scienze
Il microbioma dei bambini
si perfeziona nei primi
quattro anni di vita,
grazie alcontatto
con l’ambiente.
Un eccesso di pulizia
impedisce la sua
formazione e apre
le porte alle allergie
MICROCOSMI/1
NON SOLO CUORE, RENI, FEGATO. TRA GLI ORGANI DA CUI DIPENDE LA SALUTE
C’È IL MICROBIOMA, CIOÈ L’INSIEME DI batteri BUONI, FUNGHI E LIEVITI
DIFFUSI IN TUTTO IL NOSTRO CORPO. CHE CI PROTEGGONO. E VANNO PROTETTI
di Alex Saragosa
I
l latte umano contiene 700
specie di batteri diversi: lo ha
rivelato una ricerca pubblicata della microbiologa María
Carmen Collado, dell’Istituto di agrochimica spagnolo. Dobbiamo preoccuparci
e pastorizzare anche il latte della mamma? No, al contrario, dobbiamo essere lieti nello scoprire come questo latte contribuisca a costruire nel neonato quel
complesso mix di microrganismi che gli
permetterà di sopravvivere. È sempre
più evidente infatti che non siamo individui, ma ecosistemi, e riusciamo a mantenerci in salute grazie al microbioma, ovvero alla patina di batteri, funghi e lieviti
che ricopre le parti del nostro corpo in
contatto o con scambi con l’esterno (dalla pelle all’intestino, dai bronchi all’uretra)
impedendo che vengano colonizzate da varietà patogene. Una persona di 70 chili si
porta dietro un numero di cellule estranee 10 volte superiori alle sue, circa 2 chili di microrganismi che, da potenziali nemici, in milioni di anni di evoluzione sono
diventati preziosi alleati. «Il microbioma
è come un altro organo del nostro corpo,
le cui funzioni stiamo cominciando a capire solo ora» dice la microbiologa Carlotta De Filippo, che studia il microbioma alla fondazione trentina Edmund Mach.
Dal 2008 il consorzio internazionale
Human Microbiome Project, promosso
68
Prevotella I batteri di questa
famiglia aiutano a digerire i vegetali.
Sono fondamentali perché grazie a loro
si rinforzano le pareti dell’intestino
Firmicutes Sono batteri più diffusi
tra chi si nutre di molti zuccheri
e proteine e sembrano non essere molto
utili al nostro benessere generale
Bifidobacterium lactis
Batteri del ceppo bifidus si trovano nel latte
e sui capezzoli materni e aiutano
il bambino a sviluppare il proprio microbioma
dal National Health Institute americano,
censisce i microrganismi che convivono
con l’umanità: per ora ne hanno individuato oltre 10 mila specie. Fra le centinaia di
persone di cui hanno analizzato il microbioma, c’è anche il giornalista Michael Pollan, che ha raccontato sul magazine del
New York Times i risultati del suo esame:
possiede un ottimo mix di microrganismi,
tra i quali figurano quelli della famiglia
Prevotella, che digeriscono fibre vegetali,
frutto probabilmente della sua dieta largamente vegetariana. Nelle popolazioni
dei Paesi avanzati, invece, questi batteri
stanno diventando relativamente scarsi,
sostituiti da altri, come i Firmicutes, più a
loro agio in un ambiente ricco di zuccheri e proteine, ma che non sembrano altrettanto utili al nostro benessere.
«In realtà non sappiamo quale sia il
microbioma “perfetto”» dice il microbiologo Rob Knights, dell’Università del Colorado a Boulders, ricercatore di punta
dello Human Microbiome Project, «anche
perché l’ideale varia con la dieta e l’ambiente in cui si vive. Per esempio nell’intestino dei giapponesi, e solo nel loro, è presente un batterio specializzato nella digestione delle alghe. Pensiamo però che più
il microbioma è diversificato meglio sia.
Infatti, se l’uomo ha 27 mila geni nel suo
Dna, il Dna del suo microbioma ne contiene milioni, e più è grande la varietà più è
probabile che abbia una soluzione pronta
per rispondere a variazioni nella
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ARTWORK HANNAH WHITAKER
Piccolissimi
complici
scienze
dieta o alla presenza di patogeni».
La costruzione di un microbioma vario
ed equilibrato inizia dai primi secondi di
vita. «Nasciamo sterili» dice Duccio Cavalieri, biologo, che lavora con De Filippo nello studio del microbioma delle aree alpine, «ma già il passaggio attraverso il canale materno ci conferisce una carica
batterica in grado di “addestrare” il nostro sistema immunitario a distinguere gli
“amici” presenti nel corpo materno dai
batteri estranei. Una ricerca del febbraio
scorso, condotta dalla pediatra Christine
Cole Johnson, ha mostrato come la mancanza di questo imprinting batterico nei
bambini nati per parto cesareo possa portarli a sviluppare cinque volte più allergie
di quelli nati con parto naturale».
A completare il nuovo microbioma
pensa poi l’allattamento al seno, sia con i
batteri presenti nel latte, sia con quelli di
ceppo bifidus che prosperano sui capezzoli materni. Addirittura si potrebbe dire che
la madre allatti il microbioma: certi zuccheri contenuti nel latte non sono infatti
digeribili per il piccolo, ma solo per i suoi
bifidus. «Il microbioma del bambino» continua Cavalieri «si perfeziona entro i primi quattro anni di vita, assumendo altre
specie sia dal cibo solido che dall’ambiente dove vive, animali domestici compresi,
fino ad arrivare ad averne uno simile a
quello dei propri genitori.
«C’è il forte sospetto» dice De Filippo
«che far crescere i bambini in una bolla di
igiene eccessiva, dando loro solo cibi sterilizzati, non facendoli giocare con animali o per terra, curandoli con antibiotici a
ogni raffreddore, impoverisca il loro microbioma, creando le premesse per le allergie». In età adulta, poi, è fondamentale la presenza nel microbioma di batteri
che digeriscono le fibre vegetali. «Il colon»
dice De Filippo «ospita i batteri che dige-
L’arteriosclerosi
dipende anche
dalla flora
batterica, che,
in chi mangia
troppa carne,
è squilibrata
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CORBIS
MICROCOSMI /2
Helicobacter pylori
Da quando, nel 1983, questo batterio
fu indicato come causa di ulcere è stato
quasi fatto scomparire, a colpi di antibiotici.
Secondo Martin Blaser della New York
University, è indispensabile per regolare
il nostro sistema immunitario e digestivo:
la sua estinzione potrebbe essere causa
del riflusso acido esofageo e, forse,
di obesità in età adulta
riscono le fibre, producendo butirrato, che
le cellule dell’epitelio intestinale, isolate
dal flusso sanguigno, usano come nutrimento. Se quei batteri scarseggiano, le
cellule dell’epitelio si diradano, rendendo
l’intestino permeabile al passaggio di microrganismi, tossine e proteine non digerite, e innescando uno stato di costante
infiammazione nell’organismo. E questa
potrebbe essere una delle cause di patologie “moderne” come la sindrome metabolica, il diabete di tipo 2, le infiammazioni croniche intestinali, l’obesità».
Uno studio condotto da Stanley Hazen,
della Cleveland Clinic, ha rivelato che un
microbioma squilibrato potrebbe essere
anche il nesso fra consumo di carne e malattie cardiocircolatorie. Hazel aveva già
dimostrato nel 2011 che i batteri intestinali trasformano alcune proteine della carne in Tmao, una sostanza che promuove
l’arteriosclerosi. Ora ha misurato i livelli
di Tmao in volontari che seguivano diete
diverse dopo avergli fatto mangiare una
bistecca: ha scoperto che nei vegetariani
i livelli di Tmao restavano molto più bassi rispetto a quelli di chi mangiava carne
abitualmente. Sarebbe perciò il microbioma predominante a rendere la carne un
alimento più o meno pericoloso per le arterie. La farmacologa Patrizia Brigidi, dell’Università di Bologna, ha invece esplorato con un gruppo di colleghi il cambiamento del microbioma negli anziani,
rilevando una perdita di biodiversità e un
aumento in specie patogene, forse dovuto
all’invecchiamento del sistema immunitario. Questa modifica della microflora intestinale apre la strada a uno stato di infiammazione permanente, deleterio per la salute, ma che potrebbe essere ridotto con
l’assunzione quotidiana di probiotici.
Ripristinare il corretto microbioma,
però, non è semplice. «Anzitutto spesso
l’organismo deve abituarsi fin dalla fase di
sviluppo alla presenza di un microrganismo, per accettarlo come ospite» dice Cavalieri, «poi la dieta va adattata al nuovo
microbioma: se aggiungo batteri che si
nutrono di fibre vegetali, devo arricchire
la mia dieta di fibre, per mantenerli. In
terzo luogo, più che un singolo microrganismo, come i famosi bifidus delle pubblicità, sarebbero più utili mix di varie specie, ancora da studiare nel dettaglio. Infine assumere integratori “probiotici” per
bocca non garantisce che arrivino vivi all’intestino, a causa dell’acidità dello stomaco». In alcuni casi gravi, come le infezioni intestinali da Clostridium difficilis, un
batterio molto difficile da curare, si ricorre però già al trapianto di microbioma da
una persona sana a una malata: è già avvenuto anche in Italia, al Policlinico Gemelli di Roma (prelevando flora batterica
da un intestino e innestandola in un altro).
Se il microbioma è tanto prezioso, allora bisogna impegnarsi per proteggerlo.
«Meglio evitare antibiotici inutili e un eccesso di zuccheri, consumare vegetali vari e alimenti fermentati» suggerisce
Knights. «Un approccio che può aiutare
anche a rilanciare i nostri prodotti tipici»
dice Cavalieri, che con De Filippo studia
quelli del Trentino. «Dalla birra ai formaggi, dal vino agli yogurt, la nostra industria
alimentare potrebbe proporre nuovi prodotti che mantengano un equilibrio salutare del microbioma intestinale».
Alex Saragosa
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