Sonderdrucke aus der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg
JÖRN LEONHARD
Il nemico interno
Francia e Germania nella guerra del 1870-71
Originalbeitrag erschienen in:
Fulvio Cammarano (Hrsg.): Il nemico in politica: la delegittimazione dell’avversario nell‘Europa
contemporanea.
Bologna: il Mulino, 2010, S. [59]-75
Jörn Leonhard
II nemico interno: Francia e Germania
nella guerra del 1870-71
1. Introduzione
Secondo quanto scriveva Carl Schmitt nel 1927, la sostanza
della politica moderna risiede nella differenza tra Freund e Feind,
tra amico e nemico. È proprio questa distinzione ad attribuire un
carattere politico a tutte le azioni e i fini umani. In particolare egli
individuava questa dicotomia nel periodo della guerra e della rivoluzione. Un mondo in cui la possibilità della guerra fosse stata
esclusa a priori, sarebbe stato un mondo senza politica. La premessa di Schmitt sull'importanza di definire la distinzione tra amico e
nemico enfatizza l'importanza dei meccanismi di legittimazione e
delegittimazione. Entrambi presuppongono la distinzione tra amico
e nemico, in particolare immagini dell'io politico e dell'altro come
anche codici e strategie per comunicare questa dicotomia fondamentale 1 .
La legittimità è senza dubbio un concetto chiave nell'analisi
della crisi nella storia e nella politica moderna. Essa deriva, prima
di tutto, dalla richiesta normativa di legittimità di un sistema politico e sociale dato, e, secondariamente, dalla convinzione del sog-
I C. Schmitt, Il concetto di «politico», in G. Miglio e P. Schiera (a cura di),
Le categorie del politico: saggi di teoria politica, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 108
ss. Cfr. inoltre P. Pasquino, Bemerkungen zum «Kriterium des Politischen» bei Carl
Schmitt, in «Der Staat», 25, 1986, pp. 385-398; Ch. Meier, Zu Carl Schmitts Begriffsbildung — Das Politische und der Nomos, in H. Quaritsch (a cura di), Complexio Oppositorum. Über Carl Schmitt, Berlin, Duncker & Humblot, 1988, pp.
537-556; E.W. Böckenförde, Der Begriff des Politischen als Schlüssel zum staatsrechtlichen Werk Carl Schmitts, ivi, pp. 283 -299; E. Vollrath, Wie ist Carl Schmitt
an seinen Begriff des Politischen gekommen?, in «Zeitschrift für Politik», 26, 1989,
pp. 151-168; H. Meier, Carl Schmitt, Leo Strauß und der «Begriff des Politischen»,
Stuttgart, Metzler, 1998; W. Nippel, Krieg als Erscheinungsform der Feindschaft, in
C. Schmitt, Der Begriff des Politischen. Ein kooperativer Kommentar, a cura di R.
Mehring, Berlin, Akademie Verlag, 2003, pp. 61-70.
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getto in una legittimità di sistema (Legitimitätsglaube) e, in terzo
luogo, dalla sovrapposizione di entrambe le prospettive. Concentrandosi sulla connotazione normativa, la legittimità rappresenta l
legalità di un sistema politico e soci
ale dato, basato su princi
il
predefiniti, come pluralismo, la partecipazione, la separazione-Pi
dei poteri e lo stato di diritto in un sistema democratico2. Secondo
Jürgen Habermas, la legittimità in questo senso rappresenta in se
stessa un insieme di valori chiave e di interessi collettivi che sono
sentiti come universali e che per questa ragione svolgono una funzione normativa'. In contrasto con questa definizione normativa, la
seconda categoria, la fede in una legittimità del sistema, è prima di
tutto basata sull'evidenza empirica. Secondo Max Weber la legittimità rappresenta l'accettazione interiore da parte del soggetto della norma politica. Weber distingue tre forme di potere legittimo:
il potere tradizionale basato sull'esperienza storica e sui sistemi di
fede, il potere carismatico basato sulla personalità eccezionale, e il
potere legale fondato sulle regole razionali, sia come conseguenza
di un contratto o di una concessione.
Fin dal 1960 Seymor Martin Lipset ha sottolineato come legittimità normativa e fede nella legittimità di un sistema non possono
essere facilmente separate ma piuttosto tendano a sovrapporsi. Derivava da questa premessa la sua definizione che considerava la legittimità come la capacità del sistema di «far sorgere e mantenere
in vita la convinzione che le istituzioni politiche esistenti siano le
più adatte per quella data società»'. Da questa definizione deriva
Cfr. la voce Legitimität, in Lexikon der Politik, a cura di D. Nohlen, vol.
VII, Politische Begriffe, a cura di D. Nohlen, R.-O. Schulze e S.S. Schüttemeyer,
München, Beck, 1998, pp. 350-352; cfr. anche D. Easton, L'analisi sistemica della
politica, Genova, Marietti, 1984; M. Jänicke (a cura di), Politische Systemkrisen,
Köln, Kiepenheuer & Witsch, 1973 ; P. Graf von Kielmannsegg (a cura di), Legitimationsprobleme politischer Systeme, Opladen, Westdeutscher Verlag, 1976; M.
Kaase, Legitimitätskrise in westlichen Industriegesellschaften: Mythos oder Realität,
in H. Klages e P. Kmieciak (a cura di), Wertwandel und gesellschaftlicher Wandel,
Frankfurt a.M., Campus, 1979, pp. 328-350; J. Heidorn, Legitimität und Regierbarkeit, Berlin, Duncker & Humblot, 1982; B. Westle, Politische Legitimität. Theorien, Konzepte, empirische Befunde, Baden-Baden, Nomos, 1989.
3 J. Habermas, La crisi della razionalità nel capitalismo maturo, Roma-Bari,
Laterza, 1982.
4 M. Weber, Die drei Typen legitimer Herrschaft, in Id., Soziologie, weltgeschichtliche Analysen, Politik, Stuttgart, Kröner, 1992, pp. 151-166; D. Sternberger, Max
Webers Lehre von der Legitimität, in W. Röhrich (a cura di), Macht und Ohnmacht
des Politischen, Köln, Kiepenheuer & Witsch, 1967, pp. 11-126.
5 S.M. Lipset, L'uomo e la politica: le basi sociali della politica, Milano, Edizioni di Comunità, 1963, p. 77.
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che l'attività dei sistemi politici è in grado di generare sostegno e
lealtà di massa. Legittimità e per questa ragione, dunque, i processi di delegittimazione non possono essere realmente interpretati
mediante concetti statici, ma riflettono processi dinamici che sfuggono a semplici formalizzazioni come nella famosa frase di Niklas
Luhmann «legittimità mediante procedimenti giuridici»6. Legittimità e delegittimazione rispecchiano il mutare delle credenze collettive nella misura in cui un sistema politico e sociale è in grado di
rispondere alle aspettative e agli interessi individuali. Questi ultimi
dipendono a loro volta dalla trasmissione di immagini basate sul
dualismo amico/nemico nella sfera pubblica, finalizzate a fornire
un orientamento collettivo.
Rispetto a questo retroterra concettuale, questo contributo non
si concentrerà sulla categoria normativa, ma su quella empirica di
legittimità e delegittimazione, sui fattori che determinano le sfide
alle credenze collettive nella capacità di un sistema di offrire stabilità e integrazione in una crisi fondamentale. L'esempio concreto
che viene analizzato in questa sede è costituito dalla funzione svolta dalle esperienze di guerra nel 1870-71 in Francia e Germania
per catalizzare processi di delegittimazione — non dalla prospettiva
convenzionale di stigmatizzare i nemici esterni e nazionali, ma di
mettere a fuoco la delegittimazione interna e ideologica.
Lo sviluppo del moderno concetto di nazione e di stato -nazione fin dal] 'ultimo trentennio del XVIII secolo sfidò i modelli tradizionali di legittimità, come il diritto divino dei re, esempio classico
della categoria weberiana di legittimità tradizionale. L'esperienza
della Rivoluzione francese costrinse i contemporanei a sviluppare
nuovi modelli di governo legittimo come quello basato sul principio di legalità riconducibile ad una Costituzione scritta e ad istituzioni rappresentative che garantivano la partecipazione politica.
Nello stesso tempo emerse una nuova e rivoluzionaria relazione
tra la guerra e la nazione, generando un nuovo tipo di guerriero
eroico e di governante carismatico nella persona di Napoleone
Bonaparte. Sia la legittimazione che si generava sia la delegittimazione che veniva sperimentata si cristallizzarono nelle esperienze
di guerra posteriori al 1792 e furono un test della fede collettiva,
in un sistema che voleva rappresentare la nazione come un tutto
e assicurarne la sopravvivenza in un periodo di crisi. L'esperienza
dell e guerre trasformò l'avversario militare nel nemico ideologico
N. Luhmann, Procedimenti giuridici e legittimazione sociale, Milano, Giuffrè, 1995.
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identificato dalle rappresentazioni nazionali del nemico. La tradizionale divisione tra guerre interne ed esterne, guerre di gabinetto
e guerre civili sembrò dover essere superata'.
Questo capitolo analizzerà per prima cosa il legame particolare tra la guerra e la legittimazione della nazione a partire dalla
fine del XVIII secolo. In seguito prenderà in esame l'analisi comparata della guerra del 1870-71 come un esempio di processi sincronici di delegittimazione interna in Francia e Germania. L'ipotesi è che le guerre come periodi di crisi collettive, come vetri
in fusione, permettano agli storici di ricostruire i fattori determinanti, le strategie, i meccanismi e i codici della delegittimazione
politica e ideologica.
2.
Guerra e costruzione della nazione
I concetti moderni di nazione e di stato nazionale legittimo
erano inestricabilmente legati all'esperienza della guerra. Il processo di lungo periodo di costruzione dello stato che modificò in
maniera drammatica la mappa politica dell'Europa dall'età moderna alla prima guerra mondiale può dunque essere anche descritto
con una storia della guerra e del suo impatto rivoluzionario sulle
società. In quanto parti di questo stesso processo anche le stesse
giustificazioni della guerra mutarono, assumendo i nuovi significati
di nazione e di stato-nazione come paradigmi dominanti della legittimità politica e sociale'.
7 Cfr. J. Leonhard, Bellizismus und Nation. Kriegsdeutung und Nationsbestimmung in Europa und den Vereinigten Staaten, 1750 1914, München, Oldenbourg,
2008; Id., Der Ort der Nation im Deutungswandel kriegerischer Gewalt: Europa
und die Vereinigten Staaten 1854 1871, in «Jahrbuch des Historisches Kollegs»,
2004, pp. 111-138, e Id., Nati dalla guerra e macchine da guerra? Nazione e stato
nazionale nell'età del bellicismo fino al 1871, in «Ricerche di storia politica», 9, 1,
2006, pp. 31-52.
8 Cfr. D. Langewiesche (a cura di), Revolution und Krieg. Zur Dynamik historischen Wandels seit dem 18. Jahrhundert, Paderborn, Schöningh, 1989; cfr. i
saggi di U. Frevert, R. Jaun, H. Strachan, S. Förster e D. Beyrau nella sezione
Militär und Nationsbildung, in U. Frevert (a cura di), Militär und Gesellschaft im
19. und 20. Jahrhundert, Stuttgart, Klett -Cotta, 1997, pp. 17-142; per la Germania
cfr. i saggi di G. Schmidt, H. Carl e N. Buschmann, in D. Langewiesche e G. Schmidt (a cura di), Föderative Nation. Deutschlandkonzepte von der Reformation bis
zum Ersten Weltkrieg, München, Oldenbourg, 2000, pp. 33-111. Cfr. in prospettiva comparata anche D. Beyrau (a cura di), Der Krieg in religiösen und nationalen
Deutungen der Neuzeit, Tübingen, Diskord, 2001; D. Moran e A. Waldton (a cura
di), The People in Arms: Military Myth and National Mobilization since the French
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Ma la guerra non fu la sola ad accompagnare il processo esterno di state building. Essa rappresentava anche un possibile mezzo
di emancipazione e partecipazione, combinando i differenti modelli di potere legittimo — tradizionale, carismatico e legale — con
ciascuno degli altri. La guerra cambiò il suo carattere da una questione puramente dinastica e dalla forma di guerra di gabinetto
— combattuta per mezzo di mercenari provenienti da differenti
paesi, che non si identificavano nell'astratta idea di nazione — in
una guerra combattuta, almeno in teoria, nel nome della nazione
e da tutte le nazioni in armi. Da un lato fin dagli ultimi trent'anni del XVIII secolo, nuove forme di guerra nazionale e di guerra
di popolo, in particolare la guerra di indipendenza americana e le
guerre della Francia rivoluzionaria dopo il 1792, mostrarono che
diversi segmenti della società erano adesso coinvolti direttamente
nella guerra. Dall'altro lato le guerre nazionali fin dagli anni Novanta rafforzarono la legittimità dello stato come istituzione dominante in grado di procurare i mezzi finanziari e militari per l'attività bellica. Una guerra combattuta dall'intera nazione produceva
poi aspettative fino ad allora sconosciute di partecipazione politica
e sociale9. L'ambivalenza della guerra — vista dall'esterno come una
forma di aggressione collettiva e di violenza e, dall'interno, come
un mezzo di partecipazione — non è solo un effetto posteriore dell'analisi storiografica. Esso era presente anche nei discorsi sulla
guerra e nelle controversie sul preciso significato e sulla possibile
giustificazione della guerra quando veniva messa in relazione alla
legittimità dello stato di agire. Così il concetto di guerra civile, caratteristica dei conflitti religiosi delle società europee del XVII secolo, ritrovò spazio nelle giustificazioni della guerra dopo il 1750.
A differenza del XVII secolo non c'era più una guerra civile causata da conflitti confessionali, ma un conflitto combattuto in nome
dei concetti laici di libertà e di uguaglianza concepiti secondo la
filosofia dei diritti naturalilo
Revolution, Cambridge, Cambridge University Press, 2003; N. Buschmann e D.
Langewiesche (a cura di), Der Krieg in den Gründungsmythen europäischer Nationen und der USA, Frankfurt a.M., Campus, 2004, come anche H. Carl, H.-H.
Kortüm, D. Langewiesche e F. Lenger (a cura di), Kriegsniederlagen. Erfahrungen
und Erinnerungen, Berlin, Akademie Verlag, 2004.
9 Cfr. J. Leonhard, Nation-States and wars, in T. Baycroft e M. Hewitson (a
cura di), What is a Nation? Europe 1789-1914, Oxford, Oxford University Press,
2006, pp. 231-254.
lo Cfr. J. Kunisch e H. Münkler (a cura di), Die Wiedergeburt des Krieges aus
dem Geist der Revolution. Studien zum bellizistischen Diskurs des ausgehenden 18.
und beginnenden 19. Jahrhunderts, Berlin, Duncker & Humblot, 1999; e H. Münk-
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Dal 1790 in avanti i conflitti occuparono una posizione intermedia fra le tradizionali guerre di gabinetto che avevano contraddistinto la storia europea sin dalla fine della guerra dei Trent'anni
e un nuovo concetto di guerra civile condotta in nome di principi
astratti. Dietro questi discorsi sulla guerra vi era un diverso modo
di comunicare la legittimità dell e nuove idee politiche e sociali e di
delegittimare le idee concorrenti. Le guerre rivoluzionarie non potevano più essere collegate al diritto divino dei re. Esse erano considerate come il prodotto di una nazione rivoluzionaria costituita
da cittadini uguali. La Costituzione de ll e nazioni era il simbolo del
potere legale basato sulle istituzioni rappresentative. Dopo il 1795
il successo dei giovani generali rivoluzionari si basò su una diversa categoria di potere legittimo. Fu Bonaparte che tradusse con
successo la gloria e le vittorie militari in potere politico. Il potere
carismatico secondo il modello bonapartista era basato sulle virtù
militari dei soldati della rivoluzione".
L'ambivalente complessità dell e esperienze di guerra divenne
sempre più ovvia nel corso del XIX secolo: da un lato le guerre
del XIX secolo erano ancora combattute secondo le regole dell e
tradizionali guerre dr gabinetto. I leader militari e politici cercarono di evitare estenuanti e lunghe campagne e non misero in dubbio la separazione tra sfera civile e militare. Dall'altro lato queste
guerre riflettevano, almeno in teoria, l'identificazione individuale
del combattente con un più astratto concetto di nazionalità e na-
ler, Über den Krieg. Stationen der Kriegsgeschichte im Spiegel ihrer theoretischen Reflexion, Weilerswist, Velbrück Wissenschaft, 2003 2; per la prospettiva tedesca cfr.
J. Echternkamp e S.O. Müller (a cura di), Die Politik der Nation. Deutscher N ationalismus in Krieg und Krisen, München, Oldenbourg, 2002; W. Rösener (a cura
di), Staat und Krieg. Vom Mittelalter bis zur Moderne, Göttingen, Vandenhoeck &
Ruprecht, 2000; sullo stato della ricerca cfr. E. Wolfram, Krieg und Frieden in der
Neuzeit. Vom Westfälischen Frieden bis zum Zweiten Weltkrieg, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 2003, pp. 49-101; sulla Germania cfr. F. Becker,
Bilder von Krieg und Nation. Die Einigungskriege in der bürgerlichen Öffentlichkeit
Deutschlands 1864-1913, München, Oldenbourg, 2001; K. Hagemann, «Mannlicher
Muth und Teutsche Ehre». Nation, Militär und Geschlecht zur Zeit der antinapoleonischen Kriege Preußens, Paderborn, Schöningh, 2002; N. Buschmann, Einkreisung
und Waffenbruderschaft. Die öffentliche Deutung von Krieg und Nation in Deutschland 1850 1871, Göttingen, Vandenhoeck &Ruprecht, 2003.
11 Cfr. J. Leonhard, Ein bonapartistisches Modell? Die französischen Regimewechsel von 1799, 1851 und 1940 im Vergleich, in H. Knüppel, M. Osten, U.
Rosenbaum, J.H. Schoeps e P. Steinbach (a cura di), Wege und Spuren. Verbindungen zwischen Bildung, Wissenschaft, Kultur, Geschichte und Politik. Festschrift für
Joachim-Felix Leonhard, Berlin, Verlag für Berlin-Brandenburg, 2007, pp. 277-294.
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zinne. La giustificazione della guerra fu chiaramente ereditata dal
paradigma della guerra civile. In ogni caso l'identificazione con la
propria nazione da parte di ognuno si dimostrava essere il punto
di partenza per conflitti di ampia portata all'interno delle società: in tal modo l'esperienza delle guerre nazionali introdusse molteplici e complesse differenziazioni tra amici e nemici ideologici.
L'esperienza delle guerre nazionali provocò conflitti interni attorno al vero significato della nazione come mostrerà la prospettiva
francese e tedesca della guerra del 1870-71. Oltre al conflitto tra
nazioni e stati, si sviluppò un confronto tra oppositori politici e
ideologici. Le guerre esterne non conducevano semplicemente a
nazioni unificate, ma erano all'origine di processi di delegittimazione interna nuovi o già in corso, processi che divennero elementi
caratteristici della complessità dello stato -nazione.
3. Sconfitta militare e delegittimazione multipla: la lunga
ombra della Francia postrivoluzionaria
Il regime bonapartista di Napoleone III, che era giunto al potere con un colpo di stato nel 1851, aveva fin dall'inizio tentato
di fondere elementi diversi della legittimità al fine di stabilizzare
l'ordine sociale e politico dopo la rivoluzione del 1848-49. Esso
stava dalla parte dei valori borghesi del 1789 e si identificava con
il ruolo progressista della Francia nella storia. Nello stesso tempo
presentava se stesso come l'unico regime in grado di restaurare
la stabilità politica e sociale dopo un'era di quasi costanti rivolgimenti postrivoluzionari 1z. Da una parte il secondo impero insisteva sulla sua missione di pace universale, simboleggiata dal famoso
motto «L'Empire, c'est la paix» che voleva sottolineare per le classi
medie le prospettive di pacifico sviluppo economico in contrasto
con le esperienze passate di guerra civile13 . Dall'altra parte gli anni
Cinquanta e Sessanta mostrarono quanto il Secondo impero fosse
dipendente dalle guerre per dimostrare la sua aspirazione di rappresentare all'estero la grandeur della nazione francese e di usare
i successi della politica estera per stabilizzare la sua situazione in12 Cfr. A. Plessis, The Rise and Fall of the Second Empire, 1852-1871, Garnbridge, Cambridge University Press, 1987, pp. 11 13.
13
Citato in Deuxième mémoire adressé au gouvernement de S.M. l'Empereur Napoléon III sur l'expédition de Crimée et la conduite de la guerre de
l'Orient, par un officier général, Genève, Librairie Etrangère, Lauffer & C.,
1855, p. 66.
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terna. La fusione bonapartista di potere tradizionale, carismatico
e legale richiedeva una base di esperienza collettiva e le guerre
servivano come ambito di riferimento entro cui rendere popolare
questa particolare legittimità. Una fondamentale fonte di legittimità era derivata dall'associazione tra il Primo e il Secondo impero
napoleonico. La storia, e in particolare la memoria collettiva delle
guerre napoleoniche, furono usate come una rete per diffondere e
rendere popolare l'aspirazione di entrambi i regimi a rappresentare
la missione della Francia e le forze progressive della nazione francese.
Fu Karl Marx a commentare questa relazione tra le memorie
di guerra e la giustificazione politica del regime bonapartista. Secondo Marx, Napoleone III doveva continuare le giornate di dicembre 1851 trasferendole dai boulevards di Parigi alla Crimea del
1854, all'Italia del Nord del 1859 o al Messico del 1861 14 . Queste
guerre non solo contribuivano alla legittimazione politica e nazionale del Secondo impero, ma catalizzavano i conflitti ideologici sul
significato preciso della legittimità del regime e della missione della nazione nella storia. I concetti in competizione di identità nazionale e di legittimità stavano evolvendo: laddove i cattolici msistevano sulla battaglia contro i principi atei rivoluzionari in patria
e all'estero 15, rappresentanti dell'opposizione repubblicana riguardavano le guerre del 1854 e del 1858 come parte di una liberazione planetaria che la nazione francese doveva accettare come sua
missione universale, prolungando così l'eredità rivoluzionaria del
178916. Da queste prospettive antagonistiche, la legittimità del regime era basata su basi completamente differenti.
Rispetto a questi precedenti e all'episodio traumatico di Sadowa nel 1866 — dopo la sconfitta austriaca ad opera della Prussia
la Francia non aveva ottenuto alcuna compensazione per essere ri14 K. Marx, Die französische Abrüstung (1859), in K. Marx e Fr. Engels,
Werke, voll. I- X, Berlin, Institut fiir Marxismus-Leninismus, 1956-1968
(1981 13), vol. XIII, citato da K. Marx e Fr. Engels, Staatstheorie. Materialien zur
Rekonstruktion der marxistischen Staatstheorie, a cura di E. Hennig, J. Hirsch, H.
Reichelt e G. Schäfer, Frankfurt a.M., Ullstein, 1979, pp. 577-578.
15 Cfr. L. Veuillot, La guerre et l'homme de guerre, Paris, V. Palmé, 1855; E.
Jouve, Guerre d'Orient. Voyage à la suite des armées alliées en Turquie, en Valachie
et en Crimée, voll. I-II Paris, A. Delhomme, 1855; J. Ambert, Soldat. Dédié à S.M.
l'Empereur, Paris, De Lacroix-Comon, 1854.
16
Cfr. E. Vacherot, Démocratie, Paris, F. Chamerot, 1860, pp. 311-321; J. Simon, La politique radicale, Paris, Librairie internazionale, 18693 , p. 181; G. Goyau,
L'idée de patrie et l'humanitarisme. Essai d'histoire franvaise 1866-1901, Paris, Perrin, 1902, p. 22.
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masta neutrale nel conflitto — la guerra del 1870 servì come ulteriore verifica per la legittimità del Secondo impero, portando alla
fine alla sua rapida delegittimazione e al suo collasso. Questo sembrò essere il risultato più sorprendente, visto il successo di Napoleone III nel plebiscito del maggio 1870. Avendo accettato riforme
costituzionali, l'impero autoritario basato su uno stile semiassolutista con una limitata partecipazione politica fu trasformato in un
impero liberale. Questa rinnovata fusione tra elementi tradizionali,
carismatici e legali della legittimità con un maggior spazio riservato
alla rappresentanza parlamentare sembrò dare al Secondo impero,
come fu osservato dai contemporanei nel maggio 1870, altri cinquant'anni di stabilità politica. E una delle maggiori sconfitte militari inflitta dall'esercito tedesco condusse al crollo del regime.
Al fine di spiegare la funzione catalizzatrice della guerra per
la rapida erosione e il crollo del Secondo impero occorre riportare l'attenzione sulle risorse di legittimazione del regime. Lo stesso
Napoleone III aveva fuso elementi moderatamente rivoluzionari e
bonapartisti presentando le campagne militari del regime dopo il
1851 come parte della missione universale cella Francia; in particolare considerando la responsabilità francese per 1e nazioni sorelle latine come 1'Italia 17 , e il tentativo di espandere l'influenza francese oltre l'Atlantico' 8. Allo stesso modo, sotto Napoleone III, le
guerre servivano come canali di esportazione di un'immagine nazionale progressista, che costituiva una via intermedia tra il passato
rivoluzionario e i valori borghesi del periodo postrivoluzionario.
Ciò spiega perché nel momento della sconfitta militare ad opera
dei tedeschi, le elevate aspettative be lliche del passato della nazione francese e la sua missione universale, la sua grandeur, poterono
volgersi contro lo stesso regime bonapartista.
Lo scoppio della guerra nel 1870 radicalizzò le aspettative collettive e così rese estremamente vulnerabile la legittimità del regiCfr. E. 011ivier, L'Empire libéral, voll. I-XVIII, Paris, Garnier Frères,
1895 1918, vol. III, pp. 538-542; Plessis, The Rise, cit., pp. 145-147; cfr. anche
La Guéronnière [Vicomte Arthur de la], L'Empereur Napoléon III et l'Italie, Paris,
B. Dentu, 1859; Ch. Fauvety, Du Principe de nationalité. L'Italie, Paris, B. Dentu,
1859, pp. 6, 11 e 21; A. de La Forge, La Guerre, c'est la paix, Paris, B. Dentu,
1859.
18 Cfr. C. Schefer, La grande pensée de Napoléon III: les origines de l'expédition du Mexique, 1858 1862, Paris, Marcel Rivière, 1939; G. Delamare, La tragédie
mexicaine, une fante de Napoléon III, Liège, Thone, 1963; G. Martinière, L'expédition mexicaine de Napoléon III dans l'historiographie franpise, in «Revue d'Histoire Moderne et Contemporaine», 21, gennaio-marzo 1974, pp. 142-173; Plessis,
The Rise, cit., pp. 149-150.
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me. Come nel caso di suo zio Napoleone I, la salvezza dell 'impero dipendeva, in ultima analisi, dai successi militari di Napoleone
III. Non erano rimaste fonti alternative di legittimità: né il potere
tradizionale né quello legale erano identificati con l'imperatore in
modo da permetterne la sopravvivenza politica dopo una sconfitta
militare decisiva. fl potere carismatico dipendeva dalla leadership
personale in un momento di crisi nazionale e per questo risultò
essere una fragile risorsa di legittimazione. Proprio perché Napoleone Bonaparte si era presentato con successo nel 1851 come la
sola figura in grado di salvare la patria dall'imminente rivoluzione
e guerra civile, la continuazione del mito carismatico bonapartista
nel settembre 1870 dipendeva da un grande successo militare sulla
Prussia19. Dal momento in cui si presentò come uomo d'ordine e
antirivoluzionario, l'aspirazione di rappresentare le forze progressive della nazione dovette venir spostata nella sfera internazionale.
Ciò diede a ll e guerre del Secondo impero una funzione decisiva:
fint an toché furono considerate pubblicamente dei successi nazionali, stabilizzarono la legittimità del regime. Questo fu il caso del
1854 e del 1859, ma non del 1870.
L'effetto delegittimante della sconfitta militare divenne ovvio
nei giorni successivi a Sedare. Ancora questa esperienza traumatica
lasciò dunque aperte le divisioni ideologiche e i conflitti all'interno
della società francese. La distinzione tra amici e nemici, la stigmatizzazione del nemico, non si riferiva solo a lle forze di invasione, ma
si rivolgeva contro i gruppi ideologicamente antagonisti a ll'interno
della società francese. Questo fu ciò che rese la guerra del 1870 un
esempio così significativo per i meccanismi, i codici, le strategie all'interno dei processi di delegittimazione. Subito dopo la sconfitta
militare dell'imperatore, nel settembre 1870 ebbero inizio moltep li
processi di delegittimazione e stigmatizzazione che portarono la-ci
Francia sull'orlo della guerra civile all'ombra del conflitto con la
Germ an ia. La delegittimazione interna agiva chiaramente come possibile compensazione per la traumatica sconfitta, ma rifletteva anche
il riemergere di linee di divisione ideologica postrivoluzionaria e il
parziale insuccesso del Secondo impero dopo il 1851 nel porre fine
alla lunga ombra del 1789. Rispetto a questo quadro possono esser
individuati quattro livelli di delegittimazione. Prima di tutto l'opposizione repubblicana che era diventata più forte nel corso degli anni
Cfr. Plessis, The Rise, cit., pp. 168-170; S. Audoin-Rouzeau, 1870. La France dans la guerre, Paris, Colin, 1989, e F. Roth, La guerre de 1870, Paris, Fayard,
1990.
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Sessanta utilizzò la sconfitta militare di Napoleone per prendere le
distanze dal passato bonapartista e per chiedere l'immediata promulgazione di una Terza repubblica. Per costoro la sconfitta di Sedan non significava il collasso della nazione ma soltanto quello di un
regime autoritario se non dispotico che non poteva rappresentare la
vera nazione francese. Sulla base del ricordo del 1851 era il regime
bonapartista che meritava la catastrofe, non la Francia. Focalizzandosi sulla persona di Napoleone III come l'incarnazione dell'impero la sconfitta si personalizzava20. Secondo questa interpretazione la
vera nazione non era stata coinvolta nella guerra del monarca, ma
era pronta a iniziare una guerra di popolo, repubblicana, contro il
nemico straniero. Così commentava Victor Hugo: «Je vois en méme
temps le meilleur et le pire; noir tableau! Car la France mérite Austerlitz, et l'Empire Waterloo» 2'.
Comunque il processo di stigmatizzazione e di delegittimazione interna non si fermava qui. Ciò conduce a un secondo livello:
in pochi mesi repubblicani radicali, democratici e socialisti presero le distanze dal governo repubblicano moderato di Versailles che
stava per avviare negoziati di pace con la Germania. La successiva
comune di Parigi della primavera del 1871 rappresentava non solo
una risposta a un momento critico nel conflitto esterno, ma anche
una tradizione di lungo periodo di radicalismo politico e sociale
a Parigi che metteva in relazione la primavera del 1871 sia al giugno 1848 sia al 1792-93. Per un periodo di tempo considerevole la
comune cercò di delegittimare il governo di Versailles di Adolphe
Thiers e Jules Favre e di stigmatizzarli come traditori della società
e della nazione. Nello stesso tempo la delegittimazione presupponeva una autorappresentazione positiva, l'ideale eroico di un popolo repubblicano in armi che legava la propria liberazione a quella di altri popoli in una guerra rivoluzionaria che era conseguenza
del conflitto interno. Le analogie storiche tra il 1792-93, il 1848
il 1871 sono essenziali sia per mettere in relazione l'autolegittimaZione della comune con la delegittimazione del nemico interno, sia
per diffondere questa dicotomia 22 .
20 Cfr. A. Maurize, La France envahie et la guerre sainte. Opuscules et écrits de
circonstance, rédigés et envoyés au jour le jour, suivant la marche des événements,
Tours, de Ladevèze, 1870.
21
v. Hugo, Les Chàtiments, Paris, [s.a.], p. VII; Id., Actes et paroles: Pendant
l'exil, voll. I -II, Paris, M. Lévy Frères, 1862-1870, pp. 47-48. Cfr. pure Mme Edgar Quinet, Paris. Journal du siège, Paris, B. Dentu, 1873, p. 7.
22
Cfr. Réimpression du Journal officiel de la Commune de Paris, 30 mars
1871, p. 101; ibidem, 22 mai 1871, p. 631; ibidem, 24 mai 1871, p. 648; cfr. Gene-
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J. Leonhard
Il terzo livello di delegittimazione faceva riferimento ai tentativi del governo di Versailles di rappresentare la comune come
un'avanguardia di una guerra civile sociale che avrebbe messo a rischio la posizione della Francia in un momento delicato della sua
storia. Alla fine questo argomento fu usato per giustificare l'eccesso
di violenza quando la comune fu annientata nel maggio 1871 dalle
truppe regolari francesi. Infine — quarto livello di delegittimazione
— scrittori cattolici e conservatori misero l'accento su ciò che sembrava una duplice sconfitta nel 1870-71. Ai loro occhi alla catastrofe nazionale di Sedan aveva fatto seguito una guerra civile istigata
dalla sinistra. Per conservatori e cattolici di quel periodo la rapida
erosione e il crollo improvviso del Secondo impero e il successivo
conflitto sulla futura Repubblica avevano dimostrato che la Francia
stava ancora scontando l'eredità politica e sociale della Rivoluzione.
La storia francese a partire dal 1789 sembrava essere costituita da
una catena ininterrotta di conflitti interni: una parabola declinante
caratterizzata dalla serie di rivoluzioni verificatesi nel 1830, 1848,
1851 e 1871, che continuavano a paralizzare la nazione 23 .
4.
Nazionalismo di guerra e oltre: delegittimazione politica
confessionale in Germania
estigmazon
A prima vista l'esperienza tedesca della guerra del 1870 differiva profondamente da quella francese. In aperto contrasto con
l'antagonismo e la delegittimazione multipla dei campi ideologici
in Francia, la guerra sembrò completare il processo di costruzione della nazione tedesca. In verità l'apparente unità nazionale raggiunta attraverso la guerra con la Francia celava aspettative politiche molto diverse tra i contemporanei. Se si guarda con attenzione
al periodo delle cosiddette guerre di unificazione tra il 1864 e il
1870 appare chiaro che l'esperienza tedesca della guerra era accompagnata da vari processi di delegittimazione e stigmatizzazione
dei nemici ideologici interni.
Come in Francia anche in Germania esisteva la lunga ombra
ral Cluseret, Mémoires, voi. I, Paris, J. Lévy, 1887, pp. 34-35; e Goyau, L'idée de
patrie, cit., pp. 141 e 153.
23 Cfr. Guerre des communeux de Paris, 18 mars-28 mai 1871. Par un officier
supérieur de l'armée de Versailles, Paris, Librairie de Firmin Didot Frères, fils et
Cie, 1871 3 ; A. de Gobineau, Ce qui est arrivé à la France en 1870, a cura di A.B.
Duff, introduzione di J. Gaulmier, Paris, Klincksieck, 1970; L.J. Trochu, CEuvres
posthumes, vol. I, Tours, A. Marne et Fils, 1896.
Il nemico interno
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della rivoluzione, ma a differenza del caso francese essa non risaliva al 1789, ma al 1848 e al tentativo di raggiungere allo stesso
tempo libertà politica e unificazione nazionale sulla base di un
Parlamento tedesco e di una monarchia costituzionale. Da quella
prospettiva il fallimento della rivoluzione politica e nazionale era
stato effettivamente usato nel 1850 dai conservatori — e tra essi dal
giovane Bismarck — per delegittimare sia la strategia liberale e radical- democratica sia per raggiungere l'unità tedesca dal basso. Secondo Bismarck non furono solo le maggioranze parlamentari, ma
il «ferro e il sangue» che decisero la grande questione del giorno 24.
I liberali in Prussia e nell'intera Germania contestarono il
modo in cui Bismarck strumentalizzò l'esperienza negativa del
1848 per sostenere una Realpolitik prussiana. Essi usarono la politica di Bismarck durante il conflitto costituzionale sul finanziamento delle riforme militari in Prussia all'inizio del 1860 al fine
di rendere il Primo ministro l'incarnazione vera e propria di un
corso antiliberale e anticostituzionale in politica che agli occhi
der liberali non poteva conquistare le simpatie del movimento nazionale liberale in Germania. Fu la vittoria prussiana nelle
guerre del 1864 contro la Danimarca e nel 1866 contro l'Austria
che cambiò decisamente questo scenario di mutua delegittimazione. Fin dal 1859 guardando i drammatici eventi del Nord Italia
i liberali tedeschi avevano sperato in un forte leader politico che
potesse, per dirla con le parole di Hermann Baumgarten, imitare
l'esempio di Cavour in Germania25 . Nel 1866 la mutua delegittimazione di Bismarck e dei liberali tedeschi aprì la strada ad un
compromesso che divenne una de ll e basi fondamentali della strategia politica di Bismarck dopo il 1871. Sulla scia della vittoria
prussiana sull'Austria, considerata come la prima decisiva tappa
verso l'unità tedesca sotto il dominio prussiano, Arnold Ruge,
a suo tempo rivoluzionario del 1848, commentò che era troppo
24
Citato nella «Berliner Allgemeine Zeitung», 2 ottobre 1861; cfr. H. Kohl
(a cura di), Die politischen Reden des Fürsten Bismarck. Historisch-kritische
Gesamtausgabe, voll. I-XIV, Stuttgart, Cotta, 1892 1905 (Aalen, 1969-1970), vol.
II, p. 30; cfr. anche L. Gall, Bismarck. Der Weiße Revolutionär, Frankfurt a.M.,
Propyläen Verlag, 1980, pp. 256-257.
25
Lettera di Hermann Baumgarten, 22 maggio 1859, in P. Wentzcke e J.
Heyderhoff (a cura di), Deutscher Liberalismus im Zeitalter Bismarcks, Bonn,
Schroeder, 1925, vol. I, p. 39; cfr. D. Langewiesche, Liberalismus in Deutschland,
Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1988, p. 91, e J. Leonhard, Initial oder Modella Die
Perzeption des italienischen Risorgimento in Deutschland seit 1850, in «Jahrbuch
Zur Liberalismus-Forschung», 17, 2005, pp. 199-215.
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J. Leonhard
tardi per concentrarsi su una riforma sociale e politica come nel
1848 («la guerra è ora la vera rivoluzione»), e Bismarck sembrava essere il simbolo autentico di questo mutamento storico26. Nel
1870 le speranze politiche di un movimento di liberazione nazionale in Germania si concentrarono chiaramente su Bismarck
e Moltke. La guerra contro la Francia sembrò far rivivere la situazione storica del 1813, un'altra liberazione della nazione tedesca attraverso una guerra contro un nemico esterno. Nello stesso tempo questa analogia storica e questa autorappresentazione
consentivano di oscurare la memoria della fallita rivoluzione del
1848: l'unificazione nazionale doveva essere raggiunta attraverso
una guerra contro la Francia.
Guardando al di sotto della superficie di entusiasmo nazionale e di entusiastico nazionalismo be llico nel 1870-71, divenne evidente la fragilità dei tentativi di legittimare la nuova nazione sotto
il dominio prussiano. Già la guerra del 1866 era stata considerata come una guerra civile tra due Germanie. La vittoria prussiana
spinse molti contemporanei a identificare il 1866 come una sconfitta storica e a considerare l'esclusione di parti della Germania
della monarchia asburgica dalla futura nazione tedesca come una
tragica perdita. I tedeschi e i democratici della Germania meridionale non potevano facilmente partecipare al nazionalismo di guerra
filoprussiano e rimasero ríluttanti27 .
Più importante la funzione legittimante della guerra del 187071, la teleologia retrospettiva che sembrava giustificare tutta la storia prussi an a e la rischiosa strategia del conflitto di Bismarck nei
primi anni Sessanta, portò ad un periodo di delegittimazione interna dell'apparente «nemico interno» (Reichsfeinde) che ebbe mi26
Lettera di Arnold Ruge a Richard Ruge, 7 giugno 1866, in A. Ruge, Briefwechsel und Tagebuchblätter aus den Jahren 1825 1880, a cura di P. Nerrlich, Berlin, Weidmann, 1886, vol. II, p. 271.
27 Su questo tema cfr. J.E. Jörg, Zeitläufe, in «Historisch-Politische Blätter
für das Katholische Deutschland», 58, 1866, pp. 53-56; M. Motel, Mahnruf zur
Bewahrung Süddeutschlands vor den äußersten Gefahren, Stuttgart, E. Schweizerbart'sche Verlagshandlung und Druckerei, 1867, citato in H. Fenske (a cura di),
Der Weg zur Reichsgründung 1850 1870, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1977, pp. 376-379 (in partic. pp. 377-379); membro del Parlamento Dr. Jacoby, VIII Sessione della Camera p russiana dei deputati, 23 agosto 1866, citato in
J. Hohlfeld (a cura di), Dokumente der deutschen Politik und Geschichte von 1848
bis zur Gegenwart, Berlin, Wendler, 1951, vol. I, pp. 73-74; D. Langewiesche,
Staatsbildung und Nationsbildung in Deutschland — ein Sonderweg? Die deutsche
Nation im europäischen Vergleich, in U. von Hirschhausen e J. Leonhard (a cura
di), Nationalismen in Europa: West- und Osteuropa im Vergleich, Göttingen, Wallstein, 2001, pp. 49-67 (in partic. pp. 59-61).
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Il nemico interno
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zio subito dopo la guerra28. Dal momento in cui il conflitto con la
Francia aveva radicalizzato i sentimenti collettivi di lealtà nazionale Ballo stesso tempo soddisfatto i sogni liberali di una Germania unificata, il timore di vedere sfidare il nuovo stato nazionale
condusse all'intensificazione dell'esclusione di quanti venivano
considerati come nemici interni del nuovo impero. Il Kulturkampf
anticatto li co, che prese avvio da liberali protestanti e dal governo
di Bismarck fin dal 1872, tentò di delegittimare la chiesa catto li
come una forza papista e perciò an tinazionale che metteva in-ca
pericolo l'esistenza del nuovo stato nazionale29. Allo stesso modo
la delegittimazione dei socialdemocratici negli anni Ottanta mirava
ad eliminare un potenziale segmento antinazionale all'interno del
nuovo stato nazionale. Seguì una duplice strategia di delegittimazione del nemico immaginato e di rafforzamento della legittimità
del nuovo stato nazionale attraverso una combinazione di legislazione antisocialista e di introduzione di schemi di assicurazione sociale al fine di conquistare il consenso degli operai dell'industria
nei confronti dell'impero tedesco30.
5. Conclusioni
Nel caso francese la guerra del 1870 condusse a multiple e reciproche delegittimazioni dei nemici ideologici — una costellazione
che fu chiaramente catalizzata dai tentativi di trovare una compensazione alla catastrofe nazionale segnata dal trauma della sconfitta
militare contro la Germania. Come uno specchio ustorio le risposte e le reazioni alla guerra restavano aperte all'anatomia di una
società ancora postrivoluzionaria in cui forti antagonisti ideologici presentavano i loro programmi sociali e politici come le uniche
possibili vie per raggiungere un futuro migliore e più stabile. Queste delegittimazioni multiple rendevano più profonda la separazione tra i campi ideologici antagonisti. Al di sotto della superficie
di un improvvisato compromesso costituzionale che permise 1'inCfr. H.-P. Ullmann, Politik im deutschen Kaiserreich 1871-1918, München,
Oldenbourg, 1999, pp. 10-18.
29
Cfr. W. Loth, Katholiken im Kaiserreich. Der politische Katholizismus in der
Krise des wilhelminischen Deutschlands, Düsseldorf, Droste, 1984; E. Lönne, Politischer Katholizismus im 19. und 20. Jahrhundert, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1986.
30 Cfr. H. Grebing, Arbeiterbewegung. Sozialer Protest und kollektive Interessenvertretung bis 1914, München, Taschenbuch Verlag, 1992 3 ; D. Groh e P.
Brandt, «Vaterlandslose Gesellen». Sozialdemokratie und Nation 1860-1990, München, Beck, 1992.
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staurazione della Terza repubblica dopo il 1871, questi aspri conflitti continuarono. I meccanismi della successiva crisi Bonlanger e
specialmente l'affare Dreyfus riflettevano la longue durée dei codici
ideologici di delegittimazione che erano diventati un aspetto che
definiva les deux France e la cultura politica francese in generale.
In Germania il completamento della costruzione dello stato nazionale per mezzo di guerre esterne tra il 1854 e il 1871 catalizzò
l'evoluzione di un concetto ipertrofico di lealtà nazionale. Esso dipendeva da una differenziazione antagonistica di ciò che era considerato nazionale o internazionale, in altre parole antinazionale,
nella società tedesca. Questo insieme di fattori rese sia la chiesa
cattolica sia la socialdemocrazia bersaglio dei tentativi di sistematica delegittimazione messi in atto dai liberali e dal governo. Ad
ogni modo in entrambi i casi questi tentativi si dimostrarono infruttuosi se non controproducenti. Sia il partito cattolico Zentrum
sia la Spd non solo sopravvissero alla fase di stigmatizzazione politica, ma trassero profitto da essa a lungo termine: il Kulturkampf
e la legislazione antisocialista rafforzarono i rispettivi retroterra politici e sociali di cattolici e socialdemocratici. Nel 1913 il cattolico
Zentrum era un partito molto più stabile a paragone della struttura frammentata del liberalismo politico in Germania e la Spd era
diventata il partito più forte nel Reichstag.
Dalla nuova relazione tra guerra e costruzione della nazione come una conseguenza della rivoluzione francese discendeva
una nuova premessa sulla natura della politica. Essa presupponeva, come osservò Carl Schmitt nel 1927, una chiara distinzione
tra amico e nemico al fine di consentire l'autolegittimazione e la
delegittimazione dell'altro. Le guerre del XIX secolo, che erano
considerate come guerre nazionali o di popolo in contrasto con le
guerre dinastiche del periodo precedente il 1792, formavano una
duplice cornice per la legittimazione e la delegittimazione: da un
lato, come un'esperienza collettiva della nazione e dello stato -nazione, definiti per contrasto con una nazionalità altra, un nemico
della nazione; dall'altro lato queste guerre catalizzavano la delegittimazione dei nemici interni e ideologici. Di conseguenza gli avversari politici mutarono in nemici ideologici. Una strategia per
ottenere questa stigmatizzazione fu quella di usare codici basati
su analogie storiche. In Francia la situazione del 1870-71 veniva
così collegata o messa a confronto con quella del 1789, 1792-93,
1848 o 1851. In Germania il 1870 fu presentato come una continuazione storica dell'esperienza del 1813, o — con minor frequenza
— come una compensazione, di quella del 1848. Un'altra strategia
dietro la delegittimazione consisteva nel preconizzare futuri dif-
Il nemico interno
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ferenti: in Francia il pericolo di guerra civile e il prolungamento
dell'epoca post- rivoluzionaria giocava un ruolo cruciale nel delegittimare il nemico interno. In Germania fu la minaccia preconizzata
dei nemici cattolici e socialisti per il nuovo impero che prese avvio
subito dopo la guerra.
Così la guerra del 1870 rispecchiava la debolezza delle convinzioni collettive in base alle quali un sistema politico e sociale era
ora in grado di rispondere alle aspettative individuali e agli interessi nazionali immaginati. Ciò era vero sia per la società francese sia
per quella tedesca rispetto alla guerra del 1870-71. In entrambi i
casi la trasmissione delle immagini dell'amico e del nemico indirizzata al pubblico mirava ad offrire ad esso un orientamento collettivo, ma allo stesso tempo rifletteva o anticipava la disintegrazione
ideologica all'interno di ciascuna società dietro l'apparente narrazione nazionale dominante della vittoria o della sconfitta militare.
Questo insieme di elementi divenne un fattore duraturo e decisivo
per le culture politiche in Francia e in Germania.