La farmacologia del paziente cardiologico - Digilander

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1-Insufficienza cardiaca congestizia
Nell’insufficienza cardiaca il cuore è incapace di pompare la quantità di sangue necessaria
alle necessità dell’organismo; può dipendere da perdita della capacità di contrazione o da un
aumento del carico di lavoro a cui è sottoposto il cuore.
E’ accompagnata da un aumento di liquidi a livello interstiziale.
“Congestizia” perché i sintomi comprendono congestione polmonare (insufficienza sinistra)
ed edema periferico (insufficienza destra).
Lo scopo della terapia è aumentare la gittata cardiaca e ridurre il carico cardiaco.
Attraverso uno schema suddivideremo i farmaci in classi; questo anche in tutte le altre
patologie che tratteremo.
Un precarico elevato causa un riempimento eccessivo del cuore e un aumento del carico di
lavoro; il postcarico è la pressione che deve essere vinta dal cuore per pompare il sangue nel
sistema arterioso.
I vasodilatatori riducono il pre e postcarico perché nel pre aumentano la capacità venosa e
nel post riducono le resistenze arteriolari.
Tra questi sono importanti gli ACE inibitori; questi farmaci bloccano l’enzima che trasforma
l’angiotensina I in angiotensina II (un potente vasocostrittore).
Riducono il tono venoso e le resistenze vascolari.
I diuretici alleviano la congestione polmonare e l’edema periferico; riducono i sintomi da
sovraccarico di volume (ortopnea, dispnea notturna).
Riducendo il volume plasmatico riducono il precarico.
I farmaci isotropo positivi stimolano la contrattilità del muscolo cardiaco favorendo
l’aumento della gittata cardiaca; l’azione è il risultato di un aumento della concentrazione di calcio
citoplasmatico che potenzia la contrattilità cardiaca.
2-Farmaci antiaritmici
Le cellule cardiache sono in grado di autoeccitarsi, generando un potenziale d’azione
ritmico; l’alterazione della generazione di impulsi o della conduzione in uno dei diversi siti cardiaci,
può causare un anomalia del ritmo cardiaco.
Le aritmie sono diverse tra loro: bradicardie, tachicardie, flutter e fibrillazioni, a seconda che
il cuore batta velocemente, lentamente o che l’impulso sia generato da focolai ectopici.
I farmaci possono essere classificati in base al loro potenziale d’azione; i farmaci di classe I
bloccano i canali del sodio causando una diminuzione dell’eccitabilità e della velocità di
conduzione.
I farmaci antiaritmici di classe II, i β bloccanti sono utili per trattare le tachiaritmie causate
dall’aumento dell’attività simpatica.
Riducono il consumo di ossigeno bloccando gli stimoli simpatici diretti al cuore; il risultato
è una riduzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della contrattilità del miocardio.
Si crea un bilancio più favorevole tra il fabbisogno e la disponibilità di ossigeno del
miocardio.
I farmaci di classe III bloccano i canali del potassio; il potassio in uscita provoca la
ripolarizzazione delle cellule cardiache; prolungano, quindi il periodo refrattario effettivo.
I farmaci di classe IV bloccano, invece, i canali del calcio; provocano una diminuzione della
velocità di depolarizzazione e un rallentamento della conduzione nel nodo atrio ventricolare.
3-Farmaci antianginosi
L’angina pectoris è il caratteristico dolore toracico causato dal flusso coronarico che è
insufficiente a soddisfare il fabbisogno di ossigeno nel miocardio.
I nitrati organici causano una rapida riduzione del fabbisogno di ossigeno del miocardio
con conseguente diminuzione dell’angina.
Sono utilizzati nell’angina stabile, instabile o atipica (prinz metal).
Il farmaco di scelta è la nitroglicerina sublinguale perché rilassa la muscolatura liscia
vascolare.
I bloccanti β adrenergici sopprimono l’attivazione del cuore attraverso il blocco dei
recettori β.
Riducono anche il lavoro del cuore perché fanno diminuire la gittata cardiaca e causano una
lieve diminuzione della pressione sanguigna; questi farmaci sono particolarmente utili per il
trattamento di pazienti con infarto del miocardio.
Possono essere usati in associazione ai nitrati per accrescere la durata e la tolleranza allo
sforzo.
I bloccanti dei canali del calcio inibiscono l’ingresso di calcio nelle cellule muscolari
cardiache e in quelle lisce dei vasi arteriosi; questi farmaci sono vasodilatatori che causano una
diminuzione del tono della muscolatura liscia e delle resistenze vascolari.
4-Farmaci antiipertensivi
L’ipertensione è definita come durevole aumento della pressione arteriosa diastolica oltre i
90 mmHG, accompagnato da una elevazione della pressione sistolica oltre i 140 mmHG.
E’ la conseguenza dell’aumento del tono della muscolatura liscia vascolare periferica che
porta ad un aumento della resistenza arteriolare e a una riduzione della capacitanza del sistema
venoso.
I diuretici e/o i β bloccanti sono una terapia consigliata nell’ipertensione; il diuretico a basse
dosi previene l’ictus, l’infarto e l’insufficienza cardiaca.
I diuretici tiazidici sono i più usati; aumentano l’escrezione di sodio generando una
diminuzione della gittata cardiaca.
Alcuni diuretici sono risparmiatori di potassio e vengono utilizzati anche in associazione;
prevengono la perdita elettrolitica che può essere causata da alte dosi di diuretici.
I β bloccanti, di cui si è già discusso in precedenza, sono indicati perché tra gli effetti
creano anche una abbassamento della pressione arteriosa; vanno usati con cautela perché possono
dare bradicardia, stanchezza, insonnia e broncocostrizione (in pazienti con patologie asmatiche).
Gli ACE inibitori sono utilizzati quando altri farmaci sono sconsigliati o inefficaci.
Riducono le resistenze vascolari periferiche senza far aumentare la gittata, la frequenza o la
contrattilità cardiaca.
Bloccano l’enzima di conversione dell’angiotensina I nel vasocostrittore angiotensina II.
Gli ACE inibitori sono più efficaci nel trattamento dell’ipertensione di soggetti giovani.
Questa classe di farmaci ha degli effetti collaterali: eruzioni cutanee, tosse secca, perdita del
gusto, febbre, iperkaliemia.
Gli antagonisti dell’angiotensina II (losartan) hanno effetti simili agli ACE inibitori
(vasodilatazione, blocco della secrezione di aldosterone).
5-Farmaci attivi sul sangue
Di questa sezione fanno parte i farmaci per il trattamento di trombosi, emorragia ed anemie.
La formazione di trombi dipende da una serie di fattori che, in condizioni normali, si
manifestano solo dopo un trauma fisico, mentre in questo caso la causa è una condizione patologica.
Il coagulo si forma a seguito dell’aggregazione piastrinica, seguita dalla formazione di
trombina; essa catalizza la produzione di fibrina che lo stabilizza.
La fibrinolisi, invece, è un processo attraverso il quale viene arginata la propagazione del
trombo e la rete di fibrina viene sciolta appena si cicatrizzano le ferite.
Gli inibitori dell’aggregazione piastrinica riducono la formazione o l’azione dei segnali
chimici che promuovono l’aggregazione piastrinica.
Questi agenti si sono dimostrati efficaci per la prevenzione e il trattamento delle malattie
cardiovascolari occlusive, il mantenimento di impianti vascolari e dispositivi per la pervietà
arteriosa, e come aggiunta alla terapia trombolitica nell’infarto miocardico.
Gli anticoagulanti inibiscono la coagulazione del sangue e sono: eparina e antagonisti della
vitamina K; hanno diversi meccanismi d’azione e diversi usi clinici.
L’eparina è un anticoagulante immediato perché si lega all’antitrombina III; si somministra
per via endovenosa.
Viene usata nella fase acuta dell’infarto miocardico e nella cura della trombosi venosa
profonda (anche a scopo preventivo); agisce rapidamente e l’effetto termina altrettanto rapidamente
non appena viene sospesa.
Tra gli antagonisti della vitamina k il warfarin (coumadin); questi farmaci provocano la
produzione di fattori della coagulazione inattivi (perché privi di una catena enzimatica inibita dal
warfarin).
Gli effetti terapeutici sono osservabili dopo 8-12 ore dalla somministrazione; possono essere
antagonizzati dalla somministrazione di vitamina k.
I farmaci trombolitici attivano la conversione del plasminogeno in plasmina (una proteasi
che dissolve i trombi); tra questi la streptokinasi e l’urokinasi.
Sono utilizzati in alcuni casi di malattia tromboembolica acuta, nell’infarto del miocardio e
per evitare la formazione di coaguli nei cateteri e negli shunt.
E’ maggiore l’efficacia se utilizzati entro breve tempo dalla formazione del coagulo.
Gli antiemorragici servono a contrastare una condizione patologica in cui è presente una
carenza di fattori coagulativi o uno stato fibrinolitico (come nel caso dell’emofilia).
La somministrazione di vitamina K può arrestare, invece, gli stati emorragici dati dagli
anticoagulanti orali, come già visto in precedenza.
L’anemia è una condizione in cui la concentrazione di emoglobina è inferiore alla norma
per la diminuzione del numero di eritrociti circolanti o per un contenuto totale di emoglobina,
basso.
Una causa è la perdita cronica di sangue, un’anomalia del midollo osseo, un aumento
dell’emolisi, un tumore o un infezione.
Queste condizioni possono essere corrette dalla somministrazione di sangue intero e usando
degli accorgimenti nella dieta nella quale non devono mancare ferro, acido folico, vitamina B12.
6-Farmaci antiiperlipidemici
La malattia coronarica è collegata ai livelli plasmatici delle particelle
lipoproteiche contenenti colesterolo.
Alcuni farmaci antiiperlipidemici riducono la produzione dei trasportatori
lipoproteici di colesterolo mentre altri fanno aumentare la rimozione del colesterolo
dall’organismo.
Questi farmaci possono essere usati insieme o singolarmente ma vanno
abbinati ad una riduzione nella dieta dell’apporto lipidico (soprattutto colesterolo e
grassi saturi) e comunque ipocalorica.
Le cosiddette “statine” (lovastatina, simvastatina, fluvastatina) inibiscono la prima tappa
enzimatica limitante la sintesi degli steroli.
Questi farmaci sono efficaci nell’abbassare i livelli di colesterolo in tutti i tipi di
ipercolesterolemia
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