La Chiesa in Algeria

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La Chiesa in Algeria 2005-2010
2005
Mons. Teissier, arcivescovo di Algeri, è la saggia guida di una Chiesa che riesce a farsi
apprezzare per l'amicizia con la gente e per il dialogo della vita al quotidiano. Il suo
predecessore, il cardinale Duval, aveva già aperto questa via. È significativo, infatti, che il
presidente della Repubblica Bouteflika, musulmano e come tale non tenuto a conoscere le
procedure ecclesiastiche della Chiesa cattolica, abbia recentemente chiesto al Vaticano di
canonizzare il cardinale. Questo prelato, francese, aveva ottenuto la cittadinanza algerina e
aveva saputo demarcare la Chiesa dal potere coloniale anche negli anni della sanguinosa
guerra di indipendenza. Una Chiesa di stranieri che, «se si dovesse applicare la legge,
sparirebbe in poco tempo». «È una battaglia quotidiana - dice Mons. Teissier - si procede come
su un'onda, su e giù». Ma non è una Chiesa straniera. Egli appare spesso infatti alla televisione
nazionale ed è ospite fisso nel dibattito culturale algerino. Non è solo una figura di rilevo
culturale: ad esempio è abitudine per molte coppie di neo sposi chiedere una foto ricordo con il
Vescovo.
L'Algeria è soprattutto una Chiesa di martiri, rimasta sul posto dopo che il 10% dei suoi
effettivi sono stati trucidati nello spazio di pochi anni. Una Chiesa che da queste vicende
manifesta di aver condiviso, e non a parole, le sorti del popolo in cui vive. Una Chiesa che
rimane con un profilo basso, quindi estranea a parole come "grandi progetti", "visibilità",
"denunce" e ad altri termini del nostro linguaggio abituale. Una Chiesa che, con personale
europeo, sta però invecchiando, e che avrebbe bisogno di nuove risorse umane.
Per capire "l'aria" della Chiesa d'Algeria, bisogna leggere il testamento di Frère Christian, il
priore del monastero di Tibhérine scritto con il presentimento di poter diventare una vittima dei
terroristi, come si è poi verificato, poco più di un anno dopo. Parole piene di speranza, di
compassione, di perdono, di rispetto per l'esperienza religiosa dell'Islam; lui che definisce sé
stesso e l'uomo che lo ucciderà complici del male di questo mondo ed entrambi "ladroni felici"
quando si ritroveranno nelle braccia del Padre della Misericordia.
L'Algeria non è il paese dove si possa fare l'animazione classica di villaggio, ma dove la Chiesa
e la Caritas si mettono a disposizione. Sembra un po' paradossale, ma non è la Caritas che
"cerca", è la Caritas che si lascia trovare e che vuole dare risposte concrete. Anche del
tutto originali, come le attività del Centro Ciara, o appoggiando quelle di Sos Culture e di altre
associazioni o le attività di elaborazione culturale e interreligiosa (Glycine, Foyer des Jeunes)
quali esempi di ricerca della inevitabile convivenza delle culture.
La Caritas Algeria è espressione di questa Chiesa, trascurabile numericamente, in un paese
musulmano. C'è un solo prete algerino, appartenente alla minoranza berbera e pochissimi altri
cristiani autoctoni. Negli anni '90, ben 19 religiosi sui 190 presenti, sono stati uccisi dagli
estremisti islamici, che peraltro hanno massacrato almeno centomila algerini, molti di più
secondo altre fonti. Le Diocesi sono 4: Algeri, Costantina, Orano e Laghouat, che comprende
l'immenso sud sahariano. Alla Caritas Algeria lavora anche Umberta Fabris, rappresentante di
Caritas Italiana, responsabile del monitoraggio dei nostri interventi e responsabile della rivista
femminile "Hayat".
2007 -2010
Nel 2007 termina il mandato di operatrice in loco Umberta Fabris che per quasi quattro anni ha
svolto il ruolo di coordinamento e supporto tecnico nell’ambito dei progetti post terremoto. Ha
anche effettuato studi ed analisi dei bisogni sociali ed economici per fasce vulnerabili della
popolazione elaborando e realizzando progetti legati alle conseguenze del terremoto del 2003 e
alle varie situazioni di disagio e povertà che colpiscono il paese.
Nel 2008 l’Arcivescovo di Algeri Mons. Teissier, per raggiunti limiti di età, viene sostituito da
Mons. Ghalib Badr di origine giordana. La nomina di un vescovo arabo rappresenta una presa
di coscienza della chiesa universale per rendere più “autoctona” la chiesa del nord Africa.
Nel 2009 il direttore Denis Gonzales termina il suo mandato per motivi di salute e viene
sostituito, nel settembre dello stesso anno, da padre Cesare Baldi, missionario italiano del
PIME. L’attuale direttore ha avviato un programma triennale, 2010-2013, di riorganizzazione di
Caritas Algeria e di sviluppo delle Caritas diocesane in collaborazione con Caritas Italiana che lo
sostiene.
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