UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PARMA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEGLI ALIMENTI
________________________
Tesi di Laurea Magistrale in
Scienze e Tecnologie Alimentari
UTILIZZO DEI GRILLI (ACHETA DOMESTICUS) NEGLI
ALIMENTI: ALLEVAMENTO, PROCESSO, APPLICAZIONI
CRICKET UTILIZATION (ACHETA DOMESTICUS) ON
FOODS: BREEDING, PROCESSES, APPLICATIONS
Relatore:
Laureando:
Prof. Franco Antoniazzi
Baingio Filia
Correlatore:
Dott. Lorenzo La Torre
Anno Accademico 2014-2015
INDICE
1
INTRODUZIONE……………………….…………………………….…………........1
1.1
Ecosostenibilità………………………………………………………………………...1
1.2
Entomofagia nel mondo…………………………………………………......………...5
1.3
Storia dell’entomofagia ……………………………………………………………….8
1.4
Entomofagia in Italia………………………………………………………………....11
1.5
Aspetti nutrizionali…………………………………………………………………...13
1.6
Rischi nell’alimentazione…………………………………………….………...…… 15
1.7
Legislazione…………………………………………………………….…………......17
2
GLI INSETTI……………………………………………………………………...…..19
2.1
Morfologia degli insetti………………………………………………………………..19
2.2
Gli Ortòtteri…………………………………………………….……………………...21
2.3
Acheta domesticus………………….…………………………………………….…….22
3
SCOPO DELLA TESI…………………………………….…………………………..24
4
ALLEVAMENTO…………………………………………………..…………………25
4.1
Generalità sull'allevamento dell'Acheta domesticus....................................................25
4.2
Organizzazione produttiva………………………………………………………...….26
4.3
Prova dieta……………………………………………………………………………..27
4.4
Prova sistemi di allevamento……………………………………………………….....30
5
LA FARINA DI GRILLO………………………….…………………………………35
5.1
Il processo produttivo…………………………………………………………………35
5.2
Analisi centesimale………………………………………………………………….…37
5.3
Analisi microbiologiche sul l'Acheta domesticus e sulla farina di grillo……………38
5.3.1 Bacillus cereus…………………………………………………………………………40
6
APPLCAZIONI NELLE TECNOLOGIE ALIMENTARI…….………………......42
6.1
Pasta fresca…………………………………………………………………………….42
6.1.1 I ravioli crick EAT…………………………………………………………………….44
6.2
Prodotti da forno………………………………………………………………………48
6.2.1 Il pane…………………………………………………………………………………..49
6.3
Altri possibili usi……………………………………………………………………….50
7
MATERIALI E METODI…………………………………………………………….51
7.1
Campionamento……………………………………………………………………….51
7.2
Analisi microbiologiche……………………………………………………………….51
7.2.1 Preparazione del campione…………………………………………………………...52
7.2.2 Preparazione del terreno……………………………………………………………...52
7.2.3 Tecnica di semina……………………………………………………………………...54
7.2.4 Incubazione…………………………………………………………………………….55
7.3
Determinazione dell'umidità………………………………………………………….56
7.4
Determinazione attività dell'acqua (aw)……………………………………………...56
7.5
Water Holding Capacity (WHC)……………………………………………………..56
7.6
Determinazione del colore…………………………………………………………….57
7.6.1 Analisi statistiche………………………………………………………………………58
7.7
Confezionamento………………………………………………………………………58
7.8
Analisi centesimale…………………………………………………………………….59
7.9
Trattamento termico…………………………………………………………………..59
8
RISULTATI E DISCUSSIONE……………………………………..………………..60
8.1
Analisi in conservazione………………………………………………………………60
8.1.1 Water Holding Capacity (WHC)……………………………………………………..60
8.1.2 Water Holding Capacity (WHC) in conservazione………………………………….62
8.1.3 Analisi colorimetrica…………………………………………………………………..64
8.1.4 Analisi microbiologiche……………………………………………………………….68
8.2
Trattamento termico…………………………………………………………………..69
8.2.1 Sterilizzazione………………………………………………………………………….69
8.2.2 Pastorizzazione………………………………………………………………………...69
8.2.3 WHC e analisi colorimetriche………………………………………………………...72
8.3
Prova etanolo…………………………………………………………………………..73
8.4
Processo produttivo……………………………………………………………………74
9
CONCLUSIONI……………………………………………………………….………76
10
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………...……………….….78
Introduzione
1 INTRODUZIONE
1.1
Ecosostenibilità
Da una proiezione del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, la
crescita demografica porterà ad aumento del 38% della popolazione mondiale da 6,9 miliardi
di individui (2010) a 9,6 miliardi di individui (2050). L’esigenza di nutrire una popolazione in
crescita porta inevitabilmente a un incremento della produzione alimentare, ne consegue una
forte pressione sulle già limitate risorse del pianeta: la terra disponibile per l’agricoltura, gli
oceani, l’acqua e l’energia.
Secondo stime della FAO del 2006, il 70% del suolo agricolo è impiegato per l’allevamento
del bestiame. Per soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita, i terreni a disposizione
nei prossimi decenni dovrebbero ulteriormente aumentare, purtroppo si è arrivati quasi al
limite delle terre potenzialmente sfruttabili.
Ne consegue che lo sfruttamento dei terreni dedicati all’agricoltura difficilmente sarà
un’opzione valida e sostenibile. Gli oceani sono sovra-sfruttati, il cambiamento climatico e la
scarsità d'acqua potrebbe avere profonde implicazioni per la produzione di cibo.
Ora circa un miliardo di persone soffrono la fame, quello che si mangia e il come lo
produciamo deve essere rivalutato, c’è la necessità di ridurre i consumi di risorse e gli scarti
alimentari.
Gli insetti offrono da questo lato un’importante soluzione a questo tema e una significativa
opportunità di fondere le conoscenze tradizionali e la scienza moderna in entrambi i paesi sia
sviluppati, sia in quelli in via di sviluppo.
Gli insetti forniscono cibo a basso impatto ambientale, contribuiscono positivamente ai mezzi
di sussistenza, e svolgono un ruolo fondamentale in natura.
Però, questi benefici sono in gran parte sconosciuti alla maggior parte delle persone, infatti si
pensa agli insetti come animaletti fastidiosi o dannosi per colture vegetali e animali, questo
soprattutto nei paesi occidentali. Contrariamente alle credenze popolari, gli insetti non sono
semplicemente "alimenti da carestia" consumati in tempi di scarsità di cibo, molte persone
infatti in tutto il mondo mangiano insetti per scelta, preparati con le più svariate ricette.
I benefici ambientali dall’allevamento e dal consumo di insetti sia come cibo che come
mangime per animali sono fondate su un alto rendimento di conversione degli alimenti. I tassi
di conversione nutrizionale per la carne (cioè quanto mangime è necessario per produrre un
1
Introduzione
incremento in peso di 1 Kg) variano largamente secondo il tipo di animale e delle pratiche di
allevamento utilizzate. In media, gli insetti possono convertire 2 Kg di cibo in 1 Kg di massa,
laddove un bovino necessita di 8 Kg di cibo per produrre l’aumento di 1 Kg di peso corporeo
(fig. 1).
Fig.1- Efficienza di conversione di carne e grilli.
Il vantaggio degli insetti nell’alimentazione diventa così ancora maggiore (van Huis, 2013).
Nakagaki e DeFoliart (1991) hanno stimato che fino al 80% di un grillo è commestibile e
digeribile rispetto al 70% per il pollo e maiale e 55 % per i bovini. Ciò significa che grilli
sono due volte più efficienti del pollo nella conversione in carne, almeno quattro volte più
efficienti dei maiali e 12 volte più efficienti dei bovini (fig. 1). Ciò perché gli insetti sono a
sangue freddo e non richiedono energia per mantenere la temperatura corporea.
Inoltre, la FAO afferma che la produzione zootecnica è tra le maggiori minacce che
l’ambiente deve fronteggiare. La produzione di carne contribuisce per il 14-22% alle
emissioni annuali di gas serra, più di industria e trasporti insieme.
Secondo un documento FAO (2013), la produzione di gas serra di diverse specie di insetti
sarebbe più bassa di quella del bestiame convenzionale. Per esempio, i suini producono dalle
10 alle 100 volte più gas serra per kilogrammo di peso rispetto a quelli prodotti dalle camole
della farina.
Il gas metano, prodotto durante la digestione dei bovini e il protossido d’azoto, durante la
fermentazione delle deiezioni sono gli elementi che contribuiscono all’aumento di questo
2
Introduzione
fenomeno. Senza considerare la grande quantità di acqua necessaria alla produzione di carne
(i bovini necessitano più di 15.000 L d’acqua per produrre un Kg di carne) e dell’immissione
di nitrati conseguente all’uso dei reflui zootecnici, problema che ha spinto anche l’UE ad
emanare una direttiva (91/676/CEE) per limitare i problemi di inquinamento derivanti da tale
pratica.
Gli insetti invece per il loro sostentamento necessitano di molta meno acqua rispetto al
bestiame. Le camole della farina, ad esempio, sono molto più resistenti alla mancanza d’acqua
di quanto non lo siano i bovini. Inoltre l’allevamento di insetti è meno dipendente dalla
disponibilità di terreno.
Fig.2 -produzione di gas a effetto serra e di ammoniaca per kg di guadagno di massa per tre
specie di insetti, suini e bovini da carne.
3
Introduzione
L’importanza degli insetti
Circa 1700 specie di insetti sono inseriti nella dieta tradizionale di circa 2 miliardi di persone,
oltre che come alimento gli insetti offrono una lunga serie di servizi ecologici che permettono
la sopravvivenza dell’uomo. Essi svolgono un ruolo importante come:
-
Impollinatori delle piante (si stima che siano state identificate circa 100.000 specie
impollinatrici e di questi quasi il 98% sono insetti.
-
Migliorano la fertilità del suolo attraverso la bioconversione dei rifiuti. Blatte, larve,
mosche, formiche e termiti ripuliscono la materia vegetale morta, abbattendo la
materia organica fino a quando è in condizioni tali da poter essere consumata da
funghi e batteri. In questo modo, minerali e sostanze nutritive degli organismi
diventano disponibili nel terreno per l'assorbimento da parte delle piante.
-
Effettuano un biocontrollo naturale per le specie dannose; le specie fitofaghe posso
essere controllate da altri insetti con regime alimentare entomofago, permettendo così
di equilibrare la presenza di queste specie dannose, stando così sotto la soglia di danno
economico. Con l’impiego di pesticidi e insetticidi ne consegue la morte della
popolazione dell'insetto parassita che va a diminuire, ma nel ciclo successivo aumenta
in modo esponenziale, questo perché l'insetto parassita in assenza del predatore
naturale può svilupparsi senza essere bloccato.
-
Forniscono inoltre una serie di preziosi prodotti per gli esseri umani come il miele,
propoli, pappa reale o la seta. Le api producono più di circa 1,2 milioni di tonnellate di
miele commerciale all'anno (FAO, 2009), mentre bachi da seta producono più di
90.000 tonnellate di seta (Yong-woo, 1999). Un altro esempio è la tintura rossa
prodotta dalle cocciniglie, che viene utilizzata come colorante alimentare (E120),
utilizzato in divere bevande; forniscono anche tessuti e prodotti farmaceutici: la
resilina, una proteina gommosa che consente di far saltare gli insetti, è stata impiegata
in medicina per riparare le arterie a causa delle sue proprietà elastiche (Elvin et
al.2005).
-
Possono avere anche applicazioni mediche come la terapia larvale o l’uso di prodotti
delle api come i propoli, pappa reale o veleno impiegati come trattamento di ferite
traumatiche o ustioni.
Dagli insetti è possibile ottenere anche il chitosano, un materiale derivato dalla chitina,
elemento che costituisce l'esoscheletro di insetti, è stato considerato come potenziale polimero
a base biologica, intelligente e biodegradabile per imballaggi ad uso alimentare. Tali
imballaggi naturali possono acclimatare l'ambiente interno, proteggendo il prodotto da
4
Introduzione
contaminazioni e microrganismi alimentari. In particolare, il chitosano presenta attività
antimicrobica contro batteri, muffe e lieviti (Cutter, 2006; Portes et al., 2009). Tuttavia, il
polimero chitosano è sensibile all'umidità e potrebbe quindi essere inutilizzabile nella sua
forma naturale (Cutter, 2006).
Inoltre, gli insetti hanno trovato un ruolo anche nelle culture umane come elementi di
raccolta, di collezione, ornamentale ma anche in film, arti visive e letteratura e hanno ispirato
anche la tecnologia e metodi ingegneristici.
Fig.3 – l’Agriprotein in Sudafrica, produce larve di mosche a partire da scarti industriali ed agricoli, è la
prima fabbrica al mondo di insetti.
1.2
Entomofagia nel mondo
L'entomofagia (dal greco éntomos, "insetto", e phฤƒgein, "mangiare"), è un regime dietetico,
obbligato o facoltativo, che vede gli insetti come alimento.
La pratica di mangiare insetti risale a migliaia di anni ed è stato documentato in quasi ogni
parte del mondo.
Nei tempi moderni, tuttavia, il consumo di insetti è diminuito in molte società ed è a volte
ridicolizzato come antiquato o come un alimento malsano.
Tuttavia, nonostante siano disgustosi ai nostri occhi, sarebbe più giudizioso riconsiderarne
meglio il loro valore. L'analisi scientifica conferma numerosi benefici nutrizionali di molti
insetti, assieme a tutti i benefici ambientali già citati precedentemente.
Gli insetti sono una fonte di cibo altamente nutriente e sana, con un alto contenuto di grassi,
proteine, vitamine, fibre e minerali.
Il loro valore nutrizionale è molto variabile a causa della vasta gamma di specie di insetti
commestibili (circa 1700 specie nel mondo). Anche all'interno dello stesso gruppo di specie, il
loro valore nutrizionale varia a seconda della fase di sviluppo dell’insetto, dall’habitat in cui
5
Introduzione
vive ed inoltre è influenzato dalla sua dieta. Ad esempio, la composizione degli acidi grassi
insaturi omega-3 e omega-6 delle larve è paragonabile a quello del pesce (superiore a bovini e
suini) e il contenuto in proteine, vitamine e minerali è simile a quella della carne e pesce.
Le specie commestibili di insetti, nei paesi dove sono tradizionalmente consumati, vengono
catturati direttamente in natura. Tuttavia, alcune specie di insetti, come api e bachi da seta,
hanno una lunga storia di domesticazione a causa del valore dei loro prodotti. Gli insetti sono
anche allevati in gran numero ai fini del controllo biologico (ad esempio come predatori e
parassitoidi), ecologico (biogas), per scopi medici, di impollinazione o per allevamento di
rettili.
Un esempio è l’allevamento delle mosche soldato (famiglia Stratiomyidae), che
sull’ambiente, hanno diversi benefici come:
la riduzione del volume dei rifiuti (valore stimato attorno al 30-55% in due settimane);
l’abbattimento del carico inquinante dei rifiuti (in termini di azoto, fosforo, sostanza
organica) e degli odori;
la facilità di recupero delle pupe per la produzione di biocarburanti, biogas, fertilizzante o
mangimi.
L’allevamento di insetti per il consumo umano invece, è un concetto nuovo, ma già in alcuni
paesi come la Thailandia o il Vietnam, da alcuni anni sono presenti aziende che li allevano,
soprattutto grilli. Le cosiddette “cricket farm” che, oltre a produrre mangime per animali,
buona parte della loro produzione è destinata all’alimentazione umana, soprattutto come fonte
alternativa di proteine.
Nelle zone più temperate, l'allevamento di insetti viene effettuato in gran parte da imprese a
conduzione familiare che alleva larve della farina, grilli o cavallette in grandi quantità,
principalmente per gli animali domestici o per i giardini zoologici. Alcune di queste aziende
solo di recente sono state in grado di commercializzare insetti come alimenti e mangimi, ma
comunque la parte della produzione destinata all'alimentazione umana diretta è ancora
minima.
E’ un alimento venduto soprattutto come cibo da strada nelle strade di molte città thailandesi,
che riesce a garantire un facile reddito a molte famiglie grazie al quantitativo minimo di terra
che il loro allevamento richiede.
A livello globale, gli insetti più comunemente consumati sono i coleotteri (Coleoptera) (31
%), bruchi (Lepidoptera) (18 %) e api, vespe e formiche (Hymenoptera) (14%). A seguire
6
Introduzione
troviamo: cavallette, locuste e grilli (ortotteri) (13 %), cicale, cicaline, planthoppers,
cocciniglie (Hemipera) (10 %), termiti (Isoptera) (3 %), le libellule (Odonata) (3 %), mosche
(Diptera) (2 %) e di altri ordini (5 %).
Nella maggior parte dei paesi occidentale, tuttavia, la gente vede l’entomofagia con disgusto e
associa il mangiare insetti come un comportamento primitivo. Questo atteggiamento ha
provocato l'abbandono di insetti come fonte di cibo.
Nonostante tutti i riferimenti storici che verranno fatti nel successivo paragrafo, il tema
dell’entomofagia ha solo di recente iniziato a catturare l'attenzione del pubblico in tutto il
mondo.
Fig. 4 -numero di specie edibili registrate.
7
Introduzione
1.3
Storia dell’entomofagia
L’uomo ho spesso considerato gli insetti più come parassiti che come fonte di nutrimento
accrescendo i pregiudizi psicologici relativi al loro consumo che oggi caratterizzano il
pensiero occidentale (Tommaseo-Ponzetta e Paoletti, 2005).
Periodo preistorico
Attraverso l’archeologia, poco si sa del periodo preistorico, non sono stati riportati alla luce
strumenti specifici impiegati per la preparazione degli insetti, non lasciando residui non sono
stati trovati neppure resti di insetti, al contrario di scheletri di grossi mammiferi in relazione ai
resti di insediamento umano.
Nella preistoria più recente però, con l’introduzione della cottura si è iniziato a trovare resti di
insetti arrostiti nelle ceneri. Spesso i resti ritrovati sono residui di chitina, una componente
non digeribile dell’esoscheletro dell’insetto adulto. Le larve invece, sono di difficile
distinzione.
Principalmente però in quel periodo l’uso degli insetti era maggiormente ornamentale o
simbolico, come nel caso delle api o degli scarabei per gli Egizi, o protagonisti nelle incisioni
rupestri, come alcune raffigurazioni di locuste trovate in alcune grotte della Francia.
Storia antica
La storia antica è quel periodo storico, successivo alla preistoria, che va dall’introduzione
della scrittura, databile tra il V ed il III millennio a.C. al IX secolo d.C. periodo che
comprende la caduta dell’Impero Romano in Europa, la Dinastia Qin in Cina (II secolo a.C.),
l’Impero Chola in India e gli eventi di arco temporale meno definiti come quelli delle regioni
australiane o nelle Americhe.
Per dimostrare il consumo di insetti nel periodo della storia antica dobbiamo fare riferimento
ai documenti scritti che tuttavia hanno il limite di informarci solo riguardo alle abitudini
alimentari di una certa classe sociale (di solito famiglie reali) e che quindi non ci forniscono
un quadro completo della dieta di quel periodo. Non possiamo quindi escludere che tra i ceti
più bassi non fossero parte dell’alimentazione anche gli insetti.
Anche la Bibbia tratta l’argomento dell’entomafagia, lo fa nel Levitico soprattutto in
riferimento a proibizioni alimentari ma la necessità di una proibizione, peraltro non estesa a
tutti gli insetti, mostra come questo fosse già allora un argomento di interesse. Tra i vari
8
Introduzione
divieti c’è quello di mangiare animali acquatici privi di squame e pinne che include anche gli
insetti acquatici consumati ancora oggi in molti paesi del mondo.
Inoltre alcuni versetti del sacro testo sono proprio dedicati agli insetti con precisi indicazioni
sul loro riconoscimento.
Anche i Vangeli testimoniano il consumo di insetti riferendosi a Giovanni
Battista: “Si nutriva di locuste e miele selvatico” (Mt 2,4 Mc 1,6).
Tuttavia numerose testimonianze e libri di ritualistica affermano che questo consumo era
praticato anche in numerose comunità ebraiche del Maghreb (Algeria, Tunisia, Marocco),
della Spagna meridionale, dell’Egitto, della Libia, della Palestina, della Turchia. Gli ebrei
dello Yemen inoltre consumano locuste ancora oggi (Toaff, 2006).
In Asia nel 4000 a.C. diverse popolazioni praticavano già l’allevamento del baco da seta e
alcuni autori sostengono si possa ragionevolmente supporre che la scoperta della seta e
l’inizio della produzione di questa sia stata un evento conseguente l’allevamento del baco da
seta a fini alimentari.
Le cavallette rappresentavano un piatto ricercato nella Siria del II millennio a.C. non erano
solo commestibili, ma probabilmente tanto gustose che un sovrano siriano se le faceva
procurare a 200 chilometri di distanza.
Esistono varie testimonianze dello stesso periodo che mostrano come fosse vivo l’interesse
attorno a questa specie. Numerose lettere a sovrani assiri e siriani certificano il problema
dell’invasione di cavallette, dannoso per le coltivazioni. Le strategie in risposta alla necessità
di preservare i raccolti prevedono in genere la cattura, ove possibile, o l’uccisione delle
cavallette. Da sottolineare che la cattura precedeva la spedizione di queste al palazzo reale, gli
insetti dovevano arrivare vivi facendo di certo propendere per un loro utilizzo culinario.
In Babilonia si consumavano zuppe di cavallette, o usavano seccare e mescolare il latte con le
locuste.
Plinio nel suo Naturalis Historia ha discritto il consumo del Cossus diffuso tra gli epicuri
romani. Il Cossus era rappresentato da larve di Lucanus Cervins o Prionus Corioranus che
venivano ingrassate in farina e vino proprio per essere mangiate. Queste passavano i primi
stadi di sviluppo all’interno del legno di quercia e infatti sono definite tarli del legno (Holst,
1885).
Nel mondo mussulmano occidentale, le cavallette, consumate grigliate, sono a volte l’unico
cibo che resta dopo che le stesse hanno devastato i raccolti (Rosenberger, 2006).
9
Introduzione
Il Medioevo è invece un periodo storico caratterizzato da una particolare chiusura nei
confronti del mondo esterno e nella storiografia europea non si fanno accenni a tale pratica.
In tale periodo, invece, il consumo di insetti in Cina è da considerarsi una pratica comune con
differenze tuttavia tra le varie parti di questo enorme territorio. Risulta possibile passare in
rassegna le varie dinastie e valutare come l’entomofagia fosse presente.
Durante le dinastie Tang (618-907 d.C), Han (907-960 d.C), Song (960-1279) e Yuan (12711368) e dei Ming (1368-1662) sono state servite e offrite diverse pietanze come la marmellata
di formiche e successivamente arricchita con larve di coleotteri, nelle ultime dinastie si è
aggiunto anche il consumo di libellule e bacchi da seta.
Storia moderna
Alla corte dell’imperatore Azteco Montezuma (che regnò dal 1502 al 1520) il popolo si
alimentava con 91 specie di insetti preparati in modi diversi: fritti, in salsa, come condimento
ed essiccati per la conservazione (Costa-Neto, 2003).
Nello stesso periodo in Africa gli insetti erano una fonte fondamentale di nutrimento vista
l’assenza di altri prodotti di origine animale.
La carne era reperita e utilizzata in modo occasionale, in relazione alla caccia, per ovvi
problemi di conservazione. Il sale infatti era un prodotto raro nelle regioni non costiere.
Rettili, gasteropodi e insetti costituiscono fonti proteiche meno difficili da stanare.
Labat (1732) riporta che l’italiano Cavazzi scoprì che le termiti rappresentavano un piatto
prelibato per le popolazioni dei regni di Congo, Matamba e Angola (Malaisse 2005).
Smeathman (1781) afferma che il bruco della palma (Rhynchophorus palmarum) veniva
servito a tutti i lussuosi banchetti degli epicuri indiani, in particolare francesi, come la più
grande leccornia nel mondo occidentale.
Riassumendo possiamo vedere come l’entomofagia ha accompagnato la storia dell’uomo, il
suo successivo allontanamento da parte dell’occidente come fonte di cibo può essere data
dall’importanza data all’agricoltura e dalla scomparsa degli insetti di grossa taglia.
Quindi utilizzando gli insetti nella cucina occidentale non è da considerare un cibo nuovo in
senso tradizionale e storico ma più una riscoperta di sapori antichi ed esotici.
10
Introduzione
Fig.5- Insetti in vendita accanto ad altre prelibatezze (nord della Thailandia).
1.4
L’entomofagia in Italia
Un esempio di allontanamento occidentale da questo tipo di dieta è senz’altro l Italia, forte di
una delle cucine più apprezzate e ricche al mondo. La sua grande tradizione agricola (oggi il
3° produttore europeo) e sicuramente la disponibilità di terre fertili ha permesso e portato a
preferire principalmente fonti amidacee come fonte di sostentamento piuttosto che insetti,
soprattutto tra i ceti contadini. Tuttavia nonostante il consumo di insetti sia atipico nella
nostra cucina abbiamo anche noi casi dove ancora oggi alimenti con insetti siano vere e
proprie prelibatezze, purtroppo casi limitati solo alla regione di appartenenza.
Un esempio, il più diffuso in Italia, è il “casu marzu” prodotto in Sardegna; conosciuto anche
come: “casu giampagadu, casu martzu, casu modde, casu becciu, casu fattittu, cassu
'attu, casu cundítu” e con molti altri nomi a seconda della ragione storica dell’isola (fig. 6).
Tutte queste denominazioni vanno a descrivere un formaggio, principalmente pecorino, che
durante il processo di stagionatura è stato colonizzato da larve di “Piophila casei” conosciuta
più comunemente come mosca del formaggio. La mosca del formaggio va a deporre le uova
nella pasta del formaggio (un avvenimento causale prima, voluto in seguito).
Per agevolare la mosca nella deposizione e per aumentarne la superficie a sua disposizione, la
forma viene “scoperchiata”.
In 1-2 giorni le uova si schiudono e le larve iniziano a cibarsi per circa 1-2 settimane della
pasta casearia, digerendo enzimaticamente il formaggio, conferendoli un texture cremosa, un
colore giallastro e un sapore forte, piccante e pungente.
La larva alla fine delle due settimane misura circa 1,2 cm, e sono pronte a impuparsi. Allo
sfarfallamento (dopo circa una settimana), la mosca deve trovare un’altra forma di formaggio
sul quale deporre le uova.
Il periodo di maturazione complessivo del “casu marzu” dura dai 2 ai 6 mesi.
11
Introduzione
Fig. 6 -forma di “casu marzu”.
A causa del mancato rispetto delle norme igieniche e sanitarie stabilite dall’unione europea,
non è consentita ne la commercializzazione ne la produzione.
Per salvaguardarne il prodotto attualmente è stato inserito nella PAT (prodotti agroalimentari
tradizionali italiani): tale riconoscimento certifica che la produzione è codificata da oltre 25
anni così da poter richiedere una deroga rispetto alle normali norme igienico-sanitarie.
La ragione Sardegna per proteggere ulteriormente il prodotto ha fatto richiesta all’Unione
Europea per la DOP. Anche se è un prodotto che ha bisogno di ulteriori studi sui punti
igienico-sanitari della sua produzione per poter essere commercializzato, il “casu marzu”
senza dubbio è un prodotto che si cerca di valorizzare nonostante presenti tradizionalmente
insetti, dove la loro presenza è addirittura considerata organoletticamente positiva.
Anche in Italia quindi, come in altre parti del mondo, non possiamo considerarci un popolo
che tradizionalmente non mangia insetti, questa ne è la prova.
12
Introduzione
1.5
Aspetti nutrizionali
Gli ottimi aspetti nutrizionali degli insetti fanno sì che possano essere seriamente presi in
considerazione come valido contributo per una dieta umana.
Dare risultati su questi aspetti è difficile, perché, oltre ad avere diversificazioni a seconda
della specie, le si hanno anche a seconda della loro dieta, dell’habitat in cui vivono e a
seconda dello stadio di vita.
Inoltre, come la maggior parte degli alimenti, le fasi di lavorazione e preparazione, cosi come
i metodi di cottura vanno a influire sugli aspetti nutrizionali.
Tab.1- composizione centesimale di alcune specie di facile reperimento in Italia. Umidità tal quale.
Proteine, lipidi, ceneri, fibra in % sulla sostanza secca (Giaccone, 2005).
Proteine
Comunque generalmente le specie edibili presentano alte percentuali di proteine, tant’è che
nei paesi poco sviluppati è una fonte proteica importante, in occidente invece la potremo
considerare come una fonte proteica alternativa agli alimenti di origine animali (tab. 1).
Purtroppo su quanto siano digeribili queste proteine si sa poco; uno studio afferma che il
bruco del Mopane abbia una digeribilità proteica dell’85.8 % un assimilabilità del 78,8% ed
un utilizzo netto del 67,8%, inferiore a quello delle uova (93,5%) e simile a quello della soia
(61%). Son state fatte anche delle prove di digeribilità in vitro, dove per molte specie di
insetto è stata stimata tra il 77,9% e il 98,9% (Bukkens, 2005).
Calorie
Forniscono inoltre una buona fonte di energia, per l’alto contenuto in grassi (specialmente
larve). Presentano un contenuto calorico superiore ai cibi più comuni, solo la carne di maiale
ne possiede un quantitativo maggiore.
13
Introduzione
Lipidi
Gli insetti rappresentano un alimento piuttosto ricco di grassi, con percentuali variabili in
relazione alla specie (tab. 2), molto influenzate dal tipo di alimentazione.
Tab.2- alimenti a base di insetti: grassi totali % sul tal quale; SFA= ac. grassi saturi, MUFA= ac. grassi
monoinsaturi e PUFA= ac. grassi polinsaturi in % sui lipidi totali (Bukkens,2005).
Tutti gli alimenti a base di insetti analizzati sono fonti significative di a.linoleico (C18:2,n-6)
e a.linolenico (C18:3,n-3). Non sembrano invece essere fonti importanti di a.arachidonico
(C20:4,n-6) e acido docosaesaenoico (C22:6,n-3).
Per quanto riguarda il colesterolo gli insetti presentano una caratteristica importante: non sono
in grado di sintetizzare steroli.
Fibra
La fibra presente negli insetti è rappresentata dalla chitina, una fibra insolubile di cui ne è
costituito l’esoscheletro. Sul contenuto in fibra sono presenti diversi dati, ma attraverso una
ricerca in letteratura si è notato che i risultati trovati si discostano molto tra di loro a parità di
specie, probabilmente oltre alle differenze all’interno delle specie analizzate c’è anche un
problema di metodica che spesso le rende di difficile comparazione. Nel 2007 Finke ha
stimato che il contenuto di chitina nelle specie di insetti allevati commercialmente come cibo
per insettivori, vanno da 11,6 mg a 137,2 mg per kg di sostanza secca.
14
Introduzione
Minerali e vitamine
In merito non esistono molti dati sul loro contenuto negli insetti.
E’ presente una buona percentuale di Ferro, anche se è da valutare quanto sia effettivamente
assorbibile.
Il contenuto in Ca invece é maggiore rispetto alle carni convenzionali ma minore rispetto al
latte intero.
Gli insetti edibili spesso ne sono poveri, così come di Sodio, ma sono ricchi in Zinco,
Potassio e Magnesio (Ramos-Elorduy, 2005).
Gli insetti sono ricchi anche di altri micronutrienti come Rame, Magnesio, Manganese,
Fosforo, Selenio e Zinco.
Per quanto riguarda le vitamine invece Bukkens (2005) ha mostrato tutta una serie di insetti
dove il contenuto di tiamina variava da 0,1 mg a 4 mg per 100 g di sostanza secca, la
riboflavina variava da 0,11-8,9 mg per 100 mg. La vitamina B12 (che è presente solo in
alimenti di origine animale) è presente nella larva e nell’adulto del Tenebrio Molitor (0,47 µg
per 100 g) e nell’Acheta domesticus, 5,4µg per 100 g negli adulti e 8,7 g per 100 g nelle
ninfe). Tuttavia molte altre specie presentano livelli di B12 molto bassi (Bukkens, 2005;
Finke, 2002). Di vit. D invece sono ricche alcune larve di api, mentre larve di coleotteri,
specialmente Rhynchophorus palmarum (coleotteri) sono risultate ricche di vitamina A ed E.
1.6
Rischi nell’alimentazione
Non ci sono casi conosciuti di trasmissione all’uomo di malattie o parassiti causati dal
consumo di insetti (a condizione che gli insetti siano trattati nelle stesse condizioni sanitarie di
qualsiasi altro cibo da consumare previa cottura). Inoltre in confronto a mammiferi e uccelli,
gli insetti possono presentare meno rischi di trasmettere zoonosi all’uomo e al bestiame,
sebbene questo richieda ulteriori ricerche.
Allergeni
Come la maggior parte cibi contenenti proteine, gli artropodi possono indurre reazioni
allergiche agli esseri umani sensibili. Questi allergeni possono provocare eczema, dermatiti,
rinite, congiuntivite, congestione, angioedema e asma bronchiale.
Possiamo avere casi in cui le persone presentano già un ipersensibilità allergica ma anche casi
in cui è possibile sviluppare questa sensibilità allergica attraverso l'esposizione a lungo
termine (esempio nel caso degli operari agricoli) attraverso l’inalazione di polvere di insetti
15
Introduzione
vari, o al loro materiale fecale, ma anche per contatto (Phillips e Burkholder, 1995; Barletta e
Pini, 2003).
Alcuni studi suggeriscono che le persone con allergia ai frutti di mare, potrebbero avere
reazioni allergiche anche per il consumo di insetti. Si consiglia di non consumare larve di api
se si è allergici al polline (Chen et al.,1998). Per il consumo di Ortotteri sono stati registrati
solo sintomi asmatici. Tuttavia, anche se attraverso operazioni di cottura o di lavorazione
degli insetti le componenti allergeniche non vengono eliminate, la maggior parte delle
persone se non presentano allergie a lungo termine o non presentano allergie verso gli
artropodi non avranno problemi significativi nel consumarli.
Microbiologia
Ad oggi non si son fatti molti studi sulla flora batterica degli insetti. In analisi generiche fatte
su insetti in allevamento hanno segnalano elevate cariche microbiche totali (105/106 ufc/g) e
Gram – come i Coliformi totali e fecali. Tra i batter gram + risultavano prevalentemente
Micrococcus spp. e Lactobacillus spp. In quantitativi anche superiori a 105 ufc/g, mentre gli
Staphylococcus spp. non superano i valori di 103 ufc/g. Per quanto riguarda la Salmonella
spp. e L. monocytogenes nei campioni testati non sono state identificate.
Tossine
Diversi insetti, ad esempio coleotteri tenebrionidi, producono sostanze cancerogene e
tossiche, sostanze che entrano a far parte spesso dei meccanismi di protezione da altri
predatori. Di queste specie solo l’adulto le possiede, quindi il consumo del suddetta insetto
allo stato larvale non causa nessun problema. Nella maggior parte degli insetti edibili questo
problema non sussiste.
Anche la presenza di pesticidi negli alimenti per gli insetti può causare tossicità, per gli insetti
non è un problema, ma lo è per chi li consuma. Un argomento che sicuramente dovrà essere
preso in considerazione nel caso di una legiferazione di questo alimento in Italia, così come la
scelta qualitativa del mangime.
Metalli pesanti
Gli insetti possono ingerire metalli pesanti derivati dall'ambiente, questi si bio-accumulano
nelle cellule di diversi organi. Anche se questo accumulo di metalli non è letale per gli insetti,
può essere tossico per chi se ne ciba.
16
Introduzione
Per l’allevamento di insetti è importante garantire che il mangime somministrato sia privo di
questi contaminanti.
1.7
Legislazione
Attualmente in Italia manca una legislazione che permetta la vendita e il consumo di insetti.
L’autorità europea sulla sicurezza alimentare (EFSA) a fine anno 2015 potrebbe dare un
parere sulla possibilità di poter allevare e commercializzare insetti per uso umano. Il giudizio,
se positivo, dovrà inoltre essere recepito poi dagli stati membri UE; in caso contrario ci
potrebbe essere una possibilità di attraversare la procedura per entrare nella categoria “novel
foods”.
A tal proposito in Belgio è stata emanata dall’Agenzia Federale per la Sicurezza della Catena
Alimentare (FASFC) una circolare concernente l'allevamento e la commercializzazione di
insetti per il consumo umano. Attraverso questa circolare è possibile in Belgio allevare e
commercializzare insetti e alimenti a base di insetti per consumo umano ma non esportarli (in
attesa della legge europea).
E’ una legge che non è applicata ai mangimi per animali da allevamento.
Dal regolamento (CE) 258/97 gli alimenti o ingredienti alimentari che non sono impiegati per
il consumo umano a un livello significativo nell'Unione europea prima del 15 maggio 1997,
vengono considerati nuovi alimenti o nuovi ingredienti alimentari (“novel food”). Gli alimenti
di tale categoria prima di essere immessi legalmente sul mercato devono essere valutati e
ricevere l’autorizzazione europea.
Per quanto riguarda gli insetti per il consumo umano, la Commissione europea ha condotto un
sondaggio tra tutti gli Stati membri, al fine di conoscere quali sono gli insetti immessi sul
mercato alimentare. L'autorità belga ha per questo scopo ha presentato una lista di insetti
proposti per il consumo umano in Belgio (tab. 3).
17
Introduzione
House cricket
Giant mealworm
Acheta domesticus
Locusta migratoria
migratorioides
Zophobas atratus morio
Mealworm
Tenebrio molitor
Buffalo worm
Alphitobius diaperinus
Wax worm
Galleria mellonella
American desert locust
Schistocerca americana gregaria
African migratory locust
Tropical house cricket/banded
cricket
Lesser Wax Moth Worm
Silkworm
Gryllodes sigillatus
Achroia grisella
Bombyx mori
Tab.3 -elenco delle specie di insetti autorizzate dal FASFC in Belgio.
Tuttavia, questa tolleranza non è applicabile per gli ingredienti alimentari isolati dagli insetti,
come ad esempio gli isolati proteici, perché non sono ancora stati esaminati come “novel
food”.
Assieme alla possibilità di poter commercializzare gli insetti, si aggiungono poi tutto un
insieme di norme che devono essere seguite: il rispetto delle buone prassi igienico- sanitarie,
la rintracciabilità, la notifica obbligatoria, l’etichettatura e un sistema HACCP di autocontrollo.
La legislazione alimentare autorizza tutte le materie prime per mangimi, tranne se alcuni di
questi sono esplicitamente proibite (come definito dal reg. (CE) N. 767/2009) E’ proibito
inoltre utilizzare farine animali e rifiuti della ristorazione o residui di cibo come fonte
alimentare(CE) n 1069/2009.
Anche Italia si fa riferimento al regolamento CE 258/1997 sui “novel food” e sicurezza
alimentare, per alimenti di origine animale non convenzionali quali rane e lumache, gli insetti
però non vengono nominati.
18
Gli insetti
2 GLI INSETTI
La parola insetto deriva dalla parola insectum latina, che significa "con un corpo dentata o
divisa ", letteralmente" tagliato in sezioni " (meglio definita come metameria eteromona). Nel
corpo degli insetti sono facilmente evidenziabili tre sezioni distinte: capo, torace e addome.
Gli insetti appartengono al grande phylum degli Antropodi che, tra gli Invertebrati, ha avuto il
più elevato indice di successo evolutivo, si conoscono infatti, circa un milione di specie, che è
più della metà di tutti gli organismi viventi noti. Il numero totale di specie è stimata a 6-10
milioni, rappresentano potenzialmente oltre il 90% delle diverse forme di vita animale sulla
Terra.
Gli Artropodi sono riusciti a colonizzare praticamente tutti gli ecosistemi e quasi tutti gli
ambienti anche se solo un piccolo numero di specie si trovano negli oceani, un habitat
dominato da un altro gruppo artropodi, crostacei.
I loro resti fossili risalgono al periodo Cambriano (540 milioni di anni fa), ma i loro
progenitori, gli Anellidi, si sono voluti ancora prima.
L’evoluzione dagli Anellidi agli Artropodi ha certamente modificato molti caratteri, tuttavia
alcuni sono rimasti; tra questi, riveste maggior significato la metameria che rimane in molti
Artropodi adulti e certamente in tutte le forme embrionali. Il loro successo, e
conseguentemente anche degli insetti, è da ricercarsi nella comparsa dell’esoscheletro che
riveste il corpo, lo protegge e consente anche una grande mobilità, persino aerea.
Il loro successo evolutivo è, forse, dovuto proprio all’acquisizione del volo che ha consentito
la massima espansione territoriale e nutrizionale, permettendoli di accedere alle più svariate
fonti alimentari.
2.1
Morfologia degli insetti
Come già accennato, il corpo degli insetti è diviso in tre parti distinte: capo, torace e addome.
A sua volta il capo è formato da sei segmenti, il torace da tre e l’addome da undici; spesso
però il riconoscimento dei segmenti è impossibile, come quelli del capo, che risultano saldati
tra di loro.
Il capo si presenta l’apparato boccale, le antenne, gli occhi composti e spesso anche gli occhi
semplici
Sul torace di un insetto adulto invece si articolano tre paia di zampe e nella maggior parte dei
casi due paia di ali, tuttavia alcuni ordini ne hanno soltanto una mentre altri posseggono ali
atrofizzate o sono atteri.
19
Gli insetti
L’addome, che nell’adulto non porta mai zampe di alcun tipo, termina spesso con svariati tipi
di prolungamenti caudali, per lo più utilizzati come organi copulatori o per la deposizione
delle uova.
Il corpo degli insetti è rivestito da una cuticola protettiva più o meno ispessita, formata da una
sostanza cornea, la chitina, che forma l’esoscheletro. Questo è suddiviso in diverse parti rigide
o scleriti, unite da sottili membrane elastiche, in modo tale che il corpo possa essere dotato di
flessibilità.
La parte più piccola del corpo è costituita dal capo. Esso può avere forme diverse ed in
rapporto al corpo può assumere tre posizioni differenti: proiettato in aventi (prognato)
inclinato verso il basso (ortognato), oppure piegato verso il dietro (opistognato).
Il capo, su cui si osservano svariate suture, porta la bocca, le antenne e gli occhi semplici e/o
composti. In avanti, sopra la bocca, si trova il labro superiore che protegge le mandibole.
Sopra il labro abbiamo una parte trasversale chiamata clipeo portandoci sulla parte superiore
troviamo la fronte, la sommità del cranio e l’occipite. Disposte dietro gli occhi in posizione
laterale, discendenti verso la bocca, vengono le guance. Osservando il capo dal basso si può
distinguere il labro inferiore. Spesso tutte queste parti non sono differenziate l’una dall’altra.
Le antenne sono presenti su tutti gli insetti, ad eccezione di Proturi, sono inserite nella regione
frontale in varie posizioni ed articolate in fossette (toruli); l’antenna è costituita da articoli o
antennomeri in numero vario. Le antenne presentano varietà e forma a seconda della specie,
dello stadio di sviluppo e dal sesso; possono essere filiformi, moniliformi, genicolate,
lamellate, clavate ecc.
Queste sono sede di organi recettori chimici, tattili e termici.
Nella parte posteriore del capo si trova l’apparato boccale, questo data l’estrema varietà di
abitudini alimentari che gli insetti hanno differenziato nel corso della loro evoluzione, ha
subito significative modificazioni a partire da quello masticatore, considerato il più primitivo.
I principali tipi sono:
-
Masticatore tipico;
-
Masticatore-lambente;
-
Masticatore-lambente-succhiante;
-
Succhiante non perforante;
-
Succhiatore-perforante;
-
Pungente-succhiante;
-
Pungente-succhiante-lambente;
-
Lambente-succhiante.
20
Gli insetti
Lo sviluppo degli insetti
La maggior parte degli insetti è ovipara e si riproduce deponendo le uova. Queste di
regola sono fecondate internamente, ma abbiamo casi dove le femmine depongono le
uova non fecondate (partenogenesi), altri sono vivipari e danno vita a una progenie viva, e
in alcuni casi abbiamo che le uova si schiudono immediatamente dopo la deposizione,
essendo state incubate all’interno della femmina (ovoviviparo).
Dalla nascita della larva l’insetto inizia il suo complicato ciclo di sviluppo, dove subisce
profondi cambiamenti morfologici tramite successive metamorfosi, che seguono vie
diverse a seconda degli ordini, e che si svolgono secondo due linee fondamentali: alla
prima vi appartengono gli insetti emimetaboli, dotati di metamorfosi incompleta, nella
seconda sono inseriti gli olometaboli con metamorfosi completa.
La metamorfosi incompleta è certamente la più semplice è consiste in tre stadi: uovo,
larva e adulto. Gli stadi larvali variano tra di loro, ma sono simili all’adulto. Ad ogni
stadio successivo corrisponde un accrescimento del corpo e degli astucci alari, finché
dall’ultima larva si origina l’adulto. L’immagine differisce dalla larva per la taglia
maggiormente per le ali completamente sviluppate e per essere sessualmente matura.
In questo tipo di metamorfosi lo sviluppo prosegue senza interruzioni e senza stadi di
riposo. Tra gli insetti dotati di metamorfosi incompleta troviamo: odonati, omotteri,
isotteri, ortotteri ecc.
La metamorfosi olometabola differisce dalla precedente per la presenza di uno stadio
ninfale, articolandosi quindi su 4 tappe: uovo, larva, ninfa o pupa e adulto. Se la ninfa
sembra un versione ridotta e priva di ali dell’adulto, la larva in tutte le sue fasi di crescita
non gli assomiglia affatto. Anche la differenza tra larva e ninfa è altrettanto evidente.
Giunta la maturità la larva si trasforma in ninfa, nella quale avvengono le profonde
trasformazioni che porteranno alla formazione dell’adulto. Gli insetti che hanno proprio
questo tipo di ciclo sono: i coleotteri, i lepidotteri, gli imenotteri e i ditteri ecc.
2.2
Gli Ortòtteri
Ordine (Orthoptera, dal greco orthópteros, dalle ali diritte) di Insetti Pterigoti di dimensioni
medie o grandi. Gli Ortotteri conducono una esistenza terrestre e posseggono un corpo
pressoché cilindrico solitamente più o meno tozzo, schiacciato in senso laterale. Molti sono
caratteristici per le loro forme mimetiche. Hanno un capo prognato, munito di apparato
boccale di tipo masticatore; le antenne in taluni casi sono molto lunghe e filiformi (Ensiferi),
in altri brevi (Celiferi); gli occhi sono ben sviluppati, mentre gli ocelli possono mancare.
21
Gli insetti
Il protorace è libero e di notevoli dimensioni; delle zampe, quelle appartenenti alle due prime
paia svolgono funzioni deambulatorie, mentre quelle posteriori, allungate e con robusti
femori, servono al salto. Portano due paia di ali, queste però possono essere ridotte o
addirittura assenti, le anteriori sono strette e coriacee (tegmine), quelle posteriori ampie e
membranose, a volte vivacemente colorate. L'addome è formato da 11 segmenti dove nella
parte distale sono presenti dei brevi cerci (sedi degli organi sensoriali), mentre nelle femmine
i cerci sono rilevanti e presentano un prolungamento chiamato un ovopositore di forma
spadiforme che va a formare il sistema riproduttivo femminile.
Negli ortotteri sono presenti particolari organi uditivi soprattutto sull'addome, nonché di
organi
stridulatori
sui
femori
o
alla
base
delle
ali
anteriori.
Gli
Ortotteri,
raramente partenogenetici, depongono le uova nel terreno e nei vegetali; le forme alate
presentano un distinto stadio di ninfa. All'ordine appartengono oltre 10.000 specie, in gran
parte proprie delle regioni calde talune delle quali possono risultare fortemente dannose alle
colture e alla vegetazione; spesso mostrano un gregarismo assai spiccato.
A questo ordine fanno parte tutti i grilli e le cavallette.
L’ ordine stesso è suddiviso in due sottordini, quello degli Ensiferi e quello dei Celiferi, per
un totale di oltre 15.000 specie; in Italia sono presenti 333 specie, 88 delle quali endemiche
del nostro paese.
2.3
Acheta domesticus
Il grillo domestico (Acheta domesticus; LINNAEUS, 1758) è un insetto appartenente al
sottordine degli ensiferi, più precisamente alla famiglia Gryllidae, è un insetto originario
probabilmente dell'Asia sud-occidentale e importato in America nel XVIII secolo.
È un insetto prevalentemente notturno, anche se, secondo l'Università del Missouri Extension,
durante le ore di buio, molti grilli sono attratti dagli edifici illuminati. Presentano un regime
alimentare prevalentemente onnivoro, nutrendosi di verdure, cereali e frutta ma anche di
rifiuti alimentare creati dall’uomo. In condizioni di stress si possono notare anche fenomeni di
cannibalismo.
Il corpo e il capo sono di colore bruno-giallastro con macchie e bande nere, la dimensione
dell’adulto si aggira attorno i 16-21 millimetri. Ha lunghe ali posteriori che sporgono da
quelle anteriori (tegmine), più rigide. Le femmine si differenziano dai maschi per la presenza
di un ovopositore che può arrivare a misurare sino a 15mm. L'ovopositore è marrone-nero, ed
è circondato da due appendici. Sia i maschi che le femmine presentano negli ultimi uriti i
cerci, ma sui maschi tendono ad essere più prominenti. Le ali anteriori dei grilli maschi sono
22
Gli insetti
più corte di quelli delle femmine e i raschietti sono ampliati per poter riprodurre meglio il
suono del canto.
Presentano un ciclo di vita che si completa in due o tre mesi, se in condizioni ottimali (in
allevamento) la durata del ciclo può anche dimezzarsi. Prima di diventare adulto la neanide
attraversa circa sei stadi, con cinque mute dove il grillo passerà da circa 1mm di lunghezza
fino 2 mm. A partire dalla terza muta (quarto stadio) si iniziano a distinguere con facilità i
sessi grazie all'abbozzo di ovopositore esibito dalle femmine.
In grilli, maschi producono inoltre una serie di suoni sfregando una serie di creste presenti
sulle ali anteriori (elitre), come fossero un plettro, contro un raschietto sulla fascia opposta. Si
possono distinguere tre tipi di canto:
1) Il canto della chiamata è un canto regolare, con segnale abbastanza forte che attira le
femmine. Questo è il cinguettio classico che si sente spesso durante le notti estive
2) Il canto di corteggiamento viene utilizzato quando un maschio tenta di accoppiarsi con una
femmina. Il suono è più raschiato e di minore intensità.
3) Il canto aggressivo (chiamato anche di rivalità o di trionfo), è un trillo molto forte, si
produce durante o dopo il combattimento con un altro grillo.
Inoltre la frequenza del suono è un indicatore affidabile della dimensione maschile: un grillo
femmina può capire quanto è grande un maschio semplicemente ascoltando il tono della
canzone.
Fig. 7 –adulti di Acheta domesticus.
23
Scopo della tesi
3 SCOPO DELLA TESI
Nutrire una popolazione in crescita, ridurre lo sfruttamento di risorse, ridurre l’impatto
ambientale, ricercare una fonte proteica alternativa a quella animale; sono tutti temi di
estrema importanza nel quale si può trovare una risposta nello sfruttamento degli insetti. In
questa tesi il tema è incentrato su una specie di insetto ben precisa, l’Acheta domesticus o
grillo domestico, dove lo scopo di questo lavoro è stato quello di creare le basi per un suo
allevamento intensivo e definire un processo produttivo idoneo alla produzione di un
semilavorato derivante da questo insetto e diretto ad un consumo umano.
Data la riluttanza di accettare gli insetti come fonte di proteine e di cibo, soprattutto da parte
di consumatori occidentali, l’idea di un semilavorato può aiutare a superare questa barriera
psicologica ed emotiva. Il semilavorato in esame è chiamato farina di grillo, ovvero una
polvere di grillo, che potrà essere inserita come ingrediente in diversi alimenti al fine di
incrementarne le caratteristiche nutrizionali, soprattutto quelle proteiche.
Su questa farina, sono state eseguite prove di stabilizzazione fisica e microbiologica, analisi
microbiologiche, diverse prove sul prodotto conservazione e sulla capacità di questo di
trattenere l’acqua (WHC) in diverse condizioni.
24
Allevamento
4 ALLEVAMENTO
L’Acheta domesticus o grillo domestico, come più comunemente chiamato, è una specie che
si presta bene all’allevamento soprattutto, come nella maggioranza dei casi, per la produzione
di esche o come alimento di vertebrati insettivori. A tale scopo è già allevato nello stato della
Tailandia da centinaia di azienda a conduzione famigliare e una parte della produzione, anche
se piccola, è impiegata a scopo alimentare umano.
4.1
Generalità sull’allevamento dell’Acheta domesticus
La prima parte del lavoro di tesi è centralizzato sull’allevamento di questo insetto.
Durante il mio primo periodo di tirocinio, svolto nella nascente azienda Unconventional Food,
nei locali di un ex pastificio localizzato a Panocchia (PR), sono state pensate e messe a punto
diverse strategie di allevamento al fine di comprenderne meglio lo sviluppo dell’Acheta
domesticus e individuare le variabili utili per ottimizzarne una futura produzione.
Prima di parlarne però, è utile capire come funziona il loro ciclo di vita e quali sono le
caratteristiche necessarie che un allevamento di grilli deve possedere.
Ciclo di vita
Il ciclo dell’Acheta domestica, come già spiegato precedentemente, è un ciclo tipico di un
insetto eterometabolo, che è costituito da 3 stadi: uovo, neanide e adulto.
Temperatura e umidità nella quale vivono, hanno un’influenza diretta su tutto il loro ciclo
vitale che in condizioni ottimali (25-30°C) può variare dai due ai tre mesi.
In allevamento il ciclo inizia con la schiusa delle uova che avviene a pochi millimetri dalla
superficie del terriccio nella quale sono deposte e dal quale poi escono le piccole neanidi della
grandezza di circa 1mm. Le uova vengono tenute all’interno di celle apposite all’interno di
contenitori plastici riempiti con del terriccio umido che fungono da incubatori, dove quadi
permangono per circa 10 giorni. Il tempo di schiusa delle uova, quando queste sono tenute a
35 °C circa e ad un’umidità relativa del 90%, è di circa 13 giorni. Allontanandosi da queste
condizioni i tempi di schiusa aumentano (possiamo arrivare anche sino a 40 giorni).
I grilli di circa una o due settimane, che ormai hanno raggiunto una lunghezza di circa 1,1-1,3
cm, vengono spostati all’interno di un contenitore e in un ambiente più grande esposto a una
temperatura di 30°C al 50% di umidità, dove qua cresceranno e si riprodurranno sino alla
nuova deposizione delle uova. Durante tutta la crescita la neanide compirà dalle 6 alle 12
25
Allevamento
mute, dove nelle ultime compariranno gli abbozzi alari, importante per emettere il famoso
canto per attirare la femmina.
Le femmine invece, già dalle prime mute si differenziano dai maschi per l’ovopositore che
crescerà sino a raggiungere i 15mm durante le prossime mute.
Le femmine, nei contenitori di crescita, che chiameremo più tecnicamente bins, hanno a loro
disposizione del terriccio umido per permetterli di deporre le uove; è l’umidità del terriccio
che agevola la penetrazione dell’ovopositore, consentendo la deposizione delle uova prima di
essere trasferite in una serie di bins più piccoli per l’incubazione.
Si è notato che le femmine depongono le uova continuamente durante tutta una settimana,
mentre nella settimana successiva il quantitativo di uova settimanali cala drasticamente. In
genere vengono depositate circa 100 uova nell’arco di una settimana. Tra le 6 e le 8 settimane
termina un ciclo di vita dell’Acheta domesticus. Per ragioni produttive però (come si vedrà nel
capitolo successivo) i grilli vengono prelevati dai rispettivi contenitori prima delle 8
settimane.
I bins impiegati per l’allevamento degli insetti sono di materiale plastico di grandezza
70cmX40cmX40cm, inoltre ciascun bin è stato chiuso con un coperchio apposito, per evitare
la fuoriuscita dei grilli dai rispettivi bins.
4.2
Organizzazione produttiva
Il ciclo di allevamento del grillo domestico ha bisogno di due celle apposite ben attrezzate per
poter rispondere adeguatamente alle loro esigenze:
-
Un’ area di sviluppo e di crescita; qua il grillo passa dalla seconda alla sua ultima
settimana di vita all’interno di piccoli bins. All’ interno di questa cella sono presenti
un termoconvettore, impostato in modo tale che mantenga una temperatura costante
all’interno del locale (30 °C) e un deumidificatore, che tiene bassa l’umidità
dell’ambiente (Ur 50-60%).
-
Una cella di incubazione; dalla prima cella le uova vengono trasferite in quest’area per
impedire che il terriccio si saturi di uova e permettere quindi un ricambio di terra per
la deposizione, ma anche per separare i nascituri dagli adulti, impedendo così di avere
problemi di cannibalismo a spese dei piccoli nati ma anche di non avere più un
controllo sulla crescita e mortalità dell’insetto. Nella cella di incubazione i nascituri
permarranno sino alla loro prima settimana di vita. Quest’area è dotata di un
umidificatore e di un secondo termoconvettore che creano un’ambiente molto più
umido (Ur 80-90%) e caldo (35°C) del primo, queste condizioni sono indispensabili
26
Allevamento
per ottimizzare al massimo la schiusa delle uova e velocizzarne il ciclo di vita ai fini
produttivi.
In entrambe le celle la temperatura e l’umidità son state monitorate con l’impiego di un
datalogger.
Diverse prove sono state fatte sullo sviluppo dei grilli: la prima riguarda l’alimentazione,
ovvero, se il tipo di dieta ha effetti sulla velocità di accrescimento del grillo, la seconda è
incentrata sulle tecniche di allestimento di un bin, come la “disposizione della loro casa”
possa in qualche modo influenzare le varie fasi del loro ciclo vitale.
I punti fissi su cui si basano non solo queste prove, ma in generale anche l’allevamento del
grillo sono: la disposizione interna del bin, in tutti gli allestimenti si è avuto cura di disporre il
cibo e l'acqua ben separati dal cartone in modo da tenere il più pulito possibile e asciutto il
fondo del bin, inoltre molta attenzione è stata data alla facilità con la quale i grilli potevano
avere accesso e alle fonti di cibo e acqua (una difficoltà eccessiva o l’impossibilità di
raggiungere queste fonti, porta a fenomeni di stress con conseguente cannibalismo verso i
soggetti più deboli); la temperatura e l’umidità, rispettano i parametri ottimali per la loro
crescita già descritti precedentemente; il numero di individui è in rapporto con la superficie
totale a loro a disposizione; un’adeguata ventilazione interna al bin, permette sia di eliminare
odori sgradevoli ma anche di aumentare il benessere dell’insetto, la ventilazione è assicurata
da centinaia di fori su tutti i lati dei bins utilizzati.
4.3
Prova dieta
I grilli sono stati alimentati tutti con dei mix di farine vegetali certificate (tab.4). Per la
seguente prova sono state impiegate 3 diverse miscele di farine rappresentate nella seguente
tabella:
Mais
Grano
Carote
Ceci
Lievito
Prova 1
25%
25%
20%
25%
5%
Prova 2
25%
25%
25%
25%
-
Prova 3
33%
33%
34%
-
-
Tab. 4 -ricettazione delle diverse prove, espresso in percentuale.
27
Allevamento
Ogni prova, preventivamente pesata, è stata somministrata a ciascun bin contenente ognuno
circa 200 grilli già alla I° settimana di vita (fig. 8). La prova è durata sino alla fine del ciclo ed
è stata fatta in triplicato.
L’allestimento dei vari bins per questa prova è stata effettuata nella maniera più semplice e
comunemente utilizzata, ed è così composta:
Fig.8 -I° bins di allevamento, prova dieta.
1. Una fonte idrica; questa è costituita da un contenitore riempito con ghiaia, per
permette ai grilli di affacciarsi all’acqua senza rischiare di annegare;
2. una fonte di cibo illimitata; sono state preferite a questo scopo farine secche, si evitano
ammuffimenti, sono meno deperibili rispetto agli alimenti freschi e consente un
miglior controllo del consumo da parte dei grilli;
3. un terrario per la deposizione delle uova;
4. camminamenti e rientranze per accedere agevolmente a tutte le parti del bin e
aumentarne la superficie a loro disposizione, questi sono costituiti da semplici
contenitori delle uova che sono risultati i più adatti a tale scopo.
28
Allevamento
Durante la prova, settimanalmente sono state raccolti dati riguardo il numero di individui, il
peso totale, la lunghezza, il cibo consumato, la presenza di uova e il numero di morti.
Sono stati così elaborati e trasferiti in tabella i risultati ottenuti:
Farina
Incremento in peso
Prova 1
32,4% (±6)
Prova 2
Prova 3
Consumo individuale
Mortalità totale
Lunghezza
115 mg (±5)
69,6%
1,7 cm
40,7% (±6)
70 mg (±5)
79,7%
1,7 cm
39,2% (±6)
72 mg (±5)
76,4%
1,6 cm
settimanale di farina
Tab. 5-valori medi che fanno riferimento sino alla 7° settimana di vita.
Nella (tab. 5) sembrerebbe che nella prova 1 ci sia stato un maggior consumo di farina da
parte dei grilli, associata a una minor mortalità (ridotta del 10% circa rispetto alle altre prove).
Nella prova 1 un aumentato consumo individuale della farina scelta non ha influito
significativamente sulla crescita rispetto alle altre due. Tra le diverse prove, nonostante ci sia
differenza riguardo il consumo individuale di farine non sembra invece esserci una
connessione diretta con l’incremento in peso e in lunghezza dell’insetto.
In tutte le prove la massima produzione di uova si è registrata nella 3° e nella 4° settimana e il
massimo accrescimento in peso, in lunghezza e la più alta mortalità è stata registrata nella 7°
settimana di vita senza effettivamente notare nessuna differenza fra le diverse farine usate.
La riduzione della mortalità nella prova 1 può essere data dalla conseguente riduzione dei
grilli cannibalizzati, probabilmente legata alla completezza nutrizionale di questa prova; per
cui, una maggiore copertura del fabbisogno ha ridotto i fenomeni di stress all’interno della
colonia.
Questo potrebbe lasciar comunque supporre che la crescita dell’insetto, la sua età riproduttiva
e la sua morte non siano legate strettamente a quello che consuma, ma che entrino comunque
a far parte del suo benessere aiutando a ridurne la mortalità precoce ed evitare fenomeni di
cannibalismo.
29
Allevamento
4.4
Prova sistemi di allevamento
Come già detto nel paragrafo precedente, il metodo più classico di allevamento di questi
insetti è l’impiego delle confezioni delle uova, adatte per lo più per un piccolo allevamento.
L’idea è quella di crearne uno per un allevamento in batch di più grandi dimensioni, che sia
adatto a gestire migliaia di individui per volta, avendo cura di mantenere sempre le condizioni
ottimali. Sono state fatte due prove in due bins diversi nel quale ciascuno ospitava circa 4000
grilli. Rispetto alla prima prova, il bin è stato sostituito con uno più grande (100cmX
100cmX100cm), la diposizione delle fonti di sostentamento è cambiata, anche per poter
ottimizzare al massimo la superficie interna a disposizione dell’insetto. La capacità saltatoria
di questi insetti li permette di effettuare balzi anche superiori ai 20cm di altezza, si è resa
necessaria coprire la parte superiori del bin con una rete, questa funge da copertura della parte
superiore dell’impalcatura impedisce l’evacuazione dei grilli.
I due sistemi provati sono quello a cilindri di cartone e quello a tendine (fig. 9 e fig.11).
Terriccio umido
Cibo umido/secco
Riserva idrica
Supporto di cartone
Cartoni cilindrici
forati
Fig. 9-allestimento bin con cilindri di cartone forati; vista dall’alto: sulla parte inferiore,
alimentazione secca e umida; parte superiore, allestimento del terriccio su supporti in cartone; sulla
parte centrale superiore e inferiore, riserva idrica.
I diversi ambienti sono tutti comunicanti fra loro per mezzo di camminamenti in stoffa.
30
Cilindri di cartone forati
Allevamento
Fig.10 -foto allestimento bin con cilindri di cartone forati.
Terriccio umido
Cibo umido/secco
Riserva idrica
Supporto di cartone
Tendine
Fig.11 -allestimento bin a tendine; vista dall’alto: sulla parte inferiore, alimentazione secca e umida;
parte superiore, allestimento del terriccio su supporti in cartone; sulla parte centrale superiore e
inferiore, riserva idrica.
I diversi ambienti sono tutti comunicanti fra loro per mezzo di camminamenti in stoffa.
31
Struttura a tendine
Allevamento
Fig.12 -foto allestimento bin con tendine.
L’allestimento, per entrambi i bins, è così organizzato: su due lati, uno opposto all’altro è
presente il cuore dell’allevamento; in un caso le tendine e nell’altro i cilindri. Al di sopra delle
“unità abitative” abbiamo ad un lato il cibo costituito da un mix di farine, centralmente ad
essa si è posizionato del cibo umido (preferito dai grilli rispetto al cibo secco). Nell’altro
estremo abbiamo quattro unità di terriccio umido per la deposizione delle uova. In ugual
modo è stato allestito il lato opposto. Nella parte centrale dei due bins sono stati disposti due
distributori di acqua, uno opposto all’altro.
Per quanto possibile, in entrambi si è cercato di garantire un accesso alle fonti di cibo e al
terriccio.
32
Allevamento
Il bin a tendine così come in quello a cilindri, la crescita e la vita dell’insetto è sviluppata sia
in orizzontale che in verticale.
Il sistema a cilindri, è un tipo di allevamento con una struttura formata appunto da cilindri di
cartone, uniti tra di loro a gruppi di 5-6 da fascette plastiche. E’ un sistema che si basa sullo
stesso principio usato in alcune grandi aziende
americane che allevano grilli per esche o come
mangime per animali esotici. Essendo questi molto
compatti e grossi si è preferito fare dei fori su diversi
punti di ogni cilindro; sia per garantire una adeguata
ventilazione, che per permettere al grillo di entrare e
uscire da ciascun cilindro con una certa facilità.
Fig.13 -cilindri di cartone.
Per lo stresso scopo sulla base di ogni cilindro di
cartone sono presenti delle dentature.
Questo sistema ha il vantaggio, una volta che si è deciso di prelevare tutti i grilli, di
rimuoverli dalla struttura con facilità e in tempi brevi, evitando che molti rimangano adesi
nella parte interna del cartone.
Per quanto riguarda quello a tendine lo spazio
occupato è pressoché lo stesso di quello a cilindri.
Questo sistema non è altro un insieme di tendine di
stoffa sostenute da un supporto fissato a circa 50 cm
dalla base del bin. Il vantaggio che si ottiene da
questo tipo di allestimento è la possibilità di lavare le
diverse tendine e riutilizzarle per un ciclo successivo.
Fig.14 -tendina ad occhielli.
Questi due sistemi hanno mostrato però anche dei punti negativi:
-
le tendine si sono dimostrate utili per un loro riutilizzo, ma la reticolazione della
stoffa, aiutata dalla deposizione di sporcizia su di essa, impediva una rimozione rapida
dei grilli, inoltre alla 4° settimana c’è stata una moria del 86% dei grilli, forse causata
da una difficoltà nel raggiungere facilmente le fonti di cibo.
-
nel sistema a cilindri invece c’è stata una moria ancora maggiore, circa il 95% dei
grilli sono andati persi alla 4° settimana. Le cause in questo caso possono anche qua
ricondursi forse a una difficoltà nell’accedere alle fonti di sostentamento, ma non è da
33
Allevamento
escludere che una ventilazione insufficiente all’interno del bins e dei cartoni abbia
reso l’ambiente inadatto allo sviluppo dei grilli.
In entrambi i sistemi provati non è da escludere che i grilli potrebbero essere stati colpiti
da una patologia che ne ha causato la morte prematura.
Entrambi i sistemi di allevamento andrebbero rivisti per migliorare i punti negativi mostrati
da questa esperienza. Le variabili che giocano a favore o a sfavore al fine di ottenere una
buona produzione e un allevamento di successo sono tante e diversi studi sull’insetto
andrebbero effettuati, studi che includono anche la ricerca sulla biologia e sulla dieta
dell’insetto e il loro benessere.
34
La farina di grillo
5 LA FARINA DI GRILLO
Gli insetti sono spesso consumati interi, ma possono anche essere trasformati in polvere.
Dai grilli prelevati dai vari bins si è potuto così ottenere un polvere farinosa attraverso
l’applicazione di diverse operazioni unitarie.
In seguito a diverse prove ne è scaturito il seguente schema produttivo (fig 15).
5.1
Il processo produttivo
Spurgo dei grilli
Raccolta e Lavaggio
Pastorizzazione
Essicamento
Congelamento
Triturazione
Confezionamento
Fig.15 -diagramma di flusso.
24 ore prima dell’inizio del processo produttivo ai grilli viene levato il cibo in modo tale da
ripulirlo interiormente e favorirne lo spurgo. Passato questo periodo si procede col prelievo
dei grilli vivi dai vari bins che vengono raccolti tutti in un unico contenitore per l’operazione
di lavaggio effettuata con acqua.
Attraverso questo passaggio abbiamo la morte di molti grilli, la pulizia sia dalle parti di
mangime o di terriccio a loro adese e delle feci che si portano dietro. I grilli lavati e privati
35
La farina di grillo
della loro sporcizia vengono pastorizzati in acqua bollente per circa 2’30, per inattivare parte
dei microrganismi presenti sulla superficie dell' insetto, una volta trascorso il tempo di
pastorizzazione sono posti in un essiccatore (per le prove che si son svolte è stato impiegato
un essiccatore a piatti che lavorava a un temperatura non superiore ai 55°C), distribuiti
omogeneamente su tutta la superficie del piatto, qua permangono per un tempo che varia a
seconda della potenza dell’essiccatore, per definire questa operazione ci si è basati
principalmente sul calo peso del grillo durante il processo di essicazione. Trascorso il tempo
necessario per ottenere un adeguato calo peso si è proceduto con lo sminuzzamento in farina
di tutte le parti del grillo attraverso un processo di macinazione. La farina ottenuta è stata
confezionata poi su tre packaging differenti: vetro, sottovuoto e in materiale plastico senza
l’impiego del vuoto e confezionata a temperatura ambiente, lontano da fonti luminose.
La farina ottenuta ha un colore verde scuro/giallo paglierino, con un odore dolce, simile alla
nocciola ma leggermente acre.
Durante le prove in essicazione si è cercato di ottenere un buon compromesso tra un certa
perdita in calo peso e la riduzione dell’umidità e dell’aw (tab. 6).
Calo peso
aw
Ur %
0%
0,97
-
55%
0,87
27
75%
0,23
3,5
75,50%
0,28
3,5
79,50%
0,21
-
Tab. 6 -relazione del calo peso con i valori di Ur % e a w.
I valori che ci garantiscono una farina microbiologicamente stabile li troviamo a partire dal un
calo peso del 75%, dove valori di aw di 0,23 e Ur del 3,5 % non rendono possibile la crescita
microbica rendendola stabile per una conservazione a temperatura ambiente.
Fisicamente la farina si presenta in granuli di forma e dimensione spesso diversa ma di
granulometria farinosa (attorno ai 160-180 micron).
36
La farina di grillo
5.2
Analisi centesimale
Per avere un idea delle caratteristiche nutrizionali della farina si è svolta tramite un
laboratorio esterno “Laboratorio DNA s.r.l.” di Traversetolo (PR) un analisi centesimale (tab.
7).
ESAME
ESITO
Proteine
metodica : ISO 1871:2009+D.Lgs n° 77 16/02/1993 Art. 3 p.to 1 lettera c)
65,7 %
Grassi
metodica : Rapporti ISTISAN 96/34 pag.49
19,8 %
Grassi saturi
metodica : Rapporti ISTISAN 96/34 pag.49
6,5 %
Carboidrati
metodica : Calcolo per differenza
4,07 %
Zuccheri
metodica : Luff-Schoorl
1,5 %
Cloruro (come NaCl)
metodica : ISO 1841-1:1996
0,90 %
Fibra alimentare
metodica : AOAC 985.29 1986
1,6 %
Valore energetico
metodica : D.lgs.n.77 16/02/1993 Art. 5 P.to 1 Lett. A, C, D GU n.69 24/03/1993+ ISO
1442:1997+ ISO 1444:1996+ UNI 10590:1997
460 Kcal
Valore energetico
metodica : D.lgs.n.77 16/02/1993 Art. 5 P.to 1 Lett. A, C, D GU n.69 24/03/1993+ ISO
1442:1997+ ISO 1444:1996+ UNI 10590:1997
1931 kJ
Tab.7-analisi centesimale farina di grillo.
Da questa analisi si conferma ciò che è stato detto nei capitoli precedenti ovvero l’alta
percentuale proteica che arriva al 65,7 % di tutta la farina. Per quanto riguarda le proteine,
nella farina troviamo sia proteine emofiliche ma anche muscolari e quelle incorporate
nell’esoscheletro. Le proprietà fisiche di queste proteine, come ad esempio la solubilità, sono
ancora sconosciute e i dati che riguardano la composizione di proteine isolate sono assenti,
esistono solamente alcuni dati sulla composizione amminoacidica delle proteine presenti su
tutto l’insetto (Finke 2002, Bukkens 1997).
37
La farina di grillo
Amminoacido
valore
Amminoacido
valore
Ac. Aspartico
0,0191
B-alanina
1,1102
Ac. Gluttamico
0,8909
GABA
0,0458
Tiamina
-
Taurina
2,2403
Asparagina
0,0263
Tirosina
0,8937
Serina
0,1304
valina
0,4502
Glutammina
0,0313
cistina
-
Istidina
0,4142
Metionina
0,2164
Glicina
1,1619
Isoleucine
0,1607
Treonina
0,0996
Triptofano
0,0374
Feninalanina
0,1174
Ornitina
0,1800
Leucina
0,2708
Lisina
1,0533
Prolina
1,4981
TOTALE
17,6477
Tab.8- composizione amminoacidica Acheta domesticus; espresso in g/Kg.
La seconda componente più rappresentativa è composta dai lipidi e dai grassi saturi, la loro
composizione comunque varia a seconda della loro dieta e della specie. Nell’ordine degli
ortotteri la percentuale varia tra il 3 e il 22%.
Carboidrati, zuccheri, cloruro e fibra presentano valori bassi, per quanto riguarda la fibra che
è rappresentata dalla chitina dell’esoscheletro che si posiziona nel range stimato da Finke nel
2007. Il valore energetico stimato è di 460 Kcal; in cui quasi la metà dell’energia è fornita
dall’alto contenuto di ac. grassi.
5.3
Analisi microbiologiche sull’Acheta domesticus e sulla farina di grillo
Per avere un idea della microflora rappresentativa sull’Acheta domesticus durante il periodo
di allevamento l’istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (PD) si è incaricato di
svolgere alcune analisi microbiologiche sul grillo (tab. 9), le seguenti analisi sono state fatte
in tre diversi momenti cronologici del ciclo di allevamento (I°, II°, III°). L’ultima analisi è
stata svolta su un aliquota di grilli a fine ciclo.
Grilli
vivi I°
Grilli
vivi II°
Grilli
vivi III°
CBT
B. cereus
Enterobacteriaceae
Lieviti
Muffe
11 x 105
2 x 103
5,7 x 107
12 x 104
1,9 x 103
3,5 x 106
NE
1,2 x 108
4,3 x 104
<100
109
103
2,6 x 107
2,4 x 104
3,7 x 103
Tab.9 -valori microbiologici UFC/g del grillo nelle 3 settimane del loro ciclo vitale.
38
La farina di grillo
Sui grilli è stata ricercata inoltre anche la presenza di Stafiloccocchi coaugulasi positivi, dei
Clostridi solfito riduttori e del C. Perfringens. Questi microrganismi che non sono stati
inseriti in tabella, avendo valori inferiori alle 10 ufc/g. E’ stata ricercata anche la presenza di
Salmonella che è assente in 25gr di prodotto e il Campylobacter che è risultato essere assente
in 25 mL.
A fine ciclo il grillo presenta una carica totale alta (109 cfu/g), seguita da una carica altrettanto
alta di Enterobacteriaceae (2,6 x 107cfu/g). Le feci prodotte, il terriccio, il mangime e le morti
durante il ciclo vita dell’insetto, accompagnate da un ambiente caldo permettono
inevitabilmente la crescita e lo sviluppo di questi mo.
Successivamente, sono state svolte delle analisi microbiologiche su due step del processo
produttivo, prima e dopo la pastorizzazione in acqua. I dati ottenuti hanno manifestato un’alta
carica di Bacillus cereus scaturita principalmente da un insufficiente trattamento termico. La
pastorizzazione infatti ha ridotto notevolmente il livello della carica batterica totale dei grilli
ma non quello del B. cereus, che essendo sporigeno presenta forme di termoresistenza data
dalle sue spore, permettendone così la sopravvivenza. Inoltre, le lente condizioni di
raffreddamento a cui è stato sottoposto questo campione ha permesso la germinazione e lo
sviluppo di questo batterio in un substrato a ridotta competizione microbica.
Anche sul prodotto finito sono state svolte delle analisi microbiologiche.
Dopo il processo di essicazione, il grillo ha perso più della metà del proprio peso e si presenta
con una bassissima umidità.
I valori microbiologici della farina a fine processo sono stati messi in comparazione con
un'altra farina di grillo, quella prodotta dalla Thailand Unique, con certificazione FDA (tab.
9), che segue un processo produttivo molto simile a quello impiegato in questo studio.
CBT
B.cereus
Enterobacteriacee
Lieviti
Muffe
Farina di grillo
2.4 x 106
3.5 x 106
1.8 x 103
200
400
Thailan Unique
1.1 x 106
2.5 x 105
1.3 x 102
<100
<100
Tab.10 -valori microbiologici (ufc/g) della farina di grillo e dalla farina Thailandese.
39
La farina di grillo
Da questo confronto è possibile vedere come la carica batterica totale sia molto simile alla
farina prodotta dalla Thailand Unique, mentre abbiamo differenze per quanto riguarda la
carica degli altri microrganismi ricercati.
La differenza di maggior importanza la ritroviamo nella carica del B. cereus che risulta essere
di un log superiore rispetto alla farina Thailandese e che confrontandola con la concentrazione
iniziale nei grilli analizzati (103) è aumentata di 1000 volte (tab.8).
Questa alta carica è riconducibile a diversi fattori: il trattamento pastorizzante in acqua non ha
permesso una riduzione significativa del batterio, inoltre a causa dell’impossibilità di poter
eseguire un raffreddamento rapido, le spore hanno trovato le condizioni ottimali per la
germinazione con un conseguente sviluppo microbico, inoltre attraverso il processo di
essicamento abbiamo la perdita di circa il 75% di umidità (tab.6) con conseguente
concentramento del B. cereus nella farina.
5.3.1
Bacillus cereus
Il Bacillus cereus è il microrganismo patogeno più rappresentativo in questo prodotto, è
dunque importante spiegarne le generalità, i limiti imposti e il tipo di danno che potrebbe
causare all’uomo.
Il Bacillus cereus è un microrganismo gram-positivo, di forma bastoncellare, aerobio
facoltativo, sporigeno, può crescere da 4-55°C con un optimum a 30-37°C è quindi
generalmente mesofilo anche se esistono dei ceppi in grado di crescere a temperature inferiori
a 8°C. Gli alimenti dove è maggiormente rilevata la presenza del bacillo sono gli alimenti
amidacei come il riso ma anche su verdure, prodotti carnei, ma anche latte e latticini.
Il B. cereus lo si può trovare in forma vegetativa o in forma sporigena, è in grado di produrre
diversi tipi di tossine dannose per l’uomo. La forma vegetativa non ha grande termoresistenza
ed è possibile eliminarla, il problema sono le spore essendo termoresistenti sono di difficile
eliminazione, sono inoltre insensibili sia in ambienti fortemente alcalini che in quelli
fortemente acidi. Le spore si possono trovare in impianti alimentari, in quanto sopravvivono
senza nutrimento o acqua per anni. Le spore sono poi altamente idrofobe e sono in grado di
aderire a qualsiasi superficie. Tali peculiarità supportano dati scientifici che riportano come
l’incidenza del batterio sia maggiore nel latte trattato termicamente che nel latte crudo (3548% vs 9%). In condizioni favorevoli, durante la fase stazionaria, le spore sono in grado di
germinare producendo tossine diarroiche o emetiche.
Per quanto riguarda la prima, la gastroenterite diarroica, essa è caratterizzata da coliche
addominali, diarrea e raramente vomito; in questo caso le tossine responsabili sono le
40
La farina di grillo
enterotossine sintetizzate dal batterio all’interno dell’intestino. Fortunatamente, in pochissimi
casi il Bacillus cereus causa sepsi e può risultare fatale.
Nella gastroenterite emetica, è caratterizzata da nausea, vomito e raramente diarrea, in cui
sono coinvolte le tossine emetiche preformate, che sono cioè già presenti nell’alimento
ingerito; questa forma di intossicazione è difficile da distinguere da quelle provocate da altri
batteri patogeni, come per esempio lo Staphylococcus aureus.
Dato che la tossinfezione alimentare, come la maggior parte delle altre provocate da batteri
patogeni, è limitatamente innocua ed ha un percorso benigno, la terapia antibiotica
normalmente non è indispensabile.
La prevenzione delle tossinfezioni alimentari da Bacillus cereus deve mirare ad evitare la
produzione delle tossine, la germinazione delle spore presenti e soprattutto la moltiplicazione
del germe al fine di impedire il raggiungimento di quelle cariche microbiche ritenute
essenziali per il verificarsi di tali eventi morbosi: per la formazione delle tossine emetiche si
ritiene necessaria una concentrazione > di 106 cfu/g (Finlay et al. 2002), per la produzione di
spore in genere si necessita di una concentrazione > di 105 ufc/g. Secondo l’EFSA la malattia
causata dal B. cereus è associata a una carica microbica pari non inferiore a 105, anche se ci
son stati casi rari dove l’intossicazione è avvenuta anche con carica microbica nell’ordine di
103/104 (The EFSA Journal, 2005).
Generalmente è utile non tenere gli alimenti a temperatura ambiente dopo la cottura, per
evitare la germinazione delle spore; e conservarli a temperatura di refrigerazione non
superiore ai 4°C o mantenute ad almeno 60°C nel caso siano conservate al caldo. Inoltre è
sempre importante per ridurre la carica iniziale lavorare in buone condizioni igieniche
rispettando tute le prassi ad essere riferite.
Per quanto riguarda i limiti legislativi, il Bacillus cereus non è legiferato, il Regolamento (CE)
n.1441/2007 o il Regolamento (CE) n.2073/2005 non ne menzionano il limite se non per
quanto riguarda i baby foods. L’EFSA, in merito ha espresso un parere e fornisce il valore
limite per questo microrganismo, che non deve essere superiore a 105 ufc/g di alimento (the
EFSA journal, 2005)
Nella farina di grillo il B. cereus è presente in una concentrazione elevata, nell’ordine di 106
ufc/g, un'alta concentrazione dove la presenza delle spore nella farina è certa. Nei capitoli
successivi, data la sua pericolosità e termoresistenza delle sue spore, il B. cereus è stato preso
come target di controllo per le successive analisi, dando così priorità alla stabilità
microbiologica.
41
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
6 APPLICAZIONI NELLE TECNOLOGIE ALIMENTARI
La farina di grillo all’interno di un alimento può rappresentare un importante valore aggiunto
e un ottimo ingrediente per migliorare le caratteristiche nutrizionali di diversi prodotti, anche
tra i più classici della cucina italiana. Aggiunta in percentuali non superiori al 20%, al gusto,
la sua presenza nell’alimento resta impercepibile. Alcuni alimenti sono stati presi in esame al
fine di individuarne pregi e difetti di un loro possibile uso.
6.1
Pasta fresca
La pasta, un classico della cucina italiana è l’alimento rappresentativo di questo capitolo
essendo oltre quello più studiato, anche quello in cui probabilmente è più semplice dove
introdurre questo particolare ingrediente.
Essendo priva di glutine ed aggiunta in quantità rilevanti alla farina di grano tenero si è reso
necessario fare delle prove reologiche. Poiché a una percentuale superiore al 20% il sapore
della farina di grillo diventata percepibile, le prove reologiche svolte sono state fatte su
impasti con una percentuale non superiore al 20%.
Le prove sono state effettuate impiegando il farinografo di Brabender e l’alveografo di
Chopin.
Attraverso il primo strumento misuriamo la resistenza al mescolamento dell’impasto che
verrà poi registrata poi su un farinogramma, ovvero un diagramma sforzo-tempo. Lo sforzo è
misurato in Unità Brabender (UB). I valori misurati sono:
tempo di arrivo (tra 0 e 500 UB); tempo necessario per arrivare a 500 UB;
tempo di impastamento; tempo necessario per arrivare al valore massimo di UB;
tempo di partenza; tempo necessario affinché il farinogramma scenda sotto 500 UB;
stabilità dell’impasto; ovvero la differenza tra t. partenza e t. arrivo, è il tempo in
minuti nel quale il farinogramma rimane sopra 500 UB;
larghezza farinogramma; tempo complessivo dell’esperimento;
indice di tolleranza meccanica; differenza in UB tra valore misurato al t. picco ed il
valore misurato dopo 5’;
caduta al 20° minuto; esprime la differenza in UB tra il valore misurato al centro del
farinogramma, cioè al tempo di picco, ed il valore misurato dopo 20’.
Con l’alveografo di Chopin andiamo invece a misurare le proprietà plastiche della farina di
frumento, che vengono ricavate attraverso un diagramma pressione-tempo (assi Y-X)
42
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
chiamato alveogramma (fig. 16), esso misura la tenacità, la forza e l’estensibilità degli
impasti.
Si preparano 5 dischetti di impasto (servono 5 repliche), e una volta fissati opportunamente
lungo il margine, si mettono a rigonfiare lentamente nello strumento, mentre un sensore
misura la pressione dentro la bolla.
Normalmente l’alveogramma fornisce i dati di ascissa e ordinata in lunghezza (mm). La
pressione aumenta fino ad un massimo, poi diminuisce fino ad un minimo, per poi scendere
rapidamente a zero alla rottura della bolla d’impasto.
L’alveogramma misura quattro parametri fondamentali:
P; indice della tenacità dell’impasto, viene misurato in mm;
L; indice di estensibilità dell’impasto;
W; è l’indice di forza viene espresso in decimillesimi (10-4) di Joule, esprime
dell'energia necessaria a far gonfiare la bolla dell'impasto;
G; indice di rigonfiamento, esso è dato dalla capacità di rompere la bolla dell'impasto.
Fig.16- Tipica forma di un alveogramma.
I risultati ottenuti da queste due analisi affermano che in un impasto, impiegando un 20 % di
farina di grillo in una farina 00, quest’ultima non mostra differenze significative rispetto ai
dati relativi ad un impasto con sola farina 00. Ne consegue che le caratteristiche reologiche
della farina si mantengono quasi inalterate. E’ possibile quindi, in giusta misura, arricchire
con la farina di grillo qualsiasi tipologia di pasta fresca come ad esempio le tagliatelle, le
lasagne oppure i ravioli, senza che se ne alteri il sapore o la consistenza.
43
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
6.1.1 I ravioli CrickEAT
Una scommessa sulle paste fresche addizionate con farina di grillo è stata fatta dal team
“crickEAT” attraverso la partecipazione alla VII edizione del concorso Ecotrophelia Italia.
Con l’occasione di Expo2015, questo concorso ha avuto come tema l’ideazione e la
realizzazione di un prototipo di prodotto alimentare industriale eco-innovativo.
La risposta a questo tema è stata proprio quella di proporre una pasta fresca, in questo caso
ripiena, addizionata con la farina di grillo.
Questo prodotto è un raviolo, quindi appartenente alla categoria della pasta fresca ripiena
refrigerata. E’ composto da una sfoglia costituita da farina 00, 13% di farina di grillo, uova,
semola di grano duro e farina di spinaci. Il ripieno è composto principalmente da fiocchi di
patate reidratati e bache di goji candite.
L’ingrediente farina di grillo è rappresentata dalla farina dell’azienda Thailandese Thailand
unique, la cui composizione in macronutrienti è sintetizzata nella tabella seguente.
Energia (kcal)
457
Proteine (g)
67,8
Carboidrati (g)
5,5
Lipidi (g)
18,2
Fibra (g)
0,5
Tab.11 -valori nutrizionali riferiti a 100g di farina di grillo.
Impiegando delle apposite banche dati sul web sono stati calcolati i valori nutrizionali di
CrickEAT ravioli, che sono stati successivamente trasferiti in etichetta.
Dall’analisi della composizione è emerso che il prodotto contiene una quantità complessiva di
proteine e alcuni micronutrienti tali da poter utilizzare i seguenti claims nutrizionali: “fonte di
proteine”, “fonte di vitamina B12”, “fonte di zinco” e “a basso contenuto di grassi saturi”
secondo il regolamento CE 1924/2006.
Il prodotto è stato realizzato con procedure artigianali, pastorizzato (83°C x 4’),
successivamente confezionato in atmosfera modificata (50% CO2/50% N2) e conservato a
temperature di refrigerazione. Sul prodotto è stata determinata la shelf-life, monitorando la
variazione della carica batterica e misurando i parametri di aw e pH durante la conservazione.
Sono state eseguite analisi microbiologiche sino al 25° giorno di conservazione, esse
confermano una presenza di microrganismi indicatori di igiene e alterativi largamente
inferiore ai limiti di legge (in riferimento al regolamento CE 2073/2005 e circolare
ministeriale n°32 del 3/8/1985) e l’assenza di microrganismi patogeni di riferimento (B.
cereus <40cfu/g) (tab. 12). L'attività dell'acqua media e il pH sono rimasti pressoché costanti,
attestandosi rispettivamente su valori di 0,952 e 5,59.
44
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
Sono state svolte successivamente delle analisi microbiologiche dirette ad identificare il
quantitativo di B. cereus dopo 45 giorni di conservazione a temperatura di refrigerazione.
I risultati su piastra hanno mostrato una carica di 8 x 106 cfu/g.
Le colonie individuate sono risultate di tipologia diversa da quelle descritte dalla casa
produttrice del terreno di coltura. Queste risultavo molto piccole, di diametro non superiore ai
3mm. Test biochimici di conferma andrebbero effettuati, per avere la certezza dell’effettiva
concentrazione di questo patogeno.
Attraverso l’utilizzo del programma predittivo ComBase e con l’ausilio dei risultati
dell’analisi microbiologica svolta (tab. 12) sui ravioli al t0, si è simulata la crescita di questo
batterio in determinate condizioni chimico-fisiche (fig. 17), con lo scopo di confrontarne il
risultato con l’analisi microbiologia svolta al 45° giorno e con l’obbiettivo di ricavarne un
periodo indicativo al di sopra della quale il B. cereus risultava essere sopra i 104 cfu/g.
Inserendo alcuni dei valori noti di questo prodotto (aw, pH, temperatura di conservazione,
LogCFU/g
livello inziale e stato fisiologico del B. cereus), ne è derivato il seguente modello di crescita.
0
10
20
30
40
50
60
70
Giorni
Fig.17- modello di crescita Bacillus cereus, ComBase.
45
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
Dopo 45 giorni di conservazione a 5°C il Bacillo è cresciuto sino a una carica di 1,6 x 106
cfu/g; anche dall’analisi microbiologica ci si è mantenuti sullo stesso ordine di grandezza.
Il valore di 104-105 cfu/g (carica minima per la potenziale produzione di spore), lo si ritrova
dopo circa 30 giorni di conservazione.
ESAME
Conta stafilococchi coagulasi +
ESITO
< 10 ufc/g
metodica: ISO 6888-2:1999 /Amd 1 2003 Rev. 13-08/12)
< 40 ufc/g
Conta Bacillus cereus
metodica:ISO 7932:2004
< 10 ufc/g
Conta Clostridium perfrigens
medodica: ISO 7937:2004)
Salmonella spp.
metodica: real time pcr qualitativa / afnor brd 07/06 -07/04)
Conta Listeria monocytogens
Assenza di acido nucleico in
25 g
< 10 ufc/g
metodica: / ISO 11290-2:1998 /Amd 1 2004 Rev. 4 - 08/14)
Conta CMT mesofili
200 ufc/g
metodica: / ISO 4833-1:2013 Rev. 13-03/14
Conta Enterobatteri
< 10 ufc/g
metodica: / ISO 21528-2:2004
Ricerca enterotossine stafilococciche
Non rilevate in 25 g
Metodica: immunoenzimatica/anses EU-RL VIDAS Staph enterotoxin
II SET 2 Versione 5: 2010
Bacillus cereus enterotox emetica
Bacillus cereus enterotox diarroica
Lieviti e muffe
Assente
Assente
7,3 x 102 ufc/g
Tab. 12 -analisi microbiologiche ravioli CrickEAT al to.
La shelf-life dei ravioli crickEAT potrebbe essere attorno ai 25 giorni. Probabilmente non
durerebbe quanto una pasta ripiena prodotta a livello industriale ma questo non è certo
riconducibile alla presenza della farina di grillo all’interno della sfoglia, ma è la conseguenza
di una realizzazione casalinga e completamente manuale del prodotto che non ha permesso di
avere in partenza un prodotto con una carica microbica ancora più bassa di quella individuata,
che sicuramente ne avrebbe allungato il tempo di conservazione. Si rendono comunque
necessarie ulteriori prove ed analisi sia sull’aspetto microbiologico che su quello chimicofisico. E’ possibile comunque supporre che l’impiego delle basse temperature di
conservazione, la conservazione in MAP, il rispetto dei principi HACCP associata all’uso di
camere bianche e dalla meccanizzazione del processo, potenzialmente questo potrebbe essere
prodotto che, come quelli di categoria analoga, potrebbe avere una shelf-life media di 40
giorni, paragonabile alla pasta ripiena fresca ottenuta industrialmente.
46
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
Fig.18 -i ravioli crickEAT.
47
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
6.2
Prodotti da forno
Allo stesso modo della pasta così anche per i prodotti da forno è possibile aggiungere alla
ricetta base la farina di grillo, per conferire un valore aggiunto nutrizionale al prodotto in
esame.
Pane, cracker, crostate, biscotti e altri ancora, posso essere prodotti con l’aggiunta di una certa
percentuale di farina di grillo (anche in questo caso sotto il 20%), senza avere nessuna
influenza sulla texture, sul sapore o sulla shelf-life.
Un esempio concreto è rappresentato dai biscotti, da noi realizzati più volte per assaggi in
occasione di diversi seminari sul tema dell’entomofagia.
Nei biscotti secchi l’ingrediente base è rappresentato dalla farina, nel quale viene unita la
farina di grillo e il burro (o grasso vegetale) e uova e zucchero.
I biscotti poi possono essere laminati, nel caso dei biscotti secchi, formati con una “rotativa”,
nel caso dei frollini o in impasti più fluidi posso essere estrusi come nel caso dei savoiardi o
gli amaretti che vengono successivamente tagliati a filo e trasportati in forno. I biscotti una
volta formati sono cotti in un forno statico o a tunnel a seconda dei casi per 14/15 minuti a
180°C.
Fig.19 -biscotti gluten-free con farina di grillo.
48
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
I biscotti realizzati sono dei frollini senza glutine con una goccia di confettura all’albicocca
(fig.19). Per la loro realizzazione sono stati impiegati Farina di riso, zucchero, burro,
margarina, farina di grillo (19%), uova, sciroppo di glucosio, latte magro in polvere, aroma di
vaniglia. Sui biscotti prodotti si è svolta un’analisi microbiologica per accertare l’assenza del
Bacillus cereus. I risultati confermano la totale assenza del batterio.
L’alta temperatura e il tempo di cottura ha permesso la distruzione delle forme vegetative e
delle spore presenti.
6.2.1 Il pane
Il pane, uno dei prodotti principali dell’alimentazione mediterranea, è stato il secondo
prodotto da forno esaminato per questo tipo di impiego. Anche in questo caso è stata
impiegata in misura del 20% della totale della farina utilizzata (fig. 20).
Fig.20 -pane con farina di grillo.
Il tipo di pane realizzato è stato fatto impiegando la ricetta più classica, composta da:
farina00, farina di grillo, acqua, lievito, olio, sale e zucchero.
Il pane è stato fatto lievitare per circa 3 ore ed è stato cotto in un forno ventilato a 200°C per
50 minuti.
Su questo prodotto son state notate maggiori differenze rispetto a una ricettazione classica, sia
a livello visivo che organolettico.
Rispetto a un pane normale si è avuta una lievitazione minore, probabilmente a causa di una
minor formazione della maglia glutinica.
Inoltre, sia colore della pasta, che in parte anche il sapore risultava essere molto simile a un
pane integrale.
Anche sul pane è stato ricercato il Bacillus cereus, che è risultato essere assente.
49
Applicazioni nelle tecnologie alimentari
6.3
Altri possibili usi
Un alternativa all’uso della farina di grillo è quella dell’estrazione proteica.
Isolando ed estraendo le proteine dell’insetto è possibile aumentare il contenuto proteico di un
prodotto alimentare.
L’estrazione delle proteine dagli insetti per prodotti dell’alimentazione potrebbe essere un
modo utile, assieme alla farina di grillo, per poter aumentare l'accettabilità tra i consumatori,
soprattutto di quelli occidentali.
Tuttavia, integrare le proteine degli insetti in prodotti alimentari, richiede una conoscenza
delle proprietà delle proteine estratte. Queste proprietà includono, il profilo aminoacido,
stabilità termica, solubilità, gelificanti, schiumogene e la capacità emulsionante, che ancora ad
oggi risultano in parte sconosciute.
Un alternativa è quella di impiegare processi enzimatici per ottenere proteine di lunghezza
specifica. Comunque al giorno d’oggi queste operazioni hanno costi improponibili. Da
qualche anno l’università di Wageningen si sta movendo conducendo studi sulla produzione
sostenibile di proteine di insetti destinati al consumo umano.
Fig.20 -strategie di trattamento per gli insetti.
50
Materiali e metodi
7 MATERIALI E METODI
Per poter ottenere un prodotto stabile e con un accettabile livello di sicurezza, sono state
effettuate diverse analisi chimico-fisiche ma anche microbiologiche. Tutte le analisi svolte
sono state svolte su più replicati.
Le analisi sono state così divise:
-
Una I° parte ha riguardato le analisi volte alla stabilizzazione fisico-chimica della
farina di grillo, in quanto analisi sull’umidità e sull’attività dell’acqua hanno permesso
di arrivare a un buon compromesso tra la percentuale del calo peso dei grilli durante la
fase di essicamento e questi due parametri.
-
La II° parte ha riguardato le analisi sul prodotto conforme da questo lato. Ci si è
orientatati maggiormente sulla stabilizzazione microbiologica e sui cambiamenti di
alcune caratteristiche del prodotto durante la conservazione. Si sono svolte su di esso:
analisi colorimetriche, analisi microbiologiche e la misurazione della Water Holding
Capacity (WHC). Parte poi della stessa aliquota di farina è stata poi confezionata in 3
modalità diverse con l’impiego di una confezionatrice sottovuoto a campana.
Le confezioni sono state poi conservate a temperatura ambiente (25°C circa) lontano
dalla luce. Sulle 3 confezioni sono state svolte, a tempi diversi (t30, t50, t100), sia
analisi microbiologiche, sia analisi che riguardano le modificazioni a carico delle
proteine e degli acidi grassi presenti, ovvero misurazioni della WHC e test
colorimetrici. Inoltre presa visione dei risultati microbiologici, sono state fatte delle
prove aggiuntive di trattamento termico e una prova con l’impiego di sostanze
antimicrobiche sul prodotto in conservazione. Tutte le analisi sono state effettuate nei
laboratori di tecnologie alimentari e di microbiologia nel dipartimento di Scienze degli
Alimenti.
7.1
Campionamento
La farina ricavata dal processo di macinazione è stata divisa in aliquote di grammatura nota,
conservata a temperature di refrigerazione in sacchetti richiudibili di materiale plastico, pronte
per poterle destinare alle varie analisi.
7.2
Analisi microbiologiche
Le analisi microbiologiche sono relative alla determinazione dalla carica totale,
Enterobatteriacee, Bacillus cereus, Clostridi solfito riduttori, Stafilococchi e lieviti e muffe.
51
Materiali e metodi
7.2.1 Preparazione del campione
Il campione di farina è diluito con una soluzione Ringer in volume 1:10 all’interno di una
busta sterile ed omogenizzato nello Stomacher per 60 secondi. Il campione è lasciato a riposo
per qualche minuto; durante questo periodo, le provette utilizzate per la realizzazione delle
varie diluizioni vengono riempite con la soluzione Ringer in rapporto 9:1.
Dal sacchetto (-1) sono state fatte le successive diluizioni decimali in Ringer utilizzando un
propipettatore (-2, -3, -4, -5).
Nel caso della ricerca dei clostridi solfito riduttori, prima di effettuare le varie diluizioni del
campione, si è proceduto a pastorizzarlo a una temperatura di 80°C per 10 minuti al fine di
eliminarne le cellule vegetative presenti.
Tutte le fasi sono state svolte con l’impiego di un Bunsen, e per ogni diluizione creata si è
proceduto a omogenizzare il campione con l’impiego di un Vortex. Il campione è così pronto
per la semina sulle diverse piastre.
7.2.2 Preparazione del terreno
I terreni impiegati per la ricerca dei microrganismi (7.2) sono i seguenti:
-
Plate Count Agar (PCA)
E’ un terreno contenente glucosio ed estratto di lievito, permette la crescita della maggior
parte dei microrganismi, nel nostro caso i microrganismi ricercati sono i mesofili.
Sono stati sospesi 17,5 g di terreno disidratato in 1 litro di acqua distillata. Il prodotto è stato
poi riscaldato a bagnomaria sino a completa soluzione. Si è proceduto sterilizzandolo in
autoclave a 121°C per 15 minuti.
Al termine del tempo di sterilizzazione il terreno è stato mescolato con cura e inserito nel
termostato pronto per essere versato nelle piastre sterili.
52
Materiali e metodi
-
Chromogenic Bacillus Cereus Agar Base (BACARA)
E’ un supporto cromogenico che consente la conta del Bacillus cereus senza bisogno di ulteriore
conferma. Nel terreno BACARATM , le tipiche colonie di B.cereus appaiono di colore
rosa/arancione a causa del metabolismo del substrato cromogeno e sono circondate da un alone
opaco dovuto all’ attività di fosfolipasi.
Per la preparazione di questo terreno sono stati sospesi 23,1g in 500 mL di acqua distillata
fredda. Il prodotto è stato poi riscaldato a bagnomaria sotto agitazione sino a completa
soluzione. Si è proceduto sterilizzandolo in autoclave a 121°c per 15 minuti. Il terreno è stato
raffreddato a 45-50°C e gli è stato addizionato un flacone (5 mL) di Chromogenic Bacillus
Cereus Selective. Una volta mescolato sono stati addizionati 20 mL di Egg Yolk Emulsion
mescolandolo bene. Il terreno è inserito nel termostato in attesa di essere versato nelle piastre
pletri sterili in ragione di 15-20 mL per piastra.
-
Yeast Extract Dextrose Chloramphenicol Agar (YEDC)
E’ un terreno utilizzato per la ricerca di lieviti e muffe.
Per la preparazione del terreno sono stati sospesi 40g in 1L di acqua distillata. Il prodotto è
stato poi riscaldato a bagnomaria sino a completa soluzione. Si è proceduto sterilizzandolo in
autoclave a 121°C per 15 minuti.
Al termine del tempo di sterilizzazione il terreno è mescolato con cura e inserito nel
termostato pronto per essere versato nelle piastre sterili.
-
Reinforced Clostridial Medium (RCM)
E’ un terreno non selettivo utilizzato per la crescita e il conteggio delle spore dei clostridi
produttori di gas in diversi prodotti alimentari.
Per questo terreno sono stati sospesi 20,5 g di terreno disidratato in 1 litro di acqua distillata.
Il prodotto è stato poi riscaldato a bagnomaria sino a completa soluzione. Si è proceduto
sterilizzandolo in autoclave a 121°C per 15 minuti.
53
Materiali e metodi
-
Violet Red Bile Glucose Agar (VRBGA)
E’ un terreno selettivo per la ricerca delle enterobatteriacee è preparato in accordo alla
formulazione descritto in ISO 21528. Come carboidrato fermentescibile presenta il glucosio
per cui tutti gli enterobatteri si sviluppano in questo tipo di terreno. E’ inibitorio per i batteri
Gram positivi.
Per la sua preparazione sono stati sospesi 38,5 g in 1 litro di acqua distillata. Il prodotto è
stato poi riscaldato a bagnomaria sino all’ebollizione per completarne la soluzione.
In questo tipo di terreno la sterilizzazione non è necessaria ne consigliata; una volta mescolato
il terreno è pronto per essere versato con cura nella piastre sterili
-
Mannitol Salt Agar (MSA)
Questo terreno è stato impiegato per la ricerca di Stafilococchi, essendo un microrganismo
alofilo riesce a svilupparsi in questo tipo di terreno che presenta alte percentuali di cloruro di
sodio tali da inibire la crescita degli altri microrganismi.
Per la preparazione del terreno MSA sono stati sospesi 111g di questo terreno in 1L di acqua
distillata. Il prodotto è stato poi riscaldato a bagnomaria sino a completa soluzione. Si è
proceduto sterilizzandolo in autoclave a 121°C per 15 minuti.
Al termine del tempo di sterilizzazione il terreno è stato mescolato con cura e inserito nel
termostato pronto per essere versato nelle piastre sterili.
7.2.3 Tecnica di semina
Per tutti i terreni (eccetto l’RCM) la tecnica di semina utilizzata è quella per spatolamento
superficiale. Dopo che il terreno specifico è stato versato nelle piastre, è lasciato solidificare
per qualche minuto.
Si è proceduto con la semina di 0,1 mL di ciascuna diluzione nel terreno (nella maggior parte
dei casi ci si aspettava una conta elevata e la diluizione -2 è stata esclusa). La sospensione
microbica è stata quindi distribuita su tutta la superficie mediante l’aiuto di una spatola sterile
a L.
Un’altra tecnica impiegata è la semina in doppio strato, utilizzata nel terreno RCM per
favorire la crescita dei microrganismi anaerobi. Si è seminato 1 mL delle diluzioni apposite in
54
Materiali e metodi
piastre sterili. Il terreno, preparato in precedenza, è distribuito su ciascuna piastra seminata in
ragione di circa 12 mL, al fine di distribuire la sospensione microbica in modo omogeneo
vengono effettuati delicati movimenti rotatori, orizzontali e verticali della piastra su di un piano.
Una volta che si è provveduto è disperdere la soluzione microbica, si è attesa la completa
solidificazione del terreno, si è proceduto quindi con l’aggiunta di un sottile strato di terreno
su tutta la piastra.
Tutte le operazioni sono state condotte sotto cappa.
7.2.4 Incubazione
Le piastre di conta sono state incubate in condizioni di anaerobiosi o aerobiosi, a temperature
e tempi differenti a seconda dei terreni e dei microrganismi ricercati.
I terreni per la ricerca delle Enterobatteriacee, Bacillus cereus, dei Clostridi, Stafilococchi
sono stati incubati a 37°C per 48 ore
Quello per la ricerca della conta totale sono stati incubati a 30 °C, per una selezione dei
mesofili, anche in questo caso un tempo di 48 ore.
Il terreno per la crescita di lieviti e muffe è stato incubato a 25°C per 2-3 giorni.
Terminato il periodo di incubazione si è proceduto con la conte delle colonie presenti nelle
piastre: se l’inoculo è stato distribuito in modo omogeneo ogni cellula presente,
moltiplicandosi, ha originato una colonia visibile ad occhio nudo.
Son state conteggiate solo le piastre aventi un numero di colonie inferiore a 250, infatti se le
colonie fossero troppo numerose potrebbero sovrapporsi e rendere difficile la conta esatta. Il
risultato delle conte è espresso in unità formanti colonia per gr di campione (ufc/g) data la
natura solida del campione, utilizzando la formula della media pesata:
∑ ๐‘ข๐‘“๐‘
(1 ∗ ๐‘›) + (0.1 ∗ ๐‘›๐‘Ž) + (0.01 ∗ ๐‘›๐‘) ∗ ๐‘“๐‘Ž๐‘ก๐‘ก๐‘œ๐‘Ÿ๐‘’ 1° ๐‘‘๐‘–๐‘™๐‘ข๐‘–๐‘ง. ๐‘๐‘œ๐‘›๐‘ก๐‘Ž๐‘๐‘–๐‘™๐‘’
in cui:
Σufc= somma delle colonie contate
n= numero di piastre corrispondenti alla 1° diluizione contabile
na= numero di piastre corrispondenti alla 2° diluizione contabile
nb= numero di piastre corrispondenti alla 3° diluizione contabile
55
Materiali e metodi
7.3
Determinazione dell'umidità
Si sono eseguite alcune misurazioni sul contenuto percentuale dell'umidità della farina di
grillo, prendendo come riferimento il calo peso durante il periodo di essicazione, sino a
raggiungimento di un’umidità idonea al prodotto. Con la stessa metodica sui confezionati, son
stati eseguiti dei controllo sull’umidità.
Le determinazioni dell’umidità sono state effettuate utilizzando una stufa a temperatura fissa
di 105 °C.
Sono stati pesati, con un bilancia analitica, circa 1gr di farina di grillo e la rispettiva tara, i
campioni pronti sono stati posizionati in stufa per circa 24 ore.
Trascorso questo tempo i campioni, privi di umidità, son stati prelevati dalla stufa e fatti
riposare e raffreddare qualche minuto in un essiccatore a campana con del gel di silice alla
base, che assorbe l’umidità dell’ambiente all’interno della campana, evitando così
l’assorbimento di umidità da parte della farina.
I campioni son stati poi pesati, risalendo cosi al contenuto di umidità iniziale per differenza
peso.
Determinazione attività dell’acqua (aw)
7.4
E’ stato eseguito un controllo random dell’acqua libera impiegando un Igrometro Aqualab
4TE; lo strumento è stato calibrato utilizzando soluzioni standard di Mg(NO3) con aw 0,529 e
LiCl con aw 0,113.
7.5
Water Holding Capacity (WHC)
Sulla farina di grillo è stata svolta l’analisi sulla capacità di ritenzione idrica (WHC); questa è
stata svolta su:
-
farina a fine processo produttivo;
-
tutti i campioni in conservazione;
-
prima e dopo aver subito il trattamento termico.
La WHC è stata determinata utilizzando una metodica modificata da Heywood et al. e Lin e
Zayas (Traynham, 2007) attraverso un processo di centrifugazione.
Sono state preparate per l’analisi 6 provette falcon da 50 mL con 2,5 gr di campione ciascuna,
la provetta è stata poi portata a volume con acqua distillata.
56
Materiali e metodi
Una volta chiuse con un tappo a vite le diverse provette sono state agitate sia manualmente
che con l’aiuto di una spatola, per poter porre a contato con l’acqua tutte le varie parti del
campione.
Si è proceduto col caricare la centrifuga Eppendorf 5810 R con i vari campioni.
La centrifugazione è stata svolta per 30’ a 5000rpm (Traynham, 2007)
Una volta conclusa questa operazione, abbiamo che la fase solida è ora sedimentata sul fondo.
Si è quindi eliminato il surnatante e si è pesato con una bilancia il sedimento sul fondo.
Per il calcolo della WHC è stata impiegata la seguente formula:
๐‘Š๐ป๐ถ =
7.6
(๐‘ƒ๐‘’๐‘ ๐‘œ ๐‘“๐‘Ž๐‘๐‘œ๐‘› ๐‘‘๐‘œ๐‘๐‘œ ๐‘‘๐‘’๐‘๐‘Ž๐‘›๐‘ก๐‘Ž๐‘ง๐‘–๐‘œ๐‘›๐‘’ − ๐‘๐‘’๐‘ ๐‘œ ๐‘“๐‘Ž๐‘๐‘œ๐‘› ๐‘Ž ๐‘ ๐‘’๐‘๐‘๐‘œ) − ๐‘๐‘’๐‘ ๐‘œ ๐‘ก๐‘œ๐‘ก. ๐‘“๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘–๐‘›๐‘Ž(๐‘”)
๐‘ƒ๐‘’๐‘ ๐‘œ ๐‘ก๐‘œ๐‘ก๐‘Ž๐‘™๐‘’ ๐‘‘๐‘’๐‘™๐‘™๐‘Ž ๐‘“๐‘Ž๐‘Ÿ๐‘–๐‘›๐‘Ž (๐‘”)
Determinazione del colore
L’impiego di un colorimetro permette di indicare un determinato colore in termini oggettivi e
numerici identificando univocamente un colore misurandolo e confrontandolo accuratamente
con standard completamente obiettivi.
L’analisi del colore è stata effettuata attraverso l ‘impiego di un colorimetro “Minolta CM2600d”, equipaggiato con illuminante D65 (rappresenta la luce diurna diffusa) e con angolo di
misurazione della luce riflessa del campione di 10° rispetto alla normale.
Si è proceduto così nell’analisi, cercando di prendere un aliquota rappresentativa del
campione da analizzare.
Per effettuare la misurazione il campione deve essere disposto nella lente dell’obbiettivo, per
evitare di sporcarla è stato preferito disporre il campione sopra una piastra trasparente per
proteggere il contato fisico con la lente di misurazione. Per ogni campione, oltre quella target,
sono state fatte 6 letture in punti diversi della piastra.
Le analisi colorimetriche sono state svolte sul:
-campione appena prodotto
-sui campioni confezionati (t30 e t50)
-sul campione trattato termicamente.
I vari risultati sono stati elaborati con il programma statistico IBM SPSS Statistics 20.0.
57
Materiali e metodi
7.6.1 Analisi statistiche
Le differenze significative tra i dati relativi all’effetto dei packaging impiegati, l’effetto del
tempo sulla conservazione e l’effetto del trattamento termico sono state analizzate tramite test
ANOVA univariata con confronto delle medie mediante test HSD di Tukey e LSD (p < 0,05)
(software IBM SPSS v.20 Inc., IL, USA).
Con l’impiego della tolleranza di colore sono state eseguite delle valutazioni sulle differenze
di colore tra i diversi campioni analizzati.
Attraverso l’impiego della seguente formula si è riuscito a individuare quindi i minimi scarti
tra i diversi campioni, così da identificare le diverse variazioni di colore:
โˆ†๐ธ = √(โˆ†๐ฟ)2 + (โˆ†๐‘Ž)2 + (โˆ†๐‘)2
7.7
Confezionamento
Attraverso una confezionatrice sottovuoto a campana sono state confezionate diverse aliquote
di prodotto finito:
-
n°3 campioni in barattolo di vetro;
-
n° 3 campioni in materiale plastico;
-
n° 3 campioni in materiale plastico sottovuoto.
Il materiale plastico che è stato scelto è l’UNDIVAC (CPA/PE), un materiale flessibile
coestruso a 11 strati PA+PE (strato saldante).
E un materiale che presenta una buona barriera all'ossigeno, ma discreta all'umidità, in quanto
igroscopico. Con l'aumento di umidità, infatti, perde in parte le sue caratteristiche di barriera
(tab. 13).
Caratteristiche tecniche
UNDIVAC 140 (CPA/PE)
Spessore totale
Grammatura
Permeabilità O2
Permeabilità CO2
Permeabilità N2
Permeabilità H2O
T di rammollimento
Valori
Tolleranza
Unità di misura
140
135,8
47
208
12,7
4,8
90
±7
± 6,8
± 2,4
± 10,5
± 0,7
± 0,3
-
µm
gr/m3
cc/m2/24h/atm
cc/m2/24h/atm
cc/m2/24h/atm
g/m2*24h
°C
Tab.13 -definizione quantitativa dei valori di barriera secondo la normativa UNI 10534/94.
58
Materiali e metodi
Barriera (norma UNI 10534 12/94)
Cm3/m2/24h (vapore acqueo)
g/m2/24h/1 bar (gas +/*)
Molto alta
<0,5
Alta
0,5 ÷3,0
Media
3,0 ÷ 30
Bassa
30,0 ÷ 150,0
Molto bassa
>150,0
38°C, 90% UR// +*23°C, 0%UR
Tab.14 -caratteristiche di barriera, classificazione dell’effetto barriera con la normativa 10534/94.
7.8
Analisi centesimale
Su una parte della farina di grillo sigillata ermeticamente è stata realizzata un’analisi
centesimale dal laboratorio esterno “Laboratorio DNA s.r.l.” di Traversetolo (PR).
7.9
Trattamento termico
Sul prodotto finito sono state fatte prove di pastorizzazione e di sterilizzazione attraverso
l’impiego una piccola autoclave a vapore.
Sul prodotto, inserito in uguale quantità nei diversi contenitori di vetro, sono state eseguite
diverse prove e ciascuna prova era composta da 3 replicati.
La temperatura durante il trattamento termico è stata registrata impiegando una sonda a ago
Ebro- EBI 10 T232.
59
Risultati e discussione
8 RISULTATI E DISCUSSIONE
8.1
Analisi in conservazione
La farina di grillo, come spiegato nel precedente capitolo, è stata confezionata con tre pack
differenti (vetro, materiale plastico CPA/PE e CPA/PE sottovuoto) al fine di individuare
l’influenza della conservazione e l’effetto di ciascun pack sulla conservazione della farina di
grillo.
Le tre confezioni sono state riempite con quantità analoghe di farina e conservate a
temperatura ambiente, a riparo da fonti luminose.
A 30, 50 e 100 giorni di conservazione sulla farina sono state svolte analisi microbiologiche,
analisi riguardanti la capacità di ritenzione idrica e sino al giorno 50, analisi colorimetriche.
8.1.1 Water Holding Capacity (WHC)
L’analisi sulla capacità di trattenere l'acqua (WHC) è un importante interazione proteinaacqua che troviamo in diversi sistemi alimenti. La WHC è la capacità di una matrice proteica
di assorbire e trattenere l'acqua contro la gravità, e comprende l’acqua legata, l’acqua
idrodinamica, quella di capillarità e quella fisicamente intrappolata (Moure et al.2006).
Oltre che al contenuto proteico il valore della WHC varia a seconda della sua solubilità. Le
frazioni proteiche solubili e insolubili influiscono sulla WHC, così come la loro polarità.
In letteratura, sulla WHC non è stato trovato nessun lavoro in riferimento alla farina di grillo,
si è quindi ricercato un prodotto che fisicamente e chimicamente potesse essere il più
possibile analogo al prodotto in esame; la risposta è stata trovata nella farina di soia, un
prodotto proteico a base di soia che si presenta quindi con un alta percentuale proteica (tra il
45 e il 60%).
Per quanto riguarda la soia, il suo utilizzo nelle tecnologie alimentari è attribuito alle diverse
proprietà funzionali delle sue proteine: emulsionante, gelificante, alla capacità di formazione
di schiuma, alla viscosità, e alla capacità di trattenere l'acqua.
Proprio sulla sua capacità di trattenere l’acqua sono stati fatti diversi studi che essenzialmente
misuravano e confrontavano la WHC della farina di soia con quella ottenuta dall’analisi di
altri prodotti come il bianco d’uovo o il latte in polvere, e si è visto come la soia potesse
contenere sino a 3 volte più acqua di questi ingredienti (Traynham et al. 2007).
Non essendo presente una metodica ufficiale, per poter svolgere la stessa analisi della WHC
sulla farina di grillo è stato utilizzato la stesso metodo impiegato nello studio appena citato e
confrontandola poi, a parità di metodo, con altri prodotti (tab. 15 e fig. 21).
60
Risultati e discussione
Farina analizzate
WHC
Proteine
Farina 00
0,53 (±0,04)
12,5 %
Farina di soia
2,4 (±0,1)
50,0 %
Farina di grillo
2,37 (±0,08)
65,7 %
Farina di grillo “Thailand Unique”
1,17 (±0,06)
67,8 %
Tab.15- confronto tra valori WHC e sul contenuto in % tra diversi prodotti.
WHC farine
3
2,5
2
Farina 00
Farina di soia
1,5
1
Farina di grillo
Thailand Unique
0,5
0
Fig.21 -confronto tra valori medi di WHC nel tempo e tra i diversi pack analizzati.
Questi risultati evidenziano come la capacità di assorbimento della farina di grillo presa in
esame sia molto simile a quella della farina di soia, entrambi superiori a tutti gli altri campioni
analizzati. La WHC della farina di grillo presa in esame risultata inoltre essere maggiore della
farina di grillo prodotta dall’azienda Thailandese Thailand Unique, probabilmente un valore
influenzato in parte dall’età della farina utilizzata per l’analisi.
L’alta capacità di assorbimento d’acqua della farina di grillo è sicuramente legata al suo
quantitativo proteico e dalla disponibilità di una buona parte delle proteine presenti di creare
delle interazioni con l’acqua permettendoli di assorbirla. Questa capacità è una proprietà
funzionale importante che permette di conferire corpo a un prodotto o nel caso degli impasti
in genere, aumentarne la lavorabilità.
61
Risultati e discussione
8.1.2 Water Holding capacity (WHC) in conservazione
L’analisi della WHC è stata ripetuta su tutti i campioni, dopo 30, 50 e 100 giorni di
conservazione.
Pack
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
Vetro
0
30
2,37(±0,08) 1,94(±0,06)
2,37(±0,08) 2,38(±0,05)
2,37(±0,08) 1,86(±0,03)
50
1,64(±0,06)
1,7(±0,3)
1,5(±0,2)
100
1,60(±0,06)
1,60(±0,06)
2,0(±0,0)
Tab.16- confronto tra valori medi di WHC nel tempo e tra i diversi pack analizzati.
WHC
3
2,5
WHC g/g
2
1,5
1
0,5
0
0
20
40
60
80
100
120
Giorni
CPA/PE
vetro
CPA/PE sottovuoto
Fig.22 -andamento grafico dei valori medi di WHC nel tempo di ciascun pack.
Dal grafico è possibile visualizzare l’andamento della WHC durante il periodo di 100 giorni
dalla data di confezionamento. Il confezionamento sottovuoto ha evidenziato sino al giorno
30 un mantenimento del valore di WHC individuato al tempo 0, a differenza del CPA/PE e
del vetro che hanno subito un calo già dopo i primi 30 giorni di conservazione.
Un dato anomalo si è presentato al giorno 100 sul vetro, dove si è mostrato un rialzo del
valore di WHC, probabilmente causato dalla variabilità intrinseca della farina, non essendo un
valore significativo non è stato preso in considerazione. In generale, in questa prova tutti i
valori di WHC dei 3 packaging analizzati sono calati del 33% nei 100 giorni successivi al
confezionamento, con un andamento decrescente e mantenendosi poi più costanti dopo il 50°
giorno.
62
Risultati e discussione
Per ridurre i margini di errore fra le diverse prove, i diversi risultati della WHC sono stati
riportati anche sul peso secco della farina, considerando quindi il campione privato della sua
umidità, sia quella di partenza, che quella assorbita durante il periodo di conservazione e non
sono state rilevate grosse differenze.
Con l’impiego delle specifiche del materiale plastico utilizzato per il confezionamento e le
analisi sull’umidità della farina, sono stati registrati i valori di assorbimento teorico d’acqua
con analisi annesse sul contenuto effettivo di umidità durante i giorni di conservazione (tab.
17)
Giorni
Pack
0
30
/
CPA/PE sottovuoto
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
CPA/PE
50
100
Assorbimento H2O
teorico (g/150cm2)*
0
0,2(±0,3)
0,2(±0,3)
3,8(±0,3)
3,8(±0,3)
7,6(±0,3)
7,6(±0,3)
UR %
3,5(±0,0)
3,5(±0,1)
3,7(±0,1)
5,0(±0,2)
4,0(±0,3)
3,7(±0,0)
6,8(±0,1)
Tab.17- valori tabulati di ass. teorico di H2O e umidità relativa della farina di grillo.
*assorbimento d’acqua riferito a un pack di 150๐‘๐‘š2 .
Per una migliore comprensione dei risultati è stato realizzato un grafico che evidenzia
l’andamento dell’umidità del prodotto dei due packaging e quello teorico estrapolato dalle
specifiche del materiale (fig. 23). Il vetro in questa analisi non è stato considerato essendo un
materiale inerte e impermeabile a gas e al vapor d’acqua.
12
10
Ur %
8
6
4
2
0
0
20
40
60
80
100
120
Giorni
CPA/PE sottovuoto
CPA/PE
Ur teorica
Fig.23 -assorbimento di umidità delle due confezione plastiche e quello teorico dello stesso materiale.
63
Risultati e discussione
Il grafico (fig. 23) mostra come entrambe le confezioni plastiche si siano tenute sotto la linea
teorica di assorbimento di H2O, particolarmente interessante il valore del CPA/PE sottovuoto
che si mantiene nei 100 giorni sotto il 5% di umidità, al contrario del CPA/PE che mostra un
andamento crescente mostrando un valore di umidità relativa al 100° giorno attorno al 6,8%.
In entrambi i risultati (tab. 16 e tab. 17), il pack CPA/PE sottovuoto pare che sia quello che
mediamente abbia conservato meglio i valori di WHC e che ha tenuto bassi i valori di
assorbimento di H20 della farina di grillo durante i 100 giorni di conservazione.
Probabilmente questo è legato alla caratteristica propria del confezionamento sottovuoto,
dove uno degli effetti è quello dell’evacuazione dell’aria e dell’umidità dalla confezione
durante la saldatura che ne limita l’aumento del contenuto d’umidità iniziale, inoltre per la
differenza di pressione l’umidità è tenuta in misura maggiore fuori dalla confezione
limitandone quindi l’ingresso nel tempo.
Si parla comunque di valori con differenze tra loro di massimo di 2-3 punti percentuale, non è
quindi da escludere che ulteriori prove avrebbero dato andamenti di umidità differenti.
8.1.3
Analisi colorimetrica
Per l’analisi del colore una volta acquisiti i dati, tramite l’uso del software spectra magic si
sono calcolati i valori L*, a*, b* e i valori C ed h, relativi rispettivamente allo spazio di colore
Lab e LCh.
Nello spazio di colore L*a*b*, L* indica la luminosità mentre a* e b* le coordinate di
cromaticità. Con aumento di a* abbiamo un colore che va verso la direzione del rosso, meno
a* invece verso la direzione del verde, con un aumento del valore di b* abbiamo un aumento
di giallo una riduzione di questo valore invece ci porta verso una diminuzione del giallo fino
al colore blu.
Lo spazio di colore L*C*h usa lo stesso diagramma dello spazio di colore L*a*b* ma le sue
coordinate sono cilindriche anziché rettangolari. In questo spazio di colore, L* indica la
luminosità ed la stessa L* dello spazio di colore L*a*b*, C* è il croma e h l'angolo della tinta.
Il valore di croma C*è pari a 0 al centro e aumenta con la distanza dal centro. L'angolo della
tinta h* parte per definizione sull'asse dove a* è più alto ed è espressa in gradi; 0° sarà un alto
a* (rosso), 90° sarà un alto b* (giallo), 180° sarà un valore di a* basso (verde) e 270° sarà un
basso valore di b* (blu).
64
Risultati e discussione
Questi valori sono stati raccolti ed elaborati su foglio di lavoro excel, successivamente tramite
programma statistico SPSS, impiegando un test ANOVA univariata sono state analizzate le
differenze significative tra i dati relativi all’effetto dei diversi packaging utilizzati e l’effetto
del tempo sulla conservazione della farina. In questo modo si sono ottenute una serie di
tabelle con le quali è stato possibile verificare tali differenze.
Nelle tabelle seguenti (da tab. 18 a tab. 22) le lettere minuscole (a, b, c) stanno ad indicare i
valori statistici per ogni confezione in funzione della variabile tempo, mentre le lettere
maiuscole (A, B) stanno ad indicare i valori statistici in funzione della tipologia di confezione.
Giorni
0
30
50
VETRO
54,7(±0,2) a/A
53,3(±0,6) b/AB
52,9(±0,3) b/A
L*
CPA/PE
54,7(±0,2) a/A
52,9(±0,8) c/B
53,3(±0,8) b/A
CPA/PE SOTTOVUOTO
54,7(±0,2) a/A
53,7(±1,1) b/A
52,6(±0,6) b/A
Tab.18 - dati colorimetrici medi di L* in funzione del tempo e del tipo di packaging; dati statistici in
funzione del tempo (lettere minuscole), in funzione della tipologia di confezione (lettere maiuscole).
Per quanto riguarda la lucentezza, si nota come nel tempo e su tutte le confezioni questo
valore diminuisce, anche se con valori medi minimi tra loro.
Per quanto riguarda i valori statistici del materiale in funzione del tempo, nel pack vetro non
ci sono state differenze significative tra il giorno 30 e 50, ci sono invece con il giorno 0.
Anche nel confezionamento sottovuoto non abbiamo differenze significative tra il giorno 30 e
50 a differenza della confezione CPA/PE dove troviamo differenze significative tra tutti e tre i
tempi analizzati. In funzione del tempo invece le uniche differenze significative trovate
riguardano il giorno 30 nel quale si sono trovate differenze significative tra le due confezioni
plastiche, non sono presenti invece tra quest’ultime e il vetro.
La bassa umidità di partenza della farina, la conservazione lontano da radiazioni luminose
hanno sicuramente permesso una buona conservazione del parametro L* nel tempo riducendo
al minimo i fenomeni di ossidazione. Le differenze tra i vari packaging nel tempo ha influito
poco sulla riduzione di questo parametro.
Giorni
0
30
50
VETRO
3,5(± 0,0) b/A
3,6(±0,1) b/A
3,7(±0,1) a/A
a*
CPA/PE
3,5(± 0,0) a/A
3,6(±0,2) a/A
3,6(±0,3) a/A
CPA/PE SOTTOVUOTO
3,5(±0,0) a/A
3,6(±0,2) a/A
3,6(±0,1) a/A
Tab.19 -dati colorimetrici medi di a* in funzione del tempo e del tipo di packaging; dati statistici in
funzione del tempo (lettere minuscole), in funzione della tipologia di confezione (lettere maiuscole).
65
Risultati e discussione
I valori di a* sia statisticamente che numericamente risultano identici tra di loro nel tempo e
tra le diverse confezioni. Abbiamo comunque una differenza statisticamente significativa nel
vetro al tempo 50 che risulta essere differente dal tempo 0 e 30 dello stesso materiale,
probabilmente legata a una variabile estrinseca non riconducibile ne al tipo di materiale, ne al
materiale di confezionamento.
Giorni
0
30
50
VETRO
11,9(±0,3) a/A
11,7(±0,5) a/A
11,7(±0,4) a/A
b*
CPA/PE
11,9(±0,3) a/A
12 (±0,6) a/A
11,5 (±0,5) a/AB
CPA/PE SOTTOVUOTO
11,9(±0,3) a/A
11,4(±0,7) ab/A
11,2(±0,4) b/B
Tab.20 - dati colorimetrici medi di b* in funzione del tempo e del tipo di packaging; dati statistici in funzione
del tempo (lettere minuscole), in funzione della tipologia di confezione (lettere maiuscole).
I valori raccolti indicano una riduzione del valore di b* (+ blu) su tutte le confezione, in
funzione del tempo. Nella farina confezionata sottovuoto troviamo differenze significative,
cosi come al 50° giorno tra i diversi packaging, probabilmente legate entrambi alla variabilità
stessa del campione.
Giorni
0
30
50
VETRO
12,4(±0,2) a/A
12,2(±0,4) a/A
12,3(±0,4) a/A
C*
CPA/PE
12,4(±0,2) a/A
12,5(±0,7) a/A
12,1(±0,5) a/AB
CPA/PE SOTTOVUOTO
12,4(±0,2) a/A
11,2(±0,8) a/A
11,7(±0,4) a/B
Tab.21 - dati colorimetrici medi di C* in funzione del tempo e del tipo di packaging; dati statistici in
funzione.
del tempo (lettere minuscole), in funzione della tipologia di confezione (lettere maiuscole).
Nello spazio colorimetrico LCh, per quanto riguarda il valore di croma C* questa si mantiene
mediamente costante tra i tutti i valori ma comunque tendente anche in questo caso a calare.
Probabilmente legata alla diminuzione del valore L*. Statisticamente diversi risultano essere i
valori di vetro e CPA/PE sottovuoto al tempo 50. Anche in questo caso possibile causa è la
variabilità del prodotto.
Giorni
0
30
50
VETRO
72,2(±0,6) a/A
72,7(±0,8) ab/AB
72,2(±0,4) b/A
h*
CPA/PE
72,2(±0,6) a/A
73,3(±0,4) a/A
72,3(±0,9) b/A
CPA/PE SOTTOVUOTO
72,2(±0,6) a/A
72,2(±0,6) b/B
72,2(±0,7) b/A
Tab.22 -dati colorimetrici medi di h* in funzione del tempo e del tipo di packaging; dati statistici in
funzione.
del tempo (lettere minuscole), in funzione della tipologia di confezione (lettere maiuscole).
66
Risultati e discussione
I valori dell’angolo della tinta h* sia statisticamente che numericamente risultano identici tra
di loro nel tempo e tra le diverse confezioni.
Risultano esserci differenze significative nel tempo su ogni confezione dove il valore al
tempo 0 risulta essere significativamente diverso con il tempo 50 su ogni pack. Differenze
significative le troviamo anche tra i diversi packaging al tempo 50 tra il CPA/PE e il CPA/PE
sottovuoto.
Con l’impiego della tolleranza di colore sono state eseguite poi delle valutazioni sulle
differenze di colore tra i diversi campioni analizzati (tab. 23).
Giorni
30
50
VETRO
1,4
1,8
ΔE (reference tempo 0)
CPA/PE
CPA/PE SOTTO VUOTO
1,8
1,0
1,4
2,1
Tab.23 -tolleranza di colore ΔE in funzione del tempo e del tipo di materiale di confezionamento.
Nei primi 30 giorni di conservazione il confezionamento sottovuoto ha permesso una miglior
conservazione del colore, rispetto al vetro che risulta essere comunque buono, la farina
confezionata CPA/PE invece ha mostrato il valore che più si allontana dal tempo 0.
Al tempo 50 invece, abbiamo quasi un inversione dei valori, dove il valore che si discosta
maggiormente dal tempo 0 risulta essere il CPA/PE sottovuoto, la causa è da riportarsi alla
variabilità della farina che non presenta valori costanti ma che comunque in generale si è
mantenuta su dei valori bassi, con variazioni minime tra le confezioni e tra i due tempi di
conservazione analizzati.
La bassa umidità di partenza della farina di grillo, la conservazione lontano da radiazioni
luminose hanno sicuramente permesso una buona conservazione del colore nel tempo,
riducendo al minimo la percezione di fenomeni ossidativi; nonostante la permeazione di O2 e
H20 durante la conservazione, che avrebbero potuto catalizzare questo fenomeno. Inoltre
l’impiego di differenti packaging per la conservazione ha influito poco sulla modificazione
del colore.
67
Risultati e discussione
8.1.4 Analisi microbiologiche
Durante i 100 giorni di conservazione della farina di grillo sono state svolte delle analisi
microbiologiche (tab. 24) focalizzando la ricerca sulla conta della carica batterica totale e su
quella del Bacillus cereus.
Giorni
0
30
50
100
Pack
Vetro
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
Vetro
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
Vetro
CPA/PE
CPA/PE sottovuoto
CBT
1,58 x 106
1,5 x 105
9,5 x106
4,5 x 106
1,7 x 105
1,6 x 106
3,6 x 106
2,81 x 105
9,5 x 105
106
Bacillus cereus
3,5 x 106
1,0 x 105
8,0 x 106
2,0 x 106
1,7 x 105
1,1 x 106
1,6 x 106
2,0 x 105
1,2 x 106
106
Tab.24 - valori microbiologici ufc/g della farina di grillo al tempo 0 e dopo 30,50 e 100 giorni di
conservazione su tre diverse metodologie di conservazione.
Al tempo 0 sono stati ricercati anche gli Stafilococchi coagulasi positivi, le enterobatteriacee,
i lieviti e le muffe (tab. 9) e i clostridi solfito riduttori, questi sono risultati pari inferiori a 103,
eccetto per i clostridi solfito riduttori nel quale si è evidenziata una carica superiore.
Nella tabella 24 è mostrato come la carica microbica non ha subito nessuna variazione nel
tempo e tra i packaging, questa si attesta nell’ordine di 106 ufc/g sia nella conta della carica
totale che in quella del B. cereus.
La bassa aw, circa 0,23 e la bassa umidità della farina di grillo (tab. 6) ha bloccato lo sviluppo
microbico inibendone la crescita. Valori così bassi ne hanno impedito la crescita, ma non la
morte, perciò la carica microbica è rimasta invariata durante tutto il periodo di conservazione
indipendentemente dalla confezione.
68
Risultati e discussione
8.2
Trattamento termico
Sulla farina di grillo, tenuto conto dell’insufficiente pastorizzazione pre-essicamento e della
conseguente alta carica del B. cereus, si sono svolte delle prove volte al parziale abbattimento
di questo microrganismo patogeno. Sulla farina trattata termicamente sono state svolte analisi
sulla WHC e analisi colorimetriche.
8.2.1 Sterilizzazione
E’ stato svolto un trattamento sterilizzante con un F0 di 5 minuti a 121°C. Questi valori
tempo/temperatura sono molto teorici non potendoli misurare con una sonda.
Con questo drastico trattamento comunque, sia le cellule vegetative che le spore presenti nella
farina di grillo sono state distrutte; ne consegue che, dall’analisi microbiologica svolta su
questa aliquota di farina si è mostrata la totale assenza del B. cereus.
La permanenza a così alte temperature per lungo tempo, ha causato però pesanti
modificazioni sul colore e sul valore di WHC (tab. 29 e tab. 30).
8.2.2 Pastorizzazione
Anche un trattamento pastorizzante si è realizzato sulla farina.
Si è eseguito un trattamento con un valore pastorizzante VP di 6 minuti a 80°C.
Ottenendo la seguente riduzione (tab. 25).
CBT cfu/g
Bacillus cereus cfu/g
Farina di grillo
1,6 x 10
6
3,5 x 106
Farina di grillo pastorizzata
1,7 x 104
2,4 x 104
Tab.25 - confronto microbiologico tra farina di grillo al tempo 0 e farina di grillo trattata.
Il trattamento pastorizzante ha influito solo in maniera superficiale e insufficiente sulla carica
microbica, riducendola di 100 volte.
L’abbassamento della carica ha probabilmente interessato solamente le cellule vegetative e
non le spore del B. cereus essendo termoresistenti; per esempio, fra una serie di ceppi di
origine varia, il tempo per ridurre di 10 volte le spore ad un temperatura di 90 °C, a pH 7, il
valore di D variava da pochi minuti a più di 100 minuti (Dufrenne et al. 1994).
Inoltre la resistenza termica dei microrganismi aumenta al diminuire dell’attività dell’acqua
(tab. 28). Cellule microbiche disidratate, poste in provette e riscaldate a bagnomaria risultano
essere più resistenti di cellule umide delle stesso tipo. Poiché è appurato che la denaturazione
delle proteine, cioè la loro distruzione, avviene a velocità maggiore quando sono riscaldate in
69
Risultati e discussione
acqua piuttosto che in aria. Il modo preciso mediante il quale l’acqua facilita la denaturazione
termica delle proteine non è completamente chiara, ma è stato osservato che il riscaldamento
di proteine umide causa formazione di gruppi –SH liberi, con conseguente aumento della
capacità delle proteine di legare l’acqua. La presenza di acqua favorisce la rottura termica dei
legami peptidici; in assenza di acqua, tale processo richiede più energia con conseguente
maggiore refrattarietà al calore.
La resistenza al calore è influenzata anche dal contenuto in proteine, un prodotto con elevato
contenuto proteico deve essere trattato più drasticamente di quelli a basso tenore proteico.
Anche il numero di microrganismi influisce, più alto è il numero di microrganismi più elevato
è il grado di resistenza al calore. E’ suggerito che il meccanismo base di tale fenomeno sia
legato alla produzione da parte delle cellule di sostanze protettive.
Ne consegue che un trattamento pastorizzante iniziale sul grillo sarebbe più efficace di uno
svolto nella fase post essicamento riducendo di diversi minuti il valore D, sia per le spore che
per le cellule vegetative.
Utilizzando un modello combinato di inattivazione delle spore del B. cereus (Gaillard et
al.,1998), si è fatto un confronto con la cinetica di inattivazione a diversi valori di aw, a parità
di tutte le altre condizioni.
Il modello utilizza alcuni valori predefiniti, nelle quali vengono poi aggiunte le variabili del
prodotto da trattare: la temperatura di trattamento, il pH e la sua aw.
Questo modello di inattivazione termica è comunque creato per un range di a w limitato. Per
non uscire troppo dalle condizioni riportate nello studio (Gaillard et al., 1998) si è svolto il
calcolo come se la farina di grillo finale avesse una aw ipotetica di 0,6. Si presume che avendo
un valore di aw di 0,3, il Dspore ipotetico sarebbe ancora più alto di quello individuato (tab. 27).
๐‘™๐‘œ๐‘”๐ท = ๐‘™๐‘œ๐‘”๐ท′ − (
1
1
1
) (๐‘‡ − ๐‘‡ ′ ) − (
) (๐‘๐ป − ๐‘๐ป ′ )(๐‘๐ป − ๐‘๐ป ′ )2 − (
)(๐‘Ž − 1)
2
๐‘๐‘‡
๐‘๐‘Ž๐‘ค ๐‘ค
๐‘๐‘๐ป
Valori predefiniti
Valori di trattamento termico
D’= 0,676
Zaw = 0,164
T’= 100°C
ZpH = 4,08
ZT = 9,28
pH’= 7,5
aw = 0,6-0,97
pH = 6,5
T’= 100°C
Tab.26 -valori di riferimento e valori di ph, a w e temperatura usate ipoteticamente per un trattamento pastorizzante.
70
Risultati e discussione
aw
Dspore minuti
0,6
162
0,7
39,7
0,8
9,7
0,9
2,4
0,97
0,9
Tab.27-valori di D con aw associata.
E’ possibile ora individuare i diversi valori di Dspore associati all’aw del prodotto.
Con un trattamento termico svolto sul prodotto finito, (aw 0,3) il valore di Dspore salirebbe
teoricamente oltre i 162 minuti per ottenere un sola riduzione decimale. La stessa riduzione
decimale la si potrebbe ottenere pastorizzando i grilli nella fase successiva al lavaggio, in cui
questi presentano una aw di 0,97 in cui corrisponde un valore di Dspore di 0,9 min. (tab. 27).
Un trattamento svolto in questa fase del processo produttivo consentirebbe:
un risparmio energetico;
la possibilità di impedire a monte il raggiungimento di alte concentrazione di B.
cereus, impedendone inoltre la produzione di spore;
di preservare maggiormente le caratteristiche organolettiche della farina di grillo.
Svolgere un trattamento termico in questa fase del processo comporterebbe un maggior
rischio di ricontaminazione, quindi si rende necessaria nelle fasi successive al trattamento,
una maggior attenzione nella lavorazione e nella manipolazione di questo prodotto,
raffreddando ed essiccando velocemente.
71
Risultati e discussione
8.2.3 WHC e analisi colorimetriche
Sulla farina sterilizzata e pastorizzata sono state svolte analisi sulla capacità di assorbimento
d’acqua e analisi colorimetriche.
L’analisi della WHC è stata svolta sul campione a fine trattamento termico e dopo 45 giorni di
conservazione in vetro (tab. 28) e se ne è osservato il decremento percentuale rispetto al
valore della farina di grillo al tempo 0 (tab. 16).
Giorni
0
45
0
45
Campione
% decremento WHC
26,4
34,4
20,0
25,6
Sterilizzato
Pastorizzato
Tab.28 -decremento percentuale del valore di WHC.
Con l’applicazione del trattamento termico il valore di WHC si è ridotto in misura maggiore
nei campioni sterilizzati, meno in quelli pastorizzati. Il valore di WHC si è ulteriormente
ridotto dopo 45 giorni di conservazione, lo sterilizzato del 34,4% e il pastorizzato, conservato
a temperature di refrigerazione, del 25,6%. Il trattamento termico ha ridotto la capacità delle
proteine di interagire con l’acqua e ne ha ridotto l’assorbimento.
Sugli stessi campioni è stata svolta l’analisi colorimetrica sia sul campione non trattato che su
quello a fine trattamento.
Farina non trattata
L*
58,6(±0,4) a
a*
3,7(±0,0) c
b*
13,8(±0,2) c
C*
14,3 (±0,2) c
h*
74,7(±0,2) a
ΔE (reference tempo 0)
Pastorizzato
57,1(±0,2) b
4,3(±0,1) b
14,8(±0,2) b
15,4(±0,3) b
73,8(±0,4) b
2,0
Sterilizzato
55,4(±0,3) c
5,9(±0,1) a
15,4(±0,4) a
16,5(±0,4) a
68,8(±0,4) c
4,3
Tab.29 -valori colorimetrici medi della farina pastorizzata e sterilizzata; dati statistici in funzione del tipo di
trattamento (lettere minuscole).
In questa analisi sono maggiormente evidenti le differenze numeriche tra i tre campioni, dove
il valore di L* diminuisce con l’aumento del tempo e della temperatura di trattamento.
I valori di a*, b*, C* aumentano col trattamento, indice di un incremento del rosso, del giallo
e del valore di croma. La h* diminuisce, indice di un angolo di tinta che si sposta verso lo 0°,
corrispondente ad un aumento del valore di a*.
Analisi statistica e l’indice di tolleranza del colore ΔE evidenziano come i tre campioni siano
statisticamente differenti tra di loro.
72
Risultati e discussione
Il trattamento termico ha influito sia sul colore che sulla capacità di assorbimento dell’acqua,
in misura minore in un trattamento pastorizzante.
Fig.24 -a sx, farina di grillo; in alto a dx, farina di grillo pastorizzata; in basso a dx, farina di
grillo sterilizzata.
8.3
Prova etanolo
E’ stata proposto, oltre al trattamento termico, anche l’aggiunta di sostanze antimicrobiche per
osservarne l’effetto sulle cellule vegetative del B. cereus e sulla carica microbica totale.
L’agente proposto è stato l’etanolo, aggiunto alla farina in ragione dell’1%.
Dopo 50 giorni si son svolte le analisi microbiche sui campioni testati.
Farina di grillo
Farina di grillo + alcol 1%
CBT cfu/g
1,6 x 106
1,4 x 105
B. cereus cfu/g
3,5 x 106
1,4 x 105
Tab.30 -confronto microbiologico farina di grillo e farina di grillo + alcol 1%.
Dai risultati, l’etanolo potrebbe aver influito sulla riduzione della carica microbica nei 50
giorni successivi al confezionamento, riducendola di 10 volte.
Il quantitativo di spore di questa matrice di farina di grillo non è stato analizzato. Non avendo
eseguito una pastorizzazione sul campione prima dell’analisi, quello che ne è risultato dalla
conta delle piastre è la somma delle cellule vegetative già presenti e delle spore germinate.
La non conoscenza del contenuto delle sole cellule vegetative non ha permesso di dare una
reale valutazione dell’effettivo effetto antimicrobico dell’etanolo.
73
Risultati e discussione
La percentuale aggiunta comunque non è risultata sufficiente per ottenere un importante e
significativo abbassamento della carica microbica totale. Altre prove andrebbero eseguite con
percentuali diverse di etanolo, in combinazione con acidificanti e/o con trattamenti termici,
per ottenerne maggiori risultati sull’effettivo effetto di questo agente antimicrobico sulla
farina di grillo.
8.4
Processo produttivo
Dai risultati ottenuti ne consegue un ipotetico processo produttivo a scala industriale (fig. 25):
Spurgo
Raccolta e Setacciatura
Lavaggio
Pastorizzazione e Raffreddamento
Sgrondatura
Essiccazione
Macinazione e Setacciatura
Confezionamento e Stoccaggio
Fig.25 –processo produttivo farina di grillo.
74
Risultati e discussione
I grilli, 48 ore prima dell’inizio del processo produttivo vengono privati dell’alimentazione
per favorirne lo spurgo interno. A inizio processo produttivo i vari bins vengono svuotati su
dei nastri vibranti orizzontali, permettendo così di effettuare un’efficace separazione delle feci
e delle particelle indesiderate dai grilli.
Alla fine del nastro setacciante i grilli, di grandezza selezionata, vengono riversati in un
tunnel di lavaggio ad acqua. Impiegando più cicli di lavaggio, monitorando la temperatura
dell’acqua e gli altri parametri di processo abbiamo una pulizia superficiale dei grilli. Questi
sostano all’interno della vasca di lavaggio per un certo periodo, finché non si raggiungono
due obbiettivi principali:
1. eliminare tutte le particelle adese all’insetto;
2. ridurre la carica microbica superficiale.
Successivamente i grilli lavati entrano in un pastorizzatore ad acqua. Il trattamento termico
viene svolto con lo scopo di inattivare e distruggere sia le spore che le cellule vegetative della
flora microbica residente nell’insetto. Alla fine del processo termico i grilli attraversano un
breve nastro di sgrondamento, entrando così in un essiccatore ad aria, avendo cura di
mantenere una temperatura non inferiore a 65°C all’ingresso dell’essiccatore.
All’interno del essiccatore i grilli vengono quindi essiccati sino ad ottenere un prodotto con
un’umidità residua non superiore al 3-4%.
Il prodotto in uscita viene abbattuto termicamente con aria fredda. L’aria fredda abbassa la
temperatura dei grilli sotto i 25°C in breve tempo (a fine essicamento ciascun grillo pesa
0.08g).
Il prodotto viene poi inserito e macinato in un cutter e ridotto in particelle con granulometria
non superiore ai 160µm. Granulometria che viene controllata attraverso una serie di piatti
setaccianti. La farina ottenuta è poi raccolta all’interno di una tramoggia e inviata a una serie
di nastri chiusi che la elevano verso una serie di bilance multi-testa che effettueranno così il
confezionamento. La farina potrebbe essere confezionata su plastica alluminata e inserito
all’interno un assorbitore di H2O consentendo la conservazione a lungo termine anche dopo
l’apertura della confezione. Il prodotto confezionato e incartonato va a riempire di vari pallet
pronti per essere stoccati o spediti. Dall’uscita dal essiccatore, le successive operazioni che
precedono il confezionamento si svolgono in camere bianche, per ridurne al minimo le
ricontaminazioni.
Confrontando questo processo con quello utilizzato per l’analoga produzione della farina di
grillo Thailandese “Thailand Unique”, questa potrebbe avere una shelf-life superiore ai 6 mesi
in condizioni di non refrigerazione.
75
Conclusioni
9 CONCLUSIONI
Da quanto emerso durante le prove sull’allevamento si potrebbe presupporre che assieme ai
fattori fisiologici di crescita ottimali (temperatura e umidità) vanno a concorrere sullo
sviluppo e sulla maggiore sopravvivenza dei grilli il benessere alimentare, la completezza
nutrizionale e l’ottimale disposizione all’interno del bin in di tutte le componenti che lo
costituiscono (le unità abitative, il terriccio, l’acqua e le fonti alimentari). Questi fattori
concorrerebbero alla riduzione dello stress di tutta la colonia, impattando sulla riduzione del
fenomeno del cannibalismo e quindi sulla riduzione della mortalità. Le due unità abitative
provate (a tendine e a cilindri di cartone) hanno dato risultati poco soddisfacenti, legati a
cause forse patologiche o a cause certamente non riconducibili alle tipologie di allevamento
scelte, prova che la variabilità del sistema è elevata. Si rendono necessarie sia altre prove
sull’alimentazione che sull’allevamento, nonché studi approfonditi sulla biologia di questo
insetto.
Dai risultati ottenuti dalle differenti analisi sui confezionati, si può affermare che la bassa
umidità di partenza della farina di grillo e la conservazione lontano da fonti luminose ha
permesso, indipendentemente dal tipo di packaging, di preservare il colore originario della
farina durante tutto il periodo di conservazione analizzato, rallentando efficacemente i
fenomeni ossidativi, che sono risultati presenti ma comunque minimi e difficilmente
rilevabili, anche statisticamente, come nel caso delle analisi colorimetriche. Diverso nel caso
del trattamento termico, dove le analisi colorimetriche hanno evidenziato effetti sulla farina,
riconducibili all’avvenuta ossidazione e denaturazione delle proteine. Le variazioni registrate
sono minori nel trattamento pastorizzante ed ovviamente maggiori con il trattamento
sterilizzante. Per quanto riguarda l’analisi sulla WHC (Water Holding Capacity), l’alto valore
registrato a prodotto finito, ha mostrato un calo durante la conservazione e sembrerebbe che
questo si stabilizzi dopo i primi 50 giorni di conservazione, indipendentemente dal tipo di
confezionamento, ne consegue che la riduzione del valore di WHC potrebbe quindi essere un
problema intrinseco nella farina di grillo legato forse al suo invecchiamento e non a fattori
fisici dati dalla metodologia di conservazione. Sicuramente, avendo un’alta variabilità del
prodotto non è da escludere che con la produzione di altre aliquote di farina di grillo con la
stessa analisi si potrebbero ottenere risultati differenti. L’alto valore di WHC individuato
durante le analisi è condizionato dall’alta percentuale di proteine disponibili a formare
interazioni con l’acqua, è proprio queste che col trattamento termico, svolto sulla farina, si
rendono ancora meno disponibili probabilmente a causa di processi irreversibili di
76
Conclusioni
denaturazione. Dalle analisi svolte, il valore di WHC diminuisce teoricamente con
l’aumentare dell’intensità di trattamento.
L’effetto termico, in particolare il trattamento pastorizzante, ha avuto un effetto sulla
riduzione della carica microbica relativa solamente alle cellule vegetative del microrganismo
B. cereus. Questo non è stato sufficiente per garantire una buona sicurezza del prodotto. La
causa probabilmente è legata sia alla presenza di spore, che alla bassa umidità della farina
trattata. Ne conseguito che queste due variabili hanno incrementato il valore di D, rendendo
minima la letalità del trattamento svolto. Il trattamento sterilizzante svolto è stato in grado di
eliminare tutte le forme sporigene e vegetative presenti nel prodotto. Un effetto sulle cellule
vegetative del Bacillus cereus sembra che si sia avuto con l’aggiunta di etanolo, anche se
anche in questo caso la riduzione rilevata è risultata insufficiente per l’alta presenza di spore.
Per quanto riguardo la carica microbica nei confezionati, questa è rimasta pressoché costante
durante tutto il periodo di conservazione, la bassa aw ha impedito lo sviluppo microbico,
arrestandone la crescita senza ottenere nessun effetto letale sulle cellule vegetative.
Dal punto di vista microbiologico alcune considerazione sul processo produttivo possono
essere effettuate: una riduzione della carica microbica del grillo a monte, principalmente
attraverso una riduzione dei tempi di riscaldamento e di raffreddamento durante il processo di
pastorizzazione, che permetterebbe di contenere i microrganismi sporigeni; applicare un unico
e più intenso trattamento termico sui grilli e non sulla farina consentirebbe, oltre ad evitare un
secondo processo, una riduzione del tempo di trattamento a parità di temperatura di processo,
permettendo così di eliminare la maggior parte dei microrganismi patogeni presenti.
Il prodotto farina di grillo potrebbe essere un buon sostituto a livello nutrizionale delle fonti
proteiche animali a cui siamo normalmente abituati; un prodotto che addizionato in basse
percentuali a diversi alimenti è in grado di aumentarne il valore nutrizionale, in particolar
modo quello proteico, permettendoli inoltre, grazie alla buona capacità di assorbire acqua, di
conferire corpo a diversi impasti. I risultati emersi fanno intendere comunque quanto siano
ancora limitate le conoscenze iniziali che abbiamo sia sui grilli che su questo nuovo prodotto.
Sia durante le analisi che durante l’elaborazione dei risultati si è riscontrata un’elevata
variabilità dei valori rilevati. Inoltre la scarsità di riferimenti bibliografici specifici e di
precedenti studi su questi nuovi prodotti non ha permesso di individuarne punti precisi su cui
sviluppare questo progetto, ma solo punti d’inizio da cui partire.
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