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17 ottobre 2012
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Alimentazione
Mangiare gli insetti
Giuseppe Nania
A Zongolica, nella zona montuosa
interna dello stato di Veracruz, a circa
2000 metri di altitudine, una radicata
tradizione entomofaga è diffusa presso
gli indigeni di etnia nahuatl.
L’ecosistema prevalente è il bosco mesofilo con specie
native quali Pseudobombax ellipticum, Heliocarpus
appendiculatus e Trema micranta, oltre quelle introdotte dall’uomo quali Robinia spp., Inga spp. e Coffea
arabica. Gli agroecosistemi principali sono la “selva cafetera” con Coffea arabica consociata con Chamedora
spp. e Musa paradisiaca con abbondante vegetazione
epifita arroccata su alberi d’alto fusto, principalmente
composta da Tillandsia, Heliconia, orchidacee e bromeliacee.
La maggior parte delle
specie di insetti si trovano nella vegetazione arbustiva da maggio a novembre, in genere nelle
siepi lungo i campi coltivati. Gli indigeni salvaguardano e conservano,
dunque, l’habitat di questa importante risorsa
alimentare.
Si consumano in tutti gli
stadi: larve, pupe o adulti, specialmente fritti e
arrostiti e conditi con salse a base di peperoncino oppure arrostiti con succo di lime (Citrus latifolia) e sale. È
possibile macinarli una volta privati dell’esoscheletro e
delle parti più dure per preparare salse a base di carne
d’insetto.
L’entomofagia è una tradizione indigena rimasta salda
per lo più solamente nelle zone rurali dove viene tramandata dai vecchi del villaggio ai più giovani che spes-
so allevano gli insetti commestibili in casa, imitando così i più grandi che allevano i loro animali di cortile.
L’entomofauna edule comprende ben 56 specie segnalate, che si possono riscontrare nei mercati rionali indigeni (tianguis) dei villaggi interni come a Zongolica
(Veracruz, Messico).
Tra queste specie, circa la metà appartiene alla classe
Orthoptera (21 specie), una parte rilevante sono Hymenoptera (13 specie); seguono Lepidoptera con 9, Coleoptera con 8, Homoptera con 3, fino ad abbracciare diversi altri ordini
rappresentati da una
singola specie.
Nella ricca cittadina di
Huatusco, città in cui si
produce un ottimo caffè
coltivato nelle immense
“selve cafetere”, l’antica
e fiera popolazione nahuatl si è mescolata con
discendenti di famiglie
venete e trentine emigrate il secolo scorso e
dedite ai commerci e alla coltivazione del caffè.
Nel suo tianguis possiamo provare leccornie quali chicatanes e hormigas ossia formiche alate.
Il termine “chicatanas” in nàhuatl significa “formiche
borsa” da tzicatl = formica e tanatli = borsa di palma; si
tratta di formiche caratterizzate da un caratteristico
grande addome. I riproduttori maschi alati, che escono
dal formicaio per il volo nuziale nei mesi di maggio e
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giugno, sono utilizzati fin dall’epoca preispanica come
risorsa alimentare.
Le hormigas detengono un elevato quantitativo di proteine di cui il 47% di altissimo valore biologico.
Le grandi formiche alate sono cucinate arrosto: una volta mondate di zampe, ali e torace, vengono macinate e
miscelate ad apposite salse. Al mercato si possono acquistare per non meno di 150 pesos al kg a inizio giugno. La tradizione dice che facciano la loro comparsa il
giorno di Sant’Antonio da Padova, il 13 giugno.
Ogni famiglia ne consuma fino a 3 kg all’anno e ne fa
scorta a fine primavera, periodo durante il quale si preparano le conserve di quest’insetto, arrostendolo e congelandolo. Ogni formicaio maturo (8-10 anni di età della colonia) fornisce circa 7 kg di formiche alate commerciabili mentre formicai più giovani si fermano a 2
kg.
Chissà che dalla lontana serra di Zongolica e dai boschi
di Huatusco un giorno anche in Italia non diventi di
moda l’entomofagia, magari sotto forma di “botanas”
ossia stuzzichini messicani che si usano mangiare con le
mani durante le bevute in compagnia, saltati in padella
e immersi in salse e limone.
Giuseppe Nania è dottore agronomo, laureato in Scienze agrarie tropicali e subtropicali presso la Facoltà di Agraria di Firenze.
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