Soluzione della traccia di IMPIANTI ELETTRICI seconda prova 2013 per l’indirizzo “Elettrotecnica ed Automazione” Proff. Angelo Mastrodascio e Marcello Farinelli, ITIS «E. Alessandrini», Teramo Considerata la scarsità dei dati a disposizione, in particolar modo di quelli relativi alla geometria del complesso industriale, le opzioni di progettazione dell’impianto sono molteplici. Si sceglierà una delle tante opzioni possibili e, nel corso della soluzione, si cercherà di integrare i corrispondenti risultati con risultati alternativi ugualmente validi. Prevediamo allora la cabina di trasformazione MT/BT ubicata in prossimità del cancello di ingresso dell’industria meccanica, nel punto di consegna dell’energia da parte dell’ente erogatore. Dal quadro di BT della cabina, partiranno linee in cavo interrato che alimenteranno il quadro secondario, posto nel reparto lavorazione all’interno del capannone. Da questo quadro si dipartiranno ulteriori linee, sia verso le macchine del reparto ed i carichi luce interno ed esterno, sia verso altri ipotizzabili quadri, necessari, ad esempio, per l’alimentazione di uffici o magazzini. Prevediamo anche che la batteria di rifasamento automatico sia posta in prossimità del quadro secondario del reparto lavorazione, in modo tale da influire positivamente sul dimensionamento delle linee che dalla cabina portano a tale quadro. Tale scelta è oltretutto necessaria ai fini della risoluzione del tema, qualora si volessero dimensionare i cavi ed i dispositivi di protezione delle linee in partenza dal quadro BT della cabina per l’alimentazione dei carichi. Di questi infatti conosciamo unicamente le potenze attive, per cui solo immaginando un rifasamento centralizzato a valle con f.d.p. di valore pari almeno a 0.9, possiamo conoscere l’entità delle relative correnti di impiego. Delle suddette linee dovremo ad ogni modo scegliere (non essendo un dato della traccia) le singole lunghezze e le modalità di posa del cavo. E’ utile ribadire come questa sia solo un’ipotesi di procedimento. Ci si potrebbe anche limitare a considerare le linee partenti dal quadro BT di cabina e l’impianto di rifasamento posto (cosa questa abbastanza comune) all’interno della cabina stessa, rinunciando così al dimensionamento delle singole linee BT, oppure prevedendo per ognuna di esse, oltre alle lunghezze ed alle modalità di posa sopra ricordate, un plausibile fattore di potenza, sulla base del quale effettuare i relativi calcoli. O, ancora, si potrebbe supporre le linee rifasate singolarmente, considerare cioè un tipo di rifasamento distribuito. Per quanto riguarda le due linee monofasi alimentanti i carichi luce, dobbiamo anche in questo caso fare ipotesi alternative. Due linee monofase da 20 kW ciascuna costituiscono carichi considerevoli, tali da influire sullo squilibrio dei carichi delle tre fasi uscenti dal secondario del trasformatore e tali da far assumere al conduttore di neutro una tensione verso terra diversa da zero. Questa tensione, dovuta alle correnti di squilibrio, raramente comunque raggiunge valori pericolosi, ma il valore potrebbe essere significativo nel caso si avesse presenza di armoniche in linea. Una linea monofase da 20 kW, oltretutto, assorbe un valore di corrente dato da: , e non è sicuramente facile, anche se possibile, reperire in commercio interruttori modulari 2P adatti per questo valore. Ciò detto, possiamo pensare di utilizzare per l’illuminazione linee trifasi con neutro partenti dal quadro BT di cabina. L’alimentazione monofase a 230 V fase-neutro avverrà nel luogo di utilizzazione, facendo in modo di ripartire più o meno equamente i carichi luce sulle tre fasi. Le altre principali ipotesi per lo svolgimento del tema sono: tensioni nominali: 400 V per carichi trifase e 230 V per carichi monofase; fattore di potenza ad impianto rifasato: cos= 0.9 sistema di distribuzione: TN-S Possiamo inoltre osservare che: essendo la linea MT in cavo, non sono necessarie protezioni contro le scariche atmosferiche mediante scaricatori installati all’ingresso; essendo la cabina terminale, non occorrono dispositivi di entra-esci all’ingresso; il testo richiede alla fine eventuali accorgimenti progettuali da adottare per assicurare all’impianto una continuità di servizio pari al 50%. Ciò è da intendersi da un punto di vista didattico, ed è quindi, diversamente da ciò che avverrebbe in un contesto di reale progettazione, un requisito successivo al dimensionamento, che inizialmente può invece essere eseguito senza tener conto di questa necessità. Passiamo ora al dimensionamento della cabina di trasformazione. Le apparecchiature e i principali componenti da dimensionare che in genere si trovano all’interno della cabine MT/BT sono essenzialmente i seguenti: Quadri MT; Cavi MT completi di terminazioni di interconnessione tra il punto di consegna dell’energia ed il quadro MT e tra questo ed il trasformatore MT/BT; Trasformatore MT/BT; Condotti Sbarre o cavi BT di interconnessione fra i trasformatore e il quadro BT; Quadri BT; Cavi BT completi di terminazioni; Impianto elettrico interno alla cabina. Scelta del trasformatore Applicando il teorema di Boucherot sulle potenze e considerando, per quanto detto in precedenza, un f.d.p. pari a 0.9, si ottiene: √ Prevedendo un margine di potenza pari al 30%, si ottiene: A questi valori non si è applicato alcun fattore di riduzione per utilizzazione o contemporaneità, supponendo che già in precedenza se ne sia tenuto conto nel calcolo delle singole potenze. Si può allora decidere di installare un trasformatore MT/BT da 630 kVA. E’ da notare che, qualora si fosse scelto un margine di potenza pari al 15%, sarebbe stato possibile installare un trasformatore da 500 kVA, con evidente risparmio economico. Tutto dipende dalle caratteristiche dell’azienda. In questa sede ed in mancanza di altri elementi, si preferisce considerare un margine più ampio e quindi si sceglie una potenza di An = 630 kVA. Considerando che la potenza attiva data sia già inclusiva dei coefficienti di contemporaneità ed utilizzazione dei vari settori dell’impianto, installando un trasformatore da 630 kVA, questo lavorerebbe, per , a circa il (390/567 100 =) 69% del carico nominale, quindi vicino alla condizione di rendimento massimo. Per quanto riguarda il tipo di trasformatore, si sceglie un trasformatore a secco inglobato in resina epossidica, raffreddato in aria naturale o forzata , con isolamento in classe F con sovratemperatura massime degli avvolgimenti dell’ordine dei 100 °C. In questo modo, rispetto ai trasformatori in olio minerale, si riducono le dimensioni di ingombro, si riduce il rischio di incendio, si riducono le opere edili per la messa in opera quali pozzetto di raccolta dell’olio e barriere di separazione resistenti al fuoco o griglie di spegnimento e si riducono i costi di manutenzione. Tale scelta è rafforzata dal fatto di presumere che il trasformatore abbia un regime di funzionamento con carichi normalmente superiori al 50% del carico nominale. Se invece avesse prolungati o probabili periodi di funzionamento a bassi carichi, sarebbe preferibile scegliere un trasformatore in olio, in quanto questi hanno perdite a vuoto minori rispetto ai trasformatori a secco e, inversamente, perdite a carico maggiori, avendo densità di correnti negli avvolgimenti più elevate di quelli a secco. Il trasformatore in olio ha inoltre tensioni di corto circuito più piccole e c.d.t. minori. Meglio ancora, in questo caso si potrebbe anche pensare di aggiungere un piccolo trasformatore per i piccoli carichi, quali potrebbero essere ad esempio quelli notturni. Dal manuale Cremonese, in adozione, (parte specialistica vol.III – seconda edizione) Tab. 6.IX p.1063 ricaviamo le caratteristiche del suddetto trasformatore: Trasformatore trifase inglobato in resina con raffreddamento naturale Potenza apparente nominale An = 630 kVA Collegamenti: Triangolo-stella con neutro (Dyn11) Rapporto di trasformazione a vuoto K0 = 20000 V/400 V Livello do isolamento VM = 24 kV (per sistemi a 20 kV) Tensione di cortocircuito Vcc% = 6% Perdite a vuoto P0 = 1700 W Perdite in c.c. (a pieno carico a 75°C) Pjn = 6200 W Corrente a vuoto I0% = 1.3% Rendimento (a pieno carico a 75°C e cos = 0.8) = 98.35% In dotazione al trasformatore si considerano presenti tutte le protezioni specifiche e la relativa centralina di rilevamento dei guasti interni. Controllo della temperatura interna della cabina Le norme stabiliscono che la temperatura interna della cabina deve essere di 20° come media annuale, di 30°C come media giornaliera e di 40°C come temperatura massima. I trasformatori in resina ammettono una sovratemperatura media degli avvolgimenti di 100 °C per la classe F. E’ importante allora assicurare un’efficace circolazione dell’aria all’interno della cabina tramite ventilazione naturale o forzata. Consideriamo la nostra cabina ventilata in modo naturale, tramite un’apertura di entrata dell’aria effettuata nella parte bassa del locale e un’apertura di uscita dell’aria calda situata in alto, sulla parete opposta della cabina. Supponiamo che questi semplici accorgimenti assicurino i valori di temperature medi richiesti dalle norme. Schema unifilare della cabina Nello schema sono riportate caratteristiche e grandezze dei cavi e dei dispositivi (sezioni cavi, tipo di interruttori o sezionatori, numero di linee BT, collegamenti ecc.) per i quali le motivazioni di scelta sono precisate e chiarite nel seguito della risoluzione del tema. Calcolo delle grandezze del trasformatore utili alla progettazione Primario Corrente nominale primaria: √ √ Corrente di cortocircuito primaria tenendo conto della potenza Acc e della tensione di isolamento VM = 24 kV: √ √ a) Dimensionamento dei componenti lato MT Sezionatori Q1 e Q2 (proprietà dell’ente distributore e posti all’ingresso in cabina e a monte del gruppo di misura): (Tab. 5.II p. 8.218) sezionatori sotto carico tripolare di linea MT con coltelli di terra per interno – tensione nominale 24 kV - corrente nominale 630 A – corrente di breve durata nominale (1s) 16 kA – potere di chiusura nominale 50 kA; Quadro MT: si può optare per un quadro con isolamento principale in aria, livello di isolamento 24 kV, equipaggiato con interruttore in SF6 e sezionatore con coltelli di terra; Sezionatore Q3 (proprietà dell’utente e posto nel quadro MT a valle del gruppo di misura): (Tab. 5.I p. 8.216) sezionatore tripolare di linea MT con coltelli di terra per interno – tensione nominale 20 kV (VM = 24 kV) - corrente nominale 630 A – corrente di breve durata simmetrica 20 kA – corrente di breve durata di cresta 50 kA; Questo sezionatore è necessario nel caso di eventuali interventi sulla MT da parte dell’utente; Interruttore Q4: (Tab. 5.XV p. 8.232) Interruttore tripolare MT per interno ad esafluoruro di zolfo (SF6), posto nel quadro MT, con relè di massima corrente a tempo indipendente a due soglie– tensione nominale 20 kV (VM = 24 kV) – 3 P corrente nominale 1250 A – potere di interruzione nominale 20 kA – potere di chiusura nominale 58 kA (sufficiente qualunque sia il fattore di cresta) – durata di interruzione (apertura (70) + arco(10)) 80 ms. b) Condutture lato MT Va tenuto presente che, per motivi di sicurezza, il cavo di collegamento tra il punto di consegna nel locale dell’ente distributore ed il locale cliente, a valle del gruppo di misura, è un cavo di proprietà dell’utente ed è caratterizzato da una sezione minima di 95 mm2 (norma CEI 0-16), anche se questa sezione risulta, come nel nostro caso, sovradimensionata rispetto alle correnti primarie. Il cavo naturalmente deve avere tensioni nominali di isolamento pari a U0/U=12/20 kV e Um (tensione massima) uguale a 1,2 volte la tensione nominale tra le fasi che in questo caso è, come visto, 24 kV. Il cavo scelto è quindi un cavo unipolare del tipo (Tab. 3.XXXVII p. 8-73) 3x (1x95) RG7H1R 12/20 kV. Nel collegamento ai morsetti di MT del trasformatore, i cavi vanno fissati sulle piastrine superiori delle barre di collegamento dell’avvolgimento. E’ da tener presente poi che, di norma, la distanza tra i cavi MT e la superficie dell’avvolgimento MT deve essere di almeno 120 mm. Stessa cosa per i condotti sbarre o i cavi in BT. Lo schermo del cavo deve essere connesso a terra ad entrambe le estremità. Secondario Corrente nominale secondaria: √ √ Parametri equivalenti del trasformatore: √ √ Parametri della rete a monte nell’ipotesi che la sua resistenza R R sia trascurabile (normalmente infatti si ha: ): √ Calcolo della corrente di corto circuito sul lato BT: I2cc Re” XR Xe” E20 √ √ Quindi il valore efficace della corrente di corto circuito simmetrica vale: √ √ Con la formula approssimata (comunque a favore della sicurezza) si ottiene: Dal valore di Zt = 15,47 di corto circuito: e Rt = Re” = 2,5 , ci ricaviamo il valore del fattore di potenza Il rapporto R/X vale allora: 0,16/0,987 = 0,162. Con questo valore di R/X entriamo nel grafico a fianco (manuale fig. 3.6 p. 6-13) trovando un corrispondente valore di k = 1,7. Questo valore è importante nel dimensionamento degli interruttori BT in quanto serve per trovare il valore di picco della corrente di corto circuito √ essendo Icc il valore efficace della corrente di corto circuito simmetrica prima calcolato. Si ottiene: √ √ Il potere di chiusura degli interruttori scelti deve essere allora maggiore di questo valore, cioè in pratica maggiore di 36 kA. Scegliendo interruttori con potere di interruzione maggiori di 16 kA, il potere di chiusura (manuale Tab 3.I p.6-13) è almeno ≥ 2 (da 2 a 2,2) volte il potere di corto circuito nominale Icn (che corrisponde al potere di corto circuito estremo assegnato all’interruttore dal costruttore): nella scelta del potere di interruzione nominale bisogna quindi verificare che il suo potere di chiusura (noto dalla citata tabella, quando non direttamente specificato) sia superiore a 36 kA. Se ad esempio scegliessimo un interruttore con potere di interruzione di 25 kA, valore naturalmente superiore alla corrente di corto circuito simmetrica da interrompere pari in questo caso a circa 15 kA, dalla tabella vediamo che il suo potere di chiusura è pari a 2,1 volte il potere di interruzione nominale e quindi 2,1x25 = 52,5 kA > 36 kA (valore della corrente di picco in corto circuito) → il potere di interruzione scelto è più che sufficiente. Non andrebbe altrettanto bene un interruttore con potere di interruzione pari a 16 kA →potere di chiusura = 16 x 2 = 32 ˂ 36 kA, nonostante il potere di interruzione di 16 kA sia comunque maggiore di Icc2 = 15 kA. a) Dimensionamento dei componenti lato BT Interruttore Q4: (Tab. 4.XLIII p.8-123) Interruttore scatolato BT – tensione nominale 690 V 4P - corrente nominale 1250 A – sganciatore termico regolabile - potere di interruzione Icu 50 kA – sezione max allacciabile: cavo rigido (2-4)x240 mm2; cavo flessibile (2-4)x185 mm2; barra largh. max 50 mm. Poiché I2n = 909 A si ha Ir = 1250x0,8 = 1000 A. Al fine di assicurare la selettività con le protezioni a valle, conviene tarare la soglia magnetica dell’interruttore a 10 volte In. Per calcolare rigorosamente la corrente di corto circuito immediatamente a valle di Q4 e dei successivi interruttori delle linee BT, occorrerebbe aggiungere alle impedenza della rete a monte (ZR) e del trasformatore (Ze″) prima calcolate, l’impedenza propria del cavo di collegamento, che avrà una lunghezza non superiore ai 10 m e che vale 0,66 mΩ (cavo da 240 mm2, L = 10 m → Z240 = 1,35 mΩ → parallelo → Zcavo = Z240/2 = 0,67 mΩ - Tab. 3.III 8-18). Questo valore cambia di poco il valor dell’impedenza prima calcolata (da ZT = 15,47 mΩ si passa a Z’T = 16 mΩ e quindi la corrente di corto circuito immediatamente a valle degli interruttori del quadro vale: , valore, per il nostro scopo, in pratica uguale √ alla I2cc = 14,97 kA prima calcolata. Si può quindi considerare il valore della corrente di corto circuito ai morsetti BT del trasformatore valido anche per la scelta del potere di interruzione degli interruttori del quadro BT. Condutture lato BT a. Soluzione con sbarre di rame di sezione rettangolare, nude, fissate in portasbarre: il calcolo andrebbe impostato con il criterio della massima sovratemperatura ammissibile, con 40°C per la temperatura ambiente e 30°C per la sovratemperatura ammissibile, ma si può fare riferimento ai valori della densità di corrente di 1,5÷3 A/mm 2 per le barre in rame. Considerando una densità di corrente . Si può utilizzare (Tab. 3.V p.8.19) una barra per fase di dimensioni 50x10 (500 mm2) diminuendo così la densità di corrente J e quindi la temperatura di funzionamento dei conduttori a carico nominale. Oltretutto la corrente di impiego dell’intero impianto, nelle condizioni specificate dal tema, vale: √ √ La larghezza di 50 mm è compatibile inoltre con la morsetteria dell’interruttore scelto. Dalla stessa tabella del manuale sopra richiamata, si verifica che la portata della barra è di 1020 A. → b. Soluzione con cavi unipolari isolati in EPR,: dalla Tab. 3.XV p.8.35 del manuale si vede che una soluzione potrebbe essere quella di considerare 2 cavi FG7R in parallelo per fase di sezione 240 mm2, disposti in strato su passarella forata, in piano a contatto, con portata I0 = 2x634 = 1268 A. Per una temperatura massima di 40 °C si ha un coefficiente di temperatura di valore (Tab 3.XVI p.8.36) K1 = 0,91, mentre K2 = 0,88 (2 circuiti). Quindi Iz = K1 K2 I0 = 0,91x0,88x1268 = 1015 A. → . Una delle verifiche da fare sarebbe quella di controllare che, durante il funzionamento dell’impianto, i due conduttori in parallelo portino effettivamente la stessa corrente, o che i valori si discostino meno del 10%, così da poter ritenere efficace la protezione contro il sovraccarico. Considerata la piccola lunghezza (sicuramente ˂ di 10 m), questa condizione è di certo verificata. Quindi si avranno 7 cavi unipolari FG7R da 240 mm2: 6 per le fasi (2 x 240 mm2) ed 1 per il neutro (1 x 240 mm2), che come si sa, può essere scelto di sezione pari alla metà dei conduttori di fase. Se il percorso morsetti BT del trasformatore-quadro non è molto corto ed è abbastanza comodo, Il condotto sbarre è da preferire ai cavi in quanto richiede spazi minori, è più flessibile per un eventuale ampliamento dell’impianto, i costi, per correnti superiori a circa 600 A, sono inferiori al cavo ed il rischio di incendio è ridotto. Per percorsi corti, invece, i costi per i pezzi speciali del condotto sbarre occorrenti nelle curvature fanno decisamente indirizzare la scelta verso i cavi. I cavi vengono posati, come nel nostro caso su passerelle forate fissate a parete o a soffitto, o, quando si hanno numerosi cavi di collegamento, cosa che avviene spesso, all’interno del cunicolo portacavi sotto il pavimento della cabina stessa (pavimento flottante con h = 60 cm). Per la verifica dell’energia specifica passante bisognerebbe distinguere due casi: corto circuito sulla BT a monte dell’interruttore Q4 (cosa questa estremamente improbabile), per il quale interviene la protezione sulla MT, e cortocircuito immediatamente a valle di Q4, per il quale interviene l’interruttore stesso Q4. Nel manuale non sono presenti le caratteristiche di intervento per gli interruttori scelti. Tuttavia l’energia specifica sopportata dal cavo vale valore molto elevato, che sicuramente soddisfa la caratteristica I2t/Icc dell’interruttore. Dimensionamento delle linee di alimentazione dei carichi e caratteristiche dei relativi interruttori di protezione Questa parte non è espressamente richiesta nella traccia. Ci si potrebbe limitare a scegliere, in modo approssimativo, le correnti nominali degli interruttori posti in partenza delle linee BT in base alle correnti di impiego delle varie linee, senza preoccuparsi delle caratteristiche di queste, quali lunghezza, modalità di posa ecc.. Preferiamo, anche come esercitazione didattica, fare invece altre ipotesi aggiuntive in base alle quali dimensionare con qualche accuratezza in più protezioni e cavi delle varie linee. Per tutti i carichi si considera naturalmente un f.d.p. pari a 0.9, prevedendo, come detto, la batteria dei condensatori di rifasamento posta a valle delle suddette linee, all’altezza del presumibile quadro secondario, installato all’interno del capannone industriale nel punto di arrivo delle linee. Si ribadisce che tale supposizione è valida ipotizzando, come abbiamo fatto, la possibile o conveniente convergenza delle linee verso una singola zona, all’interno della quale porre l’armadio del quadro secondario, come potrebbe essere ad esempio un capannone costituito da un singolo reparto di lavorazione o da più reparti adiacenti. Non sarebbe possibile se invece le linee fossero, nel caso pratico, divergenti tra esse, andando cioè ad alimentare ognuna carichi dislocati in reparti distaccati e non comunicanti. In quest’ultimo caso si potrebbe comunque supporre un rifasamento distribuito sui vari carichi, per cui le ipotesi ed il procedimento per il dimensionamento delle linee rimarrebbero comunque validi, al di là dei risultati numerici. Scegliendo linee convergenti al quadro secondario, oltre a considerare 8 linee singole, una per ogni carico, si potrebbe altresì supporre di raggruppare i quattro carichi da 75 kW in due linee da 150 kW ognuna. La loro successiva ripartizione in 4 carichi da 75 kW avverrebbe poi sulla barra di distribuzione del quadro secondario. Stessa cosa per i due carichi da 25 kW tramite una linea da 50 kW. Occorrerebbe comunque un calcolo di convenienza economica per capire quale delle due possibilità sia da preferire. E’ facile immaginare che in questo caso, raggruppando i carichi, ci sia un effettivo risparmio, in quanto si riducono le protezioni a monte, i tubi di protezione e le dimensioni dello scavo per la posa dei tubi. Per i carichi luce, poiché questi sono già normalmente rifasati, si può pensare sia che le due linee convergano al quadro secondario oppure che esse divergano tra loro, magari una diretta verso gli ambienti interni e l’altra verso un quadro utilizzato per l’illuminazione delle aree esterne. Si possono poi supporre tali due linee ad alimentazione trifase con neutro, cosa che si compie normalmente, o viceversa si può seguire la traccia alla lettera e considerarle monofasi a 230 V. Le linee saranno protette da singoli interruttori magnetotermici con protezione differenziale integrata. Per essi, anche in relazione ad un certo risparmio economico, si potrebbe considerare una protezione di back up, per cui gli interruttori a valle dell’interruttore generale di BT (Q 4), che ha un potere di interruzione di 50 kA > 15 kA (corrente di corto circuito secondaria ai morsetti del trasformatore), potrebbero essere scelti con un potere di interruzione minore di 15 kA (es. 6÷10 kA), poiché per correnti di corto circuito maggiori interviene Q4, ottenendo un certo risparmio economico. Occorrerebbero però le tabelle di coordinamento tra i dispositivi a monte e a valle che ogni azienda produttrice mette a disposizione. Si realizza, infatti, la condizione di back up tra due dispositivi, quando il dispositivo a monte limita le sollecitazioni di tipo termico (energia specifica lasciata passare) ed elettrodinamico (corrente di cresta limitata) a valori sopportabili dall’interruttore a valle. Per ragioni di semplificazione in questa sede, si preferisce utilizzare interruttori con poteri di interruzione adeguati alla loro posizione, cioè quasi immediatamente a valle del trasformatore, a parte la lunghezza, inferiore ai 10 m, dei conduttori di collegamento 2x240 mm2. Come detto scegliamo il sistema TN-S, per cui possiamo utilizzare dispositivi magnetotermico-differenziali 4P. Ogni linea è protetta singolarmente. L’interruttore differenziale deve realizzare una selettività verticale con gli interruttori differenziali posti a valle del quadro principale di BT in cabina. Per fare ciò bisogna utilizzare soglie di intervento con valori distanziati di almeno tre volte tra monte e valle, e utilizzare a monte apparecchi di tipo selettivo S o ritardati regolabili, con tempo di intervento dell’interruttore a monte maggiore del tempo totale di apertura dell’interruttore a valle. Utilizzando interruttori differenziali è più facile rispettare la disequazione di sicurezza per i contatti indiretti propria del sistema TN. Infatti, come sappiamo, per la BT il coordinamento avverrà rispettando la relazione: Dove: U0 è la tensione di fase pari a 230 V; Z s è l’impedenza dell’anello di guasto ed è la somma vettoriale dell’impedenza del conduttore di fase (⃗⃗⃗⃗ ) e di quella del conduttore di protezione ⃗⃗⃗⃗ , più l’impedenza interna della sorgente, se non trascurabile; I a è la corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro il tempo stabilito e, nel nostro caso, è il valore della corrente di scatto dei differenziali. Anche se non fosse noto il valore di Zs (comunque sempre piccolo), l’elevato valore che nei sistemi TN assume la corrente di guasto Ia, normalmente molto maggiore della corrente di scatto I dn, provoca senz'altro lo scatto del differenziale ed in tempi brevi. Questa scelta è rafforzata anche dal fatto che, essendo il nostro circuito da proteggere un circuito di distribuzione, cioè che alimenta un quadro di distribuzione posto a valle, si può, secondo le norme, considerare il valore di corrente Ia che provoca lo scatto del relativo dispositivo magnetotermico entro 5 secondi. Pertanto, anche in caso di guasto a terra non franco, la corrente di guasto supererà il valore della corrente di scatto differenziale, molto più piccola. Sintetizzando, nella presente soluzione consideriamo, per semplicità, tutti carichi singoli come proposti nel tema, eccetto i 4 carichi da 75 kW. Per questi prevediamo 2 linee da 150 kW, piuttosto che 4 linee singole da 75 kW. Consideriamo inoltre tutte linee trifase con neutro perché, anche se qualcuna di queste linee potrebbe alimentare un grande motore trifase, il neutro potrebbe comunque servire per alimentare i servizi ausiliari della macchina. Le rispettive correnti di impiego, con un f.d.p. pari a 0.9 per tutti i carichi, saranno allora: 2 carichi da 150 kW → interruttori Q7 ÷ Q8: √ √ 2 carichi da 25 kW → interruttori Q9 e Q10 √ √ 2 carichi luce da 20 kW → interruttori Q11 e Q12 a) Soluzione con carichi trifase con neutro √ √ b) Soluzione con carichi monofase F+N a 230 V Gli interruttori vanno coordinati con le portate dei cavi, rispettando le note condizioni: a) Il soddisfacimento dell’ulteriore relazione per il sovraccarico ( ) è compresa nella prima, in quanto per questi dispositivi la corrente convenzionale di intervento If è tale che . b) ∫ L‘energia massima tollerabile dal cavo deve essere verificata con il valore dell’energia specifica passante ad inizio linea (corrente di corto circuito massima) e con quello dell’energia specifica passante a fine linea (corrente di corto circuito minima). c) Potere di interruzione adeguato: consideriamo a questo proposito il valore della corrente simmetrica di corto circuito ai morsetti secondari del trasformatore (I2cc = 14,9 kA), in quanto gli interruttori saranno alloggiati nello stesso quadro dell’interruttore generale Q4 di BT. Consideriamo linee realizzate in tubi interrati, con Lunghezza delle linee L = 35 m temperatura media del terreno di 20 °C (K1 = 1); Prevediamo cavi unipolari, con un circuito per tubo, quindi 4 cavi (3F+N) per tubo. Si suppone di 25 cm la distanza di ogni tubo. Tenendo conto di tutto ciò si trova (Tab. 3.XXI.c p.8-45) per K2 un valore di K2 = 0.8. Per il diametro del tubo di protezione, si deve tener conto che esso non deve essere riempito dai cavi per più del 70% del suo diametro, così da mantenere almeno il 30% di spazio libero per agevolare la trasmissione termica. Lungo il tratto dei 35 m di scavo devono essere previsti almeno due pozzetti “rompitratta” ben allineati uno con l’altro, che facilitino l’infilaggio dei cavi; posti ad una profondità media di 0.8 m (Tab. 3.XXID p. 8-45) (K3 = 1); resistività del terreno (Tab. 3.XXIE p. 8-45) di valore 2 k m/W (K4 = 0,9). Si poteva scegliere il valore di 1,5 km/W per il quale K4 = 1. Quando però la resistività del terreno non è nota, le norme consigliano di scegliere per essa il valore di 2 km/W. Per il dimensionamento delle condutture e delle loro protezioni, utilizziamo il metodo della c.d.t. unitaria. Fissando in questo primo tratto di impianto una caduta di tensione ΔV% = 2%→ ΔV = 8 V, si ottiene: 2 Linee da 150 kW (Ib = 241 A): Tab. 3.XXVI p. 8-50). Verifica della portata: I0 = 163 A (Tab. 3.XXI.A p. 8-44) → la sezione S = 50 mm2 non è sufficiente. Si userà allora una sezione S = 240 mm2 → Io = 379 A (Tab. 3.XXIA p. 8-44) Per il neutro si potrà utilizzare una sezione SN = 120 mm2 Quindi SF = 240 mm2 e SN = 120 mm2 La resistenza di un conduttore di fase (a regime di funzionamento ρl = 0,023 Ωmm2/m) sarà: Rl = 0,0957 Ω/km (Tab. 3.III p.8-18) → La resistenza del conduttore di neutro, alle stesse condizioni, sarà: Rl = 0,193 Ω/km → Il rapporto tra la resistenza del neutro e quella del conduttore di fase sarà: La corrente di corto circuito minima per un guasto fase-neutro a fondo linea (L = 35 m come supposto), sapendo che ρ20° = 0,0178 (Ωmm2/m), può essere calcolata convenzionalmente con la seguente relazione: Tale valore, ottenuto dalla precedente formula empirica e quindi approssimativo, è stato calcolato considerando l’effetto delle impedenze a monte (rete e trasformatore) del cavo tramite un fattore di riduzione pari a 0.8; assumendo un ulteriore fattore di riduzione K = 0.75, che tiene conto dell’effetto della reattanza del cavo di 240 mm2 (fattore altrimenti trascurabile rispetto alla resistenza del cavo per sezioni minori di 120 mm 2); aumentando di 1,5 volte la resistività per tener conto del riscaldamento subito dal cavo a causa del corto circuito. Volendo fare un calcolo più preciso della Iccmin, bisogna far ricorso alle tabelle per ottenere la resistenza e la reattanza induttiva del cavo. Dalle Tab 3.III p. 8-18 e Tab. 3.XLIII p.8-80, si ottiene: Rl = 0,0957 Ω/km e Xl = 0.09 Ω/km, da cui: Mentre per il cavo 2x240 mm2 di collegamento tra trasformatore e quadro BT, lungo circa 10 m, si ha: e ricordando che: XR = 0.27 mΩ (reattanza della rete a monte del trasformatore) Xe” = 15 mΩ (reattanza del trasformatore) Re” = 2,5 mΩ (resistenza avvolgimenti trasformatore) La corrente di corto circuito minima (cioè per un guasto monofase fase-neutro) sarà allora: √ √ Valore, come si vede, molto simile a quello calcolato in modo convenzionale. I due valori sarebbero ancora più vicini se non fossero qui stati considerati i 10 m del cavo trasformatorequadro, visto che nella formula convenzionale abbiamo preso L = 35 m, senza tener conto del suddetto cavo. o Scelta dell’interruttore magnetotermico con protezione differenziale integrata Bisogna tener conto che il neutro ha una sezione minore di quella dei conduttori di fase (SN˂SF), quindi dovrebbe essere protetto in modo specifico, oppure, come presumibilmente in questo caso, se la linea alimenta un carico equilibrato, il neutro deve essere sezionato, ma può non essere protetto. In quest’ultimo caso il neutro è protetto dal cortocircuito dalla protezione delle fasi. Si sceglierà il seguente interruttore (Tab. 4.XLIII p.8-123). Tipo Bticino MA 250, 3P+N (o 4P), con In = 250 A → ( A) Potere di interruzione a 400/415 V di 36 kA. Campo di regolazione dello sganciatore termico (0,64÷1In = 160÷250 A) Campo di regolazione dello sganciatore magnetico (3,5÷10 I n = 875÷2500 A) Si nota che essendo Icu > I2cc = 14,9 kA , il potere di interruzione è sufficiente, inoltre, anche se lo scatto magnetico è tarato a 2500 A, è assicurato l’intervento istantaneo per guasto monofase a fondo linea con Iccmin = 11,5 kA (valore » di 2500 A), come appena calcolato. La verifica dell’energia specifica passante si fa intersecando il grafico specifico dell’interruttore MA 250 (manuale fig. 4.27 p. 8-130 - caratteristica I2t/Icc) con la retta dell’energia specifica tollerabile dal cavo K2S2 = 1432x2402 = 11.8x108 (A2s). Si nota che questa retta si trova tutta al di sopra della caratteristica dell’interruttore e quindi la condizione ∫ è sicuramente verificata, cioè l’intervallo delle possibili correnti di corto circuito (valori massimo e minimo) cui può essere soggetto il cavo è sicuramente all’interno dell’intervallo di protezione. Protezione differenziale integrata: IΔn=0,3A-Δt=0,6s-tipoS se la protezione è su due livelli. Nel caso si dovesse realizzare la protezione differenziale su tre livelli (quadro principale-quadro secondario-quadro di macchina) allora si potrebbero inserire: a valle un differenziale ad alta sensibilità (30 mA) di tipo generale, al centro un differenziale IΔn=0,1 A; Δt=0,6s – tipo S, e a monte un differenziale IΔn=0,3 A, tipo regolabile in tempo e corrente. o Caduta di tensione effettiva La caduta di tensione lungo il cavo sarà sicuramente minore del 2%, in quanto la sezione scelta è maggiore di S = 50 mm2, sezione questa sufficiente a mantenere entro il 2% la c.d.t.. Volendo calcolare la c.d.t. effettiva, essa sarà data da: √ √ NB: 1. La resistenza Rl, letta nella specifica tabella del manuale è riportata già alla temperatura di servizio di 90 °C propria di un cavo in EPR. Qualora si avessero a disposizione tabelle che danno il valore di R l a 20 °C, per riportare tale valore alla temperatura di servizio di 90 °C bisogna applicare la seguente nota equazione: ⁄ con 2. La verifica (che comunque può sempre essere fatta) dell’integrale di Joule nei successivi dimensionamenti viene tralasciata in considerazione sia della piccola lunghezza delle linee (per tutte L = 35 m) e sia perché essa è generalmente soddisfatta per gli interruttori in commercio, qualora siano stati scelti in modo adeguato corrente nominale e potere di interruzione dell’interruttore e coordinati con la sezione del cavo. Ipotesi con 4 Linee da 75 kW Nel caso si fosse scelto di installare quattro singole linee da 75 kW, fermo restando tutte le altre condizioni, si sarebbe avuto: √ √ Verifica della portata: I0 = 100 A (Tab. 3.XXI.A p. 8-44) → la sezione S = 25 mm2 non è sufficiente. Si userà allora una sezione S = 70 mm2 → Io = 184 A (Tab. 3.XXIA p. 8-44) Per il neutro si potrà utilizzare una sezione S N = 35 mm2 Quindi SF = 70 mm2 e SN = 35 mm2 o Scelta dell’interruttore magnetotermico con protezione differenziale integrata Si sceglierà il seguente interruttore (Tab. 4.XLIII p.8-123). Tipo Bticino ME125, 3P+N, con In = 125 A → ( A) Potere di interruzione a 400/415 V di 25 kA Campo di regolazione dello sganciatore termico (0,7÷1I n = 87,5÷125 A) Protezione differenziale integrata: IΔn=0,3A-Δt=0,6s-tipoS 2 linee da 25 kW (Ib = 40 A) : Verifica della portata: → la sezione S = 6 mm2 non è sufficiente. Si userà allora una sezione S = 16 mm2 → Io = 77 A (Tab. 3.XXIA p. 8-44) o Scelta dell’interruttore magnetotermico differenziale Si sceglierà (Tab. 4.XLIII 8-123) un interruttore scatolato 4P, 500 V, con In = 125 A, corrente nominale dello sganciatore 63 A, regol. (0,7÷1)In, potere di interruzione a 400/415 V di 25 kA, protezione differenziale integrata: IΔn=0,3AΔt=0,6s-tipoS. Regolando a 0.7 ( si ottiene: o Caduta di tensione effettiva Rl = 1,46 Ω/km e Xl = 0.112 Ω/km, da cui: La c.d.t. sarà data da: √ √ Carichi luce: o Soluzione A: 2 linee da 20 kW trifase (Ib = 32 A): Verifica della portata: Si potrebbe scegliere un interruttore con In = 32 A. In questo caso si otterrebbe una protezione massima del cavo a scapito però della continuità di servizio (Ib = 32 A), qualora si abbiano periodi con piccoli sovraccarichi, anche se i carichi luce non danni in verità origine a sovraccarichi, e a scapito di eventuali futuri aumenti della potenza impegnata nell’illuminazione. Si preferisce quindi scegliere un cavo con S = 10 mm2 → o Scelta dell’interruttore magnetotermico differenziale Si sceglierà (Tab. 4.XLIII 8-123) un interruttore scatolato 4P, 500 V, con I n = 125 A, corrente nominale dello sganciatore 40 A, regol. (0,7÷1)In, potere di interruzione a 400/415 V di 25 kA, protezione differenziale integrata: IΔn=0,3AΔt=0,6s-tipoS. Si ha: o Caduta di tensione effettiva Rl = 2,32 Ω/km e Xl = 0,124 Ω/km, da cui: La c.d.t. sarà data da: √ √ o Soluzione B: 2 linee da 20 kW monofase (Ib = 97 A): Verifica della portata: → valore < di Ib. Si userà allora una sezione S = 35 mm2 → Conduttori di protezione PE Per la scelta delle sezioni dei conduttori di protezione si può tener conto dei criteri stabiliti dalla norma CEI secondo la quale la sezione minima del conduttore di protezione è in relazione alla sezione S del conduttore di fase: S ≤ 16 mm2 → Sp = S 16 ˂ S ≤ 35 mm2 → Sp = 16 mm2 S > 35 mm2 → Sp = S/2 I valori devono essere naturalmente approssimati per eccesso. La stessa norma dice che quando il conduttore è unico per più circuiti utilizzatori, bisogna considerare il valore più elevato di S. Avendo in questa circostanza supposto tutte linee convergenti verso il quadro secondario interno allo stabilimento, allora si può considerare per il tratto quadro Bt-quadro secondario, un conduttore PE unico per tutti i circuiti e di sezione pari a 120 mm2, collegato ai collettori di terra dei due quadri. Le sezioni maggiori sono infatti quelle delle linee a 150 kW e valgono 240 mm2. Nel caso fosse importante abbassare l’impedenza di guasto, ad esempio se si volessero utilizzare dispositivi di protezione dai contatti indiretti di tipo magnetotermico, si potrebbe scegliere per il conduttore di protezione PE una sezione di 240 mm2 per questa parte di impianto. Nelle linee singole partenti poi dal quadro secondario, i conduttori di protezione, ai quali saranno collegate le masse dell’impianto, avranno sezioni che rispetteranno la norma sopra citata. La stessa norma va rispettata nel caso si fosse scelto di considerare linee singole partenti dal quadro BT e non convergenti in un punto ben determinato come quello del quadro secondario qui ipotizzato. In questo caso allora ogni linea avrebbe il PE di sezione adeguata alla sezione dei propri conduttori di fase. Rifasamento del trasformatore Corrente a vuoto: √ Rifasando con √ si ottiene: Attenendosi unicamente alle tabelle del manuale a disposizione, si può quindi utilizzare una batteria di condensatori trifase di potenza 7,5 kVAR a 415 V (Tab. XXXV, p.8-114 del manuale) che riportata a 400 V diventa: Valore questo inferiore a 7,5 kVAR. Considerando questo valore avremmo un f.d.p. dato da: Si può allora considerare, sulla stessa tabella, il valore immediatamente successivo pari a 9 kVAR sempre per 415 V. Con questo valore otteniamo: Valore questo praticamente simile alla potenza a vuoto del trasformatore, che infatti vale: Il trasformatore quindi, con unitario. , viene rifasato a vuoto con praticamente La corrente assorbita dalla batteria di condensatori sarà: √ √ La corrente nominale del relativo interruttore di protezione dovrà avere valori compresi tra: Questi valori sono maggiorati di 1,5÷2 volte, come si sa, per tener conto delle componenti armoniche (si aumenta di circa il 30%) e della tolleranza sul valore nominale della capacità ( si aumenta di circa il 10%). o Scelta dell’interruttore magnetotermico differenziale Q6 Si sceglierà (Tab. 4.XLIII 8-123) un interruttore scatolato 3P, 500 V, con In = 125 A, corrente nominale dello sganciatore 25 A, regol. (0,7÷1)In, potere di interruzione a 400/415 V di 25 kA, protezione differenziale integrata: IΔn= 0,03 A. Si ha: Impianto elettrico di servizio (e di emergenza) in cabina Oltre i carichi appena trattati e dei quali sono stati dimensionati condutture i e protezioni, sul quadro BT di cabina saranno presenti anche le protezioni ed i cavi idonei all’alimentazione delle prese di servizio (utili per lavori interni alla cabina) e degli apparecchi luminosi (alcuni dei quali dotati anche di gruppi statici autonomi per l’illuminazione di emergenza). All’ingresso in cabina è da prevedere anche un pulsante di sgancio, utile per l’istantaneo distacco del trasformatore in caso di situazioni di pericolo (norma CEI 11-1). La bobina di sgancio comandata dal pulsante, se azionato, aprirà l’interruttore di MT del trasformatore, isolandolo dalla rete. Se il pulsante è a lancio di corrente, cioè esso è normalmente aperto e, una volta premuto alimenta la bobina di sgancio, allora deve essere dotato di una spia luminosa accesa, la quale indica che il suo circuito di alimentazione è integro. Deve essere installato in un luogo ben visibile, in genere vicino la porta di ingresso, e deve essere corredato da un cartello rosso la cui scritta bianca indichi chiaramente la sua funzione di emergenza. Il pulsante è sotto vetro a rompere e con grado di protezione IP55. Per quanto detto, nello schema generale di cabina, sul quadro BT sono stati allora inseriti anche gli interruttori magnetotermici-differenziali (Idn = 0,03 A) a protezione delle due linee. Le caratteristiche degli interruttori e le sezioni delle suddette linee sono stati scelti in base ai valori solitamente adottati. Impianto di terra della cabina L’impianto di terra in cabina ha la doppia funzione di terra di protezione e terra di funzionamento. Di protezione, in quanto ad esso vanno collegate le masse presenti all’interno e di funzionamento, perché, oltre le masse, va collegato all’impianto anche il centro stella del secondario del trasformatore per realizzare il sistema TN. La norma CEI che si occupa di tale ambito è la norma CEI 11-1/1999. L’impianto di terra della cabina può essere realizzato in più modi, a seconda del valore della resistenza di terra RE da ottenere e della configurazione del luogo dove è installata la cabina. Tale valore dipende dalla corrente di terra IE e dal valore della tensione totale di terra UE: . La presenza della MT circoscrive a valori bassi la resistenza di terra: un guasto sulla MT potrebbe trasferire tensioni pericolose sulle masse e sulle masse estranee presenti sulla BT. Il valore di RE deve allora essere tale da limitare a valori non pericolosi sia la tensione di contatto (relativa al percorso mano-piedi quando si tocca una massa in tensione a distanza convenzionale di 1 m dal corpo della persona) sia la tensione di passo (relativa alla tensione esistente tra i piedi di una persona, a distanza convenzionale di 1 m, dovuta al diverso potenziale assunto dai differenti punti del terreno). Nella pratica si considera la seguente disequazione: Dove UTP è il valore di tensione di contatto ammissibile relativa al tempo di eliminazione del guasto a terra, e IFC è il valore della corrente convenzionale di guasto a terra. Il tempo di eliminazione del guasto dipende dai tipi di dispositivi di protezione utilizzati dalla società elettrofornitrice sulla media tensione ed è un dato da richiedere alla stessa società, così come è da richiedere il valore della corrente convenzionale di guasto a terra. Secondo la norma CEI 11-1, dal tempo di eliminazione del guasto si ricava dalle tabelle (Tab. 2.V p.6-67) , il valore della tensione di contatto ammissibile UTP, la quale ha un valore tanto più basso quanto maggiore è il tempo di eliminazione del guasto delle apparecchiature poste in partenza delle linee MT. Questo valore di tensione, trovato sulla specifica tabella in funzione del tempo di eliminazione del guasto, determina anche il valore della tensione di passo ammissibile pari a tre volte quella di contatto ammissibile in quanto il percorso piedi-piedi è meno pericoloso del percorso mano-piedi. Come ipotesi aggiuntive consideriamo che il tempo di eliminazione del guasto, fornito dall’ente, sia di 0,49 secondi e che la corrente convenzionale di guasto sul luogo della cabina, valga IFC = 185 A. Dalla Tab. 2.V p.6-67 del manuale troviamo che per un tempo di permanenza della corrente di guasto pari a 0,49 secondi, la tensione di contatto ammissibile U TP è di 220 V. Pertanto la resistenza di terra deve essere: Questo è il valore massimo che dovrebbe avere la resistenza di terra. L’impianto di terra sarà unico per la media e per la bassa tensione e sarà unico anche per tutta la struttura. L’impianto di terra della cabina elettrica va infatti normalmente collegato all’eventuale anello di terra che gira intorno al complesso edilizio del capannone industriale. La geometria dell’impianto di terra dipende dalla morfologia e dalla resistività del terreno, che non è costante e quindi deve essere considerata nelle condizioni più sfavorevoli di terreno secco. Alcune tra le soluzioni più diffuse sono le seguenti: figura 1 e figura 2. Il conduttore viene interrato ad anello intorno al perimetro della cabina ad una profondità minima di 0.5 m, ad una profondità tale cioè da non risentire di un’eventuale superficie ghiacciata del terreno nei periodi freddi, in quanto in questo Dispersore ad anello integrato con 4 picchetti periferici Dispersore ad anello con 4 picchetti agli angoli caso, congelandosi l’acqua contenuta nel terreno, la resistività aumenta di molto. L’anello di terra deve essere collegato ai ferri di fondazione ed alla Figura 1 Figura 2 eventuale elettrosaldata rete del pavimento in cemento sul quale poggia la struttura della cabina. I picchetti, entro appositi pozzetti, vengono utilizzati quando necessario per contribuire ad abbassare la resistenza di terra. Quando non tutti necessari, si può utilizzare anche un solo dispersore verticale generalmente del diametro di 25 mm e lunghezza 3 metri (2x1,5 m) al quale convergono il dispersore proveniente dal capannone ed il conduttore di terra della cabina. Quando invece la resistività è elevata, si ricorre a più dispersori in picchetto come da figure, oppure si può raddoppiare l’anello dispersore con un altro dispersore più esterno e posto a maggiore profondità rispetto al primo. La sezione dei conduttori di terra e di quelli di protezione deve rispettare la relazione: √ [ ] Dove IFC è la corrente convenzionale di guasto a terra, K è un coefficiente (che vale 159 per Cu nudo, 105 per Al e 58 per Fe) e t è il tempo di eliminazione del guasto. Si nota che per t ≤ 1 s e IFC ≤ 2500 A, (valori che di norma difficilmente vengono superati), si hanno le sezioni minime di 16 mm2 √ per il rame, 35 mm2 per l’alluminio e 50 mm2 per il ferro. Per i valori normalmente raggiunti da IFC e t, le sezioni minime sarebbero ancora più piccole. Tuttavia, per questioni di resistenza meccanica e di protezione alla corrosione, le norme (CEI 11-1) fissano le dimensioni minime del dispersore in corda di rame a 25 mm 2. Per cui il dispersore dovrebbe avere questa sezione. Del resto si dimostra che aumentare il valore a 50 mm 2 o più, influisce poco sulla diminuzione della resistenza di terra, perché l’area laterale di dispersione, che è quella che trasmette la corrente al terreno, non aumenta di molto, inversamente aumenta di molto però il costo. Se non ci sono quindi condizioni a causa delle quali il cavo possa essere sottoposto a forti stress meccanici o ad azioni corrosive, si utilizza la sezione di 25 mm 2 o, per rinforzare la resistenza meccanica, di 35 mm2. Nella realizzazione pratica, si fa in modo che già l’impianto di terra del capannone si avvicini (o rispetti già) al valore calcolato per la R E, nel nostro caso di 1,2 Ω. Quindi la corda di rame da 35 mm2 gira intorno all’edificio e, ad intervalli regolari, viene collegata a dispersori verticali a picchetto, posti ai vertici e lungo i lati del perimetro, in numero sufficiente ad ottenere il valore voluto di RE. L’ulteriore collegamento all’impianto di terra della cabina contribuirà ad abbassare tale valore. In questo modo, per un guasto a terra sulla MT, i valori delle tensioni di passo e di contatto in tutti i punti, interni ed esterni all’impianto, non supereranno i valori ammessi dalle norme. Nel caso sia difficoltoso raggiungere tale valore, bisogna verificare periodicamente (tramite le misure convenzionali) la tensione di contatto mano-piedi, che deve avere un valore minore di 220 V, e la tensione di passo, che deve avere un valore minore di 660 V e devono essere adottati provvedimenti idonei alla sicurezza. All’interno della cabina bisogna collegare all’impianto di terra tutte le parti metalliche accessibili, sia quelle, naturalmente, appartenenti alle macchine, sia quelle delle apparecchiature e tutte quelle che possono venire a contatto con parti attive quando queste sono soggette a guasti. Tutte le parti metalliche e le masse in cabina vanno quindi collegate ad una barra conduttrice in ottone o in rame che ha la funzione di collettore di terra. All’interno della cabina tutti i collegamenti sono chiamati “conduttori di terra” , e non suddivisi in PE, CT, EQP ecc. come nella bassa tensione. Per la sezione dei conduttori si può scegliere il valore minimo previsto dalle norme. Solo il collegamento a terra del neutro, che realizza il sistema TN, ed il conduttore di terra della massa del trasformatore vanno dimensionati in funzione della massima corrente di guasto sul lato BT del trasformatore. Senza entrare nei calcoli, perché non richiesti dal tema, si può comunque dire che, nel nostro caso, per queste condutture (collegamento centro stella-terra e massa del trasformatore) si può scegliere una sezione pari a 120 mm2. Al collettore di terra verranno quindi collegati, tra l’altro: Conduttore di terra del centro stella del trasformatore; “ “ della massa del trasformatore; “ “ della guaina dei cavi di media tensione; “ “ del collettore del quadro BT; “ “ del collettore del quadro MT; “ “ della massa dell’eventuale gruppo elettrogeno; “ “ del centro stella dell’alternatore del gruppo “ “ del locale di consegna Il collettore di terra viene poi collegato al più vicino dispersore dell’impianto di terra esterno alla cabina. Continuità di servizio al 50% La continuità di servizio può essere realizzata in diversi modi. Si può pensare di utilizzare due trasformatori in parallelo da 315 kVA, funzionanti in contemporanea su due distinte semisbarre. I carichi sono perfettamente divisibili, per cui ogni trasformatore, a regime normale, alimenterà due carichi da 75 kVA, un carico da 25 kVA e un carico luci da 20 kW per un totale di 195 kW. Tra le due sbarre BT ci sarà un interruttore congiuntore di sbarra, connesso ad un interblocco che impedisce la chiusura del congiuntore quando lavorano entrambi i trasformatori, chiusi sui loro rispettivi circuiti. Qualora uno dei trasformatori dovesse andare in avaria, si aziona il congiuntore, aprendo l’interruttore del trasformatore guasto e alimentando con un singolo trasformatore i carichi privilegiati, ai quali appartengono sicuramente i carichi luce. Servirà naturalmente una logica di gestione dei carichi tale da lasciare alimentati solo i carichi ritenuti fondamentali. Altro accorgimento per garantire una continuità di servizio è quello di utilizzare un gruppo elettrogeno di potenza non inferiore alla metà di quella del trasformatore. In questo caso si devono dividere le sbarre in due parti. La prima parte, connessa solo al trasformatore, alimenta i carichi non fondamentali. La seconda parte è collegata alla prima tramite un adeguato interruttore normalmente chiuso. Questa semisbarra è collegata anche al gruppo elettrogeno tramite interruttore e sezionatore sotto carico normalmente aperti e interbloccati con l’interruttore normalmente chiuso. Alla semisbarra sono connessi i carichi privilegiati. Non appena il trasformatore risulta non funzionante, si avvierà il gruppo elettrogeno e, di seguito, si aprirà l’interruttore del trasformatore normalmente chiuso sui carichi privilegiati e si chiuderà quello normalmente aperto del gruppo elettrogeno, alimentando così i carichi privilegiati in modo diretto. Quest’ultimo metodo ha una logica di gestione molto più semplice ed economica e consente di alimentare i carichi privilegiati anche in mancanza di tensione in linea per qualche guasto sulla MT, cosa ovviamente non possibile nel caso di due trasformatori in parallelo.