Morton Feldman (New York, 12 gennaio 1926 – Buffalo, 3 settembre

Morton Feldman (New York, 12 gennaio 1926 – Buffalo, 3 settembre 1987) studiò inizialmente pianoforte
con Vera Maurina-Press (allieva di Ferruccio Busoni, alla quale dedicherà nel 1970 il brano Madame Press
Died Last Week at Ninety), mentre più tardi (dal 1941) si dedicò allo studio della composizione, prima con
Wallingford Riegger e successivamente (dal 1944) con Stefan Wolpe (a quest'ultimo Feldman dedicherà una
delle sue più note composizioni, For Stefan Wolpe). Il rapporto con i suoi insegnanti non fu semplice, infatti
si trovò spesso a polemizzare con loro (polemiche che però nel caso di Stefan Wolpe furono quanto mai
costruttive, tanto che Feldman in anni più tardi ne parlerà spesso come di un'esperienza fondamentale per
la sua crescita artistica). Nel 1950 Feldman si recò a sentire un concerto della New York Philharmonic (in
programma la Sinfonia di Anton Webern), e fu in questa circostanza che per la prima volta conobbe John
Cage, un incontro che condizionò fortemente sia la sua vita (al punto da trasferirsi ed andare ad abitare
nello stesso edificio in cui viveva Cage) che la sua concezione compositiva.
Oltre a Cage, Feldman ebbe molti incontri importanti con varie figure rappresentative della scena artistica
di New York, tra i quali furono particolarmente significativi quelli con i compositori Earle Brown e Christian
Wolff, con i poeti e letterati Frank O'Hara e Samuel Beckett, con i pittori Philip Guston, Franz Kline, Willem
de Kooning, Jackson Pollock, Robert Rauschenberg e Mark Rothko.
Nel 1973 fu nominato professore di composizione all'università di Buffalo, nel 1984 e 1986 fu docente di
composizione ai Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt.
Morton Feldman è morto nella sua casa di Buffalo nel 1987 per un cancro al pancreas, pochi mesi dopo
essersi sposato con la compositrice Barbara Monk.
La sua musica
Morton Feldman iniziò a comporre già negli anni Quaranta; i suoi lavori giovanili (spesso marcati da una
certa influenza di Alexander Scriabin) sono stilisticamente molto differenti da quello che avrebbe
composto più tardi, e che lo avrebbe reso universalmente noto per il suo linguaggio affatto personale,
differente dalla maggior parte dei compositori a lui coevi.
Fu dopo il suo incontro con John Cage che Feldman iniziò a scrivere musica che non era correlata con le
tecniche del passato, né con quelle in voga in quegli stessi anni (in particolare modo lo strutturalismo),
utilizzando sistemi di notazione musicale non convenzionali (spesso basati su "griglie" o altri elementi
grafici), delegando all'interprete (o al Caso) la scelta di determinati parametri (talvolta Feldman
determinava in partitura soltanto il timbro ed il registro, lasciando libera la scelta delle altezze
all'esecutore, altre volte invece semplicemente specificando il numero di note che debbono essere suonate
in determinati momenti, senza specificare quali).
In quell'epoca segnata dal suo interesse nei confronti dell'Alea, Feldman applicò anche elementi derivati dal
calcolo delle probabilità alle sue composizioni, traendo in questo senso ispirazione da certe opere di Cage
come "Music of Changes" (dove le note da eseguire sono determinate dalla consultazione de I-Ching).
A partire dalla metà degli anni Cinquanta, e poi definitivamente dal 1967, per necessità di maggiore
precisione nel controllo della sua musica, e per evitare che la particolare notazione venisse travisata come
un invito all'improvvisazione, ritornò alla notazione musicale tradizionale. Per il suo frequente utilizzo di
ripetizioni, fu spesso ritenuto un precursore del minimalismo.
Trovò spesso ispirazione nel lavoro degli amici pittori legati all'espressionismo astratto, tanto che negli anni
Settanta compose numerosi brani (spesso con durate attorno ai venti minuti) sotto questo specifico
influsso (tra cui Rothko Chapel del 1971, brano scritto per l'omonimo edificio che ospita opere di Mark
Rothko, e For Frank O'Hara del 1973).
Nel 1977 compose la sua unica opera, Neither, su testo di Samuel Beckett.
A partire dalla fine degli anni Settanta iniziò a produrre lavori molto lunghi (raramente più brevi di
mezz'ora, ed anzi spesso molto più lunghi), generalmente composti da un movimento unico, dove la
concezione della durata viene dilatata fin quasi a voler annullare la stessa percezione del tempo; questi
lavori comprendono Violin and String quartet (1985, due ore circa), For Philip Guston (1984, quattro ore
circa), fino all'estremo String quartet II del 1983, la cui durata supera abbondantemente le cinque ore
(senza nessuna pausa). La sua prima esecuzione integrale fu data nel 1999 presso la Cooper Union di New
York dal Flux Quartet, il quale ha pure registrato lo stesso brano nel 2003 (per una durata totale di 6 ore e 7
minuti). Com'è tipico della sua tarda produzione, questo brano non presenta nessun cambiamento
d'umore, rimanendo per la sua quasi totalità su dinamiche estremamente ridotte (piano o pianissimo);
Feldman del resto negli ultimi anni ha dichiarato che i suoni di bassa intensità (quiet sounds) erano gli unici
che lo interessavano.
Palais de Mari
Una delle ultime composizioni di Feldman, Palais de Mari è stato scritto per il pianista Bunita Marcus, che
chiese al compositore di condensare i l materiale e le tecniche dei suoi pezzi lunghi in pezzi più brevi.
Il titolo del pezzo proviene da una fotografia con lo stesso nome che Feldman osservò presso il Museo del
Louvre di Parigi, la fotografia raffigurava un antico palazzo in rovina in Asia orientale. Palais de Mari è una
versione sintetica dello stile maturo più tardo di Feldman, composto da quiete, sparse, e asimmetriche
ripetizioni di frasi brevi.