I fondamentali princìpi etici dell`educazione nel

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NUOVA SECONDARIA RICERCA
I fondamentali princìpi etici dell’educazione
nel giovane Dewey
Teodora Pezzano
l’intento di questo articolo è mettere in luce la correlazione tra l’esperienza e l’educazione e quanto la scuola in questo sia fondamentale. Nelle pagine che seguiranno sarà mia intenzione chiarire ciò analizzando un saggio di John Dewey del 1897 Ethical Principles Underlying Education, da dover considerare come una introduzione ad uno degli scritti deweyani maggiormente diffusi My Pedagogic
Creed, sempre del 1897, saggio, questo, che promuove il concetto di educazione come processo di socializzazione e, dunque, l’individuo come elemento attivo della società.
Nella prima parte del paper discuterò del significato che Dewey attribuisce alle tendenze dell’individuo che trovano senso solo se l’agire
è rivolto in una direzione sociale, al fine di mutare l’ambiente stesso per ottenere risultati positivi.
Nella seconda parte tratterò come l’interazione prima e la continuità dopo, divengono il centro dell’esperienza. la scuola è l’istituzione
che deve preparare a tale funzionamento sociale, perché solo essa è in grado di sviluppare gli abiti sociali, preparando il bambino a divenire un essere cosciente che crea e interpreta insieme agli altri l’aspetto socio-democratico dell’ambiente sociale che lo ospita.
Nell’ultima parte, legando i due aspetti precedenti, analizzerò il concetto di scuola-laboratorio, la sola in grado di avviare il processo
di interazione che trasformerà l’individuo in soggetto che si sviluppa nel sociale. per tale ragione la scuola attiva venne definita anche
scuola progressiva, in quanto il bambino dinanzi a situazioni complesse doveva trovare soluzioni utilizzando i propri mezzi intellettivi
per il raggiungimento di un fine. proprio per questo, nel 1896 egli sviluppa questa sperimentazione fondando a Chicago, insieme a Jane
addams, la laboratory School, ovvero la “Dewey School”, come più comunemente viene ricordata.
The aim of this essay is to highlight the relation between experience and education and the centrality of the school. In the following
pages it is my intention to clarify this problem, analyzing an essay of John Dewey’s published in 1897, ethical principles underlying
education, which must be considered an introduction to a very diffused John Dewey’s work of 1897, My pedagogic Creed, in which he
developed the concept of education related to the socialization process, which considers the individual as the active element of society.
In the first part of the essay I will discuss the meaning that Dewey gives to the social tendencies of the individual, which makes sense
only if he transforms the environnment to realize positive effects.
In the second part I will deal with how the interaction and the continuity can become the center of experience. The school is the
institution to preparing this social working, so that the child can become a consciuos individual, who interpretes the democrat aspect
of the social environnment.
In the last part, linking the two prior last parts, I will analyze the concept of laboratory school, which is fundamental to transform the
individual in a subject, who develops himself in society.
For this reason the active school became defined also progressive school, because the child facing complex situations had to find
solutions using his own intellectual means to achieve an aim. Due to this, John Dewey in 1896 develops this experimentation,
establishing in Chicago, with Jane Addams, the Laboratory School, the “Dewey School”, as it has more commonly been remembered.
l’
ideale educativo deweyano ne racchiude un
altro, quello democratico, come si evince nei
suoi scritti anche giovanili e in diverse sue lezioni di etica politica. il filosofo americano, nel discutere
del valore inerente alla democrazia, faceva appello al
motto del 1789: libertà, uguaglianza e fraternità, laddove
unendo la libertà alla fraternità si otteneva una idea positiva di libertà, ovvero l’individualità che operava nel e
per il fine dell’interesse comune. e l’uguaglianza?
«l’uguaglianza era un prerequisito per l’esercizio di tale
libertà»1, e per Dewey l’uguaglianza non era legata al livellamento delle risorse sociali, bensì al fatto che ogni
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individuo prima, cittadino poi, fosse messo in grado di
dar vita alla propria realizzazione. in altre parole, a ciascun individuo bisogna garantire le più idonee opportunità per realizzare il proprio Sé. e per giungere a ciò solo
l’educazione può rappresentare il mezzo e il fine. per tale
ragione il pensiero pedagogico di John Dewey nasce dalla
elaborazione della teoria filosofica in prassi2. la filosofia,
1. Robert B. Westbrook, John Dewey e la democrazia americana, armando,
Roma 2011, p. 146.
2. Si veda al riguardo S. Jay Martin, The Education of John Dewey. A Biography, Columbia university press, New York 2003.
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per il pensatore americano, infatti, è lo strumento più idoneo per fondare un metodo educativo che miri all’esperienza. ossia, un metodo che analizzi l’esperienza
dell’individuo rendendola la “guida” per la crescita e cura
del proprio Sé, nonché per una convivenza sociale capace
di portare all’educazione democratica. Tale impostazione
trova le sue radici molto probabilmente nella corrente filosofica del pragmatismo, secondo cui al centro di tutto,
e dunque della verità, vi è l’agire; un agire volto alla realtà; e l’educazione è il luogo più idoneo per verificare la
verità della filosofia allo scopo di elaborare una risposta
pedagogica da portare nella scuola, la quale deve divenire il solo modello democratico.
l’intento di questo articolo è mettere in luce la correlazione tra l’esperienza e l’educazione e quanto la scuola in
questo sia fondamentale. infatti, Dewey dall’esperienza storia dell’individuo- costruita da una varietà di aspetti
precari e mutevoli, crea una prospettiva educativa rivoluzionaria in cui l’individuo deve essere necessariamente
considerato un elemento sociale, una risorsa attiva della
comunità. Nelle pagine che seguiranno sarà mia intenzione chiarire ciò analizzando, seppur non in maniera
analitica (come merita) un saggio del 1897 Ethical Principles Underlying Education3, da dover considerare come
una sorta di introduzione ad uno degli scritti deweyani
maggiormente diffusi My Pedagogic Creed, sempre del
1897, saggio, questo, che promuove il concetto di educazione come processo di socializzazione e, dunque, l’individuo come elemento attivo della società, organico ad
essa perchè organico agli altri individui.
Seppur spetterà a My Pedagogic Creed spiegare in maniera più esplicita la struttura psichica dell’individuo, ovvero i fattori legati alle inclinazioni, molte volte
sconosciute all’individuo stesso, anche in Ethical Principles Underlying Education, il giovane studioso collega
le attitudini, le potenzalità dell’individuo, con le “azioni
sociali” che a loro volta darano vita ai “beni sociali”.
Nella prima parte del paper discuterò del significato che
Dewey attribuisce alle tendenze dell’individuo che trovano senso solo se l’agire è rivolto in una direzione sociale, al fine di mutare l’ambiente stesso per ottenere
risultati positivi. Ciò produce inevitabilmente uno scambio, una interazione fra l’individuo e l’ambiente. un’interazione che genera e si lega ad un altro processo, quello
di continuità ovvero mediante la raccolta delle esperienze
precedenti, se si perde l’equilibrio nell’interazione se ne
raggiunge subito un altro. aspetto che si lega a quella,
che è la seconda parte del paper, in cui si metterà in luce
come l’interazione prima e la continuità immediatamente
dopo, divengono il perno dell’esperienza. Dewey, infatti,
dichiara di aver scritto questo saggio proprio per spiegare
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quali siano i metodi che si riferiscono alla relazione, alla
interazione che porta necessariamente alla vita sociale,
che per trasformarsi nella forma più sana e corretta, e
dunque in una democrazia, deve essere identificata con il
lavoro di tutti gli individui. un lavoro che prevede uno
scambio che porti a dei risultati di cui tutti possano giovarsi.
la scuola, però, è l’istituzione che deve preparare a tale
funzionamento sociale, perché solo essa è in grado di sviluppare gli abiti sociali, preparando il bambino a divenire
un essere cosciente che crea e interpreta insieme agli altri
l’aspetto socio-democratico dell’ambiente sociale che lo
ospita. la scuola deve, cioè, rendere capace il bambino di
fare del sociale l’uso corretto. il processo legato alla continuità per realizzarsi deve tener conto, prima di tutto, dell’aspetto psicologico per far emergere le potenzialità
individuali e, successivamente, di quello scolastico-sociale per guidare l’individuo all’uso più idoneo delle proprie potenzialità, in quanto queste ultime perdono valore
e significato se isolate dall’ambiente.
l’ultima parte, legando i due aspetti trattati nelle pagine
precedenti, ossia quello dell’esperienza e quello dell’interazione e continuità, tratterà del ruolo della scuola, la
sola in grado di poter avviare il processo di interazione
che trasformerà l’individuo in soggetto che si sviluppa
nel sociale, rendendolo consapevole della propria identità e delle proprie caratteristiche. l’ambiente adatto al
bambino e l’esperienza precedono la cultura formalizzata. per tale ragione la scuola attiva venne definita anche
scuola progressiva, in quanto il bambino innanzi a situazioni complesse doveva trovare delle soluzioni utilizzando i propri mezzi intellettivi per il raggiungimento di
un fine.
la socializzazione come processo di confronto della propria identità con quella altrui, è un elemento indispensabile di crescita culturale e democratica. una educazione,
dunque, progressiva; questa è la finalità assoluta del metodo attivo. il coinvolgimento del discente, la crescita,
l’attenzione ai suoi interessi, il sostegno per attivare e sviluppare le sue inclinazioni, accendendo, così, la creatività grazie alla stimolazione della “motivazione”. Così
facendo, il discente diviene soggetto attivo del processo
formativo. l’intelligenza è il fulcro dell’intero processo.
promuovere l’intelligenza significa valorizzare la crescita, la libertà, rendendo il discente attivo perché dà vita
ad un processo di interazione con l’ambiente, che si può
trasformare a seconda delle proprie necessità. per tale ragione questo tipo di educazione va coltivata sin dalla gio3. J. Dewey, Ethical Principles Underlying Education,1897, eW, vol. 5.
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vane età. un’intelligenza che sia una funzione della ricerca, della curiosità, al fine di ottenere l’autonomia. un
progetto, questo deweyano, altamente complesso, poiché
tutti gli individui sono differenti e agiscono in maniera
differente per differenti finalità. Ma nonostante fosse consapevole di tale difficoltà, quando giunse a Chicago egli
mise mano all’attuazione di questo progetto che aveva
iniziato a maturare nel Michigan, collaborando con molti
docenti e membri di diverse fondazioni tanto da dar vita,
insieme ad alcuni di loro, allo Schoolmaster’s Club. Nel
1896 continua questa sperimentazione fondando a Chicago, insieme a Jane addams, la laboratory School, ovvero la “Dewey School”, come più comunemente viene
ricordata. una metodologia, questa della scuola deweyana, basata su una precisa impostazione pedagogica.
una pedagogia che si legava alla psicologia funzionale e
all’etica democratica, poiché per il filosofo statunitense la
maggior parte delle problematiche educative si originava
dall’epistemologia dualista che egli attaccò costantemente nei suoi scritti, soprattutto quelli giovanili4. la psicologia doveva essere di aiuto ad una pedagogia fondata
sul funzionalismo e sullo strumentalismo, così da comprendere con maggiore chiarezza e precisione quali sono
le differenze e quali le dinamiche dell’esperienza sia degli
adulti che dei bambini, tenendo ferma la convinzione secondo cui è il pensiero lo strumento che porta alla soluzione dei problemi e la conoscenza è quel bagaglio di
saggezza che si accresce mediante l’esperienza. le condizioni reali, esistenziali, concreti della vita costituiscono
la base della scuola laboratorio.
1. I principi etici dell’educazione
la fede deweyana nel considerare l’educazione il mezzo
atto a preservare l’agire umano, si manifesta già poco
prima del saggio My Pedagogic Creed. infatti, tale idea
inizia ad essere discussa in Ethical Principles Underlying
Education, del 1897, in cui il giovane filosofo intreccia
l’aspetto sociale dell’educazione con quello psicologico;
ossia l’interesse sociale, la morale e l’etica della scuola.
elementi questi che conservano un valore universale essendo intrinseci al fine dell’educazione. Dewey parla di
una teoria etica e di una condotta: «è abbastanza chiaro
che non vi possono essere due serie di princìpi etici, o
due forme di teoria etica, una per la vita scolastica, e l’altra per la vita extra-scolastica. Così come la condotta è
una, anche i princìpi legati alla condotta sono unici. la
frequente tendenza a discutere gli aspetti morali della
scuola, come se quest’ultima sia un’istituzione a sé
stante, e come se la sua morale possa essere stabilita
senza alcun riferimento ai princìpi scientifici generali
della condotta, mi sembra altamente infelice. i princìpi
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sono identici. Sono i particolari punti di contatto e di applicazione che mutano in base alle differenti situazioni»5.
Dewey compie con questo saggio un lavoro scientifico
molto interessante perché focalizza la teoria etica come
elemento sociale e come elemento psicologico, asserendo
che tali elementi non sono due aspetti dissociati, ma necessitano di una reciproca connessione: infatti, sostiene
Dewey, laddove l’etica psicologica non può arrivare interviene l’etica sociale. ed entrambe abbracciano la condotta6. Quest’ultima presenta, proprio per tale ragione, un
aspetto funzionale duplice. ovvero, essa è l’indicatore
dei comportamenti e cambiamenti umani che avvengono
mediante l’etica sociale, e che vengono spiegati dalla psicologia, che analizzando i fini e i mezzi per raggiungerli,
aiuta a chiarire il come della condotta. il meccanismo dell’utilizzo della psicologia nello studio della condotta è
importante per Dewey perché mostra come il comportamento umano non è altro che una sorta di “contenitore”
della corrispondenza attiva tra l’individuo e la società, tra
il soggetto che crea l’esigenza dell’azione morale, e lo
sviluppo di essa, nell’interesse di un’azione volta all’educazione7. la condotta diviene per Dewey l’input a
discutere dell’importanza della scuola nell’educazione
del fanciullo: «il fanciullo da educare è un membro della
società e deve essere istruito e preso in cura come membro. la responsabilità morale della scuola, e di coloro che
la costituiscono, è diretta nei confronti della società. la
scuola è in modo prioritario un’istituzione fondata dalla
società con lo scopo di svolgere un determinato compito:
esercitare una determinata funzione per il mantenimento
della vita e per promuovere il benessere della società»8.
la scuola è per Dewey la chiave per la realizzazione della
democrazia, poiché attraverso l’educazione avviene la
piena realizzazione dell’individuo; una realizzazione morale e dinamica che “deve” estendersi all’intera comunità. la scuola, quindi, deve promuovere un metodo
attivo in cui l’ambiente sia favorevole alla creatività e alla
capacità relazionale del fanciullo, perché solo così si
potrà creare una reciproca interazione tra la scuola e la
società: la scuola attiva le potenzialità del bambino e la
società le renderà produttive per la crescita dell’individuo e della comunità.
4. T. pezzano, Il giovane Dewey. Individuo, educazione. assoluto, armando,
Roma 2007; id., L’assoluto in John Dewey, Alle origini della comunità democratica educante, armando, Roma 2007.
5. J. Dewey, Ethical Principles Underlying Education, cit. p. 54.
6. Ibi, pp. 54-5.
7. T. pezzano, Il giovane Dewey, cit. pp. 182-3.
8. J. Dewey, Ethical Principles Underlying Education, cit. pp. 57-8.
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2. La pedagogia dell’azione
l’educazione è così un principio etico in cui il sistema di
relazioni potenzia la mente e cerca di promuovere l’attività comunicativa, poiché fermarsi solo sull’aspetto individuale significa limitare significativamente la
dimensione sociale, nonché l’individuo stesso. infatti,
Dewey non perde occasione nei suoi scritti di sottolineare
che la crescita del proprio Sé avviene quando si entra in
relazione con l’altrui identità. l’aspetto sociale, di cui
parla Dewey è il progresso della società, e il compito
della scuola è rivolto a preparare il futuro cittadino, innanzitutto portandolo alla scoperta del proprio Sé, e poi
orientandolo ai princìpi etico-educativi che tanto la scuola
quanto la società esprimono. il pensiero e l’impegno pratico divengono espressione del contesto sociale. il fanciullo, nel pensiero pedagogico ed etico di Dewey,
realizza la scena dell’azione sociale e, indirizzando le potenzialità creative del bambino si dà la possibilità di trasformare l’aspetto egoistico dell’individuo in un
comportamento sociale. una relazione che mette nelle
condizioni ciascun individuo di fornire il proprio contributo sia manuale che intellettuale, e la scuola deve tenere
conto degli impulsi del fanciullo, per inserirlo nel proprio ambiente non in maniera passiva, ma fornendogli gli
strumenti logici e intellettuali da spendere nell’ambiente:
ecco la continuità biologica tra l’intelligenza e l’ambiente9.
Nel saggio del 1897, che Dewey suddivide in due paragrafi, si discute, dunque, della natura individuale del
bambino con le sue potenzialità legate sia agli istinti che
agli impulsi; qui l’autore introduce in maniera più sistemica e centrata l’essenza del ruolo educativo, il solo in
grado di trasformare l’individuo da egoista a sociale.
l’educazione ha il compito di interrogare la natura umana
per trovarvi le risposte del comportamento e conferma
così l’indiscussa importanza della “filosofia dell’azione”,
che – a sua volta – solo mediante l’educazione prende
concretezza. «la pedagogia è la perfetta sintesi dell’universale nell’individuale, in quanto è la sola in grado di
rendere il bambino protagonista dell’esperienza storica
grazie agli strumenti educativi che fornisce»10. in Dewey
è pregnante questo aspetto poiché l’educazione tradizionale aveva ignorato l’importanza dei fattori interni del
bambino, valorizzando quelli esterni legati all’insegnante. Gli aspetti logici, sociali ed educativi, sono il
cuore della pedagogia deweyana. Motivo, questo, che
porta Dewey a promuovere un’educazione che abbracci
tanto l’elemento psicologico quanto quello sociologico.
l’educazione valorizzando l’identità necessita del supporto della disciplina psicologica giacché quest’ultima
studia il come e il perché del comportamento e, dunque,
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il Sé. ed ha altresì bisogno della sociologia per comprendere lo sviluppo comunicativo e relazionale dell’individuo nella società.
«la vita sociale è così complessa e i suoi vari aspetti sono
così organicamente collegati all’ambiente naturale che è
impossibile sostenere che questa o quella cosa sia causa
di qualche altra cosa in particolare»11. la categoria del
sociale è già definita, quindi, in questo articolo come un
equilibrio tra la psicologia e l’etica, che attraverso
l’azione educativa si concretizza e realizza il complesso
passaggio dall’individuo egoisticamente inteso a quello
socialmente determinato.
3. Metodo dell’apprendimento
e sviluppo sociale
Nella prima parte dello scritto citato, Dewey discute del
fine e dei criteri che il lavoro scolastico deve avere, giungendo alla conclusione che tali aspetti possono venir fuori
solo mediante la relazione, la vita sociale, dunque. per
chiarire tale assunto, prima il giovane studioso affronta la
questione relativa ai metodi indispensabili allo sviluppo
sociale dell’apprendimento, poiché essi si legano agli
obiettivi finali prefissati dal curricolo. per far ciò, Dewey
centra l’analisi su tre aspetti: 1. la vita della scuola come
istituzione sociale in sé; 2. i metodi di apprendimento e di
lavoro pratico; 3. gli studi scolastici o il curriculum. Tali
risorse si realizzano solo se: «la scuola rappresenta, nel
proprio spirito, una comunità autentica; nella misura in
cui quegli [aspetti] che vengono chiamati disciplina scolastica, gestione, ordine, ecc., siano l’espressione di questo spirito sociale intrinseco; nella misura in cui i metodi
usati sono quelli che fanno appello ai poteri attivi e costruttivi, permettendo al bambino a portarli fuori, e dunque di servirsene; nella misura in cui il curriculum è così
selezionato e organizzato a tal punto da fornire il materiale per offrire al bambino una coscienza del mondo in
cui deve svolgere un ruolo e le relazioni , e le relazioni
che deve affrontare; nella misura in cui questi fini vengono soddisfatti, la scuola è organizzata su una base etica.
Nella misura in cui i princìpi sono interessanti, tutti i requisiti etici sono soddisfatti. il resto rimane tra l’insegnante individuale e il bambino individuale»12.
in questi tre aspetti la psicologia riveste un compito molto
importante riguardo all’analisi della natura e dell’operato
dell’individuo; «ci fornisce la natura della condotta e il
9. T. pezzano, Il giovane Dewey, cit. p.185.
10. Ibi, p. 185.
11. J. Dewey, Ethical Principles Underlying Education, cit. p. 71.
12. Ibi, pp. 75-76.
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relativo significato etico sia sotto gli aspetti degli impulsi
e degli istinti originari, sia in termini psicologici»13. l’
essenza etica della condotta mostra anche il carattere; da
intendere come potenzialità dell’agire sociale, capacità
organizzata del funzionamento sociale, mediante la trasformazione degli impulsi primari, ossia degli istinti, in
mezzi utili d’azione positiva, produttiva. Nella seconda
parte del saggio, Dewey evidenzia il procedimento fondamentale di legare i valori alla condotta, la quale mediante lo sforzo e l’energia li porta alla luce. «Noi
dobbiamo considerare il bambino come colui che agisce
o come colui che fa»14.
in tutto questo, chiarisce subito Dewey l’insegnante ha
un ruolo ben specifico e non assoluto, cioè l’insegnante
deve soltanto creare le condizioni per aiutare il bambino
a conoscere se stesso, non può creare in maniera reale,
concreta la relazione tra le attività spontanee del bambino
e gli obiettivi che si attendono da tali potenzialità. Ciò
può avvenire unicamente dal bambino stesso (Dewey utilizza l’espressione medium of the child himself15). e
anche se tale relazione potesse essere realizzata dall’insegnante, secondo Dewey non potrebbe avere mai valore
etico. per tale ragione la psicologia diviene la disciplina
che può aiutare a valutare quelle capacità spontanee e naturali del bambino che si uniranno a quella intelligenza
chiamata sociale. un lavoro che deve contemplare la natura del carattere al quale Dewey dedica le pagine finali
del saggio, laddove discute della caratteristica della forza
da considerare come la componente necessaria del carattere. (una forza che lo studioso definisce pura, senza
riserve o risvolti negativi, sheer16).
la discussione dell’educazione, dunque, ha mostrato
l’importanza della componente sociale dell’educazione e
di quella psicologica, approdando alla riflessione che i
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princìpi morali non interferiscono con la via sociale ma
sono anch’essi, insieme ad altri elementi, l’essenza di
essa, garantendo un sistema educativo efficace in cui
tanto l’insegnante quanto l’allievo saranno parti attive. è
abbastanza evidente, quindi, che l’analisi dell’articolo del
1897 rinforza la teoria secondo cui senza l’approccio educativo Dewey non sviluppa adeguatamente la sua riflessione filosofica e che senza la sperimentazione
nell’ambito della scuola-laboratorio che si svolge dal
1896 al 1903, il suo interesse per la democrazia non si
sarebbe potuto sviluppare.
in particolare l’articolo del 1897 mette in rilievo il passaggio dall’individualità alla socialità come il problema
centrale dell’etica deweyana che non si sarebbe potuta,
altresì, sviluppare senza una chiara riflessione sulle tematiche dell’educazione e, in particolare, della psicologia
legata ai temi dell’educazione umana. inoltre, in questo
articolo, problema che finora non è stato sollevato dalla
letteratura critica sul giovane Dewey, è fondamentale il
rapporto tra la psicologia e l’educazione e, solo, comprendendo questo rapporto si può cogliere l’importanza
della teoria dell’arco riflesso che costituisce il fondamento della filosofia deweyana, ma anche la sua specificità all’interno del pragmatismo classico.
Teodora Pezzano
Università della Calabria
13. T. pezzano, Il giovane Dewey, cit. p. 187.
14. J. Dewey, Ethical Principles Underlying Education, cit. p. 76.
15. Ibi, p. 77.
16. Ibi, p. 79.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
M. Baldacci, Trattato di pedagogia generale, Carocci, Roma 2012.
G. Bertagna, Dall’educazione alla pedagogia. Avvio al lessico pedagogico e alla teoria dell’educazione, la Scuola, Brescia 2010.
J. Dewey, (1897), Ethical Principles Underlying Education, «The early Works of John Dewey, 1882-1898» editor Jo ann Boydston,
Southern illinois university press, Carbondale illinois, 1969-1972, vol. 5.
S. Jay Martin, The Education of John Dewey. A Biography, Columbia university press, New York 2003.
T. Pezzano, Il Giovane Dewey. Individuo. Educazione. Assoluto, armando, Roma 2007.
T. Pezzano, L’assoluto in John Dewey, Alle origini della comunità democratica educante, armando, Roma 2007.
G. Spadafora, Educazione e democrazia: le radici del pensiero di John Dewey per la società globale, «periferia», 3 (2011), pp. 5-18.
R.B. Westbrook, John Dewey e la democrazia americana, armando, Roma 2011.
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