L’ascesa dei Franchi Dopo la morte di CLODOVEO (511), ci fu una serie di guerre per la spartizione del regno dei FRANCHI. I domini dei Franchi (dai Pirenei fino all’attuale Germania) si frantumarono e i tentativi di riunificazione fallirono. La debolezza dei re franchi permise l’ascesa della classe dei grandi proprietari terrieri. Questi nuovi signori guerrieri basavano il loro potere sull’estensione delle loro proprietà e sul numero di armati al loro seguito. La terra, infatti, costituiva l’unica ricchezza disponibile con la quale il sovrano o il capo militare ricompensava la fedeltà dei suoi guerrieri, assegnandone loro una parte per mantenersi. Dunque la terra rappresentava il BENEFICIO = VANTAGGIO, vale a dire ciò che legava strettamente chi la concedeva a chi la prendeva in uso (non divenendone, però, mai il proprietario). Dopo una serie di re “fannulloni”, fu la volta di re Pipino di Heristal (680), che pose fine ai contrasti fra le diverse fazioni del regno e respinse gli attacchi di altri popoli che volevano invadere il regno dei Franchi. Suo figlio, CARLO MARTELLO, continuò l’opera di Pipino e bloccò l’avanzata degli Arabi nella Francia meridionale: nel 732, infatti, nella celebre battaglia di Poitièrs, egli sconfisse gli islamici, garantendosi, così, l’appoggio della Chiesa cristiana. Alla sua morte, nel 741, il regno dei Franchi appariva di nuovo riunificato. Uno dei suoi due figli, PIPINO IL BREVE, si occupò di migliorare ulteriormente i rapporti con la Chiesa, che si sentiva fortemente minacciata dall’espansionismo dei LONGOBARDI, i cui re Liutprando e Astolfo cercarono di unificare la penisola italiana sotto il loro dominio. Per questo il papa ZACCARIA individuò nei Franchi i nuovi difensori dell’autonomia del papato. Dunque Franchi e papato erano uniti da una comune politica antilongobarda, con lo scopo di far ottenere a Pipino il Breve il titolo regio. Quest’ultimo fatto si concretizzò nel 751, quando il vescovo Bonifacio consacrò Pipino re dei Franchi, così che con l’autorità della Chiesa fu resa legittima la nuova dinastia dei Pipinidi, detti poi CAROLINGI. Nel 754 il nuovo papa STEFANO II, visto che era impossibile accordarsi con Astolfo, dichiarò Pipino patricius Romanorum = patrizio dei Romani, ottenendo in cambio la donazione di alcuni territori che Pipino aveva sottratto ad Astolfo (sconfitto in battaglia). Venne così formandosi il PATRIMONIO DI SAN PIETRO, un territorio appartenente alla Chiesa e comprendente l’Esarcato di Ravenna, la Pentapoli (Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona), il castello di Sutri, parte del Lazio e Roma. Questo fu il primo nucleo del futuro Stato della Chiesa. In questi anni fu scritto anche un documento falso, la cosiddetta DONAZIONE DI COSTANTINO, secondo la quale nel 313 l’imperatore romano Costantino avrebbe donato a papa Silvestro la città di Roma e tutte le regioni dell’impero d’Occidente. Questo documento falso fu scritto per giustificare l’autorità anche politica, oltre che religiosa, del papa sulla città di Roma e sull’Occidente europeo. L’IMPERO DI CARLO MAGNO Nel 768 Pipino lasciò il suo regno ai figli Carlo e Carlomanno. Quest’ultimo morì e Carlo, che sarà detto MAGNO, divenne unico re dei Franchi. Il regno di Carlo Magno durò 46 anni, dal 768 all’814. Fu veramente da Guinness dei primati. Carlo Magno si dedicò a imprese di guerra. Famosissima fu la sua battaglia contro i musulmani che si trovavano in Spagna: proprio una sconfitta dei Franchi, quella di Roncisvalle, con la conseguente morte del paladino Rolando, diverrà l’argomento delle chansons de geste che saranno scritte qualche secolo dopo da valenti poeti. Comunque nell’801 Carlo Magno riuscì ad occupare Barcellona: l’avanzata a sud dei musulmani era stata così bloccata. A nord, invece, Carlo Magno riuscì a superare l’opposizione dei Sassoni, dopo una guerra durata più di trent’anni! Ad oriente Carlo Magno sconfisse gli Àvari, una popolazione di origine mongola che si era stanziata a sud del Danubio, nella Pannonia. In Italia Carlo Magno riuscì a sconfiggere i Longobardi, anche se in questo caso la storia è più complessa: all’inizio, infatti, Franchi e Longobardi erano alleati, al punto che il re longobardo Desiderio aveva fatto sposare le sue figlie, Ermengarda e Gerberga, con Carlomanno e Carlo. Ma Desiderio voleva estendere il suo dominio su tutta la penisola italica per cui, nel 772, avanzò contro Roma. Il papa Adriano I chiese aiuto a Carlo, che, nel frattempo, aveva ripudiato Ermengarda. Così nel 773 Carlo Magno scese in Italia e sconfisse i Longobardi. La conquista della loro città principale, Pavia, avvenne dopo ben dieci mesi di assedio. Il figlio di Desiderio, Adelchi (lo ritroverai anche nello studio della letteratura), si rifugiò a Costantinopoli. Per i Longobardi fu una vera e propria disfatta al punto che Carlo Magno prese anche il titolo di re dei Longobardi! Carlo Magno era così riuscito a ricostruire l’autorità universale dell’impero in Occidente. Egli intervenne anche nelle questioni religiose, convocando concili per condannare coloro che distruggevano le immagini sacre (seguendo l’ordine dell’imperatore Leone III Isaurico d’Oriente). Carlo Magno si stabilì ad Aquisgrana, dove si fece costruire un palazzo molto simile a quello del Laterano a Roma. Il titolo di imperatore arrivò poco dopo. Nella notte del Natale dell’800, infatti, il pontefice Leone III (da non confondere con l’imperatore d’Oriente, che era già morto) incoronò Carlo Magno quale imperatore. Queste furono le sue parole: «A Carlo Augusto, incoronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria!». Nasceva così per volontà del papa e di Carlo Magno il SACRO ROMANO IMPERO, legato idealmente a quell’impero romano d’Occidente annientato tre secoli prima dai barbari. La sua nomina ad imperatore portò anche ad uno scontro formale con la sede imperiale di Costantinopoli; essa si risolse nell’812 con il riconoscimento, da parte dell’imperatore d’Oriente, di Carlo Magno come basileus (= re) e la consegna di alcuni territori (Venezia e l’Istria) ai bizantini. Il governo dei Carolingi si basava su una forma particolare di fedeltà personale: il VASSALLAGGIO. Vassalli erano gli uomini liberi che accettavano un rapporto di dipendenza personale con un signore e si impegnavano a restargli fedeli per tutta la vita. A questi vassalli il signore NON donava la PROPRIETÀ, ma solo il diritto di goderne le risorse sfruttando il lavoro dei contadini. Questo diritto fu all’inizio chiamato BENEFICIO, ed era PERSONALE (concesso solo a quel vassallo), REVOCABILE (il signore poteva toglierlo al vassallo quando voleva) e NON EREDITARIO (alla morte del vassallo il beneficio ritornava al signore, libero di darlo a chi volesse). Fra i diversi obblighi del vassallo nei confronti del signore – al quale rendeva omaggio, cioè si inchinava alla sua volontà – c’era anche quello di seguirlo in guerra. Si creava così un piccolo esercito personale. La grande aristocrazia risultava quindi sempre più legata al re. L’impero di Carlo Magno fu diviso in circoscrizioni territoriali, le CONTEE, ognuna delle quali fu affidata a un CONTE, che curava l’amministrazione del territorio, la riscossione delle imposte, il reclutamento militare e esercitava l’autorità di BANNO, cioè il potere di costringere, vietare, giudicare e punire (il tutto in nome del re). Più contee riunite insieme formavano le MARCHE, ovviamente affidate ad un MARCHESE. Importanti erano anche i MISSI DOMINICI, gli inviati del re, che avevano il compito di controllare come agivano i conti. Per dettare le leggi da seguire Carlo Magno e i suoi successori inviavano apposite istruzioni scritte, dette CAPITOLARI (= norme e ordinanze divise in capitoli). Carlo Magno rinunciò a coniare monete d’oro (non ce n’era a sufficienza) e preferì coniarne solo d’argento, suddivise secondo una scala dodicesimale: la moneta base era il DENARO, dodici denari facevano un SOLDO, venti denari erano una LIBRA o LIRA. Questo denaro d’argento fu la prima moneta unica europea e il sistema dodicesimale fu sostituito da quello centesimale solo nel XIX secolo! Alla faccia dell’euro!!! Fondamentale per la vittoria di Carlo Magno fu la sua alleanza con la Chiesa. A vescovi ed abati furono affidati molti incarichi di governo. Dunque il Sacro Romano Impero ebbe un suo tratto distintivo nel forte intreccio che si stabilì fra potere politico e potere religioso. Carlo Magno riteneva suo compito difendere la Chiesa, combattere i pagani e gli infedeli, consolidare la dottrina cattolica. Ma questo porterà anche a violenti scontri fra papato e impero nei secoli successivi. Agli uomini di Chiesa fu anche affidato un compito importante: vescovi, monaci e abati, in possesso della cultura necessaria, dovevano avviare i giovani allo studio in modo da farne, un giorno, funzionari capaci di amministrare correttamente e con saggezza l’apparato burocratico dell’impero. Ad Aquisgrana Carlo Magno chiamò gli uomini di cultura più importanti del suo tempo e ad Alcuino di York affidò la direzione della Schola palatina, la scuola del palazzo. Così in tutto l’impero, nei monasteri e nelle scuole episcopali, sorsero biblioteche e scuole di scrittura grazie alle quali sono oggi giunte a noi le opere dei principali autori della Roma antica. Questo fenomeno fu successivamente chiamato dagli storici “rinascita carolingia”.