Terapia Carcinoma polmonare non a piccole cellule

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TERAPIA DEL CARCINOMA POLMONARE NON A PICCOLE CELLULE (NSCLC)
Negli ultimi anni vi è stata una evoluzione delle strategie terapeutiche nel NSCLC e
l’introduzione nella pratica clinica di nuovi farmaci attivi. In particolare le tre diverse
modalità terapeutiche (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) vengono usate spesso in
combinazione, con l’obiettivo primario del miglioramento della sopravvivenza e della
qualità di vita dei pazienti. Di recente si è aggiunto un ulteriore approccio terapeutico
rappresentato dai nuovi farmaci a bersaglio molecolare o terapie biologiche.
Chirurgia
La terapia chirurgica è certamente la terapia di scelta per i pazienti affetti da NSCLC in
stadio iniziale di malattia (vedi paragrafo sulla STADIAZIONE).
Negli stadi iniziali I e II generalmente è sempre possibile la resezione completa della
neoplasia. Per una accurata stadiazione chirurgica e patologica è necessaria la
linfoadenectomia mediastinica (la asportazione insieme al lobo polmonare di una serie di
linfoghiandole situate nello spazio tra i due polmoni che si chiama mediastino) o un
campionamento delle stazioni linfatiche che drenano la neoplasia. I pazienti candidati a
chirurgia con finalità curativa devono effettuare prima del trattamento anche le prove di
funzionalità respiratoria (spirometria, emogasanalisi, scintigrafia polmonare) ed una
valutazione cardiologia ed anestesiologica, al fine di escludere dalla chirurgia i casi che
non potrebbero sostenere l’intervento.
La PET prima di un intervento chirurgico aumenta le possibilità (- 20%) di non effettuare
un intervento chirurgico inutile.
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Per lo stadio IIIA , la presenza di metastasi ai linfonodi mediastinici (N2) controindica
l’esecuzione di una chirurgia iniziale, anche se tecnicamente fattibile. Lo standard
internazionale prevede per questi casi un trattamento di sola chemioterapia o in alcuni casi
di chemio e radioterapia che, con intento neo-adjuvante, precede la chirurgia.
Gli stadi IIIB-IV, sono considerati inoperabili.
I tipi di intervento comunemente eseguiti sono la pneumonectomia, la bilobectomia, la
lobectomia e la resezione segmentaria. Con il termine “sleeve resection” si intende la
resezione segmentaria di un bronco principale con ricostituzione della continuità tracheobronchiale. Nei casi in cui patologie cardiopolmonari controindichino la lobectomia e nei
pazienti
con
piccole
lesioni
periferiche (T1, N0)
può essere effettuata una
segmentectomia atipica (“wedge resection”).
L’intervento di elezione è rappresentato dalla lobectomia accompagnato dalla
linfoadenectomia mediastinica.
La mortalità post-operatoria di questi interventi è nettamente diminuita negli ultimi anni
assestandosi intorno al 6% per la pneumonectomia, il 3% per la lobectomia e meno
dell’1% per le resezioni minori.
In generale, circa il 40-50% dei pazienti che si reca dal chirurgo toracico risulta operabile
dopo una valutazione clinica e
radiologica. Di questi, circa due terzi possono essere
resecati, mentre un terzo viene sottoposto a semplice prelievo diagnostico.
Da segnalare l’utilizzo della chemioterapia adjuvante post-chirurgica in pazienti operati
per stadi I-II-IIIA per aumentare le possibilità di non ricomparsa della malattia. Questa
metodica va riservata a pazienti non anziani, senza co-patologie associate, con una buona
funzionalità respiratoria e che siano usciti brillantemente e senza complicanze anche
respiratorie dall’intervento chirurgico.
Radioterapia
La radioterapia può essere utilizzata con intenti curativi o palliativi.
Radioterapia curativa. I pazienti candidati ad un trattamento curativo sono quelli con
NSCLC localizzato (stadio I e II), ma non suscettibili di intervento chirurgico per patologie
concomitanti. In questi stadi iniziali inoperabili per ragioni mediche (comorbidità) si sta
studiando l’uso della radioterapia (o radiochirurgia)
stereotassica che sembra fornire
risultati superiori alla radioterapia tradizionale.
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Nello stadio III B la radioterapia deve essere associata alla chemioterapia in un
programma di terapia combinata. La combinazione ideale (concomitante o sequenziale o
mista) è ancora tema di ricerca clinica.
Un’altra possibile indicazione alla radioterapia con intento curativo è rappresentata dalle
recidive intratoraciche dopo sola chirurgia.
Gli effetti collaterali acuti della radioterapia comprendono esofagite, bronchite ed eritema
cutaneo. Effetti tardivi (dopo 1-3 mesi dal termine del trattamento) sono la polmonite
post-attinica e la sindrome mielopatica.
Al fine di incrementare la dose per migliorare il controllo locale della neoplasia sono state
utilizzate,
con
discreto
successo,
nuove
tecniche
quali
l’iperfrazionamento,
l’iperfrazionamento accelerato o la radioterapia iperfrazionata accelerata continua
(continuos hyperfractionated accelerated radiation therapy – CHART). Mediante una
pianificazione tridimensionale del trattamento radiante (tecnica 3D-CRT) è possibile una
maggiore definizione dei volumi bersaglio, con salvaguardia degli organi critici senza
incremento della tossicità, con conseguente aumento della dose totale somministrata alla
neoplasia.
Radioterapia palliativa. La radioterapia palliativa ha come scopo quello di controllare la
sintomatologia che la neoplasia primitiva (emottisi, dolore toracico, sindrome di Pancoast,
sindrome mediastinica etc) o le metastasi (dolore da metastasi ossee, localizzazione
intracraniche etc) possono determinare migliorando così la qualità della vita.
Negli ultimi anni vi è stata l’introduzione nella pratica clinica della radiochirurgia
stereotassica che trova indicazione nel trattamento palliativo delle metastasi cerebrali.
Chemioterapia
E’ il trattamento utilizzato per lo più negli stadi avanzati o metastatici del NSCLC (stadio
IV), anche se abbiamo accennato all’utilizzo sia in adjuvante nei primi stati che in neoadjuvante allo stadio IIIA N2 che combinata con la radioterapia allo stadio IIIB.
Quattro meta-analisi hanno evidenziato un vantaggio piccolo ma statisticamente
significativo per la polichemioterapia contenente cisplatino verso la sola terapia di
supporto nella malattia avanzata. Inoltre, studi clinici randomizzati hanno dimostrato un
vantaggio per la chemioterapia anche in termini di qualità di vita con un buon controllo dei
sintomi legati alla malattia.
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Chemioterapia di combinazione. La chemioterapia di combinazione con una doppietta di
farmaci è la scelta per il tumore polmonare non microcitoma con un buon stato di validità
generale e con una età <70 anni.
Negli ultimi anni numerosi nuovi farmaci attivi nel NSCLC sono entrati nella pratica clinica.
Le combinazioni maggiormente efficaci, come prima terapia in un paziente giovane (< 70
anni) ed in buone condizioni generali sono:
−Cisplatino/gemcitabina
−Cisplatino/vinorelbina
−Cisplatino/docetaxel
−Carboplatino/paclitaxel
−Cisplatino/pemetrexed (solo negli istotipi non-squamosi)
Le combinazioni sono tutte sovrapponibili in termini di efficacia ma differiscono come
spettro di tossicità. Sarà quindi il medico che deciderà quale trattamento scegliere a che
dosaggi e con che cadenza, in base allo stadio e alle caratteristiche istologiche della
malattia, alle condizioni generali del paziente ed alle patologie concomitanti.
Gli schemi chemioterapici senza cisplatino hanno dimostrato di essere efficaci e di poter
essere utilizzati nei pazienti che non possono effettuare un trattamento contenente platino
per motivi di comorbidità o condizioni generali.
Tra gli schemi a tre farmaci non vi è alcun vantaggio rispetto ai due farmaci quando i tre
farmaci sono tutti chemioterapici.
Invece la nuova combinazione con doppietta di chemioterapico e il bevacizumab come
farmaco biologico (recentemente approvato in Italia
in pazienti con NSCLC avanzato
(non-squamosi), non pretrattati, in associazione con la chemioterapia contenente platino,
ha dimostrato di migliorare la sopravvivenza rispetto alla sola chemioterapia . Ci sono però
alcune limitazioni nella selezione dei pazienti per questo trattamento, rappresentate dalla
istologia squamosa, dalle emorragie, dalle metastasi cerebrali, dalla ipertensione grave, da
precedenti infarti con assunzione di anticoagulanti.
Chemioterapia con un agente singolo. La chemioterapia con un solo farmaco è la scelta
per il tumore polmonare non microcitoma con un cattivo stato di validità generale e con
una età >70 anni. La presenza di patologie importanti come il diabete grave, l’ipertensione
mal controllata, un
infarto recente, alterazioni cardiologiche importanti, l’insufficienza
respiratoria, una autonomia ridotta, l’età superiore ai 70 anni, indicano che lì obiettivo non
può essere quello di contrastare il tumore bensì quello di aiutare una persona “fragile” a
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contenere la aggressività del proprio tumore senza aumentare i rischi derivanti dall’uso
della chemioterapia. La monochemioterapia rappresenta quindi uno standard terapeutico
per questo tipo di pazienti: per lo più vengono impiegati la gemcitabina o la vinorelbina .
C’è inoltre un grande ricorso a modifiche del dosaggio standard per ridurne le possibili
tossicità così come si utilizzano molti farmaci per prevenirne gli effetti collaterali.
Strategia terapeutica
Stadio I–II. In questi stadi, che rappresentano il 20% alla diagnosi, la terapia chirurgica
è il trattamento di scelta. Sarà compito del medico decidere in base alle condizioni generali
del paziente e soprattutto al risultato dell’esame istologico del tumore e dei linfonodi, se
sia opportuno far seguire alla chirurgia un trattamento chemioterapico per lo stadio II
(chemioterapia adiuvante).
Stadio IIIA. I pazienti allo stadio IIIA con coinvolgimento linfonodale mediastinico
(IIIAN2) e inizialmente operabili sono candidati ad una chirurgia radicale preceduta però
da un trattamento chemioterapico preoperatorio (neoadiuvante). Infatti, è stata
dimostrata una migliore sopravvivenza per i pazienti trattati con chemioterapia
neoadiuvante e chirurgia rispetto a quelli trattati con la sola chirurgia.
Nei casi con stadio IIIAN2 inizialmente inoperabili, si inizia comunque con il trattamento
chemioterapico considerando che circa il 50% si può portare alla chirurgia. Molti centri in
questi casi adottano un trattamento integrato fra chemio e radioterapia, valutandone
successivamente il risultato ai fini di una possibilità chirurgica.
Stadio IIIB. Nell’ambito dello stadio IIIB, i pazienti a prognosi migliore vanno distinti da
quelli a cattiva prognosi (presenza di versamento pleurico e/o linfonodi sovraclaveari).
Nel primo caso, il trattamento di scelta è rappresentato dalla combinazione di radioterapia
e chemioterapia con diverse modalità di combinazione: chemioterapia seguita da
radioterapia,
radioterapia
più
monochemioterapia
concomitante,
radioterapia
più
polichemioterapia concomitante. Ad oggi il trattamento combinato chemio-radioterapico si
è mostrato superiore in termini di efficacia anche se gravato da maggiori effetti collaterali.
I pazienti IIIB a prognosi sfavorevole, seguono lo stesso iter terapeutico dei pazienti con
IV stadio.
Stadio IV. Il trattamento primario è la chemioterapia, che viene proposta ai pazienti in
buone condizioni generali. Gli obiettivi sono migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita
mediante il controllo dei sintomi. Nei pazienti che dopo 2-3 cicli di chemioterapia
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ottengono una risposta obiettiva può essere utile continuare la terapia fino ad un massimo
di 6 cicli. Per i pazienti che non ottengono una risposta ma una stabilità di malattia è
opportuno fermarsi dopo 4-6 cicli.
Schemi chemioterapici a due farmaci, a base di cisplatino dovrebbero essere preferiti in
prima linea.
In caso di pazienti anziani o con condizioni generali non ottimali, o gravati da altre copatologie si può decidere per un trattamento monochemioterapico, o con schemi senza
platino o con dosi di cisplatino ridotte cercando di evitare così una tossicità importante in
paziente più fragili. Nella scelta dello schema terapeutico, a parità di efficacia, dovrebbero
essere presi in considerazione l’entità ed il tipo degli effetti collaterali attesi.
Terapie di seconda e terza linea. In caso di progressione di malattia dopo il
trattamento di prima linea nella malattia avanzata, sarà il medico a decidere la terapia in
base al tempo di ripresa di malattia, ai farmaci effettuati in prima linea ed alle condizioni
generali del paziente.
Fino ad oggi avevamo a disposizione esclusivamente farmaci chemioterapici che in ripresa
di malattia vengono usati in monochemioterapia come il docetaxel ed il pemetrexed (solo
per i tumori a istologia non-squamosa).
Nessuna combinazione di farmaci finora ha dimostrato in seconda linea di aumentare la
sopravvivenza rispetto all’uso della monochemioterapia.
Oggi abbiamo anche la possibilità di usare un farmaco biologico come l’erlotinib (inibitore
del recettore dell’epidermal growth factor, EGFR), che è in indicazione sia per la seconda
che per la terza linea del tumore polmonare dopo fallimento della chemioterapia.
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