l'inchiesta FARM UNA QUESTIONE DI BUSINESS? Dai banchi delle farmacie mancano sempre di più alcuni medicinali salvavita. E negli ultimi 3 anni la situazione è peggiorata. Ecco cosa risulta da una nostra inchiesta. JACOPO BASILI Spariscono dai banchi delle farmacie e non si capisce perché. O meglio si intuisce ma nessuno lo dice apertamente. E’ la storia dei farmaci scomparsi che in Italia ‘mancano’ all’appello per malattie come morbo di Parkinson, patologie respiratorie gravi, l’epilessia, l’artrite reumatoide, il mal di testa, il colesterolo, persino i tumori. Niente allarmi eccessivi, si intende. Ma la faccenda rischia di diventare un "caso" soprattutto in tempi difficili come quelli odierni. Tempi in cui il Sistema sanitario nazionale è in affanno e riduce il suo perimetro. Un fatto, questo, che si somma alle lungaggini delle liste d’attesa, al livello dei ticket che cresce, sino al calo della qualità delle prestazioni sanitarie erogate per colpa della spending review. In realtà il ‘caso dei farmaci scomparsi’ è sempre più una faccenda di affari, di guadagno, di business, anche se fatto sulla pelle delle persone malate. Le aziende farmaceutiche si lamentano che alcuni farmaci costano poco e non conviene produrli. Distributori e farmacie non li acquistano preferendo quelli per cui il guadagno è più 8 | VERDETÁ n° 54 elevato ed a rimetterci così sono i malati cronici che sulla carenza di quei medicinali rischiano la vita. L'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) pubblica ciclicamente una lista delle carenze e l'ultima, dello scorso 29 febbraio, è lunga 97 pagine. Un rosario di circa 1.200 prodotti. Dentro ci sono medicine che non si trovano per problemi di produzione, ad esempio perché sono state calcolate male le forniture per il nostro Paese o c'è stato un rallentamento nei vari siti industriali (la crisi economica ha significato e significa anche questo). Altro problema sono le difficoltà organizzative e distributive. Centrali poi sono anche le scelte aziendali legate allo scarso prezzo di vecchi medicinali, che anche se molto usati non fanno guadagnare e sono quindi abbandonati. Come dire, non conviene più e quindi via. All’estero rendono di più. Si privilegiano i nuovi farmaci ad alto valore aggiunto Ecco così che malati gravi, non di rado cronici, devono peregrinare per il Paese alla ricerca del MACI SCOMPARSI farmaco necessario. Oppure inseguire i prodotti all’estero, verso quelle nazioni che, grazie alla legge sulla libera circolazione delle merci, riescono a venderlo ad un prezzo più profittevole per tutta la rete distributiva, dal farmacista al produttore. In Italia oggi infatti il sistema sanitario è investito dalla disponibilità di farmaci innovativi in diverse aree terapeutiche - come per l’epatite C – medicine, queste, che costano moltissimo e incidono sulle già disastrate finanze della sanità e del bilancio pubblico. Una situazione in continuo peggioramento Negli ultimi 3 anni la situazione dei ‘farmaci scomparsi’ si è aggravata, come è stato sottolineato sia dall’Aifa che dal ministero della Salute, senza che nessun operatore della catena del farmaco abbia trovato una soluzione o anche solo una strada alternativa per migliorare la condizione dei malati, gli unici a pagare realmente queste limitazioni. Ecco quali farmaci mancano all’appello I prodotti scomparsi comprendono farmaci contro l’epilessia come il Keppra e il Vimpat. Il Rytmonorm, contro le aritmie cardiache, è stato documentato che è possibile procurarselo per lo più in Svizzera. Mentre il Crestor, che riduce gli alti livelli di colesterolo e che viene assunto - sempre secondo dati Aifa - da un milione e mezzo di persone, rende di più sugli scaffali delle farmacie straniere e per questo è diventato un farmaco scomparso in Italia. La Tiopronina è un altro principio attivo che ha subito lo stesso destino di farmaco scomparso: utile invece sia per le infiammazioni respiratorie sia come efficace trattamento dell’epatite cronica. Sembrerebbe addirittura che sia dovuto intervenire, per la sua produzione, il Farmaceutico militare di Firenze. Un altro episodio rilevante è quello del vaccino antinfluenzale Agrippal S1, diventato carente per cause produttive, che non ha alternative e quindi costringe ormai da un anno i pazienti a cambiare totalmente terapia. Anche l’Epaxal è un vaccino per l’epatite A di cui è cessata la commercializzazione dal 2014. Il Narielle invece è un semplice spray per la decongestione della mucosa nasale in caso di raffreddore che ha assunto lo status di “carenza” per colpa di non specificati problemi produttivi. Un farmaco per il trattamento dell’ulcera peptica e della malattia da reflusso gastroesofageo come il Famodil sta subendo invece da due anni una “sospensione della commercializzazione”. L’elenco delle carenze è sterminato, e si potrebbe continuare a lungo. Il fatto è che il fenomeno riguarda sempre più qualsiasi tipo di terapia, soprattutto quelle rivolte a contrastare le più varie malattie croniche e diffuse. L’indagine sul campo: pareri ed opinioni di farmacie e consumatori Roma e provincia sono un osservatorio privilegiato per comprendere la rilevanza del fenomeno. VERDETÁ n° 54 | 9 l'inchiesta FARM Qui il problema è vissuto sia dalle farmacie che dai clienti. Ma la situazione cambia caso per caso, addirittura da farmacia in farmacia. Molto dipende da come vengono organizzati il proprio magazzino e le proprie riserve. “Sicuramente però esistono anche elementi oggettivi, come la fuoriuscita dal mercato di farmaci unici, nel senso che non sono rimpiazzabili nella terapia neanche da possibili medicinali generici equivalenti” ci racconta Giovanni, nome di fantasia che usiamo per un farmacista dell’hinterland romano. In provincia infatti avendo una conoscenza più diffusa dei bisogni della propria clientela è meno complicato venire incontro a specifiche esigenze. In città invece, dove le farmacie si rivolgono ad una massa di consumatori più impegnativa, “il nuovo strumento - da poco sperimentato ed adottato nella Regione Lazio - della ricetta farmaceutica elettronica (o de-materializzata) sta permettendo di salvaguardare le riserve anche dei medicinali meno diffusi. Consentendo così di rispondere positivamente anche ad alcune impellenze sempre possibili, potendo gestire in remoto l’intero flusso prescrittivo-erogativo” viene precisato da Alberto, altro nome di fantasia usato per un proprietario di farmacia nel centro di Roma. In precedenza infatti molto spesso il consumatore - specie quello colpito da malattie croniche - era tentato di svaligiare la farmacia con il medicinale prescritto; ora invece questa innovazione tecnologica permette di avere una banca dati generale che aggiorna in tempo reale lo stato dei rifornimenti e soprattutto impegna il medico curante a somministrare le giuste quantità per la terapia da adottare. Un altro caso comune riscontrato è la possibilità di momentanee assenze di farmaci senza ricetta (o anche detti da banco), cioè quelli acquistabili direttamente in farmacia, ma ciò è dovuto ancor di più da elementi soggettivi, come il ritardo di una fornitura. Intervistando direttamente i 10 | VERDETÁ n° 54 clienti, soprattutto quelli più anziani, è emersa una certa diffidenza nell’accettare farmaci simili o generici che corrispondono efficacemente al principio attivo prescritto sulle ricette e che i farmacisti sono dovuti per legge a rendere noti e quindi acquistabili. Ruggero - pensionato 67enne che vive in uno dei quartieri semi-centrali della Capitale infatti dice: “Io mi fido solo di quello che dice il mio medico, se per la mia cardiopatia devo prendere il Sequacor io voglio solo questo, non cambio certo terapia per un consiglio di un farmacista qualunque!”. Per i pensionati un altro elemento di estrema criticità è anche la diffusione di informazioni corrette riguardo farmaci non più erogabili (ed alcuni di essi sono ricaduti nella categoria degli scomparsi), come è stato recentemente per il caso del Locabiotal che da poco ha subito la revoca per l’immissione in commercio in tutta l’Unione Europea a causa di problemi riscontrati nel suo principio attivo - la fusafungina - con il quale si rischia in particolare la possibile insorgenza di gravi reazioni allergiche. Per le farmacie e gli operatori del settore, dunque,è un problema fondamentale la diffusione di tale informazioni, la cui non esatta comprensibilità porta inevitabilmente alla sfiducia del consumatore medio. Viene richiesta quindi una più attenta cautela e meticolosità da parte delle istituzione preposte, le cui responsabilità si incrociano tra l’Aifa, gli ordini di categoria ed il Ministero della Salute. I famaci venduti all’estero dalle farmacie italiane per far quadrare i conti Il tema delle vendite all’estero da parte delle singole farmacie, è un altro paio di maniche. Non è solo una questione di mero business, ma nelle realtà del Lazio nello specifico - a causa del piano di rientro finanziario del sistema sanitario regionale vissuto ormai da 7 anni - le farmacie hanno MACI SCOMPARSI dovuto scoprire e consolidare questo nuovo canale di introiti poiché i pagamenti dal mondo pubblico hanno subito bruschi rallentamenti. Rallentamenti che hanno messo in difficoltà anche una categoria considerata da sempre forte come quella dei farmacisti. La normativa europea sul libero scambio di merci ha tracciato la strada a riguardo, come tutti gli intervistati hanno notato. “Se infatti un cliente tedesco - un grossista qualsiasi per esempio - è nella condizione di offrire per lo stesso medicinale in commercio in Italia anche il 50% in più di quanto verrebbe venduto ad un cliente italiano è difficile non rimanere invogliati nell’approfittare di queste laute alternative” specifica un altro farmacista che vuole rimanere anonimo. Gli addetti ai lavori in definitiva hanno suggerito che solo un intervento politico, che riadatti le leggi a queste evenienze e disfunzioni, potrà permettere di affrontare efficacemente il problema dei farmaci scomparsi. SENZA INTERVENTO PUBBLICO ILFUTUROÉARISCHIO JACOPO BASILI Roberto Di Santo VERDETÁ n° 54 | 11 l'inchiesta FARM Non è solo questione di business. Gli affari, del resto, in questo mondo globale vanno sempre meno d’accordo con l’interesse generale in sanità. La verità è che si tratta anche e soprattutto di una questione di pubblica salute. Che, visto l’andazzo della vicenda farmaci scomparsi, rischia di essere messa a rischio, soprattutto in vista dell’invecchiamento della popolazione. A assicurarlo a VerdEtà è Roberto Di Santo, professore associato nel Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco presso l'università La Sapienza di Roma. “Senza un complessivo intervento delle istituzioni pubbliche e della politica – assicura il docente - le carenza dei farmaci, anche i più diffusi, potrà aumentare sempre più nei prossimi anni”. “L’industria farmaceutica - aggiunge -così come oggi è concepita, non è la soluzione, ma il problema”. Solo una massiccia iniezione di investimenti pubblici nella ricerca di nuovi medicinali, insomma, potrà cambiare un futuro che potrebbe diventare pericoloso. Domanda. Secondo lei è un problema reale quello dei farmaci scomparsi o carenti? Assolutamente si. Inoltre bisognerebbe individuare il primo dei problemi: la centralità del paziente, spesso invece messa in secondo piano. Infatti stiamo parlando di una realtà abbastanza diffusa perché dovuta dall’ampio spettro di farmaci interessati: varie tipologie vengono colpite da questo deficit, dai coagulanti, ai vaccini o agli antibiotici. Il numero approssimativo è di 1.200 carenze tra farmaci, intesi nei loro diversi dosaggi ed i principi attivi inerenti. Stiamo parlando di milioni di pazienti coinvolti ogni giorno. Bisogna comunque fare delle distinzioni: alcuni farmaci, infatti, possono essere sostituiti da medicinali equivalenti, per altri invece purtroppo, e sono quelli che costituiscono socialmente il problema 12 | VERDETÁ n° 54 più diffuso, non esistono soluzioni alternative. Farmaci anti-epilettici individuati come efficaci per alcuni tipi di pazienti o cure contro il morbo di Parkinson sono esempi di carenze che creano dunque il problema serio che ad oggi non ha soluzioni, e in prospettiva sembrerebbe soltanto aumentare nella sua gravità. D. In vista del progressivo invecchiamento della popolazione italiana - e quindi della più ampia diffusione di malattie croniche ad alto impatto sanitario e sociale come diabete, cardiopatie, malattie neurodegenerative quali Parkinson e Alzheimer - il sistema integrato socio-sanitariofarmaceutico è pronto? R. E’ complicato rispondere positivamente a questa domanda, nel senso che al momento il sistema non è gestito in maniera efficace e la lunga lista delle carenze sta lì ad evidenziare un dato di fatto. E’ un problema comunque che necessita un approccio globale, che non sarà possibile smaltire con rapidità. L’invecchiamento della popolazione porterà, infatti, ad una diffusione di malattie le cui cure non potranno più tollerare questa progressiva mancanza di farmaci. E qui soltanto un intervento complessivo del potere politico ed istituzionale consentirà di affrontare efficacemente il problema. MACI SCOMPARSI D. Quanto influiscono le scelte economiche dell’industria del farmaco nell’incidenza e nell’insorgere di questi deficit nella disponibilità di farmaci? incentivato oggi nello sviluppo di prodotti che affrontino le malattie che sempre di più si manifesteranno con il progressivo e diffuso invecchiamento della popolazione? D. Secondo me questo potrebbe essere considerato come “il Problema”. Le industrie farmaceutiche, infatti, perseguono una logica del profitto, un elemento noto e chiaro a tutti. Alcuni governi cercano di creare stimoli per invogliare e canalizzare gli investimenti, ma alla fine è sempre la singola azienda che decide la propria strategia economica. La maggior parte dei farmaci cosiddetti carenti, in verità, sono farmaci che non vengono più prodotti dall’azienda per banali interessi economici (motivati, per esempio, da scelte industriali od organizzativo-commerciali). Il trend odierno è l’investimento verso la ricerca di nuovi principi attivi che siano in grado di brevettare farmaci ad alto valore aggiunto economico, cioè estremamente profittevoli, a discapito di altri prodotti che, appunto, per meri motivi economici vengono derubricati e scartati. R. Se dovessimo guardare un trend ormai quasi decennale dovremmo constatare che sempre meno fondi sono stati stanziati per la ricerca, soprattutto pubblica. Le poche risorse disponibili sono state convogliate, anche su input degli sponsor privati, verso determinati progetti di ricerca, quelli più remunerativi ovviamente. Quando il mondo della ricerca era pressoché totalmente finanziato dal pubblico era possibile condurre sperimentazioni con più libertà e su più ambiti. Per chiarire, oggi non è che esistano vincoli, ma non essendoci risorse è possibile perseguire solo i campi di ricerca finanziati e finanziabili dai privati. Sussiste quindi un’influenza che personalmente non considero positiva. Per invertire il trend, lo Stato dovrebbe investire una grossa fetta di risorse a fondo perduto per permettere studi più liberi e verso i lidi più inesplorati, dove non è detto che sia perseguibile un ritorno economico, proprio come quelli che oggi vengono evidenziati dalla presenza dei farmaci carenti, e stiamo parlando precisamente delle malattie dovute all’invecchiamento diffuso della popolazione. D. Le autorità pubbliche e nazionali - Governo, Ministero della Salute, Aifa - stanno tentando di risolvere la questione o no? R. Questi sono gli attori principali per contrastare la dinamica del problema. Hanno un ruolo fondamentale. E’ il mondo politico, infatti, che governa i processi, prevalendo su possibili diktat e pressioni lobbistiche con l’autorità e l’autorevolezza necessaria. Il potere di controllo dell’intera filiera è lo strumento più potente per rendere efficaci le regole vigenti e così tentare di risolvere, o più che altro minimizzare, un problema come quello delle carenze di alcuni farmaci. D. Il mondo della ricerca pubblica e privata viene VERDETÁ n° 54 | 13