Beate Baumann Nell`era dell`internazionalizzazione

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Beate Baumann
Nell’era dell’internazionalizzazione e della globalizzazione, la
comunicazione tra culture diverse assume un’importanza sempre
maggiore: si manifesta a livello locale con una società sempre più
multiculturale, a livello regionale con le istituzioni e cooperazioni
multinazionali,
in
ambito
internazionale
con
organizzazioni
transcontinentali-mondiali, oltre che nel cyberspace. I flussi migratori
degli anni Sessanta provenienti dal Sud Europa, ma soprattutto la caduta
del muro di Berlino che ha aperto le frontiere verso l’Europa dell’Est, i
rapporti economici sempre più reticolati a livello mondiale stanno
trasformando il mondo in un villaggio globale. Il termine comunicazione
interculturale si è ampiamente diffuso nei più svariati ambiti e campi,
rimanendo tuttavia in tanti casi piuttosto vago e raramente ben definito
e subendo, soprattutto a partire dalla metà degli anni Ottanta, un uso
inflazionistico (Krumm 1995). La comunicazione interculturale come
settore di ricerca scientifica non si può avvalere di una tradizione
particolarmente lunga anche se già nell’Ottocento l’antropologia,
l’etnologia, la filosofia storica e la storia dell’arte usano i termini Kultur,
Kulturgeschichte e persino Kulturwissenschaften (Rehbein 1985). Già
verso il 1880 si discute in ambito antropologico sul processo di
disfacimento della cultura di minoranze sociali e il conseguente
assorbimento nelle comunità più estese (Akkulturation) che può portare
nel caso estremo ad un Kulturschock mettendo in dubbio non soltanto il
contesto linguistico, sociale e comportamentale della società straniera,
ma anche quello della cultura d’origine finora familiare. A partire dagli
anni Cinquanta del Novecento la linguistica strutturalista (R. Lado) ha
intrapreso lo studio di fattori culturali come componente rilevante
nell’analisi linguistica di un idioma. I fenomeni presenti in una cultura si
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distinguono secondo la forma, il significato e la distribuzione dei loro
elementi. Tuttavia la cultura viene considerata un elemento additivo
rispetto alla concezione della lingua. Una tematizzazione esplicita della
comunicazione tra due culture avviene soltanto all’inizio degli anni
Sessanta con il modello semiotico dell’etnologo Edward T. Hall per
l’analisi di una cultura secondo la quale l’interazione comunicativa viene
accompagnata da indicatori allusivi (per es. tono della voce, espressione
del viso, vestiti, postura) che non sono soltanto portatori di informazioni
di carattere formale o tecnico, ma anche di informazioni velate, informal
attitudes che, erratamente o non completamente interpretate, possono
portare a fraintendimenti anche gravi. Il sociologo linguista John J.
Gumperz esamina questi segnali di contestualizzazione, contextualization
cues, fondamentali per l’interpretazione di un enunciato linguistico al di
là del suo semplice significato letterale, sviluppando una ricerca sul
campo che analizza in maniera dettagliata le trascrizioni di incontri
interculturali autentici. L’approccio semiotico è riconducibile anche alla
definizione di cultura come intesa dall’etnologo Clifford Geertz secondo il
quale il concetto di cultura “denota un modello di significati trasmesso
storicamente, significati incarnati in simboli, un sistema di concezioni
ereditate espresse in forme simboliche per mezzo delle quali gli uomini
comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e i loro
atteggiamenti verso la vita” (Geertz 1973, p. 113). Con Martin. J.
Gannon i simboli diventano metafore culturali che costituiscono la chiave
di lettura per rappresentare e interpretare convenzioni e comportamenti
sociali; rivelano inoltre la storia di un paese culturalmente sconosciuto.
Malgrado il loro carattere non-analitico, connotativo, globale e nonscientifico le singole caratteristiche distintive descrivono e riflettono in
maniera efficace i lineamenti principali di una società e creano così il
presupposto per la comprensione e la comunicazione con una cultura
diversa (Balboni 1999). L’incremento dei contatti tra società e gruppi
sociali appartenenti a diverse lingue produce spesso situazioni
problematiche o conflittuali che sono da superare mediante la
comunicazione interculturale. Il successo della comunicazione fra
appartenenti a culture diverse dipende dalla scelta del code appropriato
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che viene usato come mezzo di comunicazione usuale tra interlocutori
diversi. Condividere un code comune non significa soltanto utilizzare la
stessa lingua – l’internazionalizzazione dell’inglese come lingua franca
non garantisce a priori una comunicazione priva di fraintendimenti
interculturali – ma una condivisione minima di certe intenzioni
comunicative. Dall’incontro di lingue diverse che non condividono un
code comune possono nascere idiomi del tutto nuovi (Kreolsprachen )
composti da elementi delle lingue coinvolte alle quali, a volte, si
aggiungono nuove creazioni linguistiche. Il pigdin si sviluppa soprattutto
in comunità dove le persone che tentano di apprendere una lingua
straniera hanno un contatto molto limitato con i parlanti nativi, creando
così una varietà linguistica estremamente semplificata ed impoverita
rispetto alla lingua d’arrivo (Pallotti 1998). Interazioni linguistiche
asimmetriche si verificano anche nel rapporto con parlanti nativi che si
rivolgono a persone straniere utilizzando a loro volta una varietà
semplificata attraverso la riduzione/omissione di funtori grammaticali e
elementi
funzionali
(infinito
al
posto
della
forma
verbale
coniugata/omessa di articoli, copule, congiunzioni) e parole articolate in
modo molto lento e particolarmente scandito (foreigner talk, Orletti
2000). Alle lingue straniere spetta quindi un ruolo determinante nel
processo di comunicazione destinato alla comprensione reciproca tra
diverse culture superando non soltanto i confini linguistici, ma anche le
barriere culturali. La lingua straniera, tuttavia, non è da considerare
soltanto uno strumento di trasmissione di informazioni riguardanti le
altre culture. Poiché l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue
straniere rappresenta uno degli strumenti politici più importanti del
mondo contemporaneo, anche la didattica delle lingue straniere viene
investita di nuove esigenze e finalità. La concezione della lingua straniera
intesa come sistema di nozioni lessicali, grammaticali e fonetiche è ormai
obsoleta. È indispensabile integrare la didattica moderna delle lingue
straniere oltre che con una abilità comunicativa che permette di
compiere degli atti linguistici anche con una competenza interculturale
creando in questo modo una competenza comunicativa interculturale
(Balboni 1999). Anche a livello europeo è stata formulata la richiesta di
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inserire nella politica europea delle lingue straniere la consapevolezza
interculturale nonché le abilità interculturali come competenze
fondamentali per l’apprendimento di una lingua straniera. In particolare lo
sviluppo di una sensibilità interculturale viene considerato un fattore
importante per il raggiungimento dell’obiettivo della competenza
interculturale. L’interculturalità come ethisches Gebot (Steinmetz 2001)
chiede che sia riconosciuta a tutte le culture la parità di diritti e di valori,
nel senso di un agire comunicativo tramite un dialogo privo di dominanza
e subordinazione tra i singoli interlocutori che si riconoscono
reciprocamente come soggetti liberi, con gli stessi diritti e
vicendevolmente impegnati nella comprensione reciproca (Habermas
1981). Chi vuole comunicare e comprendere in un’altra lingua deve
abbandonare non soltanto il proprio contesto linguistico di riferimento,
ma anche il sistema culturale di appartenenza. L’incontro con la cultura
straniera implica un avvicinamento consapevole alla diversità che si
riflette anche sulla cultura di partenza. Si sviluppa così una cultural
awareness (Risager 2000) che interroga con distacco critico il proprio
mondo di valori. Secondo il modello di M. Bennet il processo di
sensibilizzazione prende l’avvio da una posizione etnocentrica che
implica l’incapacità di comprendere differenze culturali e si esprime in
formulazioni di stereotipi superficiali e negativi, sottolineando la
superiorità della cultura di appartenenza. Man mano si passa da una
consapevolezza delle differenze culturali (pur difendendo il proprio
mondo) ad una accettazione sempre più ampia di comportamenti e valori
diversi. Nella fase di adeguamento si sviluppano abilità quali la capacità di
cambiamento e di immedesimazione del contesto culturale che porta
infine all’internazionalizzazione di un quadro di riferimento biculturale o
multiculturale. La didattica orientata verso un approccio interculturale
ricorre anche ad altre discipline, come per esempio la pedagogia, la
sociologia, l’antropologia, l’etnografia e naturalmente la linguistica, in
modo particolare la sociolinguistica e la pragmalinguistica. Per
comunicare con successo con un soggetto appartenente ad una cultura
straniera sono necessarie, oltre a quella linguistica, una serie di
sottocompetenze (paralinguistiche, gestuali, prossemiche, performative,
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pragmatiche, psicosociali e sociolinguistiche) (Berruto 1995),
indispensabili per raggiungere l’obiettivo della competenza comunicativa
interculturale. Conoscere le regole di cortesia e gli elementi linguistici
che caratterizzano i rapporti sociali di una cultura, saper differenziare il
registro e distinguere tra atti linguistici espliciti e impliciti, significa
essere in grado di usare la lingua e gli elementi extralinguistici in maniera
funzionale in un determinato (micro)contesto situativo e in un
(macro)contesto culturale. Nella prassi dell’insegnamento delle lingue
straniere la cultura viene inserita all’interno di tematiche relative alla
civiltà, riducendole spesso a cosiddetti Background studies (Roche
2001) con informazioni stereotipe e riduttive (culture capsules, Kramsch
1993). La didattica moderna chiede da tempo un insegnamento della
cultura attraverso la lingua, induce a considerare la cultura come quinta
abilità accanto a quelle tradizionali della comprensione scritta/orale e
della produzione scritta/orale (cultural proficiency, Roche 2001). La
didattica contemporanea mira addirittura a trasformare gli studi di civiltà
in studi più estensivamente culturali che identificano il loro oggetto di
apprendimento nella cultura d’arrivo, considerandone i contenuti
specifici, non generici, e analizzandone il ruolo in rapporto con la propria
realtà di appartenenza (per esempio i rapporti storici, modelli specifici di
percezione) (Altmayer 1997). Il metodo contrastivo si è rivelato
particolarmente adatto per l’approccio alle diversità culturali
permettendo di mettere a confronto i fenomeni linguistici e culturali: si
evidenziano così forme e funzioni differenti nella madrelingua e in quella
straniera ovvero nella propria cultura e in quella di un'altra nazionalità.
L’apprendimento interculturale deve essere incentrato sull’apprendente
stesso (focus on learner), sui suoi interessi e bisogni, sulle sue
esperienze personali nella vita e nei processi di apprendimento. La lingua
è immersa sempre in un contesto socio-culturale, mai isolata, ed anche
all’apprendente deve essere presentata in forma contestualizzata,
preferibilmente tramite testi autentici, che rappresentano l’intera realtà
sociale e quindi anche gli aspetti impliciti della cultura d’arrivo,
richiedendo inoltre una adeguata competenza nella ricezione critica
(Roche 2001). L’insegnamento/apprendimento interculturale mira quindi
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a indurre l’apprendente a sviluppare l’empatia, la tolleranza critica e la
capacità di superare le situazioni di conflitto causate da fraintendimenti
interculturali, posizionandosi tra la formazione di partenza e quella
d’arrivo (third place, Kramsch 1993), permettendo di scoprire una nuova
cultura e al contempo di imparare a vedere la propria da una diversa
prospettiva. Nell’ambito degli studi di germanistica in Germania è stata
avvertita in modo particolare la necessità di tenere conto della
diversificazione delle prospettive. In tutto il mondo ci si occupa di studi
germanistici scientifici, ma ogni paese guarda e percepisce con un’ottica
diversa i paesi di lingua tedesca. I presupposti teorici, i principi
metodologici, l’interesse per certe tematiche, i criteri di valutazione, i
canoni e i processi di ricezione variano da paese a paese moltiplicando le
prospettive e le angolature indirizzate verso lo stesso oggetto di studio.
La base teorica per la germanistica interculturale viene posta nel 1970
dalle Empfehlungen del Consiglio Scientifico della Repubblica Federale di
Germania operando una differenza tra la germanistica come filologia
svolta nella lingua madre in Germania (Inlandsgermanistik), tra la
germanistica come filologia svolta all’estero (Auslandsgermanistik) e tra
gli studi relativi al tedesco come lingua straniera. Questi i tre filoni
compresi nella più generale interkulturelle Germanistik. Obiettivo primario
di questi studi è lo spostamento del focus rivendicato sinora dalla
Inlandsgermanistik verso una varietà globale delle caratteristiche culturali
allo scopo di far nascere una comunicazione interculturale scientifica
(Wierlacher 1994). La germanistica interculturale vuole superare
l’isolamento etnocentrico promuovendo la funzione ermeneutica della
varietà di prospettive insegnando il rispetto per le differenze culturali e
sfruttando le nuove conoscenze ed esperienze per una comprensione
migliore della propria cultura e di quella straniera. Lo scambio scientifico
( Wechseltausch ) tra la propria cultura e quella straniera porta alla
categoria della interculturalità della scienza. In questo modo la
germanistica intesa come scienza della lingua e letteratura tedesca viene
ampliata e trasformata in una Kulturwissenschaft di carattere filologico,
orientata verso il presente e con le caratteristiche di un’antropologia
culturale comparatistica (Wierlacher 1994). La fondazione della
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Gesellschaft für Interkulturelle Germanistik (GIG ) è il risultato di queste
riflessioni ed intenzioni. La
GIG
si autodefinisce un gruppo di ricerca
composto da germanisti, insegnanti di lingua tedesca nonché
rappresentanti di altre discipline di tutto il mondo. Questi studiosi
intendono condividere la loro attività scientifica e didattica attraverso
uno scambio culturale, sfruttando in maniera consapevole la diversità
culturale dei loro diversi punti di partenza e costituendo pertanto il
fondamento di una germanistica interculturale intesa come studi culturali
applicati. Un ruolo determinante per lo sviluppo della germanistica
interculturale spetta alla disciplina accademica del tedesco come lingua
straniera non intesa come mera didattica della lingua tedesca, ma come
variante di una germanistica di carattere antropologico-culturale.
All’Università di Bayreuth Alois Wierlacher, uno dei padri fondatori della
germanistica interculturale, ha strutturato la disciplina in cinque sezioni
(ricerca e didattica della letteratura e della lingua, civiltà, xenologia e
comparatistica delle culture) alle quali si aggiungono in un secondo
momento la componente multimediale nonché quella della traduzione alla
quale si dedicano un modo particolare i germanisti delle Università di
Göttingen e di Germesheim. A molte università tedesche si affiancano in
particolare alcuni istituti che incentrano i loro studi sulla comunicazione
interculturale
come
l’importante
Institut
für
Internationale
Kommunikation (IIK) dell’Università di Düsseldorf. Della germanistica
interculturale si occupa segnatamente l’Institut für Internationale
Kommunikation und Auswärtige Kulturarbeit dell’Università di Bayreuth
che si prefigge di contribuire alla risoluzione di problemi pratici
nell’ambito di cooperazioni internazionali, di trasmettere informazioni
culturali relative alla Germania e di coltivare i rapporti internazionali nel
campo della scienza e dell’economia. L’Akademie für interkulturelle
Studien elabora e attua programmi di formazione scientifica indirizzati a
persone impegnate in attività all’interno dello stato, della politica,
dell’economia, dell’amministrazione, della scienza e del lavoro, cui viene
richiesta una notevole competenza nell’ambito della comunicazione
interculturale.
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(Cfr. anche Analisi del discorso, Antropologia interpretativa, Border
Crossing, Etnopsicologia, Imagologia, Multiculturalismo, Semiotica, Studi
(post-) coloniali, Studi sui pregiudizi e sugli stereotipi, Studi sulla
diaspora, Xenologia)
Agire Comunicativo, Acculturazione, Competenza comunicativa
interculturale, Code, Cultural awareness, Foreigner Talk, Fraintendimenti
interculturali,
Lingua
franca,
K r e o l s p r a c h e n , Kulturschock,
Multiculturalità, Pidgin, Stereotipi, Wechseltausch.
http://www.iik-bayreuth.de
http://www.iik-duesseldorf.de
http://www.weiterbildungs-akademie.de
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