Rassegna Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana Post-Traumatic Stress Disorder in ordinary life PIER PAOLO COLOMBO, VALENTINA MANTUA III Clinica Psichiatrica, Università di Roma, La Sapienza RIASSUNTO. Il Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS) nasce con la finalità di isolare, definire e studiare tutti i casi di patologia psichica che, con caratteristiche cliniche comuni, compaiono successivamente ad un evento traumatizzante. Inizialmente l’insorgenza del disturbo era correlata unicamente all’esposizione ad eventi eccezionali, quali esperienze belliche e traumi naturali. Con il trascorrere degli anni è stata ammessa la possibilità di porre diagnosi di DPTS anche dopo avvenimenti meno straordinari, come incidenti automobilistici, rapine, violenza fisica e sessuale. In questo articolo ci proponiamo, attraverso una revisione della letteratura esistente, di valutare il DPTS nella vita quotidiana, e di suggerire dei criteri che permettano di individuare, tra gli episodi di ogni giorno, quelli che possono essere ritenuti tanto traumatici da causare l’insorgenza del DPTS. PAROLE CHIAVE: disturbo post-traumatico da stress, eventi quotidiani. SUMMARY. Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD) was introduced to settle and study all the psychological diseases coming from the exposure to traumatic events. At the beginning the onset was just related to extraordinarily adverse situations, as battle situations or natural disasters. Then PTSD was also recognized as a consequence of relatively common events, such as motor vehicle accidents, criminal victimization, sexual assaults. The aim of this paper is to assess PTSD in everyday life on the basis of literature’s data, and to suggest some criteria to state which ordinary events are able to produce PTSD. KEY WORDS: post-traumatic stress disorder, life events. INTRODUZIONE dei pazienti rimane sintomatico per più di un anno (4), e almeno un terzo non guarisce nonostante le cure (3). È più frequente nelle donne e nelle persone separate o vedove, e fattori di rischio per la sua insorgenza sembrano una storia personale o familiare di depressione e ansia, nevrosi, separazioni precoci (4). La diagnosi di Disturbo Post-traumatico da Stress è stata introdotta nel tentativo di isolare e definire tutti i casi di patologia psichica che, con caratteristiche comuni, compaiono successivamente ad un evento stressante. L’interesse originario era duplice: di natura scientifica, nel tentativo di studiare le caratteristiche di un disturbo che sembrava poter godere di una propria autonomia nosografica, e di natura sociale e politica, con l’obiettivo di indennizzare i soldati americani reduci dalla guerra del Vietnam. I primi lavori ebbero pertanto come protagonisti uomini con alle spalle Il termine Disturbo Post-traumatico da Stress (DPTS) è stato proposto dall’American Psychiatric Association nel 1980 al momento della stesura del DSM-III (1), per indicare nel loro insieme tutti i quadri successivi all’esposizione a traumi, shock, eventi e situazioni non usuali che erano seguiti da una sofferenza psichica protratta (2). Sintomi tipici descritti dai pazienti affetti dal disturbo sono aumentata vigilanza, che può manifestarsi con insonnia, irritabilità e difficoltà di concentrazione, angoscia e paura persistenti, evitamento degli stimoli associati al trauma, tendenza a rivivere l’evento in ricordi, sogni, illusioni e flashback e compromissione della funzionalità psicosociale e lavorativa. Il Disturbo Post-traumatico da Stress ha una prevalenza nella popolazione del 7.8% (3). Il 57% Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 55 Colombo PP, Mantua V traumi bellici di portata eccezionale, e sulla stessa scia anche gli studi successivi continuarono ad associare all’insorgenza del disturbo l’esposizione a traumi inevitabilmente fuori dall’ordinario. Terremoti, inondazioni, incidenti aerei, attentati terroristici affiancarono gli eventi bellici arricchendo la letteratura sul DPTS. Con il trascorrere degli anni gli studiosi hanno progressivamente ampliato gli orizzonti della ricerca sul DPTS, valutando la possibilità che una sintomatologia analoga potesse insorgere anche dopo l’esposizione a traumi di più modesta entità. Si è così assistito alla graduale crescita di lavori in cui la comparsa del disturbo era diagnosticata successivamente ad episodi comuni nella vita quotidiana. Gli incidenti automobilistici, le rapine, la violenza fisica e sessuale, sono stati riconosciuti come eventi tanto traumatici da poter determinare l’insorgenza di un DPTS. Esistono una decina di studi che valutano in maniera attendibile la prevalenza dell’esposizione a traumi e quella del DPTS nella popolazione civile. Recentemente la tendenza a definire come traumatici un sempre maggior numero di episodi quotidiani ha però portato ad interpretazioni forse eccessive, che hanno comunque il merito di stimolare i ricercatori a rivedere i criteri diagnostici esistenti. Secondo alcuni Autori, infatti, eventi naturali quali, ad esempio, la morte o la nascita potrebbero essere ritenuti avvenimenti in grado di scatenare un DPTS. Si corre così il pericolo di generare confusione diagnostica: il DPTS perde un connotato fondamentale che lo contraddistingueva originalmente, e rischia di scivolare verso il disturbo dell’adattamento, il disturbo depressivo, il disturbo d’ansia. Nel tentativo di fotografare l’attuale concezione del DPTS e di definirne le caratteristiche, così da valutarne la prevalenza senza eccedere né sottostimare la sua esistenza, è opportuno conoscere gli attuali criteri diagnostici proposti dal DSM-IV e ripercorrere brevemente la storia della loro evoluzione. timenti di impotenza, o di orrore” (6). Per accordare la diagnosi di DPTS è pertanto necessario verificare la coesistenza dell’evento traumatico e di una sintomatologia specifica. EVOLUZIONE DELLA DIAGNOSI DEL DPTS Da tempo si suppone che eventi stressanti e traumatici possano contribuire all’insorgenza di disagi psicologici. Già a fine ottocento Freud (7) insinuava la possibile origine traumatica dell’isteria e, dopo di lui, Janet, Kardiner, le esperienze di deportati scampati ai campi di concentramento e gli studi sui sopravvissuti a disastri hanno confermato che il trauma ha un ruolo di rilievo nel precipitare una sintomatologia psichica. Sulla scorta di queste osservazioni il DSM-I (8), pubblicato peraltro in coincidenza con la guerra di Corea, nel 1952, prevedeva l’esistenza delle categorie di reazione da stress macroscopico e di disturbo situazionale transitorio per descrivere una condizione di disagio insorta acutamente dopo un evento avverso; qualora la sintomatologia post traumatica si fosse protratta nel tempo, la psicopatologia era inquadrata come nevrosi d’ansia o nevrosi depressiva. Concettualmente tali patologie erano viste come condizioni scatenate da eventi ambientali in pazienti geneticamente predisposti. Nel DSM-II (9), che vide luce nel 1968, durante un periodo più pacifico, la dizione di reazione da stress macroscopico scomparve (10). Nell’ICD 9 (11) la reazione acuta è dipinta come un disturbo a comparsa immediata e durata brevissima che occorre in individui senza patologie psichiche in risposta a stress eccezionali di natura fisica o psicologica; le definizioni adoperate erano di catastrophic stress, combat fatigue, exhaustion delirium. La diagnosi differenziale andava posta con il disturbo dell’adattamento, di intensità minore e durata maggiore, alcuni mesi, solitamente reversibile, successivo a specifici avvenimenti quali lutto, emigrazione, separazioni e non associato a disturbi dello sviluppo. Nel 1980, all’interno del DSM-III (12), compare per la prima volta la diagnosi di DPTS, la cui introduzione sembra essere influenzata dagli effetti catastrofici della guerra del Vietnam. La novità sostanziale introdotta dai curatori del DSM-III con la definizione di DPTS consiste nel voler suffragare l’esistenza di una patologia psichica che insorge in individui sani a seguito di un evento traumatizzante. La diagnosi di DPTS nasce quindi per colmare una lacuna nel panorama diagnostico, e individuare l’esistenza di un disturbo cronico che può insorgere come processo adattivo in seguito a gravi traumi in individui senza alcuna predisposizione. LA DIAGNOSI DI DPTS NEL DSM-IV Nel 1994 (5) furono formulati i criteri per la diagnosi di DPTS cui oggi si fa riferimento (Tabella 1). I criteri attualmente adottati per la diagnosi di DPTS sono sei: la persona, che rivive costantemente l’esperienza subita, deve manifestare segni di evitamento, sintomi di aumentato arosoul e disagio e malfunzionamento significativi, tutto per più di un mese. L’evento stressante è ora definito come “evento che ha implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri”, dettando una risposta che “comprendeva paura intensa, sen- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 56 Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana Tabella 1. Criteri diagnostici per disturbo post-traumatico da stress (DSM-IV) A. La persona è stata esposta a un intervento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti: 1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri; 2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore. NOTA Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato. B. L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi: 1) ricordi spiacevoli ricorrenti ed intrusivi dell’evento, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni. NOTA Nei bambini piccoli si possono manifestare giochi ripetitivi in cui vengono espressi temi o aspetti riguardanti il trauma; 2) sogni spiacevoli ricorrenti dell’evento. NOTA Nei bambini piccoli possono essere presenti sogni spaventosi senza un contenuto riconoscibile; 3) agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando (ciò include sensazioni di rivivere l’esperienza, illusioni, allucinazioni, ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli che si manifestano al risveglio o in stato di intossicazione) NOTA Nei bambini piccoli possono manifestarsi rappresentazioni ripetitive specifiche del trauma; 4) disagio psicologico intenso all’esposizione di fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico; 5) reattività fisiologica o esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico. C. Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), come indicato da tre (o più) dei seguenti punti: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma; sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma; incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma; riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative; sentimenti di distacco ed estraneità verso gli altri; affettività ridotta (per es., incapacità di provare sentimenti di amore); sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es., aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita). D. Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti nel trauma), come indicato da almeno due dei seguenti elementi: 1) difficoltà di addormentarsi o a mantenere sonno; 2) irritabilità o scoppi di collera; 3) difficoltà a concentrarsi; 4) ipervigilanza; 5) esagerate risposte di allarme. E. La durata del disturbo (sintomi ai Criteri B, C e D) è superiore ad un mese. F. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. Specificare se: ACUTO: se la durata dei sintomi è inferiore a tre mesi; CRONICO: se la durata dei sintomi è tre mesi o più. Specificare se: AD ESORDIO RITARDATO se l’esordio dei sintomi avviene almeno sei mesi dopo l’evento stressante. cisi, definibili come tendenza a rivivere l’avvenimento, evitamento, aumento dell’arousal. Da un punto di vista clinico il DPTS possiede pertanto un’inequivocabile individualità diagnostica. In nessun’altra patologia psichiatrica si associano flashback, iperattivazione, pensieri intrusivi e ricorrenti, sensazione di timore, di riduzione dei sentimenti, di paura del futuro. È pur vero che molti dei singoli segni e sintomi sono isolatamente riscontrabili in altre malattie mentali, ma questo ci sembra ovvio in un sistema diagnostico di tipo descrittivo, e spetta all’esperienza ed alla perizia del clinico riconoscere i sintomi e la loro associazione. I criteri necessari a porre diagnosi di DPTS subiscono quindi modificazioni negli anni. Una costante presente nel DSM-III, III-R, e IV è l’attenzione posta alla definizione e della sintomatologia e dell’evento. Nella nostra discussione un’analisi delle modifiche apportate ai criteri B, C, D, che descrivono i sintomi del paziente, non è di primario interesse. Ci preme però sottolineare il fatto che, perchè si possa parlare di DPTS, sin dalla nascita di questa diagnosi, è necessario che si presenti un quadro sintomatologico ben definito e specifico del disturbo. Come già ricordato il DSM-IV prevede la presenza di sintomi afferenti a tre cluster ben pre- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 57 Colombo PP, Mantua V Rientrano quindi in questa definizione non solo gli eventi bellici o le catastrofi naturali, che fino ad allora risultavano i traumi maggiormente considerati, ma anche un’ampia serie di esperienze quotidiane, sperimentate dalla popolazione civile con grande frequenza, che possono scatenare una sintomatologia inquadrabile all’interno del DPTS. Un importante contributo a questa tendenza è conseguenza dello spostamento, nel corso degli anni, dell’attenzione degli psichiatri dall’esame della natura dell’evento stesso a variabili quali il tipo di sintomatologia, la sua durata e la reazione del soggetto all’evento (16). L’evento stressante, sia pur indispensabile, non sarebbe peraltro sufficiente, da solo, a dettare la comparsa del disturbo; lo dimostra l’osservazione che non tutti manifestano sintomi dopo un trauma di grande entità, sintomi che, al contrario, possono comparire in seguito ad episodi che i più giudicherebbero banali (17). Così recentemente hanno iniziato a comparire una serie di diagnosi di DPTS in cui l’evento traumatizzante ha perso qualsiasi connotato di eccezionalità. È giusto, ad esempio, giudicare traumatica la morte di una madre ottantenne, da tempo affetta da una neoplasia incurabile? Con i criteri DSM alla mano, riteniamo che chi proponesse una diagnosi di DPTS per il figlio sintomatico non potrebbe essere biasimato. L’ipotetico paziente si sarebbe infatti confrontato con un episodio che ha implicato la morte di un caro, e niente si potrebbe obiettare se il paziente avesse riferito sentimenti di impotenza e paura intensa, soddisfacendo così il criterio A. Ci sentiamo però di criticare una posizione tanto “estrema”, ribadendo la necessità di delineare criteri univoci che permettano di individuare con chiarezza gli episodi che possono potenzialmente innescare un DPTS. È necessario chiarire quali variabili rendono un Di maggior interesse è l’analisi dell’evoluzione del criterio A, che descrive le caratteristiche dell’evento traumatizzante (Tabella 2). Il criterio A del DSM-III richiedeva la presenza di “eventi che avrebbero originato sintomi di disagio nella maggior parte delle persone”, definizione piuttosto sommaria e aspecifica. L’osservazione che la presenza di sintomi da stress era abituale dopo un trauma severo, tanto frequente da potere essere considerata normale (13), indusse infatti gli Autori del DSM III-R (14) a quantificare la durata dei sintomi, sancendo in trenta giorni il loro periodo minimo di permanenza necessario per porre diagnosi di Disturbo Post-traumatico da Stress. Questa modifica portò ad un aumento delle diagnosi di Disturbi dell’Adattamento, che iniziarono ad includere tutti i casi di Disturbo Post-traumatico da Stress giunti all’attenzione del medico a meno di un mese dall’evento scatenante, ma non fu rettificata nel DSM-IV. Si preferì infatti introdurre la nuova diagnosi di Disturbo Acuto da Stress, pensata per quanti, dopo un recente avvenimento, presentavano un quadro che, perdurando identico per un mese, avrebbe soddisfatto i criteri per il Disturbo Post-traumatico da Stress (15). Nel DSM III-R permane l’associazione fra trauma ed eccezionalità dell’evento, ma per facilitare l’interpretazione gli Autori segnalano alcuni esempi che possano fungere da metro per il clinico: siamo di fronte a eventi ancora definiti “al di fuori della comune esperienza umana”. Solo con il DSM-IV è rimosso l’accento dalla straordinarietà del trauma. L’evento stressante è ora definito come “evento che ha implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri”, dettando una risposta che “comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore” (6). Tabella 2. L’evoluzione del criterio A della diagnosi di DPTS Manuale Anno Criterio A DSM III 1980 DSM III-R 1987 DSM IV 1994 Presenza di un evento stressante che avrebbe causato sintomi significativi di disagio nella maggior parte delle persone La persona ha sperimentato un evento che è al di fuori della comune esperienza umana, e che avrebbe causato disagio nella maggior parte delle persone, per esempio episodi che hanno seriamente messo a rischio la vita o l’integrità fisica, che hanno minacciato il proprio figlio, il coniuge, o altri parenti ed amici; distruzione improvvisa della casa; vedere una persona ferita o uccisa in seguito a violenza fisica. La persona è stata esposta a un intervento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti: 1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri 2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore. NOTA Nei bambini questo può essere espresso con comportamento disorganizzato o agitato. Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 58 Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana avvenimento effettivamente traumatico, e pertanto possibilmente foriero di DPTS. Senza una posizione netta si finisce infatti per costringere senza sforzo eccessivo qualsiasi circostanza all’interno di un criterio A troppo vago. Suggeriamo quindi di valutare, di fronte ad un episodio potenziale candidato al ruolo di evento traumatico, la presenza di tre caratteristiche: acuzie, imprevedibilità, minacciosità. Sono questi tre requisiti indispensabili perché si possa parlare di trauma. Un trauma è un evento imprevedibile, che arriva inaspettato, impedendoci di attrezzare una difesa adeguata. La sua comparsa è repentina, fulminea, non lascia il tempo di abituarci al cambiamento cui obbliga. È inoltre imponente nella sua gravità, non consente vie di fuga, è assoluto e minaccioso. Solo “correggendo” in questa ottica la stima di un episodio ci sembra di poter individuare una linea di confine più chiara tra gli avvenimenti che sono potenzialmente in grado di generare un DPTS e quelli che non lo sono. babilmente molti, ma presumibilmente non tutti, ad incasellare i singoli eventi nello stesso gruppo. Nel tentativo di individuare un criterio di distinzione più obiettivo, Dohrenwend suggerì che sono eventi di intensità maggiore quelli che ci sottopongono contemporaneamente ad un ampio numero di situazioni stressanti; così mentre un lutto, sia pur penoso, si esaurisce in se stesso e non implica sollecitazioni di altro tipo, un’alluvione oltre a determinare effetti diretti quali, ad esempio, la paura di morire, può essere accompagnata da un corollario di contingenze esse stesse traumatizzanti, come la perdita di beni propri, la distruzione dell’abitazione, fino alla morte di una persona cara (19). In contrasto con questa posizione altri Autori hanno sottolineato l’esistenza di una differenza fra eventi straordinari ed eventi ordinari nella vita dell’uomo; non è vero che la discrepanza fra i due avrebbe solo un carattere quantitativo, compensabile dal ripetersi nel tempo di dolorosi episodi quotidiani, ma perché questi possano sortire un effetto causale nell’instaurarsi di una patologia psichica devono sussistere fattori predisponenti nell’individuo (19). Con uno stacco ancor più radicale gli psicanalisti ignorano le caratteristiche non solo quantitative, ma anche qualitative dell’agente stressante, per concentrarsi sul significato che esso assume per la singola persona. L’impatto che un evento ha sull’individuo dipende dalla lettura che ne viene data, a sua volta collegata allo sviluppo del soggetto, al suo vissuto, alle sue relazioni interpersonali; la capacità traumatizzante dell’episodio è proporzionale alle emozioni ed ai pensieri che è in grado di evocare, e così assurgono a pieno titolo di traumi quelle esperienze della vita quotidiana che, pur meno imponenti di un’alluvione, sono comunque in grado di generare emozioni quali senso di vulnerabilità, di colpa, di perdita, di vergogna (20). L’idea della misurabiltà del trauma in virtù della sua intensità sembrerebbe dunque la più utile e semplice da applicare nella ricerca, ma nel contempo appare altrettanto semplicistica come mezzo di interpretazione dell’insorgenza del disturbo psichico. Valutare variabili individuali quali le caratteristiche di personalità o il significato che l’evento assume nella vita intrapsichica di ciascuno è certamente più corretto, ma complica notevolmente la ricerca che, poiché da effettuare su grandi numeri e con criteri standardizzati, mal si concilia con la valutazione del singolo (21). L’EVENTO TRAUMATIZZANTE: TRAUMI ORDINARI E TRAUMI STRAORDINARI Nel 1976 Selye definiva lo stress come un pattern stereotipato di cambiamenti biochimici, funzionali e strutturali in risposta ad un’aumentata domanda (18). Lo stress costituirebbe dunque una risposta biologica ad una stimolazione proveniente dall’esterno. Il nostro organismo non sarebbe in grado di distinguere il tipo di stimolazione, ma solo la sua intensità, provvedendo ad una reazione ad essa proporzionale. Da ciò, due importanti osservazioni. Primo, la qualità dell’evento stressante è assolutamente ininfluente; freddo, caldo, paura, farmaci hanno effetti sovrapponibili e conseguenza esclusivamente dell’intensità dell’evento stesso. Secondo, lo stress è una risposta diretta e indipendente da processi cognitivi. Diversi sono gli Autori che hanno considerato l’intensità come variabile fondamentale nello studio degli eventi di vita traumatizzanti, sottolineando peraltro, a favore di questa tesi, che avvenimenti straordinari quali la guerra o le catastrofi naturali, per il loro potente impatto, determinano disagi psicologici in un gran numero di persone esposte. Eventi di portata minore, invece, espleterebbero la loro azione logorante solo accumulandosi nel tempo. Minore è l’intensità dell’agente traumatizzante, maggiore il numero di volte, e quindi il lasso di tempo, che esso deve ripetersi per causare una risposta significativa (19). Ma perché annoverare un terremoto fra gli eventi di intensità maggiore e la morte di un amico fra gli eventi di intensità minore? Una valutazione immediata, intuitiva, porterebbe pro- FATTORI PREDISPONENTI I dati epidemiologici dimostrano che non tutte le persone esposte al medesimo agente traumatizzante Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 59 Colombo PP, Mantua V dentemente stilata (Tabella 3). Si evince che il 60,7% degli uomini e il 51,2% delle donne ha vissuto almeno una volta un’esperienza traumatica e che, di questi, la maggior parte degli uomini ed un buon numero delle donne ha sperimentato più di un episodio. I traumi più frequentementi subiti sono l’aver assistito ad avvenimenti impressionanti, gli incidenti che hanno messo a repentaglio la vita, i disastri naturali. Fra quelli plausibili nella vita quotidiana, le minacce con arma da fuoco, la violenza fisica, la violenza sessuale. La prevalenza del PTSD è del 7.8%. Nei precedenti studi, per la definizione di un evento stressante, sono stati adoperati i criteri del DSM III-R. È di Breslau (25) un’indagine epidemiologica in cui la valutazione è stata effettuata adoperando i criteri del DSM-IV. Emerge che il 90% della popolazione è stata esposta ad un evento traumatico: il 62.4% ha convissuto con un trauma occorso ad una persona amata, il 60% ha sperimentato la morte di un caro, il 59.8% ha subito esperienze traumatizzanti (un grave incidente, una seria malattia, un disastro naturale, l’aver assistito ad un evento sconvolgente), il 37.7% è stato sottoposto a stupri, torture, combattimenti (Tabella 4). È importante sottolineare che la prevalenza degli eventi traumatici varia da paese a paese. Questo è certamente valido per gli avvenimenti di intensità maggiore: esistono aree dell’America del Nord ciclicamente esposte ad uragani, Stati come il Giappone ubicati in zone sismiche, regioni come la ex Jugoslavia teatro di lunghi anni di guerra. Ma è altrettanto vero per episodi di minor intensità: studi statistici denunciano chiaramente, ad esempio, che azioni violente come stupri ed assassini sono assai più frequenti negli Stati Uniti che in altri Paesi industrializzati (26), mentre la probabilità di incorrere in un incidente stradale sarà più elevato in una città dei paesi occidentali che in una campagna di un Paese in via di sviluppo. Meno chiaro è comprendere se il rischio di contrarre il Disturbo Post-traumatico da Stress sia equivalente, a parità di evento stressante, in diversi paesi. Proponiamo di seguito una revisione della letteratura riguardante la comparsa di DPTS nella popolazione civile in seguito ai seguenti traumi vissuti nella vita quotidiana: reagiscono nella stessa maniera, e solo alcune, una minoranza, sviluppano sintomi di rilevanza clinica. Questo ha indotto gli studiosi a ricercare dei fattori di rischio che favorirebbero la comparsa di un disturbo post traumatico. I risultati confermano l’esistenza di alcune variabili che sembrerebbero spesso presenti in pazienti affetti da DPTS: fattori genetici, familiarità, personalità, traumi pregressi, precedenti problemi comportamentali o psicologici, eventi di vita e, dopo l’episodio, supporto ricevuto e altri traumi subiti. Il peso di questi agenti è probabilmente diverso, e ciascuno potrebbe espletare la sua azione in maniera non assoluta ma rendendo l’individuo vulnerabile ciascuno a stimoli di diversa intensità. È da osservare che molte di queste variabili incidono anche nell’insorgenza di altre psicopatologie. Ricerche future dovranno dunque chiarire se si tratta di fattori di rischio specifici per il DPTS o genericamente predisponenti alle malattie mentali. L’esistenza di fattori predisponenti non mina, a nostro avviso, l’idea cardine secondo cui il DPTS può insorgere in qualsiasi persona. Per tutte le patologie, fisiche o psichiche, esistono infatti delle condizioni prevalentemente associate alla comparsa del disturbo. Dire che delle variabili possono rendere il singolo più vulnerabile non significa però asserire l’esistenza di una precisa predisposizione genetica che individui a priori la rosa dei potenziali pazienti. PREVALENZA In uno studio sul Disturbo Post-traumatico da Stress nella popolazione civile ci sembra opportuno valutare innanzi tutto la prevalenza che i traumi hanno nella vita quotidiana, quindi la prevalenza del disturbo stesso. Breslau et al. (22), in un’indagine effettuata a Detroit, rilevano che un terzo dei giovani adulti intervistati è già stato esposto ad almeno un evento traumatico, e di questi il 23.6% ha sviluppato un PTSD. Norris (23) evidenzia che due terzi del suo campione, composto di 1000 unità equamente assortite per sesso, razza ed età, ha sperimentato traumi nell’arco della vita; la morte tragica è l’evenienza più frequente, la violenza sessule quella maggiormente associata a PTSD. Da un’inchiesta telefonica effettuata su scala nazionale da Resnick et al. (24) emerge che il 69% delle donne intervistate ha vissuto un’esperienza traumatica, e di queste il 36% ha subito una violenza o ha vissuto l’assassinio di una persona vicina; la prevalenza del PTSD è pari al 12.3%. Particolarmente esaurienti appaiono i risultati di una ricerca della U.S. National Survey (NCS) (3), che riportano le risposte di cittadini interrogati adoperando una checklist prece- 1) incidenti stradali 2) episodi di violenza personale 3) criminalità 4) incendi Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 60 - violenza fisica - violenza sessuale - stupro - furti - rapine Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana 5) altri traumi 6) professioni più esposte a rischio - lutto - gravidanza - rifugiati politici meno di trent’anni (27). Nel 1992 negli Sati Uniti ne sono stati contati circa 6 milioni, costati 137 bilioni di dollari (28). Nonostante la discutibilità di stime analoghe, essi sono stati indicati come prima causa di traumi e come più comune motivo di DPTS nella popolazione civile (23,29). Risulta quindi evidente l’interesse, dimostrato da più ricercatori, ad approfondire il nesso esistente tra infortuni stradali e disturbi psichici, concretizzatosi nel fiorire, negli ultimi anni, di un copioso numero di lavori sull’argomento. I primi studi pubblicati furono casi clinici (30), seguiti da indagini condotte sulla popolazione civile e annoveranti vittime di traumi differenti (23, 22). Nonostante ciò, pochi sono gli studi in cui per la diagnosi di DPTS è stata adoperata un’intervista standardizzata. Mayou et al. (27) hanno arruolato un campione di 171 vittime di incidenti stradali. Ad una prima valutazione sono apparsi comuni lievi segni di stress, ed il - vigili del fuoco - agenti di pubblica sicurezza - barellieri e autisti di autoambulanza - membri della protezione civile, volontari e personale impiegato in operazioni di soccorso - macchinisti di metropolitana - bancari - prostitute INCIDENTI STRADALI Gli incidenti stradali sono fra i principali motivi di malatttia e la prima causa di morte per i giovani con Tabella 3. Prevalenza nei due sessi dell’esposizione ad eventi traumatici nel corso della vita Esposizione ad eventi traumatici uomini donne % SE % SE Qualsiasi trauma 1 trauma 2 traumi 3 traumi 4 traumi 60.7 26.5 14.5 9.5 10.2 1.9 1.5 0.9 0.9 0.8 51.2 26.3 13.5 5.0 6.4 1.9 1.7 0.9 0.6 0.6 Esposizione a particolari eventi traumatici Assistere ad un evento traumatico Incidente con rischio di morte Disastro naturale Minaccia con arma da fuoco Trauma subito da una persona amata Violenza fisica Violenza sessuale (non stupro) Stupro Combattimento bellico 35.6 25.0 18.9 19.0 11.4 11.1 2.8 0.7 6.4 2.0 1.2 1.4 1.3 1.1 1.0 0.5 0.5 0.9 14.5 13.8 15.2 6.8 12.4 6.9 12.3 9.2 0.0 0.7 1.1 1.2 0.6 1.1 0.9 1.0 0.8 Da Kessler et al.,1995 (3). Tabella 4. Prevalenza dell’esposizione ad un evento traumatico e del PTSD Studio Breslau et al. (22), Norris (23) Resnick et al.(24) Kessler RC et al. (NCS) (3) Breslau (25) Prevalenza dell’esposizione ad un evento traumatico Prevalenza del PTSD 39.1% 69% 69% 56% 90% 9.2% 5-11% 12.3% 7.8% ? Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 61 Colombo PP, Mantua V Disturbo Depressivo Maggiore quanto di Disturbo Post-traumatico da Stress sembrerebbe essere fattore di rischio per il DPTS. Una percentuale analoga è segnalata da Ursano et al. (34), che hanno confrontato un campione di vittime di gravi incidenti stradali con un gruppo di persone coinvolte in avvenimenti minori non automobilistici, osservando che i primi sviluppano un DPTS assai più frequentemente dei secondi; in particolare, oltre a confermare l’importanza dei fattori di rischio già esposti, hanno indicato i disturbi di personalità come variabili rilevanti per l’insorgenza di DPTS a sei mesi dal trauma. È inoltre apparso che le donne hanno un rischio cinque volte superiore agli uomini di sviluppare un DPTS acuto, ma non cronico. Sulla scorta dell’osservazione che i sintomi dissociativi che seguono traumi importanti quali quelli bellici sono efficaci predittori del DPTS (35), gli stesssi Autori (36) hanno indagato il nesso esistente fra la comparsa di sintomi dissociativi dopo gli incidenti stradali e l’insorgenza del DPTS. Dei 122 pazienti di cui era costituito il campione, il 78.7% manifestava almeno un sintomo di dissociazione dopo l’evento. Di tutti, il più frequente era una differente percezione del tempo (56.6%). A distanza di un mese al 34.4% fu diagnosticato un DPTS, percentuale ridottasi al 25.3% dopo tre mesi. L’analisi dei dati ha evidenziato che i soggetti con sintomi dissociativi hanno una possibilità 4.12 volte maggiore di incorrere in un DPTS acuto e 4.86 volte maggiore di sviluppare un DPTS cronico. In una recente pubblicazione lo stesso gruppo individua nell’essere giovane, bianco, non coniugato le principali caratteristiche di quanti sono maggiormente a rischio di sintomi dissociativi dopo il trauma (37). È stato azzardato che, data la loro elevata frequenza e la facilità con cui essi possono dar corso ad un DPTS, proprio gli incidenti stradali deterrebero lo spiacevole primato di principale causa di DPTS nella popolazione civile (27) (Tabella 5). 18% descriveva sintomi ansioso depressivi e ricordi spiacevoli ed intrusivi dell’evento candidandosi ad una diagnosi DSM-IV di Disturbo Acuto da Stress. I pazienti con tale sindrome, che in misura significativamente superiore presentavano tratti nevrotici ed avevano mantenuto uno stato di coscienza dopo l’incidente, hanno presentato a lungo termine complicanze di tipo psicologico. Nell’intero gruppo la sintomatologia è globalmente migliorata nel corso di dodici mesi, rimanendo importante in circa un decimo degli incidentati. L’11% dei soggetti ha invece soddisfatto nell’anno successivo i criteri per la diagnosi di Disturbo Post-traumatico da Stress. Importante predittore dello sviluppo del disturbo è stata la comparsa immediata di pensieri orribili ed intrusivi concernenti l’incidente, mentre non è apparsa rilevante una particolare predisposizione psichica. Dello stesso anno è il lavoro di Green et al. (31), i quali hanno valutato 24 vittime di incidenti ad un mese ed a 18 mesi dal fatto. È risultato che dopo un anno e mezzo presentavano una sintomatologia di DPTS 16 persone, le quali avevano manifestato un maggior disagio psichico dopo il trauma e si distenguevano per l’utilizzo di difese psicologiche meno mature. Non è emersa invece una correlazione con la compromissione fisica a sei mesi. Fra gli Autori che più si sono dedicati a questo argomento abbiamo il gruppo statunitense di Blanchard. In un lavoro del 1994 (32) il DPTS è stato diagnosticato al 46% dei 50 incidentati selezionati; l’insorgenza del disturbo è stata correlata ad un precedente trauma e ad un pregresso DPTS o Disturbo Depressivo Maggiore. Da un successivo studio del 1995 (33) effettuato su 158 unità è emerso che 62 persone (39.2%) soddisfacevano i criteri del DSM-III-R per il DPTS, e 55 quelli del DSM-IV. Tutti i pazienti affetti da DPTS dimostravano un disagio psichico e una compromissione sociolavorativa maggiore rispetto ai controlli, ed il 53% presentava sintomi del Disturbo Depressivo Maggiore. Anche in questo caso tanto una storia di Tabella 5. Il DPTS dopo incidenti stradali Studi Campione % DPTS Ad 1 mese Green MM et al., 1993 Mayou et al., 1993 Blanchard EB, 1994 Blanchard EB,1995 Ursano et al.,1999 24 171 50 158 122 Ad 1,5 mesi A 3 mesi A 6 mesi A 12 mesi 66.6 18% 46% 39.2% 34.4 25.2 Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 62 11% 18.2 Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana IL DPTS DOPO EPISODI DI VIOLENZA medica e psicologica, siano d’aiuto per molte donne, esiste un’evidenza crescente del fatto che queste attenzioni possano costituire per alcune un’ulteriore fonte di stress, in grado di influire negativamente sul decorso del disturbo (47). Predittiva della cronicizzazione del disturbo è la presenza di sintomi a tre mesi dall’episodio (48). Nel panorama delle violenze sessuali ci sembra opportuno segnalare la rilevanza delle violenze domestiche. La frequenza degli abusi da parte del partner è fenomeno largamente sottostimato, e poco si conosce sugli esiti che lascia nelle numerose vittime (49). L’incesto costituisce probabilmente l’evenienza più drammatica. Darves-Bornoz et al. hanno recentemente proposto uno studio comparativo tra le vittime di incesti e quelle di violenze non incestuose, rilevando che le prime hanno una prevalenza nettamente superiore di DPTS, di sintomi dissociativi, di agorafobia e di perdita dell’autostima (50). Menzioniamo infine l’esistenza di episodi di violenza sessuale le cui vittime sono maschi, i quali sviluppano al pari delle donne sintomi post traumatici (51). Le rapine in banca sono episodi che possono causare un disagio anche notevole nelle vittime, proporzionale alla traumaticità dell’eperienza subita. Tutti i cittadini sono a rischio, ma i più esposti sono ovviamente gli impiegati che lavorano ogni giorno in banca (52). Da diversi studi emerge che le rapine incidono nella vita delle vittime, favorendo l’insorgenza di disturbi psicologici (53) e innescando, talvolta, un DPTS. La gravità del trauma, ed un coping evitante sembrerebbero influenzare la reazione del soggetto (54). Per minimizzare gli esiti è importante un intervento psicologico tempestivo, nell’ambito del quale il paziente abbia la possibilità di discutere le proprie emozioni, ed il rapido ritorno a condizioni di vita analoghe a quelle antecedenti al trauma (55). I furti e gli scippi, episodi ancor più frequenti nella popolazione generale, di impatto sulla salute del paziente, sono eventi che, seppur acuti ed imprevisti, non ci sembrano tanto minacciosi da farli rientrare nell’ambito dei traumi causa di DPTS (56). È comunque importante la valutazione del singolo episodio, poiché esistono sicuramente contingenze in grado di segnare intensamente le vittime; un esempio è costituito dagli scippi in cui le vittime sono minacciate con armi da fuoco. Uomini e donne sono quotidianamente esposti, soprattutto nelle grandi metropoli, ad azioni criminali di varia natura; le cronache di scippi, furti, rapine in banca, violenze fisiche, stupri riempiono le pagine dei giornali e costituiscono eventi traumatici di differente intensità di cui tutti possiamo essere potenziali vittime. Le donne sono le più soggette ad episodi di violenza fisica; la violenza sessuale è l’evento traumatico più frequente nella popolazione femminile. Kessler et al. (3) riportano che più del 20% di un campione di donne è stata vittima di un episodio di violenza sessuale. La comparsa di un DPTS pare strettamente correlata al tipo di violenza subita: è evenienza assai frequente nelle donne violentate (38), possibile dopo una rapina, più rara in seguito a violenze fisiche e a scippi (39). Foe (40) stima che il 48% delle donne vittime di violenza sessuale e il 25% di donne coinvolte in violenze non sessuali sviluppi i sintomi del DPTS. Per la loro frequenza e le ripercussioni sulla salute delle vittime le violenze sessuali sono gli atti criminali più studiati in letteratura. L’attenzione dei ricercatori si è rivolta, oltre che alla valutazione dell’entità del fenomeno, anche all’individuazione di quei fattori di rischio che, riconosciuti per tempo, permettano ai clinici di prendere rapidamente provvedimenti terapeutici nelle vittime a maggior rischio. Le caratteristiche dell’episodio di violenza, quali il fatto di essere violentate da un estraneo, l’uso della forza fisica, l’essere minacciate con armi da fuoco, sono associate allo sviluppo del DPTS (41). È importante valutare non solo il momento della violenza, ma anche quanto avvenuto prima e dopo nella storia della vittima. È stato suggerito, ad esempio, che la gravità dell’evento sia responsabile dell’immediata comparsa del DPTS acuto, mentre la personalità premorbosa influenzerebbe la cronicizzazione della patologia (42). Un pregresso abuso sessuale sembra aumentare la vulnerabilità ad ulteriori episodi di violenza fisica nell’adulto, ed incrementare le possibilità di insorgenza del DPTS (43), così come la presenza di una familiarità positiva per patologie depressive (44). Nel periodo successivo alla violenza è bene indagare i sentimenti esperiti dalla paziente: Feeny et al. riportano che, ad un mese dall’episodio, la rabbia è predittiva della gravità del DPTS, mentre la dissociazione farebbe ipotizzare un futuro peggioramento del funzionamento dell’individuo (45). Anche il supporto ricevuto dopo l’episodio è importante: in particolare le relazioni sociali non buone sembrano influenzare negativamente la sintomatologia nei mesi successivi (46). D’altro canto, nonostante i servizi offerti dalla comunità, ad esempio l’assistenza legale, INCENDI Le valutazioni effettuate su pazienti sopravvissuti ad incendi testimoniano il carattere altamente traumatiz- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 63 Colombo PP, Mantua V zante di questo evento. In un incendio si concentrano infatti una condizione di pericolo oggettivo, l’ingestibilità della situazione, l’immediato malessere fisico del soggetto, il danno materiale; a tutto ciò si associa la compromissione fisica che può perdurare nei sopravvissuti, con lesioni funzionali o, più spesso, estetiche altamente invalidanti. Gli incendi sono pertanto da considerare una delle più frequenti cause di DPTS nella popolazione: la percentuale dei sopravvissuti in cui si ha l’immediata insorgenza della tipica sintomatologia è quantificata diversamente in vari lavori, dal 7% (57) al 35.3% (58), ma tutti concordano nel segnalare il pericolo che i sintomi di DPTS compaiano dopo qualche tempo. Le valutazioni andrebbero quindi ripetute a sei e dodici mesi dall’evento, le persone esposte seguite longitudinalmente, i fattori di rischio attentamente considerati al momento del primo contatto con i sopravvissuti. A questo proposito è da rilevare che fattori psicologici quali la sofferenza soggettiva e lo scarso supporto percepito sembrerebbero predittori di malattia più importanti di fattori oggettivi come l’area della superficie ustionata o l’entità della sfigurazione (58). ne postpartum e di psicosi postpartum. Come il lutto, anche la gravidanza è un evento difficilmente connotabile come traumatico, in quanto non acuto né imprevisto né minaccioso. Per consentire a ciascuno di elaborare una propria idea in proposito, segnaliamo il lavoro di Wijma et al. che hanno ricercato la presenza del DPTS in un nutrito campione di 1640 madri, riscontrando la presenza della sintomatologia in 28 donne (1.7%); tra loro più frequentemente si rilevava un pregresso contatto con psicologi o psichiatri, un cattivo rapporto con il personale durante la gravidanza, l’essere al primo parto (59). RIFUGIATI POLITICI I rifugiati politici costituiscono un’altra categoria a rischio di DPTS. Un fattore di rischio rilevante che accomuna la gran parte dei rifugiati è costituito dall’atmosfera di pericolo e costrizione che connota, solitamente, i paesi abbandonati. Molti hanno subito violenze fisiche e psicologiche, talvolta torture, altrettanti hanno assistito ad episodi analoghi (60). Sebbene in questo caso esista spesso un evento traumatizzante iniziale macroscopico, eccezionale, ci interessa qui sottolineare la natura traumatica che anche l’ospitalità offerta può assumere (61). Per limitare l’afflusso dei rifugiati molti paesi hanno infatti adottato una politica deterrente, imponendo misure quali il confinamento, l’isolamento dalla popolazione locale, limitazioni alle possibilità lavorative, ostacoli all’inserimento sociale. Esistono dunque evidenze sempre maggiori del fatto che uno stress quotidiano postmigratorio vada ad aggiungersi agli eventi di vita dei rifugiati, tra i quali la percentuale di DPTS sembra maggiore rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale (62). Quanti chiedono asilo politico dopo il loro arrivo in un paese ospite avrebbero uno stress postmigratorio superiore ai rifugiati, associato alla maggiore incertezza della loro condizione, che li renda ancor più a rischio di DPTS (63). LUTTO Il lutto ci ha fornito all’inizio della nostra rassegna un buon esempio di situazione che, pur dolorosa, non presenta necessariamente le caratteristiche di acuzie, imprevedibilità e minacciosità che riteniamo indispensabili per parlare di evento traumatico. Ci sono dei casi in cui, però, tali criteri possono essere soddisfatti: è intuitivo che l’impatto che ha il suicidio di un fratello adolescente sarà probabilmente più devastante della morte di un nonno in seguito ad una malattia cronica. Ci sembra interessante riportare, a questo proposito, il lavoro di Zisook et al., che hanno valutato la prevalenza di DPTS in un campione di 350 persone da poco vedove. A due mesi dal lutto rispondeva ad una diagnosi di DPTS il 10% di quanti avevano perso il coniuge in seguito ad una patologia cronica, il 9% di quanti lo avevano perduto inaspettatamente ed il 36% di vedovi di compagni deceduti per morte violenta. La patologia tendeva a cronicizzare nel 40% dei pazienti ed era spesso associata a sintomi depressivi. PROFESSIONI A RISCHIO Alcune persone sono maggiormente a rischio di DPTS in virtù della professione svolta. Autisti di ambulanza, pompieri, agenti di pubblica sicurezza, militari, sono quotidianamente a contatto con realtà difficili, esperienze che possono, soprattutto a lungo termine, favorire l’insorgenza di sintomi psichici. Ovviamente lo svolgere un determinato lavoro e l’essere esposti a situazioni stressanti non é sufficiente GRAVIDANZA La gravidanza è un episodio cardine nella vita della donna, vissuto solitamente in maniera gioiosa, ma il cui grande impatto può lasciare tracce significative nella madre. Esistono in letteratura descrizioni di depressio- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 64 Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana a dettare l’insorgenza di un DPTS, che evidentemente non affligge la totalità dei nostri agenti di sicurezza. Un ingrediente che, come più volte sottolineato, ha un ruolo determinante nella reazione all’evento è la personalità del singolo. È stato osservato che, in un campione di 164 pompieri, gli uomini insicuri, con poco autocontrollo e scarse capacità relazionali hanno maggiori possibilità di manifestare sintomi depressivi o di DPTS dopo traumi avvenuti durante l’attività lavorativa (64). futuro lavorativo, alla delusione per la qualità del supporto ricevuto; per prevedere il quadro clinico a dodici mesi sarebbe invece utile sondare la mancanza di interessi, l’immediato aumento dell’arousal, eventi traumatici successivi all’episodio, ruminazione durante il lavoro, mancanza di supporto sociale (69). È interessante che, di 100 agenti intervistati, il 63% ha affermato che avrebbe volentieri beneficiato di un debriefing dopo l’evento traumatico (70). Gli operatori impiegati nelle manovre di soccorso di fronte ad eventi catastrofici si trovano più volte nella loro carriera in situazioni drammatiche e rare nella vita del singolo. L’evento straordinario si trasforma in una cornice in cui spesso sono chiamati ad operare, vivendo situazioni di elevato impatto emotivo. Esistono studi che segnalano l’insorgenza di DPTS in personale impiegato nel soccorso, ad esempio, dopo terremoti (71) o dopo il crollo di un edificio (72). Una delle cause che, in queste circostanze, sembrerebbe assumere una forte valenza traumatica è il frequente contatto con cadaveri. L’identificazione è un passaggio importante che media il successivo sviluppo della patologia psichica. In particolare Ursano et al. (73) sottolineano che l’identificazione del cadavere come un amico ha, rispetto a quella con un familiare o con se stessi, conseguenze più gravi. Un altro cospicuo motivo di stress, adeguatamente sottolineato da Armstrong et al. (74), è il timore di contrarre l’infezione da HIV in seguito alla prolungata esposizione propria delle condizioni limite in cui operano. I dentisti svolgono un lavoro apparentemente distante da eventi traumatici. Esiste però un caso in cui è loro richiesto il contatto con cadaveri, spesso in pessime condizioni: l’identificazione post mortem. McCarroll et al. (75) hanno utilizzato un campione di 31 dentisti impegnati in questa operazione, riscontrando una frequenza di DPTS più elevata rispetto a quella presente nel gruppo di colleghi che fungeva da controllo. Proprio i vigili del fuoco sembrerebbero un gruppo di lavoratori particolarmente a rischio di DPTS; in un campione di pompieri tedeschi (65) la prevalenza del DPTS è stata stimata pari al 18.2%. Predittori del disturbo riportati in letteratura sono la gravità percepita del trauma, in particolare l’aver rischiato di morire, e la paura provata. Anche le conseguenze dell’esperienza hanno un peso importante: essere costretti ad abbandonare il lavoro o perdere una persona amata in conseguenza dell’evento influenzano negativamente l’elaborazione del trauma (66). Un maggior rischio di malattia è anche correlato al numero di situazioni stressanti affrontate nella vita e in particolare nell’ultimo mese (67). Gli autisti e i barellieri delle ambulanze rappresentano un’altra categoria di lavoratori in continuo contatto con la sofferenza, la malattia, la precarietà della vita umana. Le strategie di coping e la risposta a ricordi intrusivi che inibiscono l’elaborazione emotiva dell’evento traumatizzante sostengono il DPTS. L’ottimismo, il distacco mentale quando ci si confronta con l’episodio critico, l’interpretazione negativa dei ricordi intrusivi, la risposta maladattiva ai ricordi (ruminazione, repressione e dissociazione) correlano con la gravità del DPTS (68). I lavori che hanno preso in esame i rischi incorsi dagli agenti di pubblica sicurezza hanno riscontrato una prevalenza di DPTS, in questa categoria, compresa tra il 7% (69) e il 13% (70); la percentuale aumenta ragguardevolmente se si considerano gli agenti affetti da sintomi tipici del disturbo non sufficienti però, nel loro insieme, a sodddisfare i criteri previsti per la diagnosi. Autori diversi concordano nell’individuare nella severità del trauma e quindi nel rischio concreto di morire e nella sensazione soggettiva di minaccia di vita i più importanti predittori di DPTS in questa popolazione. Inoltre sembrerebbe che la gravità della sintomatologia a tre mesi dall’evento sia associata a caratteristiche dell’individuo quali introversione e difficoltà ad esprimere i propri sentimenti, all’incertezza per il Un’altra categoria professionale, quella dei macchinisti di metropolitana, è stata studiata in virtù delle conseguenze che può avere un particolare tipo di incidente: investire un uomo che si trova, accidentalmente o volontariamente, sulle rotaie all’arrivo del treno. Evento fortunatamente non frequente, è comunque possibile durante l’attività di un macchinista, e può rivelarsi assai difficile da metabolizzare. In uno studio svedese sono stati messi a confronto quaranta conducenti vittime di un analogo incidente con un gruppo di controllo: i primi hanno fatto registrare ad un anno dall’incidente un numero di assenze lavorative per malattia più elevato dei secondi, ed il numero di assen- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 65 Colombo PP, Mantua V ze è stato massimo per quanti erano stati coinvolti in incidenti con vittime (76). tomi di DPTS sono presenti nel 68% delle 130 intervistate, e la gravità della sintomatologia è associata al numero di episodi di violenza cui sono state soggette, all’abuso fisico avvenuto durante l’infanzia, agli stupri subiti durante la prostituzione. I macchinisti dei treni svolgono un lavoro in cui manca il continuo contatto con situazioni limite, pregne di rischio e dolore, insito nelle attività precedenti, ma che può nascondere insidie rare ma altrettanto destabilizzanti. Karlehagen et al. (77) hanno valutato l’impatto psicologico di incidenti causa di importanti lesioni o di morte in un campione di 101 macchinisti. Nel complesso un numero limitato di conducenti ha esperito una franca sintomatologia post traumatica, ed il quadro è andato migliorando progressivamente con il trascorrere del tempo. I conducenti con più di un incidente alle spalle e quelli preoccupati di essere incorsi nella disgrazia hanno presentato una sintomatologia più ricca durante il follow up. Pochi hanno continuato a lamentare sintomi a lungo termine. Da un altro studio è emersa un’associazione inversa tra esperienze stressanti successive ad episodi lavorativi e stato di salute. In particolare sintomi muscoloscheletrici e psicologici sembrano tanto più accentuati quanto maggiore è l’impatto dell’evento e l’intrusività del suo ricordo (78). CONCLUSIONI Nell’ambito della diagnosi di DPTS è emersa la recente tendenza a considerare un sempre maggior numero di eventi come potenziale causa del disturbo. Se questo atteggiamento conferma l’importanza di valutare la presenza di DPTS nella popolazione generale, considerandola patologia non esclusiva dei militari o dei sopravvissuti a disastri naturali, è pur vero che non si possono indicare come causa di DPTS tutti gli eventi negativi della vita. L’utilizzo di tre parametri quali acuzie, imprevedibilità e minacciosità nella valutazione di un episodio occorso permette, a nostro avviso, di individuare in maniera più obiettiva gli episodi potenzialmante in grado di indurre un DPTS. Si delinea così una nutrita lista di eventi che, nella vita quotidiana, può determinare l’insorgenza di DPTS nella popolazione civile. Non solo i conducenti di treno, ma anche quelli di autobus costituirebbero, a detta di Brunet et al., una popolazione a rischio di DPTS: da un loro lavoro emerge che su 282 autisti di autobus cittadini il 68.1% sarebbe stata esposto ad almeno un evento traumatico (79). BIBLIOGRAFIA 1. 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Nel primo gruppo era maggiore il numero di soggetti con disturbi psichici, e l’entità della compromissione era proporzionale a una modalità di coping depressiva o evitante, alla forte minaccia percepita durante la rapina, ed alla presenza di altri eventi di vita stressanti. Gli eventi traumatici sono estremamente frequenti nella vita delle prostitute, non solo durante lo svolgimento della loro attività ma anche nelle loro biografie. Da un’inchiesta effettuata a San Francisco (81) emerge che, da bambine, il 57 % aveva subito violenze sessuali e il 49 % violenze fisiche. I numeri relativi agli episodi di violenza sofferti prostituendosi sono impressionanti: l’82% è stata aggredita fisicamente, l’83% minacciata con arma da fuoco, il 68% violentata. Sin- Rivista di psichiatria, 2001, 36, 2 66 Il Disturbo Post-traumatico da Stress nella vita quotidiana 12. American Psychiatric Association (1980) DSM-III: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 3ª ed.. 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