La storia del sindacato. Parte II
Antica Roma.
Potrà stupire ma già nella Roma Antica esisteva il “sindacato”. Non va immaginato come
quell’organo presente al giorno d’oggi, ovviamente ne era una forma primordiale, si
trattava di sodalizi, ove i componenti erano persone facenti lo stesso mestiere, la stessa
“arte”, costituiti per difendere i diritti di ogni categoria. Più che di sindacato è giusto parlare
di corporazioni. Per alcune “caste” (attività molto remunerate) si trattava di uffici appositi,
dove ci si poteva rivolgere in caso di difficoltà, mentre per i lavoratori più umili e poveri,
trattasi di associazioni volontarie e spontanee, negli anni spesso neppure riconosciute. A
lungo andare, vennero regolamentate da leggi e si organizzarono in modo efficiente,
nominando amministratori, tenendo una cassa alimentata dalle quote d’iscrizione e da
lasciti, ottenendo sedi adeguate dove riunirsi ed accogliere i soci all’occorrenza. Anche i
primi gruppi di Cristiani, a partire dal terzo secolo d.C., adoperarono un simile sistema di
aggregazione e mutuo soccorso.
Non fu semplice sopravvivere in tranquillità per tutto l’interminabile e variegato trascorso
dell’Impero Romano. Nella Repubblica, si instaurò presto un regime autoritario ed
oppressivo, le masse provarono spesso ad insorgere, coese, anche per merito delle
iniziative proposte, divulgate ed attuate dalle corporazioni. Le prime azioni di lotta della
plebe (la classe sociale meno abbiente e più bisognosa ma anche maggiormente sfruttata,
paragonabile al nostro proletariato), scaturirono da problemi economici e sociali che la
affliggevano e si concretizzarono in veri e propri scioperi generali, messi in atto mediante
l’abbandono in massa della città ed il sostegno reciproco, durante tutto il periodo della
protesta. Si chiamarono “seccessioni”, la prima avvenne nel 494 a.C. e con essa si arrivò
a creare i “tribuni difensori della plebe”, ovvero si trattava di alcuni giudici, impegnati in
Senato a difesa del popolo, istituzione che venne comunque soppressa poco dopo e ad
ogni modo, resa spesso sterile ed innocua, visto che i candidati a ricoprire tali cariche,
venivano poi eletti dalle forze di potere, i ricchi insomma, che in sede di votazione (e di
corruzione), avevano un peso esageratamente maggiore rispetto ai ceti inferiori.
Seguirono altre “secessio” , se ne contano almeno cinque nei primi 225 anni di vita della
Repubblica, però purtroppo, difficilmente portarono a soluzioni ampiamente democratiche
e\o durature nel tempo. La classe “volgare”, venne costantemente bersagliata, umiliata e
repressa, anche in modo violento e sanguinoso. Impegnati, anzi costretti a partecipare a
tutte le infinite e continue guerre come semplici soldati, con un compenso ridicolo
(enormemente sproporzionato rispetto a quello degli ufficiali) che, oltretutto, inviato alle
famiglie veniva puntualmente sottratto dagli usurai Imperiali (una specie di associazione
mafiosa che serviva a rimpinzare nobili, benestanti ecc), obbligando ad indebitarsi, anche
solo per acquistare beni di consumo basilari, quali il pane. Come se non bastasse, i
potenti dell’esercito e del Governo, vendevano i prigionieri di guerra ai mercati di schiavi,
favorendo manodopera a bassissimo costo, dannosa ad operai, agricoltori e piccoli
artigiani. Le corporazioni, dette anche “collegi”, acquisirono una regolamentazione interna,
con l’avvento delle Leggi delle XII Tavole, le quali ovviamente, non entravano in conflitto
con quelle Statali. Ciò però, non costituì uno scudo sociale e prettamente in senso fisico,
la maggior parte delle sommosse popolari furono tacitate con l’utilizzo della forza e dei
massacri. Come quello praticato dal terribile Generale Silla, il quale, con il suo spietato e
crudele esercito (di mercenari), marciò su Roma, lasciandosi alle spalle morte e
distruzione. Con questo tragico avvenimento, terminò la Repubblica e si instaurò
nuovamente la dittatura, i tribuni della plebe eliminati e distrutta la moralità e la
reputazione dei loro facenti parte, esponendoli alla vendetta dei padroni Senatori. In
soccorso dei più poveri e delle corporazioni, da ricordare l’intervento del tribuno Clodio, il
quale, nel 58 a.C. inneggiò alla libertà di associazione ed al diritto decisionale popolare,
pretendendo, fra le altre cose, leggi democratiche per gli agricoltori ed il commercio del
frumento. Impose la ricostituzione dei collegi ma non appena divulgò il suo pensiero di
scetticismo, nei confronti della pratica religiosa dell’osservazione del cielo per fare
previsioni circa l’andamento di svariati eventi, venne additato di sacrilegio, si fece leva
sulla scaramanzia delle masse per spodestarlo, che invece continuarono ad appoggiarlo.
Diede poi il meglio di se, facendo passare una legge che condannava ad esilio, chiunque
si fosse macchiato di omicidio di un cittadino di Roma (o come mandante), senza essere
preceduto da una sentenza popolare. Il famoso Cicerone fu coinvolto da tale
provvedimento e fu esiliato, a breve rientrò (per merito di qualche Senatore corrotto) e con
l’aiuto del tribuno Milone (esecutore materiale del delitto), uccise a tradimento Clodio e la
sua famiglia. Milone, nel 52 a.C. fu cacciato dai plebei. Gli imperatori che si susseguirono,
ben più lungimiranti, non si ostinarono con quella politica dittatoriale, anzi assecondarono i
proletari. Giulio Cesare, fece assumere uomini liberi al posto degli schiavi, ai ricchi e
impiegò molti civili nulla tenenti e senza occupazione, nell’esercito oppure in attività
lontane da Roma (diede delle alternative per migliorare la loro posizione nella società).
Prima Cesare, poi Augusto ed ancora Alessandro Severo, incentivarono le corporazioni,
Marco Aurelio permise che delle donazioni ne consentissero il sostentamento, Diocleziano
e Costantino le resero persino obbligatorie.
Questo ci racconta la Storia, del trascorso del sindacato in epoca romana. Una società
splendente, virtuosa ed ammirata dall’intero mondo allora conosciuto. Il sindacato ne fu
parte integrante, non poteva andare diversamente.
Bellin Fabio