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La
UNIVERSITA’ DELLE TRE ETA’
“VOGLIA DI SAPERE”
ANNO ACCADEMICO 2010/11
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“IL MONDO DI SOFIA” – J. GAARDER (1986)
“GIUNSE COSÌ ALLA CONCLUSIONE CHE IN REALTÀ LA FILOSOFIA NON È QUALCOSA CHE SI PUÒ IMPARARE:
SI POTEVA INVECE IMPARARE A PENSARE FILOSOFICAMENTE”
(P. 50)
1) IN PRINCIPIO ERA IL MITO
FILOSOFIA: termine che compare in Grecia nel VI Sec. a.C. per indicare un nuovo modo di pensare, una
disciplina molto vasta etimologicamente e traducibile con “amore per il sapere” o “amore di sapere”.
Dal greco filèin, "amare", e sofìa, "sapienza", ossia amore per la sapienza
Il primo a definirsi filosofo fu PITAGORA.
Con il termine FILOSOFIA si vuole indicare un’indagine razionale sui principi generali/fondativi della realtà e
del pensiero, dell’essere e dell’agire umano e di un possibile essere e agire ultraterreno.
Il metodo filosofico è dunque caratterizzato dall’impiego dell’intelletto e della ragione critica (LOGOS).
Il FILOSOFO è colui che, spinto da ragioni pratiche (o di curiosità) si fa delle domande.
Prima della FILOSOFIA era il MITO, dal greco mythos: letteralmente significa parola, discorso, racconto,
favola.
La “Mitologia” racchiude l’insieme dei racconti aventi carattere immediato e accettati passivamente come
rivelazioni sacrali.
Logos: letteralmente, anch’esso significa parola, discorso; ma anche ragione, regola
L’uomo ha da sempre avuto bisogno di spiegazioni.
Attenzione: il mito non era un racconto di invenzione arbitraria. Ma andava accettato come rivelazione
della Verità, non poteva essere sottoposto a discussione critica né ad indagine logico-razionale.
Mito e Mistero hanno infatti la stessa radice: dal verbo greco myein > chiudere bocca e occhi.
Tra Mito e Logos c’è dunque un’unica differenza: il METODO.
METODO FILOSOFICO: cercare di scoprire le leggi naturali eterne studiando direttamente la natura senza
ricorrere più al mito; ciò significa rendere il pensiero indipendente dalla religione (ad es. un fulmine non è
Zeus!).
Significa dunque fare i primi passi verso la nascita di un metodo scientifico.
Scrive J. Gaarder ne “IL MONDO DI SOFIA”: “ciò che più ci interessa, comunque, non sono le risposte alle
quali giunsero questi primi filosofi. Sono importanti, invece, le domande che essi posero e quale tipo di
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risposta cercarono di dare. Per noi è molto più interessante capire COME pensavano, e non tanto che cosa”
(p. 39)
Prima della nascita della filosofia, gli aedi e i rapsodi erano coloro che divulgavano oralmente le grandi
verità e i principi racchiusi nelle opere mitologiche.
Per secoli i miti vennero trasmessi solo oralmente, fino al 700 a.C. quando ESIODO e OMERO misero per
iscritto gran parte dei miti greci. Omero rimane colui dal quale tutti hanno imparato. Omero (dal greco “o
mèoròn”) era considerato una sorta di veggente: "colui che non vede".
La tradizione infatti lo vuole cieco; la cecità aveva nell’antichità una connotazione sacrale: spesso era
simbolo di doti profetiche e di profonda saggezza; anche molti aedi e rapsodi erano ciechi.
Esiodo scrisse:
• Le opere e i giorni
• Teogonia
Omero scrisse:
• Iliade
• Odissea
2) LA NASCITA DELLA FILOSOFIA
Nel VI Sec. a.C. in alcune colonie greche dell’Asia Minore e dell’Italia Meridionale (o Magna Grecia) si
formarono vere e proprie scuole di sapienza.
Si parla di FILOSOFIA PRESOCRATICA per qualificare unitariamente il pensiero di tutti i filosofi che vennero
prima di SOCRATE. I primi filosofi sono anche detti FILOSOFI DELLA NATURA perché si occuparono della
physis > natura.
Tra l'età di OMERO (XIII-IX secolo a.C.) e l'età di SOCRATE (seconda metà del V secolo a.C.) all' interno della
cultura greca si sviluppa un originale movimento di pensiero che pone come oggetto di studio e di indagine
la natura, in greco appunto “physis”.
ARISTOTELE chiama questi pensatori "fisici" o "fisiologi", cioè studiosi della natura o "naturalisti".
Con essi si è soliti dare inizio alla filosofia vera e propria.
La parola greca physis appartiene alla radice phyo, dal greco "genero", "cresco": il termine physis indica
pertanto la totalità delle cose che esistono, che nascono, che vivono e che muoiono.
Physis indicava dunque per i presocratici l’essenza ultima, la realtà fondante che sta alla base di tutte le
trasformazioni in natura.
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Questa essenza, o principio da cui tutto si origina e a cui tutto torna è chiamato ARCHE’ = origine di tutte le
cose (in senso genetico) / ciò di cui le cose sono fatte.
3) LA SCUOLA DI MILETO
La Scuola di Mileto fu la prima scuola di pensiero dell’Occidente
TALETE (Mileto, 640 a.C./624 a.C. – circa 547 a.C.) è comunemente considerato il primo filosofo della
storia occidentale.
Dice ARISTOTELE nella “Metafisica” che la maggior parte dei primi filosofi ritenne che i soli principi di tutte le
cose fosse di specie materiale. Il principio di tutte le cose è da loro chiamato ‘elemento’. Essi ritengono che
nulla si produca e nulla si distrugga, perché una siffatta sostanza si conserva sempre. Talete, il fondatore di
tale forma di filosofia, dice che è l'acqua – e per questo sostiene che anche la terra sta sull'acqua: forse
prese quest'ipotesi osservando che l'alimento di ogni cosa è umido, lo stesso calore deriva dall'umidità e di
essa vive e ciò da cui le cose derivano è appunto il loro principio. È dunque di qui che egli trasse la sua
ipotesi e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida.
L’Acqua come archè è l’esempio di come i primi filosofi operarono: ricercavano l’unita al di là della
molteplicità. L’Acqua possiede il REQUISITO FILOSOFICO DELL’UNIVERSALITA’.
Discepolo di Talete fu ANASSIMANDRO, che nacque a Mileto nel 610 a.C. circa e morì nel 546 a.C.
L’archè è secondo lui l'ápeiron (l'etimologia più condivisa fa risalire il termine al greco ‘a’, «non», e ‘péras’,
«limite»): letteralmente -> senza limite/ indefinito/indeterminato.
Secondo la filosofia di Anassimandro, l'apeiron è una materia indefinita, priva di caratteristiche fisiche,
quindi indeterminata, eterna, indistruttibile e in continuo movimento.
Scrive Anassimandro che «principio degli esseri è l'infinito... da dove infatti gli esseri hanno origine, lì hanno
anche la distruzione secondo necessità: poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione
dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo» (unico frammento sopravvissuto dal suo libro “Sulla natura”, 24,
13).
Anassimandro fu infatti il primo filosofo a scrivere e pubblicare un testo, in prosa.
La grande innovazione della filosofia di Anassimandro: il notevole sforzo di astrazione > il principio
universale NON può avere caratteristiche particolari (come l’acqua di Talete).
Da ciò ha origine la sua FILOSOFIA DEGLI OPPOSTI: gli OPPOSTI (o contrari, ad ex caldo/freddo–
secco/umido) si staccano dall’àpeiron instaurando fra loro rapporti conflittuali. Gli opposti si staccano
dall’àpeiron a causa del suo continuo movimento e tendono a sopraffarsi con ciclica regolarità.
Anassimandro si fa sostenitore di un invisibile EQUILIBRIO COSMICO.
L’àpeiron è il luogo in cui tutti gli elementi contrari sono confusi fra loro.
Allievo di Anassimandro fu ANASSIMENE (Mileto, circa 586 a.C.–528 a.C.).
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Anassimene individua nell‘aér (letteralmente aria; tutto ciò che ha aspetto volatile, gassoso e impalpabile)
il principio di tutte le cose (archè). Fra le tesi a sostegno di questa idea c'è sicuramente il riconoscimento
dell’importanza rivestita dall’aria per la vita degli esseri viventi.
Con Anassimene, però, sembra compiersi una sorta di passo indietro nella ricerca dell'archè. Se infatti il suo
maestro l'aveva individuata in una sostanza infinita e astratta (l'apeiron), Anassimene la individua
nuovamente in una materia fisica concreta.
A dire il vero, a tale materia Anassimene attribuisce le caratteristiche dell'àpeiron di Anassimandro:
l’infinità e il movimento incessante. La vera novità della filosofia di Anassimene sta nella spiegazione
precisa del meccanismo materiale che consente all'aria di essere principio tutte le cose. Per il filosofo di
Mileto questo avviene secondo un processo di rarefazione e condensazione.
«Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero» (unico
frammento delle sue opere rinvenuto).
L'universo viene da lui concepito dunque come un gigantesco organismo vivente che respira l'aria in cui è
immerso, e il respiro stesso è la sua vita e la sua anima.
Per quanto si tratti di una teoria apparentemente ingenua, Anassimene fu il primo a supporre che la varietà
delle cose sia dovuta a diversi gradi di aggregazione della medesima sostanza (in questo caso l’aria): per
Anassimene, ad esempio, l’acqua era aria condensata; e l’acqua, una volta condensata, avrebbe generato la
terra. Viceversa, rarefacendosi, l’aria avrebbe creato il fuoco.
Ancora una volta, J. GAARDER ne “IL MONDO DI SOFIA” sottolinea come nello studio di queste antiche
dottrine non ci si debba concentrare tanto sulle teorie e sulle tesi concrete degli antichi pensatori, bensì
piuttosto sulle INTUIZIONI e sulle aperture concettuali che in esse si profilano. QUESTE INTUIZIONI APRONO
IL CAMMINO ERMENEUTICO DEI PENSATORI FUTURI. COSI’ IL PENSIERO PROGREDISCE.
4) LA SCUOLA PITAGORICA
PITAGORA (Samo, c. 575 a.C. –Metaponto, c. 495 a.C.) è stato un matematico, legislatore e filosofo.
Non ha mai scritto nulla, perciò è molto difficile ricostruire il suo pensiero e le dimensioni spazio-temporali
dell’ampio movimento che ne derivò > il PITAGORISMO.
La Scuola pitagorica si diffuse prima in Italia Meridionale, poi in Grecia (VI°/ IV° Sec a.C. ).
La prima scuola pitagorica fu fondata da Pitagora a Crotone intorno al 530 a.C., sull'esempio delle comunità
orfiche e delle sette religiose d'Egitto e di Babilonia; terre che, secondo la tradizione, egli avrebbe
conosciuto in occasione dei suoi precedenti e numerosi viaggi di studio.
È quasi certo che l'insegnamento (in greco màthema) pitagorico avesse un aspetto mistico -religioso
consistente in un addottrinamento dogmatico, secondo il noto motto della scuola ipse dixit (in greco autos
éfa > egli dice).
Pitagora infatti aveva diviso i suoi discepoli in due gruppi:
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-
i matematici (mathematikoi – coloro che apprendono), ovvero la cerchia più stretta dei seguaci, i
quali vivevano all'interno della scuola, essi si erano spogliati di ogni bene materiale e perfino non
mangiavano carne. Erano obbligati al celibato. Erano inoltre gli unici ammessi direttamente alle
lezioni di Pitagora con cui potevano interloquire. A loro era imposto l'obbligo del segreto, in modo
che gli insegnamenti impartiti all'interno della scuola non diventassero di pubblico domini
-
gli acusmatici (akusmatikoi – coloro che ascoltano), ovvero la cerchia più esterna dei seguaci, ai
quali non era però richiesto di vivere in comune o di privarsi delle proprietà né di essere
vegetariani, avevano l’obbligo di seguire in silenzio le lezioni del maestro accettando l’ipse dixit (egli
dice) come Verità rivelate e indiscusse.
Il fine ultimo della vita in comune all’interno della scuola era la salvezza individuale ottenuta tramite la
purificazione. La purificazione la si poteva conseguire tramite la ricerca della Verità e il sapere.
ATTENZIONE: la scuola pitagorica aveva un marcato carattere aristocratico. Non nel senso di un’aristocrazia
sociale data da beni e privilegi conseguiti per nascita, bensì nel senso greco del termine aristos > il migliore,
intellettualmente parlando.
Ad entrarvi erano difatti i migliori, uniti fra loro dall’aristocratica virtù dell’amicizia.
I Pitagorici credevano infatti nella trasmigrazione dell’anima dopo la morte = METEMPSICOSI
(trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro, anche tra uomini e animali).
La dottrina della metempsicosi (certamente di Pitagora) ebbe il merito di introdurre concetti inediti nella
filosofia della natura. Pitagora aveva infatti ben presente gli insegnamenti della scuola di Mileto: anche lui
volle infatti individuare i principi della natura.
Secondo lui, l’archè è il NUMERO.
Per i Pitagorici, l’intero mondo è ARMONIA e NUMERO. Il numero possiede il requisito filosofico di
universalità: è l’elemento della realtà in cui tutte le cose si somigliano. Ogni cosa è difatti numerabile.
La teoria risulta quasi sconcertante agli occhi di un moderno: come può una realtà astratta come il numero
generare cose concrete?
ATTENZIONE: i Pitagorici (i greci in generale) non avevano ancora una concezione della distinzione tra
astratto e concreto. Avevano un’idea fisica dei numeri: li rappresentavano come punti fisici ed erano soliti
raffigurarli con dei sassolini (in latino “calculi”, da cui il nostro calcolo).
Non c’era per loro differenza tra il n° 3 e 3 mele.
Lo 0 (zero) venne infatti introdotto dagli arabi: dagli antichi greci non era concepibile perché fisicamente
non raffigurabile.
La maggiore innovazione rispetto alla Scuola di Mileto fu quindi l’AVVIO di UN NUOVO METODO di
RICERCA.
Studiando la musica, scoprirono che l’armonia musicale può essere espressa in rapporti numerici: una
proporzione aritmeticamente esatta genera suoni armoniosi; viceversa, i suoni sono sconnessi.
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L’intera realtà si fonda per i pitagorici su relazioni numeriche: perciò è ordinata e armoniosa.
Una vera spiegazione della natura deve poter oltrepassare i sensi per penetrare la struttura della realtà e
scoprine le LEGGI RAZIONALI.
Perciò i Pitagorici studiarono molto la matematica, la musica, le relazioni e le corrispondenze.
(Ad esempio: il Teorema di Pitagora o Teorema del triangolo rettangolo = il quadrato costruito
sull’ipotenusa di un triangolo rettangolo è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti).
I Pitagorici si interrogarono sulle proprietà dei numeri pari e dispari, dei numeri triangolari e dei numeri
perfetti; e lasciarono un'eredità duratura a coloro che si sarebbero occupati di matematica.
Ai pitagorici si devono le seguenti scoperte:
• che la somma degli angoli internidi un triangolo è pari a due angoli retti
• che in un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati
costruiti sui cateti, ossia l'enunciato (ma non la dimostrazione) del teorema noto come teorema di Pitagora
• la soluzione geometrica di alcune equazioni algebriche
• la scoperta dei numeri irrazionali
• la costruzione dei solidi regolari.
Secondo i pitagorici esiste una coppia di principi:
1) l' Uno, o principio limitante
2) la Diade, o principio di il limitazione
Tutti i numeri risultano da questi due principi: dal principio limitante si hanno i numeri dispari, da quello
illimitato i numeri pari. I numeri pari, se disposti come sassolini, fanno difatti pensare ad una "apertura":
lasciando passare qualcosa che li attraversa; danno pertanto l'idea immediata dell'illimitatezza,
dell’imperfezione, poiché solo ciò che è limitato è compiuto, non manca di nulla, e quindi è perfetto.
I numeri dispari sono altresì chiusi, limitati, e dunque perfetti.
Poiché i numeri si dividono in pari e impari, e poiché i numeri rappresentano il mondo, l'opposizione tra i
numeri si riflette in tutte le cose. La divisione tra i numeri porta quindi i pitagorici ad una visione dualistica
del mondo, e la suddivisione della realtà in una serie di categorie antitetiche.
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Ma, in concreto, cosa voleva dire la tesi pitagorica?
MONDO = ARMONIA DI OPPOSTI
ORIGINE DEL MONDO = il mondo ha origine dalla PRIMA OPPOSIZIONE ORIGINARIA LIMITE / ILLIMITATO
(péras/ àpeiron) > ciò significa che il primo contrario di ogni coppia DEVE trionfare sul secondo, così in
tutte le coppie di opposti.
Pitagora formulò inoltre l'importante teoria della Tetraktys: etimologicamente il termine significherebbe
"numero triangolare".
Essa era rappresentata come un triangolo alla cui base erano quattro punti che decrescevano fino alla
punta; la somma di tutti i punti era dieci, il numero perfetto composto dalla somma dei primi 4 numeri
(1+2+3+4=10) che, combinati tra loro, definivano le quattro specie di enti geometrici:il punto, la linea, la
superficie, il solido. La tetraktys aveva quindi un carattere sacro e i pitagorici perfino giuravano su di essa.
Era inoltre il modello teorico della loro visione dell'universo, cioè un mondo non dominato dal caos delle
forze oscure, ma da armonia e rapporti numerici. La matematica pitagorica è stata definita
“aritmogeometria”.
Fino ad allora, i filosofi naturalisti avevano identificato la sostanza attribuendole delle qualità materiali:
queste però, dipendendo dalla sensibilità, erano mutevoli e mettevano in discussione la principale
caratteristica della sostanza: la sua immutabilità.
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5) ERACLITO E IL MOBILISMO
ERACLITO nacque ad Efeso (535 a.C.–475 a.C.). Del suo libro “Sulla natura” sono sopravvissuti molti
frammenti. Alcuni esempi tra i più noti:
«Uno è per me diecimila, se è il migliore»
«Sapere tante cose non insegna ad avere intelligenza»
«Tutto scorre, non ci si può immergere due volte nello stesso fiume»
«Polemos è padre di tutte le cose, di tutte re»
Fu soprannominato “l’oscuro” proprio perché scriveva in modo ermetico e allusivo, denso e volutamente di
difficile interpretazione.
Ciò anche e soprattutto per i suoi sentimenti antidemocratici (pare fosse di stirpe regale): ritenendo che “la
natura ama nascondersi”, non era certo da tutti poterne penetrare la struttura più intima.
Eraclito fu molto polemico; 3 le sue più importanti polemiche:
1) contro i presunti sapienti -> “pensare è ciò che in tutti è comune”, perciò bisogna saper usare bene
l’intelletto. Polymathia (letteralmente: sapere molte cose) è cosa ben diversa dalla Phronesys
(letteralmente: saggezza)
2) contro i dormienti -> “cattivi testimoni sono agli uomini gli occhi e gli orecchi, se hanno anime da
barbari”. Il principale errore de gli uomini è affidarsi solo ai sensi.
3) contro la filosofia di Mileto -> i Milesii credevano di poter cogliere l’archè interrogando
direttamente la natura. Operavano per generalizzazioni empiriche. Invece, la Natura va indagata al
di là della sua evidenza più esteriore.
Eraclito è il primo a contrapporre esplicitamente RIFLESSIONE RAZIONALE / ESPERIENZA DEI SENSI.
Nella sua filosofia viene data totale e assoluta CENTRALITA’ al LOGOS (parola, discorso, legame, relazione).
Il suo pensiero è anche noto come MOBILISMO o FILOSOFIA DEL FLUSSO. La realtà è immersa in un
processo di continue trasformazioni che fanno passare le cose l’una nell’altra (panta rei – tutto scorre:
detto che, in verità, sarebbe più appropriato attribuire ai suoi discepoli).
I due simboli della sua concezione filosofica sono: il FUOCO e il FIUME.
POLEMOS (conflitto) è piuttosto il vero nucleo del pensiero di Eraclito, che ha insistito molto sul CONFLITTO
come GIUSTIZIA cosmica.
“Il conflitto è padre di tutte le cose e di tutte le cose è re”.
Il “gioco di contrari” garantisce la continuità del mondo: infatti, i contrari non si combattono per annullarsi
l’un l’altro, ma hanno piuttosto bisogno l’uno dell’altro per esistere.
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UNITA’ DEI CONTRARI = il CONFLITTO DEVE RIMANERE
“Bisogna spegnere la prevaricazione più che un incendio” asserisce Eraclito.
Aristotele affermò che l'archè, secondo Eraclito, era il fuoco. In alcuni frammenti, effettivamente, sembra
che Eraclito sostenga questa tesi: il fuoco, condensandosi, diventa acqua e poi terra; dopodiché, esso può
rarefarsi per tornare ad essere acqua e, in seguito, fuoco. Quindi tutto ha origine e fine nel fuoco. Questo
permetterebbe di collegare Eraclito con le ricerche naturalistiche dei filosofi di Mileto. In realtà, è probabile
che il riferimento al fuoco vada inteso in senso più metaforico: in questo elemento fisico sembra infatti
mostrarsi la teoria ontologica di Eraclito. Il fuoco è sempre vivo, in continuo movimento; è in ogni momento
diverso dal momento precedente, ma allo stesso tempo sempre uguale a se stesso.
L’archè per Eraclito è piuttosto la RELAZIONE.
L’ AUDACIA SPECULATIVA della filosofia di Eraclito è SENZA PRECEDENTI! Per lui, l’equilibrio cosmico è dato
da un sottile bilanciamento tra le forze, percepibile solo tramite l’attività del NOUS (intelletto) e il NOEIN
(pensare).
Allo sguardo esteriore si deve sostituire lo sguardo interiore, della mente, per rendersi conto che la
RELAZIONE è il principio universale di tutte le cose: i contrari si danno infatti in compresenza (2 forze
opposte che coesistono nel medesimo oggetto ex arco); oppure in successione (2 forze contrarie che
divengono l’una nell’altra ex giovane che diviene vecchio).
Solo l’intelletto può scorgere questa intima logica razionale soggiacente il continuo divenire.
Eraclito è innovativo anche perché fu il primo a dire di aver indagato se stesso: si tratta della prima
riflessione introspettiva perché analizza la coscienza individuale.
Gli uomini non devono lasciarsi guidare dai propri desideri, dalle proprie voglie, ma dalla ragione (logos).
Eraclito affascina ancora oggi per la sua concezione appassionata della filosofia della natura, chiamata a
liberare “i dormienti” (gli uomini comuni) dai pregiudizi, dalle visioni superficiali, dalle opinioni fuorvianti e
dai falsi desideri: esempio di FILOSOFIA IMPEGNATA.
6) LA SCUOLA DI ELEA
Tappa significativa del pensiero greco per la nuova prospettiva teorica aperta, che sarà determinante per
tutta la filosofia moderna.
PARMENIDE (Elea – Campania/Magna Grecia, 515 a.C. – 450 a.C) fu l’iniziatore, il fondatore della scuola.
Il suo interesse si sposta dalla NATURA all’ESSERE (in greco tò on, “ente”); dalla FISICA all’ONTOLOGIA.
L'ontologia diventerà una delle branche fondamentali della filosofia: è lo studio dell'essere in quanto tale,
nonché delle sue categorie fondamentali.
Sembrerebbe un’ovvietà, ma Parmenide è stato il primo a teorizzare, ricavandolo da tutte le cose che sono,
il concetto generale e universale di ESSERE: non un ente determinato – con caratteristiche particolari come
ad es. un libro, un tavolo) - bensì l’ESSERE senza determinazioni.
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Il termine ontologia deriva dal greco òntos (genitivo singolare del participio presente èinai, il verbo essere)
e lògos: letteralmente "discorso sull'essere".
La filosofia di Parmenide viene contrapposta a quella di Eraclito, di cui era contemporaneo, in questi
termini: IMMOBILISMO/ MOBILISMO.
In verità, non è comprovato lo spirito polemico di Parmenide; sarebbe inoltre riduttivo pensarla in questi
termini.
La filosofia dell’immobilità dell’essere di Parmenide si ricava dal suo libro «Sulla natura»: dagli ampi
frammenti della sua opera è possibile ricostruirne il pensiero. Il Proemio ricorda i miti e il loro carattere di
rivelazione. Parmenide si immagina infatti di venire condotto su un carro trainato da cavalle fino alla
dimora di una Dea, che gli rivela:
«... Orbene io ti dirò,
e tu ascolta accuratamente il discorso,
quali sono le vie di ricerca che sole sono
da pensare:
l'una che "è" e che non è possibile che
non sia, e questo è il sentiero della
Persuasione (infatti segue la Verità).
L'altra che "non è" e che è necessario che
non sia, e io ti dico che questo è un
sentiero del tutto inaccessibile:
infatti non potresti avere cognizione di ciò
che non è (poiché non è possibile), né
potresti esprimerlo.
Infatti lo stesso è pensare ed essere … »
La Dea gli rivela anche “l’immobile cuore della verità perfettamente rotonda” e “le opinioni dei mortali, cui
non si può concedere vera fiducia”.
Dea = personificazione della Verità stessa, ma RAZIONALE.
A differenza del Mito, le dottrine esposte sono indagabili razionalmente.
Due sono quindi le vie della RICERCA RAZIONALE:
1) ESSERE
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2) NON ESSERE
Più precisamente:
1) ESSERE: “è, e non è possibile che non sia” = via dell’AFFERMAZIONE
2) NON ESSERE: “non è, ed è necessario che non sia” = via della NEGAZIONE
Ma chi è o non è? Chi è il soggetto dell’affermazione o della negazione?
Tò Ón = l’ENTE o ESSERE (da cui ONTOLOGIA, vd. sopra)
Dice Parmenide che “occorre dire e pensare che l’ENTE è; esiste infatti l’ESSERE (o ENTE); ma il NULLA non
esiste”.
L’Ente (o Essere) è dunque tutto ciò di cui possiamo AFFERMARE che ESISTE.
Tutta la filosofia di Parmenide si fonda su considerazioni spiccatamente logiche: Parmenide è stato il primo
ad avviare la ricerca filosofica sul ragionamento puro e le sue leggi. Sono i primi passi della disciplina che si
chiamerà LOGICA e che avrà in ARISTOTELE il suo primo teorico.
L'Essere secondo Parmenide è privo di imperfezioni e identico in ogni sua parte, come una sfera.
Le 2 vie della RICERCA RAZIONALE sono dunque:
1) ESSERE “è impossibile che non sia”
2) NON ESSERE “è impossibile che sia”
Sono 2 OPPOSTI ASSOLUTI che si escludono reciprocamente.
La prima via è percorribile.
La seconda via non è percorribile.
Da tutto ciò ne deriva la teoria secondo la quale: “è la stessa cosa PENSARE ed ESSERE”.
Sembra ovvio, ma Parmenide è stato il primo a teorizzare l’identità di Essere e Pensare: “è la stessa cosa
pensare ed essere”.L’Essere si dà solo se lo si pensa. Il pensiero si dà solo se c’è un Essere da pensare.
La 1^ via è percorribile proprio perché l’ESSERE è ed è pensabile/dicibile. La 2^ via non è percorribile
perché il NON ESSERE non può essere né pensato né detto. Possiamo difatti dire che “il libro non è sul
tavolo” solo perché, di fatto, il libro è, esiste.
Ci sarebbe anche una 3^ via: “quella dove vanno errando i mortali che nulla sanno. Essi dunque sono
strascinati, sordi e ciechi insieme, attoniti, stirpi senza giudizio, per i quali l’essere e il non essere sono
considerati la stessa cosa e non la stessa”.
La 3^ via impedisce agli uomini di cogliere la necessità della DISGIUNZIONE ASSOLUTA tra ESSERE e NON
ESSERE. Gli Uomini infatti possono dire: “quell’uomo non è più giovane” oppure “il libro non è sul tavolo”.
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Per Parmenide, il mondo sensibile è indicibile e impensabile in modo rigoroso proprio perché racchiude il
NON ESSERE.
Ne deriva un ulteriore sdoppiamento:
1) MONDO DEI FENOMENI: quello che esperiamo non ha nulla a che fare con il Vero Essere
2) MONDO DELL’ESSERE
Le caratteristiche del mondo dell’essere sono le seguenti:
- Ingenerato
- Incorruttibile
- Omogeneo
- Immobile
- Fuori dal tempo
- Indivisibile e continuo
- Senza fine ma non infinito
Del mondo sensibile, Parmenide tenta comunque di darne una spiegazione perché “è necessario che le
apparenze siano vagliate”. Ne deriva così la TEORIA DELL’OPINIONE (dal greco dóxa).
Ancora una volta, l’attenzione va alla differenza di METODO: i Milesii hanno introdotto il PROBLEMA DEL
DIVENIRE (che sarà detto EMPIRISMO). Parmenide e la scuola di Elea introducono IL PROBLEMA
DELL’ESSERE e sviluppano il RAZIONALISMO.
Scrive J. Gaarder ne “IL MONDO DISOFIA”: “Parmenide era consapevole che proprio la natura ci mostra una
serie di continui mutamenti ed egli, per mezzo dei sensi, registrava il modo in cui le cose si trasformano.
Tuttavia non riusciva a far coincidere quanto percepiva con i sensi con quello che gli diceva la ragione.
Allora, quando si trovò costretto a decidere se fidarsi dei propri sensi o della ragione, scelse quest’ultima”.
(pp. 42/43)
Parmenide, come filosofo, comprese che il suo compito era quello di SMASCHERARE TUTTE LE FORME DI
INGANNO DEI SENSI.
ZENONE
(Elea,489 a.C.–430 a.C.) fu suo discepolo prediletto, probabilmente suo successore nella
direzione della Scuola di Elea.
Uomo di bell’aspetto e buon carattere: incarnò l’ideale della KALOKAGATHíA. Le sue ricerche ebbero
prevalentemente lo scopo di inverare e difendere le teorie del maestro. Il METODO con cui lo fece è ancora
una volta l’aspetto più interessante della sua filosofia e il motivo per cui Zenone di Elea passò alla storia.
Aristotele lo definì il PADRE DELLA DIALETTICA.
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ACCUSA alle tesi del maestro: le tesi di Parmenide risultano contrarie all’evidenza dell’esperienza. Zenone
risponde alle accuse a Parmenide con dei PARADOSSI (formulati soprattutto in relazione alla tesi della
impossibilità del MOVIMENTO e della MOLTEPLICITA’). Oggi sono noti con il nome di paradossi di Zenone.
Tre di essi, in particolare, sono noti come:
-
il Paradosso dello stadio: afferma che non si può giungere all'estremità di uno stadio senza prima
aver raggiunto la metà di esso, ma prima di raggiungerla si dovrà raggiungere la metà della metà e
così via senza quindi mai riuscire a raggiungere l'estremità dello stadio.
-
Il Paradosso di Achille e la tartaruga - uno dei paradossi di Zenone più famosi - afferma invece che
se Achille (detto "pie' veloce") venisse sfidato da una tartaruga nella corsa e concedesse alla
tartaruga un piede di vantaggio, egli non riuscirebbe mai a raggiungerla, dato che Achille dovrebbe
prima raggiungere la posizione occupata precedentemente dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà
avanzata raggiungendo una nuova posizione che la farà essere ancora in vantaggio; quando poi
Achille raggiungerà quella posizione nuovamente la tartaruga sarà avanzata precedendolo ancora.
Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla
tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga pur riducendosi verso l'infinitamente
piccolo non arriverà mai ad essere pari a zero.
(In pratica, posto che la velocità di Achille (Va) sia N volte quella della tartaruga (Vt) le cose
avvengono così:




dopo un certo tempo t1 Achille arriva dove era la tartaruga alla partenza (L1).
nel frattempo la tartaruga ha compiuto un pezzo di strada e si trova nel punto L2.
occorre un ulteriore tempo t2 per giungere in L2.
ma nel frattempo la tartaruga è giunta nel punto L3 ... e così via.
Quindi per raggiungere la tartaruga Achille impiega un tempo
e quindi non la raggiungerà mai).
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-
Il Paradosso della freccia: il terzo argomento è quello della freccia, che appare in movimento ma, in
realtà, è immobile. In ogni istante difatti essa occuperà solo uno spazio che è pari a quello della sua
lunghezza; e poiché il tempo in cui la freccia si muove è fatto di singoli istanti, essa sarà immobile in
ognuno di essi. Il concetto di questo terzo paradosso è in fondo opposto a quello del secondo:
l'esistenza di punti e istanti indivisibili. Ma anche in questo caso il movimento risulta impossibile, in
quanto dalla somma di istanti immobili non può risultare un movimento.
Ci sono poi i paradossi contro l’esistenza del MOLTEPLICE (o pluralismo / pluralità delle cose).
Il PRIMO sostiene che se le cose sono molte, esse sono allo stesso tempo un numero finito e un numero
infinito. Sono finite in quanto esse sono né più né meno di quante sono, e infinite poiché tra la prima e la
seconda ce n'è una terza e così via (cfr paradosso dello stadio).
Il SECONDO paradosso invece sostiene che se queste unità non hanno grandezza, le cose da esse composte
non avranno grandezza, mentre se le unità hanno una certa grandezza, le cose composte da infinite unità
avranno una grandezza infinita.
In tutti questi paradossi, il fine è comunque quello di dimostrare che accettare la presenza del movimento
o del molteplice implica contraddizioni logiche: è meglio quindi, da un punto di vista puramente razionale,
affermare che la realtà è immobile.
Questi paradossi implicano anche il concetto di infinita divisibilità dello spazio ed è questa la ragione per cui
hanno ricevuto una notevole attenzione da parte dei matematici.
ATTENZIONE AL METODO!
Zenone introduce concetti matematici di:
-
INSIEME CONTINUO (divisibile all’infinito – riguarda lo spazio logico/matematico)
-
INSIEME DISCRETO (composto da elementi ultimi e indivisibili – riguarda il mondo reale)
I paradossi di Zenone sono un ESEMPIO di COME PROGREDISCE IL PENSIERO. Il grande e difficile compito
della filosofia a venire sarà quello di dover conciliare LOGICA ed ESPERIENZA - RAGIONE e REALTA’ RAZIONALISMO ed EMPIRISMO.
MELISSO nasce e vive a Samo negli anni compresi nel V secolo a.C. dove si impegna nella vita politica e
militare, in particolare guidando alla vittoria la flotta dei Sami nella battaglia del 442 a.C. contro gli ateniesi.
Si impegnò molto nella riorganizzazione del pensiero di Parmenide, per conferirgli coerenza e uniformità.
La sua più importante teoria fu la TEORIA del EX NIHILO NIHIL = DA NULLA (nasce) NULLA.
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“Sempre era ciò che era e sempre sarà. Infatti se fosse nato è necessario che prima di nascere fosse nulla.
Ora, se non era nulla, in nessun modo nulla potrebbe nascere dal nulla”.
Importante è anche la TEORIA DELL’ESSERE INFINITO: se l’essere fosse finito (e quindi avere una fine)
dovrebbe avere anche un inizio, contraddicendo così l’ex nihilo nihil.
E se l’essere è infinito, allora è anche UNO, “perché se fosse due, i due non potrebbero essere infiniti, ma
uno avrebbe limite nell’altro”.
Melisso ha dunque 2 obiettivi:
1) Difendere eleatismo
2)Riorganizzare in modo più coerente la dottrina dell’Essere di Parmenide, alle cui concezioni egli apportò
alcune piccole, ma significative correzioni, destinate ad avere un notevole peso nella storia della riflessione
sull'essere.
Essere, infine, secondo Melisso è:
1) unico - poiché se ce ne fossero stati due si sarebbero limitati a vicenda, ammettendo così il nulla
2) pieno e continuo - nel senso che non conteneva il vuoto, la cui esistenza avrebbe implicato il non
essere, giacché vuoto significava assenza di essere, quindi nulla
3) omogeneo - poiché non c’era un di più o un di meno di essere
4) immobile - giacché non poteva subire alcuna diminuzione o alcun accrescimento, non conosceva
divenire, alterazione o spostamento
5) eterno e ingenerato
Tutte caratteristiche che, a pensarci bene, verranno poi attribuite a Dio.
7)I PLURALISTI
Altra importantissima corrente filosofica che si sviluppò in:
-
POLEMICA CON I MILESII: i Pluralisti ritengono che UN solo ARCHE’ non può bastare a spiegare tutta
la realtà! Si deve dunque ricorrere a PIU’ARCHAI – ossia a PIU’PRINCIPI ESSENZIALI.
-
POLEMICA CON ELEATI: i Pluralisti vogliono SALVARE I FENOMENI -> ESSERE E’ PER LORO
ORIGINARIAMENTE E COSTITUTIVAMENTE MOLTEPLICE!
EMPEDOCLE (Agrigento, 492 a.C. circa – 430 a.C. circa) fu il primo PLURALISTA.
Vero esempio di uomo sapiente; anche la sua vita assunse un carattere di leggenda perché era un
taumaturgo e poeta, medico e profeta.
Secondo lui, la realtà è composta da più principi, che lui chiama "radici" (in greco rizòmata).
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In tutto sono quattro, e ad ognuna di esse è associato un dio della mitologia greca (sulla base di concezioni
orfiche e misteriche proprie dei riti iniziatici allora in uso presso la Sicilia orientale).
I 4 elementi (e i rispettivi dèi associati) sono:
fuoco (Zeus)
aria (Era)
terra (Edoneo)
acqua (Nesti)
Le 4 radici sono ETERNE e INCORRUTTIBILI proprio come l’ESSERE di Parmenide. Sono anche INGENERATE
secondo il principio dell’EX NIHILO NIHIL di Melisso.
La loro principale caratteristica: si mescolano e si separano. Da ciò hanno origine le qualità del mondo
sensibile.
Ma come fanno? Perché si mescolano fra loro?
L'aggregazione e la disgregazione delle radici sono determinate dalle due forze cosmiche e divine
Amore o AMICIZIA e Discordia o INIMICIZIA.
AMICIZIA e INIMICIZIA combattono una guerra incessante nella quale soccombono alternativamente
(concezione molto diversa da quella di Eraclito, per il quale ogni forma di prevaricazione va eliminata).
NASCITA e MORTE non sono un entrare e uscire dal nulla, bensì l’effetto incessante del processo di
AGGREGAZIONE e DISGREGAZIONE delle 4 RADICI per azione di AMICIZIA e INIMICIZIA.
-
Quando prevale AMICIZIA = Empedocle lo dice SFERO -> momento di massima unione e armonia
-
Quando prevale INIMICIZIA = Empedocle lo dice VORTICE -> momento di massima disarmonia e
disordine
Non ci sono mai grossi sconvolgimenti, è tutto graduale e continuo nell’eterna ciclicità.
SFERO rimane comunque il suo ideale di ESSERE: “sfero ricurvo, raggiante nella sua rotonda unicità” lo
definisce infatti (rotondo e privo di differenze specifiche proprio come l’Essere Parmenideo, del quale è
evidente l’influenza).
La grande NOVITA’: è la prima CONCEZIONE PLURALISTICA E DINAMICA nella storia del pensiero filosofico!
Empedocle elabora anche una prima embrionale TEORIA DELLA CONOSCENZA = in filosofia si dice
GNOSEOLOGIA - dal greco "gnòsis" ("conoscenza") e "lògos" ("discorso");
diverrà quella branca della filosofia che si occupa dello studio della conoscenza. In particolare, così come si
è consolidata nell'età moderna grazie alla speculazione filosofica di Kant, la gnoseologia si occupa
dell'analisi dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza umana, intesa essenzialmente come
relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto.
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Secondo Empedocle: il SIMILE CONOSCE IL SIMILE.
Quando le 4 radici dentro di noi entrano in contatto (si tratta di un vero e proprio contatto fisico) con i loro
corrispettivi fuori, si generano le sensazioni.
Gli oggetti rilasciano degli “effluvi” che toccano i nostri organi di senso e penetrano nei pori.
Per Empedocle il pensiero è infatti “sangue che circola intorno al cuore,
questo è per gli uomini infatti il pensiero” (TEORIA EMOCENTRICA)
Empedocle non concepisce l’esistenza di un nous, ossia di un intelletto spirituale: “con la terra vediamo
infatti la terra, l’acqua con l’acqua, con l’aria l’aria celeste e con il fuoco il fuoco funesto, con l’amore
l’amore e con l’odio l’odio luttuoso”.
Dopo PARMENDIDE ed ERACLITO la filosofia si trovava in una sorta di vicolo cieco:
RAGIONE O SENSI ? IMMOBILITA’ O MUTAMENTO ?
E’ stato proprio Empedocle a sbrogliare la matassa: quando un fiore o un animale muoiono, possiamo
vederne la “disgregazione” con i nostri occhi = sensi - EMPIRISMO.
Invece le 4 radici sono eterne e immutabili: alla loro esistenza si giunge con la ragione = RAZIONALISMO
(pp. 44/45 de “IL MONDO DI SOFIA”)
ANASSAGORA nacque a Clazomene (in Asia Minore) nel 462 a.C.
Si trasferì ad Atene dove ottenne la stima del grande uomo politico Pericle e del tragediografo Euripide. Ad
Atene erano gli anni d’oro dell’ETA’ di PERICLE: furono gli anni di maggior prestigio della città. Anassagora
fu il primo filosofo a "importare" la filosofia nella penisola greca, e più precisamente ad Atene proprio negli
anni in cui fiorivano anche l’arte e la cultura (si veda lo sviluppo della tragedia attica con i grandi
tragediografi greci Eschilo, Sofocle ed Euripide).
Anassagora fu uno dei primi veri rappresentanti del NUOVO METODO vs METODO VECCHIO (mythos).
Negò infatti l’esistenza degli dèi e del dio sole (e venne addirittura accusato di empietà, processato ed
esiliato a Lampsaco nel 432 a.c., dove morì 4 anni dopo).
Anassagora, a differenza di Empedocle, chiama gli ARCHAI SEMI ORIGINARI. I semi sono caratterizzati
dall'essere di numero infinito, identici tra loro e infinitamente divisibili; in seguito a questa definizione
Aristotele li chiamerà omeomerie = letteralmente significa scomponibili in parti uguali.
L'unione dei semi dà origine alla materia; essa si differenzia solo in base alla diversa qualità e quantità di
semi presenti in essa. Dai semi il filosofo distingue una forza che li fa muovere e li ordina, il Nous, che
governa i semi e non appartiene alla materia. Anassagora è molto ambiguo circa la natura del Nous, solo lo
definisce “sottile”.
Le 2 principali teorie di Anassagora sono:
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TUTTO E’ IN TUTTO: teoria secondo la quale in ogni cosa sono presenti gli infiniti semi.
TUTTO E’ INSIEME: c’è stato un tempo in cui le cose erano insieme, in forma confusa. In seguito si è
verificata una sorta di separazione originaria prodotta dal Nous.
Come per Empedocle, anche Anassagora sostiene che: “il nascere i morire non considerano correttamente i
Greci. Dovrebbero correttamente chiamare il nascere comporsi e il morire dividersi”.
Le Omeomerie sono infatti scomponibili all’infinito senza perdere le loro caratteristiche. La tesi di
Anassagora vuole salvare la ricchezza della molteplicità dei fenomeni che la tesi di Empedocle non riusciva a
salvare : 4 radici erano troppo poche.
Dai semi, anche Anassagora è costretto a distinguere una forza che li fa muovere, li ordina e imprime loro
l'energia necessaria alla trasformazione. Questa forza non appartiene alla materia. Grazie a questa forza
autonoma si passò dalla mescolanza originaria (confusione di tutte le qualità) ad una coesistenza che salva
la peculiarità qualitativa dei fenomeni. In realtà, come si anticipava, si tratta di qualcosa di molto ambiguo:
Aristotele lo definì un rimedio estremo, una sorta di deus ex machina, come quello in voga ai tempi della
tragedia greca. Anche Platone si dichiarerà deluso da questa teoria.
La vera novità è rappresentata dal fatto che la cosmogonia di Anassagora implica un movimento centrifugo
iniziale, una sorta di big bang che dà origine ad una concezione del tempo più simile alla nostra!
Un TEMPO LINEARE, mentre fino ad Anassagora il tempo era visto come TEMPO CICLICO.
8) GLI ATOMISTI
La scuola degli ATOMISTI fu fondata nel V°sec. a.C. da
LEUCIPPO
e proseguita dal discepolo
DEMOCRITO.
Di loro si sa talmente poco che si è addirittura giunti a mettere in discussione l’esistenza di Leucippo
(ipotesi oggi confutata, di lui rimane però un solo frammento).
L’ATOMISMO nasce come ulteriore tentativo di risolvere il problema dell’ESSERE e del suo rapporto con il
mondo sensibile.
Leucippo nacque a Mileto, nella prima metà del V secolo a.C.– e morì nel terzo quarto del V secolo a.C.
Democrito era di Abdera (460 a.C.–360 a.C.) e fu allievo di Leucippo, quindi co-fondatore dell'atomismo.
È praticamente impossibile distinguere le idee attribuibili a Democrito da quelle del suo maestro.
Molti i riferimenti anche all’eleatismo e al pluralismo.
LE PRINCIPALI TESI DEGLI ATOMISTI furono:
1) Realtà è composta da una molteplicità di principi o archai (gli ATOMI)
2) Tali principi sono assolutamente primi (EX NIHILO NIHIL) e indivisibili (a differenza delle omeomerie)
3) Tali principi sono poveri di caratteristiche specifiche e qualità
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4) Tali principi solo variano per forma / ordine / posizione.
La parola atomo deriva dal greco atomos, letteralmente non divisibile.
La Natura non è dunque un tutto continuo e pieno (ATTENZIONE: PRIMA TEORIZZAZIONE DELL’ESISTENZA
DEL VUOTO) ma un insieme costituito da elementi distinti.
Il VUOTO non è concepito come NON-ESSERE, bensì come altra modalità dell’ESSERE.
Gli ATOMI e il VUOTO sono pertanto considerati i 2 elementi complementari dell’ESSERE.
Gli atomi sono sostanze elementari invisibili e indivisibili (anche dal greco tómos, "pezzo", "fetta", "brano",
e "tomo", "volume", preceduto dalla ‘a’ privativa: si ottiene "indivisibile") compongono la materia
percettibile e ne sono l'invisibile sostanza o l’essenza. L'Essere nella sua globalità è fatto di atomi che ne
sono gli elementi di base, insieme al vuoto.
Gli Atomisti non hanno perciò bisogno di ricorrere ad altre forze antropomorfiche o ambigue come avevano
fatto Empedocle e Anassagora.
Dalla leggenda che Leucippo fosse stato ad Elea e avesse avuto rapporti con Zenone, qualcuno ha voluto
vedere le due realtà atomistiche (lo spazio vuoto e gli atomi) come una risposta ai paradossi zenoniani.
J. Gaarder, per spiegare a una bambina la teoria degli atomi, si serve dell’esempio dei mattoncini del LEGO:
se fossero divisibili all’infinito, non potrebbero fungere da mattoncini da costruzione.
“Insomma, se gli atomi avessero continuato a scindersi in parti via via più ridotte, la natura avrebbe
cominciato a fluire come una zuppa sempre più liquida” (pp. 51/52).
Le PRINCIPALI TESI DEGLI ATOMISTI sono le seguenti:
-
Il MOVIMENTO è possibile grazie all’esistenza del VUOTO ed è prerogativa degli atomi in quanto
tali. Agli atomisti dunque non servono cause esterne come NOUS o AMICIZIA e INIMICIZIA.
-
Il MOVIMENTO, che è eterno, continuo, cieco e casuale, porta naturalmente gli atomi ad aggregarsi
e disgregarsi.
Per gli Atomisti, i mondi sono INFINITI come sono infiniti gli atomi.
L’origine dei mondi così avvenne: i mondi sono stati generati da un primo movimento vorticoso prodotto
naturalmente dal libero gioco dei pieni e dei vuoti. I corpi si sono aggregati alla periferia o al centro a
seconda della loro pesantezza o leggerezza.
Le “qualità secondarie” (colore, odore, sapore, …) derivano dalle “qualità primarie” (forma, ordine,
posizione), che sono le uniche qualità possedute dagli atomi.
Tra le PRINCIPALI TEORIE DEGLI ATOMISTI vi sono:
-
la TEORIA DELLA CONOSCENZA o TEORIA DEGLI EFFLUVI: nell’aria eternamente vagano delle sottili
emanazioni di atomi. Si tratta di flussi che si staccano dagli oggetti per colpire gli organi di senso.
Così si percepiscono le “qualità secondarie” o derivate delle cose. Così gli atomisti salvano i
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fenomeni. Ma specificando che “il dolce, l’amaro, il caldo, il freddo, il colore sono tutti per
convenzione”.
Quindi, anche secondo loro la vera essenza della realtà non si coglie sensorialmente, ma ragionando.
Pur tuttavia, anche le sensazioni e i nomi hanno un loro fondamento.
Leucippo e Democrito sono considerati i padri di:
CASUALISMO (non c’è nessun fine, nessuna causa finale o disegno pre-ordinato)
MATERIALISMO (anche l’anima è per loro un composto di atomi)
ATTENZIONE: con Platone e Aristotele, la filosofia procederà in direzione totalmente opposta.
Nella sua lunga esistenza, Democrito scrisse anche opere di etica in cui affermava che l'interesse maggiore
dell'Uomo deve essere la felicità, che si ricerca attraverso una moderata cancellazione della paura: per
questo egli divenne noto come il "filosofo del riso", a differenza del triste e pessimista Eraclito che venne
definito il "filosofo del pianto".
9) IPPOCRATE E LA NASCITA DELLA MEDICINA
La Cultura del V° secolo ha avuto anche una forte componente scientifica, soprattutto intorno alla salute e
alla malattia.
IPPOCRATE
(Kos, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.) è stato un medico greco antico. È considerato il
"padre" della medicina.
Platone e Aristotele lo definirono il padre della medicina.
È nato a Kos, ma ha vissuto molto tempo ad Atene. Il suo pensiero ci è giunto attraverso il «CORPUS
IPPOCRATCUM»: una sessantina di testi in parte opera degli allievi – le teorie infatti non sono sempre
coerenti tra loro.
Il PENSIERO della scuola ippocratica va concepito come una vera e propria riflessione ANTROPOLOGICA,
non solo sulla medicina strictu sensu.
Il METODO della scuola ippocratica prevedeva l’importante integrazione di OSSERVAZIONE pratica e
TEORIA.
Ippocrate era profondamente convinto che il RAZIONALISMO dovesse contrapporsi a qualsiasi forma di
ASCIENTIFICITA’. Prima di lui, la cura delle malattie avveniva con i riti magico -taumaturgici. Con Ippocrate si
assiste alla:
-
definizione della figura del medico VS taumaturgo;
-
definizione di medicina come pratica laica e scientifica, ma soprattutto AUTONOMA dalle altre
discipline che anzi a lei devono riferirsi).
Anche la MALATTIA viene completamente ridefinita in termini naturali e materiali: ex epilessia.
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Dice Ippocrate ne “Il male sacro”: “chi ha definito sacra l’epilessia lo ha fatto a riparo e pretesto della sua
sprovvedutezza poiché non sapeva con quale terapia potesse dar giovamento e affinché non fosse
manifesta la sua totale ignoranza”. E ancora, scrive: “il male non è per nulla più divino delle altre malattie o
più sacro, ma ha strutture naturali e cause razionali”.
Importantissima è la sua TEORIA UMORALE o dei 4 umori: il nostro corpo sarebbe governato da 4 umori
diversi che, combinandosi in differenti maniere, condurrebbero alla salute (crasi) nel caso in cui questi siano
in proporzione ed equilibrio o, contrariamente, alla malattia.
I 4 umori sono:
SANGUE
FLEGMA
BILE GIALLA
BILE NERA
I 4 umori sono prodotti da:
SANGUE -> CUORE
FLEGMA -> CERVELLO
BILE GIALLA -> FEGATO
BILE NERA -> MILZA
La MALATTIA viene considerata una concatenazione di cause/effetti: il maggiore fattore patogeno è il
rapporto squilibrato tra l’uomo e l’ambiente circostante.
Ippocrate fu inoltre sostenitore di:
-
TEORIA ENCEFALOCENTRICA
“La vita e il pensiero dipendono dal cervello. Gioia e dolore, giudizi sul bello, brutto, cattivo e buono
dipendono dal cervello” (VS teoria EMOCENTRICA avanzata da Empedocle, secondo il quale il pensiero è
sangue che circola intorno al cuore).
-
ANAMNESI, un’altra sua importante introduzione: la ricostruzione da parte del medico
dell’insorgenza e del decorso della malattia, della storia fisio-patologica del malato attraverso il
colloquio con il paziente e i familiari.
Notevole importanza venne infatti attribuita all’ambiente circostante: il medico deve soffermarsi “sui
costumi, il regime, il modo di vita, l’età; sui discorsi, i modi, i silenzi, il pensiero; sul sonno e sull’insonnia, sui
sogni. Come e quando. Sui gesti involontari, strapparsi i capelli, grattarsi e piangere” perché ogni individuo
è considerato un unicum di fisico e psichico. Lo stato di salute dipende dalla loro interazione/combinazione
ed equilibrio.
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Dai 4 UMORI dipendono anche i 4 tipi psicologici:
SANGUIGNO
FLEMMATICO
BILIOSO
MALINCONICO
A Ippocrate si deve l'importanza del concetto di dieta e alimentazione all'interno della dottrina degli umori.
Ancora oggi alcune malattie portano il suo nome (ad ex le dita ippocratiche o a bacchetta di tamburo).
L’armonia che regge l’Universo regge anche l’Uomo, dandogli la salute; il turbamento di questo equilibrio
provoca la malattia. Evidente è l’influenza dei Pitagorici sulla Medicina. La MODERAZIONE e lo stile di vita
sono dunque le migliori difese contro ogni squilibrio. Per un essere umano è naturale stare bene; se ci si
ammala, il motivo è da ricercare in uno squilibrio della natura.
Bisogna perciò conservare l’ARMONIA del corpo, del pensiero, dello stile di vita.
Se da una parte la mancanza di qualsiasi vincolo legislativo aveva reso possibile lo sviluppo rapido della
ricerca medica, d'altra parte essa spostava la riflessione anche sui doveri morali del medico -> codice
deontologico.
In diversi passi delle opere di Ippocrate egli insiste sull'esigenza che il medico conduca una vita regolare e
riservata, non speculi sulle malattie dei pazienti ma anzi li curi gratuitamente se bisognosi, stabilisca un
legame di sincerità con i malati. Il testo più celebre che codifica l'etica medica è però il Giuramento
Ippocratico (ancora oggi in uso), in cui vengono enumerati i principi fondamentali che deve seguire chi
esercita questa professione.
Tra le maggiori “regole professionali”:
Diffusione responsabile del sapere
Impegno a favore della vita
Senso del proprio limite
Rettitudine e segreto professionale.
Fine
Bibliografia:
“Il Mondo di Sofia” di J. Gaarder
“Filosofia” a cura di S. Moravia – ed. Le Monnier
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