1 Relazione Ricetto di Casalbeltrame. 1. Analisi storica.

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Relazione Ricetto di Casalbeltrame.
1. Analisi storica.
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L’edificio denominato Ricetto di Casalbeltrame, conosciuto anche con il nome di Castello sin
dall’anno 1067, è un corpo di fabbrica a tre livelli, un tempo circondato da un fossato che, a
partire dalla sua lontana origine medievale viene a subire pesanti e diversificate modificazioni
nel corso del tempo, soprattutto dalla fine del XVIII secolo, sino a momenti più recenti, a
seguito della sua riconversione agricola. Per la sua complessa stratificazione, osservando le
murature e le tipologie di blocchi laterizi impiegate per costruirlo , così come le forme delle
diverse aperture, si stenta a comprenderne sia l’esatta conformazione d’origine, sia le differenti
fasi dell’evoluzione subita. E’ comunque possibile proporre alcune congetture avanzando dei
paralleli, avvalendosi di fonti bibliografiche che hanno già considerato il fenomeno dei ricetti
piemontesi (ci riferiamo agli studi di Micaela Davico di Torino), e dell’accurata osservazione
delle diverse caratteristiche fisiche della struttura.
Fig.1 Vista aerea del ricetto.
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La posizione del ricetto di Casalbeltrame è quella di un sistema collocato in pianura,
posizionato centralmente (baricentrico, fig.1) rispetto al centro abitato. Esso si pone
esattamente all’incrocio delle due vie o assi di scorrimento principali del paese, quelli nord-sud
ed est-ovest. La conformazione dei ricetti è naturalmente connessa alla geografia del territorio
piemontese sul quale essi sorgono ; essi nascono sfruttando delle alture strategiche e, ove
questo non è possibile, sfruttando i corsi d’acqua delle zone pianeggianti per costruire dei
fossati di recinzione, a difesa : è questo il caso di Casalbeltrame.
Fig.2 Mappa Teresiana, 1722.
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Anzitutto, la mappa Teresiana catastale del 1722 (fig.2) ci indica l’edificio come provvisto –
ancora- del fossato e della divisione in celle originaria. Sappiamo che solo in origine nelle celle
si poteva abitare ; in seguito in esse si conservavano le derrate alimentari, e la sola presenza di
una scala, con una apertura nel solaio che permetteva di accedere al livello superiore. Si nota la
presenza, nella corte, della chiesa di San Martino e del suo cimitero (demolita nel 1805), così
come del ponte d’accesso posto sopra il fossato. Possiamo ipotizzare che, esclusa la torre
campanaria della chiesa (forse un semplice campanile posto in sommità della facciata?), le torri
principali dell’insieme fossero in origine soltanto due : una posta al di sopra dell’ingresso, come
in altri casi documentati di ricetti piemontesi, l’altra posta al di sopra dei resti di quello che ci
appare oggi come un bastione. Vi è una grande variabilità tipologica nel merito delle torri-porta
di ingresso ai ricetti piemontesi, variabilità che ci impedisce di immaginare come potesse essere
(in origine) l’ingresso all’edificio preso in esame.
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A Casalbeltrame si è conservata sostanzialmente la sola struttura urbanistica, medievale, come
a Sizzano , in quanto le partizioni interne hanno subite delle modificazioni (le celle sono
divenute dei magazzini per il riso). Il ricetto in questione, basso medievale, è riconoscibile per
la sua forma “a guscio”, con costruzioni perimetrali e nucleo centrale, prodotto di reintegrazioni
ed adattamenti di una più antica opera fortificatoria. La funzione di difesa si esaurisce in genere
nel XV secolo, in quanto la struttura dei ricetti permette, da parte della popolazione, resistenze
possibili di soli pochi giorni, i tempi ridotti per siglare degli auspicabili accordi di pace col
nemico. A partire dal XVI secolo e con l’arrivo del dominio francese, si riempiono i fossati che
li circondano al fine di poter utilizzare i terreni agricoli. Si demoliscono inoltre le fortificazioni
dei villaggi. Ogni costruzione che sia legata ad aspetti di fortificazione deve avere il benestare
dei Savoia prima di essere approvata, e non deve inoltre essere immaginata all’esterno della
stessa città di Torino.
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Nel caso di Casalbeltrame solo verso il 1786-1787 avviene l’eliminazione del fossato , creando
la situazione che ancora oggi possiamo osservare attorno al ricetto. Nel 1799 viene intrapresa la
prima sistemazione dell’ala c.d. Comunale, per intendersi quella fascia di edificio rivolta verso
settentrione. Dal 1799 al 1813 viene risistemata la parte ad oriente , prossima ai resti di una
serie di edifici diroccati (addossati alla stessa ala nella corte) e ad una sorta di basamento di
bastione. Dal 1820 si sistema l’ultima parte dell’edificio, cioè la restante, verso sud. A
conferma di quanto indicato, una serie di lapidi provviste delle diciture del tipo 1799 FG, si
rinvengono al di sopra delle aperture concluse da piattabande proprie di murature setteottocentesche ed indicano, sia la data di sistemazione, sia il nominativo della proprietà che l’ha
richiesta, cioè la famiglia dei Fratelli Gautieri (FG), o la Società Fratelli Gautieri (SFG), dal
XVIII secolo possessori dell’intero edificio (fig.3).
Fig.3 Elemento lapideo con indicazioni.
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2. Materiali.
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Escludendo le eccezioni, si possono rinvenire principalmente tre livelli (o tipologie) di
muratura, distinte per fasce orizzontali, poste verso l’esterno dell’edificio (verso strada).
Diversamente, soltanto due fasce orizzontali si rinvengono verso l’interno dell’edificio, rivolte
verso la corte. La cortina muraria dei ricetti è in genere a doppio paramento, con intercapedine
ricolma di materiale vario; per quanto possiamo vedere nel nostro caso , in corrispondenza delle
piccole parti di muratura demolite dal tempo, si rinvengono invece una serie di pareti di laterizi
sovrapposte. Quindi, un’apposita indagine dovrebbe meglio chiarire la natura delle murature.
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In generale, a livello inferiore i mattoni sono provvisti di poca malta, e sono di dimensioni più
grandi; verso le quote maggiori i mattoni si riducono nelle dimensioni ed aumenta la quantità di
malta. Nel corso dei secoli è risaputo che si tende a diminuire la dimensione dei laterizi, quindi
questa osservazione potrebbe dimostrare, seguendo la logica, che le fasce orizzontali più basse
sono quelle più antiche.
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In termini generici, ad un primo sguardo le murature appaiono nel modo seguente: il piano terra
presenta ingressi conclusi da archi a sesto acuto (tamponati e non), sia in interno che in esterno;
analizzando una serie di esempi piemontesi di ricetti quattrocenteschi analoghi, ipotizziamo che
tali archi di Casalbeltrame siano databili al XV secolo. Naturalmente, come comune
denominatore si rivengono, indipendenti dagli archi ad ogiva tamponati, le aperture della
riforma dell’Ottocento, a qualsiasi livello. La loro datazione al XIX secolo è facilmente
dimostrabile osservando le lapidi che qua e là si rinvengono proprio a fianco delle conclusioni
di dette aperture: come indicato qui sopra, esse ci svelano sia le date di sistemazione di queste
parti di edificio, sia le responsabilità della proprietà.
Fig.4 Muratura verso l’interno della corte.
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Al di sopra del piano terra, nell’interno, vi è una sorta di omogeneità della muratura che
permane identica a se stessa quasi sino alla copertura. Inoltre, le finestre presenti al primo e
secondo piano ci appaiono (anche) a tutto sesto, non a sesto ribassato in quanto queste ultime si
trovano soprattutto al primo livello (fig.4) : probabilmente queste finestre tamponate a sesto
ribassato, sono le uniche originarie, come quelle provviste di archi a sesto acuto del piano terra.
Anche questa congettura è formulabile sulla base di confronti con casi di ricetti analoghi a
quello analizzato. Per quale motivo ? Le aperture a sesto ribassato, si ritrovano in altri casi di
ricetti piemontesi quali Ghemme, Carpignano Sesia e Ponderano, e non si collocano
necessariamente in asse con gli ingressi a sesto acuto sottostanti, anche se sono ipotizzabili
come loro contemporanee. Infatti, a Ponderano, in una torre-porta d’ingresso in mattoni (quindi
di sicura origine medievale) si rinvengono, fianco a fianco, sia la porta ad ogiva, sia l’apertura
(murata) con arco a sesto ribassato. Archi medievali ribassati, in pietra, sono anche a Busano.
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La parte esterna delle murature presenta anche un livello intermedio, dove i mattoni non sono
né grandi come al piano terra, né piccoli come in interno a quote superiori, ed hanno colori
molto diversi : questo è forse dovuto al fatto che la parete esterna è stata oggetto di un maggiore
numero di modifiche, dovute ai numerosi attacchi subiti dagli edifici. Anche all’esterno le
aperture a sesto ribassato sono solo nella parte intermedia, mentre quelle a tutto sesto
prediligono –ma non solo- il piano più alto. Questo potrebbe confermare che le aperture a tutto
sesto sono più recenti, rispetto a quelle a sesto ribassato, seguendo le altre congetture indicate
qui sopra.
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In uno studio recente di Filippo Morgantini (di Chieri) si sostiene che vi sono finestre concluse
da piattabande proprie di murature sette-ottocentesche. Dette aperture sette-ottocentesche
rompono i tamponamenti costruiti nelle murature precedenti, e quello che si vede esternamente,
ossia i mattoni, sono solo lo strato esterno di una sovrapposizione di mattoni (bene visibile là
dove gli strati esterni sono venuti meno). Tutto questo permette di pensare che , comunque, le
aperture fornite di archi a sesto acuto sono precedenti le costruzioni delle piattabande.
3 – Bibliografia
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Vi sono comunque ulteriori fonti storiche che si potrebbero analizzare al fine di proporre un
maggiormente esaustivo studio storico. Anzitutto presso l’Archivio di Stato di Novara,
relativamente agli anni 1478-1779 ed alle voci: Contado di Novara; Contribuzioni militari e
straordinarie; Censi; Conti di tesorieri; Fedi di alloggiamenti militari. Inoltre, vi sono alcune
fonti bibliografiche di possibile interesse (indichiamo le sedi delle biblioteche e la collocazione
dei volumi).
A) presso il Politecnico di Milano.
1) Micaela Viglino Davico, Ricetti e villenove, Torino, Regione Piemonte.
Dipartimento di Progettazione dell’architettura COLL. TI 259/1.
2) Aldo Settia, L’illusione della sicurezza : fortificazioni di rifugio nell’Italia medievale,
Cuneo, 2001 Biblioteca Centrale, COLL. BCA 725.180945
3) Andrea Mosca (tesi), Sperimentazione di sistemi archeologici per la datazione e la
conservazione del costruito…il caso di Candelo.
Biblioteca del Campus Durando, COLL. DU TESI TLB 1195 AB
4) Orsina Leila, Pedrotti Valeria (tesi), Il ricetto di Candelo;
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Biblioteca del Campus Durando, COLL. DU TESI TLB 210
5) Luigi Spina (a cura di), Candelo e il ricetto,
Biblioteca Centrale COLL. BCA 945.17634 CANEIR
Biblioteca del Campus Durando, COLL. 945 CANEIR 001
6) Comoli Vera, L’architettura popolare in Italia: il Piemonte, Laterza, 1988
Biblioteca del Campus Durando, COLL. 728.6 ARCPII 001/3
Biblioteca del Dip. di Progettazione, COLL. TI 212
B) presso il Politecnico di Torino.
1) Vigliano/Bordone, Ricetti e recinti fortificati,
Biblioteca Architettura Politecnico di Torino, COLL. p/623 -450.21-ric.
2) Cinzia Gotta (tesi), Le torri/porta dei ricetti piemontesi, rilievo e analisi statica per i
criteri di consolidamento, Rel. Rosalba Lentile, 1993,
Biblioteca Centrale Politecnico di Torino, COLL. 5398
3) AAVV, I ricetti del Piemonte,
Biblioteca del Dipartimento di Georisorse, COLL. 42.6.9
4. Valutazioni e proposte (5 punti).
A restauro compiuto, la riutilizzazione, una volta che la proprietà sia diventata interamente
comunale, intende realizzare, a piano terreno e ad un solo livello, una serie di botteghe alimentari
(con prodotti d’eccellenza del territorio), provviste di una sorta di veranda vetrata e trasparente,
rivolta verso la corte. Tale soluzione permetterebbe di conservare al massimo le murature. Verso
l’esterno si intende invece ripristinare in tutto -o in parte- la presenza del fossato o comunque delle
sue tracce. A livello superiore , a doppia altezza, è invece previsto un percorso multimediale come
tributo al romanzo di S.Vassalli, La Chimera (fig.5). Ogni livello dell’edificio è di 1260 mq. circa,
al netto delle murature perimetrali (con le stesse il valore diventa pari a circa 1440 mq.). Questa
soluzione permetterebbe, nel rispetto del monumento, di far rivivere le grandi fabbriche ,
nell’ambito più generale delle attività di promozione della scultura moderna che il Comune già sta
organizzando (museo dell’attrezzo agricolo, gipsoteca della scultura italiana del Novecento,
sistemazione del palazzo Savoiroux, le biennali di pittura e scultura) , e nell’altro di proseguire
sulla valorizzazione della storia della cultura agraria che si è sviluppata.
Fig.5 Sezioni con le 2 ipotesi di progetto, con fossato(sx) ed evocazione dello stesso in
pavimentazione (dx).
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1 – Da un dialogo con la Soprintendenza abbiamo appreso della necessità di mantenere il più
possibile lo stato attuale dell’edificio , mostrando la stratificazione delle differenti modifiche,
proposte nelle varie epoche storiche. Mantenere (ad esempio) le parti provviste di intonaco, legate
alla storia dell’edificio, i differenti segni delle aperture originali, ecc... La soprintendenza ritiene
necessario essere convinta con argomenti storici di una certa solidità, qualora si presentasse la
necessità di modificare alcune parti dei prospetti dell’edificio. A tale scopo, prima di intraprendere
qualsiasi studio di fattibilità, si rende necessario effettuare una corretta messa in sicurezza
dell’edificio (oggi in condizioni statiche relative), seguito da un preciso e serio rilievo storico di
ogni parte della muratura, da un’analisi mensiocronologica, alla quale potranno seguire le giuste
considerazioni di carattere storico e , quindi, di conseguenza, la possibile progettazione
modificativa delle diverse parti senza per questo , a nostro avviso, rendere assoluto il principio di
conservazione della sovrapposizione delle tracce, forse sia di valore documentativo che
architettonico.
Proprio in tale senso, avendo oggigiorno a disposizione solo rilievi sommari, si è momentaneamente
provveduto ad indicare, per mezzo del disegno di prospetti affiancati alle immagini fotografiche di
ogni particolare apertura del costruito, ogni possibile modificazione dello stato attuale dell’edificio
(fig.6). Là dove la muratura di tamponamento non appare originaria, cioè contemporanea all’arco a
sesto acuto che conclude la stessa apertura , là dove una finestra appare scompostamente allungata
rispetto alle limitrofe, si è rispettivamente provveduto a proporre sia una demolizione del
tamponamento (e quindi una porta) o una nuova conformazione dell’apertura, sia un mantenimento
della situazione originaria, optando per aprire una sola nuova apertura, indipendente dalla situazione
originaria. Queste due soluzioni sono presentate in due tavole (la 7 e la 8) della nostra proposta
(serie C della relazione SDF). In tale senso, la necessità di togliere eventuali incongruenze derivanti
da modifiche di carattere eccezionale, non riguarda solo le finestre allungate isolate, ma anche (ad
esempio) l’architrave dell’ingresso carraio in cemento armato. Aprire nuove porte verso la corte , a
livello del terreno, permette comunque di considerare le stesse come nuovi ingressi per le botteghe
di alimentari previste nel programma indicato : tali aperture potranno trovarsi in asse con altrettante
aperture poste nelle verande vetrate , innanzi le stesse. La trasparenza non impedirà di poter
osservare le tracce storiche legate alle distinte fasi ricostruttive del corpo di fabbrica.
Fig.6 Comparazione con fotografie.
2 – Sarebbe auspicabile riaprire il fossato, o comunque indicarne a terra le tracce originarie, fermo
restando il rispetto per la viabilità comunale attuale (fig.7).
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Un disegno di queste due soluzioni è stato approntato per saggiare tale possibilità : vengono
presentate la soluzione provvista di una semplice variazione di pavimentazione e quella di un vero e
proprio fossato (di più difficile realizzazione, anche a causa delle sottoreti), rendendo quasi
esclusivamente pedonali –escluso il traffico dei residenti- le due piccole vie che si incrociano in
corrispondenza di uno degli angoli del ricetto. Queste ultime sono provviste di una pavimentazione
a ciotoli (una delle stesse è via della Chiesa), e si può pensare di relegare la presenza di traffico
veicolare alle sole due strade principali del paese, cioè la via Cavour e la Via V.Emanuele sfociante
nella piazza IV Novembre. Le nuove strade qui indicate circonderebbero quindi un nuovo “fossato”,
di larghezza variabile e non superiore ai 6 metri (ripreso dalla mappa del catasto Teresiano), a sua
volta circondato da un marciapiede. Si deve tenere presente che la muratura perimetrale interna alla
corte, non presenta strutture di fondazione.
Fig.7 Le 2 ipotesi di sistemazione : con fossato(sx) e con la sola evocazione dello stesso in
pavimentazione (dx).
3 – La Soprintendenza ha indicata la necessità di togliere ogni modifica legata alla precedente
funzione agricola dell’edificio. Moltissime parti della muratura rivolta verso est, infatti, presentano
segni di distruzioni e demolizioni atte allo scopo di permettere il passaggio degli elementi
(macchinari) utilizzati per l’immagazzinamento del riso nell’ambito del ricetto.
In tale senso, il corpo di fabbrica o rustico centrale (databile al 1909), attualmente destinato a
ricovero di materiale vario, difficilmente potrebbe essere preservato e non distrutto ; se pensiamo
all’origine di questo edificio come prettamente legata alla rinnovata funzione agricola del ricetto,
quindi relazionata a quella fase storica della quale desideriamo togliere i segni e le pesanti tracce
nella parte est del costruito, per logica coerenza, pensiamo sarebbe auspicabile rimuovere
completamente i segni di questa fase storica in ogni parte dell’intervento. Sarebbe invece
auspicabile attuare qualche prova al centro dello spazio interno per capire se vi sono tracce delle
fondazioni della chiesa di San Martino segnalata ancora nella mappa Teresiana del 1722.
4 –La necessità di mantenere le differenti altezze dei corpi di fabbrica, sia quello più basso di
ingresso originale all’edificio , sia quello più alto (la parte con un piano sopraelevato) posto in
corrispondenza di uno dei lati del ricetto (fig.8).
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Fig.8 Differenti altezze (prospetti interni).
5 – Vi è in ultimo la necessità , condivisa dalla Soprintendenza, di inserire gli impianti tecnologici
al di sotto del terreno, nella parte della corte interna, e di procedere al loro inserimento all’interno
dell’edificio, per mezzo di contro-pareti. Questa appare naturalmente come la sola soluzione per
permettere il maggior grado di rispetto del costruito.
5. Messa in sicurezza, 4 problematiche.
1. Per una maggiore precisione del rilievo dello spessore di ogni muratura, sarebbe possibile
effettuare delle misurazioni partendo da una piattaforma mobile posta esternamente rispetto
al corpo di fabbrica. Infatti, in alcune ali è fisicamente impossibile accedere, vista la
presenza di silos a tripla altezza che impediscono ogni movimento. Per eventuali esigenze di
misurazione interna, si potrebbero appoggiare delle passerelle metalliche leggere sopra i
travoni in legno (nel caso di buona conservazione e quindi di provata resistenza di questi
ultimi).
2. Per avere una indagine diagnostica completa del corpo edificato, si potrebbero effettuare
misurazioni con strumentazione tipo georadar , per quanto riguarda le fondazioni del muro
esterno e quelle (assenti?) della parte interna alla corte. Questo permette anche di vedere se
esistono resti della chiesa di San Martino, del cimitero, del ponte di accesso originale sul
fossato. Si possono proporre analisi fisico-chimiche della muratura e della malta, atte a
definire (indirettamente) l’epoca di costruzione o di sistemazione, e il grado di resistenza
della muratura ad eventuali nuove sollecitazioni da progetto. Per le coperture, si possono
effettuare dei microcarotaggi dei legnami delle travi delle capriate. Nel merito della
conservazione delle coperture, in alcuni casi si hanno rifacimenti palesi e di epoca recente,
provvisti di lamiere con Eternit, da rimuovere. In altri casi i travetti sopra le terzere
sostengono tavelle in stato di conservazione pessimo causa la loro forte esposizione ai
fenomeni atmosferici (fig.9). Gli appoggi delle capriate lignee, invece, sono per la maggior
parte da rifare in quanto completamente rovinati dai fenomeni atmosferici e dai cedimenti
strutturali.
Un opera di riutilizzazione dell’edificio presuppone comunque la ricostruzione della
copertura che, pur mantenendo l’attuale struttura superiore in coppi, proponga un adeguato
isolamento del tetto pur con il mantenimento a vista delle capriate.
Una particolare cura dev’essere posta nella regolazione degli sporti e dei relativi discendenti
idraulici.
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Fig.9 Situazione coperture.
3. Si tenga presente che la maggior parte dei solai del corpo di fabbrica sono parzialmente
demoliti, pericolanti o completamente assenti, causa l’inserimento di silos per le lavorazioni
agricole, su tripla altezza. Alcune parti presentano solai caricati completamente da riso; una
parte dell’edificio è sottoposta a sequestro giudiziario causa infortunio di lavoro. I solai sono
costituiti semplicemente da assiti posti sopra travoni in legno: la scelta di conservare o meno
gli assiti dipende dalle qualità degli stessi (fig.10). Si possono eventualmente costruire nuovi
solai (leggeri) al di sopra degli stessi travoni in legno. Alcune parti presentano travi in legno
da demolire o sostituire. I nuovi orizzontamenti potrebbero mantenere il soffitto in legno
come finitura, ma dovrebbero nello stesso tempo provvedere ad un solaio adeguato a
sostenere i necessari carichi.
Fig.10 Situazione assito pavimenti.
4. Al fine di sopportare al meglio i pesi derivanti dalla conservazione dei prodotti e macchinari
delle attività agricole, in alcune zone sono stati aggiunti dei pilastri in muratura tagliati da
travi in acciaio. A questo si è aggiunta la recente messa in sicurezza delle capriate , per
mezzo di ponteggi provvisori che tagliano i solai già in condizioni pericolanti (fig.11). Una
parte della copertura provvista di capriate è stata completamente ricostruita recentemente. I
tramezzi interni , non originali, spesse volte appaiono minacciati da fessurazioni.
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Fig.11 Pilastri e nuove strutture di sostegno.
6. Ipotesi generale.
Una volta effettuata la messa in sicurezza dell’edificio, e le relative azioni volte alla conservazione
del monumento (conservazione delle strutture verticali-orizzontali e lignee di copertura, ove
possibile, pulitura estensiva delle murature con spazzolature/microsabbiature, pulitura delle parti
marmoree), al fine di realizzare quanto indicato nel programma e nel massimo rispetto dell’esistente
e della sua complessa stratificazione storica, si terrà presente che : l’impianto di risalita al primo ed
unico livello del progettato percorso , dovrebbe considerare scale con sezioni adeguate
all’affollamento previsto ed almeno un ascensore oleodinamico per evitare la vista del localemacchine posto al di sopra della copertura ; probabilmente si dovrà prendere in considerazione
l’area edificata a destra dell’ingresso originario dell’edificio, cioè la sola parte del ricetto dotata di
un piano interrato, che potrà diventare l’ingresso principale del museo. Scavando sino ad una
profondità tale da poter inserire sia la fossa della cabina che il locale centralina dello stesso
ascensore oleodinamico, si potranno al contempo demolire i 5 gradini di ingresso al primo solaio
posto a quota +1.40 mt. e lo stesso (quest’ultimo), per riposizionare un nuovo solaio a quota 0.00
metri.
A questo livello del terreno ci sarebbe , nel corpo di fabbrica adiacente (sempre a destra) una
reception per l’accoglienza al percorso (e, di seguito, ruotando per tutto il ricetto, le varie botteghe),
mentre al superiore si manterrebbe costante per l’intero sviluppo dell’edificio, la posizione di un
pavimento a quota +3.80 metri. Questo permetterebbe di avere un piano superiore del museo a
doppia altezza (più eventuali percorsi sospesi a metà altezza) ; tuttavia, siccome i differenti corpi di
fabbrica che compongono il ricetto, presentano quote degli stessi solai del primo livello tra di loro
distinte, variabili da +3.65 , +3.60 a +3.90, ove i solai preesistenti non fossero in condizioni critiche
da permetterne la sola demolizione, si tratterebbe di uniformare alla sola quota di +3.80 metri, la
costruzione di nuovi pavimenti, sovrapposti ai vecchi solai. Il solo caso speciale, risolvibile per
mezzo di una piccola rampa, sarebbe quello di quota +3.90 metri, in corrispondenza dell’ala a
sinistra dell’ingresso originario dell’edificio. I solai del secondo livello (ove presenti) sarebbero
invece, senza dubbio, completamente demoliti.
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7. Gli impianti.
Una questione generale assai delicata e complessa è costituita dal sistema degli impianti elettrici ed
elettronici di vari tipi, di condizionamento e di riscaldamento, idraulici e del posizionamento dei
servizi, che costituiscono un grosso problema. Da un lato la collocazione delle centrali che possono
trovare posto al piano terreno o al piano interrato, dall’altro come proporre impianti la cui rete
presenti il minimo di invasività per rapporto a solai e murature.
8. Fotografie aeree del ricetto di Casalbeltrame.
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