Maturità 2015 | 2A prova | Scienze Umane
Il valore del lavoro nell’educazione dei giovani
Il pedagogista tedesco Georg Michael Kerschensteiner elaborò un modello
scolastico che chiamò “scuola del lavoro” (Arbeitsschule) e che implicava un
rinnovamento del curriculum tradizionale degli studi, specialmente quelli
elementari, attraverso l’introduzione, appunto, del lavoro.
In quanto attività fondamentale dell'uomo, il lavoro doveva essere posto al
centro dell'educazione infantile: un lavoro preciso, serio, svolto collettivamente e considerato non come fine ma come mezzo in quanto sforzo, autoesame
e acquisizione del senso sociale.
Nel lavoro, secondo Kerschensteiner, il fanciullo aveva la possibilità di esplicare le sue energie spontanee e le sue attitudini speciali, ma, soprattutto,
poteva trovare le modalità concrete per formarsi come cosciente collaboratore ai fini dei suoi compiti sociali.
Nel progetto pedagogico di Kerschensteiner, l’istruzione professionale rappresentava un luogo per la promozione dell’educazione civica, intesa come
occasione per sviluppare la capacità di lavorare con altri, di negoziare i reciproci interessi e di realizzare, così, il bene comune. Essa, inoltre, aveva il
compito di promuovere anche l’educazione liberale, volta a favorire la formazione del carattere, la scoperta di sé e la comprensione profonda.
Nella riflessioni di Kerschensteiner sulla centralità del lavoro e dell’educazione civica della scuola ritroviamo gli echi della pedagogia di John Dewey. Il
pedagogista statunitense ha rappresentato una fonte di ispirazione molto
importante per il pedagogista tedesco, soprattutto per il suo richiamo alla
manualità in educazione e per le sue riflessioni sulla democrazia e sullo stretto legame tra questa e l’educazione.
Per il pragmatista Dewey, la scuola non doveva solo adeguarsi alle trasformazioni intervenute nell'ambito sociale ma doveva anche promuovere nella
società un incremento progressivo di democrazia, cioè della capacità da
parte degli individui di partecipare da protagonisti alla vita sociale e di inserirsi in essa con una mentalità capace di dialogare con gli altri e di collaborare a
fini comuni liberamente scelti. Alla scuola, pertanto, veniva affidato il ruolo di
trasformare anche politicamente il volto della società, di renderlo sempre
meno repressivo e autoritario e di svilupparne invece i momenti di partecipazione e collaborazione.
L’educazione civica di cui parlava Kerschesteiner è, in qualche modo, l’edu-
cazione alla democrazia teorizzata da Dewey ed è strettamente intrecciata
all’educazione professionale la quale è incentrata sulla formazione integrale
dell’uomo e si concretizza, quindi, sia come educazione dell’uomo e sia come
educazione del cittadino, consentendo all’individuo di integrarsi nel tessuto
sociale e di realizzarsi nel mondo morale.
La formazione alla cittadinanza fornisce un notevole contributo al processo
formativo dei giovani principalmente perché stimola una serie di “virtù” indispensabili nella vita pubblica e nei rapporti sociali: il senso di responsabilità,
la lealtà, la dedizione e l’impegno nello svolgimento del proprio lavoro che
costituisce il contributo del singolo alla vita comune.
Questi, fondamentalmente, sono gli elementi riscontrabili in ogni tipo di
lavoro, che si tratti di lavoro manuale o di lavoro intellettuale e quindi che gli
sforzi, l’impegno e la “fatica” siano, rispettivamente, fisici o mentali.
Come scriveva Kerschensteiner, le scuole dovrebbero costituirsi come una
«embrionale vita comunitaria» nella quale riveste un’enorme importanza
un’educazione “attiva”, in grado di sviluppare l’attitudine dell'individuo ad
adeguarsi plasticamente a condizioni ambientali, economiche e sociali in
continuo mutamento e in grado anche di promuovere l’intraprendenza e la
maturità critica dell’educando.
Come sosteneva Dewey, individuo e società sono inseparabili e per lo sviluppo di entrambi è necessario pensare e attuare un processo educativo che si
realizzi all’interno di un assetto democratico, capace di andare al di là di ogni
divisione classista e di ogni chiusura nazionalistica.