Ritorno in classe Laura Trentini, ex alunna di questa scuola, oggi medico in Africa e ricercatrice sull’Aids, ritorna nella sua “vecchia” classe per incontrare la sua “vecchia” insegnante e parlare dell’oggi. E rilascia un’intervista Laura Trentini torna nella sua scuola; è passata una quindicina d’anni da quando ne è uscita come studentessa. Ci siamo riviste poco in questo periodo: qualche incontro occasionale, giusto il tempo di essere ragguagliata su quello che stava facendo: liceo scientifico, laurea in medicina, specializzazione in malattie infettive. Non è stato facile averla qui oggi: attualmente la sua vita è divisa tra Torino, dove lavora occupandosi prevalentemente di malati di AIDS, e lunghi soggiorni in Burundi, Africa centrale. Ho colto al volo l’occasione che l’ha riportata a Villa Lagarina questo fine settimana, di ritorno da un convegno a Firenze; pensavo sarebbe stato molto interessante, per me e per i ragazzi della seconda C, sentirla parlare delle sue esperienze, tanto inusuali quanto profondamente vissute e volute. Difficile dire che non è cambiata, rispetto agli anni delle medie; tuttavia conserva il suo sorriso dolce e spiritoso, che però non deve trarre in inganno: la giovane donna che abbiamo davanti, nonostante l’apparenza delicata, nasconde forza e determinazione non comuni. Si mette in cattedra, con grande naturalezza, e subito comincia a raccontare, cronologicamente, le cose che ha fatto negli ultimi anni: laurea nel 2000, specializzazione, borsa di studio in Inghilterra, il Burundi. I ragazzi sono frastornati, sopraffatti dal- la quantità dell’impegno, dal numero degli spostamenti. Laura chiarisce subito che il problema non è viaggiare – far le valige, prendere l’aereo – ma inserirsi ogni volta in situazioni nuove, sviluppando una presenza attiva: “Io in Burundi – sottolinea – vado a lavorare. Mi aggiungo come terzo medico in una struttura ospedaliera che ne conta stabilmente due”. Lo vediamo quest’ospedale: è molto grazioso, tutto bianco, con dei giardinetti curatissimi; sembrerebbe il luogo di soggiorno ideale per una vacanza. Poi vediamo gli ospiti: bambini, soprattutto, perché Laura laggiù lavora in pediatria: l’elenco delle loro malattie è lungo e difficile; molte sarebbero curabili se diagnosticate in tempo e, soprattutto, se si disponesse dei mezzi e delle risorse necessarie. “Quest’ospedale – aggiunge – è uno dei tre esistenti nel raggio di 150 chilometri. Copre un’utenza di circa 100.000 persone. È l’unico però ad avere dei medici, negli altri due lavorano solo infermieri. È anche l’unico ad avere un minimo di attrezzature: dispone, ad esempio, di un apparecchio per le radiografie, il che consente di poter anche effettuare qualche intervento chirurgico, cosa che nelle altre strutture non è possibile”. Riflettiamo che l’ospedale di Rovereto, per un’utenza inferiore, occupa 150 medici e un numero elevatissimo di infermieri. Evidentemente non c’è nessuna possibilità di confronto: sulla base di queste cifre dobbiamo concludere che in Burundi l’assi stenza sanitaria non esiste. Eppure il Burundi non è un paese povero, o meglio, non lo sarebbe se non ri senti sse an co r oggi delle gravissime conseguenze della guerra civile che ha sconvolto il paese nel 1993, contrapponendo le etnie degli hutu e dei tutsi, ennesimo lascito catastrofico del passato coloniale. La lingua locale è il kirundi, ma si parla anche il francese. Prima di andarci, Laura l’ha studiato; è in grado così di comunicare con le persone con cui lavora, di stabilire dei rapporti. Ci mostra la foto di una signora africana, circondata dai suoi bambini: l’ha scattata durante il suo ultimo soggiorno nel paese e ne parla con commossa soddisfazione: “La volta precedente – racconta – io avevo curato questi piccoli, che poi sono guariti. Così quando poi la mamma ha saputo che ero ritornata, ha voluto venire a salutarmi, quasi fossi ormai una di famiglia. È stato molto, molto bello”. Chiedo a Laura come mai lei, dopo una laurea in medicina, che avrebbe potuto garantirle notevoli soddisfazioni professionali ed economiche, ha scelto, in controtendenza, di percorrere una strada così difficile. “Essere medico – risponde con semplicità – vuol dire offrire un servizio. E val la pena offrilo a chi ne a più bisogno”. Le diapositive si succedono, i racconti anche. Il tempo riservato all’intervista è volato, ma noi non siamo soddisfatti, vorremmo saperne di più. Alcuni ragazzi insistono perché si vada avanti, ma non è possibile: li aspetta l’ora di ginnastica. Ci lasciamo con la promessa di ritrovarci ancora, l’anno prossimo: gli sguardi stupiti, attoniti dei bambini che Laura ci ha mostrato hanno suscitato anche in noi un sacco di interrogativi. Pubblicato il r apporto UNAIDS su l 2005 L’AIDS UCCIDE UN BIMBO AL MINUTO Ogni minuto nel mondo un bimbo muor e per malattie correlate al virus d ell’HIV stroso, s oprattutto nei paesi del terzo mondo, dove la percentuale di adulti infetti arriva al 20%, in alcuni paesi il 30% delle donne incinte è sieropositi vo. Va s ottolineato inoltre che ci sono s empre pi ù contagi da virus Hiv tra gli eteros essuali, e cresce il numero di donne sposate c ontagiate. In quali zone si sta diffondendo maggiormente il viru s dell’ AIDS? La z ona più colpita del mondo resta l'Africa Subs ahariana c on il 64% di nuovi casi (oltre tre milioni di persone). I c ontagi sono aumentati notevolmente in Europa orientale e alcune zone dell'Asia. Nell'Est europeo, rispetto al 2003, il numero di morti per Aids è quasi raddoppiato e quello dei nuovi contagi è aumentato di un terzo. A cosa è dovuta questa tendenza? Dove le campagne di prevenzione sono s tate fatte con c ura, si è assistito a una riduzione dei casi di infezi oni, in gener ale per ò l'incidenza e le nuove infezioni sono aumentate, segno che queste c ampagne di informazione e prevenzione devono essere intensific ate. L'aumento dei c asi è dovuto, s oprattutto nel mondo occidentale (nei Paesi in vi a di s viluppo è sempre stato così), ad una maggiore diffusione dell'infezione per via eteros essuale. Tutta l a popolazione s essual mente atti va è potenzialmente a rischio: ancora poco è diffusa la c onsapevolezza del pericolo c he deri va da rapporti occasi onali e non protetti. Per di più, la metà dei malati di Aids non sa di essere sieropositiva e continua, inconsapevol e, a diffondere il virus. I bimbi e l’AIDS: alcuni quotidiani hanno pubblicato degli articoli nei quali si afferm a che le misure antiAIDS indir izzate ai bimbi sono insufficienti: tu condividi queste consider azioni? A dire il vero non ho letto gli articoli di questi quotidiani, ma è indubbio c he le misure i ntraprese finora sono insufficienti e i dati riportati dal rapporto UNAIDS sull'infezione nei bambini lo dimostrano. N el mondo i bambini sieropositivi sono 2,5 milioni! E piú di 1 milione di bambini in Africa è colpita dal virus dell’AIDS! Sono i nsufficienti, per quanto migliorate rispetto agli anni sc orsi, le campagne di prevenzione della tras missione della malatti a da madre a bambino. Quello dei bambini è un ver o dramma s oprattutto nel sud del mondo: s e uno dei genitori è sieropositi vo o malato di AIDS, i figli avr anno più possibilità di esser ne c ontagiati. Infatti ad ess ere c olpite dall'Aids sono anc ora soprattutto l e donne. Nel 2005 si contano quasi 17 milioni di sier opositi ve, un milione di pi ù rispetto al 2003. Di queste 13 milioni e mezz o vi vono nell'Africa sub-sahariana, ma il l oro numero è cresci uto ovunque. Inoltre, l a malattia tocc a i bambini anc he per vi a indiretta, basti pens are c he nel mondo sono 11 milioni i bimbi rimasti orfani perché l’AIDS si é portato via i genitori. In che modo i bimbi si amm alano di AIDS? I bambini figli di madr e sieropositive contraggono sempre, in ogni caso, la malattia dalla m adre? Quali sono le altre vie di contagio? No, la possi bilità per un bambino nato da madre sieropositi va di avere l'HIV è di circa il 30%: la tras missione del virus da madre a figlio può avvenire durante la gravidanza, durante il parto, o durante l'allattamento, a c aus a delle perdite di sangue. In occi dente, grazie a specifiche misure di prevenzione (farmaci, parto c esareo, allattamento artificiale) la probabilità di trasmissione materno-fetal e è meno dell'1%. Queste misure di prevenzione, non sono sempr e facilmente applicabili nei paesi i n via di sviluppo; basti pensare all’allattamento con il latte in pol vere: è di fatto i mproponi bile alle donne africane dato che in Africa poter disporre di acqua potabile è anc ora un sogno per la stragrande maggioranza della popolazione. Altre modalità di infezione per i bambini nei paesi in via di s viluppo, escl usa quella materna, sono l egate soprattutto alle tras fusioni; infatti, anc he se ormai nel mondo occidental e le trasfusioni s ono sicurissime, nel terzo e quarto mondo non l o s ono sempre e può c apitare c he i bambini, che vanno i ncontro a forme molto gravi di anemia per vi a della mal aria, contraggano l'infezione dell’AIDS durante l e trasfusioni. Da dire poi che molti ragazzi di ventano sieropositi vi in s eguito a violenze s essuali. Allora com e curate i bambin i affetti da AIDS in Burundi? La diagnosi viene fatta tramite tes t di laboratorio, molto accurati. Al test si s ottopongono tutte le persone che lo richiedono e, se il medic o lo ritiene nec essario, le persone ricoverate. Il tes t viene offerto gratuitamente all'ospedale, ovvero l'ospedale non paga il materiale necess ario a fare il test, in Burundi e in molti stati dell’Africa subsahariana; l e difficoltà non sono quindi legate a pr oblemi ec onomici, quanto piuttosto alla diffic oltà di reperire il test. In Burundi i kit si trovano soltanto nella c apitale, Buj umbura, che dista circa 180 km dall'ospedale dove lavor o e non sempre è facilmente raggiungibile, quindi può s uccedere che i test si es auriscano prima che ci sia l a possibilità di andare fin nella c apitale a prenderne altri. In questi c asi purtroppo non possi amo fare il test. Fino a marz o 2006, l'ultima volta in cui s ono stata io in Burundi, i bambini c on HIV non ricevevano gli antiretrovirali, cioè le medicine specifiche per l'HIV. Venivano curate le infezioni c he via via si pres entavano e veni va offerta loro la profilassi per alcune di queste infezi oni. Ci sono dei progetti per fornire a ques ti bambini i farmaci contro l'HIV, ma non tutti i bambini ne hanno acc esso. Dal rapporto UNAIDS emerge che nel complesso l'accesso alle cur e h a subito un netto miglioramento, confermi? Sì, nel mondo occidentale tutte le persone che hanno bisogno di farmaci, ne hanno accesso. Diversa è, purtroppo, la situazione nel sud del mondo, dove soltanto una mini ma percentual e di infetti hanno access o ai far maci, anc he se l a situazione è notevolmente aumentata rispetto agli anni scorsi. Cosa si potrebbe far e per curare meg lio i bimbi malati di AIDS o sieropositivi? L a situazione è davvero in mano a governi e industrie farm aceutiche? No, non possono fare tutto, la situazi one è molto compl essa. Per dare l a terapia non è sufficiente avere a dis posizione i farmaci. E' necess ario avere dei medici preparati a dare questa terapi a che è molto compl essa (anche in Italia viene fatta solo in c entri specializzati), laboratori che permettano di monitorare gli effetti della terapia, ambul atori, infermi eri... Insomma ser vono tantissime risorse, umane ed economiche, che è molto difficile trovare nei paesi in vi a di s viluppo. È vero c he i governi di quei paesi da soli non possono far fronte a tutte queste spese... ser ve la c ollabor azione anche dell'Organizzazione Mondiale della Sanitá (OMS) e degli organismi s anitari mondiali, oltre c he delle cas e farmac eutic he. a cur a di Ilaria Manica Di che cosa ti stai occupando al momento? Di sperimentazioni clinic he sulla terapia dell'HIV. Mi occupo di sperimentazioni di nuovi farmaci e di un nuovo vaccino c ontro l'HIV. Puoi spieg are la differenza tra HIV e AIDS? Ai ragazzi a volte non è per niente chiar a Lo faró in un linguaggio poc o sci entific o. Essere sieropositi vi non significa essere malati di AIDS. Il virus HIV si introduce nel nostro corpo e si tras mette ad altre persone e può stare nel nostro organis mo anc he per anni s enz a che noi c e ne accorgiamo; attraverso un’ analisi del sangue particolare si può sc oprire l a presenz a del virus HIV nel nostro s angue. Questo significa ess ere sier opositi vi. Chi è sieropositi vo può vivere tranquillamente una vita nor male senza ammal arsi di AIDS a patto che ass uma far maci specifici che si chi amano antiretrovirali. Chi non li assume regolarmente finisce invec e per ammalarsi di AIDS. Non prendendo l e medicine apposite si lascia il virus dell’HIV libero di agire; in tal modo ess o distruggerà tutte le difes e immunitarie permettendo ad altri virus, germi, batteri di entr are nell’organismo. In tal modo il virus dell’AIDS diventerà una vera e propria malattia che ci fará ammalar e di tutte le i nfezi oni con c ui veniamo a c ontatto anc he quelle apparentemente meno gravi come raffreddori, influenze e ci porterà s enz a possibilità di sal vezz a alla morte. L'Aids è molto pericolosa. E' una malatti a che uccide. Ci mette 10, 15 o 20 anni, ma alla fine uccide. Qual è il quadro generale che em erge dal rapporto presentato a fine no vembr e 2005? Nell’ultimo rapporto, riguardante appunto il 2005, vengono pres entati dei dati diversi a seconda dell’area geografica. Piú precisamente, possiamo affermare che nel 2005 nel mondo è aumentato il numero di persone c he vi vono con il virus: l'Oms infatti sti ma c he ci siano oltre 40 milioni di sieropositi vi. L’incidenz a dell'infezione è dunque complessi vamente aumentata, anche s e in alcune z one s ta lentamente rallentando, c ome per esempio in Kenya e i n Uganda, paesi dove negli ulti mi anni ci sono state importanti e valide c ampagne di prevenzi one. Il quadr o è tuttavia sempre disa- Giugno 2006 Vucumprà Maura Angeli pag 39