11.4 Catalisi in fase omogenea con monossido di carbonio nella formazione di legami carbonio-carbonio 11.4.1 Proprietà e reattività del monossido di carbonio Il monossido di carbonio (CO) è un importante reagente per la costruzione di strutture molecolari in chimica organica industriale. Composti organici che contengono insaturazioni carbonio-carbonio possono subire reazioni di addizione di CO producendo, normalmente, una nuova sequenza di atomi di carbonio, dei quali uno proviene dal CO, mentre gli altri derivano dal substrato insaturo, che può essere per esempio un’olefina o un composto acetilenico. Le reazioni di carbonilazione mostrano forse meglio di altre come la natura di un catalizzatore metallico possa influenzare la formazione dei prodotti. Si ritiene infatti che in tali reazioni la coordinazione dei reagenti al catalizzatore metallico costituisca un passo essenziale nella formazione dei prodotti. La selettività può derivare sia dalla stabilità termodinamica intrinseca del prodotto, sia da una coordinazione preferenziale del substrato al sito metallico attivato. Per esempio, si ritiene che la formazione di legami consecutivi carbonio-carbonio da CO a dare un polichetone [ C(O)C(O) ] sia termodinamicamente meno favorita rispetto alla sequenza [ CH2CH2C(O) ] , il cui ottenimento risulta pertanto più probabile. D’altra parte, la selettività indotta dal centro metallico è messa in evidenza dall’assenza di polimerizzazione olefinica quando viene usata una miscela CO/olefina, come per esempio nella idroformilazione, che consiste nella conversione di una olefina nell’aldeide superiore in presenza di idrogeno. Come sarà discusso nel seguito, solamente lo studio dettagliato delle proprietà di coordinazione degli elementi di transizione può aiutare a spiegare la specificità dei processi catalitici. Il monossido di carbonio, necessario per la preparazione dei carbonili metallici binari, è il prodotto della combustione parziale del carbonio (Df H°=110,4 kJ/mol) e può essere preparato mediante la reazione VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA di sinproporzione (DG°=120,1 kJ/mol) fra il biossido di carbonio e il carbonio, ove lo spostamento dell’equilibrio verso la formazione di CO è favorito alle alte temperature: CO2(g)C(s) 2CO(g) In termini di teoria del legame di valenza, il CO può essere rappresentato con un legame triplo fra i due elementi costituenti. Coerentemente con questa descrizione, l’entalpia di dissociazione del legame, pari a 1.073 kJ/mol, è la più elevata tra le molecole biatomiche, e la vibrazione di stiramento viene osservata nell’infrarosso a nCO=2.140 cm1 (dove nCO è il numero d’onda) in solvente organico. La concentrazione del CO in soluzione è circa 7·103 M a pressione atmosferica, con piccole variazioni dovute alla natura del solvente. La descrizione del legame nel CO confina un doppietto elettronico su ciascuno degli atomi costituenti la molecola, suggerendo che, in linea di principio, il CO può comportarsi come una base di Lewis sia mediante l’atomo di ossigeno sia mediante quello di carbonio. Normalmente il CO si lega ai metalli tramite l’atomo di carbonio. Se è coinvolto un solo atomo metallico, i gruppi carbonilici sono terminali. Con un numero di atomi metallici superiore, possono aversi gruppi a doppio o triplo ponte. Sono noti pochi casi in cui il CO agisce come gruppo a ponte tra due atomi metallici, impegnando sia il carbonio sia l’ossigeno in questo legame. Il monossido di carbonio può subire reazioni catalizzate da basi con alcoli e con ammine secondarie, dando origine rispettivamente a formiati HCO2R e formammidi HCONR2. Sono note anche reazioni del CO catalizzate da acidi, come la conversione del propilene in acido isobutirrico catalizzata da sostanze dotate di attività protonica (Orchin e Wender, 1957), discussa più avanti nel testo (v. par. 11.4.4). Generalmente, dalla reazione tra alcheni e CO in presenza di acido solforico concentrato (Weissermel e Arpe, 1978) si ottengono acidi 723 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA carbossilici ramificati (Koch, 1955). In presenza di HF/SbF5 con CO sotto pressione viene generato il catione formilico HCO, caratterizzato da una vibrazione di stiramento carbonilico a 2.110 cm1 (De Rege et al., 1997); questa specie può essere coinvolta in processi catalitici che avvengono in mezzi fortemente acidi. L’acido solforico concentrato, oppure il sistema HCl/CuCl, attivano il CO nei confronti dell’attacco elettrofilo su idrocarburi aromatici a dare aldeidi aromatiche (reazione di Gatterman-Koch). 11.4.2 Metallocarbonili e loro derivati: sintesi e struttura Poiché i processi catalitici che coinvolgono il CO frequentemente richiedono la presenza di derivati metallocarbonilici, è riportato di seguito un breve riepilogo delle proprietà di questi composti. Tipiche combinazioni con il monossido di carbonio sono note per i metalli delle tre serie d (3d, 4d, 5d), nelle quali il metallo centrale è spesso caratterizzato da un guscio d incompleto, cioè da una configurazione elettronica d n (con 0n10). I composti carbonilici dei metalli di transizione sono caratterizzati da vibrazioni di stiramento carbonilico attive nell’infrarosso intorno a 2.000 cm1. Sono anche noti alcuni composti di questa classe caratterizzati da una configurazione elettronica del metallo a guscio d chiuso (d 10) (Calderazzo e Belli Dell’Amico, 1986), per esempio Au(I) in AuCl(CO), o vuoto (d 0), per esempio Ca(II) in Ca(C5Me5)2, dove MeCH3, che forma un addotto con il monossido di carbonio caratterizzato da nCO a 2.158 cm1 (Selg et al., 2002), oppure Ti(IV) (Calderazzo et al., 1997) in [Ti(C5H5)2(CO)2]2, nCO 2.119 e 2.099 cm1. Alcuni addotti carbonilici sono anche noti per derivati ciclopentadienilici degli elementi 4f e 5f, quali Yb(C5Me5)2 (Schultz et al., 2001) e U(C5Me4H)3(CO), quest’ultimo caratterizzato dal punto di vista cristallografico (Del Mar Conejo et al., 1999) e avente nCO pari a 1.880 cm1. Derivati carbonilici sono stati riportati anche per elementi delle serie s-p, come il boro(III), tra i quali il composto B(CF3)3(CO), nCO =2.251 cm1, che è stato caratterizzato cristallograficamente (Finze et al., 2002). Esso si è aggiuto recentemente al già noto derivato BH3(CO), ottenuto facendo reagire il CO con diborano, B2H6 (Burg, 1952). Gli spettri vibrazionali forniscono importanti informazioni su alcune caratteristiche dei metallocarbonili: la distribuzione elettronica nel legame MCO nel caso di gruppi carbonilici terminali; la struttura molecolare, associata al numero delle vibrazioni di stiramento carbonilico osservate; il tipo di legame, terminale o a ponte, in composti polinucleari. Il legame MCO viene interpretato come il risultato di un’interazione s fra il doppietto elettronico solitario sull’atomo di carbonio del CO 724 e un orbitale vuoto del metallo, rinforzata dalla retrodonazione p da un orbitale metallico di simmetria appropriata a un orbitale antilegante del CO. I contributi s e p svolgono un’azione sinergica, con il risultato di un mutuo rafforzamento del legame. All’aumentare del contributo retrodativo p, le vibrazioni di stiramento carbonilico si spostano verso frequenze più basse. Tali vibrazioni sono influenzate anche dalla carica totale sul complesso metallico. Questo fatto è mostrato dai dati relativi alla serie isoelettronica degli esacarbonili, dove il metallo possiede la stessa configurazione elettronica 3d 6, da ferro(II) a titanio(II) (il valore in cm1 dell’unica frequenza di stiramento carbonilico attiva nell’infrarosso è riportato in parentesi): [Fe(CO)6]2 (2.204), [Mn(CO)6] (2.090), Cr(CO)6 (2.000), [V(CO)6] (1.859) e [Ti(CO)6]2 (1.748). È noto un ampio spettro di stati di ossidazione per i carbonili metallici, da III in [Ir(CO) 6 ] 3 (Willner e Aubke, 2003) a IV in [M(CO)4]4, con MCr, Mo, W (Ellis, 2003). Esempi ben noti di questa classe di composti sono i carbonili metallici neutri della serie 3d: V(CO)6, Cr(CO)6, Mn2(CO)10, Fe(CO)5, Co2(CO)8, Ni(CO)4. In questi composti l’atomo centrale si trova nello stato di ossidazione 0 e la configurazione elettronica spazia dalla 3d 5 del vanadio(0) alla 3d10 del nichel(0). Tenendo conto della presenza di un legame metallo-metallo per gli elementi con numero atomico dispari, si verifica facilmente che questi sistemi raggiungono il numero atomico effettivo del gas raro che li segue, con la sola eccezione del vanadio. Quando il CO è legato a un elemento di transizione in composti cationici, o anche privi di carica, il carattere elettrofilo del carbonio aumenta rispetto alla molecola CO isolata: per esempio, la reazione del metillitio con W(CO)6 (Fischer e Massböl, 1964) produce il complesso anionico acilico di formula [W(CO)5(COMe)], che può essere ulteriormente alchilato da parte di [Me3O] a dare il derivato carbenico W(CO)5C(OMe)Me. Per quanto riguarda la sintesi dei metallocarbonili, il nichel è il solo metallo che, finemente suddiviso e attivato, reagisce prontamente con CO per dare il corrispondente carbonile Ni(CO)4 in condizioni blande di temperatura e pressione (Mond et al., 1890). Il tetracarbonilenichel(0) è un liquido che bolle a 40-41 °C a pressione atmosferica. Esperimenti di diffrazione elettronica in fase gassosa e di diffrazione ai raggi X a bassa temperatura sul composto allo stato solido hanno mostrato che esso è dotato di struttura tetraedrica; inoltre, un raffinamento accurato dei dati strutturali ha messo in evidenza che i gruppi carbonilici sono legati al nichel tramite l’atomo di carbonio. Nella maggior parte degli altri casi, per preparare un composto metallocarbonilico è necessario operare la riduzione di un precursore inorganico facilmente disponibile. Il CO stesso può svolgere questa azione ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CATALISI IN FASE OMOGENEA CON MONOSSIDO DI CARBONIO NELLA FORMAZIONE DI LEGAMI CARBONIO-CARBONIO riducente nei confronti di alcuni ossidi o cloruri metallici, trasformandosi, rispettivamente, in CO2 (Df G°394 kJ/mol) oppure in COCl2 (Df G°206 kJ/mol). I reattivi di Grignard, i derivati alchilici o arilici del litio e i derivati alluminioalchilici sono stati spesso usati per la preparazione dei derivati metallocarbonilici; in questi casi si suppone che abbia luogo la formazione di intermedi metalloalchilici, che subiscono una riduzione per scissione omolitica, seguita dalla coordinazione del monossido di carbonio. Anche metalli elettropositivi, caratterizzati da un basso potenziale elettrochimico di riduzione (metalli alcalini, Mg, Zn) sono stati spesso usati per la riduzione di alogenuri di metalli di transizione in presenza di CO. Il metallo riducente, finemente suddiviso, viene attivato con uno dei metodi convenzionali. Come mezzo disperdente e/o solubilizzante viene spesso usato un solvente organico, normalmente un idrocarburo o un etere preventivamente disidratati. Le procedure di sintesi riportate in letteratura richiedono di solito alte temperature (50-200 °C) e pressioni (50-300 bar). In anni recenti sono stati sviluppati anche metodi di preparazione che impiegano condizioni più blande. I vari aspetti riguardanti la sintesi e la struttura dei derivati metallocarbonilici sono stati oggetto di alcuni lavori di rassegna (Brauer, 19751981; Calderazzo et al., 1968; Cotton, 1976). Mentre i sali di vanadio(III) sono carbonilati a [V(CO)6] ad alta temperatura e sotto pressione elevata in presenza del sistema riducente Mg/Zn/piridina, i derivati del niobio subiscono carbonilazione a [Nb(CO)6] con lo stesso sistema riducente a pressione atmosferica e a temperatura ordinaria (Calderazzo et al., 1983). I carbonili mononucleari neutri dei metalli del gruppo 6, di formula M(CO)6, con MCr, Mo, W, vengono normalmente preparati partendo da un composto facilmente disponibile nel quale il metallo si trova in uno stato di ossidazione positivo; conseguentemente, si rende necessario l’uso di un agente riducente in combinazione con il monossido di carbonio. L’esacarbonilecromo(0), Cr(CO)6, può essere preparato trattando CrCl 3 anidro con il reattivo di Grignard fenilico PhMgBr in tetraidrofurano (THF) con CO sotto pressione fra 4 e 10 °C. Un altro metodo di preparazione prevede la carbonilazione, in presenza di Mg/Zn, di alcuni sali di cromo(III) con CO sotto pressione (100-300 bar) a 130-180 °C in piridina. Gli esacarbonili di cromo, molibdeno e tungsteno sono mononucleari, con l’atomo centrale coordinato a sei gruppi CO in geometria ottaedrica, con simmetria molecolare molto prossima a Oh. Il miglior metodo attualmente disponibile per preparare Mn2(CO)10 consiste nell’alchilazione dell’acetato di manganese(II) con AlR3 e CO sotto pressione in isopropiletere (i-Pr)2O a 60-140 °C. Il derivato metilciclopentadienilico del manganese(I), Mn(MeC5H4)(CO)3, VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA viene ridotto a Mn2(CO)10 sotto pressione atmosferica di CO, utilizzando come riducente sodio in diglima (rese del 16-20%). Il decacarboniledirenio(0), Re2(CO)10, viene preparato a partire da KReO4 mediante carbonilazione riduttiva sotto pressione (300 bar) a 300 °C, in presenza di rame metallico. Con NH4ReO4 e CO sotto pressione (100 bar) a circa 190 °C, è stata ottenuta una resa di Re 2(CO) 10 del 69%. Applicando questo metodo a NH4TcO4, si è ottenuta una resa in Tc2(CO)10 del 90% in condizioni meno drastiche rispetto a quelle usate per NH4ReO4 (Calderazzo et al., 1989). L’uso di Al(i-Bu)2H come agente riducente permette di carbonilare NH4ReO4 a pressione atmosferica di CO a 70-80 °C, con una resa in Re2(CO)10 di circa il 60% (Top et al., 1996). I decacarbonili di manganese, tecnezio e renio, di formula M2(CO)10, hanno i gruppi carbonilici in posizione terminale e un legame metallo-metallo. La simmetria molecolare è D4d, con i due frammenti M(CO)5 in conformazione sfalsata. Rese sostanzialmente quantitative di Fe(CO)5 vengono ottenute mediante carbonilazione di FeI2 anidro in condizioni drastiche (200 °C, 200 bar di CO) in presenza di rame come accettore di alogeno (Calderazzo et al., 1968). Partendo da soluzioni di Fe(CO)5 preformato in acido acetico glaciale a 10-15 °C si forma, tramite irradiazione con luce visibile, l’enneacarbonilediferro(0), Fe2(CO)9, poco solubile, che viene recuperato mediante filtrazione. La struttura molecolare di Fe(CO)5, determinata mediante diffrazione ai raggi X sul composto a temperatura inferiore a quella di fusione (20,5 °C), è trigonale bipiramidale, di simmetria D3h. L’enneacarbonile Fe2(CO)9 contiene tre gruppi carbonilici a ponte che collegano le due unità Fe(CO)3, dando la struttura (OC)3Fe(m2-CO)3Fe(CO)3. Come agente riducente di un carbossilato di cobalto(II) può essere usato H2 in presenza di CO; in tal caso il gruppo carbossilato viene rilasciato sotto forma del corrispondente acido carbossilico. Buone rese di Co2(CO)8 si ottengono a partire da bis(2-etilesanoato)cobalto(II) a 30 °C, con pressioni di H2 e di CO di 180 e 80 bar, rispettivamente: 2Co(O2CR)28CO2H2 Co2(CO)84RCOOH I migliori solventi per la sintesi sono il diisopropilchetone, (i-Pr)2CO, il metilisobutilchetone, MeCO(i-Bu), il dietilenglicoledietiletere, EtOCH2CH2OCH2CH2OEt, seguiti dal THF. Questo punto verrà ulteriormente discusso in relazione ai dati sperimentali relativi alla reazione di idroformilazione catalizzata da cobalto (Chini, 1960a). È stato inoltre dimostrato (Chini, 1960b) che Co2(CO)8 può essere sintetizzato mediante una reazione autocatalitica e che la velocità di assorbimento di CO diminuisce all’aumentare della pressione parziale di CO (pCO) al di sopra di un certo valore. 725 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA Il dodecacarboniletetracobalto(0), Co4(CO)12, viene prodotto mediante la reazione (endotermica) di decarbonilazione parziale del Co2(CO)8: 2Co2(CO)8 Co4(CO)124CO Alternativamente, può essere anche preparato per via indiretta riducendo sali di cobalto(II) (2-etilesanoato o acetilacetonato) con H2 in presenza di quantità stechiometriche di Co 2(CO) 8, in toluene. La reazione seguente descrive la trasformazione di un carbossilato di cobalto(II): 2Co(O2CR)23Co2(CO)82H2 2Co4(CO)12 4RCOOH identificati soltanto mediante spettroscopia nell’infrarosso a bassa temperatura. La procedura di preparazione consiste nella vaporizzazione dei metalli, seguita da reazione con CO in una matrice solida a circa 20 K (Kündig et al., 1973). Questi composti si decompongono poco sopra 60 K. Composti polinucleari contenenti legami metallometallo (cluster metallocarbonilici) si possono formare, specialmente con gli elementi delle serie 4d e 5d, sotto pressione ridotta di CO e/o ad alta temperatura (Chini et al., 1976; Roth et al., 1992; Ceriotti et al., 1994; Hughes e Wade, 2000). che fornisce rese 90% (Ercoli et al., 1959). Questa reazione è completamente inibita dal CO. Il composto dinucleare Co2(CO)8 possiede allo stato solido una struttura con due gruppi carbonilici a ponte; ciascun atomo di cobalto è pertanto esacoordinato, risultando legato a tre gruppi carbonilici terminali, all’altro atomo di cobalto e ai due atomi di carbonio dei carbonili a ponte, secondo la struttura (OC)3Co(m2-CO)2Co(CO)3; la distanza cobalto-cobalto è di 0,2530 nm. Nel dodecacarboniletetracobalto(0), Co4(CO)12, che ha una disposizione tetraedrica dei quattro atomi di cobalto, un gruppo Co(CO)3 in posizione apicale è collegato, tramite legami CoCo, a un frammento di base Co3(CO)9 contenente tre gruppi carbonilici a ponte e sei gruppi carbonilici terminali e legami CoCo, cioè [(CO)2Co(m2-CO)]3Co(CO)3. Il dodecacarboniletetrarodio(0), Rh4(CO)12, viene preparato da RhCl3 e CO a 200 bar in presenza di un accettore di alogeno, quale rame, argento, cadmio o zinco. A 50-80 °C si forma prevalentemente il composto tetranucleare, mentre a 80-230 °C il prodotto principale è Rh6(CO)16, in accordo con la natura endotermica del processo di nucleazione, che è prevalentemente indotto dall’aumento di entropia. L’ottacarboniledirodio(0), Rh2(CO)8 (nCO2.084; 2.060; 1.862; 1.847 cm1), può essere osservato soltanto a temperature relativamente basse (fra 19,5 e 15,2 °C) e a pressioni elevate di CO (circa 200 bar; Oldani e Bor, 1983, 1985). Il dodecacarboniletetrarodio(0) ha essenzialmente la stessa struttura molecolare dell’analogo di cobalto, cioè [(CO)2Rh(m2-CO)]3Rh(CO)3. L’esadecacarbonileesacobalto(0), Co6(CO)16, è isomorfo con il corrispondente composto di rodio Rh6(CO)16 (Leung e Coppens, 1983), con i sei atomi metallici disposti ai vertici di un ottaedro; ciascun atomo metallico lega due gruppi CO terminali, mentre i rimanenti quattro gruppi carbonilici sono legati a ponte triplo su due coppie opposte di facce triangolari, a dare la struttura M6(CO)12(m3-CO)4, con MCo, Rh. A differenza di Ni(CO)4 che, come si è visto, è facilmente preparabile, i corrispondenti tetracarbonili di palladio(0) e platino(0), Pd(CO)4 e Pt(CO)4, sono stati 726 11.4.3 Reattività dei metallocarbonili I metallocarbonili possono subire vari tipi di reazioni: sostituzione dei gruppi carbonilici; ossidazione; riduzione. Nel primo caso non ha luogo alcuna variazione dello stato di ossidazione del metallo, mentre nel secondo e nel terzo caso si verificano, rispettivamente, un aumento e una diminuzione dello stato di ossidazione. Reazioni di sostituzione sui carbonili metallici possono essere indotte per via termica, fotochimica, e chimica. In una sostituzione per via termica, il calore fornito al sistema viene usato sia per aumentare la velocità del processo, sia per spostare l’equilibrio; nel caso in cui venga prodotto CO, il DS° della reazione è normalmente positivo, come avviene per esempio nella formazione dei complessi tricarbonilarenemetallo(0) del gruppo 6, MCr, Mo, W: M(CO)6arene M(CO)3(arene)3CO I complessi tricarbonil-h6-arenici di cromo, molibdeno e tungsteno possiedono una geometria pseudottaedrica, ove il legante arene occupa le posizioni di una faccia triangolare, mentre la faccia triangolare opposta è definita dai tre gruppi carbonilici. Il composto tetracarbonilnichel Ni(CO)4 presenta elevata reattività e molti prodotti di sostituzione sono stati preparati a partire da questo precursore. Per esempio, con fosfine terziarie e con composti analoghi contenenti pnicogeni sono stati preparati molti complessi di formula Ni(CO)4n(ER3)n, dove E è un elemento del gruppo 15. I complessi di nichel(0) con fosfine terziarie sono importanti precursori catalitici, per esempio per la trimerizzazione di acetileni sostituiti oppure per la dimerizzazione di butadiene a ciclo-otta-1,5-diene. I composti che contengono metalli appartenenti allo stesso gruppo della tavola periodica, e quindi aventi lo stesso numero di elettroni di valenza sul metallo centrale, normalmente sono isostrutturali: per esempio, gli esacarbonili del gruppo 6. Per composti di questo tipo e per bassi stati di ossidazione, l’ordine di reattività in reazioni di sostituzione è frequentemente 3d4d5d ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CATALISI IN FASE OMOGENEA CON MONOSSIDO DI CARBONIO NELLA FORMAZIONE DI LEGAMI CARBONIO-CARBONIO (Basolo, 1990; Freeman e Basolo, 1991), con l’eccezione dei derivati ciclopentadienilici del gruppo 5, MCp(CO)4 (MV, Nb, Ta; Cpciclopentadienile), per i quali l’ordine di reattività è VNbTa. In relazione a questi dati, è stato calcolato (Li et al., 1995) che l’energia della prima dissociazione di CO per gli esacarbonili del gruppo 6 e per i tetracarbonili del gruppo 10 presenta un minimo per il termine 4d, molibdeno e nichel, rispettivamente. Perciò, almeno per quanto riguarda i meccanismi dissociativi, l’ordine di reattività osservato ha un supporto teorico. Queste informazioni sono importanti in relazione ai fenomeni catalitici. Un caso speciale di reazione di sostituzione è rappresentato dalla reazione di inserzione migratoria in composti carbonilici con leganti alchilici o arilici, nella quale questi leganti sono convertiti in gruppi acili o aroili per azione di una base di Lewis. Questa reazione, riportata per la prima volta nel 1957 (Coffield et al., 1957), converte un derivato carbilpentacarbonilico di manganese(I), MnR(CO)5, in Mn(COR)(CO)5 sotto l’azione del CO. Il meccanismo della reazione è stato studiato in maniera approfondita e, nel caso di Mn(Me)(CO) 5, si è trovato che la reazione procede attraverso una specie tetracarbonilica coordinativamente insatura, risultante dalla migrazione del metile su uno dei gruppi carbonilici terminali in posizione cis (Calderazzo e Cotton, 1962; Calderazzo, 1977). Nella reazione di inserzione migratoria il metallo non modifica il suo stato di ossidazione, mentre si forma un nuovo legame carbonio-carbonio. Come tale, questa reazione costituisce uno degli stadi fondamentali nei processi catalitici responsabili della formazione di legami carbonio-carbonio (idroformilazione, omologazione, copolimerizzazione CO-olefina, polimerizzazione di olefine). Nei processi di ossidazione, l’ordine di reattività è frequentemente 5d4d3d, in accordo con l’aumento della stabilità degli stati di ossidazione superiori all’interno delle serie di transizione d. Questo punto è importante in relazione ai processi catalitici discussi in seguito. Ugualmente rilevante per la discussione sui meccanismi dei processi catalizzati da metalli è l’osservazione che l’inserzione migratoria di CO in legami metalloidruro MHCO MC(O)H è stata osservata soltanto in pochi casi specifici. Non esistono casi di sistemi idrurici 3d che siano stati convertiti nei corrispondenti derivati formilici. Al contrario, derivati formilici di metalli 3d, se preparati per via indiretta, normalmente decarbonilano formando il corrispondente idruro. Un’importante reazione ossidoriduttiva, che conduce all’anione tetracarbonilcobaltato(I) [Co(CO)4] e a VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA cobalto(II) solvatato, viene osservata con Co2(CO)8 in presenza di basi di Lewis (L) contenenti azoto od ossigeno: 3Co2(CO)812L 2[CoL6][Co(CO)4]28CO È stato dimostrato che questa reazione di disproporzione retrocede in presenza di CO sotto pressione (Chini, 1960a). Una reazione simile avviene con l’esacarbonilevanadio(0) (Calderazzo et al., 1968): 3V(CO)66L [VL6][V(CO)6]26CO La struttura allo stato solido del prodotto ionico [V(THF)4][V(CO)6]2, che si forma da questa reazione in presenza di THF, è stata riportata in letteratura (Schneider e Weiss, 1976). È di interesse l’osservazione (Tucci e Gwynn, 1964) che Co2(CO)8 e alcoli danno luogo a un processo ossidoriduttivo formando [Co(CO)4(ROH)] [Co(CO)4], stabile a temperature inferiori a 0 °C. Anche Rh4(CO)12 e Rh6(CO)16 subiscono disproporzione con piridina (py); il derivato risultante [(py)2H][Rh5(CO)13(py)2] è stato caratterizzato dal punto di vista cristallografico (Fachinetti et al., 1993). I metallocarbonili binucleari del gruppo 7 vengono ridotti dai metalli alcalini M in THF; il derivato binucleare del gruppo 9, Co2(CO)8, si comporta in maniera analoga: M2(CO)10 2M 2M[M(CO)5] Co2(CO)82M 2M[Co(CO)4] Gli anioni pentacarbonilmetallato(I) del gruppo 7 e [Co(CO)4] sono prodotti di partenza utili per la formazione dei derivati carbilcarbonilici, RM(CO)5 e RCo(CO)4, rispettivamente, per reazione con un alogenuro alchilico: [M(CO)5]− RX RM(CO)5X− [Co(CO)4]− RX RCo(CO)4X− I prodotti risultanti hanno struttura pseudottaedrica o trigonale bipiramidale, di simmetria C4v e C3v, rispettivamente, con il legante idrurico o carbilico in posizione apicale (Calderazzo et al., 1981; Brammer et al., 1992; Brammer, 2003). 11.4.4 Reazioni catalitiche del monossido di carbonio Di seguito sono descritte alcune reazioni catalitiche attraverso le quali il CO dà luogo alla formazione di nuovi legami carbonio-carbonio: a) la sintesi di acidi carbossilici catalizzata da acidi forti; b) la sintesi, catalizzata da metalli di transizione, di vari tipi di composti organici (alcoli, glicoli, aldeidi, ecc.) a partire da CO in condizioni riducenti (omologazione degli alcoli e accoppiamento idrogenativo di CO) oppure da sistemi CO/olefina 727 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA (idroformilazione e reazioni analoghe); c) la copolimerizzazione CO/olefina; d) la carbonilazione del metanolo ad acido acetico, consistente, formalmente, nell’inserzione di CO nel legame CO del metanolo. La conoscenza approfondita delle proprietà fondamentali dei derivati organometallici è essenziale per comprendere gli stadi elementari coinvolti nei processi catalitici e, conseguentemente, per quantificare l’effetto dei parametri di reazione sulle rese e sulla natura dei prodotti (Collman, 1968; Halpern, 1970; Stille e Lau, 1977). Sintesi di acidi carbossilici ramificati Gli acidi carbossilici possono essere prodotti per carbonilazione di olefine in presenza di acqua (carbonilazione secondo Reppe, v. oltre). Una via alternativa per la sintesi dell’acido carbossilico C8 (acido 2-etilesanoico) è costituita dall’idroformilazione del propilene, seguita da dimerizzazione dell’aldeide C4 così ottenuta e da successiva ossidazione. Gli acidi carbossilici vengono oggi per lo più preparati attraverso la reazione originariamente proposta da Koch (1955). Acidi carbossilici ramificati di formula R1R2R3CCOOH, ove R1, R2 e R3 sono residui alchilici di formula generica CnH2n1, con n1, vengono formati in presenza di acidi quali H2SO4, H3PO4, BF3 oppure SbF5. Il primo termine della serie è l’acido 2,2-dimetilpropanoico (acido pivalico), (CH3)3CCOOH, punto di fusione 37 °C, punto di ebollizione 176,5 °C (Keenan e Krevalis, 1993). Lo schema riportato di seguito rappresenta la formazione di questo acido da isobutene: l’intermedio carbocationico viene carbonilato, producendo il catione acilio, che viene idrolizzato per dare il prodotto finale. La reazione totale è rappresentabile come somma dei seguenti stadi singoli: (CH3)2CCH2H (CH3)3C (CH3)3CCO (CH3)3CC(O) (CH3)3 CC(O)H2O (CH3)3CCOOH H (CH3)2CCH2COH2O (CH3)3CCOOH In seguito all’isomerizzazione che ha luogo nelle condizioni di reazione, tutti gli isomeri del butene sono convertiti in acido pivalico. Nella produzione degli acidi trialchilacetici C10 si usa una olefina ramificata C9, giungendo a una miscela di acidi carbossilici liquidi a temperatura ordinaria, con punti di ebollizione nell’intervallo 250-257 °C. Il prodotto commerciale, noto come acido Versatico 911, è una miscela di acidi carbossilici C9-C11 ottenibili da un taglio di olefine C8-C10. Tale prodotto commerciale viene preparato in due stadi: dapprima viene fatta reagire l’olefina con CO sotto pressione (50-100 bar) in presenza del catalizzatore acido, quindi il prodotto risultante viene trattato con acqua. L’acido carbossilico terziario così ottenuto viene purificato per distillazione. I prodotti introdotti sul mercato da Shell (Versatic acid, acido Versatico) e da Exxon (Neo acid, Neoacido) 728 sono acidi carbossilici di struttura altamente ramificata, con un atomo di carbonio terziario adiacente al gruppo carbossilico: queste due caratteristiche permettono a tali composti di essere usati in svariati campi applicativi, per esempio in agricoltura, nell’industria farmaceutica e nel settore dei perossidi e dei catalizzatori, con uno spettro di impieghi certamente superiore a quello degli acidi carbossilici primari e secondari. L’acido Versatico 10, altamente ramificato, permette la dissoluzione di cationi metallici in solventi organici: tali sali trovano impiego come essiccanti per vernici, adesivi per gomme, additivi per polimeri e catalizzatori. Gli esteri dell’acido Versatico 10 sono stabili all’idrolisi grazie alla protezione sterica sul gruppo estereo. Gli esteri perossidici vengono usati come iniziatori di polimerizzazione. Prodotti C2 da CO: omologazione del metanolo e accoppiamento idrogenativo del CO Queste reazioni hanno in comune la caratteristica di formare nuovi legami carbonio-carbonio utilizzando il CO o altri prodotti C1 in condizioni riducenti con formazione di prodotti C2. Le reazioni sono normalmente catalizzate da metalli di transizione d, nella maggior parte dei casi cobalto, rutenio o rodio. Legami carbonio-carbonio da CO in condizioni riducenti vengono formati nella produzione DuPont di etilenglicole (HOCH2CH2OH) da CO, H2 e formaldeide. D’altra parte, la fonte principale di questo prodotto è ancora costituita dalla ossidazione dell’etilene a ossido di etilene, seguita da idrolisi. Il primo caso di reazione di omologazione venne riportato nel 1949 (Wender et al., 1949); si trattava della produzione di alcol etilico da metanolo con una miscela CO/H 2 in rapporto 1:1, a circa 200 bar e 160 °C (Wender et al., 1951): CH3OHCO2H2 CH3CH2OHH2O La reazione è apparentemente di applicabilità generale. A quel tempo la resa migliore (63%) venne ottenuta per la conversione di alcol ter-butilico in alcol isoamilico. Tali risultati vennero confermati alcuni anni dopo (Berty et al., 1956), mentre selettività intorno all’80% nella omologazione del metanolo ad alcol etilico furono annunciate successivamente in un articolo di rassegna (Pruett, 1981). Anche derivati ferrocarbonilici in presenza di un’ammina terziaria catalizzano questa reazione: in condizioni simili a quelle sopra riportate non viene ottenuto, da metanolo, altro prodotto oltre l’etanolo. Inoltre, il prodotto è sostanzialmente anidro (Roth et al., 1984). La paraformaldeide è stata usata come materiale di partenza C1 per produrre glicolaldeide HOCH2CHO (Marchionna et al., 1989). Selettività del 90% sono state ottenute in acetone a 110 °C sotto la pressione totale di 125 bar di miscela CO/H2 in rapporto 1:1, usando come precursore catalitico Rh4(CO)12/[N(PPh3)2]Cl oppure ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CATALISI IN FASE OMOGENEA CON MONOSSIDO DI CARBONIO NELLA FORMAZIONE DI LEGAMI CARBONIO-CARBONIO [Rh(CO)2Cl2]/[Rh5 (CO)15x(PPh3)x ]. In precedenza era stato proposto (Fahey, 1981) che la formaldeide si formasse come intermedio in alcune reazioni catalizzate da metalli operanti con la miscela CO/H2 1:1; d’altra parte, il gas di sintesi, alla pressione di circa 1.970 bar in presenza di Rh(C5H7O2)(CO)2 in tetraglima, fornisce come prodotti principali glicole etilenico, metanolo ed etanolo. In considerazione dei risultati ottenuti con i cluster rodiocarbonilici, l’importanza del precursore metallico in processi catalitici risulta ancora una volta dimostrata, e la presenza della formaldeide come prodotto intermedio nella produzione di sostanze C2 riceve ulteriore conferma. Si è anche trovato che CoH(CO)4 preformato reagisce con formaldeide a 0 °C e a pressione atmosferica di CO dando glicolaldeide in alta resa. Un’interessante reazione di accoppiamento C – C che coinvolge il monossido di carbonio è la sintesi di etilenglicole da CO in presenza di H2, formalmente rappresentata dalla reazione: 2CO3H2 HOCH2CH2OH Diversi carbonili metallici sono stati impiegati come promotori di questa reazione. In particolare sono stati studiati i sistemi contenenti cluster carbonilici di rodio fino a Rh13 o anche a nuclearità maggiore (Pruett, 1981). Come spesso accade, la specie catalitica responsabile del processo non è stata individuata in modo conclusivo e si è avanzata l’ipotesi che il ciclo catalitico passi attraverso una specie contenente rodio del tipo (L)nRhCH2OH, di complessità molecolare ignota, in cui è presente un legame con un gruppo idrossimetilico, su cui dovrebbe avvenire l’accoppiamento del legante al carbonio. Idroformilazione di olefine e reazioni correlate La idroformilazione di olefine, cioè l’addizione di un gruppo formile (CHO) attraverso il doppio legame carbonio-carbonio in presenza di H2, venne scoperta collateralmente agli studi sulla reazione di FischerTropsch, annunciata, quest’ultima, nel 1926. Nel 1938 la Ruhrchemie (Weissermel e Arpe, 1978) riportò di avere convertito olefine RCHCH2 nelle corrispondenti aldeidi contenenti un atomo di carbonio in più, mediante l’azione combinata di CO e H2 (Roelen, 1943, 1944, 1948, 1952). Alcuni anni prima, ricercatori del Bureau of Mines di Pittsburgh, Experiment Station (Smith et al., 1930) avevano fatto reagire l’etilene con la miscela CO/H2, ottenendo prodotti ossigenati che, apparentemente, non vennero ulteriormente indagati. Soltanto più tardi Roelen stabilì che i prodotti erano essenzialmente aldeide propionica e dietilchetone. Negli Stati Uniti il primo impianto operante con catalizzatori a base di cobalto divenne operativo nel 1948 a Baton Rouge, Louisiana. In Italia un impianto di idroformilazione dell’etilene a propionaldeide era stato progettato, ma mai reso funzionante a causa degli eventi bellici, fin VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA dal 1941 dalla società Bomprini Parodi Delfino (Natta e Pino, 1949). Nel 1990 la capacità mondiale installata per la idroformilazione delle olefine (processo oxo) era di 7,0·06 t di aldeidi e alcoli, tale da rendere questo processo quello di maggiore dimensione nel mondo tra i processi basati su catalizzatori omogenei (Billig e Bryant, 1996). Molti aspetti della idroformilazione delle olefine sono stati descritti in articoli di rassegna (Beller et al., 1996; Bahrmann et al., 1996). La reazione seguente descrive la conversione di etilene ad aldeide propionica: CH2CH2COH2 CH3CH2CHO L’idrogenazione del doppio legame carbonio-carbonio a dare i corrispondenti alcani è generalmente favorita rispetto alla idroformilazione. Lo stesso vale per la idrogenazione del CO a metano. Poiché CO e olefina coesistono durante il processo di idroformilazione, la formazione pressoché esclusiva di aldeidi costituisce un buon esempio di chemioselettività governata dalla natura del catalizzatore. La reazione di idroformilazione è catalizzata da alcuni metalli di transizione: precursori di cobalto, rodio e platino (Clark e Jain, 1984) vengono convertiti nelle specie catalitiche attive nelle condizioni di reazione. In tempi più recenti, sono stati utilizzati come precursori catalitici anche alcuni complessi di rutenio (Kalck et al., 1991), sotto forma di derivati carbonilici sostituiti con fosfine, per esempio Ru(CO)3(PR3)2, come proposto originariamente da G. Wilkinson e collaboratori (Evans et al., 1965). L’attività di questi sistemi, però, è sensibilmente inferiore a quella dei sistemi a base di cobalto, con conversioni conseguentemente più basse. Alcuni aspetti meccanicistici della reazione di idroformilazione delle olefine sono stati discussi in un articolo di rassegna (Stille, 1991). I carbossilati di cobalto sono stati usati come precursori catalitici per processi industriali su larga scala; questi precursori sono relativamente poco costosi, facilmente preparabili e prontamente convertiti dalla miscela CO/H2 nei derivati carbonilici Co2(CO)8, CoH(CO)4 o Co4(CO)12. L’ammontare relativo di queste specie nelle condizioni di reazione dipende sia dalla pressione sia dalla temperatura. Per la reazione catalizzata da cobalto, la natura del solvente non ha un grande effetto sulla velocità di idroformilazione del cicloesene a 110 °C, mentre la struttura dell’olefina influisce fortemente sulla velocità: le olefine ramificate sono le più lente (Wender et al., 1956, 1957). Un importante sviluppo nel campo della idroformilazione delle olefine ebbe luogo nel 1965, quando venne annunciato che derivati di rodio complessati con fosfine promuovono la idroformilazione di olefine in condizioni blande di temperatura e pressione (Osborn et al., 1965; Baird et al., 1967; Evans et al., 1968). Più tardi 729 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA venne anche annunciato un cambiamento consistente di regioselettività indotto dal legante a base di fosfina (Slaugh e Mullineaux, 1968). I derivati carbonilici di rodio mostrano attività molto più alta rispetto agli analoghi sistemi a base di cobalto: si è trovato infatti che il rodio, introdotto nell’ambiente di reazione come Rh 4(CO) 12 mostra un’attività che è circa 10 4 volte superiore a quella del cobalto(Heil e Markó, 1968). D’altra parte, il rodio ha un costo nettamente più elevato rispetto al cobalto. La velocità della reazione catalizzata da rodio dipende dalla natura dell’olefina: lo stirene mostra la velocità più elevata (Heil e Markó, 1969). Le fosfine terziarie riducono la velocità della idroformilazione catalizzata da cobalto; in compenso, si riscontra una maggiore selettività nel rapporto n/iso delle aldeidi prodotte quando si usano olefine con sostituenti alchilici (Whyman et al., 2002). Assumendo, come viene fatto abitualmente, che CoH(CO)4 o qualche altro idruro di cobalto CoH(CO)x o ancora una specie formilica CoC(O)H(CO)x (x4), svolgano il ruolo catalitico nella reazione, nel caso di olefine terminali alchilsostituite del tipo RCHCH2, l’addizione al doppio legame può produrre aldeidi lineari o ramificate (Bianchi et al., 1977a, 1977b): RCH2CH2CHO RCHCH2COH2–– RCH(CHO)CH 3 Normalmente, predomina l’aldeide lineare (quella in alto nello schema riportato sopra), derivante dalla addizione anti-Markownikoff, con il gruppo funzionale diretto all’atomo di carbonio meno sostituito (Beller et al., 2004). Ovviamente, se nelle condizioni di reazione avviene la migrazione del doppio legame, il numero dei possibili prodotti isomeri aumenta considerevolmente. Stirene e CoH(CO)4 preformato reagiscono in presenza di CO formando il derivato acilico ramificato, che lentamente si converte nell’isomero lineare (Ungváry e Markó, 1982). Dal punto di vista meccanicistico, è interessante che alte pressioni parziali di CO, mentre diminuiscono la velocità della reazione di idroformilazione, aumentano il rapporto n/iso delle aldeidi prodotte da olefine sostituite (Piacenti et al., 1966). Per esempio, nel caso del propilene, la percentuale di aldeide lineare varia dal 62% per pCO2,5 bar all’81% per pCO30 bar; pressioni parziali ancora più alte, fino a 90 bar, lasciano praticamente inalterato il rapporto n/iso. Un complesso carbenico di rodio(I) catalizza, in benzene, l’addizione di CO/H2 a stireni p-sostituiti e l’isomero ramificato della corrispondente aldeide viene ottenuto in percentuale di circa il 95% (Chen et al., 2000). D’altra parte, un precursore di rodio solubile in acqua, contenente una fosfina bidentata solfonata, catalizza la idroformilazione del propilene con un rapporto n/iso di 99 per le corrispondenti aldeidi (Bahrmann et al., 1996). 730 Questo dimostra come fattori elettronici e sterici del sistema catalitico, indotti anche dal mezzo di reazione, siano importanti per la selettività ai prodotti. L’idroformilazione asimmetrica (Agbossou et al., 1995; Breit, 2003; Nozaki et al., 2003) è stata riportata per la prima volta nel 1972, con catalizzatore a base di cobalto (Botteghi et al., 1972) o di rodio (Ogata e Ikeda, 1972; Tanaka et al., 1972) con una base di Schiff o una fosfina chirale monodentata come legante di supporto. L’effetto della pressione di CO sulla velocità della idroformilazione delle olefine catalizzata da cobalto è di primaria importanza sia dal punto di vista del meccanismo, sia per quanto riguarda l’esercizio dell’impianto industriale. Nel corso di studi cinetici con cicloesene era stato notato (Natta ed Ercoli, 1952) che le rese di aldeide non sono influenzate dalla pressione nell’intervallo fra 120 e 380 bar, usando la miscela 1:1 CO/H2. Successivamente (Natta et al., 1954) venne scoperto il cosiddetto effetto negativo della pressione del monossido di carbonio, un risultato che venne quasi contemporaneamente e indipendentemente confermato da altri due gruppi di ricerca (Martin, 1954; Greenfield et al., 1954): le rese di aldeidi a un tempo prefissato aumentano fino a un certo valore della pressione parziale di CO, per poi diminuire per valori di pressione superiori, a parità delle altre condizioni. Anche la velocità della idroformilazione catalizzata da rodio è influenzata in maniera analoga dalla pressione parziale di CO (Heil e Markó, 1968), con il massimo dell’attività osservato a pCO = 40 bar, per una fissata pressione di H2 (40 bar). È stato studiato l’effetto della struttura dell’olefina sulla velocità della reazione, ed è stato osservato che la velocità di reazione più elevata è caratteristica delle α-olefine (Heil e Markó, 1969). L’equilibrio fra Co2(CO)8 e CoH(CO)4 mediato da H2 è ormai ben noto. Inoltre, è stato dimostrato che l’addizione di olefina a CoH(CO)4 produce il corrispondente derivato alchilico, il quale subisce prontamente l’inserzione di CO. Una rappresentazione generalmente accettata degli stadi elementari del processo di idroformilazione è riportata nelle equazioni che seguono: 1/2Co2(CO)81/2H2 CoH(CO)4 CoH(CO)4RCHCH2 Co(CH2CH2R)(CO)4 Co(CH2CH2R)(CO)4CO Co(COCH2CH2R)(CO)4 L’equilibrio fra Co2(CO)8 e CoH(CO)4 è endotermico e quindi è favorito all’aumentare della temperatura. Lo stadio finale è l’idrogenolisi del derivato acilico a CoH(CO)4 e aldeide (di seguito viene mostrato soltanto il prodotto lineare, che è generalmente predominante): Co(COCH2CH2R)(CO)4H2 CoH(CO)4 RCH2CH2CHO Studi spettroscopici in situ sotto pressione hanno mostrato che l’idroformilazione dell’1-ottene in eptano ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CATALISI IN FASE OMOGENEA CON MONOSSIDO DI CARBONIO NELLA FORMAZIONE DI LEGAMI CARBONIO-CARBONIO (Whyman, 1974; Whyman et al., 2002; Dwyer et al., 2004) è caratterizzata da più elevate concentrazioni di aldeide all’aumentare del rapporto CO/H2. A tempi intermedi di reazione, è stato identificato il derivato acilico Co(COR)(CO)4. Sulla base dell’effetto di pCO sulle rese, si è ipotizzato che un complesso carbonilico di cobalto con un contenuto di CO inferiore a quello di CoH(CO)4, per es. CoH(CO) 3, sia operante nelle condizioni di reazione. La velocità della reazione di idroformilazione delle olefine catalizzata da cobalto a 110 °C aumenta leggermente all’aumentare della costante dielettrica del mezzo. Di recente l’idroformilazione è stata realizzata anche in CO2 supercritica (Koch e Leitner, 1998). Inoltre, è stata ben stabilita la formazione di coppie ioniche nella chimica dei composti carbonilici del cobalto (Fachinetti et al., 1987, 1988) e del rodio (Fachinetti et al., 1993), a seguito di reazioni di disproporzione, come evidenziato sia per via chimica, sia mediante studi cristallografici. Questi fenomeni sono importanti anche dal punto di vista meccanicistico (v. par. 11.4.5). Altre reazioni simili alla idroformilazione sono state realizzate usando come sostanze ad attività protonica l’acqua o gli alcoli anziché l’idrogeno, con formazione, rispettivamente, di acidi carbossilici e di esteri (Reppe et al., 1953a, 1953b; Fenton, 1973; Kiss, 2001): RCH2CH2COA RCHCH2COHA–– RCH(COA)CH 3 (A= OH, OR) Effetti di pCO sulla velocità di reazione simili a quelli già menzionati nel caso della idroformilazione delle olefine sono stati individuati anche per queste reazioni (Ercoli et al., 1955, 1960). Poiché, al di là di un valore massimo dipendente dalla temperatura e dal tipo di reazione, molte reazioni di carbonilazione sono influenzate negativamente dalla pressione del CO, è stato generalmente riconosciuto il ruolo giocato in queste reazioni da specie carboniliche prive di carica, contenenti un numero di gruppi carbonilici inferiore a quello necessario alla completa saturazione della sfera di coordinazione del metallo. D’altra parte, in considerazione della facilità con cui alcuni derivati metallocarbonilici subiscono reazioni di disproporzione in presenza di basi di Lewis, è da tenere in conto anche la possibilità che specie metalliche cationiche possano prendere parte agli stadi elementari di coordinazione che portano dai reagenti ai prodotti.. A questo proposito è interessante notare che la sintesi di Co2(CO)8 viene realizzata preferibilmente usando come solventi chetoni o eteri. VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA Copolimerizzazione CO/olefina La copolimerizzazione di CO ed etilene venne riportata per la prima volta nel 1941 da Farbenfabriken Bayer in Germania in condizioni piuttosto drastiche di temperatura e pressione: il processo basato su composti di nichel, messo a punto da Reppe, ha luogo a temperature fino a 230 °C e pressioni fino a 2.000 bar (Sen, 1993; Drent e Budzelaar, 1996; Sommazzi e Garbassi, 1997). La copolimerizzazione CO/olefina può anche essere promossa mediante un meccanismo radicalico oppure tramite irradiazione g, ottenendo in questo modo, generalmente, copolimeri a struttura non alternata. Più tardi, un notevole progresso nella copolimerizzazione alternata CO/olefina a [C(O)CH(R)CH2]n venne realizzato con l’uso di precursori catalitici a base di palladio in presenza di fosfine terziarie. Il copolimero CO/etilene perfettamente alternato, generalmente ottenuto in metanolo, nCH2CH2nCOCH3OH H(CH2CH2CO)nOCH3 è caratterizzato da alcune proprietà interessanti: l’impiego del CO, reagente a basso costo, permette di raddoppiare la massa del polimero etilenico e il materiale ottenuto possiede buone proprietà meccaniche, alto punto di fusione ed elevata cristallinità. Una notevole acquisizione in questo campo fu realizzata con la scoperta, da parte dei laboratori Shell, ad Amsterdam, che le fosfine bidentate, in particolare gli 1,3-bis(fosfino)propani, aumentano la velocità di copolimerizzazione, la vita del catalizzatore e, conseguentemente, la sua attività in termini di massa di copolimero ottenuta per unità di massa del precursore catalitico e per unità di tempo. Un articolo di rassegna esamina l’effetto del ‘morso’ del legante sulla reazione di copolimerizzazione (van Leeuwen et al., 2000). Una composizione catalitica tipica può essere realizzata in situ partendo da un derivato di palladio, normalmente bis(acetato)palladio(II) o bis(trifluoroacetato)palladio(II), una fosfina terziaria bidentata o un gruppo chelante a base di azoto, un acido quale CF3COOH oppure p-MeC6H4SO3H, e una sostanza organica ossidante quale l’1,4-benzochinone, la cui funzione è probabilmente connessa con la necessità di riportare il palladio ridotto allo stato di ossidazione II, nelle condizioni di reazione. È interessante notare che la presenza di acidi forti, quali quelli sopra indicati, cioè aventi una base coniugata debole, è essenziale per l’ottenimento di valori elevati del numero di turn-over. In alternativa, il palladio può essere introdotto sotto forma di complessi cationici del tipo [Pd(LL)R(L)], dove LL è un legante bidentato contenente azoto o fosforo, R è un gruppo carbile e L è un legante monodentato che completa la sfera di coordinazione del palladio(II), quadrato-planare nella sua forma stabile (Bianchini et al., 2002). L’anione ha normalmente debole potere coordinante. 731 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA Il copolimero CO/C2H4 così prodotto, in accordo con la sua natura di polichetone, è caratterizzato da un assorbimento IR, altamente diagnostico, a circa 1.700 cm1. Due osservazioni sperimentali hanno qualche rilevanza per questo processo. La prima riguarda l’idroformilazione dell’etilene: fin dall’inizio degli studi sulla reazione di idroformilazione venne notato che si forma in prevalenza il dietilchetone C2H5C(O)C2H5, il che suggerisce che l’addizione di una seconda molecola di etilene all’intermedio acilico MC(O)C2H5 compete con successo con la idrogenolisi a C2H5CHO. Inoltre, prendendo l’etilene come olefina di riferimento, l’inserzione alternata di CO ed etilene a dare il polichetone nel processo catalizzato da palladio è in accordo con considerazioni termodinamiche basate sulle entalpie di dissociazione dei legami MC e CC. Una volta formata la prima sequenza MC(O)C2H4OMe, l’evento successivo deve essere realizzato in presenza di CO ed etilene. Sebbene la coordinazione di CO sia preferita (Calderazzo et al., 2004) in base alla maggiore forza di legame del sistema MCO rispetto a M(C2H4), di fatto viene favorita l’inserzione di etilene. La sequenza MC(O)C(O)C2H4OMe che verrebbe generata da una seconda inserzione di CO deve perciò essere considerata meno stabile rispetto a MCH2CH2C(O)C2H4OMe. Questo è in effetti suggerito dalle entalpie di dissociazione di CH3C(O) C(O)CH3 e PhC(O) C(O)Ph, 282,0 e 277,8 kJ/mol rispettivamente, che sono inferiori di circa 75 kJ/mol rispetto a quella di MeC(O)Ph, stimata a 355,6 kJ/mol. Inoltre, per via cristallografica è stato riscontrato nel composto CH3C(O) C(O)CH3 un valore elevato, pari a 0,1540(6) nm, della distanza carbonio-carbonio del legame centrale (Eriks et al., 1983). Questo ragionamento sulla stabilità relativa, che si è applicato a molecole nello stato fondamentale, può essere ragionevolmente esteso a specie metalliche nei corrispondenti stati di transizione. I copolimeri e i terpolimeri a base di CO/olefina sono stati messi in commercio e la proprietà intellettuale sui polichetoni Carilon e Carilite è stata recentemente ceduta da Shell allo Stanford Research Institute. Carbonilazione del metanolo ad acido acetico Formalmente, la sintesi dell’acido acetico da metanolo consiste nella inserzione di CO nel legame carbonio-ossigeno dell’alcol: CH3OH(l)CO(g) CH3COOH(l) Questo processo, favorito dal punto di vista termodinamico (DG°=87,8 kJ/mol) è caratterizzato da una variazione negativa di entropia. D’altra parte, studi meccanicistici suggeriscono che lo stadio fondamentale della reazione è la carbonilazione del gruppo metilico legato a un atomo metallico, che fornisce il corrispondente acetile, seguita da idrolisi. 732 La prima carbonilazione di metanolo ad acido acetico con alta resa in un processo omogeneo venne riportata da Reppe alla Badische Anilin und Soda Fabrik (BASF) in Germania (Reppe et al., 1953b), con un processo brevettato nel 1941. Molti metalli o complessi metallici (ferro, cobalto, nichel, tungsteno) furono usati in presenza di ioduri come attivatori; operando in condizioni drastiche di temperatura e pressione (250 °C, circa 200 bar) vennero ottenute rese fino al 90%. Più tardi, la stessa BASF (von Kutepow et al., 1965) sviluppò un processo per produrre acido acetico basato sulla carbonilazione del metanolo in presenza di catalizzatori a base di cobalto e con ioduri come attivatori, operante a pressioni fino a 600 bar e temperatura fino a 230 °C, con una selettività di circa il 90%. Nel 1960 la BASF una unità di produzione a Ludwigshafen con una capacità di 3.000 t/a, aumentata a 12.000 t/a nel 1964. Il processo industriale opera in presenza di acqua a circa 200 °C con CO a 200-700 bar e con CoI2 come precursore catalitico. Nel caso della reazione catalizzata da cobalto, che è realizzata in presenza di acqua, e in considerazione delle attuali conoscenze sulla chimica dei composti cobaltocarbonilici, si può ritenere che avvengano i seguenti stadi di reazione, i quali hanno luogo dopo che CoI2 è stato convertito in sostanze cobaltocarboniliche, esemplificate nello schema seguente dall’anione tetracarbonilcobaltato(I): [Co(CO)4]−MeI Co(Me)(CO)4I− Co(Me)(CO)4CO Co(COMe)(CO)4 Co(COMe)(CO)4H2O HMeCOOH[Co(CO)4]− Alcuni anni più tardi la Monsanto (Paulik e Roth, 1968) riportò che il processo di carbonilazione poteva essere catalizzato da precursori a base di rodio o iridio in presenza di promotori a base di iodio, in condizioni meno drastiche di temperature e pressione (150-200 °C, 30-60 bar), con alte selettività (Forster, 1979). La velocità della carbonilazione del metanolo catalizzata da rodio risultò indipendente dalla pressione parziale di CO (Roth et al., 1971). La produzione commerciale con rodio iniziò nel 1970 (Robinson et al., 1972). Nel 1986 la tecnologia Monsanto venne trasferita a BP Chemicals, la quale ha introdotto più recentemente (1996) un ulteriore miglioramento (processo Cativa; Sunley e Watson, 2000; Jones, 2000), con l’uso di catalizzatori a base di iridio in presenza di RuI2(CO)4 come promotore; tale composto si è dimostrato il migliore in un elenco di nove composti contenenti iodio (Haynes et al., 2004). L’acido acetico ottenuto mediante la carbonilazione del metanolo catalizzata da metalli di transizione rappresentava fino al 1984 circa il 60% dell’acido acetico prodotto negli Stati Uniti, mentre in Europa tale percentuale era del 30% (Chauvel e Lefebvre, 1989). ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI CATALISI IN FASE OMOGENEA CON MONOSSIDO DI CARBONIO NELLA FORMAZIONE DI LEGAMI CARBONIO-CARBONIO Studi sul meccanismo della carbonilazione del metanolo ad acido acetico (Maitlis et al., 1996) hanno messo in evidenza gli stadi importanti dal punto di vista cinetico nel sistema a base di rodio, in confronto con quello a base di iridio. Uno schema semplificato della carbonilazione del metanolo in presenza di promotori iodurati è mostrato di seguito: realizzata con precursori catalitici a base di rodio immobilizzati su una resina ottenuta dalla copolimerizzazione della vinilpiridina con l’acetato di vinile. La reazione viene condotta a 160-200 °C sotto una pressione di 30-60 bar. Il catalizzatore non subisce disattivazione per un periodo di circa un anno di esercizio continuo (Thomas e Süss-Fink, 2003). [MI2(CO)2]−MeI [M(Me)I3(CO)2]− [M(Me)I3(CO)2]−CO [M(COMe)I3(CO)2]− [M(COMe)I3(CO)2]−H2O HIMeCOOH [MI2(CO)2]− (M=Rh, Ir) 11.4.5 Conclusioni dove lo ioduro di metile MeI deriva probabilmente dallo scambio di ioduro fra MeOH e HI. Nel complesso [M(Me)I3(CO)2] il gruppo metilico e quello carbonilico nella sfera di coordinazione del metallo si posizionano in cis. Nel sistema a base di rodio lo stadio lento, che determina la velocità del processo, è l’addizione ossidativa di MeI alla specie di rodio(I), che viene convertita in tal modo nel derivato metilico esacoordinato del rodio(III); tale composto, identificato per via spettroscopica, subirebbe ulteriore inserzione di CO per dare il prodotto acetilico. Nel sistema a base di iridio, con il contenuto di acqua caratteristico delle condizioni di esercizio dell’impianto, la carbonilazione di [Ir(Me)I3(CO)2] a [Ir(COMe)I3(CO)2], che è relativamente lenta, determina la velocità globale del processo. D’altra parte, a concentrazioni di acqua relativamente basse, l’addizione ossidativa di MeI all’iridio(I) diventa più lenta e quindi inizia a governare la velocità globale (Sunley e Watson, 2000). Inoltre, il confronto diretto fra un sistema Ir/Ru (nel rapporto molare 1:2) e quello a base di rodio mostra che il primo è superiore al secondo, mentre una situazione inversa è stata riscontrata per concentrazioni elevate di acqua, simili a quelle usate nel processo Monsanto. I vantaggi del processo Cativa risiedono nei più bassi livelli di acqua (8% in peso), nelle minori quantità di prodotti secondari e nella migliorata efficienza nell’utilizzo del CO. Bisogna anche mettere in rilievo che il sistema basato sull’iridio possiede attività catalitica inferiore a quella del rodio, un problema che però può essere superato aggiungendo opportuni additivi. Come sopra anticipato, l’effetto più significativo è stato riscontrato con un carbonilioduro di rutenio(II), inizialmente introdotto sotto forma di RuI2(CO)4, probabilmente destinato a subire decarbonilazione e nucleazione nelle drastiche condizioni del processo È interessante notare che il sistema bimetallico Ru/Rh è stato individuato come catalizzatore della idrogenazione del monossido di carbonio a glicole etilenico in drastiche condizioni di temperatura e pressione (Dombek, 1985). Recentemente è stato riportato che la produzione di acido acetico per carbonilazione del metanolo può essere VOLUME II / RAFFINAZIONE E PETROLCHIMICA Alcuni aspetti della chimica dei metalli di transizione sono rilevanti in relazione alle informazioni di carattere sperimentale sulle reazioni catalitiche di carbonilazione. Per quanto riguarda la carbonilazione del metanolo, è interessante notare che l’addizione ossidativa di alogenuri alchilici a metalli di transizione – riportata la prima volta per i complessi del platino(II) a struttura quadrato-planare, quale per esempio Pt(Me)I(PEt3)2, che viene convertito con MeI nel derivato esacoordinato di platino(IV) 5d 6, PtMe2(PEt3)2I2 – avviene generalmente con velocità che seguono la sequenza 3d4d5d (Collman, 1968; Halpern, 1970; Stille e Lau, 1977). Infatti, all’interno del gruppo 9, l’iridio(I) mostra una maggiore reattività verso l’addizione ossidativa, come verificato per i seguenti sistemi: IrCl(CO)(PPh3)2 >RhCl(CO)(PPh3)2 IrCl(PPh3)3>RhCl(PPh3)3 In relazione alla idroformilazione di olefine catalizzata da cobalto in presenza di fosfine terziarie, è di rilievo il fatto che Co2(CO)8 reagisca con PR3 formando prodotti di sostituzione sia ionici sia neutri, rispettivamente [Co(CO)3(PR3)2][Co(CO)4] e [Co(CO)3PR3]2. Negli studi di catalisi condotti con un precursore bimetallico (Broussard et al., 1993), la maggiore attività è stata riscontrata con un complesso bicationico di rodio. È stato anche notato che le migliori rese in Co2(CO)8 da bis(2-etilesanoato)cobalto(II) e CO/H2 sono ottenute in solventi quali (i-Pr)2CO, MeCO(i-Bu), EtOCH2CH2OCH2CH2OEt, THF, cioè in condizioni favorevoli alla possibile formazione di coppie ioniche contenenti cobalto (Fachinetti et al., 1988). L’effetto negativo della pressione di CO, al di sopra di un certo valore di soglia, sulle rese di alcuni processi di carbonilazione, potrebbe trovare una spiegazione nella presenza di processi in cui avviene uno sviluppo di CO, come l’equilibrio precedentemente riportato: 3Co2(CO)812L 2[CoL6][Co(CO)4]28CO Infatti, stadi elementari quale la sostituzione da parte dei leganti entranti (CO, olefina, H2) potrebbero avvenire in specie contenenti cobalto cationiche piuttosto che neutre, la cui concentrazione è influenzata negativamente da pCO. Ulteriori acquisizioni conoscitive su 733 PRODUZIONE DI INTERMEDI PER LA PETROLCHIMICA questi aspetti dovrebbero aiutare a migliorare l’efficienza di processi nuovi e già noti coinvolgenti il monossido di carbonio. Bibliografia citata Agbossou F. et al. (1995) Asymmetric hydroformylation, «Chemical Reviews», 95, 2485-2506. Bahrmann H. et al. 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