Teriflunomide, acido fumarico e alemTuzumab

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Teriflunomide, acido
fumarico e alemtuzumab
Dopo l’approvazione degli interferoni e di Copaxone® avvenuta oltre 10 anni fa, quella di
Tysabri® 5 anni fa e infine quella del primo preparato ad uso orale Gilenya® 2 anni fa,
in Svizzera è stata ora richiesta l’autorizzazione per altri tre preparati per il trattamento
della sclerosi multipla recidivante. Le aspettative che circondano questi farmaci
sono alte, quindi molti pazienti aspettano già con impazienza la loro autorizzazione.
Di seguito viene fornita una breve presentazione di questi tre nuovi prodotti, con
il loro meccanismo d’azione, l’efficacia dimostrata negli studi di approvazione e gli effetti
collaterali che potrebbero presumibilmente causare.
Aubagio®
Il principio attivo di questo farmaco, il teriflunomide, deriva
da una trasformazione del leflunomide, utilizzato per la cura
dell’artrite reumatoide. Il teriflunomide inibisce una proteina
che riveste un ruolo importante nella sintesi del DNA nei globuli bianchi. Il programma di studio di Aubagio® comprende
due grandi studi di fase III, «TEMSO» e «TOWER». Oltre a
questi sono stati condotti uno studio sulla sindrome clinicamente isolata (CIS) e uno studio comparativo tra teriflunomide
e interferone beta 1a. Nei due studi di fase III, ai quali hanno
partecipato circa 2200 pazienti con sclerosi multipla recidivante, sono stati messi a confronto per due anni gli effetti di 2
diversi dosaggi di teriflunomide (7 e 14 mg) con placebo. Per
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entrambi i dosaggi è emersa una diminuzione del 30% circa del
tasso di recidive, mentre la riduzione delle lesioni attive evidenziate dalla RMN cerebrale arriva fino all’80%. In entrambi
gli studi il maggiore dei due dosaggi ha permesso di ottenere una significativa riduzione del rischio di progressione della
disabilità, pari al 30% circa. In un altro studio si è eseguito
un confronto tra teriflunomide e interferone beta-1a (Rebif®)
misurando il tempo trascorso fino alla prima recidiva o all’interruzione della terapia. Lo studio non ha evidenziato alcuna
differenza significativa tra i due farmaci. I dati relativi allo studio sui CIS, forma precoce di SM, sono stati di recente presentati al congresso mondiale della SM e mostrano un’efficacia del
farmaco nel prevenire un secondo attacco di malattia rispetto
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al placebo. Abitualmente il farmaco è ben tollerato. In rari casi
si sono riscontrati effetti collaterali quali un innalzamento dei
valori epatici, un diradamento transitorio dei capelli e disturbi
gastrointestinali.
Tecfidera®
In Germania l’acido fumarico viene impiegato da diversi anni
con ottimi risultati per il trattamento della psoriasi. L’esatto
meccanismo d’azione nel caso della SM non è ancora noto. È
probabile che l’acido fumarico determini una riorganizzazione
dei mediatori cellulari conferendo loro un profilo antinfiammatorio più efficace, e che sia in grado di contrastare lo stress
ossidativo causato da determinati prodotti di degradazione
del metabolismo, ed abbia conseguentemente un ruolo anche
neuroprotettivo. Sono stati effettuati due studi di fase III per
attestare efficacia e sicurezza del farmaco nel trattamento della
SM: nel primo studio (DEFINE) sono stati messi a confronto due diversi dosaggi di acido fumarico (480 mg e 720 mg al
giorno) e placebo, che sono stati somministrati per 24 mesi a
oltre 1200 pazienti. È emersa una chiara riduzione del tasso di
recidive (50% rispetto al placebo), una diminuzione delle lesioni evidenziate dalla RMN cerebrale e un rallentamento della
progressione della disabilità di circa il 30%, a fronte di una tollerabilità complessivamente buona. Nel secondo studio (CONFIRM), condotto su circa 1400 pazienti, sono stati confrontati
gli effetti di due diversi dosaggi di acido fumarico (480 mg e
720 mg al giorno) con quelli di placebo e Copaxone®. Anche
in questo caso è emersa una diminuzione del tasso di recidive
e delle nuove lesioni evidenziate dalla RMN cerebrale rispetto al placebo, anche se lo studio non ha evidenziato un effetto
significativo sulla progressione della disabilità. Complessivamente, in questi studi non sono stati rilevati eventi avversi gravi. All’inizio della terapia sono stati descritti effetti collaterali
quali sintomi di flushing (vampate) e disturbi gastrointestinali
(diarrea, nausea, dolori addominali).
so di riduzione delle recidive evidenziato è stato di oltre il 50%
rispetto all’interferone beta-1a. In questo studio non è stato
tuttavia possibile rilevare alcun miglioramento significativo
della progressione della disabilità. In un secondo studio sono
stati trattati circa 800 pazienti che non avevano risposto positivamente ai farmaci già disponibili per il trattamento della
SM, e che presentavano una storia di malattia più prolungata.
Anche in questo caso la terapia con alemtuzumab su due anni
si è associata ad una riduzione del tasso di recidive del 50%, e
della progressione della disabilità di circa il 40%. Alentuzumab, indubbiamente molto efficace nel trattamento della SM, si
associa tuttavia a effetti collaterali spesso gravi. Oltre alle reazioni infusionali, tra gli effetti collaterali bisogna ricordare che
alembtuzumab puo’ generare nuove malattie autoimmuni, piu’
frequentemente a carico della tiroide, ma anche ematologiche
(porpora trombotica trombocitopenica) o dei reni. Inoltre, il
farmaco espone ad un rischio di infezioni rilevante. Infine, va
segnalato che questa terapia prevede uno stretto follow up medico che deve essere condotto per anni dopo l’ultima infusione.
Conclusioni
Anche se questi tre nuovi preparati non guariscono la SM, rappresentano una buona soluzione integrativa agli approcci terapeutici già disponibili. L’utilizzo nella pratica clinica dimostrerà come debbano essere inserite queste nuove terapie nel
panorama delle possibilità di trattamento già esistenti. Disporre di più opzioni, tuttavia, è sempre e comunque un vantaggio
per il paziente.
Testo: Dr. Maria Rasenack, Ospedale universitario di Basilea
e Prof. Dr. Tobias Derfuss, membro del Consiglio scientifico della
Società svizzera SM, Ospedale universitario di Basilea
Alemtuzumab – un principio attivo
L’alemtuzumab è un anticorpo monoclonale diretto contro una
proteina che si trova principalmente sulla superficie dei globuli
bianchi maturi (linfociti). La somministrazione di alemtuzumab porta ad una netta e duratura riduzione di questi linfociti
nella circolazione sanguigna. Già nel 1991 sono stati condotti i
primi studi con questo farmaco nel trattamento della SM. Sono
tuttavia di recente pubblicazione i due studi di fase III sulla
base dei quali è stata fatta richiesta di licenza per la commercializzazione di alemtuzumab. In un primo studio, condotto su
circa 600 soggetti, è stato effettuato un confronto tra interferone beta-1a e alemtuzumab in pazienti ai quali la SM era stata
diagnosticata da meno di 5 anni, e che sino a quel momento
non avevano ricevuto alcuna terapia specifica per la SM. Il tasFORTE
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