunisi cinque dei massimi esponenti della ribellione (M. Ben Bella, M.
Khider, Ait Ahmed, M. Lacheraf e Boudiaf) procedendo poi al loro arresto113.
Quest'operazione presentata dalla Francia come una grande vittoria contro
l'organizzazione del FLN causò un ulteriore irrigidimento da parte dei combattenti
e una brusca interruzione dei pourparlers in corso tra governo francese e dirigenti
del nazionalismo algerino.
Nel febbraio del 1958 l'aviazione francese come reazione di attacchi condotti dal
FLN partendo dal territorio tunisino, bombardava il villaggio di Sakiet-SidiYoussef provocando una crisi di dimensioni internazionali.
Nel frattempo in Algeria i coloni si autoproclamarono difensori della Francia della
sua missione civilizzatrice in Africa, inserendosi tra il potere costituzionale e il
movimento di liberazione per perpetuare il progetto dell’Algérie française. Anima
della ribellione fu il Comitato di salute pubblica, che raccolse l'adesione di ex
combattenti, delle associazioni patriottiche e dei grandi interessi economici sotto
il benevolo scudo dei comandi militari.
Il 13 maggio il generale Massu, al quale il ministro residente aveva delegato tutti
poteri, si impossessò nella direzione del Comitato di salute pubblica di Algeri, con
un vero proprio atto di rivolta nei confronti del governo legittimo, i manifestanti
presero d'assalto il ministero di Algeri incendiando numerosi uffici e biblioteche.
Con queste manifestazioni Massu voleva esercitare sul parlamento francese una
pressione tale che lo avrebbe costretto ad accettare un ministero di Salute
pubblica, controllato dai coloni.
Le conseguenze che le rivolta del 13 maggio ebbero furono però, da una parte, le
manifestazioni di fraternità franco- musulmana che si succedettero nel Forum di
Algeri e il più importanti centri, e dall'altra parte in Francia dopo un breve periodo
di titubanza, l'investitura da parte dell'Assemblea del generale Charles de Gaulle,
fuori dalla politica dal 1946 e chiuso nel suo esilio volontario a Colombey-lesdeux-Eglises, come capo di governo il 1° giugno114.
Era la fine della quarta Repubblica: proprio de Gaulle avrebbe di li a poco
propiziato l'avvento della Quinta. Il generale compì il 4 giugno la sua prima visita
ad Algeri rivolgendo un accorato appello alla popolazione nella piazza davanti al
palazzo del governatore generale.
Il nome di de Gaulle fu immediatamente associato a quello dei promotori del
colpo di Stato di Algeri e nello stesso tempo sempre più numerose si fecero le
voci di coloro che indicavano come il solo uomo capace di mettere fine ai mali
della Francia, nella metropoli e in Africa.
112
Brondino, op. cit., p 173 Vedi anche Horne, op. cit., p 100-106
Ageron, op. cit.., p. 105
114
Esquer, op. cit., p. 121
113
35
Attorno al generale si verificò infatti la strana convergenza degli ultranazionalisti,
che vedevano soltanto nella forza e nel proseguimento della guerra la possibilità
di soluzione del problema algerino, e dei sostenitori di una soluzione liberale, che
ricordavano le ripetute prese di posizione di de Gaulle in favore dell'associazione
tra un Algeria franco- musulmana e la Francia115.
1.18 De Gaulle al potere.
Nel 1958 all'ascesa al potere di de Gaulle, riconosciuto dal Comitato di salute
pubblica come l'unico che avrebbe potuto salvare gli interessi francesi in Algeria,
fu commentata dal FLN in due comunicati nei quali si ribadiva che «la guerra di
liberazione continua contro la Francia, il generale de Gaulle non può fare nulla per
fermarla, se non riconoscere l'indipendenza dell'Algeria»116.
Ancora una volta il problema algerino si dimostrava molto grave ed urgente per la
Francia e proprio per questo motivo uno dei primi atti che il nuovo presidente fece
dopo la sua nomina il 1° giugno 1958 fu quello di recarsi in Algeria per tentare di
approfittare dell'entusiasmo popolare sperando di destare nei diversi elementi
della popolazione algerina la fiducia nelle sue capacità di conciliazione. Il 4
giugno infatti, in visita ad Algeri, de Gaulle sembrò confermare le speranze
riposte in lui e nella sua guida dagli insorti pronunciato con enfasi la sentenza: «io
vi ho capito»117.
De Gaulle che aveva sempre considerato l'impero come un prolungamento della
Francia, uno strumento della sua potenza, ma non come un bene da salvaguardare
a qualsiasi prezzo, non sarebbe mai stato disposto a mettere in pericolo la
sicurezza della Francia dilapidando le sue risorse umane a materiali in guerre
coloniali perdute in partenza. Tutta la costruzione ideologica di De gaulle aveva
sempre appoggiato sull'esaltazione della nazione, massimo grado di sviluppo della
storia di un popolo. Era naturale che prima o poi egli si accorgesse dell'esistenza
di una nazione algerina,
Il piano di Costantina per lo sviluppo economico e sociale dell'Algeria, enunciato
da de Gaulle in persona il 3 ottobre del 1958 rappresentava, in un certo senso,
“l'ultimo tentativo del potere di rimediare alla carenza di capitali locali,
immettendo capitali dal centro e provvedendo a un principio di riconversione
produttiva a costo di sacrificare alcuni interessi tipicamente coloniale”, era basato
su uno schema della durata quinquennale destinato ad occupare la forza lavoro
indigena in industrie di beni consumo118.
Con questo piano il generale mirava a realizzare un'integrazione politica tra la
Francia e l'Algeria parlando apertamente di associazionismo, pur sapendo che il
FLN non avrebbe accettato.
Lo scopo implicito era di incrinare il fronte anticoloniale raffreddando le tensioni
con l'illusione che le rivendicazioni nazionaliste si sarebbero svuotate o ridotte
con un miglioramento delle condizioni generali della popolazione algerina.
Le offerte al FLN si precisarono con la conferenza stampa di de Gaulle del 23
ottobre 1958 il cui tema principale era il tentativo di costruire la "pace dei
115
Horne, op. cit., p.125
Rainero, op.cit., p. 208
117
Horne, op. cit., p. 200
118
Esquer, op. cit., p. 121
116
36
coraggiosi" (paix de breves). Il capo del governo francese accettava la resa dei
ribelli e s'impegnava a discutere con il GPRA le condizioni della pace.
Le parole di de Gaulle però non destarono approvazione né tra i coloni che le
consideravano come intimazione ad una resa incondizionata, né tra il GPRA che
definì le proposte di pace come " una inaccettabile capitolazione”119.
Il 16 settembre 1959 de Gaulle pronunciò il suo discorso più lungo e impegnato
sull’Algeria. Le parole impiegate dal presidente francese erano rivelatrici di
un'evoluzione e soprattutto là dove egli, dopo aver esaltato i successi della
Francia, che aveva recuperato parte del terreno perduto, disse: «considerati tutti
questi fattori, quelli relativi e la situazione algerina e quelli inerenti alla situazione
nazionale e internazionale, giudico necessario proclamare, qui ed d'ora, il ricorso
all’ autodeterminazione»120.
Il passo decisivo verso l'abbandono dell'Algeria francese era stato compiuto.
Probabilmente la novità riguardo alle posizioni precedenti era rappresentata dal
fatto de Gaulle voleva una soluzione politica, anche se fosse stato possibile una
vittoria militare. Senza una adesione profonda degli algerini le armi da sole non
sarebbero state e questo era di per sé un buon argomento a favore di una trattativa
a prescindere dai rapporti di forza con l’ ALN.
La risposta del GPRA al discorso di De Gaulle del 16 settembre fu abbastanza
positiva, ed alcuni, come ad esempio Ferhat Abbas proposero di aprire
immediatamente dei negoziati con la Francia, purchè vertessero sui termini
politici della questione.
Nel giugno 1960 si svolse l'affare Si Salah, il segreto e mai confermato incontro
tra de Gaulle ed esponenti algerini le cui il comandante della IV wilaya. Durante il
quale vennero a galla i contrasti tra FLN e Francia sull'oggetto delle trattative che
si sarebbero dovute tenere in tempi brevi. Mentre per il FLN si doveva discutere
su come arrivare all'esercito dell'autodeterminazione, per la Francia erano in
discussione soltanto le modalità per il cessate-il-fuoco.
Con la prova che il De Gaulle pensava più all'integrazione ed al riconoscimento di
una certa autonomia alla colonia, che hai modi necessari per estinguere la
resistenza dell’ALN, il malcontento di civili e militari francesi in Algeria
aumentò.
Dalla fusione di vari movimenti estremistici, tra i quali parte dell’ esercito
francese e del Comitato di salute pubblica, nacque in Algeria tra i 1960 in 1961,
l’Oraganisation de l ‘Armèe secrete (OAS).
La sigla OAS divenne in breve un simbolo di terrore e di morte tentando più volte
di prendere il potere a discapito del governo francese prima e di quello algerino
dopo l'indipendenza.
A dimostrazione del fatto che gli europei in Algeria, con loro molti ufficiali, si
sentivano traditi dalla politica di De Gaulle, essi prepararono, prendendo come
pretesto la rimozione del generale Massu considerato ultimo garante del 13
maggio dei paladini dell’Algérie francais, l'insurrezione "delle barricate".
Il 24 gennaio 1960, i manifestanti armati occuparono una parte dell Università di
Algeri spararono contro degli agenti di polizia del governo francese (uccidendone
14 e ferendone 61) al grido di: « De Gaulle al patibolo, Massu al potere»121.
Ma de Gaulle, rovesciando il responso dato il 13 maggio 1958, rispose con la
forza al tentativo di insubordinazione, destituendo gli ufficiali ribelli e spingendo
gli estremisti a rifugiarsi nella clandestinità.
119
Ageron, op. cit., p.110
Novati, op.cit., p. 124
121
Acone, op.cit., p. 110
120
37
Ormai la strada per le trattative era aperta e le grandi dimostrazioni popolari in
favore del FLN nelle principali città algerine in occasione di quello che sarebbe
stato l'ultimo viaggio in Algeria del presidente francese, nel dicembre 1960,
tolsero ogni dubbio superstite sul futuro dell’Algeria e sulla rappresentatività del
movimento che campeggiava l'insurrezione.
Quando il corpo elettorale francese rispose in maggioranza "si" al referendum del
8 gennaio 1961 sull'autodeterminazione degli algerini, fu evidente che il negoziato
non aveva alternative per nessuno. Il largo astensionismo dei musulmani e il "no"
in maggioranza dei pied-noirs in Algeria non potevano intaccare l'impressione,
condivisa anche da De Gaulle, che la conclusione della pace fosse ormai solo una
questione di tempo. La firma dell'accordo sulla cessazione delle ostilità e dei
documenti politici annessi avvenne a Evian il 18 marzo 1962, mentre il 19 venne
proclamata la cessazione delle ostilità in tutta Algeria122.
Era finita per l'Algeria una guerra durata quasi otto anni, con all'attivo
l'affermazione della sua rincari nazione ed indipendente di Stato, ma con il peso di
un milione di morti e di danni morali e materiali incalcolabili.
122
Ageron, op. cit., p. 116
38
CAPITOLO II
DALL’INDIPENDENZA AGLI ANNI 80
2.1 Gli accordi di Evian
Dopo l'indipendenza dell'Algeria le relazioni tra i due Stati sarebbero dovute
essere regolate dagli Accordi di Evian del 18 marzo 1962, scaturiti in seguito ai
negoziati tra i rappresentanti del Governo della Repubblica francese ed i
rappresentanti del Fronte di Liberazione Nazionale. Questi accordi fissavano in
maniera dettagliata gli impegni futuri che Francia e Algeria avrebbero dovuto
rispettare negli anni successivi.
Il contenuto degli Accordi di Evian era costituito dalle Condizioni a garanzia
dell'autodeterminazione, in cui l'accordo sul cessate il fuoco regolava, in undici
articoli, la cessazione delle ostilità tra le forze combattenti del FLN e la armata
francese, e dalle Dichiarazioni di governo e relative all'Algeria.
La Dichiarazione generale trattava «l'organizzazione dei poteri pubblici durante il
periodo di transizione e le garanzie dell'autodeterminazione» (capitolo I),
«dell’indipendenza e della cooperazione» (capitolo II), «il regolamento delle
questioni militari» (capitolo III), «il regolamento dei contenziosi» (capitolo IV) e
le «conseguenze dell'autodeterminazione» (capitolo V). Delle dichiarazioni di
principio inoltre completavano gli Accordi e davano ulteriori dettagli a certi
aspetti delle dichiarazioni generali.
La Dichiarazione delle garanzie trattava nella sua prima parte delle «disposizioni
generali» relative a «la sicurezza delle persone» e alla «libertà di circolazione tra
l'Algeria e la Francia», mentre nella seconda parte del «esercizio di diritti civili
algerini» (capitolo I), della «protezione di diritti e delle libertà di cittadini algerini
di statuto civile di diritto comune» (capitolo II), delle «associazioni per la
salvaguardia» (capitolo III) e della «Corte delle garanzie» (capitolo IV), nella sua
terza parte la Dichiarazione delle garanzie faceva invece riferimento ai «Francesi
residenti in Algeria in quanto stranieri».
La Dichiarazione di principi relativi alla cooperazione economica e finanziaria,
riguardava la «contribuzione francese allo sviluppo economico e sociale
dell'Algeria» (titolo I), gli «scambi» (titolo II), «le relazioni monetarie» (titolo III)
e sulle «garanzie di diritti acquisiti ed egli impegni anteriori» (titolo IV).
La dichiarazione di principi seguente trattava invece la cooperazione per la
valorizzazione della ricchezza del sottosuolo del Sahara, nella quale venivano
trattate le questioni rigurdanti «idrocarburi liquidi e gassosi» (titolo I), «altre
sostanze minerali» (titolo II), «l’organizzazione tecnica di valorizzazione delle
ricchezze del sottosuolo sahariano» (titolo III) e l’«arbitraggio» (titolo IV).
La quarta dichiarazione era relativa alla cooperazione culturale. La quinta
trattava della cooperazione tecnica, mentre la sesta era relativa alle questioni
militari (con degli allegati concernenti il porto di Mers el-Kébir, le facilitazioni il
traffico aereo e di circolazione terrestre e marittima, le telecomunicazioni, lo
statuto dell'esercito l'Algeria, le disposizioni giudiziarie e quelle di ordine
economico e finanziario)123.
Tramite gli accordi di Evian, l'Algeria accendeva alla piena sovranità. Nella
nomina dei dirigenti dell'Algeria indipendente non si sarebbe stata nessuna
123
Amine Ait-Chaalal, L’Algérie, les Etats-Unis et la France, des discours à l’action, Publisud,
Paris, 1994, p. 64
39
interferenza francese e, soprattutto, era garantita l'integrità politica e territoriale
dell'Algeria, dalla costa al confine meridionale del Sahara124. La Francia d'altra
parte si vedeva riconosciute certe prerogative; avrebbe infatti tenuto in Algeria 80
mila soldati per tre anni conservando per cinque i poligoni per gli esperimenti
nucleari delle basi aeree Sahara, e sarebbe rimasta per quindici anni con un regime
d'affitto della base navale di Mers el-Kébir. Le compagnie petrolifere francesi
mantenevano le concessioni già operanti e avevano assicurato un trattamento di
favore sulle nuove esplorazioni per un periodo di sei anni.
Come il FLN aveva sempre riaffermato, dai tempi della Conferenza della
Soummam, la rivoluzione non si riprometteva di "buttare a mare" i francesi bensì
"di distruggere l'inumano giogo coloniale"125.
Gli accordi di Evian furono approvati dalla popolazione francese tramite il
referendum dal 8 aprile 1962. Il risultato fu del 90,7% dei voti espressi in favore
degli accordi ( 17,5 milioni di voti favorevoli 1,79 milioni di voti negativi). Il
referendum per l’autodeterminazione fu fissato al 1° luglio 1962 in territorio
algerino, ed il risultato diede senza ambiguità: 5.975.581 voti in favore
dell'indipendenza, contro soltanto 16.354 voti negativi (cioè il 99,7% di voti
positivi rispetto al numero dei votanti, ed il 91,2% del rapporto al numero di
iscritti)126.
Il 3 luglio, la Presidenza della Repubblica a Parigi diffuse il seguente comunicato
:« Tramite il referendum del 8 gennaio 1962, il popolo francese ha riconosciuto
alla popolazione algerina il diritto di scegliere il proprio destino politico rispetto
alla Repubblica francese. Tramite il referendum del 8 aprile 1962, il popolo
francese ha approvato le dichiarazioni governative del 19 marzo 1962 che
prevedono il caso in cui la popolazione algerina consultata in virtù della legge del
14 gennaio 1962 scegliesse di costituire in Algeria uno Stato indipendente opera e
con la Francia. Per lo scrutinio d’ autodeterminazione del 1° luglio 1962, il popolo
algerino si è pronunciato favorevole all'indipendenza dell'Algeria ed alla
cooperazione con la Francia.
Di conseguenza, il rapporto tra la Francia è l'Algeria sarà fondato sulle condizioni
definite dalla dichiarazione governativa del 19 marzo 1962, ed il Presidente della
Repubblica francese dichiara che la Francia riconosce solennemente
l'indipendenza dell'Algeria.
Parigi, 3 luglio 1962»127.
Il Generale de Gaulle nominò lo stesso giorno Jean-Marcel Jeanneney come
ambasciatore di Algeri, con il particolare l'incarico di applicare gli Accordi di
Evian.
Dietro la facciata, comunque, gli Accordi nascondevano non poche insidie. In
vista della fine della guerra, le due parti si erano prefissi con il negoziato obiettivi
diversi – il FLN l'indipendenza nazionale e la sovranità, Parigi la difesa dei propri
interessi economici e strategici e i presupposti di una politica di potenza- creando
il rischio che ognuno potesse interpretare i documenti di Evian secondo proprio
angolo visuale128.
Gli ideali della Francia potevano essere riassumibili nella formula "indipendenza
nell'interdipendenza". Dai vantaggi in campo petrolifero all'uso di una base
militare e agli impianti nucleari nel Sahara, non era possibile affermare infatti che
l’era del colonialismo fosse stata completamente cancellata. Pur insistendo
124
Salah Mouhoubi, La politique de coopértion algéro-française : bilan et perspectives,
Paris/Alger, Publisud/OPU, 1986, p. 44
125
Calchi Novati, op.cit., p. 132
126
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 65
127
Charles de Gaulle, Lettres, Notes et Carnets. Janvier 1961- Décembre 1963, Paris, Plon, 1986,
p. 242
128
Offredo Jean, Algérie : avec ou sans la France ?, Paris, Les Edition du Cerf, 1973, p. 11
40
sull'indipendenza, in realtà, gli Accordi delineavano in modo particolare i
meccanismi di funzionamento della "cooperazione" ed erano probabilmente stati
concepiti in funzione della costruzione in Algeria di uno Stato liberale, con
istituzioni vicine a quelle in vigore nelle democrazie occidentali.
Attraverso un'analisi pertinente Nicole Grimaud traccia con nettezza il destino
degli Accordi di Evian in questi termini:« in questo contesto, appare indiscutibile
che questi Accordi (d’Evian) peccano per eccesso di ottimismo, addirittura
irrelismo. Nessuno ignorava l'intenzione dell'Algeria di intraprendere un cammino
socialista ma nonostante ciò, due clausole distinte all'interno degli accordi
stipulavano l'una la delibera scelta del proprio regime per il nuovo Stato e l'altra il
mantenimento di interessi stranieri; così intense queste due condizioni erano in
antinomia. La messa in pratica di ciascuna di loro avrebbe avuto delle
implicazioni troppo contraddittorie per poter essere conciliate. La difficoltà della
situazione che veniva a crearsi fu del resto percepita dai negoziatori francesi che
cercarono di rimediare considerando la possibilità da parte della Francia di fornire
un aiuto specifico per una riforma agraria che avrebbe inevitabilmente inglobato i
domini di coloni. Ma al di là delle terre, il rispetto delle proprie convenzioni
politiche avrebbe condotto l'Algeria a riacquistare il proprio paese pezzo per
pezzo129».
Tuttavia, la cooperazione tra i due paesi non fu per niente riconsiderata, e qualche
risultato fu raggiunto solamente attraverso il sorpasso degli Accordi d’Evian.
Svariati sono i motivi per cui gli Accordi non furono attuati nella loro interezza.
Per quanto riguarda l'Algeria un gruppo alla conquista del potere gravitante in
parte attorno alla figura di Ben Bella, non esitò a denunciare ciò che si era deciso
ad Evian considerandolo come una costruzione di tipo "neocolonialista" che
mirava a perpetuare i legami di dipendenza (soprattutto economica) con la
Francia. Queste polemiche presero un'ampiezza particolare durante la riunione del
Consiglio nazionale della rivoluzione algerina (CNRA) a Tripoli nel giugno 1962
che terminò, in un'atmosfera di grande tensione, con la messa al bando del
negoziatori degli accordi appartenenti al GPRA.
Così il testo adottato a Tripoli indicava :« Gli Accordi d’Evian […] consacrano
alla riconoscenza della sovranità nazionale dell'Algeria e l'integrità del suo
territorio. Tuttavia, questi accordi prevedono, in contropartita dell'indipendenza,
una politica di cooperazione tra l'Algeria e la Francia […] è evidente che il
concetto di cooperazione così stabilito costituisce l'espressione più tipica della
politica neo-colonialista della Francia. Rileva, in effetti, il fenomeno di
riconversione attraverso il quale il neo-colonialismo tenta di sostituirsi al
colonialismo classico […] gli accordi d’Evian costituiscono una piattaforma neocolonialista che la Francia si appresta ad utilizzare per assicurarsi e pianificare la
sua nuova forma di dominazione»130.
Benyoucef Ben Khedda, Presidente del GPRA a partire dall'agosto 1961 (dunque
durante il periodo in cui gli accordi furono segnati), ha esplicitato, in un'opera
pubblicata nel 1986, i principali obiettivi dei negoziatori del GPRA. Egli ricorda
che all'epoca della riunione del CNRA del 22 febbraio 1962 quest'ultimo aveva
approvato il progetto di testo degli Accordi. Poi, sotto il titolo «Gli Accordi
d’Evian furono una grande vittoria: l'indipendenza e l'integrità territoriale», egli
scrisse :« Innanzitutto l'integrità territoriale. Tra le grandi disgrazie che possono
colpire una nazione c'è quella di vedere il proprio territorio diviso […] Il GPRA
ha evitato al paese di rifare una nuova guerra per la ricomposizione mostrandosi
fermo sul principio dell'integrità territoriale. Lo ha difeso nei negoziati e negli
129
130
Nicole Grimaud, La politique extérieure de l’Algérie, Paris, Karthala, 1984, p. 49.
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 66
41
incontri internazionali.[…] La seconda vittoria è stata quella della sovranità
nazionale. Gli Accordi d’Evian hanno brindato allo Stato sovrano algerino,
all'interno e all'esterno. Lo Stato algerino dispone liberamente della sua economia,
del suo esercito, della sua diplomazia»131.
Per quello che riguarda la Francia, l'obiettivo era quello di disimpegnarsi
militarmente dell'Algeria, dove la guerra imponeva uno sforzo insostenibile in
termini umani e finanziari, al fine di permettere alla diplomazia francese di
riorganizzarsi, in particolare di fronte al Terzo Mondo, il tutto conservando un
certo numero di vantaggi economici, culturali e militari sul territorio algerino.
Così gli Accordi d’ Evian potevano essere considerati come favorevoli alla
Francia per due ragioni. Prima, per la cooperazione economica, commerciale e
finanziaria che le assicurava degli sbocchi, l'approvvigionamento sull'energia
pagabile in franchi francesi e delle garanzie rispetto agli svariati interessi che essa
aveva ancora in Algeria. Questi aspetti non erano estranei alla politica economica
francese prospettata dal Generale de Gaulle. In seguito, per la cooperazione
culturale e in generale per il ruolo politico che la Francia aveva intenzione di
giocare in tutto il Terzo Mondo partendo dall’Algeria.
2.2 Il programma di Tripoli.
Il Programma di Tripoli discusso alla vigilia della proclamazione ufficiale
dell'indipendenza dal Consiglio nazionale della rivoluzione algerina (CNRA)
nell'ultima sessione della sua breve esistenza. Il Programma non fu mai
formalmente approvato perché la riunione del Cosiglio si sciolse mentre
imperversava la polemica tra due gruppi distinti all'interno della classe politica
algerina. Il primo gruppo, che potremmo definire più radicale, era capeggiato da
Ben Bella ed aveva il sostegno dell'esercito, mentre il secondo gruppo, che
potremmo definire più moderato era capeggiato da Ben Khedda132.
Opera degli intellettuali del partito, perlopiù schierati a sinistra, il Programma
traccia un profilo estremamente critico dell'azione del FLN e delle sue carenze
politiche, proponendo un progetto dettagliato per le tappe future della rivoluzione.
Il punto d'avvio del Programma di Tripoli era costituito dal giudizio critico sugli
Accordi di Evian, visti come il contraltare del progetto autonomo della
rivoluzione per le ipoteche che essi proiettavano sulle scelte dell'Algeria
indipendente.
Il testo Programma non faceva mistero della convinzione che "la cooperazione,
quale deriva dagli accordi, indica il mantenimento dei legami di dipendenza nei
settori economica e culturale", fornendo i francesi "una posizione di preminenza
all'interno del paese". Altrove il documento ricordava le concezioni di carattere
strategico a favore della Francia, osservando che "finché il territorio algerino
rimarrà occupato dalle forze straniere, le libertà d'azione dello Stato sarà limitata e
la sovranità nazionale minacciata". La "cooperazione" era definita senza mezzi
termini una "contropartita" dell'indipendenza e gli accordi di Evian diventavano
"una piattaforma neocolonialista che la Francia si appresta a utilizzare per imporre
e dirigere la sua nuova forma di dominazione"133.
131
Benyoucef Ben Khedda, Les Accords d’Evian, Paris/Alger, Publisud/OPU, 1986, pp. 37-39.
Calchi Novati, op. cit., p. 136
133
Perroux François, Problèmes de l’Algérie indépendante, PUF; Paris, 1964, p. 134
132
42
Il fulcro del Programma di Tripoli era l'affermazione che la sovranità era stata
riconquistata, ma restava tutto da fare per dare il contenuto alla liberazione
nazionale. Alla lotta armata doveva succedere il combattimento ideologico, alla
lotta per l'indipendenza nazionale indetta dal Fronte, la rivoluzione democratica
popolare. All'interno del Programma, la "rivoluzione" era l'unica conseguenza
logica della lotta per l'indipendenza ed esprimeva nel contempo il processo di
liberazione dal giogo straniero e la distruzione delle sopravvivenze feudali del
medioevo che avrebbero dovuto far posto ai fondamenti democratici di una
nazione moderna.
Nel programma di Tripoli c’era infine una parte più propriamente programmatica,
per delineare contenuti della "rivoluzione democratica popolare" dopo una duplice
vittoria sul colonialismo e sul feudalesimo."La rivoluzione democratica popolare e
l'edificazione cosciente del paese nel quadro dei principi socialisti e del potere
nelle mani del popolo". Il socialismo figura per la prima volta con rilievo in un
documento del FLN abbandonando così la semplice dizione rivoluzionaria. Il
socialismo è considerato il mezzo per dare piena soddisfazione alle esigenze del
popolo, in materia economica, di partecipazione politica e di elevazione
culturale134.
La vittoria contro il colonialismo era stata ottenuta in virtù dell'unità del popolo ed
i compiti della rivoluzione democratica non sarebbero potuti essere di fatto assolti
da una sola classe sociale, proprio per questo motivo, secondo il Programma, era
indispensabile che l'unità non si facesse solo attorno alla borghesia e che
quest'ultima non subordinasse i suoi interessi a quelli della rivoluzione.
Gli obiettivi economici e sociali della rivoluzione erano oggetto di una lunga e
dettagliata trattazione. Vi era la presa di coscienza che l'Algeria si trovasse nelle
tipiche condizioni "coloniali"- "fonte di materie prime" e "sbocco per prodotti
manufatti"- e nella situazione di dualismo tra un settore moderno di tipo
capitalistico, controllato da interessi francesi, e un settore tradizionale con rapporti
di produzione precapitalistici in cui viveva la grande maggioranza della
popolazione. La collettivizzazione dei grandi mezzi di produzione e una
pianificazione nazionale erano considerate le parole d'ordine per una politica di
sviluppo della nuova Algeria indipendente. Il Programma descriveva anche la
necessità di una "riforma agraria" che avrebbe dovuto contemplare l'esproprio
delle terre eccedenti i limiti fissati secondo le culture e i rendimenti, e
l’organizzazione democratica dei contadini in cooperative di produzione e la
creazione di fattoria di Stato. Tra le misure in campo economico il Programma
elencava: lo sviluppo delle infrastrutture (con la nazionalizzazione dei mezzi di
trasporto), la nazionalizzazione del credito e del commercio estero, la
nazionalizzazione (a lurga scadenza) delle risorse minerarie dell'energia e la
necessità di un'ingente sforzo per una nuova industrializzazione135.
Il Programma lanciava poi l'imperativo di un partito forte e compatto con
l'obiettivo dell’unità nazionale, e l'allegato dedicato al partito ribadiva che il
nuovo Fronte di liberazione nazionale, "riconvertito" in partito politico, avrebbe
dovuto basarsi "sull'unità ideologica, politica e organizzativa delle forze
rivoluzionarie", escludendo "la coesistenza di ideologie diverse", e promuovendo
"l'unione di tutti gli strati sociali della nazione per il raggiungimento degli
obiettivi della rivoluzione"136.
134
N. Grimaud, op. cit., p. 49
Maitan Livio, L’Algeria e il socialismo, Samonà e Savelli, Roma, 1963, pp. 228-229
136
Calchi Novati, op. cit., p.142
135
43
Questa idea di partito forte e onnicomprensivo rendeva naturalmente
inconcepibile un'adeguata separazione dei poteri e non era sicuramente pensata
per preparare il terreno ad un'eventuale pluralismo politico.
2.3 Come ricostruire il paese?
Una delle preoccupazioni principali dei fondatori del Programma di Tripoli era
dunque quella di elaborare una controstrategia efficace, per mettere in scacco "le
imprese neo-colonialiste e della Francia". Senza arrivare a riconsiderare
totalmente gli accordi conclusi ad Evian, i redattori di Tripoli tentarono di ridurne
gli effetti. Come evitare che la rivoluzione fosse intralciata dalla preponderanza di
interessi europei? La proposta avanzata era semplice: utilizzando la sua sovranità
interna, lo Stato algerino avrebbe proceduto a delle riforme strutturali applicabili a
tutti senza distinzione d'origine ma che, vista la ripartizione delle terre fino a quel
momento, avrebbero toccato principalmente di coloni137.
Se la fine dei privilegi legati ai diritti acquisiti nella colonizzazione passava per
una modifica delle strutture, questo rappresentava un argomento determinante in
favore dell'opzione socialista, che per altro sarebbe stata capace di soddisfare le
rivendicazione popolari di giustizia sociale. Per questi motivi il Programma di
Tripoli ricevette una approvazione unanime, anche perché qualsiasi fossero le
inclinazioni dei nuovi amministratori, era impensabile confessare tramite un voto
negativo la loro appartenenza alla fazione pro borghese pronta a scendere a patti
con la Francia138.
In questo senso, le disposizioni conservatrici degli accordi franco-algerini
produssero l'effetto contrario di quello che cercavano, rinforzando le visioni
socialiste.
Tuttavia, un paletto di sicurezza era stato messo per il momento sugli interessi
della Francia, e sarebbe stato senza dubbio molto difficile da eliminare se lo
schema laboriosamente stabilito ad Evian non fosse stato subito annullato da una
serie di avvenimenti.
In effetti, dal 18 marzo 1962, rinforzati i ranghi dell’ OAS, moltissimi europei in
Algeria manifestarono con un'estrema violenza la loro ostilità alla soluzione di
indipendenza. Con la loro azione distruttrice, essi furono i primi a scongiurare
definitivamente l’ipotesi di una coabitazione tra le due comunità.
Considerando gli assassini che si verificano in questo periodo non è esagerato
vedere, dentro la politica di paura condotta dall’ OAS, la nascita un fenomeno
radicale che favorì lo svilupparsi di una visione di un Algeria nazionalista
puramente algerina139.
Fallita l'opera intimidatoria dell’OAS, di coloni preferivano lasciare in massa la
terra che avvengono a lungo disteso come la loro patria non esitando neppure a
danneggiare o a rendere inservibile tutto quello che capitava sotto la loro furia,
incluse molte delle loro stesse opere come scuole, ospedali ed edifici pubblici.
L'esodo di quasi tutti i francesi in pochi mesi privò l'Algeria di tecnici,
professionisti, insegnanti e di un personale direttivo per molti aspetti
insostituibile,
destabilizzando
il
funzionamento
dell'economia
e
dell'amministrazione.
137
N. Grimaud, op. cit., p. 50
Calchi Novati, op. cit., p.143
139
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.68
138
44
Il problema della costruzione nazionale si presentava allora sotto un ottica
rinnovata rispetto all'ipotesi di Evian e di Tripoli. Il ritiro massiccio dei quadri
dirigenti europei in Algeria causava una paralisi amministrativa che conferiva alla
cooperazione un carattere di necessità assoluta. E la rendeva peraltro meno
rischiosa, perché presupponeva la partecipazione ad un concorso da parte dei
nuovi arrivati, il cui l'impatto temporaneo non avrebbe avuto niente di
comparabile con quello dei colori installati da lunga data. Nonostante questo
l'opinione pubblica non mancò di sottolineare la sua disapprovazione traducendo
in "Colonizzazione temporanea" la sigla "C.T" distintiva delle vetture dei
cooperanti tecnici venuti da Francia e resto d'Europa140.
L'esecutivo provvisorio preparò dunque, a partire dall’agosto 1962, la messa in
opera di una cooperazione immediata e vigorosa in tutti i settori, compreso
l'insegnamento, il cui scopo primario era di rimettere in marcia il paese.
Peraltro, il riflusso verificatosi durante la primavera e l'estate 1962 di circa
800.000 ex coloni di nazionalità francese rendeva inoltre i loro diritti patrimoniali
estremamente vulnerabili. Una grande quantità di beni e di terre lasciati da questi
coloni entrava in possesso del nuovo Stato algerino senza che esso prendesse la
minima iniziativa, aprendo anzi una prima breccia di fatto riguardo al principio
della loro intangibilità141.
Il problema cambiava dunque e diventava per gli algerini: come essere abbastanza
abili nel perseguire la decolonizzazione economica iniziata, senza compromettere
l'aiuto francese fornito in controparte del mantenimento di determinati interessi
nel territorio?
Il primo presidente dell'Algeria indipendente Ahmed Ben Bella, in cui il governo
entro in carica nel settembre 1962, consentì alle autorità locali di assumere il
controllo, a partire da 3 ottobre, di tutti i beni vacanti, perlopiù terre agricole; con
ordinanza in data 22 ottobre 1962 furono abolite le transazioni relative alle
proprietà vacanti, bloccandone lo status giuridico al 1° luglio precedente, e con
un'altra ordinanza furono precisate le norme provvisorie sull'autogestione delle
aziende requisite e promosse ad aziende di Stato.
Sorta come un'improvvisazione per assicurare la continuità nella coltivazione
delle terre abbandonate, questa nuova politica di "autogestione", che compariva
solo per vie traverse nei testi ideologici della rivoluzione, divenne l'esperienza più
interessante del socialismo algerino ed il simbolo stesso della rivoluzione
impersonata da Ben Bella142.
Il 9 novembre 1962, il presidente Ben Bella si assunse il rischio di esprimere
pubblicamente per la prima volta l'idea che gli accordi di Evian non potevano
costituire una "fine in si!" e che essi fossero ancora "perfezionabili".
Ma pur non accettando alla lettera gli Accordi, i responsabili algerini si
dichiareranno fedeli in linea di principio nello stabilire dei legami di cooperazione
con la Francia. Essi non potevano rimproverare a quest'ultima una mancanza di
comprensione per il loro difficile debutto nella scena internazionale. Ne di non
aver cercato di facilitare il compito del presidente Ben Bella considerato tra l'altro
il miglior interlocutore possibile. Malgrado le tensioni presenti, la Francia
confermò nel gennaio 1963 il suo aiuto finanziario e tentò di offrire delle
soluzioni possibili al problema dei beni vacanti. Di comune accordo si decise la
costituzione di un “organismo misto”, incaricato di integrare in una prima
140
S. Mouhoubi, op. cit., p. 204
Bouhout El Mellouki Riffi, La politique française de coopération avec les Etats du Maghreb,
Publisud, Paris, 1989, p. 99
142
Calchi Novati, op. cit., p. 145
141
45
“sezione” di riforma agraria le proprietà agricole francesi, di cui la Francia
propose spalmare il riscatto in una durata di cinque anni143.
Ma la congiuntura politica algerina non permise di approfittare di tali disposizioni.
Se i problemi della sicurezza furono meglio controllati a partire dall'ottobre 1962,
tutta la classe politica era interamente impegnata nella lotta per il potere e nella
costruzione dello Stato: la riconversione del FLN, il problema dell'esercito dentro
l'esecutivo e quello la nascita delle istituzioni impedivano al momento il lancio di
una seria riforma agraria144.
Per contro un grande dibattito iniziava a svilupparsi sul come gestione le proprietà
abbandonate dai coloni che gli operai avevano spontaneamente preso in mano.
Dibattito che si concluse con il decreto del 22 marzo 1963 che istituiva
l'autogestione. In queste misure che conferivano a un carattere definitivo alla
destinazione dei beni vacanti, l'opinione pubblica francese vedrà una sorta di
ritorsione contro gli esperimenti atomici realizzati dalla Francia il 19 marzo alla
base di In Ekker in territorio sahariano.
In un primo momento il legame ipotizzato dall'opinione pubblica francese tra i
due avvenimenti non poteva essere provato. Ma in seguito questa impressione
apparve fondata in ragione delle dichiarazioni fatte il 24 settembre 1963 dal
Presidente algerino davanti ai delegati della terza Conferenza mondiale dei
giornalisti: « Se ci sarà la ripresa delle esplosioni nucleari nel Sahara, io sono
contro, ma io non farò una guerra per questo…. Ciò sarà soltanto un fattore che
accelererà del nostro socialismo e noi metteremo le mani su ciò che resta ai
francesi dei loro privilegi».
Ma probabilmente furono i fattori di politica interna che scatenarono la corsa alle
terre dei coloni e l'esplosione nucleare formi molto probabilmente l'occasione di
annunciare un decreto già preparato in precedenza145.
Al settore autogestito vennero assegnati in un primo tempo i soli beni vacanti, per
un totale di circa un milione di ettari. Dal marzo 1963 furono poi espropriate altre
terre dei coloni a rigore non vacanti, con motivazioni varie per eludere gli
impedimenti contenuti negli Accordi di Evian ("insufficiente sfruttamento",
"pericolo di dimostrazioni popolari", ecc.). Un comunicato del governo francese
del 5 aprile commentò:«Il governo francese non contesta il diritto dell'Algeria ad
adottare il sistema economico di sua scelta, ma questo diritto non può essere
esercitato a danno degli interessi francesi senza mettere in pericolo la base della
cooperazione fra i due paesi"146.
Le residue terre dei coloni vennero confiscate in autunno e il 10 ottobre 1963 il
presidente Ben Bella annunciava alla nazione che :«Neppure un ettaro di terra
algerina è in possesso di un proprietario straniero»147. In poco più di un anno
dall'indipendenza da più imponente trasformazione strutturale era compiuta,
assicurando allo Stato i profitti dell'esportazione dei prodotti agricoli e preparando
il campo ad un ipotetico sviluppo capitalista.
143
N. Grimaud, op. cit., pp. 51-53
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.69
145
Mellouki Riffi, op. cit. p. 120
144
146
147
Gérard Chaliad, op. cit., p. 75
Calchi Novati, op. cit., p.163
46
2.4 L'assistenza finanziaria francese.
Nonostante le azioni in politica interna esisteva da parte del Governo algerino una
volontà parallela, senza dubbio contraddittoria ma innegabile, di restare in buoni
rapporti con Parigi dove del resto era meno biasimato il tenore di queste misure
che la loro forma giudicata inutilmente brutale e offensiva: le quali riscaldando
un'opinione pubblica già molto sensibile, complicavano la capacità di
governare148.
È difficile determinare se Ben bella con i decreti di marzo aveva coscienza di
giocare le sorti delle relazioni con la Francia o se egli pensasse di aver acquisito la
certezza di una relativa impunità, visto il peso dato da Parigi alla cooperazione. In
tutti i casi, la formula di I.W. Zartmann riassume bene il dilemma :«la Francia in
effetti negoziava con se stessa»149. Essa poteva o cristallizzarsi sulle trasgressioni
o considerarle come inevitabili e puntare sul lungo periodo. Ebbene fu questa
seconda attitudine definibile più conciliante a prevalere nello spirito del generale
de Gaulle in virtù soprattutto di un ragionamento, deducibile nelle sue Mémoires:
«la Francia aveva tentato l'impossibile per aiutare i suoi cittadini che vivevano in
Algeria ed aveva fallito. Ora si trovava di fronte a un giovane governo nazionale
che non poteva costringere ad onorare un contratto per il quale il consenso gli era
stato strappato». Ma questa non era una ragione sufficiente per compromettere gli
interessi dello Stato francese.
Non avendo intenzione di riconsiderare in altri termini la futura cooperazione, la
Francia disponeva dunque di una carta vincente: il suo aiuto finanziario.
Mentre gli altri paesi come ad esempio quelli dell’Est offrivano all’Algeria solo
dei crediti “legati” al raggiungimento di determinati obbiettivi , e l'America il
proprio aiuto alimentare, solamente la Francia offriva del denaro contante150.
Nonostante l'Algeria distinguesse tra lo spirito e la lettera degli Accordi d’Evian,
la Francia, senza mettere in gioco i principi del suo aiuto, fissò le modalità di
quest'ultimo in un senso restrittivo, come d'altronde l'autorizzavano i testi che
subordinavano le sue concessione al rispetto che gli interessi francesi.
Duramente negoziato da metà gennaio a fine giugno 1963, l'aiuto francese per
l'anno in corso raggiungerà un livello giudicato dal ministro dell'Industria e
dell'Energia, fortemente inferiore in rapporto alle disposizioni reali della
metropoli durante due ultimi anni della sua presenza e di come lo prevedevano gli
Accordi d’Evian.
La somma di 1.050 milioni di franchi destinata all'aiuto diretto fu tuttavia
aumentata fino ad arrivare a corrispondere alla vecchia assistenza tramite un
ammontare di 530 milioni di Franchi concessi in prestito151.
Nonostante non avesse cercato di opporsi alle misure di ripresa delle terre, la
Francia fece partecipare l'Algeria al risarcimento dei propri proprietari terrieri,
riducendo il proprio aiuto finanziario di 200 milioni nel 1963 e di 110 milioni
nelle 1964. Inoltre introdusse la formula dell'”aiuto subordinato" a degli acquisti
in Francia, più favorevole alle esportazioni francesi rispetto all'”aiuto libero”.
Infine, malgrado i pressanti bisogni della finanza pubblica algerina, la Francia ha
148
N. Grimaud, op. cit., p.54
William Zartmann, Les relations entre la France et l’Algérie, Publisud, Paris, 1964, p. 108
150
N. Grimaud, op. cit., p.56
151
Bachir Boumaza, A propos de l’aide financière, Le Peuple, 9-12 décembre 1964, p. 45
149
47
ritardò fino a giugno il versamento effettivo della prima parte degli aiuti
sospendendolo di nuovo dopo le nazionalizzazioni di ottobre152.
Malgrado tutto, gli algerini ricevettero 830 a milioni di franchi a titolo di
assistenza finanziaria per l'anno 1963.
Tuttavia, il completo spodestamento delle terre, fu seguito da una nuova ondata di
partenza che significava chiaramente il rifiuto deciso, e senza speranza di ritorno,
della comunità pied-noir.
Se il governo francese aveva preso coscienza già in gennaio di una "certa
erosione" degli Accordi d’Evian, dovette riconoscere alla fine dell'anno che :«gli
obiettivi d’Evian erano scomparsi…. Al giorno d'oggi, l'aspetto umano si è
cancellato e non resta che una cooperazione tra Stati, innanzitutto in funzione
degli interessi di ciascuno di essi»153.
Questo era esattamente lo scopo perseguito dal governo dell'Algeria che con
soddisfazione si apprestò a prendere atto del fatto che :«La Francia ha realizzato
attualmente che gli Accordi d’Evian non possono restare tali e quali», come disse
il presidente Ben bella nel suo discorso del 1° novembre 1963154.
Senza riuscire a portare il suo partner ad una revisione formale degli accordi,
l'Algeria aveva ottenuto, con la partenza dei colori francesi, che le
nazionalizzazioni non mettessero in pericolo il rapporti con la Francia.
Come scrisse Jean de Broglie, nel suo articolo "Quaranta mesi di rapporti francoalgerini”, a proposito della linea politica seguita dei due stati :«La storia
giudicherà questa politica, ma molto probabilmente un atteggiamento differente
non avrebbe risolto meglio una situazione così complessa e legata a rapporti
passionali, al contrario, si sarebbero compromessi probabilmente i nostri interessi
di Stato senza salvaguardare al meglio quelli dei nostri cittadini»155.
Francia e Algeria si orientavano dunque su una base di rapporti più egualitari, ma
nonostante questo i diplomatici algerini troveranno un partner molto meno
flessibile rispetto a quello che probabilmente si sarebbero aspettati.
La reazione francese, dopo che in seguito all'esperienza atomica di marzo 1963
l'Algeria domandò una revisione delle clausole militari, costituisce la prima
avvisaglia dell'intransigenza francese. Il capo di Stato, a più riprese, spiegò che
egli aveva voluto liberare l'Algeria dall'esercito francese per procedere alla sua
modernizzazione e che l'arma atomica era la condizione sine qua non della sua
politica di indipendenza nazionale ed egli non intendeva in alcun caso di
rinunciarci156.
Comunque, malgrado le concessioni, e l'imbarazzo che queste potessero causare a
livello internazionale, l'Algeria aveva vinto la prima battaglia indispensabile per il
suo futuro: essa aveva fatto saltare l'ipoteca d’Evian che rischiava di stritolare la
stessa struttura della nazione a discapito della cooperazione. Dopo aver difeso la
sua personalità ciò che restava era di conquistare progressivamente l'uguaglianza
stabilendo delle nuove basi nei rapporti tra i due stati.
152
Mellouki Riffi, op. cit. p.125
Dibattito tenutosi all’Assemblea nazionale il 28 ottobre 1963, in N. Grimaud, op. cit., p.57
154
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.69
155
Jean de Broglie, Quarante mois de rapports franco-algériens, Revue de Dèfense nationale,
décembre 1965, pp. 1833-1857
156
Discorso del generale de Gaulle del 4 ottobre 1962, contenuto in Le Monde, 5 ottobre 1962.
153
48
2.5 Gli scambi commerciali.
In passato coloniale è utile per capire la natura dei legami commerciali che
legarono l'Algeria nuovamente indipendente con la sua antica metropoli. Fino
all'indipendenza gli scambi esteri algerini erano totalmente appannaggio degli
operatori economici commerciali e finanziari francesi. Non era perciò concepibile
che un tale stato di fatto potesse trasformarsi rapidamente, quale che fosse la
volontà delle nuove autorità algerine a riguardo. Troppe risorse e canali di
distribuzione erano stati instaurati e rinforzati durante i decenni di colonizzazione
per poter prendere in considerazione una loro sostituzione totale a partire
dall'indipendenza. Questo oltre ad essere quasi impossibile da mettere in opera in
condizioni normali, lo era ancora di più considerando il fatto che l'Algeria usciva
da una guerra di liberazione durata quasi sette anni e con un'economia in profonda
crisi. In più a livello politico, gli Accordi d’Evian ed in particolarmente le
Dichiarazioni di principio che vertevano sulla Cooperazione economica e
finanziaria e sulla Cooperazione nella valorizzazione delle ricchezze del
sottosuolo del Sahara e indirettamente, ma non meno efficacemente, quelle sulla
Cooperazione culturale, permettevano alla Francia di premunirsi contro un brusco
capovolgimento all'interno del campo tecnico-commerciale. Inoltre, facendo una
considerazione realistica questa non era la maggior preoccupazione dei dirigenti
algerini dell'epoca; i quali erano alle prese con dei problemi ben più urgenti, come
per esempio il semplice fatto di assicurare i primi raccolti per sfamare la
popolazione157.
Le convenzioni che la Francia aveva concluso con gli Stati delle sue ex colonie
africane al momento della loro indipendenza gli anni 60 avevano resistito
relativamente bene alla prova del tempo, e gli Stati interessati non ne
domandarono revisione se non a partire dal decennio successivo. Al contrario
l'Algeria manifestò un'impazienza nel tentare di abbandonare i vincoli d’Evian e
nel tentare di fondare la propria indipendenza politica grazie all'eliminazione
progressiva delle costrizioni economiche158. Per riuscire a realizzare i suoi progetti
l'Algeria utilizzò due mezzi complementari. Da una parte, ci fu il tentativo di
fondare su nuove basi totalmente rinegoziate il rapporti con Parigi. E se
nell'autunno 1963, la Francia si rifiutò un riesame globale e sistematico, si
dichiarò al contrario pronta a degli aggiustamenti puntuali. D'altronde non tutti i
campi d'azione erano stati fissati con la stessa precisione di quello relativo alle
esplorazioni petrolifere, e per questo motivo si rendeva necessario elaborare
ancora delle soluzioni concrete.
D'altra parte, gli investimenti privati francesi in Algeria, fabbriche, immobili e
banche, apparivano a questo punto vulnerabili. Questi investimenti avrebbero
potuto costituire una risorsa di politica interna, essere progressivamente inglobati
ed d'utilizzati come dotazione di partenza delle società nazionali, e quindi come
strumenti della politica di industrializzazione che si delineava. Perciò non era
esclusa la loro utilizzazione da parte dell'Algeria come mezzo di pressione e
l'arma della nazionalizzazione poteva rappresentare un elemento aggiunto nella
lotta per liberarsi dell’ascendente francese. Si avrà dunque un’alternanza tra
negoziati e nazionalizzazioni, ed il governo algerino intervenne spesso con queste
ultime per favorire dei buoni risultati in termine di negoziato, nonostante la linea
157
158
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.73
S. Mouhoubi, op. cit., p 204
49
ufficiale negò sempre che la simultaneità di certi avvenimenti potesse in realtà
mostrarne una relazione di causa- effetto159.
L'Algeria non aveva ancora dominato i suoi problemi interni e la sua abilità, di
fronte ad un interlocutore infinitamente più potente, consisteva soltanto nel
rivendicare la sua debolezza, pur mettendo in mostra i suoi sforzi nel tentativo di
riorganizzare al meglio l'assetto statale.
L'Algeria vedeva nella Francia non solamente il partner più augurabile, non solo
perché più familiare e meglio conosciuto, ma soprattutto quello con cui
manteneva il maggior numero di interessi, e il solo possibile in quel momento.
D'altra parte, le manifestazioni tangibili della politica indipendentista del
presidente de Gaulle, come la critica della politica americana in Vietnam, la
riconoscenza della Cina popolare, la posizione di equilibrio nel conflitto del
Medio-Oriente causarono delle convergenze tra le due diplomazie, contribuendo
al verificarsi di una congiuntura favorevole all'attenuazione delle recriminazioni
reciproche160.
Nel corso dei quattro anni che andarono dal 1964 al 1968, l'Algeria iniziò a
raddrizzare la sua situazione ottenendo più spazi alla valorizzazione del proprio
petrolio e riorganizzando la sua situazione finanziaria in rapporto con la sua antica
metropoli.
Tuttavia, col passare egli anni, l'Algeria tentò di diversificare i suoi partenariati
facendo diminuire leggermente il peso che la Francia occupava all'interno
dell'economia del paese. Le cifre a questo riguardo sono interessanti. Il primo
anno di riferimento utile è naturalmente il 1963161, durante il quale la Francia fu il
primo cliente ed il primo fornitore dell'Algeria, fornendole il 81,1% delle sue
importazioni ed acquistando il 75, 2% delle sue esportazioni. Nel 1965, ultimo
anno da prendere in considerazione per quello che concerne il periodo delle
presidenza di Ben Bella, la Francia ha mantenuto il suo statuto di primo cliente
fornitore, ma in una proporzione relativamente inferiore: il 70,3% delle
importazioni algerine sono fornite dalla Francia la quale ha acquistato all'Algeria
il 72, 5% delle sue esportazioni. Nello stesso anno 1965, il secondo paese
fornitore dell'Algeria fu l'Italia con il 3,7% delle importazioni algerine ed il
secondo paese cliente la RFA con il 5,7% delle esportazioni algerine acquistate. In
questo periodo, una parte importante delle esportazioni algerine fu composta dai
prodotti alimentari (63%) tra i quali soprattutto la produzione vinicola che ha
rappresentato il 24% delle esportazioni totali. Un'altra parte era costituita dagli
idrocarburi (31%). Le importazioni erano invece costituire per la maggior parte da
beni e attrezzature (22%)162.
Ma fu durante gli anni successivi, in relazione alle evoluzioni, spesso tumultuose,
delle relazioni algero-francesi, che i dati si modificheranno sostanzialmente e la
Francia perderà la sua posizione di preminenza a vantaggio di altri partner
commerciali dell'Algeria, le stesse relazioni con la Francia conosceranno delle
importanti evoluzioni sia in termini di volume che di strutture di scambio.
159
N. Grimaud, op. cit., p.58
Inga Brandell, Les rapports franco-algériens depuis 1962, L’Harmattan, Paris, 1981, p. 23
161
L'anno 1962 non può essere preso in considerazione per il semplice fatto che il nuovo governo
prese il potere a settembre e quindi troppo tardi per avere una reale influenza in questo campo sulle
opzioni effettuate nel corso dei mesi precedenti.
162
S. Mouhoubi, op. cit., p 206
160
50
2.6 I rapporti tra Francia e Algeria sotto Boumediène.
Esaminare i rapporti che legarono l'Algeria e la Francia sotto la presidenza di
Boumediène è un compito abbastanza complesso. La vicinanza temporale ancora
importante con la guerra, il percorso personale del capo di Stato algerino, l'analisi
e lo studio della classe dirigente algerina che ha gestito i principali trattati con la
Francia, le attitudini di certi circoli dirigenziali francesi e il contesto
internazionale rappresentano gli elementi essenziali per porter piegare la
particolarità delle relazioni algero-francesi in questo periodo.
Nel 1965, nel momento in cui Houari Boumendiène assume la totalità del potere, i
postumi e i segni della guerra erano ancora molto evidenti e la speranza di
rimodellare le relazioni con la Francia e di affermarsi in opposizione a
quest'ultima appariva come una quasi necessità.
Il percorso personale del presidente algerino potrebbe essere un elemento utile da
prendere in considerazione. Boumendiène cresciuto in un contesto abbastanza
modesto svolse la sua educazione in condizioni molto difficili e la sua cultura
politica risulta fortemente marcata dall'esperienza della colonizzazione, vissuta
come un qualcosa di fortemente umiliante, dalla durezza della guerra.
Ai suoi occhi i movimenti politici che si svilupparono prima del novembre 1954
(sia le correnti di tipo liberale che quelle ti tipo radicale) erano privi di ogni
riconoscimento non essendo riusciti a giocare un ruolo fondamentale della
riconquista dell'indipendenza dell'Algeria. Per lui erano i militari, di cui egli era
rappresentante così come del Consiglio della Rivoluzione, che avrebbero dovuto
costituire l'armatura e la forza motrice della costruzione statale e del processo di
sviluppo economico, sociale e culturale da realizzare.
La costruzione statale sarebbe dovuta essere basata su uno “Stato forte”,
centralizzato e presidenziale. Lo stesso partito del FLN giocò sotto la presidenza
Boumendiène un ruolo abbastanza marginale. Anche perché altre strutture come
all'occorrenza il Consiglio della Rivoluzione, per le grandi manovre politiche, e il
Consiglio dei ministri, per l'applicazione della gestione degli affari socioeconomici, furono i veri organismi decisionali163.
La presa di coscienza delle sofferenze subite dalla popolazione durante la guerra,
il contenuto dei documenti programmatici elaborati in seno al FLN durante il
conflitto, il percorso personale del Capo di Stato, spiegano in parte l'orientazione
di stampo socialista, particolarmente nella sua capacità redistributiva, del modello
economico considerato per i dirigenti algerini come lo stato più appropriato. I
membri dell’equipe di governo, incaricati di gestire le pratiche socioeconomiche
aderirono, in tutto o in parte, a quest'analisi.
Mentre per quanto riguarda il contesto internazionale, l'Algeria sistemandosi nel
campo anticolonialista ed antimperialista, si poneva in naturale contrapposizione
nei riguardi di tutti i paesi che si trovavano in posizione contraria.
Considerando questo contesto, le relazioni algero-francesi entravano all'interno di
una dinamica di insieme delle relazioni tra l'Algeria e l'Occidente, ma con una
opposizione accentuata su certi punti a causa delle ferite ancora aperte del passato
coloniale. Le condizioni della colonizzazione, della guerra d'Algeria e
dell'indipendenza non permisero alle relazioni ai due paesi di svilupparsi su delle
sane basi. Troppi fraintendimenti e secondi fini rimanevano per permettere un
reale svolgimento di queste relazioni in un contesto sereno164. La volontà algerina
durante questo periodo era dunque quella di accelerare l'emancipazione rispetto ai
163
164
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 130
I. Brandell, op. cit., p.30
51
legami coloniali, particolarmente sul piano commerciale e linguistico culturale. A
livello commerciale, la forte dipendenza sia per quanto riguarda le importazioni
che le esportazioni, era considerata la parte algerina come un ostacolo alla
riappropriazione della sovranità nazionale ed il fine da perseguire era quello di
diminuire queste relazioni a beneficio di altri partenariati occidentali. A livello
linguistico culturale, il fine da perseguire era quello di riconsiderare
progressivamente il posto del francese a favore dell'arabo, lingua nazionale165.
Le relazioni tra l'Algeria la Francia durante questo periodo (1965-1978) furono
determinate soprattutto dallo spirito delle diverse personalità politiche che
prendevano le decisioni nei due Stati e che caratterizzarono la particolarità dei
rapporti bilaterali. La consultazione degli articoli di stampa dell'epoca permette di
constatare un'alternanza tra delle fasi di tensione e di allentamento, di contrazione
e di miglioramento, di raffreddamento e di riavvicinamento. Non vi furono però
mai di periodi di normalità o di banalità ma quelli tra Francia ed Algeria furono
sempre delle relazioni che potremo definire di tipo “passionale”166.
Durante il periodo della presidenza Boumendiène, tre presidenti occuperanno
l'Eliseo: Charles de Gaulle (fino ad aprile 1969), Georges Pompidou (giugno
1969- aprile 1974) e Valéry Giscard d’Estaing (maggio 1974- maggio 1981). Tre
presidenti, dunque tre stili e tre politiche estere differenti, così come tre "politiche
algerine" differenti. Prima di studiare queste diverse fasi più in dettaglio, è
appropriato per evidenziare le caratteristiche principali di ciascuno.
Nonostante il cambiamento di presidente in Algeria nel giugno 1965, il Generale
de Gaulle proseguì, fino alle sue dimissioni nell'aprile 1969, la politica che egli
aveva elaborato già dal 1962, il suo scopo era quello di fare delle relazioni algerofrancesi un prototipo di cooperazione esemplare tra un paese sviluppato ed un
paese in via di sviluppo. Questo avrebbe permesso alla Francia di restaurare il suo
ruolo sulla scena internazionale, dopo che questo era stato messo in cattiva luce
durante il periodo della guerra d'Algeria. Lo scopo principale del Generale de
Gaulle era quello di evitare in tutti casi lo svilupparsi di tensioni eccessive con
l'Algeria. Libera dall'ipoteca algerina, la Francia poteva ridiventare un grande
attore internazionale ed in questo modo attuare delle politiche di enorme risonanza
come il riconoscimento della Repubblica popolare cinese (gennaio 1964), il rinvio
del comando militare integrato dell’OTAN (marzo 1966), il discorso di Pnomh
Penh sulla politica americana in Vietnam (settembre 1966), la presa di posizione
sulle questioni del Vicino Oriente (1967) ed il discorso a Montréal sul Quebec
(luglio 1967)167.
Nel quadro delle relazioni con l'Algeria, non era in discussione per il Presidente
francese cedere ciò che era stato il prestigio della Francia o lasciare che si
degradassero gli interessi economici francesi, ma queste erano considerate con
realismo e acume, prendendo in considerazione le evoluzioni a medio e lungo
termine.
In più, considerando il ruolo giocato da de Gaulle durante i primi quattro anni in
cui esercitò il potere (1958- 1962) in rapporto al riacquisto dell'indipendenza
dell'Algeria rendeva ancora più importante per lui la necessità di effettuare
numerosi sforzi per far sì che il seguito di questo doloroso processo fosse
all'altezza di ciò che egli aveva precedentemente intrapreso. Inoltre per il
presidente francese l'Algeria rappresentava un importante scommessa in vista
anche delle politica estera da effettuare nel terzo mondo. Parlando delle nuove
165
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 131
Georges Dillinger, L’Algérie et la France malades l’une de l’autre, Publication G. D., Paris,
1995, p. 18
167
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 132
166
52
relazioni franco algerine il Generale de Gaulle sottolineava :« «i rapporti tra la
Francia e l'Algeria, potranno diventare un modello di relazioni tra il mondo
occidentale e i paesi sottosviluppati»168. Allo stesso modo, dopo le prime
contestazioni algerine degli accordi d’Evian, egli indicava :«Ecco la linea generale
che noi dobbiamo seguire. Degli attentati sono stati portati agli accordi d’Evian.
Ma non dobbiamo considerare ciò come un pretesto per una rimessa in causa
generale degli accordi. Non dobbiamo dare agli algerini delle scappatoie per
ritornare sulle clausole militari. Gli accordi d’Evian sono datati un anno. Ed essi
hanno ricevuto l'approvazione solenne dei due paesi per via referendaria. Essi
rimangono legge tra le parti. E noi siamo decisi a mantenere lo spirito che
avevamo al momento in cui li abbiamo firmati. Quindi pur riconoscendo che è
compito del governo algerino scegliere per il proprio paese e proprio regime
economico e sociale. Bisognerà considerare, pertanto, che queste scelte non
vengano effettuate a discapito degli interessi francesi. Noi chiederemo che
l'Algeria mantenga un occhio di riguardo nei confronti della Francia e dei i
francesi»169.
Oltre al Generale de Gaulle, anche molti altri responsabili politici francesi
dimostrarono in questo periodo una sorta di spirito costruttivo e di speranza per la
creazione di una buona cooperazione tra i due paesi. E ciò si tradusse nella stipula
di un numero significativo di accordi e di convenzioni tra i due Stati. Ciò si
manifestò anche con il ritiro delle truppe francesi, dopo termini previsti, dalle basi
di Reggane et Béchar (nel 1967) e dalle installazioni portuali di Mers El Kèbir
(nel 1968).
Tuttavia delle tensioni si manifestavano su certi accordi, il più complesso durante
questo periodo fu quello che riguardava il vino algerino. Allo stesso modo si
fecero sentire le prime tensioni serie concernenti la questione energetica, per la
quale vi era naturalmente la speranza da parte algerina di poter gestire pienamente
il proprio gas e il proprio petrolio170.
La situazione subì un’evoluzione e cambiò nettamente con l'arrivo di Georges
Pompidou al potere in Francia nel giugno 1969. Non si potrà però parlare di
rottura delle relazioni. Malgrado i rapporti tra Pompidou e de Gaulle si
incrinarono dopo l’abbandono dell’Eliseo a parte di quest'ultimo, il ruolo
ricoperto da Georges Pompidou durante il governo de Gaulle; capo di gabinetto
dal giugno 1958 al gennaio 1959, rappresentante del governo per incontrare una
delegazione del FLN in Svizzera nel febbraio 1961, e il Primo ministro dal 1962
al 1968, evidenziava come egli non poteva che essere per ciò che riguardava le
relazioni con l'Algeria favorevole alla linea politica mantenuta negli undici anni
precedenti, alla quale lui stesso aveva largamente contribuito171.
Tuttavia, lo stile ed il modo di governare tra i due Presidenti era alquanto
differente, e Pompidou si presentava più contabile e tecnocratico. Così la priorità
personale accordata dal Generale de Gaulle alla cooperazione franco-algerina e la
sua caratteristica di "quasi esemplare" venne riconsiderata dal nuovo Presidente;
ed il periodo che andava dal giugno 1969-aprile 1964 fu segnato da due crisi
molto serie all'interno dei rapporti bilaterali.
La prima crisi, sulla questione petrolifera (1970-1971) causò delle forti tensioni
tra i due paesi che durarono pressappoco due anni e che culminarono con
l'insuccesso dei negoziati tra le due parti, il 24 febbraio 1971, e con la decisione
dell'Algeria di procedere alla nazionalizzazione del 51% delle società petrolifere
168
Alain Peyrefitte, C’était de Gaulle, Fayard/de Fallois, Paris, 1994, p. 399
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 133
170
Philippe Alexandre, Le duel de Gaulle-Pompidou, Grasset, Paris,1995, p. 44
171
N. Grimaud, op. cit., p. 62
169
53
francesi operanti in territorio algerino. Bisognerà attendere fino al 30 giugno
perché la Compagnia francese del petrolio CFP, e il 16 dicembre 1971 l'Impresa
di ricerche e attività petrolifere, firmino finalmente degli accordi con la Sonatrach
per equilibrare il contenzioso. La seconda crisi, riguardò invece le condizioni della
comunità algerina in Francia. E si verificò quando durante l'anno 1973 ci furono
in Francia degli attentati contro il consolato algerina e contro gli edifici
dell’Amicale degli algerini in Europa. In quest'anno si verificarono anche degli atti
ostili nei confronti dei lavoratori algerini residenti in Francia, e questo portò le
autorità algerine a decidere il fermo dei movimenti migratori che avevano la
Francia come destinazione172.
L'arrivo di Michel Jobert come ministro degli Affari esteri nell'aprile 1973, la sua
conoscenza del Maghreb e certe sue prese di posizione sulla problematica israeloaraba durante la Guerra d'ottobre del 1973, contribuirono in qualche modo a
migliorare l'atmosfera generale riguardo alle relazioni fra i due paesi.
L'elezione nel maggio 1974, in seguito al decesso di Georges Pompidou, di Valéry
Giscard d’Estaing apre in un periodo contrastato con il 1975 come anno centrale
di riferimento. In effetti, quest'anno fu prima segnato dalla sua visita in Algeria
avvenuta nel mese di aprile. Onorando un impegno preso dal suo predecessore,
egli divenne così il primo presidente francese a rendere omaggio in Algeria dopo
la sua indipendenza173. Tuttavia, al di là delle apparenze, questa visita non ebbe il
successo sperato dalle due parti. Il clima tra i due presidenti non apparve in effetti
disteso e certe propositi avanzati dal capo di Stato francese durante e dopo la sua
visita furono interpretati negativamente da parte algerina.
In più, alla fine dell'anno 1975 fu segnata dagli sviluppi sulla questione Sahara
Occidentale. Le prese di posizione e le azioni a favore del governo marocchino da
parte di Giscard furono considerate con forte malcontento ad Algeri. E le
evoluzioni degli anni successivi su questa questione non contribuirono a
migliorare il clima di tensione tra le due nazioni, tanto che bisognerà attendere il
1978 per vedere il nuovo il manifestarsi di qualche distensione.
Tutti questi elementi non debbono però occultare totalmente alcune interessanti
convergenze tra i due paesi come ad esempio quella della necessità di un dialogo
Nord/Sud (ribadita più volte alla Conferenza sulla cooperazione economica
internazionale svoltasi a Parigi) o quella della necessità di un dialogo per la
soluzione dei problemi vicino-orientali174.
2.7 Gli accordi petroliferi del 1965.
Gli accordi che riguardavano il problema della gestione delle risorse petrolifere
algerine, iniziati nel dicembre 1963 diedero la loro conclusione soltanto diciotto
mesi più tardi.
Le soluzioni che erano precedentemente state prese ad Evian, ed iniziarono essere
contestate verso la fine della ottobre 1963, vertevano su due grandi punti
fondamentali:
- I diritti delle società francesi e straniere già installate nel territorio
venivano
consolidati.
172
I. Brandell, op. cit., p. 38
174
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.134
54
-
Un organismo paritario, l'Organismo sahariano, aveva la missione di
consigliare in materia di concessioni di titoli minerali e di legislazione, le
decisioni definitive venivano poi prese dall'amministrazione algerina.
Il sistema rendeva essenzialmente soddisfatti i petrolieri francesi e le difficoltà
attraversate dall'Algeria durante i primi anni, non ebbero ripercussioni profonde
sull'attività petrolifera che trovava all'estero sia la maggior parte dei capitali che
servivano sia la maggioranza del personale.
La produzione conobbe una progressione continua passando da 15,6 milioni di
tonnellate nel 1961 a 26,6 nel 1964175.
Tuttavia, esitante, l'amministrazione algerina non accordava nessuna nuova
concessione contribuendo a diffondere una certa paura tra le società. La paura era
quella di una paralisi al termine dell'attività di ricerca dal momento che diventava
aleatoria la possibilità di nuove concessioni. D'altra parte, sul fronte algerino, oltre
che per esistenza dell’Organismo sahariano giudicato come un lascito del
colonialismo, la contestazione si sviluppò due diversi piani.
Inizialmente, l'Algeria si sentì discriminata dalla divisione delle ricchezze
attribuibili agli idrocarburi. Un dato fondamentale domina, da questo momento la
condotta algerina: il cibo, l'industrializzazione, l'insegnamento dei bambini, e in
breve la vita di tutti i giorni, dipendevano strettamente dalla sorte dei proventi
petroliferi. Dal momento che il petrolio costituiva quasi l’unica fonte di proventi,
diveniva imperativo tentare di realizzare il massimo possibile dei profitti, e
dunque di controllarlo il più possibile176.
Nel 1964, allorché ci furono delle nuove scoperte di petrolio nel Sahara, il
governo francese istituì una fiscalità leggera che avrebbe dovuto stimolare gli
investimenti. Queste agevolazioni fiscali avrebbero dovuto contribuire a far
nascere la potenza petrolifera algerina. Tuttavia l'Algeria non aveva le stesse
ragioni per mantenere queste agevolazioni, in quanto l'esplorazione del suo
sottosuolo da parte straniera contribuiva a causare un impoverimento del
patrimonio nazionale al quale sarebbero dovuti corrispondere delle contropartite
economiche elevate.
Al contrario degli Stati del Medio Oriente, il governo algerino intendeva praticare
una politica di intervento diretto che gli avrebbe permesso "di essere presenti in
maniera determinante in tutti gli stadi di lavorazione del petrolio", sia tramite un
aumento della pressione fiscale, sia giocando un ruolo sempre più attivo grazie
alla creazione di uno strumento specializzato, la Sonatrach177.
Nell'autunno 1963, malgrado il Codice petrolifero garantisse alle società i diritti di
trasportare il petrolio estratto, il governo algerino reclamò il 33% di quello
prodotto nel terzo oleodotto del progetto Hassi Messaud-Arzew. A questa prima
distorsione degli accordi petroliferi del 62 che rischiava seriamente di
compromettere i rapporti tra gli Stati si aggiunse anche una querela da parte del
governo algerino sui diritti per quanto riguardava il controllo dei cambi.
La sorte delle relazioni franco-algerine si trovava in questo momento sospesa a
due possibili soluzioni, o i due contendenti avrebbero consentito il realizzati dei
compromessi necessari per trasformare il petrolio nel "lievito della cooperazione"
o rischiavano che le cause della tensione degenerassero causando la rottura dei
rapporti.
175
N. Grimaud, op. cit., p. 58
S. Mouhoubi, op. cit., p 210
177
A. Ghozali, Pétrole et développement économique au Moyen-Orient, Mouton, Paris, 1968, pp.
17-32
176
55
Fu a questo punto che la Francia, e l’Eliseo in particolare, si convinse della
necessità di ridefinire gli accordi petroliferi con l'Algeria in un quadro più liberale
e più conforme alla volontà di iniziativa dell'altro partner178.
Sia dal punto di vista algerino, che da quello francese, la decisione di negoziare fu
una prova di realismo politico.
Le società francesi che operavano nel Sahara sin dai tempi del colonialismo
vedevano nella scoperta di un giacimento, sia una creazione personale che un
dono della natura. Per questo motivo, rinunciare ai frutti del proprio lavoro prima
di avere finito di sfruttarli fino alla fine, e veder perdere agli approvvigionamenti
sahariani il loro carattere di "grezzo nazionale", rappresentava un motivo di
frustrazione.
Mentre per gli algerini, il petrolio era indissociabile dal sangue versato per
opporsi al tentativo di separare il Sahara del Nord dall'Algeria. In più, gli
idrocarburi rappresentavano la colonna portante del progetto di sviluppo. Perciò
gli sforzi richiesti per arrivare ad una soluzione che accontentasse tutte e due le
parti furono indubbiamente tantissimi179.
Fin dal 1958 era stata invocata in Algeria, soprattutto dal giornale El Moudjhid, la
nazionalizzazione dei pozzi come una tappa fondamentale da realizzare per il
benessere. E visto l'ambiente rivoluzionario d’Algeri, questa tentazione era
credibile benché le condizioni per la realizzazione fossero ancora lontane. Ma
questa non fu nemmeno considerata perché i dirigenti erano coscienti dei
problemi che avrebbe comportato per loro la riconsiderazione radicale della
cooperazione petrolifera: il ricorso alle società straniere era ancora indispensabile
ed in più anche l’U.R.S.S consigliava di non allontanarsi dalla Francia.
Il governo algerino era a conoscenza inoltre dell'importanza che il generale de
Gaulle dava all'impresa Sahariana, giudicando il petrolio come il solo esempio a
vantaggio della Francia nella cooperazione con l'Africa.
In una conferenza con la stampa il 31 gennaio 1964, il generale de Gaulle
parlando della cooperazione come «grande ambizione della Francia» dichiarava
:«ciò che noi riceviamo dall’Algeria e molto inferiore a ciò che gli offriamo,
l’unica valida contropartita è rappresentata dal petrolio»180.
Durante i negoziati che inizialmente si svolsero con le società petrolifere francesi,
la delegazione algerina, che aveva poca familiarità con gli arcani dell'universo del
petrolio rischio più volte di bloccare le trattative in corso a causa di rivendicazioni
ritenute impossibili da soddisfare. Fu probabilmente grazie all'intervento diretto
dello Stato francese ritenuto dal governo della Algeria «il solo partner valido, a
differenza delle società che avevano come unica preoccupazione l'accaparramento
del profitto», che gli accordi sul petrolio furono firmati nel luglio 1965181.
Gli accordi firmati ad Algeri segnarono in trionfo della regola della "gestione
paritaria" e le rivendicazioni da parte algerina vennero soddisfatte in numerosi
punti.
-
Petrolio: per quanto riguarda il petrolio, le concessioni esistenti venivano
confermate. Ma l'Algeria otteneva dei nuovi vantaggi, come un sostanziale
aumento dal punto di vista fiscale. I suoi compensi passavano da 500
milioni di DA nel 1965 a un miliardo nel 1967.
Quanto al futuro, lo scopo principale era quello di stimolare la ricerca e
l'esplorazione. La Francia e l'Algeria si associavano per condurre la ricerca e
178
I. Brandell, op. cit., p. 112
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 136
180
I. Brandell, op. cit., p.113
181
Secondo il giudizio dato dal Presidente Ben Bella nei discorsi di Laghouat il 28 settembre 1964.
179
56
l'esplorazione su 180.000 km creando una Associazione cooperativa (Ascoop)
nella quale le quote di partecipazione erano divise in eguale misura. La Sonatrach
trovava l'occasione sperata per fare il suo apprendistato sul campo ed in più la
Francia accettò di anticipare il 60% delle spese per la ricerca incombenti
all'Algeria.
- Il gas. Per venire incontro ai desideri algerini, il regime dei gas fu
dissociato da quello del petrolio. Il sistema studiato toglieva alle società
francesi estrattivi tutti i benefici commerciali e dava alla Sonatrach la
libera disposizione dei gas. In altri termini, l'Algeria recuperava totalmente
il proprio gas.
- La cooperazione industriale. Segnava nettamente il legame esistente tra gli
interessi francesi a rimanere nel Sahara e il supporto finanziario fornito
dagli stessi francesi, l'Accordo di Algeri comportava un’imposta che
fissava la contribuzione francese ha l'industrializzazione algerina a due
miliardi di FF in cinque anni, i quali sarebbero dovuti essere gestiti da un
Organismo di cooperazione industriale (O.C.I). Sembra che il governo
algerino abbia esitato molto prima di accettare che questo Organismo,
incaricato della selezione e del finanziamento dei progetti, funzionasse su
base paritaria, soprattutto in considerazione dei precedenti con un altro
organismo, l’ Organismo Sahariano in cui la parità non aveva generato
l'efficacia182.
Dopo la firma degli Accordi, l'entusiasmo manifestato ad Algeri contrastava con l’
ostilità dei livelli politici parigini. Il disegno di legge per ratificare l'accordo fu
infatti votato dall'Assemblea nazionale in prima lettura ma venne respinto per ben
due volte dal Senato prima di essere adottato con una risicata maggioranza (128
voti favorevoli contro 111 contrari)183.
Francia e Algeria avevano dunque saputo conciliare i propri interessi e soprattutto
per quest’ultima l'Accordo rappresentava, non soltanto il massimo che essa
avrebbe potuto ottenere in quel momento, ma in più di avrebbe permesso di
mettere in moto la Sonatrach per prepararsi progressivamente a prendere possesso
dei propri idrocarburi. Quanto alla Francia, ottenne dei termini di garanzia che gli
avrebbero permesso di instaurarsi con più sicurezza nel territorio.
In seguito a questi accordi bilaterali sul petrolio ne seguirono altri che
riguardavano gli argomenti più svariati. Tra i quali si possono citare la
Convenzione sulla cooperazione culturale e tecnica del 8 aprile 1966 e l'Accordo
relativo alle Relazioni Finanziarie del 23 dicembre dello stesso anno, che permise
di risolvere il contenzioso finanziario tra i due paesi184.
2.8 Gli accordi in materia finanziaria.
Sulla stessa linea, forte delle regolamentazioni in ambito petrolifero, l'Algeria
domandò riesame generale di tutte le difficoltà che pesavano sulle relazioni
bilaterali tra i due paesi.
Parigi, accolse inizialmente le pretese algerine con poco entusiasmo, perché
nonostante l'esistenza di punti l'accordo, gli ostacoli che suscitava il regolamento
del contenzioso finanziario erano prevedibili, tenendo conto della situazione della
tesoreria algerina.
Nonostante la titubanza, al fine di assicurare che la delegazione francese venisse
dotata di istruzioni politiche, il Ministro degli Esteri algerino M. Bouteflika
182
N. Grimaud, op. cit., pp. 61-62
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 137
184
Mellouki Riffi, op.cit., 184
183
57
ottenne di essere ricevuto dal generale de Gaulle il 9 marzo 1966, alla vigilia
dell'apertura delle trattative185. L'obiettivo principale dell’Algeria era quello di
regolare il contenzioso finanziario nel quale si intricavano, in una complicata
matassa, impegni anteriori all'indipendenza, inseriti negli Accordi d’Evian a
carico dell’Algeria, e dei debiti sorti dopo il 1962.
In modo apparentemente paradossale, l'Algeria si pose nel tavolo delle trattative
rifiutando di onorare le "fatture coloniali" cioè di riconoscere i debiti pubblici
contratti a nome dell'Algeria prima dell'indipendenza, i quali come dichiarava M.
Bouteflika :« Non erano né politicamente, né economicamente, né
finanziariamente da imputare al proprio paese dal momento che la sovranità
statale era allora esercitata dalla Francia»186. Allo stesso modo per la massa dei
beni vacanti abbandonati dagli europei, l'Algeria rifiutava l'ipotesi di un riscatto
considerandoli come danni di guerra. A queste posizioni di principio, veniva
aggiunto un argomento di fatto: avrebbe forse dovuto Algeria, per far quadrare un
enorme passivo contestabile, rendere impossibili le sue chances di sviluppo?
Il governo algerino, desiderava perciò approfittare del fatto che il generale de
Gaulle si trovasse ancora all’Eliseo per ottenere una la liberatoria dagli "strascichi
coloniali" e pianificare e così facendo la propria situazione finanziaria. Ma la fine
della prima parte di contrattazioni che si concluse con la firma della Convenzione
di cooperazione culturale e tecnica, e con la sospensione dei negoziati finanziari,
il 30 aprile, fu considerata come un insuccesso ed aprì un periodo di crisi187.
Il 8 maggio, il presidente Boumediène, con un atto che faceva riferimento
direttamente ai tentativi di dialogo in corso con la Francia sulla condizione
finanziaria dell’Algeria in corso, annunciava che ormai i "beni vacanti" sarebbero
stati considerati come "beni di Stato". Inoltre egli procedette anche alla
nazionalizzazione di undici miniere metallurgiche, pur promettendo un equo
indennizzo188.
Tuttavia, dopo le tensioni nei mesi che seguirono, finalmente le due parti decisero
di venirsi incontro e di prendere la via delle concessioni. Parigi ridusse
considerabilmente le sue pretese e gli algerini si rassegnarono alla restituzione di
qualche prestito, come ad esempio alcuni per lavori di infrastruttura, di cui essi
avevano beneficiato.
Finalmente il 23 dicembre 1966 venne firmato un accordo politico, che fu però
tenuto segreto. Questa accordo consacrava un abbattimento della maggior parte
del debito algerino il quale venne ricalcolato in un saldo forfettario in favore della
Francia di circa 400 milioni di F, rimborsabile in trent'anni189.
In questo modo, ancor più della Tunisia del Marocco nel 1963, l'Algeria ottenne
delle condizioni generose per decolonizzare i rapporti finanziari da Stato a Stato.
Ancora più notevole era il fatto che riuscì ad ottenere queste condizioni senza
compiere alcun gesto per indennizzare degli interessi privati francesi.
Questa serie di trattazioni serrate che terminarono finalmente con dei successi per
la giovane diplomazia algerina ricevette un seguito nel giugno 1967: un Accordo
Marittimo adottava il principio della "divisione della bandiera", riconoscendo alla
marina mercantile algerina nascente il diritto di trasportare la metà del carico tra i
due paesi, ad esclusione degli idrocarburi190.
185
J. Offredo, op. cit., p. 77
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.142
187
N. Grimaud, op. cit., p. 63
188
S. Mouhoubi, op. cit., 126
189
I. Brindell, op. cit., 118
190
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.145
186
58
Tuttavia, nello stesso tempo, ci fu una serie di trattati per i quali l'Algeria e si
scontrò con la resistenza assoluta della Francia. Soprattutto quelli che
riguardavano gli interessi nazionali francesi, o quelli considerati come tali; su di
loro la Francia non cedette mai il passo alle necessità della cooperazione com'era
concepita l'Algeria. Si possono citare come esempi della fermezza francese le
relazioni per quanto riguarda i domini militari, la dove le obbligazioni a carico
dell'Algeria sono state interamente rispettate.
Dopo la conclusione degli accordi sovracitati, ed in seguito alla visita in Francia
del ministro algerino, il 20 gennaio 1967 del presidente francese scrisse una
lettera a quella algerino in cui asseriva :«Io sono stato, come spero voi, felice che i
negoziati iniziati tra i nostri due governi siano arrivati a degli accordi sulle
questioni erano in sospeso. Non ho nessun dubbio che queste prime
regolamentazioni faciliteranno la risoluzione degli altri problemi che
inevitabilmente si porranno. Una politica di cooperazione franco- algerina, che
riguarda noi e voi e allo stesso modo, è in effetti una creazione continua che
necessità al tempo stesso di comprensione e determinazione»191.
2.9 Divergenze bilaterali e convergenze internazionali.
Uno dei maggiori fattori di crisi tra la Francia e l'Algeria fu causato dal
contenzioso sulla produzione vinicola algerina. Quando l'Algeria divenne
indipendente i vigneti ereditati dalla colonizzazione coprivano una parte
importante del territorio. La produzione di vino in Algeria era però dovuta a delle
considerazioni economiche e commerciali francesi che avevano poco a che fare
con le caratteristiche socie culturali algerine. Tuttavia, le autorità algerine si
dovettero confrontare con la necessità di assumere queste eredità, anche perché le
possibilità di riconversione dei vigneti nel breve periodo risultavano molto
limitate. Per questo motivo si manifestò al governo algerino la necessità di
elaborare degli accordi commerciali con la Francia per permettere lo smaltimento
di questa produzione. In un primo tempo questo si verificò senza grossi problemi
e l'Algeria riuscì ad esportare la maggior parte dei suoi vini in Francia. Ma, nel
1967, le autorità francesi decisero unilateralmente di interrompere il ritiro del vino
prodotto in Algeria. Da allora il governo algerino si trovò di fronte a un
importante problema con delle considerevoli quantità di vino da smerciare.
Fu in questo contesto che, per salvare la situazione, furono intrapresi e i negoziati
con l'Urss che sfociarono ad un accordo per la consegna di buona parte del vino
algerino. Questo non contribuì a riassorbire l'integrità delle eccedenze vinicola e
ma aiutò sicuramente a sormontare certe difficoltà sia a livello di stoccaggio e di
disponibilità finanziarie192.
Peraltro, proseguendo nella linea politica che era stata seguita dal governo
algerino dei beni vacanti e sulle terre agricole appartenenti agli stranieri dei primi
anni dell'indipendenza, le nazionalizzazioni si susseguirono in molti altri campi
come miniere e banche, toccando società ed interessi francesi. Questo contribuì a
provocare dei malcontenti dal lato francese, considerando anche il fatto che i
poteri algerini continuavano ad effettuare nazionalizzazioni anche durante il
periodo tra il maggio e il giugno 1968, in cui la Francia era particolarmente
turbata dai movimenti universitari e sociali193.
191
S. Mouhoubi, op. cit., 129
N. Grimaud, op. cit., p 65
193
G. Dillinger, op. cit., p.128
192
59
Ma tutto ciò non creò delle tensioni insormontabili tra i paesi soprattutto perché la
volontà dei rispettivi governi era quella di superare questi problemi congiunturali
in vista di rinnovare e di riaffermare le modalità di cooperazione tra Francia e
Algeria. Così, il 27 aprile 1968, in risposta a un telegramma inviatogli dal
generale de Gaulle, il capo di Stato algerino replicò con un messaggio nel quale
ribadiva :«sono molto toccato dal vostro messaggio di simpatia, tengo ad
esprimervi tutti i miei ringraziamenti e ad assicurarvi in questa occasione ancora
una volta il nostro attaccamento profondo alla grande opera di cooperazione
algero-francese che, intrapresa all'indomani dell'indipendenza algerina, ha potuto
gioiosamente svilupparsi e saprà la superare gli ostacoli e le difficoltà del
momento per raggiungere gli obiettivi lontani nei quali si ricongiungono i nostri
ideali comuni di solidarietà e di amicizia tra gli uomini e i popoli. Rendendo
omaggio alla vostra azione personale nello stabilire e nel promuovere i nuovi
rapporti tra i nostri paesi, io vi prego di accettare il mio più sincero augurio di
prosperità per voi per tutto popolo francese»194.
Fu in questo contesto che venne fermato accordo sul flusso migratorio tra i due
paesi il 27 dicembre 1968. Mentre sulla questione dei domini militari si
verificarono dei progressi per quello che concerneva l'evacuazione delle basi
concesse dall'Algeria in virtù degli accordi di Evian. Alcune di queste evacuazioni
furono addirittura effettuate prima dei termini previsti i termini previsti: la
partenza delle truppe francesi il 15 giugno 1964 (al posto del 1° luglio 1965),
l'evacuazione della base di Mers-El Kébir il 1° febbraio 1968 (al posto del 1°
luglio 1977). Questa accelerazione rispetto al calendario previsto fu positivamente
percepita in Algeria come un segnale incoraggiante in risposta della buona
volontà algerina in questo periodo in un rapporto alla presenza militare straniera
sul proprio territorio195.
2.10 La Nazionalizzazione delle risorse.
L'arrivo di George Pompidou al potere il 20 giugno 1969 segnò un cambiamento
nella natura delle relazioni bilaterali tra Francia e Algeria. La prospettiva sulla
quale si poneva il nuovo presidente francese era molto diversa rispetto a quella di
de Gaulle. Mentre quest'ultimo viveva la realizzazione di una buona cooperazione
tra le due nazioni come una sorta di obiettivo personale, durante il governo di
Pompidou le relazioni assumono un carattere più burocratico, e i differenti
"giochi" della cooperazione vengono presi in considerazione in maniera più
contabile e quindi meno politica196.
Ne risultò che gli irrigidimenti tra i rapporti che si verificarono durante la
presidenza di de Gaulle non vennero riassorbiti, ma al contrario aumentarono
diventando delle forti tensioni e in certi casi degenerarono in crisi.
Furono due i problemi principali al centro delle discussioni e delle tensioni tra
Francia e l'Algeria che caratterizzarono il periodo tra il 1969 e il 1974: la
questione petrolifera e la questione dei lavoratori algerini.
Questi problemi diedero luogo a delle serie crisi tra i due paesi, causando talvolta
la rottura del dialogo tra i partner e lasciando delle tracce evidenti negli squilibri e
nella natura delle cooperazione bilaterale che ne uscì duramente provata.
194
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 139
Ibidem, p.138
196
N. Grimaud, op. cit., p 79
195
60
Le problematiche petrolifere e si svilupparono durante gli anni 1970-71 furono
causate dalla congiuntura di evoluzioni cronologica e politico strategiche197.
Dal punto di vista cronologico, gli accordi del 1965 prevedevano che ci sarebbe
stata una rinegoziazione della questione petrolifera a distanza di cinque anni. Non
ci fu quindi nessuna rivendicazione specifica da parte dall'Algeria ma semplice
applicazione di un calendario stabilito in maniera congiunta molti anni prima.
A livello “politico strategico” queste rinegoziazioni si ponevano in una duplice
ottica, da una parte, per quello che riguarda l'Algeria, il recupero delle sue risorse
naturali per poter passare dallo stadio di 16 indipendenza politica a quello di reale
sovranità economica, e d'altra parte, dentro il contesto dell'evoluzione della scena
petrolifera
internazionale
caratterizzata
dall'aumento
della
potenza
dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio OPEC.
In Algeria, il potere si era dotato progressivamente, con la Sonatrac e le società
che gli si associarono, degli strumenti tecnologici e dell'esperienza nel settore che
gli avrebbero permesso di diventare un operatore petrolifero realmente efficace.
Inoltre, tra il 1965 e il 1970, le autorità algerine presero il controllo di alcune
società petrolifere straniere, ma non francesi, e firmarono un accordo con la
società americane il dipendente Getty nel 1968 di cui l'Algeria deteneva il 51%
dei capitali.
Il rapporto di forze che era dunque modificato rispetto al 1965, l'Algeria aveva in
parte cambiato la sua condizione di dipendenza e debolezza ed i negoziatori
algerini sapevano di poter affrontare i nuovi negoziati previsti con una discreta
possibilità di successo198.
Anche sulla scena petrolifera internazionale si verificarono dei fatti che
contribuirono al modificarsi della situazione preesistente durante gli anni 60.
L’OPEC divenne un'organizzazione che riuniva un numero crescente di grandi
paesi produttori, ed iniziò ad orientare le sue azioni in vista di modificare la
struttura del mercato petrolifero internazionale, che finora aveva visto come
maggiori beneficiari paesi consumatori e le società petrolifere internazionali, in
modo da rendere più favorevole lo scambio ai paesi produttori.
Questo organismo fu fondato nel 1960 e l'Algeria, che ne entrò a far parte del
giugno 1969, divenne velocemente un attore importante soprattutto grazie alla
politica del ministro algerino dell'Energia, B. Abdesselam199.
I negoziati petroliferi con la Francia vennero organizzati dal lato algerino attorno
al binomio dei principali ministeri, quello degli Affari esteri capeggiato da
Bouteflika e quello dell'Energia Abdesselam con la Sonatrac, diretta da Sid
Ahmen Ghozali, a fare parte integrante dell'equipe di quest'ultimo ministero.
Da parte francese invece il tavolo e i negoziati venne diviso in svariati poli
decisionali per trattare ogni questione da un punto di vista più tecnico e le società
che avevano i maggiori interessi petroliferi, come l’ERAP e CFP, rappresentavano
soltanto degli elementi di un complesso decisionale globale200.
In linea generale, la parte algerina si rendeva abbastanza insoddisfatta dei risultati
ottenuti dopo il 1965 e sperava dunque in una riscrittura quasi radicale dei testi
degli accordi al fine di mettere in corrispondenza le modalità di valorizzazione del
petrolio algerino con gli obiettivi di sviluppo socio-economico industriale
dell'Algeria stessa. I negoziatori algerini ritenevano che i francesi non avessero
saputo, potuto o voluto comprendere le speranze algerina e non avessero percepito
loro grado di determinazione.
197
I Brandell, op. cit., p 66
S. Muohoubi, op. cit., p. 129
199
Mellouki Riffi, op. cit., p. 184
200
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.140
198
61
I negoziati, percepiti come altamente politici da parte algerina, furono in un primo
tempo riportati a delle considerazioni di ordine strettamente tecnico da parte
francese. Moltissime riunioni si tennero ad Algeri tra il novembre 1968 e il giugno
1970, ma nessuna di queste portò di risultati concreti. La principale speranza
algerina era di ottenere una rivalutazione del prezzo imposto del petrolio facendo
passare da 2,08 a 2,66 dollari al barile, prezzo ritenuto più conforme a quello
internazionale.
Fu in questo contesto che da parte francese fu messa sul tavolo delle
contrattazioni una proposta abbastanza sorprendente ed interpretata da Algeri
come provocatoria rispetto alle domande algerine e alla tendenza internazionale.
La proposta era quella di diminuire il prezzo del petrolio di quattro centesimi al
barile.
In seguito, un'altra proposta francese, più "generosa", inseriva la possibilità di un
progressivo e molto graduale aumento del prezzo di riferimento, che sarebbe
arrivato fino a 2,31 dollari al barile nel 1975. Queste offerte ebbero un impatto
fortemente negativo sui negoziatori algerini, e causarono l’aumento delle tensioni
fino alla sospensione dei negoziati da parte francese il 13 giugno 1970.
La reazione algerina assunse, a partire dal 20 luglio 1970, una duplice forma: da
una parte, il governo algerino fissò unilateralmente il nuovo prezzo di riferimento
del petrolio al barile (2, 85 dollari) e, d'altra parte, fissò un aumento delle quote da
destinare all'Algeria per le società francesi.
Queste decisioni algerine spinsero la Francia a rilanciare un dialogo tra le due
nazioni in vista di elaborare un nuovo quadro globale per l’insieme della
cooperazione franco-algerina.
L'avvio di una nuova fase di negoziati promossa da Parigi, ed iniziata il 29 agosto
1970, non permise comunque di arrivare a dei risultati anche perché a le posizioni
delle due parti restavano infatti ferme ed apparentemente inconciliabili.
Il governo algerino, che sospettava che i francesi volessero trascinare il più a
lungo possibile le trattative per mantenere invariati gli accordi precedenti a
discapito dei loro interessi nazionali, mobilitò intorno a sé il sostegno
internazionale dell’ OPEC e dei paesi produttori di petrolio201.
La conclusione, prevedibile, si verificò il 24 febbraio 1971 quando durante un
discorso in occasione del XV° anniversario dell'Unione generale dei lavoratori
algerini UGTA il Presidente Boumediène dichiarò :« Ormai è arrivato al tempo di
prenderci le nostre responsabilità. Così abbiamo deciso, oggi, di portare la
Rivoluzione al settore del petrolio, e di rendere concrete le opzioni fondamentali
del nostro paese in questo campo. Su questa base, io proclamo ufficialmente, a
nome del Consiglio della Rivoluzione e del Governo, che le decisioni seguenti
saranno applicabili a partire da oggi:
- La partecipazione algerina in tutte le società petrolifere francesi sarà
portata al 51%, in modo da assumerne il controllo effettivo.
- Realizzeremo la nazionalizzazione dei giacimenti e del gas naturale.
- Realizzeremo la nazionalizzazione del trasporto terreste, cioè dell'insieme
delle canalizzazioni che si trovano sul territorio nazionale »202.
Il Presidente algerino espose nel suo discorso le ragioni che avevano portato il
governo a prendere queste decisioni e spiegò di non avere nessuna ostilità nei
confronti della Francia e che gli interessi francesi, come l'indennizzo delle società
e l'approvvigionamento petrolifero, sarebbero stati comunque preservati.
In reazione a queste dichiarazioni le società francesi presenti nel territorio algerino
misero in pratica un boicottaggio internazionale della produzione di petrolio e
201
202
S. Muohoubi, op. cit., p.132
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.145
62
costrinsero il governo algerino ad intraprendere delle nuove disposizioni il 12
aprile 1971, per far fronte a questa situazione.
Ma ormai la nazionalizzazione era un dato di fatto ed il processo di negoziati,
questa volta tra le società petrolifere e le autorità algerine, era stato attivato solo in
vista di regolare le questioni della dopo-nazionalizazione.
Il primo accordo fu velocemente concluso 30 giugno con la CFP, società che
aveva pochi interessi in Algeria e quindi con cui era più facile arrivare ad un
accordo. Ma soltanto molti mesi più tardi, un accordo segnato con l’ERAP, il 16
dicembre 1971, metteva fine ai due anni di crisi e di trattative.
Le modalità degli accordi stabiliti furono in generale: l'indennizzo, la creazione di
società partner con una partecipazione francese minoritaria, nuove disposizioni
dal punto di vista fiscale e nuovo prezzo di riferimento del petrolio203.
Questi risultati furono fonte di grandi soddisfazioni per i dirigenti algerini, che in
meno di dieci anni dall'indipendenza erano riusciti a superare, alle proprie
condizioni, l'ultima importante tappa della decolonizzazione: l'accesso al pieno
dominio dei propri idrocarburi. L'Algeria aveva saputo accettare la cooperazione
imposta nel 1962 per poi creare una dinamica sufficiente per sollevarsi al rango di
partner nel 1965 e sfruttare questi risultati per ottenere l'indipendenza petrolifera
cinque anni più tardi.
Naturalmente la nazionalizzazione e le forti tensioni che si erano create tra i due
Stati contribuirono a degradare in maniera sostanziale la qualità dei loro rapporti
bilaterali.
2.10 Dalla banalizzazione dei rapporti alla ricerca di un nuovo equilibrio.
Dopo la nazionalizzazione del 1971 la crisi delle relazioni internazionali tra
Francia e Algeria era ormai un dato di fatto, ma su un punto vi era ancora una
concomitanza di intenti: evitare per quanto possibile che le relazioni politiche
degradate non si ripercuotessero sulle sorti dei lavoratori e dei cooperanti
all'interno delle due nazioni.
Per quanto riguarda le singole prospettive politiche Algeria e Francia avevano
della visioni ragionevolmente opposte. Gli algerini guardavano alla ripresa del
proprio petrolio come un elemento estremamente positivo. Ai loro occhi, un
ostacolo era stato superato: l'Algeria vedeva ridursi la sua condizione di inferiorità
nei confronti della Francia ed aumentare la possibilità di essere considerata come
un partner paritario. Per questo motivo spingeva per un rapido sorpasso della
situazione congiunturale e un ristabilimento dei legami su delle basi più stabili ed
egualitarie. Tuttavia, l'Algeria era a conoscenza della necessità di trovare un
sostituto al petrolio che, forte di incessanti tensioni ma anche stimolo per la
cooperazione aveva riempito fino a quel momento il ruolo fondamentale di chiave
di volta all'interno delle relazioni bilaterali204.
Per questo motivo l'Algeria tentò di trovare uno sbocco nei rapporti con la Francia
grazie ad una sorta di complicità tra Parigi ed Algeri su scala internazionale.
In effetti, le loro posizioni molto simili, e in alcuni casi convergenti negli "affari
mondiali" costituirono durante l'era gollista un catalizzatore utile per sormontare
alcuni problemi interni ai due paesi. Proprio per questo motivo l'Algeria
fondandosi su un dato geografico tentò di ripristinare i rapporti coordinando la
203
204
N. Grimaud, op. cit., p 83
I. Brandell, op.cit., pp. 85-88
63
propria azione diplomatica all'interno di un quadro regionale. Algeri, venuta a
conoscenza dell'intenzione del presidente Pompidou manifestata il 15 dicembre
1969, di rinforzare la presenza francese nel Mediterraneo, penso di avere trovato
in questo senso il quadro adeguato. L'idea fu espressa il 22 aprile 1971, dieci
giorni dopo l'abolizione del regime delle concessioni, all'interno di un comunicato
ufficiale del Presidente algerino: «L'appartenenza comune alla regione
mediterranea offre ai due paesi la possibilità di partecipare efficacemente alla
realizzazione di grandi disegni»205.
Ma nonostante le speranze algerine tutt'altra fu la reazione francese alla crisi
petrolifera e alla nazionalizzazione. Vedendo diminuire propri utili e Algeria, la
Francia non tardò a sottolineare che il suo interesse per quanto riguarda le
relazioni internazionali con questo paese seguiva un'evoluzione parallela.
L'intenzione di Parigi era quella di "banalizzare i rapporti" e cioè di renderli più in
linea con quelli che la Francia aveva con le altre nazioni privandoli del proprio
carattere di "specialità" e rendendoli in un certo senso "normali" e "più conforme
al diritto comune".
Il presidente Pompidou formulò chiaramente questa nuova ottica in un'intervista
alla televisione francese il 24 giugno 1971 nella quale dichiarava:«..Noi siamo
pronti a partecipare allo sviluppo economico della Algeria, in misura delle nostre
possibilità, dei nostri interessi ed in funzione del valore dei progetti intrapresi.
Altrimenti detto, noi non diamo all'Algeria una priorità nella cooperazione ma non
la escludiamo nemmeno dal numero degli Stati con i quali noi cooperiamo
strettamente... nonostante questo, è probabile che le relazioni tra Francia e Algeria
abbiano bisogno di una messa a punto è che questa messa a punto non si potrà
verificare senza una piccola crisi»206.
Di fronte a questa riserva francese, l'Algeria non esitò a praticare una politica
d'apertura rispetto ad altri paesi europei, come l'Italia e il Belgio, pur continuando
nei confronti della Francia a mettere l'accento sulla carta vincente rappresentata
dalla vicinanza intorno al litorale Mediterraneo.
Gli sforzi dell’Algeria in questo senso erano d'altronde effettuati in vista
dell'organizzazione di una conferenza degli Stati Non-Allineati rivieraschi che si
svolse nel 1972 ed anche per questo motivo, il presidente algerino Boumediéne
tentava di superare gli scogli della crisi dichiarando :«Non esiste più tra noi è lo
Stato francese alcun problema di interesse contrapposto. Il solo che potrebbe
esistere ancora è probabilmente quello dei rapporti permanenti»207.
2.11 La crisi e le conseguenze sull'immigrazione.
Se la crisi petrolifera fu rivelatrice dell'aumento delle divergenze tra gli interessi
di due paesi, un'altra crisi, fondamentalmente conseguenza della degradazione dei
rapporti bilaterali, contribuì a rendere irreversibile il processo iniziato il 24
febbraio 1971, data della nazionalizzazione degli idrocarburi da parte algerina.
A fianco degli idrocarburi e della cooperazione culturale e tecnica, l'emigrazione
ha rappresentato sempre una parte essenziale dei rapporti franco-algerini.
Precedentemente, abbiamo descritto lo sfondo su cui si sviluppò la crisi dei
rapporti petroliferi che finì con la nazionalizzazione delle risorse. Dopo questa
205
S. Muohoubi, op. cit., p. 130
G. Dillinger, op.cit., p. 172
207
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 148
206
64
decisione rivoluzionaria dell'Algeria, il governo francese reagì smisuratamente
decretando la banalizzazione della cooperazione la fine della cooperazione
privilegiata. Tuttavia, la Francia affermava simultaneamente che la cooperazione
culturale e tecnica avrebbe continuato ad essere considerata come “privilegiata”.
Questa decisione unilaterale non era priva di fondamenti e di riflessioni da parte
del governo francese, proprio perché le politiche francesi si fondavano sulla
strategia di lungo periodo208.
Ponendo le basi della cooperazione culturale e tecnica, la Francia cercava di
mantenere un'influenza sull’Algeria e di assicurarsi, partecipando attivamente alla
formazione dei quadri dirigenti algerini, un posto di riguardo come partner
economico e commerciale.
Di conseguenza, la decisione dell'Algeria di fermare la propria emigrazione in
Francia nel 1973, non poteva che essere ben accolta dal partner francese nella
misura in cui esso non ne ricavava un danno per la propria strategia politica. Al
contrario, le decisioni del governo algerino, lungi dal rimettere in causa i
fondamenti della cooperazione con l'ex potenza coloniale andava incontro agli
obiettivi francesi per due ragioni essenziali. Innanzitutto, sul piano economico, la
Francia era sollevata dal vedere ridursi il flusso migratorio dal momento che il
tasso di disoccupazione stava diventando inquietante e le previsioni per il futuro
erano sempre più pessimiste. Non bisogna dimenticare inoltre che l'economia
francese all'epoca era abbastanza fragile; le tensioni inflazionistiche erano forti, ed
il governo utilizzò delle misure draconiane nel 1972 per regolare l'aumento dei
prezzi209.
Inoltre, agli occhi dell’opinione pubblica, queste misure avrebbero permesso al
governo francese di giustificare la politica d’immigrazione che gli intendeva
applicare.
Per quanto riguarda l'emigrazione algerina, il suo ruolo all'interno dell'economia
francese era naturalmente riconosciuto e fondamentale, ma tuttavia la Francia
avrebbe potuto optare per una scelta volontaria dei paesi fornitori di manodopera,
tentando di ridurre volontariamente l'importanza algerina nel quadro della
banalizzazione della cooperazione decisa nel 1971 dal governo Pompidou210.
Anche i numerosi attentati contro la comunità algerina contribuirono a dimostrare
una lenta degradazione dei rapporti bilaterali. Tuttavia, il verificarsi di questi
costituisce soltanto una spiegazione parziale della decisione algerina
dell'interruzione del flusso migratorio.
La spiegazione è invece da ricercare nelle rispettive politiche interne ed esterne
dei due paesi. La contrazione dei propri interessi portò il governo francese a
mettere fine alle relazioni privilegiate la reazione dell'Algeria a questa decisione
fu più serena ed equilibrata. Se sul piano di principio, essa non era ostile ad
intraprendere delle relazioni di qualità con il partner francese, l'Algeria non
dimenticava che il terreno sul quale si dovevano svolgere queste relazioni sarebbe
dovuto essere rinnovato e sgomberato da tutte le rimanenze del passato coloniale.
Proprio per questo motivo l'Algeria tentava di realizzare una politica
risolutamente anti-imperialista pur non risparmiando e gli sforzi per realizzare la
trasformazione dei rapporti tra il Nord ed il Sud.
In questo senso il problema l'emigrazione era soltanto uno dei tanti tasselli che
contribuirono al verificarsi di un lento processo di deterioramento dei rapporti
208
G. Dillinger, op.cit., p. 174
I. Brandell, op.cit., p. 89
210
N. Grimaud, op. cit., p 89
209
65
franco-algerini e il nascere della crisi era, in fin dei conti, la conseguenza logica
della nuova impronta data alla cooperazione211.
Sarà necessario attendere l'arrivo di M. Michel Jobert alla carica di Ministro degli
Affari Esteri perché i due paesi riprendano il dialogo.
In effetti, di fronte alla pressione della congiuntura internazionale, e nonostante
appartenessero a due blocchi opposti, paesi consumatori di energia e paesi
produttori di petrolio, Francia e l'Algeria ritrovarono le basi comuni per un
avvicinamento.
2.12 La congiuntura internazionale ed il riavvicinamento.
Dopo la guerra dei sei giorni, il Mediterraneo era al centro di numerosi tensioni
perché la presenza di flotte straniere nelle acque vicine ai paesi rivieraschi creata
delle zone di insicurezza. Il conflitto ideologico Est-Ovest era, in un certo senso,
stato trasferito in una zona fino a quel momento estranea alle rivalità tra le due
superpotenze. Sia la Francia che l'Algeria erano d'accordo nel realizzare un "largo
di pace" nel Mediterraneo, è per far sì che questo potesse succedere era necessaria
il rimpatrio di tutte le flotte estranee a questa regione. Ma, mentre il grande
obiettivo della Francia viene era quello di giocare un ruolo di grande potenza del
Mediterraneo, questo incontrava una riserva assoluta da parte dell'Algeria che
affermava l'inutilità di "mandare via un gendarme per rimpiazzarlo con un altro
gendarme"212. Questa contraddizione di interessi rifletteva ancora una volta
l'incompatibilità degli obiettivi dei due paesi. La Francia era a conoscenza del
fatto che la sua politica mediterranea rispondeva agli interessi algerini, come
rivelava Georges Pompidou alla vigilia della decisione algerina dell'innalzamento
del prezzo del petrolio :«La vicinanza dell'Algeria, la sua situazione nel
Mediterraneo e in Africa, l'avvenire dei francesi in questo paese, la
complementarietà dei suoi scambi con noi, richiedono di guardare più lontano
rispetto a dei disaccordi per un negoziato mal posto»213.
La politica mediterranea era già stata un grande progetto del generale de Gaulle, il
quale pur proponendola non riuscì a realizzarla soprattutto a causa di due ragioni:
la guerra d'Algeria e il sostegno a Israele. Questi due fattori causarono infatti la
nascita di forti pregiudizi delle relazioni tradizionali tra la Francia e l'Africa da
una parte, e la Francia ed il mondo arabo dall'altra.
Per quanto riguarda l'Africa, l’Algeria stigmatizzò spesso l'azione della Francia
accusandola di neocolonialismo. In effetti, nel quadro degli accordi di
cooperazione segnati con un gran numero di paesi che avevano conosciuto la
dominazione francese, la posizione dell'ex potenza coloniale non aveva mancato
di suscitare forti apprensioni da parte di quella Algeria, che era riuscita a
sbarazzarsi degli Accordi d’Evian.
La presenza francese in Africa, anche dopo la concessione dell'indipendenza,
rispondeva a diversi obiettivi: strategici, politici, economici, commerciali e
culturali. Questi elementi facevano da trama alla sua influenza sul continente e la
Francia intendeva rinforzarli per assicurarsi un ruolo principale nella scena
211
I. Brandell, op.cit., 145
S. Muohoubi, op. cit., p 133
213
N. Grimaud, op. cit., p. 90
212
66
internazionale. Tuttavia, contrariamente al generale de Gaulle che aveva sempre
privilegiato gli aspetti politici, George Pompidou dava una grande importanza
all'interno della sua azione ai fattori economici e culturali. I suoi interessi nei
confronti dell'Africa si ponevano infatti all'interno di una strategia più vasta che
rispondeva agli obiettivi di politica interna francese tra i quali: modernizzazione,
internazionalizzazione dei gruppi industriali francesi e l’aumento della “zona
franca” per permettere gli scambi e l'integrazione delle economie africane a quella
della Francia. D'altra parte, gli interessi che avevano certe società petrolifere
francesi in alcuni paesi dell'Africa gli permettevano giustamente di ridurre
progressivamente le loro attività in Algeria214.
La stessa politica di Pompidou era fondata sulla realizzazione di due obiettivi
principali: in primo luogo, rinforzare l'indipendenza nazionale francese
assicurando energia e manodopera, ed in secondo luogo, assicurare degli sbocchi
sicuri per i prodotti francesi, in quanto le esportazioni rappresentavano
sicuramente un punto essenziale per la crescita economica.
Per il compimento di questi obiettivi era necessaria naturalmente l'attuazione di
una politica mediterranea legata al ristabilimento delle relazioni con il mondo
arabo. Un riavvicinamento con quest'ultimo ci fu già all'epoca di de Gaulle, nel
momento in cui il generale prese una posizione netta concernente l'aggressione
israeliana del 1967 e soprattutto impose l'embargo sulla vendita di armi,
rompendo in questo modo una tradizionale alleanza tra Francia e Israele. Questo
rappresentò un primo passo decisivo in direzione del mondo arabo.
Tramite una politica equilibrata, la diplomazia francese, che aveva sempre difeso
del diritto di esistenza di Israele, poté svolgere un ruolo decisivo nella scena
internazionale imponendosi sia come attore fondamentale negli accordi tra le
grandi potenze per la risoluzione del conflitto vicino orientale sia come un partner
per i paesi arabi che poteva controbilanciare l'influenza degli Stati Uniti e
dell'Unione Sovietica215.
La guerra del Ramadan, nell'ottobre 1973, contribuì all’ apertura di una nuova era
per i paesi produttori di petrolio. In effetti, al di là dell'aumento del prezzo di
petrolio, quello che si verificò fu una vera e propria rivoluzione a livello di
relazioni di forza tra le diverse nazioni. Per la prima volta, i paesi produttori erano
riusciti a prendere il controllo del mercato del petrolio che fino a quel momento
era stato nelle mani delle grandi società petrolifere occidentali, che ne
controllavano produzione, commercializzazione e prezzi216.
Paradossalmente la nuova situazione internazionale che si era creata dopo la
guerra contribuì a produrre un riavvicinamento tra l'Algeria e la Francia.
Le due nazioni si trovarono infatti in convergenza di punti di vista sul problema
specifico delle relazioni Nord/Sud e sulla necessità della realizzazione di un
nuovo ordine economico mondiale.
Innanzitutto, le nomina di M. Michel Jobert a Ministro degli Esteri costituirà un
elemento positivo che si tradurrà con la visita ufficiale del suo omologo algerino
M. Abdelaziz Bouteflika a Parigi, nel 1974.
Il rifiuto della Francia di cedere alle pressioni americane per costituire un fronte
compatto contro i paesi produttori di petrolio, e soprattutto l’apertura dimostrata
nei confronti delle rivendicazioni del terzo mondo, in generale, e per la
trasformazione delle relazioni tra il Nord e il sud ed i problemi dei paesi arabi, in
214
Bertrand Benoit, Le syndrome algérien, L’Harmattan, Paris, 1999, p.32
S. Muohoubi, op. cit., p. 138
216
Mellouki Riffi, op. cit., p. 265
215
67
particolare, permisero il riavvicinamento dei due paesi che, pertanto, avevano
iniziato da poco l'esperienza della "cooperazione banalizzata"217.
Questo clima internazionale propizio non poteva non avere delle ripercussioni
positive sul piano bilaterale. Parlando di "amicizia" e affermando l'esistenza di un
"avvenire comune" ai due paesi, M. Jobert manifestava nel luglio 1973
un'evoluzione della posizione francese conforme alle attese di Algeri.
A dire il vero, il ruolo giocato d'Algeria sulla scena internazionale, nella sua
candidatura a porta parola dei paesi del Terzo-Mondo per l'instaurazione di un
nuovo ordine economico mondiale, non poteva lasciare Parigi indifferente e
spingeva i francesi, in contrapposizione agli americani, a porsi come interlocutore
privilegiato nei confronti di questo paese.
Tuttavia, il ministro francese Michel Jobert, pur assicurando al capo della
diplomazia algerina il desiderio del suo governo di intrattenere in tutti i casi delle
buone relazioni, indicò a quest'ultimo le linee politiche che l'Algeria avrebbe
dovuto seguire per far sì che queste relazioni potessero diventare eccellenti. In
particolare egli faceva riferimento a dei dossier che riguardavano gli attentati agli
interessi privati francesi e suggeriva una riduzione del periodo in cui i cittadini
francesi alle prese con la polizia algerina sarebbero dovuti essere "guardati a
vista"218.
Se Algeria, preoccupata di non compromettere ancora di più i propri rapporti
bilaterali, non tardò a realizzare le disposizioni consigliategli da M. Jobert, la
Francia non mostrò una uguale celerità nei confronti dei motivi di preoccupazione
del suo partner che riguardavano la protezione dei lavoratori immigrati di fronte
all'ostilità di una frazione di popolazione e il deficit di bilancio commerciale.
Nonostante la scelta di M. G. Gorse come Ministro del Lavoro e della
Popolazione per il nuovo governo potesse rappresentare un segnale di buona
volontà da parte di Parigi, questa non fu sufficiente per evitare l'ondata di
razzismo che si stava scatenando in Francia nei confronti degli emigrati.
Pur sospendendo l'emigrazione verso la Francia, e malgrado il tentativo di
difendere la dignità e la sicurezza dei propri cittadini, l'Algeria non intendeva però
riconsiderare il riavvicinamento in corso tra le due nazioni.
Ma se è vero che migliorare la condizione dei lavoratori stranieri in Francia
potrebbe rappresentare un campo in cui la natura e la dimensione dei problemi
non facilitano una soluzione immediata, al contrario, i rimedi allo squilibrio degli
scambi bilaterali, apparivano, a gli occhi del governo algerino, più semplici da
mettere in pratica. Nonostante questo, la Francia, che aveva delle grosse difficoltà
a livello di commercio estero, non aumentò l'acquisto d’energia facendo aggravare
sensibilmente il deficit a discapito dell’Algeria219.
2.13 I rapporti sotto la presidenza di Giscard d’Estaing.
La scomparsa del presidente Pompidou il 2 aprile 1974 seguita dalle dimissioni
del ministro degli Affari Esteri M. Jobert formano il primo campanello d'allarme
per gli algerini, che iniziarono ad avere il presentimento della fine dell'era
gaullista.
217
S. Muohoubi, op. cit., p. 145
N. Grimaud, op. cit., p.90
219
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 150
218
68
Il nuovo presidente M. Giscard d’Estaing eletto nella primavera dello stesso anno
si allontanava infatti, più del suo predecessore, dalle concezioni dell’ex presidente
de Gaulle, sia in politica interna che per quanto riguarda le politica estera. Non
bisogna dimenticare che alle elezioni presidenziali, Giscard vinse contro un
candidato di dichiarate posizioni golliste, M. Chaban-Delmas220.
Al suo arrivo al Eliseo egli intraprese quindi una politica orientata sul liberalismo
che doveva essere fondata su una completa ristrutturazione della Francia, sia in
politica interna che in politica estera.
Di conseguenza, l'analisi della cooperazione con l'Algeria sarebbe dovuta essere
rimpiazzata all'interno di un contesto più largo dalle nuove orientazioni francesi. I
nuovi imperativi in politica interna e gli stravolgimenti a livello internazionale
costituirono inevitabilmente degli elementi determinanti per la realizzazione di
una nuova forma di cooperazione.
Precedentemente, abbiamo sottolineato che l'arrivo al potere di Georges
Pompidou aveva cambiato qualcosa all'interno del paesaggio politico francese.
L'allargamento della maggioranza era divenuto infatti un obiettivo fondamentale
del presidente per "sottrarsi alla stretta" dei gollisti che non vedevano di buon
occhio tutte le azioni intraprese dall'uomo che succedeva il generale. Per questo
motivo il presidente Pompidou dovette introdurre una certa distinzione tra
"maggioranza parlamentare" e "maggioranza presidenziale". L'evoluzione si fece
ancora più netta sotto Giscard d’Estaing che fece dell’allargamento della
maggioranza parlamentare un imperativo della sua politica. Nonostante il
presidente volesse governare al centro, permettendo a dei partiti di centro destra di
partecipare al governo, la sua presidenza fu più una presidente di destra che di
ispirazione gollista. E questo è sufficiente per comprendere l'orientazione generale
e, di conseguenza gli obiettivi generali a realizzare, sia sul piano interno verso
quella della politica estera. In oltre è necessario non dimenticare che un gran
numero di personalità appartenenti alla formazione che costituiva la maggioranza
presidenziale erano stati partigiani dell’"Algeria francese" ed erano, di
conseguenza reticenti, o addirittura completamente ostili, a una cooperazione
stretta e multidimensionale con il partner algerino221.
Durante la fine dell'agosto 1974, il Presidente Giscard d’Estaing fece sapere che,
rispettando la promessa tenuta quando egli era Ministro delle Finanze, avrebbe
fatto nei mesi successivi un viaggio a Algeri. Questo viaggio avrebbe
rappresentato la prima visita ufficiale di un Presidente francese in Algeria dai
tempi dell'indipendenza di quest'ultima.
Un certo clima di ottimismo si manifestò in Algeria soprattutto dopo la visita
preparatoria di M. Poniatowski, Ministro dell'Interno, le cui dichiarazioni
concilianti furono ben accolte ad Algeri.
Per il governo algerino, che teneva in grande considerazione la realizzazione di
una cooperazione privilegiata con la Francia, questa sarebbe potuta essere
l'occasione attraverso la quale abbandonare la strada che aveva portato alla
"banalizzazione dei rapporti"222.
Tuttavia al suo ritorno dall'Algeria il Presidente francese si era fatto una certa idea
di questa nazione. In generale Giscard d’Estaing riteneva che:
- l'Algeria era realmente un paese indipendente;
- l'Algeria avrebbe potuto rappresentare un ostacolo alla nuova politica
francese di interventismo in Africa;
220
S. Muohoubi, op. cit., p. 146
G. Dillinger, op. cit., p 179
222
B. Benoit, op. cit., p. 34
221
69
-
l'Algeria conosceva delle difficoltà crescenti e dunque delle tensioni
sociali, sul piano interno. Questi sono dei fenomeni comuni che fanno
seguito a uno sviluppo generale molto rapido del paese223.
Dal punto di vista della cooperazione economica e umana i rapporti si
mantenevano tesi a causa di alcune ragioni che non permettevano il rilancio dei
rapporti. Da una parte, il deficit commerciale continuava a crescere a discapito
dell’Algeria ed il partner francese non manifestava alcuna volontà di equilibrare
gli scambi. Ciò costrinse il governo algerino a prendere, nel corso dell’anno 1978,
delle misure di ritorsione invitando le società nazionali a scegliere un partner
straniero alle società francesi per lo stesso livello di competitività.
Per quanto riguarda le reazioni umane invece, i problemi di ordine interno che si
verificano in Francia, soprattutto a livello di disoccupazione, spinsero i dirigenti
francesi a rivedere le condizioni di mantenimento della manodopera straniera e, in
particolare, dell'emigrazione algerina. Delle misure restrittive in questo senso
furono prese soprattutto da MM. Bonnet, ministro dell'Interno e da Stoléru,
segretario di Stato. Quest'ultimo fece, a più riprese, delle dichiarazioni all'interno
delle quali sottolineava chiaramente quali fossero le politiche necessarie da
intraprendere quando, da un lato, vi fossero in Francia quattro milioni di lavoratori
stranieri e, dall'altro, un milione di disoccupati francesi224.
Così, durante praticamente tutti i sette anni del governo Giscard, i principali
capitoli della cooperazione si aggravarono considerevolmente senza che venisse
presa nessuna soluzione a livello globale per la ripresa del rapporto tra le due
nazioni.
2.14 La prima visita ufficiale.
La prima visita ufficiale di un presidente francese in Algeria iniziò il 10 aprile
1975 ad Algeri. In questa data, appena sbarcato all'aeroporto di Algeri, Giscard
d’Estaing pronunciò un discorso che fu probabilmente mal interpretato dagli
algerini: «Ecco il capo di Stato francese e in Algeria. La Francia storica saluta
l'Algeria indipendente»225.
Questo parallelo di una Francia storica a confronto con l'Algeria indipendente fu
interpretato ad Algeri come un modo e sminuire il passato dell'Algeria ed un
disconoscimento della specificità algerina all'interno della storia. Nonostante
molto probabilmente il presidente francese non avesse voluto dare
intenzionalmente il senso che attribuirono alle sue dichiarazioni alcuni dirigenti
algerini
Queste poche frasi all'interno di un discorso tenuto proprio al debutto della visita
presidenziale crearono attorno Giscard d’Estaing a un clima di sospetto che durò
per tutto il periodo del suo viaggio226.
Nonostante i fraintendimenti iniziali, il presidente Boumediène rispondeva a
Giscard :« Quando la memoria da delle opportunità all'immaginazione, la
riflessione esorcizza le ombre e si potrà avere così un appuntamento con la
223
S. Muohoubi, op. cit., p. 146
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 154
225
N. Grimaud, op. cit., p 93
226
Una specifica del significato che il presidente avrebbe sperato di dare al suo discorso e al suo
viaggio fu scritta dallo stesso Giscard nel 1991:«io cominciai a leggere il mio testo, come lo avevo
scritto, pensando solamente alla Francia, alla Algeria ed alla sua indipendenza».
224
70
storia.» ed in seguito espose le sue riflessioni sui due decenni durante i quali si era
svolta la lotta per l'indipendenza e per il processo di decolonizzazione227.
Secondo Boumediène il popolo algerino aveva cercato negli anni della sua
indipendenza di ottenere la completa padronanza del proprio futuro e non, in
primo luogo, di ledere gli interessi francesi.
I toni dei due presidenti e la precisazione che si trattava di un “semplice e sincero
chiarimento di vedute e non di un negoziato" che a riva e oltre la portata e limiti di
questo incontro eminentemente politico.
Ma già dal secondo giorno di viaggio in tono delle conversazioni tra i due lasciava
intendere delle notevoli differenze di approccio politico sugli stessi problemi di
fondo. Dal lato algerino il presidente proponeva di stabilire dei "rapporti
permanenti" e privilegiati tra i due stati. Speranza che egli aveva già dichiarato
davanti ad un auditorio algerino il 22 gennaio 1973:«Da parte dell'Algeria, non c'è
più nessun problema di interessi contrastanti con lo Stato francese. L'unico che
potrebbe ancora resistere e probabilmente quello di stabilire dei rapporti
permanenti».
Ma Giscard d’Estaing era di tutt'altro avviso, come egli stesso dichiarava in
un'intervista televisiva del 14 dicembre 1977:«… ho parlato al presidente
Boumediène [nel 1975]. Ed ho esposto il mio punto di vista: il mio punto di vista,
è che quando due paesi sono stati legati molto strettamente per più di cento anni ,
e quando in seguito alla loro separazione si siano delle spaccature da una parte e
dall'altra, non è poi facile stabilire in seguito delle relazioni su delle parti che
siano normali e cordiali…. Noi dobbiamo mantenere una linea di governo
semplice: quella di applicare tra di noi le regole di buone relazioni internazionali,
ciò significa da una parte rispettare la nostra reciproca indipendenza, rispettare i
nostri interessi reciproci e infine di rispettare le nostre reciproche dignità. Se i
nostri due stati si comportano in questo modo per un certo periodo di tempo,
avremo delle relazioni normali, ed in seguito, quando noi avremo per un certo
periodo di tempo delle relazioni normali, tenuto conto del nostro passato, della
nostra cultura, noi avremo delle relazioni cordiali»228.
l'Algeria, prendeva nota, non senza dispiacere, del cambiamento di rotta che
avevano avuto le preferenze del presidente francese, dal momento in cui essa non
nascondeva la propria disponibilità ad una cooperazione su vasta scala.
Gli algerini speravano vedere concretizzato in questo viaggio l'inizio di un nuovo
capitolo all'interno delle relazioni algero-francesi, rilegge la cooperazione su delle
basi sane e rinnovate, iniziare un partenariato equilibrato tra due Stati sovrani per
fare avanzare delle riforme del sistema internazionale, sia a livello economico che
a livello finanziario.
La realizzazione di questi obiettivi, probabilmente sovrastimava le possibili
conseguenze di un buon risultato del viaggio, ma i dirigenti algerini
consideravano quest'ultimo come il primo passo per tentare di intraprendere
questa strada.
Nonostante le speranze, tutto questo non si verificò, anche perché la volontà del
presidente francese era tutt'altra al momento in cui egli decise di intraprendere il
viaggio in Algeria, il suo obiettivo era innanzitutto quello di assolvere un impegno
preso dal suo predecessore ed inoltre quello di assicurarsi la presenza algerina è
che i paesi sui quali quest'ultima aveva una certa influenza alla Conferenza
Nord/Sud che egli contava di organizzare a Parigi229.
227
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 155
N. Grimaud, op. cit., p 94
229
S. Muohoubi, op. cit., p.147
228
71
Senza dubbio, il malessere algerino per le esitazioni francesi davanti ad un
impegno a lungo termine sulla cooperazione sarebbero potuto essere sormontato
se non si fossero aggiunte delle ulteriori tensioni che riguardavano sia il terreno
economico che quello diplomatico.
2.15 L'Algeria e la Francia nella questione del Sahara Occidentale.
Per comprendere il ruolo che i problemi verificatisi nel Sahara Occidentale
giocarono nelle relazioni tra Francia e Algeria è necessario innanzitutto procedere
ad un inquadramento storico del problema. Il Sahara occidentale o ex Sahara
spagnolo è un territorio perlopiù desertico ma con grande potenziale di materie
prime oltre a una grande importanza geo-strategica per i paesi confinanti. In
accordo alla risoluzione dell'Onu che chiedeva alla Spagna e di riconoscere alla
popolazione autoctona il diritto all'autodeterminazione, l'Algeria, il Marocco e la
Mauritania in numerosi vertici, a cominciare da quello di Nouadhibou (14 ottobre
1970), concordarono una politica unitaria di sostegno alla sua indipendenza
poiché ognuno dei tre aveva delle mine ben precise su di esso. L'Algeria infatti
avrebbe voluto uno sbocco sulla costa atlantica per poter sfruttare le grandi
miniere di ferro di Gara Djebilet, troppo lontane nei borghi mediterranei per
essere convenientemente sfruttate; il Marocco avrebbe avuto il dominio mondiale
del mercato dei fosfati annattendosi i grandi giacimenti presenti nel territorio e
sarebbe così riuscito a bilanciare la sua carenza di idrocarburi nei confronti
dell'Algeria; infine la Mauritania avrebbe visto di buon occhio la possibilità di
diversificare la sua monoproduzione di ferro, con altre materie prime di cui l'ex
Sahara spagnolo era ricco. Nell'insieme vi era un apparente linguaggio comune
concentrato sulla decolonizzazione attraverso la autodeterminazione, ma le
intenzioni soggiacenti erano ben diverse.
L'accordo segreto maritano-marocchino dall'agosto 1974 per la spartizione del
Sahara spagnolo, seguito dall'improvviso voltafaccia del presidente Ould Daddah
nei confronti dell'Algeria, colti di sorpresa la dirigente algerina costringendola a
rivedere i propri piani. E se infatti diventò la palazzina del Fronte Polisario,
cretosi il 15 maggio 1973, che raggruppava i guerriglieri saharwi in lotta per
l'indipendenza di quel territorio.
Il 21 agosto del 1974 alla Spagna accelerò ai tempi annunciando un referendum di
autodeterminazione della sua colonia all'inizio del 1975. Immediatamente il
Marocco, sostenuto dalla Mauritania, chiese all’Onu di deferire la questione
dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, la quale emise il 16 ottobre
1975 un giudizio che si prestava varie interpretazioni a seconda dei punti di vista
degli interessi in gioco. In sostanza esso diceva che quel territorio momento della
conquista spagnola aveva dei legami giuridici con il Marocco e con la Mauritania,
ma non vi era nessun vincolo di sovranità territoriale tra i territorio del Sahara
Occidentale da una parte e i due regni dall'altra.
Naturalmente Marocco e Mauritania riconobbero soltanto la versione a loro più
favorevole, svolgendo una forte azione diplomatica, accompagnata dalla
spettacolare "marcia verde" marocchina per il recupero di quei territori alla
madrepatria. Ciò portò all'isolamento dell'Algeria che il cappello in mano ai
principi dell'Onu mentre Mauritania, Marocco e Spagna firmavano l'accordo
tripartito di Madrid, per cui Spagna, che aveva forti problemi interni causati dalla
72
fine del regime Franco, si ritirava lasciando via libera agli eserciti mauritano e
marocchino230.
In Spagna il re Juan Carlos, nuovo capo di Stato, accettò il principio di divisione
nel territorio tra Mauritania e Marocco, sotto una triplice pressione: marocchina,
americana e francese. In effetti, gli Stati Uniti non nascosero che la loro politica
all'interno della regione si fondava sul sostegno nei confronti del Marocco e
contro l'Algeria socialista. In questo, il presidente Reagan fu fedele continuatore
dalla politica iniziata dal precedente segretario di Stato americano, M. Kissiger231.
In un contesto del genere, le politiche di Francia e Stati Uniti, su alcuni punti
fondamentali delle relazioni internazionali andavano nella stessa direzione.
In effetti, il 15 novembre 1975, c'è al momento in cui la crisi si faceva più
complicata, il capo di Stato algerino eravamo dei motivi di forte sospetto nei
confronti della politica francese e gli spiegava pubblicamente:«gli Stati Uniti
hanno esercitato una grande pressione sulla Spagna perché cedesse il Sahara ai
marocchini, come la Francia, io credo…»232.
più tardi, questo dubbio diverrà per lui una certezza:«è storicamente provato che
la Francia ha esercitato pressioni di ogni sorta sul bombardamento spagnolo
dell'epoca per consegnare ai suoi alleati e collaboratori il Sahara Occidentale»233.
Il Presidente algerino, dichiarava ancora il 21 novembre 1975: «Parigi a cedere
alle sue forniture di armi al Marocco. Noi consideriamo questo come un atto
ostile». Infine, al momento di pelle d'ammirazione del conflitto del Sahara
dall'Onu, in Commissione di decolonizzazione il 4 dicembre, la Francia votava
per il testo tendente a confermare gli accordi di Madrid che richiedeva una
consultazione organizzata, dopo la partenza degli spagnoli, sotto il controllo del
Marocco e della Mauritania in presenza di un'osservatore delle Nazioni Unite.
Presto l'Algeria elaborò un comunicato che riguardava l'analisi globale della
situazione sul caso sahariano. L'ipotesi degli algerini era la seguente: la Francia
abbandonata la via dell'indipendenza nazionale diveniva una "facciata della
politica di Washington" ed aveva per compito essenziale la salvaguardia del lato
sud dell'Europa e, in primo luogo delle terre più vicine, l’Africa del Nord.
Per rifiutare queste accuse, M. Giscard d’Estaing sviluppò nel febbraio 1976
un'argomentazione fondata su quattro punti principali:
1. La posizione della Francia era stata da molto tempo molto chiaramente
esposta ai governi interessati
2. l'Algeria aveva spesso affermato che non aveva delle rivendicazioni
territoriali da formulare, ed alla Francia è sembrato conforme al buonsenso
lasciare intendersi tra loro il Marocco e la Mauritania, da una parte, e la
Spagna dall'altra. Detto questo, è comunque vero che la Francia considera
spiacevole il moltiplicarsi dei micro-Stati.
3. La Francia non riserva nessun aiuto speciale al Marocco all'interno del
conflitto.
4. La Francia rispetta il carattere irreversibile dell'opzione socialista
dell'Algeria e considera che non ci sia nessuna crisi con quest'ultima234.
il presidente inoltre dichiarava in questa intervista di avere semplicemente
approvato l'accordo di Madrid. In effetti, la Francia non sembra essere stata il
"capo d'orchestra" di queste trattative. Effettuati al momento della morte di
230
Michele Brondino, Il grande Maghreb: mito e raltà, Franco Angeli, Milano, 1988, pp. 117-120
S. Muohoubi, op. cit., p.148
232
Boumediène et la bataille des rois, intervista realizzata da Jean Daniel, in Le Nouvel
Observateur, n° 574, 10-16 novembre 1975..
233
S. Muohoubi, op. cit., p. 149
234
Valéry Giscard d’Estaing, Nous respeston totalement l’option socialiste des Algériens, Le
Nouvel Observateur, n° 586, 2-8 février 1976, in N. Grimaud, op. cit., p.97-98.
231
73
Franco, il quale aveva per molto tempo resistito alle pretese marocchini, gli
accordi sembravano essere il tutto della convergenza degli interessi spagnoli,
marocco-mauritani, americani e francesi235.
Mentre per quanto riguarda la Francia, in quanto potenza europea, dava un gran
peso al ritorno della Spagna alla democrazia, conversione che una guerra
coloniale in quel momento così cruciale avrebbe sicuramente complicato. Inoltre,
un vecchio calcolo della metropoli di favorire territorialmente i dipartimenti
algerini, supponendo che dovessero restare francesi, rispetto al protettorato
marocchino, temporaneo per natura, apriva un credito morale nei confronti di re
Hassan II che la Francia avrebbe potuto onorare in quel momento.
Pur dichiarandosi favorevole agli accordi di Madrid, M. Giscard d’Estaing
affermava di non aver aiutato le diverse nazioni per la messa in pratica. Ma è
difficile negare che una crisi con l'Algeria si sviluppò dal momento in cui il
presidente Boumediène pose il problema in termini di equilibrio regionale. Inoltre,
la Francia interveniva militarmente in Africa e lanciava l'idea della costituzione di
una forza militare africana, sotto la sua egida il cui scopo evidente, ma non
direttamente evocato, era di venire in "aiuto" ai regimi moderati e favorevoli
all'Occidente, in caso di agitazioni popolari interne.
Tutto questo alimentava ancora di più le convinzioni del governo algerino
dell'esistenza di un piano imperialista globale che univa Francia e Stati Uniti
contro tutto ciò che avesse minacciato gli interessi Occidentali, ed in particolare
contro i paesi progressisti dei quali l'Algeria stessa faceva parte. Inoltre, l'Algeria
si sentiva il paese più preso di mira dal momento in cui, sul piano delle relazioni
Nord/Sud, cristallizzava in qualche modo le rivendicazioni del Terzo-Mondo,
mentre sul piano arabo, era ferocemente ostile alla politica di Sadat in Egitto, che
allineava al suo paese all'Occidente, allontanandosi nello stesso tempo dal mondo
arabo.
L'Algeria fu anche oggetto di tentativi di destabilizzazione nel corso dell'anno
1977: il lancio di bombe (da parte di un aereo non identificato) in Kabilia, e
tentativi di far esplodere un certo numero di edifici pubblici, come per esempio,
l'immobile del quotidiano nazionale "El Moudjhid". Tutti questi fatti
contribuirono inoltre alla degradazione dei rapporti franco-algerini236.
235
In linea generale, la Spagna evitava il possibile verificarsi di un conflitto con il Marocco in di
un periodo cruciale della sua storia, con il vantaggio di conservarne gli interessi economici per
quanto riguarda i fosfati di Boucraa e di arrestare definitivamente le rivendicazioni marocchine su
Ceuta e Mellila. Inoltre gli Stati Uniti evitavano di dover scegliere tra due preziosi alleati
236
S. Muohoubi, op. cit., p. 150
74
Capitolo III
I RAPPORTI NEGLI ANNI 80 E 90
3.1 Chadli Bendjedid al potere.
Nel mese di novembre 1978, una rara malattia del sangue, condusse alla morte il
Presidente Boumediène, e quali che fossero le disposizioni di legge per la
successione, fu l'esercito a decidere quale sarebbe stato il prossimo Presidente
dell'Algeria. Il prescelto fu Chadli Bendjedid, membro del Consiglio della
rivoluzione istituito nel 1965 e ufficiale più anziano nel grado più elevato.
Il regime di Houari Boumediène basato su uno Stato forte e patrimoniale era stato
messo in difficoltà dai cattivi risultati dell'economia e dall'esplosione demogrefica
ed inoltre la perdita di valore degli idrocarburi sui mercati mondiali di minimizza
le possibilità distributive. Il passaggio di potere fu caratterizzato da un profondo
cambiamento dal punto di vista politico, anche perché la situazione economica del
paese rendeva evidente il fatto che il governo dovesse abbandonare l'attaccamento
al socialismo per cercare di avvicinarsi all'Occidente ed usufruire degli sbocchi e
degli aiuti di cui aveva estremamente bisogno per il proprio sviluppo.
Probabilmente ci si accorse che era una incompatibilità tra il conservare intatte
tutte le convinzioni antimperialiste ed allo stesso tempo fare dello sviluppo il fine
essenziale del paese237.
La centralità dello Stato, che era stato una delle caratteristiche principali della
politica degli anni '70, permettendo a Boumediène di sviluppare con successo un
rapporto paternalistico di mediazione tra la burocrazia e le masse, non presentato
più gli stessi vantaggi e cominciava ad apparire e al contrario come una causa di
sprechi ed eccessi burocratici. Sebbene tutto fosse stato preordinato affinché la
successione avvenisse nel segno della "continuità", una frattura ci fu, perché
Chadli non aveva motivi altrettanto forti per coltivare intatto il patrimonio della
rivoluzione ed evidenziò subito meno remore sulla strada del cambiamento. Come
in altri paesi arabi africani, comprese le nazioni del Nord Africa, in coincidenza
con la presidenza di Chadli fu avviata così anche in Algeria una sistematica
apertura all'iniziativa privata tramite delle riforme238.
Il punto fermo della politica del nuovo Presidente era quello di superare il
populismo come ideologia e come organizzazione per permettere nuove forme di
accumulo e di distribuzione sgombrando la società dai principi egualitaristici che
la tenevano stretta nella morsa di una relativa indifferenziazione. Sul piano
strettamente economico, il programma prevedeva, il trasferimento a titolo
definitivo della produzione di beni e servizi dalla burocrazia statale a privati e a
complessi stranieri, che erano stati sempre scoraggiati se non impediti dai codici
di investimento molto restrittivi in vigore e dal monopolio del potere esercitato dal
partito unico. Portata a termine più o meno bene la parte dell'edificazione di
un'infrastruttura industriale, che poteva anche richiedere un'economia di comando,
si trattava ora di incrementare la produzione di beni di consumo e per questo
compito si giudicava più adatta un'economia liberale. Le prestazioni dello Stato,
nonostante l'impiego massiccio di capitali, apparivano largamente inferiore alla
attese alle esigenze e lo sviluppo complessivo dell'industria era troppo lento e non
237
238
G. Calchi Novati, op. cit., p. 113
S. Muohoubi, op. cit., p. 96
75
permetteva l'Algeria di partecipare agli scambi internazionali su un piede di vera
parità239.
Ben presto nel linguaggio ufficiale le forme dell’"economia di mercato" presero il
posto del "socialismo specifico". La liberalizzazione fu applicata anzitutto nel
settore dell'industria pubblica puntando sull'autonomia d'impresa attraverso la
chiarezza e la trasparenza delle decisioni e soprattutto attraverso la distinzione tra
le prerogative dello Stato come proprietario del capitale e il ruolo economico delle
singole società con la relativa responsabilizzazione di dirigenti e lavoratori. Per
questi motivi si procedette allo smembramento delle grandi società nazionali
accusate di ed ampiezza burocratica e cattiva gestione, per colpa delle loro
eccessive dimensioni.
Riguardo alla politica estera Bendjedid cercò di ridimensionare gli impegni
internazionali dell'Algeria cercando di stemperare la politica di "non
allineamento" sostituendo con una politica di "buon vicinato", aperta virtualmente
a tutti.
Una serie di trattati sancì la demarcazione dei confini con Niger, Mali, Tunisia e
Mauritania. Anche la crisi del Sahara fu in un certo senso ridimensionata per
cercare di riaprire un dialogo con il Marocco dopo il "gelo" del 1975. Tutto in
funzione dell'unità maghrebina, che era per Algeri, a differenza del Marocco e
della Tunisia, aveva soprattutto una valenza politica, o addirittura geopolitica, per
costituire un quadro di riferimento in cui negoziare una soluzione positiva e di
reciproca soddisfazione della vertenza sullo Stato sahraoui240.
Fu grazie all'incessante di direttiva algerina che furono sanati gli ultimi dissidi.
Ben 19831 lo scambio di visite fra Chadli e Bourguiba e nel marzo fu firmato con
la Tunisia un Trattato di fraternità e concordia valida per vent'anni. Il 16 maggio
1988 furono ristabilite le relazioni diplomatiche tra Algeri e Rabat interrotte nel
1976 è il 7 giugno furono riaperte le frontiere.
Dopo la visita del presidente algerino in Marocco nel 6 febbraio 1989, il 17 di
quello stesso mese fu firmato a Marrakech il trattato che istituiva l'Unione del
Maghreb arabo UMA fra Algeria, Marocco, Tunisia, Mauritania e Libia.
Fu inoltre Bendjedid a portare a termine la prima visita di un presidente algerino
in Francia a prendere in un certo senso una nuova fase di riavvicinamento tra le
due nazioni. I rapporti divennero più fluidi dopo la vittoria dei socialisti in
Francia, che considerarono l'Algeria come un paese amico. Il nuovo Presidente
francese Mitterrand compì una visita ufficiale il 30 novembre 1981 e di anni dopo,
nel novembre 1983 Chadli ricambiò la visita.
In Bendjedid non c'era probabilmente la stessa "passione" per la Francia, fatta di
odio-amore, che aveva caratterizzato Boumediène, ma il presidente algerino seppe
usare toni giusti per delineare una riconciliazione proiettata verso il futuro.
3.2 La sinistra al potere in Francia.
Agli inizi degli anni '80 si verificò in Francia un'alternanza dei poteri ed a vincere
le elezioni dopo anni di destra fu il partito socialista di F. Mitterrand, che salì al
potere nel maggio 1981. Il nuovo presidente francese, conosceva bene l'Algeria
per aver occupato, nel 1954 al momento dello scoppio della Rivoluzione, nelle
responsabilità militari di primo piano. Inoltre, in veste della sua posizione di
239
240
Mellouki Riffi, op. cit., p. 88
G. Dillinger, op. cit., p 146
76
Segretario generale del Partito socialista, si recò più volte ad Algeri per incontrare
i responsabili algerini e, in particolare, il Presidente Boumédiene.
Dei legami erano dunque già stati stabiliti considerando anche che il PS, nel
momento in cui era l'opposizione, condannato alla politica algerina di M. Giscard
d’Estaing e auspicava un miglioramento e un rinforzamento della cooperazione tra
i due paesi241.
Per questi motivi, il desiderio di nuovo presidente di recarsi ad Algeri, subito
dopo la sua elezione all’Eliseo, era sicuramente comprensibile.
L'arrivo potere in Francia di F. Mitterrand nel maggio 1981 fu accolto con
prudenza da parte del governo algerino, e la decisione del viaggio, considerando
che il egli era a conoscenza del clima di diffidenza nei suoi confronti appariva
come una scelta molto importante da intraprendere.
Il nuovo Presidente francese era a conoscenza del fatto che l'Algeria
rappresentasse un paese molto influente del mondo arabo sia di quello dei paesi in
via di sviluppo, e in più all'interno della nuova equipe dirigente esistevano un
folto gruppo di persone piuttosto favorevole a un miglioramento delle relazioni
franco- algerine.
La nuova Francia socialista sperava di rilanciare la cooperazione per ragioni che
riguardavano sìa la politica interna che quella estera; innanzitutto, doveva dare le
prove dell’intenzione di realizzare gli obiettivi contenuti all'interno del
programma elettorale, ed inoltre era a conoscenza della necessità di orientare la
politica estera francese all'interno di un quadro di dialogo Nord/sud in cui
l'Algeria giocava già un ruolo molto attivo. In quest'ottica la visita ad Algeri del
30 novembre 1981 di Mitterrand avrebbe dovuto rappresentare un passo
fondamentale per il riallacciamento dei rapporti.
Non bisogna quindi sorprendersi del fatto che la parola più utilizzata all'interno
dei discorsi pronunciati dal nuovo Presidente dal momento del suo sbarco d'Algeri
fu quella di "fiducia", la necessità con un rapporto di fiducia era infatti il punto di
partenza su cui si dovevano fondare le relazioni tra i due paesi.
Già all'aeroporto di Algeri Mitterrand dichiarava:« Io rendo omaggio all'Algeria,
al suo presidente, al suo popolo. Io saluto del loro paese vostri fratelli algerini che
risiedono e lavorano in Francia. Il contributo del loro lavoro alla prosperità del
mio paese merita la riconoscenza e il rispetto. Come ormai gli è garantito. La
Francia e l'Algeria sono capaci di sormontare e di assumersi le responsabilità del
passato. Esse debbono superare gli ostacoli e i fraintendimenti che per troppo
tempo hanno disturbato dal loro comprensione. Esse possono mai fondare il loro
riavvicinamento, costituire la loro amicizia su un nuovo dato: la fiducia, grazie
alla quale, da ricchezza e la diversità delle relazioni tra due popoli, potranno
nutrire il dialogo e la cooperazione tra i due Stati». Ed inoltre precisava rispetto
alle prospettive della cooperazione:« Questa fiducia è ciò che io sono venuto a
testimoniare l'Algeria. Fiducia nel rigore dell'ideale che voi incarnate, Signor
Presidente. Fiducia nell'identità della nostra determinazione a rifiutare la logica
del confronto all'interno dei rapporti internazionali. Fiducia nella nazione algerina,
nella sua lotta senza sosta per lo sviluppo e per il nuovo ordine internazionale su
scala mondiale. Fiducia nella nostra capacità di fornire insieme l'esempio di nuovi
rapporti egualitari che intendiamo stabilire tra il Sud e il Nord.
E con questa prospettiva, con questa speranza, con questa certezza che immagino
oggi il destino dell'Algeria e il destino nella Francia»242.
La visita del Presidente francese si concluse con una riuscita grazie al tatto e alle
sue capacità politiche e diplomatiche. Anche la delegazione ufficiale che
241
242
S. Muohoubi, op. cit., p. 98
G. Dillinger, op. cit., p 118
77
l'accompagnava era di altissimo livello: alcuni ministri di Stato come Gaston
Defferre, Ministro dell'Interno e della Decentralizzazione, Michel Jobert, Ministro
del Commercio con l'estero, Claude Cheysson Ministro delle Relazioni estere ed
inoltre il segretario di Stato Raymond Courrière.
Il rapporto che si instaurò tra F. Mitterrand ed il suo omologo algerino Bendjedid
fu da subito cordiale, ed i due, che si erano già incontrati la prima volta
nell'ottobre 1981 al Summit Nord/Sud di Cancun, si restano entrambi disponibili
ad un riavvicinamento dei rapporti tra gli Stati.
L'accoglienza popolare forte e calorosa, e la grande copertura mediatica fornita sia
da parte della Francia che da parte algerina, rendono bene l'atmosfera favorevole
che si respirava durante questa visita243.
Il Presidente francese rivolgendosi il primo dicembre ai deputati algerini della
Assemblea popolare nazionale dichiarava:«faremo dei nostri futuri rapporti un
simbolo delle relazioni nuove tra Nord e Sud». Mentre il presidente
dell'Assemblea Popolare Nazionale, M. Rabat Bitat esaltava i ritrovati rapporti tra
i due paesi in questo modo: « Una nuova si apre…. Il primo nodo che si sta ora
non è fortuito. Ma è il risultato del nostro attaccamento comune all’ideale
socialista e l'indipendenza nazionale».
La visita di François Mitterrand costituì dunque un reale successo per i due paesi,
e per qualche tempo il rapporti bilaterali ne furono favorevolmente influenzati, ed
anche gli scambi commerciali subirono degli affetti positivi.
3.3 Rilanciare la cooperazione
Nonostante la volontà sia la parte francese che da parte algerina di rilanciare la
cooperazione ci furono in questo periodo due grossi problemi da superare per
ripristinare dei buoni rapporti tra le due nazioni: quello degli archivi e quello del
prezzo del gas.
Il problema degli attivi non era un problema recente, ma era dal suo accesso
all'indipendenza che l'Algeria rivendicava il proprio passato. Diversi fattori
avevano interferito e malgrado il trasferimento simbolico di alcuni documenti
storici che riguardavano il periodo coloniale, il problema degli archivi rimaneva
ancora un grosso scoglio da superare. La nuova equipe al potere in Francia
sembrava, almeno apparentemente, pronta ad accordare le rivendicazioni algerine,
tuttavia, la pressione alcuni gruppi d’elite frenarono il governo nella sua azione e
diedero un'altra dimensione ai negoziati bilaterali. Praticamente, gli argomenti di
ordine giuridico che potevano essere avanzate dal governo francese passarono in
secondo piano in rapporto alle manifestazioni di "passione" espresse da una certa
parte dell'opinione pubblica. I rappresentanti del Governo algerino appresero
quindi con dispiacere che da parte francese vi fosse la paura che :« Se gli archivi
cadessero nelle mani del FLN, inizierebbe una breve e propria epurazione. Non
bisogna in nessun caso lasciarli partire dalla Francia, piuttosto sarebbe meglio
bruciarli»244.
Così, il problema si trovava posto in Algeria su un triplica piano: la sovranità, la
sicurezza, lo sviluppo economico. Questi tre aspetti erano ben capiti da parte
francese. La questione che restava adesso in sospeso era quella di decidere quali
sarebbero state le modalità di regolamento è soprattutto di scadenza per mettere
243
244
Mellouki Riffi, op. cit., p. 134
N. Grimaud, op. cit., p 68
78
fine a un contenzioso che durava dall'indipendenza. Alla vigilia della sua visita in
Algeria il Presidente Mitterrand concesse a un'intervista al settimanale algerino
"El Moudjhid” in cui ammetteva che:«è una questione di buon senso. Non
possiamo rendere gli archivi della Francia all'Algeria non è faremo in modo che
l'Algeria possa disporre degli attivi in cui ha bisogno all'interno di un certo
numero di campi, questa è l'unica possibile buona soluzione»245.
Un altro capitolo della cooperazione che fu ereditato dalla sinistra di Mitterrand fu
quella del prezzo del gas. I negoziati erano già cominciati sotto il precedente
governo ma non fu possibile adottare nessuna soluzione. Il problema del prezzo
del gas era un problema di politica interna sia per l'Algeria e per la Francia.
Per quanto riguarda l'Algeria, il governo di Chadli Bendjedid puntava a ridefinire
fondamentalmente la politica energetica del paese. In una lunga intervista al
giornale francese "Le Matin", datata 5 maggio 1980, dunque prima dell'arrivo
della sinistra di potere, Belkacem Nabi, Ministro algerino dell'Energia ed delle
Industria Petrolchimiche, aveva affrontato problema del gas sia sul piano
bilaterale, cioè dei rapporti con la Francia, sia sul piano generale. Sul piano
bilaterale, egli precisava che:« Sfortunatamente per noi, siamo lontani, in materia
di gas, dalla coerenza che noi abbiamo stabilito riguardo al dominio del petrolio.
E dunque normale che ci siano dei problemi delle relazioni commerciali con la
Francia. Colgo l'occasione, a questo proposito, per spiegare all'opinione pubblica
francese che l'Algeria non chiede la luna. Come gli altri paesi produttori di gas,
l'Algeria vuole ottenere la parità del prezzo del gas con quello del petrolio. Un
principio che non costituisce d'altronde una nuova esigenza. Gli Stati Uniti hanno
ammesso questo principio con il loro fornitori canadesi e messicani. Il Giappone
con l'Indonesia. La Germania con la Norvegia.» e aggiungeva «Per quanto
riguarda la Francia, la società Gaz de France si è già resa conto che il prezzo che
ci viene corrisposto è ridicolmente basso. Noi proponiamo senza concertazione di
regolare il GNL sulla base di tre dollari al milione di BTU. Unilateralmente
abbiamo inoltre deciso di fatturarlo 6, 11 dollari.» Per quanto riguarda il quadro
generale riferendosi alla nuova politica dell'Algeria, il ministro indicava
chiaramente che:« L’Algeria, vi ricordo, annunziato la sua avventura con il gas
naturale liquido alla fine degli anni 60. Tutto questo ci è costato miliardi di
dollari, perché abbiamo dovuto fare i conti con una tecnologia non
all'avanguardia. Oggi, parlando francamente, se l'Algeria esposta del GNL è
soltanto per onorare gli impegni presi in precedenza... vi ricordo che l'Algeria è
pronta, è necessario, a mettere fine all'apertura del GLN. Naturalmente, noi siamo
sempre disposti a prendere del gas naturale alla Francia e all'Europa, ma non
siamo più disposti a farlo qualsiasi prezzo»246.
Per far decollare i negoziati, i due paesi designarono, ognuno, delle forti
personalità per arrivare a degli accordi. Così da parte algerina fu designata Hadj
Yala, ex ministro delle finanze, e da parte francese Jean-Marcel Jeanneney, i quali
si incontrarono a più riprese per cercare di stabilire i punti in comune sull'annosa
questione del gas. Ma nessun accordo fu trovato almeno fino alla visita di
Mitterrand, la quale ebbe il merito di far accelerare il processo. I due paesi
decisero di "politicizzare" la questione del prezzo del gas inserendola all'interno di
un vasto progetto di cooperazione. Apparentemente quindi fu la volontà politica
dei due paesi che permise di trascendere il disaccordo che siano verificati tra gli
addetti ai lavori del settore. Lo stesso Presidente fu chiaro a questo riguardo
affermando che: «Gli esperti hanno fatto il loro lavoro ed i politici hanno fatto il
loro. A livello politico, i Ministri degli Affari Esteri e del Commercio hanno
245
246
S. Muohoubi, op. cit., p. 129
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 189
79
espresso la loro opinione. I due capi di Stato possiedono tutti gli elementi di
decisione. Non ci saranno delle nuove procedure. Al massimo qualche problema
resterà a regolare per quanto riguarda le ragioni tecniche e commerciali. E tutto
questo si dovrà risolvere nel giro di poche settimane»247.
Infatti, fu necessario attendere fino a febbraio 1982, per avere la conclusione di un
accordo definitivo. Tuttavia fu mantenuto un alone di mistero intorno alle
differenti clausole e soprattutto ai mutui compromessi che favorirono una tale
conclusione. L'accordo consisteva nel sollevare sensibilmente il prezzo del gas ad
una cifra superiore ai 5 dollari al milione di BTU fissando però due prezzi. Quello
che avrebbe dovuto pagare Gaz de France, sensibilmente più basso, ed una
somma ulteriore che sarebbe stata versata ad una "cassa" di servizio per l'Algeria.
L'episodio del prezzo del gas fu un test decisivo e gli accordi ai quali arrivarono i
due paesi illustrano il nuovo contesto politico che ormai caratterizzava i rapporti
bilaterali. In effetti, gli interessi dei due prezzi furono preservati e questi accordi
diedero una nuova spinta alla cooperazione, che si concretizzò anche con la firma
di moltissimi contratti in favore delle società francesi.
Il rilancio della cooperazione non rispondeva però soltanto alla spinosa questione
degli archivi e del prezzo del gas, infatti, per la prima volta, ad esempio, le visite
nei vari ministri, nei due sensi, furono molto numerose e ciò illustrava bene il
nuovo clima psicologico che si era instaurato tra i due paesi. Per la volta, ad
esempio, la visita del Ministro Defferre ad Algeri permise alle polizie di due paesi
di cooperare strettamente tra di loro.
3.4 Chadli Bendjedid in visita a Parigi nel novembre 1983.
Già nel dicembre 1982, il Presidente algerino Bendjedid di ritorno da una visita
ufficiale in Belgio effettuò uno scalo a Parigi, accompagnato da alcuni ministri tra
cui quello degli Affari esteri. Il Presidente francese in quell'occasione lo accolse
all'aeroporto, questo rappresentava un'eccezione perché il capo di Stato francese
normalmente non si spostava se non in caso di visite ufficiali.
In quell'occasione il Presidente Mitterrand offrì una cena in onore della
delegazione algerina e questa visita a permise di appianare qualche problema
apparso tre due paesi, il riguardo alla questione del rifiuto il numero crescente dei
viaggiatori algerini diretti in Francia. Quest'incontro diede anche l'occasione ai
due Presidenti a mettere le basi per un abito ufficiale a Parigi da parte di Chadli
Bendjedid. Quest'ultimo dichiarava al momento dell'uscita dal Eliseo:« Non c'è
nessuna nuvola, e nemmeno una leggera foschia, nelle relazioni franco-algerine.
Esse sono migliori di quanto noi avessimo potuto sperare.»
Finalmente, la visita ufficiale, tanto attesa, di un presidente algerino Francia ebbe
luogo tra il 7 e il 10 novembre 1983. La volontà manifestata dalle parti di
assicurare un importante risonanza a questo avvenimento contribuì alla sua
riuscita. In media francesi e algerini si occuparono a grandi riprese del viaggio del
Capo di Stato algerino, il quale si accompagnava ad una importante delegazione
composta da quattro ministri, A. Taleb, Affari Esteri, A.Brahimi, Pianificazione,
B.Bessaieh, Informazione, S.Ait Messaoudene, Industrie leggere e da un
segretario di Stato248.
247
248
M. Morisse-Schilbach op. cit., p 30
S. Muohoubi, op. cit., p. 133
80
Il programma del Presidente algerino a Parigi era particolarmente denso:
cerimonia ufficiale all'Arco di trionfo, tre incontri faccia a faccia con il Presidente
francese, che offrì il suo onore un pranzo ed una cena ufficiali, incontro ufficiali
con il Primo Ministro P. Mauroy e il Presidente dell’Assemblea Nazionale, e
incontro ufficiale con la comunità algerina residente in Francia.
Molti furono i fattori che contribuiscono alla riuscita di questo viaggio: la volontà
del Presidente francese di migliorare i suoi rapporti con l'Algeria all'interno del
quadro più generale della sua politica riferita e paesi in via di sviluppo, le
speranze del presidente algerino di capitalizzare un importante successo in materia
di politica internazionale, e l'intensità degli scambi commerciali che si stavano
verificando nell'ultimo periodo tra l'Algeria e la Francia.
Tutti questi fattori riuniti caratterizzarono quindi un clima favorevole al momento
della visita del novembre 1983249.
I discorsi tenuti durante la visita testimoniavano questo clima positivo, come lo
stesso Presidente algerino sottolineava al suo arrivo:«Questa visita è l'espressione
della convinzione condivisa dal popolo francese e algerino che, al di là dei
problemi del passato, sia arrivato il momento di guardare al futuro […] per tessere
insieme la trama di un nuovo tipo di rapporti».
Il presidente algerino fece anche una dichiarazione alla comunità dei pied-noire,
rivolgendosi direttamente ad essa, dalla scalinata dell’ Eliseo:« Io vorrei dire
francesi e sono nati in Algeria, e che sono cresciuti, e che custodiscono in essi un
gran numero di ricordi e di emozioni, che si possono con la loro sensibilità e la
loro generosità portare un grosso contributo allo sviluppo dell'amicizia e della
cooperazione franco-algerina. Io vorrei dirgli che essi sono amici che l'Algeria».
Se insieme all'attitudine costruttiva del Presidente Bendjedid e all'accoglienza
calorosa che gli era stata riservata al momento dell’incontro organizzato con la
comunità algerina, il Presidente Mitterrand dichiarava al momento della cena
ufficiale offerta al Eliseo:« Il Presidente Chadli incarna la nobiltà del popolo
algerino, che ha saputo tendere la mano all’ avversario di ieri per restaurare
l'amicizia».
All'indomani in questa visita sembrava dunque che le relazioni dei due paesi si
sarebbero mantenute serene e all’interno di una dinamica di reciproca fiducia.
Tuttavia, questa percezione era abbastanza illusoria e già nel 1984 le evoluzioni
relative alle politiche interne francesi ebbero delle serie ripercussioni sulle
dinamica dei rapporti franco-algerini250.
3.5 Nuovi problemi all'orizzonte.
In Francia, in seguito a un semestre molto agitato sul fronte dell'insegnamento, il
Primo Ministro P. Mauroy presentava le sue dimissioni il 17 giugno 14, e venne
rimpiazzato da Laurent Fabius, personalità politica molto fedele a Mitterran.
Questo cambiamento di Primo Ministro si accompagna un cambiamento di tipo
ministeriale ed anche di orientazione in socioeconomiche. La politica chiamata "di
rigore" applicata dopo il 1983 riguardava sia la politica interna che le relazioni
con l'estero. Il risultato di questi cambiamenti fu la lenta modificazione dello
spirito all'interno del quale le relazioni bilaterali saranno percepite dal lato
francese. Infatti la politica di "rigore" dando più attenzione ai problemi
tecnocratici e budget puntava a riorganizzare le condizioni finanziarie relative ai
contratti che riguardavano il gas importato dall'Algeria. Ma dal momento che la
249
250
B. Benoit, op. cit. , p. 40
M. Morisse-Schilbach op. cit., p 39
81
parte algerina riconosceva una forte importanza alla intangibilità degli accordi su
questa materia, una contrazione dei rapporti appariva inevitabile sia da una parte e
dall'altra. Tutto questo si verificava in un periodo in cui, dopo alcuni anni
piuttosto prosperi l'Algeria si trovava a confronto con un abbassamento
significativo delle sue entrate251.
Ma il cambiamento che colpì maggiormente le relazioni bilaterali era legata alle
evoluzioni relative alle Maghreb. In effetti, il 13 agosto 1984, tra lo stupore
generale il re Hassan II e il Colonnello Kadhaffi firmarono a Oujida un Trattato
arabo africano che rinforzava le posizioni del sovrano del Marocco nel Sahara
occidentale. Quest'alleanza, puramente tattica, non durò tantissimo ma a permise
alla dirigenza marocchina di consolidare le basi della propria presenza militare in
questo territorio. In questo stesso periodo un viaggio in Marocco di F. Mitterran,
svoltosi proprio durante il referendum a terra l'approvazione del trattato con la
Libia, convinse i dirigenti algerini, già fortemente scossi dall'alleanza libicomarocchina, a interpretare questo viaggio come una presa di posizione esplicita da
parte del presidente francese e in favore di re Hassan II, e delle sue posizioni
rispetto al Sahara Occidentale.
Hubert Védrine, futuro collaboratore di F. Mitterran all’ Eliseo, analizza così
questi avvenimenti :« Nel 1984, il Re ha invitato il Presidente a venire a riposarsi
quando voleva in Marocco. Il Presidente si è lasciato tentare. Egli ci andò alla fine
di agosto. Il re propose di raccoglierlo al Palazzo Reale promettendo che il suo
soggiorno sarebbe rimasto privato e senza attività ufficiali. Ma, il 13 agosto, in
Marocco e le Libia firmarono un trattato d'unione. Il Re ha afferrato una delle
tante offerte di unione araba del Colonnello Kadhafi per smorzare la stretta
algerina. Ma ciò non riguardavano affatto il Presidente, il cui soggiorno venne
fissato da Hassan II il 30 agosto, durante il suo soggiorno, il referendum
riconferma dell'unione con Tripoli. Ed ecco che il presidente veniva implicato
malgrado non volesse in una questione di politica interna, marocchina e interaraba».
Il presidente francese percepii subito l'ampiezza le tensioni e si erano sviluppate in
Algeria a seguito della sua visita in Marocco, e per cercare di dissiparle, si recò a
leggere per una visita di lavoro il 19 ottobre 1984 ma ciò non favorì un
miglioramento del clima tra le due nazioni durante i mesi seguenti.
L'anno 15 consegnato dall'apparizione all'interno dei media agli Dini, sotto
controllo del potere, degli articoli e dei reportage che ricordavano, in termini
molto duri, le pagine più sanguinose della guerra l'Algeria. Il tono è il contenuto
di queste vocazioni storiche indicava che i clima si era ormai degradato tra i due
governi. Così, l’8 marzo 1985, in occasione della 40ª commemorazione dei
massacri di Setif, furono diffusi dei documentari antifrancesi alla televisione
algerina, e il 5 giugno dello stesso anno, in occasione del 23ª anniversario
dell'indipendenza dell’Algeria, l'agenzia APS diffondeva una requisitoria contro la
politica coloniale della Francia.
Allo stesso tempo, il Presidente algerino inviato un messaggio al suo omologo
francese in occasione del 14 giugno in cui egli esprimeva:«Il desiderio
dell'Algeria a favorire lo sviluppo di una cooperazione vantaggiosa e nella sua
disponibilità a perseguire il piano stabilito tra i due paesi in vista di contribuire
all’avverarsi di un era di pace e di stabilità all'interno della regione e nel mondo».
Nonostante le parole concilianti di Bendjedid il clima delle relazioni bilaterali
rimaneva comunque abbastanza teso, soprattutto perché le posizioni francesi nel
Maghreb erano percepite come ostili alla Algeria252.
251
252
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 220
B. Benoit, op. cit. , pp. 43
82
Considerando lo stato abbastanza deteriorato delle relazioni dei due paesi, l'arrivo
al potere in Francia della destra nel marzo 1986 fu percepito con favore dai
dirigenti algerini, anche perché Jacques Chirac, che divenne Primo ministro,
incarnava in un certo senso l'orbita gollista, percepita tradizionalmente con favore
ad Algeri. Ma il governo di Chirac durò soltanto due anni e l 8 marzo 1988 fu
segnato a dalla rielezione di F. Mitterrand alla presidenza della Repubblica
francese.
3.6 Le rivolte del 1988
Nel 1986 si segnalarono i primi scioperi, accompagnati da dimostrazioni
studentesche in tutto il paese, particolarmente gravi a Costantina e Sétif. Il crollo
dei prezzi del petrolio comprimeva al massimo la capacità d'azione del governo
che si vedeva costretto a comprare drasticamente le spese pubbliche. I salari
furono congelati e furono tagliati i sussidi e prodotti alimentari, il cui prezzi
aumentarono del 40% solo tra il gennaio e l'ottobre 1988. Il programma di
austerità sono particolarmente offensivo per le masse già provate dai costi delle
privatizzazioni, la frustrazione dei dati popolari era inoltre inasprita dalla nascita
di "nuovi ricchi" che per la corruzione tollerata dal regime e per le speculazioni
rese possibili dall'economia liberale potevano permettersi una vita sfarzosa. Fu in
questo clima, fattosi più pesante di anni hanno, che maturò una serie di rivolte
popolari che a partire dal 4 ottobre 1988 travolsero la capitale e moltissime altre
città dell'Algeria. Fu lo scoppio di protesta sociale più guasta mai conosciuta
dall'Algeria è la crisi più grave dal 1962. In moltissime città migliaia di persone
manifestarono nelle strade contro la condizione economica e sociale di degrado
nella quale si trovavano. Anche se le motivazioni profonde della sollevazione
erano economiche, in breve la rabbia dei dimostranti, perlopiù giovani
disoccupati, si diresse contro le istituzioni e i segni del regime assumendo una
portata palesemente politica. I disordini, con scontri fisici con le forze dell'ordine
e devastazioni di proprietà pubbliche durarono tre giorni. Il governo proclamò lo
"stato di emergenza" e non si fece scrupolo di far scendere in campo l'esercito per
frenare la rivolta253.
Le dimostrazioni furono spontanee e non coordinate da nessuna forza politica,
eppure si svolsero come se dimostranti obbedissero agli ordini di un partito, tanto
unanime e univoco e il sentimento delle masse.
Il coinvolgimento dell'esercito durante lo "stato di emergenza", che durò dal 6
ottobre fino al 12, causò la morte di centocinquantanove persone secondo le fonti
ufficiali, ma secondo le fonti ospedaliere il numero saliva fino a raggiungere
quota cinquecento o seicento. In tutti gli anni dopo l'indipendenza, il regime, della
storia stessa della rivoluzione, aveva usato più la persuasione o la manipolazione
delle coscienze che la coercizione, ma nel momento della crisi da prova di forza
arrivò alle sue estreme conclusioni a costo di portare l'esercito a sparare contro il
popolo254.
Nel momento in cui si verificarono le prime rivolte ad Algeri, il 5 ottobre 1988,
Bernard Bochet, ambasciatore francese in Algeria, intraprese una coraggiosa serie
di spostamenti al fine di raccogliere tutte le informazioni sulle manifestazioni che
si stavano verificando nel paese. Recandosi più volte nelle zone arrise a rischio,
ed incontrando i responsabili politici, Bochet elaborò una serie di no e che
costituirono un importante documento di lavoro per il governo di Parigi,
253
254
M. Morisse-Schilbach op. cit., p 44
S. Muohoubi, op. cit., p. 130
83
nell'elaborare il futuro delle relazioni con l'Algeria. Secondo l'ambasciatore alle
origini della crisi di fu un tentativo di destabilizzazione interna di Chadli da parte
dei suoi oppositori politici. La "rivoluzione" fu infatti una rivoluzione di palazzo
fallita che degenerò in scioperi ed in sollevamenti popolari. Gli insorti, il maggior
parte giovani, erano però poco politicizzati, e manifestavano contro l'aumento dei
prezzi dei beni di prima necessità, reclamando "cibo e democrazia".
Fu soltanto dopo i primi scontri che Chadli, probabilmente desideroso di avere un
interlocutore che potesse incarnare il malcontento popolare, fece appello agli
islamisti, identificandoli come gli agitatori e domandandogli di ristabilire la
calma. Fu probabilmente questo riconoscimento da parte del potere a far ottenere
al movimento islamista una statura e una visibilità che andavano oltre la dinamica
effettiva degli avvenimenti. Il 10 ottobre il presidente riceve i principali esponenti
del ancora embrionale movimento islamico, dando l'impressione che forse
soprattutto in quella direzione che si sarebbe avuto un rinnovamento della società
civile. Probabilmente Chadli, confidando sulla concordanza del programma del
movimento islamico e con le riforme liberaleggianti, invece di preoccuparsi
davvero delle sorti del pluralismo e della democrazia volle agevolare gli esami di
terra contenere i nemici delle riforme che si annidavano all'interno del FLN255.
Fatto sta che questo riconoscimento da parte del potere, incarnato nell'atto
simbolico una lettera di rimprovero, conferirà al futuro F.I.S (così come gli altri
partiti estremisti) la sua prima parte di legittimità e di rappresentatività.
Riguardo a queste rivolte ci fu a Parigi, almeno inizialmente, il mutismo assoluto.
Per il Presidente francese, bisognava innanzitutto evitare di compromettere gli
errori e mettendo delle dichiarazioni spontanee che potessero andare contro il
governo algerino. Mitterrand era particolarmente attento ad evitare qualsiasi
momento che potesse compromettere l'equilibrio che la diplomazia francese non
hanno instaurato all'interno delle relazioni con i diversi paesi Maghreb e in
particolare l'Algeria e Marocco e la Tunisia. Così mentre durante la riunione del
Consiglio dei Ministri che si svolse in seguito all'inizio del rivolte, Bernard
Kouchner, segretario di Stato, prendeva la parola esprimendosi con un veemenza
sulla situazione algerina, chiedendo che dei soccorsi, ed in particolare delle unità
di assistenza medica sarebbero dovute essere inviate immediatamente ad algerino;
fu immediatamente interrotto dal Presidente che dichiarava che in Algeria non
mancavano assolutamente né gli ospedali né dei medici ben formati e competenti.
Le voci discordanti, se ci furono, non furono abbastanza chiare e si assistette
allora ad una serie di dichiarazioni prudenti da parte del governo francese che
mettevano in primo luogo la necessità di un ritorno alla calma, discolpando in un
certo senso il regime e i militari.
Fu soltanto il 14 ottobre 1988, c'è circa dieci giorni dopo l'inizio delle rivolte, che
gli intellettuali francesi si espressero per la prima volta condannando il regime
algerino. E le iniziative tardive di sostegno alla popolazione algerina si
moltiplicarono in un meeting che si tenne i primi giorni di novembre a Parigi.
Da parte loro, la classe politica e il Presidente francese tentarono di mantenere una
linea coerente rassicurandogli un certo senso il regime algerino, visibilmente
irritato dalle prese di posizione degli intellettuali. Fu questo curioso mix tra i
sostegno personale del Presidente Mitterrrand a Chadli, e la condanna che
fuoriusciva dalla società civile francese che farà dire a Bruno Frappat, all'interno
del suo editoriale, che:«il discorso della Francia non è che una mescolanza
confusa di odio recondito, di rimorsi non digeriti, di cattiva coscienza impotente e
pietosa».
255
A. Ait-Chaalal, op.cit., p.228
84
Un telegramma di felicitazioni particolarmente caloroso fu inviato il 7 novembre
da François Mitterrand al presidente Chadli, dopo il plebiscito del referendum del
3 novembre basato sul futuro progetto di Costituzione algerina: «da Francia si
rallegra della massiccia approvazione data dal popolo algerino alle vostre
proposte. Questo successo testimonia la fiducia riposta nella vostra azione è nella
vostra persona in vista di assicurare un avvenire democratico all'Algeria»256.
L’8 gennaio 1989, Mitterrand fa un altro passo verso il dichiarato sostegno al
regime algerino nominando a nuovo ambasciatore di Algeri Jean Audibert,
membro del partito socialista e fiero sostenitore della politica di Chadli. Fu
probabilmente questo passo che portò alla firma dell'accordo che regolava il
contenzioso sul gas, i cui negoziati si trovavano in uno stato vegetativo dal 1982.
Il prezzo dei gas fu fissato a quello di mercato e sette miliardi di franchi,
ufficialmente a titolo d'aiuto allo sviluppo, furono stanziati dalla Francia
all'Algeria. Come contropartita, Chadli promise di regolare numerosi contenziosi
tra la burocrazia algerina e le imprese francesi. La politica francese e sperava
inoltre di legare quest'aiuto economico ad una limitazione naturale
dell'immigrazione algerina ed il Presidente Mitterrand, senza mai richiederlo
esplicitamente, sperava in dei gesti da parte del regime algerino che andassero in
questa direzione.
Una visita ufficiale di François Mitterrand al Presidente Chadli fu annunciata
ufficialmente il 28 febbraio 1989. Accuratamente preparata dal governo algerino e
da Jean Audibert, la visita di Mitterrand iniziò il 9 marzo. I colloqui,
estremamente informali, ebbero luogo a qualche chilometro da Algeri, nella
residenza presidenziale di Zeralda. E mentre, in Francia, ci si interrogava
sull'assenza di cambiamento nella politica interna dell'Algeria, il colloquio tra i
due presidenti si svolgeva in un clima disteso e cordiale. Le dichiarazioni
pacifiche si moltiplicavano, François Mitterrand affermava la sua amicizia
notando che un nuovo tempo era arrivato e parlando di "Perestroika”. Ma in realtà
fu una sorta di tacito accordo tra le parti quello che si verificò all'inizio di marzo a
Zeralda. Chadli comprese che ciò che le importava e francesi era la stabilità,
mentre dal canto suo, François Mitterrand intendeva di gente dei segnali positivi
in questo senso. Ufficiosamente da Francia voleva monetizzare il proprio silenzio
sulle rivolte di ottobre in cambio di una politico favorevole ai suoi interessi da
parte algerina.
Il Presidente francese ottenne anche l'assicurazione da parte di Chadlie che un
nuovo progetto di Costituzione più liberale verrà portato avanti, con l'aumento dei
diritti politici per i cittadini. Facendo una vera e propria scommessa sull’equipe al
potere, si può dire che fino a quel momento, François Mitterrand non aveva avuto
dubbi sulla popolarità del Presidente Chadlie.
Nel momento in cui Mitterrand lasciava l'Algeria le relazioni tra le due paesi
sembravano entrare in un periodo di relativa serenità e, cinque mesi dopo le
"rivolte", la repressione d'ottobre sembrava pressoché dimenticata.
Il periodo che ne seguì non conobbe grandi stravolgimenti. Gli osservatori videro
effettivamente le promesse di Chadli concretizzarsi, con la messa in opera della
nuova Costituzione, un vero e proprio monumento di liberalismo e di spirito
democratico, Costituzione alla quale si succedettero, probabilmente con troppa
fretta secondo gli ambienti francesi, le prime consultazioni elettorali libere e
pluripartitica e nella storia dell'Algeria. Le elezioni municipali che si sarebbero
tenute nel giugno 1990 avrebbero segnato il passo decisivo al multipartitismo
preparato il terreno alle elezioni legislative future. Ma un nuovo del problema si
presentava all'orizzonte; il partito del FIS, ufficialmente costituito il 21 marzo
256
B. Benoit, op. cit. , pp. 44
85
1989, e dichiaratamente islamico, avrebbe messo in apprensione sia il governo
algerino sia quello francese257.
3.7 Le elezioni municipali del giugno 1990
Il FIS, anche se sotto altre denominazioni, era già attivo dagli anni 70. Questo
movimento si poneva come il continuatore nel movimento nazionale algerino
riprendendo la lotta là dove il FLN era venuto meno ai principi che avrebbe
dovuto impersonare. Contro il suo riconoscimento come partito legale e stava
l'argomento del richiamo esplicito all'Islam nell'intitolazione, che poteva farlo
apparire come forza religiosa anziché politica, come disposto dalla legge, ma il
governo algerino preferì evitare una confrontazione sull'aspetto giuridico o
addirittura nominalistico e nel settembre 1989 fu concessa l'autorizzazione alla
costituzione di questo partito. In meno di un anno dalla legalizzazione il FIS
diventò uno dei partiti di maggioranza candidandosi al governo del paese. Il
successo degli islamisti si spiegava anzitutto con i guasti di una politica fatta di
esclusioni e di una modernizzazione autoritaria che veniva vissuta dagli esclusi
come un attentato alla loro identità. Per molti fu una sorpresa che l'alternativa al
FLN si materializzasse in un movimento islamico o islamista. Probabilmente il
posto della religione nella vicenda dell'Algeria in tutta la sua evoluzione dal
colonialismo all'indipendenza e al socialismo era stato frainteso. Era in fondo un
preconcetto di origine europea a supporre che l'emancipazione dell'Algeria
avrebbe comportato non scomparire delle sue tradizioni, Islam compreso,
concepite come retrograde è storicamente superate258.
Il primo turno di elezioni, il 12 giugno 1990, fu quello dei consigli provinciali e
municipali. Non tutti i partiti ufficialmente ammessi parteciparono alle elezioni:
due di più attesi, il Fronte delle forze socialiste e il Movimento per la democrazia
in Algeria, accusarono il governo di non aver dato loro il tempo necessario per
organizzarsi e le boicottarono. Questo rappresenta un vantaggio supplementare
per il FIS, che ottenne una vittoria netta con il 57% dei voti, conquistando 853
comuni su 1541 e le due province su 48.
Come appariva chiaramente dal voto, l'influenza del dì si era progressivamente
estesa investendo sia i luoghi di lavoro che le organizzazioni di massa, inoltre la
rivoluzione iraniana aveva dato la disse una sponda a livello internazionale.
Al momento in cui venne a conoscenza della larga vittoria islamista alle elezioni
municipali il presidente François Mitterrand era in visita nelle isole Maurizius.
Inizialmente e gli mostrò qualche titubanza ad esprimersi sull'accaduto, ma spinto
dai suoi collaboratori, il Presidente finii per dichiararsi semplicemente
preoccupato. In Francia, il dibattito iniziò immediatamente, e la maggior parte
dell'opinione si interrogava sugli eventuali contraccolpi che questo avvenimento
avrebbe potuto avere sull'immigrazione. La maggioranza di governo a titolo di
soluzioni da portare a questo problema insistette sul mantenimento ed il mio
portamento dell'aiuto economico, supponendo che questo avrebbe potuto
allontanare la popolazione algerina dal miraggio islamista. Di nuovo, come nel
1988, i pareri del governo andavano in direzione della non ingerenza, tra chi
dichiarava che sarebbe stato giusto rispettare il voto degli algerini, e della
prudenza. Anche il punto di vista dell'opposizione al governo non variava tanto da
quello della maggioranza, come dichiarava Jacques Chirac «bisogna raddoppiare
l'aiuto nei confronti dell'Algeria». Tuttavia, al di là delle dichiarazioni d'intenti,
257
258
B. Benoit, op. cit. , pp. 33-34
A. Ait-Chaalal, op.cit., p. 99
86
nessuna posizione ufficiale fu presa e il governo scelse di mantenare nuovamente
il sostegno passivo al regime, aspettando di valutare le evolversi delle situazioni
politiche interne del paese259.
Lo scoppio della guerra del Golfo sembrò però accrescere la diffidenza tra i due
paesi ed aumentare la distanza che li separava. Primo paese arabo a condannare
l'invasione del Kuwait da parte dell'Irak, l'Algeria, non arrivò però fino ad
appoggiare l'intervento alleato ed in seguito dovette uniformarsi al pensiero
dell'opinione pubblica, su posizioni anti-occidentali.
All'inizio dell'estate 1991, è con una certa inquietudine che la Francia guardava
l'Algeria impegnata nella strada delle elezioni legislative il cui esito appariva
scontato e poco favorevole a interessi occidentali.
3.8 Le elezioni legislative del giugno 1991.
Le prime elezioni legislative libere nella storia dell'Algeria erano previste per il
giugno 1991. Delle voci che si diffusero in quel periodo, e che vennero riportate
sei mesi più tardi dal quotidiano saudita Ashark-al-Awasat, volevano che i militari
algerini avessero interrogato la Francia tramite l'intermediario dell'ambasciatore al
fine di prevedere un intervento francese in caso di eventuale vittoria elettorale del
FIS. Queste voci, in seguito smentite, apparivano inoltre poco plausibili anche
perché il FLN, malgrado il disastroso risultato delle elezioni municipali, appariva
ancora convinto di poter riportare una vittoria alle legislative.
Le critiche da parte francese sul come queste elezioni furono preparate non
andarono ad arrivare, anche perché non tutte le tessere elettorali furono distribuite,
le liste non vennero aggiornate, e nulla era stato previsto per evitare delle
eventuali frodi all'interno dei collegi municipali amministrati dal FIS. Inoltre le
schede elettorali erano estremamente complicate e la pubblicità fatta per
informare sui meccanismi di voto appariva scarna e di difficile comprensione260.
Alla fine della primavera, col avvicinarsi della data delle elezioni, il FIS, forte
della sua recente vittoria, utilizzò la carta della provocazione organizzando
numerose manifestazioni e scioperi generali, ostili al regime. I rappresentanti di
questo partito non volevano infatti attendere l’esito delle elezioni e domandavano
a gran voce le dimissioni di Chadli, seguite da elezioni presidenziali anticipate. Il
5 giugno, mentre gli scontri tra islamisti e forze dell'ordine causarono
ufficialmente 17 morti ad Algeri, Chadli Benjedid, giustificandolo con il pericolo
che i manifestanti avrebbero potuto causare sull’esito delle consultazioni, decise
di dichiarare lo stato d'assedio, riinsediando il governo di Mouloud Hamrouche ed
rinviando le elezioni di giugno alla fine dell'anno. Il regime approfittò di questi
questo periodo per tentare di decapitare il FIS imprigionando i suoi esponenti
maggiori Abassi Madani e Ali Benmhadj, rispettivamente presidente e
vicepresidente del partito, con l'accusa di complotto contro la sicurezza dello
Stato. La preparazione di alcune frange del partito alla lotta armata era evidente, e
così l'esistenza di armi e reti clandestine, ma altrettanto evidente era l'impegno a
legna in grado delle correnti avevano in mano la leadership del movimento.
Nonostante le misure depressive il FIS era lontano dall'essere sgominato e sotto
l'impulso dei suoi nuovi capi, favorevoli alla "via legale" che si imposero al
congresso di Batna, fine luglio 1991, si presentò alle elezioni261.
259
B. Benoit, op. cit. , p. 45
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 235
261
B. Benoit, op. cit. , p. 46
260
87
Il rinvio delle elezioni non lasciò stupito il governo di Parigi, ormai abituato a
questi repentini cambi di fronte da parte algerina, e gli avvenimenti e causarono la
dichiarazione dello stato d'assedio da parte di Chadli non incontrarono delle vive
reazioni. E le dichiarazioni dei personaggi politici francesi continuarono a
mantenere un velo di imbarazzo misto a connivenza nei confronti del regime di
Algeri. Il 6 giugno, cioè all'indomani della dichiarazione di stato d'assedio,
Roland Dumas fu la prima personalità ufficiale a commentare gli avvenimenti
limitandosi a sottolineare semplicemente come questi potessero rappresentare :«
Un ritorno alla calma». Mentre il porta la parola di Quai d’Orsay, Daniel Bernard,
dichiarava di dispiacersi per le vittime sottolineando che Chadli aveva parlato solo
di un "rinvio" delle elezioni, e non di una loro sospensione.
L'unica voce discordante era quella di Gérard Longuet che dichiarava l'obbligo
per la Francia di "esigere lo svolgimento delle elezioni" mentre la maggior parte
dell’opposizione condannava ogni tentativo di ingerenza negli affari algerini e
consigliava, alla maggioranza di astenersi da dichiarazioni inopportune.
Nei mesi successivi all'estate 1991 la Francia continuò a venire in aiuto al regime
algerino, non più passivamente, ma volontariamente, lanciando l'idea di un nuovo
accordo finanziario. Infatti furono aperte tre nuove linee di credito tramite le quali
la Francia avrebbe finanziato un tentativo di ripresa economica, la prima da un
miliardo di franchi, la seconda da trecento milioni di franchi e una terza da cento
milioni di franchi; alle quali erano connessi in un certo numero di accordi che
andavano in questo senso262.
Il governo francese svelò in un certo senso le proprie intenzioni con una
dichiarazione del ministro degli esteri Bérégovoy, il quale dichiarava l'apertura di
un :«nuovo piano di cooperazione economica franco- algerina che avrebbe dovuto
facilitare le cose nel periodo attuale e dare al nuovo primo ministro (Ahmad
Ghozali) i mezzi elettorali supplementari per allontanare il popolo dagli
islamisti».
262
A. Ait-Chaalal, op.cit., p 240
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