1 CLASSIFICAZIONE DELLA MATERIA 2 TEORIA ATOMICA DI

Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
1 CLASSIFICAZIONE DELLA MATERIA
Chimica: scienza sperimentale soggetta ad errore
La chimica segue la legge della conservazione della massa e dell’energia per cui tali quantità si
conservano.
Stati di aggregazione della materia:
o stato solido, liquido e gassoso.
o Ogni sostanza cambia il suo stato di aggregazione in base alla temperatura.
o Tali passaggi di stato sono reversibili
Teoria base della chimica: la materia è costituita da atomi ed energia radiante (massa ed energia sono
aspetti della stessa entità
2 TEORIA ATOMICA DI DALTON
1. Ciascun elemento è composto da particelle estremamente piccole chiamate atomi.
2. Tutti gli atomi di un dato elemento sono identici tra loro, hanno la stessa massa e le stesse proprietà, ma gli
atomi di un elemento sono differenti dagli atomi di tutti gli altri elementi.
3. Gli atomi di un elemento non si trasformano in atomi di un differente elemento mediante reazioni chimiche; gli
atomi non sono né creati né distrutti durante le reazioni chimiche.
4. I composti sono formati quando gli atomi di elementi diversi si uniscono; un dato composto ha sempre lo stesso
numero relativo e lo stesso tipo di atomi.
3 STRUTTURA ATOMO
Un atomo è fatto di particelle distinguibili: protoni, neutroni ed elettroni
Per essere stabile, nell’atomo ci devono essere lo stesso numero di protoni ed elettroni
Gli atomi si distinguono in base al numero di protoni ed elettroni
Le forze di tipo elettrostatico tengono insieme gli atomi. Affinché esso esista ci deve essere
un bilanciamento tra le forze repulsive ed attrattive
4 ESPERIMENTO DI THOMSON
2 lamine di metallo sono collegate ad un voltmetro che serve
per far passare la corrente. Il catodo si carica con il segno - ,
mentre l’anodo con il segno +. All’interno c’è il vuoto.
Thomson si è accorto che il catodo, di qualunque metallo
Catodo (-) Anodo (+)
fosse fatto, emetteva un fascio di particelle, queste particelle
venivano sottoposte ad una scarica elettrica o ad un campo magnetico e venivano deviate. Cioè attirate dalla
parte positiva. Dunque essendo attirate dalla parte positiva, queste particelle hanno segno meno.
L’esperimento di Thomson è servito a dimostrare che:
1. Gli elettroni esistono e si possono estrarre
2. 1g di raggi catodici ha carica 1,76 x 108 C Egli ha associato una massa ad una carica. (Egli non sapeva quanti
elettroni erano presenti in 1g)
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5 ESPERIMENTO DI MILLIKAN
In questa scatola con un microscopio c’è una base che è carica negativamente e il
alto superiore è caricato positivamente. LA batteria genera all’interno di questa
scatola una scarica di elettroni. Questi elettroni vanno ad incontrare delle
goccioline di olio spruzzate da sopra.
Gli elettroni all’interno della camera si appiccicano alle goccioline d’olio, siccome
la base è negativa, essa respinge le gocce. Dunque cambia la velocità di caduta. (In
base a quanti elettroni ha preso rallenta sempre di più)
Millikan ha misurato le velocità di un certo numero di particelle. Egli ha capito che
la velocità di ogni goccia veniva rallentata per un fattore (numero intero) che era
sempre il multiplo di 1,6 x 10-19 C.
Thomson ha dedotto dunque la carica dell’elettrone.
6 MASSA ELETTRONE
Agg. Tabella slide
7 ESPERIMENTO DI RUTHERFORD
Egli ha preso una sottile lamina d’oro e lo ha bombardato con un fascio di particelle α, alcune di esse
passavano senza subire deviazioni, altre venivano deviate e altre respinte, dunque la materia era
discontinua (la materia non è distribuita in modo omogeneo)
Rutherford notò che era maggiore la quantità di raggi non deviati, e questo ci fa capire la bassa densità della zona in cui
si trovano gli elettroni
8 MODELLO DELL’ATOMO
Da tutto questo viene fuori il modello dell’atomo. Gli elettroni che pesano di meno, occupano un volume più
grande, quindi essi si muovono nel vuoto, sono attirati dal nucleo che ha carica diversa. L’ultimo eletrone è
quello che determina la dimensione dell’atomo.
Nell’atomo c’è una zona di vuoto, dove si muovono gli elettroni, c’è una zona centrale, il nocciolo duro, dove ci
sono nel nucleo i protoni ed i neutroni.
9 REAZIONI
Una reazione chimica interessa solo gli elettroni, il nucleo non cambia
In una reazione nucleare il nucleo si spacca, allora la natura chimica dell’elemento non è più la stessa, e l’energia
in gioco è molto più grande. (Madame Curie ha scoperto le reazioni nucleari, premi Nobel)
La natura di un elemento è data dal nucleo, che mi dice che specie chimica ho, quindi il numero di protoni.
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10 NUCLEO E FORZE REPULSIVE
Esso contiene elettroni e protoni.
I neutroni hanno la funzione di rendere compatibile cariche dello stesso segno in una zona a grande densità di materia.
Essi difatti diminuiscono le interazioni repulsive tra i singoli protoni
Cariche vengono ad interagire inversamente alla loro distanza. Se r -> ∞ non c’è nessuna interazione
La forza è inversamente proporzionale al quadrato della distanza
K rappresenta una costante che dipende dal mezzo
Le forze di repulsione hanno per convenzione segno (-) -> energia potenziale -> energia chimica di legame
++ o - - (aumenta man
mano che ci
avviciniamo)
+-
Rottura legame
Minimo dell’energia potenziale (in valore
assoluto è un valore alto)
Buca di potenziale
Distanza ottimale con interazione massima
Dobbiamo fornire questa energia per rompere
il legame
Il legame tra queste 2 specie si forma quando esse sono ad una distanza ottimale e hanno una certa forza di legame. Il
valore oscilla in quel punto
11 ELEMENTO
Si definisce con il termine elemento una sostanza che non può essere scomposta in sostanze più semplici con mezzi fisici
e chimici a bassa energia.
Gli elementi sono riuniti sulla tavola periodica.
12 NUMERO ATOMICO (Z)
Il numero atomico (Z) identifica l’elemento che ha come simbolo una o più lettere H, O, Ag …
Z è uguale al numero dei protoni presenti nel nucleo di ogni atomo di un certo elemento. Nell’atomo neutro Z è
anche uguale al numero di elettroni.
Z determina le proprietà chimiche di un elemento.
13 NUMERO DI MASSA (A)
Il numero di massa (A) è dato dalla somma del numero di protoni e dal numero di neutroni del nucleo.
Un atomo può diventare positivo o negativo in base al numero di protoni
o Se perde elettroni diventa carico positivamente: catione
o Se acquista elettroni diventa una specie negativa: anione
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Quando avviene una reazione cambia solo il corredo elettronico
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14 RADIOATTIVITÀ
La radioattività e l’instabilità naturale di un atomo che contiene tropi protoni. Quando si spacca da origine a 2 elementi
diversi con nuclei diversi e inoltre libera una grande quantità di energia che prima serviva a tenere insieme l’atomo
15 ISOTOPI
Gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento con uguale numero atomico
(Z) ma diversa massa atomica (A). Essi cioè differiscono per il numero di
neutroni.
Nella tavola periodica non troviamo infatti il numero di massa proprio
perché ogni elemento ha degli isotopi
Aggiungi
16 UNITÀ DI MASSA ATOMICA (U.M.A.)
L’unità di massa atomica (u.m.a., u o anche Dalton) corrisponde a 1/12 della massa atomica di carbonio di numero di
massa atomica (A) uguale a 12= 6 protoni + 6 neutroni, ed equivale a 1,66 x 10-24 g
Questo si presenta come un numero adimensionale
17 PESO ATOMICO
Il peso atomico si presenta come la media pesata della massa degli isotopi naturali di un elemento
18 MOLE
La mole è la quantità di grammi apri al peso atomico
Es. 1 mole (33Cl + 37Cl) = 35,45 g
1 mole “Cl” = 35,45 g
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19 TAVOLA PERIODICA
Se gli elementi sono ordinati per numero
atomico crescente, le loro proprietà chimiche e
fisiche mostrano un andamento ripetitivo e
periodico.
1. Le righe orizontali della tavola perodica sono definite periodi. Gli elementi che appartengono ai periodi
cambiano le loro proprietà fisiche e chimiche
2. Le colonne verticali delle tavola periodica sono chiamate gruppi. Gli elementi che appartengono allo stesso
gruppo hanno proprietà fisiche e chimiche molto simili
La parte di sinistra, tranne l’idrogeno, è composta da elementi metallici o metalli:
o Essi formano legami di tipo metallico
o Alcuni di essi condividono le stesse proprietà come la lucentezza, l’elevata conduttività elettrica e di
calore
o Tutti i metalli tranne il mercurio (Hg), sono solidi a temperatura ambiente
o Essi sono costituiti da un reticolo cristallino formato da ioni carichi positivamnete e tenuti insime da una
nuvola di elettroni. Quelli del primo gruppo perdono un elettrone, queli del secondo 2 ….
La parte destra divisa dalla diagonale a gradini è composta da elementi chiamati non metalici o non metalli:
o A temperatura ambiente alcuni non metalli sono alo stato liquido, gassoso o solido.
o Alcuni non metalli formano molecole (H2, Br2, S8, P4)
o I non metalli formano legami covalenti (il legame covalente lega atomi neutri (A-H)
o Alcuni non metalli formano legami covalenti senza formare molecole (Cgrafite, Cdiamnate)
o Di questo gruppo fanno parte i gas nobili, che non formano legami. Essi sono costituiti da atomi neutri
separati
Molti elementi che si trovano sulla linea che separa i metalli da i non metalli hanno alcune proprietà di tutti e 2 i
gruppi. Essi sono chiamati metalloidi.
20 MOLECOLA
La molecola è la parte più piccola costituita da atomi di una sostanza con le proprietà chimiche della sostanza stessa.
Essa definisce il più piccolo insieme di atomi legati da legami chimici, capace di esistere allo stato libero e tale da
mantenere tutte le proprietà chimiche della sostanza desiderata. Pertanto una molecola può essere composta a un
numero maggiore di uno di atomi
Nella grafite e nel diamanete non è possibile separare una molecola. Esse sono forme allotropiche del cambonio . la
grafite è costituita da esagoni che hanno 6 atomi di carbonio, il diamante è la ripetizione di un tetraedro
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21 SOSTANZA E STATI DI AGGREGAZIONE
Le sostanze sono caratterizzate da:
Composizione: per gli elementi, sostanze elementari, è data dal tipo di atomo. Per i composti dai tipi di atomi e
dal loro rapporto numerico
Struttura: modo in cui gli atomi sono legati tra loro
Stato di aggregazione (descrive la libertà di movimento reciproca delle particelle di un elemento o composto):
esso può essere:
o Solido: ad una data temperatura atomi e molecole sono legati da forze sufficienti perché il moto
termico, sempre presente, salvo che allo zero assoluto, non modifichi le dovute posizioni
permanentemente. In termini di energia allo stato solido è presente in maggiore quantità solo enrgia
potenziale di legame, mentre l’energia cinetica è trascurabile
o Liquido: i legami interatomici e intermolecolari sono allentati, permettendo così una certa mobilità di
atomi, ma non l’allontanamento definitivo, il volume rimane definiti mentre non lo è più la forma.
In termini di energia lo stato liquido presenta sia energia cinetica che potenziale di legame
o Gassoso: in termini energetici allo statao gassoso è presente elevata energia cinetica che fa si che gli
atomi tendano ad allontanarsi ed espandersi senza influenzarsi tra loro. Si ha perciò la massima
espansione nelo spazio disponibile. I gas non hanno né forma né volume.
Processo
Fusione
Sublimazione
Solidificazione
Evaporazione
Condensazione
Deposizione
Passaggio
S L
S G
L S
L G
G L
G S
Gli elementi hanno uguale energia cinetica alla stessa temperatura
Il legame è energia potenziale
Le molecole possono cambiare stato di aggregazion senza subire modificazioni nella loro composizione chimica
22 PROPRIETÀ INTENSIVE E PROPRIETÀ ESTENSIVE DELLE SOSTANZE
Le proprietà intensive come lo stato di aggregazione, la composizione e la struttura, dipendono dalla natura
della sostanza e non dalla sua quantità. Altre proprietà intensive sono ad esempio la densità, la conducibilità
termica o elettrica, il calore specifico. Dalle proprietà intensive è possibile individuare la sostanza, dato che esse
sono caratteristiche della sostanza in questione.
Le proprietà estensive dipendono dalla quantità di sostanza (come massa e volume) e da esse non si può
individuare la sostanza.
Per comprendere come è fatta una sostanza posso usare un metodo di tipo chimico, generalemnete distruttivo
che comporta la modificazione de campione, oppure si possono usare esperienze di tipo fisico, generalmente
non distruttive, che permettono dunque di ripetere ‘operazione più e più volte. Un esempio di fisico non
distruttivo sono i passaggi di stato
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23 COMPOSTI
Composti: sostanze fatte da atomi diversi legati tra di lorro per un certo numero. Ad esempio: N + O
sono elementi ed N—O è un composto.
N—O dove N, O
Se 2 elementi non sono legati tra di loro allora si chiama miscela: ad esempio O2 + N2 compongono l’aria ma non sono
legate.
Legame metallico:
Legame covalente molecolare:
Legame covalente non molecolare:
Nessun legame
Legame ionico
Gli ioni non sono molecole
Fe
H2
Cdiamante
Ar
NaCl
Al
Cu
S8
P4
Cgrafite
Ne
24 MODELLI MOLECOLARI
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25 GAS
I gas:
Sono particelle in movimento regolate dalle leggi del caso con urti elastici
Particelle puntiformi
Hanno basse masse molari
Formano miscele omogenee
Possono essere compressi o espansi
Non hanno né forma né volume
Per descrivere i gas ideali assumiamo che
a) Le molecole di un gas ideale non interagiscono tra loro
b) La somma dei volumi delle singole molecole è molto più piccola rispetto allo spazio che il gas occupa. Quindi
possiamo considerarli come puntiformi.
L’aria è composta dal 78% N2 ; 21% O2 e 0,9% Ar
26 PRESSIONE
A causa del movimento caotiche delle particelle del gas, esso esercita in ugual maniera, sulle pareti del
𝐹
π‘˜π‘”
suo recipiente, una pressione 𝑃 = 𝐴 = π‘šπ‘ 2
La presenza della pressione atmosferica è stata dimostrata con l’esperimento di Torricelli. Egli ha
notato che a livello del mare, L’atmosfera esercita una pressione pari a quella esercitata da una
colonna di mercurio alta 760 mm
1 torr = 1 mmHg
1 atm = 760 torr = 1,01325 x 105 Pa = 1,01325 bar
1 bar = 105 Pa
27 LEGGE DI BOYLE (ISOTERMA)
Boyle usando un tubo a forma di J con all’interno del mercurio, scoprì che il volume
del gas diminuiva all’aumentare della pressione, per esempio raddoppiando la
pressione si dimezzava il volume originario.
La legge di Boyle afferma che il volume di una certa quantità di gas mantenuto a
temperatura costante è inversamente proporzionale alla pressione.
PV = costante; alla stessa temperatura
28 LEGGE DI CHARLES (ISOBARA)
Il volume di una certa quantità di gas mantenuta a pressione costante è direttamente proporzionale alla temperatura
assoluta.
𝑉
𝑇
= costante; la pressione rimane uguale. P(T) = P0 x (1+ αT)
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29 LEGGE DI AVOGADRO
Legge della composizione dei volumi di Gay-Lussac: ad una certa pressione e temperatura, i rapporti dei volumi dei gas
che reagiscono tra loro sono dati da numeri interi piccoli.
Ipotesi di Avogadro: uguali volumi di gas alla stessa temperatura e pressione contengono lo stesso numero di molecole.
Gli esperimenti ci dicono che 22,4 L di qualsiasi gas a 0°C e 1 atm contengono 6,02 x 1023 molecole, cioè 1 mole
Legge di Avogadro: il volume di un gas mantenuto a pressione costante è direttamente proporzionale al numero di moli
del gas
V(T) = V0 x (1+ αT)
30 EQUAZIONE DI STATO DEI GAS IDEALI
PV = nRT
Dove con R si indica la costante dei gas che vale: 0,08206
πΏβˆ™π‘Žπ‘‘π‘š
π‘šπ‘œπ‘™π‘–βˆ™πΎ
oppure 8,3145
𝐽
π‘šπ‘œπ‘™
βˆ™πΎ
Il volume occupato da 1 mole di gas ideale a 1 atm a 273,15 k è uguale a 22,4 L. questo viene definito come volume
molare
31 MISCUGLIO DI GAS
Legge di Dalton delle pressioni parziali dei gas: la pressione totale di una miscela di gas eguaglia la somma delle
pressioni che ognuno di loro eserciterebbe se fosse presente da solo.
Pt = P1 + P 2 + P3 …
𝑅𝑇
𝑅𝑇
𝑃1 = 𝑛1 ( 𝑉 ); 𝑃2 = 𝑛2 ( 𝑉 ); ….
𝑅𝑇
𝑅𝑇
𝑃𝑑 = (𝑛1 + 𝑛2 + β‹― ) ( 𝑉 ) = 𝑛𝑑 ( 𝑉 )
Dunque la pressione totale a temperatura e volume costanti è determinata dal numero di moli di gas presente, sia che il
totale sia dovuto ad un gas solo che ad una miscela.
32 LEGGI DEI GAS
Singolo stato nessun cambiamento
Legge di Dalton
Ptotale= P1+P2+P3+…
Equazione di stato
PV = nRT
Densità del gas in condizioni standard
Densità= (massa molare) / 22,4 L
Cambio delle equazioni di stato – stato iniale1, stato finale2
Legge di Boyle
P1V1=P2V2
T e mole costanti
Legge di Charles
V1/T1 = V2/ T2
P e mole costanti
Legge di Gay – Lussac P1/T1 = P2/T2
V e mole costanti
Leggi combinate
P1V1/T1 = P2V2/T2 Mole costante
Legge di Avogadro
n1/V1 = n2/V2
Costanti T e P
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33L’ENERGIA RADIANTE E LA MATERIA
Onda elettromagnetica:
Ampiezza (A): legata all’energia dell’onda (più è profonda più c’è energia)
Lunghezza d’onda (λ): distanza tra massimi e minimi
Frequenza (ν): numero di cicli d’onda che passano per un determinato punto nell’unità di tempo. Essa si misura
in Hz
La lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla
frequenza c = λ ν = 300 000 km/h = 3 x108 m/s. tutte le onde
elettromagnetiche hanno questa stessa velocità
L’energia per unità di volume posseduta da un’onda è
proporzionale ad A2
Una frequenza elevata, corrisponde ad una corta lunghezza
d’onda e determina un’elevata energia
34RELAZIONI FONDAMENTALI DELLA MECCANICA QUANTISTICA
L’energia radiante è discontinua. Planck nel 1900 assunse che l’energia può essere rilasciata o assorbita dagli atomi solo
sotto forma di pacchetti discreti (discontinui) di energia di diverse dimensioni.
Planck chiamò quanto il pacchetto di energia più piccolo che possa essere emesso o assorbito. L’energia di un singolo
pacchetto 𝑬 = 𝒉𝒗 dove con h si intende la costante di Planck che vale 6,626 x10-34 J s.
Secondo la sua teoria alla materia è permesso emettere o assorbire solo multipli interi di hv (2hv, 3hv …). Dunque poiché
l’energia può essere rilasciata solo in quantità specifiche, si dice che le energie permesse sono quantizzate.
Vi è però un dualismo tra la massa e l’energia data dalla seguente relazione: 𝐸 = π‘šπ‘ 2 = β„Žπ‘£ che indica l’E del fotone.
Louis de Broglie studiando il comportamento dell’atomo d’idrogeno, pensò che l’elettrone fosse associato ad una
β„Ž
particolare lunghezza d’onda e affermo che λ = 𝑣 dove con m si intende la massa della particella e con v, la sua velocità.
35SPETTRI ATOMICI DI EMISSIONE ED ASSORBIMENTO
Ogni elemento ha il suo spettro di assorbimento e di
emissione
John Balmer dimostrò che tutte le lunghezze d’onda
corrispondenti alle quattro righe visibili dell’idrogeno
possono essere rappresentate da una formula che
mette in relazione le lunghezze d’onda a numeri interi.
Tale formula venne poi generalizzata per tutte le
particelle da Rydberg:
1
πœ†
1
= (𝑅𝐻 ) (𝑛2 −
1
1
) dove
𝑛22
RH è
la costante di Rydberg e n1 e n2 sono numeri interi.
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36IL MODELLO DELL’ATOMO DI IDROGENO DI BOHR
Bohr basò il suo modello su 3 postulati:
o Agli elettroni dell’atomo di idrogeno è consentito descrivere soltanto orbite con un determinato raggio,
corrispondente ad una ben definita energia.
o Un elettrone situato in una delle possibili orbite ha un’energia specifica che si trova in uno stato energetico
“permesso”. Un elettrone in uno stato energetico permesso non irradierà energia.
o L’energia è emessa o assorbita da un elettrone soltanto quando l’elettrone si muove da uno stato permesso ad
un altro. La differenza di energia tra i due stati viene emessa o assorbita come fotone 𝐸 = β„Žπ‘£
Definiamo con la lettera n il numero quantico principale:
o Ogni orbita corrisponde ad un diverso valore di n, e il raggio dell’orbita diventa maggiore all’aumentare di n
o Per ciascun valore di n, i valori dell’energia dell’elettrone di un atomo di idrogeno sono negativi. Minore (più
negativa) è l’energia, più l’atomo è stabile. L’energia più bassa si ha per n=1, all’aumentare di n l’energia
diventa sempre meno negativa e quindi aumenta.
o Lo stato di energia più basso (n=1) è chiamato stato fondamentale, quando l’atomo si trova in un’orbita
maggiore si dice che l’atomo è in uno stato eccitato
o L’energia di ogni singola orbita è definita dalla seguente equazione:
1
1
𝐸 = (−β„Žπ‘π‘…π» ) (𝑛2 ) = (−2,18 π‘₯10−18 𝐽) (𝑛2 ) = −
o
o
o
o
13,6 𝑒𝑉
𝑛2
Quando n diventa infinitamente grande l’energia è pari a zero
La transizione elettronica da uno stato a più bassa energia ad uno stato a più alta energia assorbe energia; La
transizione elettronica da uno stato a più alta energia ad uno stato a più bassa energia emette energia. Quindi
se l’elettrone passa da uno stato iniziale Ei a uno finale Ef allora βˆ†πΈ = 𝐸𝑓 − 𝐸𝑖 = πΈπ‘“π‘œπ‘‘π‘œπ‘›π‘’ = β„Žπ‘£
Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno afferma che soltanto la luce caratterizzata da una frequenza specifica
può essere emessa o assorbita dall’atomo, quindi ricordando che n = c/ πœ† allora
βˆ†πΈ = β„Žπ‘£ =
β„Žπ‘
πœ†
1
1
1
1
= (−2,18 π‘₯10−18 𝐽) (𝑛2 − 𝑛2 ) = 13,6 (𝑛2 − 𝑛2 ) 𝑒𝑉
𝑓
𝑖
𝑓
dove nf e ni sono i numeri quantici
𝑖
principali dello stato iniziale e finale dell’atomo.
Quindi l’esistenza di righe spettrali discrete può essere attribuita ai salti quantizzati degli elettroni fra i livelli
energetici
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37ELETTRONVOLT E ANGTROM
Un elettronvolt (simbolo eV) è l’energia acquistata da un elettrone libero quando passa attraverso una differenza di
potenziale elettrico 1 volt. Un elettronvolt è quantitativo molto piccolo di energia 1 𝑒𝑉 = 1,602 π‘₯10−19 𝐽
L’angstrom (Â) è un’unità di lunghezza non appartenente al S.I. corrispondente a 0,1 nanometri (1 x10-10 m). L’angstrom
viene speso impiegato per indicare le dimensioni delle molecole e degli atomi, il cui raggio varia da 0,25 a 3 Â e per
indicare la lunghezza dei legami chimici, compresi tipicamente tra 1 Â e 2 Â
1 Â = 100 pm = 0,1 nm = 10-4 µm = 10-7 mm = 10-10 m
38EFFETTO FOTOELETTRICO ED ENERGIA DI IONIZZAZIONE
Da una superficie metallica si estraggono elettroni mediante una radiazione elettromagnetica al di sopra di un certo
valore minimo di frequenza, che è specifico per ogni metallo.
Energia di ionizzazione IP: n=1
Hg + IPh
n= ∞
H+ + e- ; IP = energia
Si introduce dunque anche l'energia nelle reazioni chimiche
Ma anche IP: n = m
𝑋(𝑔) + IPπ‘₯
n= ∞
+
𝑋(𝑔)
+ 𝑒 − (da sapere per esame)
39IL COMPORTAMENTO ONDULATORIO DELLA MATERIA
Louis de Broglie suppose che l’elettrone orbitante intorno al nucleo dell’atomo
di idrogeno potesse essere immaginato come un’onda con
una caratteristica lunghezza d’onda, piuttosto che come una
particella. Dunque l’elettrone nel suo moto intorno al nucleo
produce un a particolare lunghezza d’onda. Egli inoltre disse
che tale lunghezza d’onda deriva dalla massa m, e dalla
velocità v, e qualunque oggetto in possesso di massa la
produce. πœ† =
β„Ž
π‘šπ‘£
la quantità mv di qualunque oggetto è chiamata momento.
L’onda prodotta da un elettrono non può che essere
stazionaria.
40 PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISEMBERG
L’esattezza nella conoscenza contemporanea della posizione e della quantità di moto di una particella non può superare
un valore correlato alla costante di Plank (è impossibile sapere, allo stesso momento, sia il momento esatto
𝑛
𝑛
dell’elettrone che la sua esatta posizione nello spazio) | βˆ†π‘šπ‘£ x βˆ†π‘Ÿ| ≥ 2πœ‹ cioè | βˆ†π‘£ x βˆ†π‘Ÿ| ≥ 2π‘šπœ‹
All’aumentare della massa diminuisce l’incertezza
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41 EQUAZIONE D’ONDA DI SCHRODINGER
La soluzione dell’equazione d’onda di Schrodinger è ψ, chiamata funzione d’onda. Ψ2 ci dà informazioni
posizione di un elettrone che si trova in uno stato energetico permesso, dunque è legato alla
densità di probabilità di trovare l’elettrone in una regione dello spazio intorno al punto in
questione.
sulla
Ψn, l, m = parametri che attribuiscono un significato fisico alla funzione
∭ Ψ 2 𝑑𝑣(volume) = 1
42 ORBITALI E NUMERI QUANTICI
Queste funzioni d’onda (Ψ) sono chiamate orbitali. Ogni orbitale ha forma ed energia caratteristiche. Ci sono 4 numeri
quantici n, l, m, spin:
1. Il numero quantico principale n, può assumere valori positivi 1,2,3,4. All’aumentare di n, le dimensioni dell’orbitale
aumentano e l’elettrone si allontana dal nucleo. n ci dà informazioni riguardo le dimensioni, l’energia e la
distribuzione di eValore di l
0 1 2 3
2. Il numero quantico del momento angolare l, può assumere valori interi
Lettura
usata
s p d f
0 < l < (n-1) per ciascun valore di n, questo numero quantico definisce la forma
dell’orbitale.
3. Il numero quantico magnetico m, può assumere valori interi –l < m < +l incluso lo zero.
Esso descrive l’orientamento dell’orbitale nello spazio.
1
4. Il numero quantico di spin, indicato con la lettere ms ha valori che sono ± 2
corrispondenti alle due direzioni opposte dello spin dell’elettrone. Infatti l’elettrone
compiendo un moto rotatorio intorno a sé crea un campo magnetico
L’insieme di orbitali caratterizzati da uno stesso valore di n è chiamato guscio elettronico
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43 LA CONFIGURAZIONE ELETTRONICA
La disposizione degli elettroni nei vari orbitali degli atomi è chiamata configurazione e elettronica dell’atomo. Lo stato
fondamentale è quello in cui gli elettroni sono disposti sui più bassi livelli energetici possibili. Gli elettroni sono dunque
riempiti secondo un ordine di energia crescente , con un minimo di due elettroni per ciascun orbitale
Il principio di esclusione di Pauli afferma che due elettroni di un atomo non possono essere caratterizzati dagli stessi
valori dei numeri quantici n, l, ml e ms. Per un dato orbitale i valori di n, l, ml sono fissi dunque se un orbitale deve
contenere più elettroni ciò che varia è solo ms che può avere 2 configurazioni. Dunque un orbitale può contenere
al massimo 2 elettroni e tali elettroni devono avere spin opposto.
La regola di Hund afferma che nel caso di orbitali degeneri, la configurazione a più bassa energia è
quella per la quale il numero di elettroni spaiato è massimo. Ciò significa che gli elettroni
occuperanno tutti gli orbitali degeneri singolarmente.
(Per quanto riguarda 1s2, 1 è il periodo e 2 è il gruppo)
I gas nobili hanno tutto completato
44 RAGGIO ATOMICO
All’interno di un gruppo (colonna) il raggio atomico tende a crescere dall’alto verso il
basso. Tale andamento è conseguente all’aumento del numero quantico principale n.
All’interno di un periodo il raggio atomico diminuisce da sinistra verso destra. Tale
diminuzione è spiegata poiché da destra verso sinistra aumentano insieme il numero di
protoni e di elettroni, ma questi ultimi si vengono a disporre nello stesso strato, dunque
non esercitano uno schermo sufficiente per ripararsi dall’azione attrattiva del nucleo
45 ENERGIA DI IONIZZAZIONE
Si definisce energia di ionizzazione di un atomo,
l’energia minima richiesta per rimuovere un
elettrone da un atomo in fase gassosa. L’energia
di prima ionizzazione è l’energia per allontanare
il primo elettrone da un atomo neutro.
Lungo ogni periodo l’energia di prima ionizzazione aumenta
all’aumentare del numero atomico perché aumenta l’attrazione
tra il nucleo e gli elettroni
Lungo i gruppi l’energia di ionizzazione diminuisce perché nei
successivi periodi l’elettrone più esterno occupa uno strato progressivamente più lontano dal nucleo
Cationi (ioni positivi) si formano per estrazione di un elettrone da un atomo C
C+ + e- ΔE = IP
14
Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
46 AFFINITÀ ELETTRONICA
L’affinità elettronica si identifica con l’energia che si libera nel
momento in cui l’elettrone si lega ad un atomo in fase gassosa.
Un’affinità elettronica elevata vuol dire che tale processo
si accompagna alla liberazione di una grande quantità di
energia
Un’affinità elettronica negativa vuol dire che per
importare un elettrone all’atomo occorre spendere
energia
Anioni (ioni negativi) si formano aggiungendo un elettrone ad un
atomo:
A + e- AΔE = EA = affinità elettronica
L’affinità elettronica è massima nella parte in alto a destra vicino l’ossigeno e gli alogeni (7) poiché essi tendono
naturalmente a diventare completi. Al contrario l’affinità elettronica secondaria sarà altamente negativa
Gli atomi del gruppo 6, come O e S, mostrano due lacune negli orbitali p del proprio strato di valenza e possono
ospitare due elettroni in più. L’affinità elettronica è positiva. L’aggiunta del secondo elettrone richiede energia, a
causa della repulsione esercitata dalla carica negativa già presente in O-
47 CARICA NUCLEARE EFFETTIVA
Negli atomi multi elettronici, ogni elettrone è simultaneamente attratto dal nucleo e
respinto dagli altri elettroni, dunque non possiamo analizzare il fenomeno
esattamente. Chiamiamo carica nucleare effettiva (Zeff) la carica nucleare affettiva
che tiene conto delle forze attrattive del nucleo e della repulsione dell’elettrone con
gli altri elettroni dell’atomo. Zeff = Z – S dove S è un numero chiamato costante di
schermo e rappresenta la porzione di carica nucleare che è sottratta agli elettroni di
valenza degli elettroni dell’atomo
48 ELETTRONEGATIVITÀ
L’elettronegatività è definita come la capacità di un atomo in una molecola
di attrarre elettroni verso di sé. Essa esprime la tendenza di un atomo ad
attrarre la coppia di elettroni di legame.
L’energia del legame A-B è diversa dalla media geometrica dell’energia del
legame A-A e B-B
EA-Bmedia calcolata= (EA-A x ΕΒ−Β)1/2≠EA-Bmis
β”‚XA - XB β”‚ = 0,1(EA-Bmis - EA-Bmedia)1/2 =0,1(attrazione elettrostatica)1/2
EA-Bmis - EA-Bmedia = Attrazione elettrostatica
Xh= 2,2
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Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
L’elettronegatività è una tendenza dei non metalli ad attirare su di sé elettroni, invece l’affinità elettronica che si libera
nel momento in cui l’elettrone si lega ad un atomo in fase gassosa.
A-A elettronegatività nulla
A-B elettronegatività confrontabili = legame covalente
A C+ elettronegatività molto diversa e quindi c’è una condivisione = legame ionico
Si ha un legame ionico quando il carattere ionico ha un livello superiore al 50 %
49 MOMENTO DIPOLARE
Ogni volta che 2 cariche elettriche di egual grandezza ma di segno opposto sono separate da una certa distanza, si
genera un dipolo. La misura del dipolo è chiamata momento dipolare, rappresentato con μ. μ= q x r
H – Cl grado di ionicità
μ = q x r = 3.6 x 10-30 C m
r = 1.27 x 10-10 m
q = (3.6 x 10-30/ 1.27 x 10-10) C = 2.8 x 10-20 C
2.8 x 10-20/ 1.6 x 10-19(carica elettrone) x 100 = 18 %
Il momento dipolare è una misura sperimentale. Possiamo avere momenti dipolari
permanenti e momenti dipolari indotti.
Per i momenti dipolari indotti, quando avviciniamo una molecola polare ad una
apolare, quando sono molto vicine, nella molecola apolare si viene a creare un
dipolo indotto. Ad esempio se noi comprimiamo l’elio che è un gas, si crea un dipolo indotto e l’elio passerà allo stato
liquido. Lo iodio I2 presenta la nuvola più deformabile perché è il più grande e con più elettronegatività.
50 LEGAMI
GLI ATOMI degli elementi interagiscono per arrivare alla configurazione elettronica di un gas nobile (livello
completo)
REAGIRE significa per un elemento subire modifiche della configurazione elettronica. Il nucleo non subisce
modifiche, quindi Z non cambia. Risultato: formazione di un legame
LEGAME IONICO trasferimento di elettroni tra atomi
LEGAME COVALENTE condivisione di elettroni tra atomi
LEGAME METALLICO un ibrido tra il legame ionico e il legame covalente tra atomi delle stesso metallo
In natura gli atomi di tutti gli elementi si presentano legati, tranne i gas nobili (atomi liberi). Gli elementi possono essere
portati all stato gassoso di atomi liberi gassosi, simile ai gas nobili, attraverso un’adeguata quantità di energia
Cl2 gas + energia (E1 = energia di legame)
2 Cl gas
nFe mel solido + energia (E2 = energia per il passaggio di stato)
nFe gas
nCgrafite solido + energia (E3 = energia per il passaggio di stato)
nC gas
I metalli: si legano con non metalli formando legame ionico attraverso ioni positivi. Il metallo perde elettroni e il
non metallo lo prende (allo stato di elemento puro formano legame metallico)
I nonmetalli: si legano con metalli formndo legame ioni attravreso ioni negativi (si legano con nonmetalli
formndo legame covalente)
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Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
C’è una reazione che riassume tutti i legami chimici, è quella del cloruro di sodio. È la reazione del metallo sodio, del gas
cloro per dare il sale da cucina: legame metallico Na(s) legame covalente (cl2) legame ionico NaCl
51 LEGAME IONICO
Prendendo in esame NaCl vediamo come si forma.
1. Il sodio (Na) ha solo darà vita ad uno ione +1 e la sua energia di ionizzazione ammonta
a 494
π‘˜π‘—
π‘šπ‘œπ‘™
2. L’affinità elettronica del Cloro è di 349
π‘˜π‘—
π‘šπ‘œπ‘™
3. Dunque la variazione di energia liberata (energia necessaria meno energia liberta) è di
π‘˜π‘—
π‘˜π‘—
(494 - 349)π‘šπ‘œπ‘™ = +145 π‘šπ‘œπ‘™ , e si tratta di un aumento. Dunque un gas di ioni di sodio e
cloro molto distanti tra loro possiede più energia di un gas di sodio e cloro ugualmente
distanti.
4. Dunque non c’è nessun incentivo alla formazione del legame, ma il contributo che
manca è la forte attrazione elettrostatica tra ioni di carica opposta. Dunque quando gli
ioni sodio e cloruro si uniscono a formare il solido cristallino, l’attrazione reciproca mette in libertà una grande
π‘˜π‘—
quantità di energia. In questo caso di 787 π‘šπ‘œπ‘™
In generale si vedrà che gli elementi metallici possono cedere i loro elettroni di valenza diventando a loro volta cationi. I
non metalli possono far posto agli elettroni diventando a loro volta anioni.
L’energia necessaria a formare i legami ionici proviene in larga misura dell’attrazione elettrostatica tra ioni di carica
opposta; il modello ionico descrive soddisfacentemente il legame tra non metalli e metalli, particolarmente se questi
ultimi appartengono al blocco s
52 LEGAME COVALENTE
Il legame covalente è un legame chimico formato dalla condivisione di una coppia di elettroni.
Dalla posizione degli elementi sulla tavola periodica deriva il numero di legami:
H
O
N
C
1
2
3
4
53 TEORIA DI VSEPR
La distribuzione dei legami attorno a qualsiasi centro atomico dipende dal numero di coppie elettroniche che
stanno attorno a questo centro.
Per un dato numero di coppie elettroniche la distribuzione preferita è quella alla quale si pongono alla massima
distanza reciproca.
Le coppie elettroniche si comportano come come se si respingessero le une con le altre dando luogo alle
suddette disposizioni spaziali come se fossero concentrate in orbitali di legame effettivamente localizzati tra i
due atomi interessati.
Più coppie elettroniche condivise tra due atomi si considerano dal punto di vista geometrico come un unico
legame
17
Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
54 FORME E MOLECOLE FATTE:
metano, amoniaca, acqua, tricloruro di boro, anidride carbonica, etilene, azoto, monossido di carbonio, CF4
55 STATO DI AGGREGAZIONE DELLA MATERIA E LEGAMI
1. Tutti i reticoli ionici sono solidi
2. Tutti gli elementi composti o portati allo stato di atomi isolati sono gassosi
3. Lo stato di aggregazione di composti molecolari è un argomento complesso. E’ necessario prendere in
considerazione le forze intermolecolariche limitando in diversa misura il movimento reciproco delle molecole
sono responsabili dello stato di aggregazione. Si tratta infatti di forze elettrostaticheresponsabili di eventuali
legami intermolecolari. Queste possono essere nulle, deboli o forti, a seconda dell’esistenza di momenti dipolari
permanenti o indotti.
a. Se la molecola è polare, sarà poco probabile che sia un gas, e molto probabile che sia un solido e un
liquido
Il passaggio di stato da solido a liquido a gassoso avviene quando l’energia cinetica fa si che si rompano i legame
intermolecolari.
56 LEGAME IDROGENO
Il legame idrogeno è una specie di attrazione intermolecolare tra l’atomo di idrogeno in un legame polare (in particolare
H è legato con N, O, F) e una coppia elettronica non condivisa presente su un piccolo ione o atomo elettronegativo
X–H---Y
Una delle evidenti conseguenze del elgame ad idrogeno è la diversa densità del ghiaccio
e dell’acqua. In tutte le molecole nella fase solida si ha una desnità maggiore rispetto al
liquido, per l’acqua è il contrario. Questo si può spiegare perché nel ghiaccio aumenta il
numero di legami idrogeno che aumenta gli spazi tra le singole comlecole.
57 ORBITALI IBRIDI
Un orbitale ibrido è la risultante della combinazione lineare di orbitali atomici di energia simile. Nell’orbitale molecolare
abbiamo la massima densità elettronica tra i due nuclei. La forma è uguale un 8, simile a quello dell’orbitale p, ma è
asimmetrica. L’orbitale ha quella forma perché gli elettroni devono passare la maggior parte del loro tempo tra i due
nuclei per tenere uniti i due atomi. Il numero di orbitali ibridi è uguale al numero di orbitali atomici.
L’ibridazione serve per spiegare la forma delle molecole, infatti se prendiamo l’esempio del l’ammonica NH4. Il carbonio
ha 2 elettroni di valenza p e 2 s, dunque i 4 legami con gli atomi di idrogeno dovrebbero essere uguali e 2 diversi, al
contrario essi sono tutti uguali, questo perché i 2 orbitale s e i 2 orbitali p si ibridizzano a formare 4 orbitali sp3
18
Fondamenti di chimica
Abbiamo diversi tipi di ibridazione:
Elena Vismara
6-10-14
a) Ibridazione sp: si ha per molecole che hanno una forma lineare, ad esempio CO, CO2. Abbiamo un angolo di 180°
b) Ibridazione sp2: si ha per le molecole che hanno una forma planare (triangolare planare o angolare). Un esempio
è BCl3, BF3, H2CO3, C2H4. L’angolo è di 120° se non abbiamo coppietti elettronici liberi.
c) Ibridizzazione sp3: si ha per le molecole che hanno una forma tetraedrica (piramidale, angolare). Un esempio è
NH3, H2O, CF4. Si forma un angolo di 109,5° se non abbiamo coppietti elettronici liberi.
Per ogni legame multiplo si toglie un grado di ibridazione
58 LEGAME SIGMA E PI GRECO
Tutti gli orbitali ibridi formano legami σ o di scheletro, caratterizzati dalla sovrapposizione di nuvole
elettroniche (che corrispondo al legame) lungo la congiungente i nuclei. Tali
legami di scheletro sono quelli che tengono insieme la molecola. Ad esempio
negli alcani (ibridizzati sp3), è possibile una rotazione intorno al legame σ. La
rotazione non è però possibile per gli orbitali π
Per descrivere i legami multipli, dobbiamo aggiungere il legame π, che risulta dalla sovrapposizione
tra due orbitali p orientati perpendicolarmente all’asse internucleare. Tale legame covalente è più debole del legame di
scheletro e si trova perpendicolarmente all’asse internucleare.
In tutti i casi i legami singoli sono σ. Un doppio legame è fatto da un legame σ e un legame π
Alcuni esempi:
Come possiamo vedere dalla lunghezza dei legami il legame π è più debole del legame σ
59 POLIMERI
I polimeri sono sostanze ad ad alta massa molecolare formate mediante polimerizzazione di monomeri.
Poiché il legame σ ha libera rotazione attorno al legame e Il legame π non ha libertà rotazionale attorno al legame. Allora
per la molecola HClC abbiamo più configurazioni, che però corrispondo a 2 molecole diverse poiché hanno diverse
proprietà.
19
Fondamenti di chimica
Un altro esempio è il Poliacetilene trans:
La forma cis conduce di più della forma trans.
Elena Vismara
e il Poliacetilene cis
6-10-14
.
Altro polimero importante è il Poliisoprene che è una gomma sintetica fabbricata ad
imitazione della gomma naturale di cui è il costituente principale. Si ottiene
industrialmente con i catalizzatori Ziegler-Natta (premi Nobel).
60 ALCHENI ALCHINI
??
61 LA CELLULOSA
La cellulosa è il polimero strutturale più comune nel mondo vegetale. E' costituita da polimeri di anidroglucosio legati
da ponti glucosidici (acetalici) β in cui la catena risulta allungata e quasi planare consentendo legami ad idrogeno
intra-ed intermolecolari che comportano una elevata cristallinità. La struttura lineare della cellulosa consente una
forte associazione intramolecolare. I legami intermolecolari rendono la cellulosa altamente cristallina. L'attacco
dell'acqua, specie in ambiente alcalino (con formazione di alcossidi) riduce la cristallinità rendendo le strutture più
idrofile riducendo la resistenza meccanica ed arrivando alla
solubilizzazione
62 STRUTTURE DI RISONANZA
Fino ad adesso abbiamo considerato i legami π come localizzati. Ma non tutte le molecole possono
essere considerate in questo modo, un esempio è il Benzene (C6H6) che è una molecola aromatica,
altamente tossica, molto stabile e brucia dopo rispetto agli idrocarburi. Questa molecola è
ibridizzata sp2 e se ci sono 6 legami di scheletro, ci sono 3 legami pi greco che non sono
localizzati, poiché abbiamo 6 orbitali p che sono perpendicolari al piano della molecola. Se il
benzene avesse 3 legami pi greco localizzati, e quindi 3 legami doppi legami fissi, allora la molecola non avrebbe una
forma esagonale regolare, poiché i doppi legami hanno una lunghezza minore rispetto al legame singolo. Invece grazie ai
dati sperimentali vediamo che questa molecola ha una forma esagonale regolare. Visto che non possiamo descrivere i
legami pi greco come legami individuali tra atomi vicini, diciamo che i legami pi greco sono delocalizzati.
63 ORBITALI MOLECOLARI (LCAO)
Linear Combination of Atomic Orbitals (LCAO) si chiama un approccio che permette di generare diagrammi di
orbitali molecolari a partire da orbitali atomici
Gli orbitali molecolari si formano per sovrapposizione di orbitali atomici
Solo orbitali atomici di energia confrontabile si sovrappongono significativamente
20
Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
Quando due orbitali atomici si sovrappongono essi interagiscono in due modi estremi per formare due
orbitali molecolari, denominati rispettivamente legante e antilegante.
A differenza degli orbitali atomici, gli orbitali molecolari sono associati
all’intera molecola e non al singolo atomo.
Quando due orbitali atomici si sovrappongono si vengono a formare 2
orbitali molecolari. Un orbitale molecolare di legame, che è a energia più
bassa, e un legame molecolare di antilegame che è a energia maggiore.
Dunque l’orbitale di legame è più stabile di quello di antilegame.
Se prendiamo come esempio al molecola H2 e ne
rappresentiamo gli orbitali molecolari con un diagramma
energia-livello vediamo che i 2 elettroni, uno per ogni atomo
di H, si posizionano con spin opposto nel livello ad energia
minore, chiamato orbitale molecolare σ, mentre
nell’antilegame chiamato orbitale molecolare σ* non
troviamo niente. Dunque grazie a questo diagramma capiamo
che vi è la formazione di un legame e di una molecola poiché
l’energia che si ha dopo il legame è minore di quella di partenza, quindi la molecola è più stabile dei 2 atomi separati. Al
contrario se prendiamo 2 atomi di He, vediamo che questi non andranno mai a formare una molecola poiché la
diminuzioni di energia nell’orbitale molecolare di legame è annullata dall’incremento di energia nell’antilegame.
Nella teoria degli orbitali molecolari la stabilità di un legame covalente è
correlabile al suo ordine di legame, definito come metà della differenza tra il
numero di elettroni di legame e il numero di elettroni di antilegame:
Ordine di legame:
1
2
(n. di elettroni di legame – n. di elettroni di antilegame)
Un ordine di legame 1 rappresenta un singolo legame, un ordine di legame 2 un
doppio legame, e …
La stessa cosa vale anche per le molecole che presentano orbitali molecolari 2 p,
che stavolta però si disporranno sugli assi x, y e z. gli orbitali che si
sovrappongono sono chiamati orbitali molecolari pi greco. Poiché la
sovrapposizione di due orbitali 2pz è più grande di quella di due orbitali 2py o 2px
allora il legame σ2p ha energia inferiore rispetto agli orbitali molecolari π2p.
Grazie alla teoria degli orbitali molecolari possiamo spiegare perché O2 ha un solo legame, con 2 radicali. O2 risulta infatti
una sostanza paramagnetica, poiché le molecole con uno o più elettroni spaiati sono attratte da un campo magnetico
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Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
64 LEGAME METALLICO
64.1 MODELLO DEL MARE DI ELETTRONI
Un semplice modello che spiega le proprietà dei metalli è il modello el mare di elettroni, che raffigura il metallo come un
insieme di cationi (+) metallici in un mare di elettroni di valenza. Ad esempio l’elevata conducibilità elettrica vine
spiegata con la presenza di elettroni mobili. La capacità dei metalli di deformarsi può essre spiegata poiché gli atomi
formano molti legami tra di loro e i loro cambiamenti di posizione a causa di un cambiamneto di forma, sono in parte
bilanciati dalla ridistribuzione degli elettroni
64.2 MODELLO DEGLI ORBITALI MOLECOLARI
Guandando a lato vediamo che gli orbitali a più bassa
energia sono sempre i più leganti, e gli orbitali molecolari
a più alta energia sono gli antileganti. Se tale catena
tendesse all’infinito, gli stati energetici permessi
diventerebbero una banda continua. Di conseguenza la
struttura elettronica del cristallo è come quella di una
catena infinita che cosniste di bande.
Banda di conduzione
3s antilegame vuoto
Banda di valenza
3s legante pieno
la struttura di un solido consiste in una serie di
bande, tale struttura viene infatti chimata a bande.
Le bande energetiche sono solo parzialmente
riempite dagli elettroni. Gli elettroni che si trovano
vicini alla parte superiore dei livelli occupati
richideranno meno energia per essere promossi
agli orbitali a più alta energia non occupati. Senza
la sovrapposizione delle bande, le proprietà
periodiche dei metalli non potrebbero essere
spiegate. La teoria del legame molecolare spiega anche perché all’aumentare degli elettroni di valenza il legame diventa
più forte, ma una volta superati gli elementi centrali, poiché si incominciano a rimepire gli antilegami, allora il legame
diventa sempre più debole.
22
Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
65 CALORE
Calore: modo in cui si trasferisce l’energia da un corpo a temperatura maggiore ad uno a temperatura minore. Se si ha
un passaggio di calore dall’esterno verso il corpo esso viene indicato con il segno +, se invece un corpo rilascia calore, e
dunque lo strasmette verso l’esterno, allora si utilizza il segno –
Il calore specifico è la quantità di energia assorbita (o ceduta) da 1 grammo di sostanza durante un aumento (o
diminuzione) di temperatura di 1 °C.
Calore specifico =
(quantità di calore trasferito)
(grammi di sostanza) x (variazione di temperatura)
Il calore specifico dell’acqua equivale a 4,18
=
𝑄
π‘š π‘₯ βˆ†π‘‡
~
𝐽
𝑔𝐾
𝐽
𝑔𝐾
Il calore latente è la quantità di energia necessaria allo
svolgimento di una transizione di fase. L'unità di misura del
calore latente λ nel Sistema internazionale è J/kg. Il calore
necessario ad un passaggio di stato è 𝑄 = λ βˆ™ π‘š
In fisica, la caloria, unità di misura della quantità di calore
(simbolo cal ), pari a quella necessaria a portare la temperatura
di un grammo d'acqua distillata da 14,5 °C a 15,5 °C, alla
pressione atmosferica normale.
1 cal = 4,1855 J
Reazione endotermica (endo=dentro): Reazione che per avvenire
ha bisogno di energia, dunque si acquisisce calore. I reagenti
hanno meno energia dei prodotti.
βˆ†E = Q
βˆ†E = Q
Reazione esotermica (exo=fuori da): si rilascia energia dunque si
cede calore
I prodotti hanno meno energia dei reagenti.
66 DIAGRAMMA DI STATO
Diagramma Acqua
Il diagramma di stato è un metodo grafico per
riassumere le condizioni per le quali si hanno degli
equilibri tra i diversi stati della materia.
In questo diagramma vengono descritti i vari stati di
aggregazione della materia in base alla pressione e
alla temperatura. Tutti i punti del grafico sono punti
di equilibrio, cioè punti in cui convivono in equilibrio
diversi stati di aggregazione.
Definiamo come punto triplo, il punto in cui tutte e tre le
loro.
Diagramma generale
fasi sono in equilibrio tra di
Definiamo come punto critico il punto in cui la curva tra liquido e vapore si ferma. Oltre questo valore non possiamo più
effettuare un passaggio di stato variando solo la pressione. Oltre questo punto non si parla più di vapore (in equilibrio
con il proprio liquido) ma di gas, cioè non vi è più la coesistenza di uno stato liquido con quello gassoso.
23
Fondamenti di chimica
Elena Vismara
6-10-14
Di solito nel diagramma di stato in generale, la curva di fusione è caratterizzato da una pendenza positiva poiché per gli
elementi in generale il punto di fusione aumenta all’aumentare della pressione. L’acqua al contrario ha un grafico
diverso: la curva di fusione ha una pendenza negativa, indicando che per l’acqua il punto di fusione diminuisce
all’aumentare della pressione. Questo avviene poiché l’acqua la densità del liquido è maggiore del solido.
Definiamo come tensione di vapore la pressione che la fase gassosa di una sostanza esercita sulla fase liquida.
All’aumentare della polarità aumenta la temperatura critica con una buca di potenziale maggiore. Un esempio O2 non è
polare ed ha una temperatura di fusione di -199 °C, invece H2O che è fortemente polare ha una temperatura di ….
aggiungi
24
TERMODINAMICA CLASSICA
1 CALORE
Calore: modo in cui si trasferisce l’energia da un corpo a temperatura maggiore ad uno a temperatura
minore. Se si ha un passaggio di calore dall’esterno verso il corpo esso viene indicato con il segno +, se
invece un corpo rilascia calore, e dunque lo strasmette verso l’esterno, allora si utilizza il segno –
Il calore specifico è la quantità di energia assorbita (o ceduta) da 1 grammo di sostanza durante un
aumento (o diminuzione) di temperatura di 1 °C.
Calore specifico =
(quantità di calore trasferito)
(grammi di sostanza) x (variazione di temperatura)
Il calore specifico dell’acqua equivale a 4,18
=
𝑄
π‘š π‘₯ βˆ†π‘‡
~
𝐽
𝑔𝐾
𝐽
𝑔𝐾
Il calore latente è la quantità di energia necessaria allo
svolgimento di una transizione di fase. L'unità di misura
del calore latente λ nel Sistema internazionale è J/kg. Il
calore necessario ad un passaggio di stato è 𝑄 = λ βˆ™ π‘š
In fisica, la caloria, unità di misura della quantità di
calore (simbolo cal ), pari a quella necessaria a portare
la temperatura di un grammo d'acqua distillata da
14,5 °C a 15,5 °C, alla pressione atmosferica normale.
1 cal = 4,1855 J
Reazione endotermica (endo=dentro): Reazione che per
avvenire ha bisogno di energia, dunque si acquisisce calore. I
reagenti hanno meno energia dei prodotti.
βˆ†E = Q
βˆ†E = Q
Reazione esotermica (exo=fuori da): si rilascia energia dunque si
cede calore
I prodotti hanno meno energia dei reagenti.
2 DIAGRAMMA DI STATO
Diagramma Acqua
Il diagramma di stato è un metodo grafico per
riassumere le condizioni per le quali si hanno degli
equilibri tra i diversi stati della materia.
In questo diagramma vengono descritti i vari stati di
aggregazione della materia in base alla pressione e
alla temperatura. Tutti i punti del grafico sono punti
di equilibrio, cioè punti in cui convivono in equilibrio
diversi stati di aggregazione.
Diagramma generale
Definiamo come punto triplo, il punto in cui tutte e tre le fasi sono in equilibrio tra di loro.
Definiamo come punto critico il punto in cui la curva tra liquido e vapore si ferma. Oltre questo valore non
possiamo più effettuare un passaggio di stato variando solo la pressione. Oltre questo punto non si parla
più di vapore (in equilibrio con il proprio liquido) ma di gas, cioè non vi è più la coesistenza di uno stato
liquido con quello gassoso.
Di solito nel diagramma di stato in generale, la curva di fusione è caratterizzato da una pendenza positiva
poiché per gli elementi in generale il punto di fusione aumenta all’aumentare della pressione. L’acqua al
contrario ha un grafico diverso: la curva di fusione ha una pendenza negativa, indicando che per l’acqua il
punto di fusione diminuisce all’aumentare della pressione. Questo avviene poiché l’acqua la densità del
liquido è maggiore del solido.
Definiamo come tensione di vapore la pressione che la fase gassosa di una sostanza esercita sulla fase
liquida. All’aumentare della polarità aumenta la temperatura critica con una buca di potenziale maggiore.
3 IL SISTEMA E L’AMBIENTE
Indichiamo con il termine sistema la parte di universo che prendiamo come oggetto di studio
Indichiamo come ambiente tutto ciò che circonda il sistema, cioè l’insieme di tutti i sistemi
Un sistema isolato è un sistema in cui né l’energia né la materia possono essere scambiate con l’ambiente
4 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
L’energia si conserva, ma può essere variata nella forma: βˆ†π‘ˆ = 𝑄 − 𝐿
U= energia interna; Q= calore assorbito; L= lavoro fatto. Il calore e il lavoro sono due mezzi con cui il
sistema scambia energia con l’ambiente che lo circonda. Il lavoro è l’energia trasferita per mezzo di un
collegamento meccanico con l’ambiente, mentre il calore è l’energia trasferita a causa di una differenza di
temperatura, ovvero di energia cinetica, con l’ambiente.
Q è positivo quando viene trasferito dall’ambiente al sistema, cioè quando va ad aumentare l’energia del
sistema stesso.
L è positivo quando viene compiuto un lavoro sul sistema
5 PROCESSO ENDOTERMICI ED ESOTERMICI
Guarda sopra
6 FUNZIONI DI STATO
Il valore di una funzione di stato dipende soltanto dallo stato specifico del sistema e non dalla sua storia
pregressa, ovvero dal percorso con il quale il sistema ha raggiunto quello specifico stato. La funzione di
stato dipende dunque solo dallo stato iniziale e finale, non dal percorso tra i due stati.
Indichiamo con βˆ†(𝐹) la funzione di stato caratteristica dello stato, che non si può modificare.
Un Esempio di funzione di stato è l’energia interna di un sistema, cioè E
7 PROCESSI SPONTANEI REVERSIBILI E IRREVERSIBILI
Un processo spontaneo è un processo che avviene senza nessun aiuto. Un processo spontaneo è un
processo che avviene in una sola direzione, infatti i processi che sono
spontanei in una direzione, non sono spontanei nella direzione
opposta. Ad esempio un gas si espande spontaneamente nel vuoto,
ma il suo inverso, in cui il gas ritorna indietro in uno dei due palloni
non avviene.
Nella prima figura abbiamo una reazione irreversibile possiamo vedere come il lavoro sia minore di quello
reversibile, infatti πΏπ‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’ = π‘ƒπ‘’π‘ π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘›π‘Ž βˆ™ βˆ†π‘‰ = π‘„π‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’
𝑏
𝑏 𝑅𝑇
Nel secondo caso invece abbiamo che πΏπ‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’ = ∫π‘Ž π‘ƒπ‘’π‘ π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘›π‘Ž 𝑑𝑉 = ∫π‘Ž
𝑉
𝑉
𝑑𝑉 = 𝑅𝑇𝑙𝑛 ( 𝑉𝑏 ) =
π‘Ž
π‘„π‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’
Dunque πΏπ‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’ > πΏπ‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’ e per la validità del primo principio della termodinamica
βˆ†π‘ˆ = π‘„π‘Ÿπ‘’π‘£ − πΏπ‘Ÿπ‘’π‘£ = π‘„π‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£ − πΏπ‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£ → π‘„π‘Ÿπ‘’π‘£ > π‘„π‘–π‘Ÿπ‘Ÿπ‘’π‘£
8 ENTROPIA
L’entropia è una funzione di stato il cui cambiamento è misurato dal calore scambiato in modo reversibile
diviso t. Essa è una misura della quantità di energia inutilizzabile per ottenere lavoro ed è una misura del
disordine di un sistema. Dunque è una misura della molteplicità di un sistema.
Essendo una funzione di stato, l’entropia S, dipende soltanto dallo stato iniziale e finale del sistema: βˆ†π‘† =
𝑆𝑓𝑖𝑛 − 𝑆𝑖𝑛
Nel caso particolare di un processo isotermo βˆ†π‘† =
π‘„π‘Ÿπ‘’π‘£π‘’π‘Ÿπ‘ π‘–π‘π‘–π‘™π‘’
𝑇
9 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Per il secondo principio della termodinamica solo le trasformazioni che aumentano il disordine
dell’universo avvengono spontaneamente.
L’idea chiave del secondo principio della termodinamica è che in ogni trasformazione l’energia si conserva,
però l’entropia no, infatti per ogni processo spontaneo, cioè irreversibile βˆ†π‘†π‘’π‘›π‘–π‘£ = βˆ†π‘†π‘ π‘–π‘ π‘‘π‘’π‘šπ‘Ž +
βˆ†π‘†π‘Žπ‘šπ‘π‘–π‘’π‘›π‘‘π‘’ > 0
Invece per i
processi reversibili βˆ†π‘†π‘’π‘›π‘–π‘£ = βˆ†π‘†π‘ π‘–π‘ π‘‘π‘’π‘šπ‘Ž + βˆ†π‘†π‘Žπ‘šπ‘π‘–π‘’π‘›π‘‘π‘’ = 0
Tutti i processi che avvengono naturalmente sono irreversibili e dunque spontanei. Quindi l’entropia
dell’universo cresce per tuti i processi spontanei.
Possiamo descrive il secondo principio della termodinamica anche con l’equazione di Boltzmann: 𝑆 = 𝐢 βˆ™
ln(π‘Š) dove C è la costante di Boltzmann e W sono i microstati.
Un microstato, che si indica con la lettera W, corrisponde ad un possibile insieme di valori che le posizioni e
le energie cinetiche delle molecole del gas possono assumere quando il gas è in un dato stato
termodinamico. Se lo stato è usato per descrivere la visione macroscopica del nostro sistema, un
microstato è una disposizione microscopica particolare degli atomi o delle molecole del sistema che
corrisponde ad un dato stato del sistema.
Ritornando all’equazione di Boltzmann comprendiamo come l’entropia S, cresce all’aumentare dei
microstati del sistema. Il numero di microstati disponibili per un sistema aumenta all’aumentare del
volume, della temperatura e del numero di molecole, perché ciascuna di queste variazioni aumenta le
possibili posizioni ed energie delle molecole del sistema.
Le molecole complesse hanno un’entropia maggiore perché aumenta la complessità e dunque il numero di
microstati. Lo stato gassoso ha un’entropia maggiore perché è lo stato più disordinato
La variazione di entropia dell’ambiente è βˆ†π‘†π‘Žπ‘šπ‘π‘–π‘’π‘›π‘‘π‘’ =
−π‘žπ‘ π‘–π‘ π‘‘π‘’π‘šπ‘Ž
𝑇
=
−βˆ†π»π‘ π‘–π‘ π‘‘π‘’π‘šπ‘Ž
𝑇
10 TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Il terzo principio della termodinamica afferma che l’entropia di un cristallo perfetto di qualsiasi elemento o
composto puro allo 0 assoluto è pari a 0, poiché esiste un solo microstato: 𝑆(0𝐾)π‘ π‘œπ‘ π‘‘π‘Žπ‘›π‘§π‘Ž π‘π‘’π‘Ÿπ‘Ž π‘π‘Ÿπ‘–π‘ π‘‘π‘Žπ‘™π‘™π‘–π‘›π‘Ž =
0. Dal terzo principio consegue che è possibile valutare l’entropia assoluta di una sostanza:
∫
π‘‘π‘žπ‘Ÿπ‘’π‘£
𝑇
= 𝑆 − 𝑆0 se la misura di scambio di calore è valutata tra T e 0K, ne risulta una misura assoluta.
11 L’ENERGIA LIBERA DI GIBBS
L’energia libera di Gibbs ci dà informazioni importanti sulla spontaneità di un processo che avviene a
temperatura e pressione costante.
Per un processo che si svolge a temperatura costante βˆ†πΊ = βˆ†π» − π‘‡βˆ†π‘†
Dim:
Per il secondo principio della termodinamica abbiamo che βˆ†π‘†π‘‘π‘œπ‘‘π‘Žπ‘™π‘’ = βˆ†π‘†π‘Žπ‘šπ‘π‘–π‘’π‘›π‘‘π‘’ + βˆ†π‘†π‘Ÿπ‘’π‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’ = −
βˆ†π»
𝑇
+
βˆ†π‘†π‘Ÿπ‘’π‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’
Il disordine dell'ambiente è incrementato o diminuito attraverso il calore scambiato con la reazione.
L’ambiente è quindi passivo e rispetto alla reazione e ne subisce l’azione:
−π‘‡βˆ†π‘†π‘‘π‘œπ‘‘π‘Žπ‘™π‘’ = βˆ†πΊ = βˆ†π» − π‘‡βˆ†π‘†π‘Ÿπ‘’π‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’ = −πΏπ‘šπ‘Žπ‘₯ ;
−π‘‡βˆ†π‘†π‘‘π‘œπ‘‘π‘Žπ‘™π‘’ = βˆ†πΊ ;
βˆ†πΊ = βˆ†π» − π‘‡βˆ†π‘†
βˆ†πΊ = massimo lavoro che si può recuperare cambiato di segno
Se T e P sono entrambe costanti, la relazione tra il segno di βˆ†πΊ e la spontaneità della reazione si esprime
così:
1. Se βˆ†πΊ è negativo, la reazione diretta è spontanea
2. Se βˆ†πΊ è zero, la reazione diretta e all’equilibrio
3. Se βˆ†πΊ è positivo, la reazione diretta non è spontanea; essa può essere fatta avvenire solo
somministrando lavoro al sistema dall’esterno.
βˆ†π‘―
βˆ†π‘Ί
Esotermica (βˆ†π» < 0 )
Aumenta (βˆ†π‘† > 0)
Esotermica (βˆ†π» < 0 )
Diminuisce (βˆ†π‘† < 0)
Endotermica (βˆ†π» > 0 )
Aumenta (βˆ†π‘† > 0)
Endotermica (βˆ†π» > 0 )
Diminuisce (βˆ†π‘† < 0)
Quindi βˆ†π» < 0 e βˆ†π‘† > 0 sono favorevoli alla spontaneità
Reazione spontanea
Per qualunque T, βˆ†πΊ < 0
Solo a basse T, se |π‘‡βˆ†π‘†| < |βˆ†π»|
Solo ad alte T, se π‘‡βˆ†π‘† > βˆ†π»
Per nessuna T, βˆ†πΊ > 0
Costruire la retta βˆ†πΊ = βˆ†π» − π‘‡βˆ†π‘† significa fare lo studio termodinamico di una reazione.
La spontaneità risulta da due diverse tendenze:
a) La tendenza del sistema a porsi nella situazione di minima energia potenziale
b) La tendenza del sistema a porsi nella situazione di massimo disordine.
La prima componente è legata al termine entalpico βˆ†π» ed è favorevole per reazioni esotermiche. Significa
che globalmente le energie di legame nei prodotti sono più elevate che nei reagenti.
La seconda componente è legata al termine entropico π‘‡βˆ†π‘† che indica una reazione ordinante o
disordinante, il cui peso cambia a seconda della temperatura. L’aumento di disordine favorisce la
spontaneità
12 4 ESEMPI
13 STATO STANDARD
Anche per βˆ†πΊ abbiamo lo stato standard: βˆ†πΊ° = βˆ†π»° − π‘‡βˆ†π‘†°
La definizione di stato standard comporta pressione unitaria per ogni componente gassoso e
concentrazione unitaria per ogni componente in soluzione (moli/litro). È un puro stato di riferimento e
difficilmente le reazioni avvengono in quelle condizioni.
βˆ†πΊ = βˆ†π» − π‘‡βˆ†π‘† = 0
𝑇=
βˆ†π»°
βˆ†π‘†°
14 LA COSTANTE DI EQUILIBRIO
Le reazioni chimiche evolvono spontaneamente fino al raggiungimento dell’equilibrio per un dato valore di
temperatura si arriva a βˆ†πΊ= 0
Quando abbiamo un equilibrio, cioè una reazione scritta con la doppia freccia, questo vuol dire che tale
reazione può avvenire in entrambi i versi, cioè dai reagenti verso i prodotti o il contrario. Dunque lo stato di
equilibrio può essere raggiunto da entrambe le direzioni.
Legge delle masse:
La legge delle masse esprime per ogni reazione il rapporto fra le concentrazioni (
π‘šπ‘œπ‘™
)
𝐿
dei reagenti e dei
prodotti presenti all’equilibrio. Ad esempio se abbiamo una reazione: π‘Ž 𝐴 + 𝑏 𝐡 ⇄ 𝑐 𝐢 + 𝑑 𝐷; dove A, B,
C e D sono le specie chimiche coinvolte e a, b, c e d sono i coefficienti stechiometrici dell’equazione
bilanciata. Dunque lo stato di equilibrio è espresso dell’equazione:
(𝐢)𝑐 (𝐷)𝑑
𝐾𝑐 =
(𝐴)π‘Ž (𝐡)𝑏
Prodotti
Reagenti
Il valore di K è un numero adimensionale e dipende soltanto dalla stechiometria della reazione e dalla
temperatura.
Quando i reagenti e i prodotti della reazione chimica sono gas, posiamo formualare l’espressione della
costante di equilibrio in termini di pressioni parziali, e la indichiamo con la lettera Kp
(𝑝𝐢)𝑐 (𝑝𝐷)𝑑
𝐾𝑝 =
(𝑝𝐴)π‘Ž (𝑝𝐡)𝑏
Con pA e pB indichiamo le pressioni parziali in atm dei reagenti. Con pC e pD indichiamo le presioni parziali
dei prodotti.
Con gli apici a, b, c, d indichiamo i coefficienti stechiometrici riferiti ad ogni molecola.
Poiché la costante di equilibrio indica il rapporto tra prodotti e reagenti, dal suo valore possiamo capire
quale dei due sarà più concentrato, cioè possiamo capire dove sarà spostata la reazione:
Se K > 1 l’equilibrio è spostato verso destra, cioè i prodotti predominano
Se K < 1 l’equilibrio è spostato verso sinistra, cioè i reagenti predominano
L’espressione della costante di equilibrio per una reazione scritta in un senso è il reciproco di quella della
reazione scritta nel senso inverso.
15 EQUILIBRI OMOGENEI ED ETEROGENEI
Quando in un equilibrio le sostanze sono presenti tutte nella stessa fase stiamo parlando di equilibri
omogenei. Questi valgono sia per i gas sia per le soluzioni.
Per soluzione si intende un sistema omogeneo ottenuto sciogliendo dei solidi, dei liquidi o dei gas (soluto)
in un liquido che fa da solvente e che è in quantità nettamente superiore al soluto. Gas ideali e soluzioni
ideali sono sistemi simili che seguono le stesse relazioni. Il concetto di idealità è il medesimo, nel caso dei
gas il mezzo è il vuoto, nel caso delle soluzioni il mezzo è il solvente. Quanto è stato dimostrato si può
estendere quindi dagli equilibri in fase gas agli equilibri in soluzione. ΔG° = -RTlnK è valida quindi per K=
rapporto di pressioni parziali ma anche per K = rapporto di concentrazioni.
Gli equilibri eterogenei sono invece relativi a sostanze presenti in diverse fasi. Gli Equilibri dipendono solo
dalle concentrazioni e dalle loro variazioni, siccome solidi e liquidi non variano di concentrazione sono
considerati costanti e inglobati nel valore della K e dunque non vengono considerati per il calcolo della
costante di equilibrio (quando abbiamo basse concentrazioni del solvente nei prodotti e nei reagenti allora
non si conta). Ad esempio per calcolare il valore di K di questa reazione basterà prendere il valore di 𝐢𝑂2(𝑔) ,
cioè Kp = 𝑝𝐢𝑂2(𝑔)
πΆπ‘ŽπΆπ‘‚3(𝑠) ⇆ πΆπ‘Žπ‘‚(𝑠) + 𝐢𝑂2(𝑔)
16 QUOZIENTE DI REAZIONE
Definiamo come il quoziente di reazionione, Q, il numero ottenuto sostituendo le concentrazioni o le
pressioni parziali iniziali dei prodotti e dei reagenti nell’espressione della costante di equilibrio. perciò, per
la reazione generale:
π‘Žπ΄+𝑏𝐡 ← 𝑑𝐷+𝑒𝐸
→
il quoziente di reazione è 𝑄 =
(𝑝𝐢)𝑐 (𝑝𝐷)𝑑
(𝑝𝐴)π‘Ž (𝑝𝐡)𝑏
Se la costante di equilibrio ha un solo valore ad ogni temperatura. Il quoziente di reazione varia mentre la
reazione procede. Per calcolare il quoziente di reazione non utilizziamo le concentrazioni all’equilibrio. Il
valore di Q ci dice se la nostra reazione è davvero in equilibrio:
Se Q < K: la concentrazione dei prodotti è troppo piccola e quella dei reagenti troppo grande. La
reazione raggiungerà l’equilibrio formando più prodotti. La reazione si sposta da sinistra a destra.
Se Q = K: il sistema è in equilibrio
Se Q > K: la concentrazione dei prodotti è troppo grande e quella dei reagenti troppo piccola.
Quindi le sostanze dalla parte di destra reagiranno per formare le sostanze della parte sinistra. Per
raggiungere lo stato di equilibrio la reazione si sposta da destra verso sinistra.
17 ENERGIA LIBERA IN CONDIZIONI NON STANDARD
La variazione di energia libera βˆ†πΊ riferito a qualsiasi condizione non standard è datat dalla seguente
relazione:
βˆ†πΊ = βˆ†πΊ° + 𝑅𝑇𝑙𝑛 𝑄
In quast’equazione R e la costante dei gas ideali, 8,134 J/mol K; T è la temperatura assoluta; Q è il quoziente
di reazione che corrisponde alla particolare miscela considerata.
In condizioni standard Q=1, cioè lnQ = 0, quindi βˆ†πΊ = βˆ†πΊ°
All’equilibrio Q = K, quindi si ha l’equazione
βˆ†πΊ = βˆ†πΊ° + 𝑅𝑇𝑙𝑛 𝑄;
−𝑅𝑇𝑙𝑛 𝐾
0 = βˆ†πΊ° + 𝑅𝑇𝑙𝑛 𝐾
βˆ†πΊ° =
18 LA VELOCITÀ DI REAZIONE
La velocità di una reazione è lo studio della variazione delle concentrazioni nel tempo. Tale velocità dipende
da:
1.
2.
3.
4.
Lo stato fisico dei reagenti
Le concentrazioni dei reagenti (teoria delle collisioni “efficaci”)
Temperatura (influenza sul numero di collisioni efficaci)
Catalizzatori
Le velocità sono sempre espresse come quantità positive
π‘£π‘’π‘™π‘œπ‘π‘–π‘‘à π‘šπ‘’π‘‘π‘–π‘Ž 𝑑𝑖 π‘“π‘œπ‘Ÿπ‘šπ‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’ 𝑑𝑖 𝐴 =
π‘£π‘Žπ‘Ÿπ‘–π‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’ π‘‘π‘’π‘™π‘™π‘Ž π‘π‘œπ‘›π‘π‘’π‘›π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’ 𝑑𝑖 𝐴
βˆ†[𝐴]
=
π‘‘π‘’π‘šπ‘π‘œ π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘ π‘œ
βˆ†π‘‘
Durante una reazione osserviamo una diminuzione delle velocità delle reazione poiché la concentrazione
dei reagenti diminuisce.
Per una reazione in generale π‘Ž 𝐴 + 𝑏 𝐡 → 𝑐 𝐢 + 𝑑 𝐷 la velocità è
π‘‰π‘’π‘™π‘œπ‘π‘–π‘‘à = −
1 βˆ†[𝐴]
1 βˆ†[𝐡]
1 βˆ†[𝐢]
1 βˆ†[𝐷]
= −
=
=
π‘Ž βˆ†π‘‘
𝑏 βˆ†π‘‘
𝑐 βˆ†π‘‘
𝑑 βˆ†π‘‘
19 VELOCITÀ E ORDINI DI REAZIONE
Per una reazione in generale π‘Ž 𝐴 + 𝑏 𝐡 → 𝑐 𝐢 + 𝑑 𝐷 la velocità di una reazione che dipende dalle
concentrazioni dei reagenti è:
π‘‰π‘’π‘™π‘œπ‘π‘–π‘‘à = π‘˜[𝐴]π‘š [𝐡]𝑛
Dove K è detta costante di velocità. Gli esponenti m, n sono detti ordini di reazione.
L’ordine globale della reazione è dato dalla somma degli ordini di ogni reagente. Quindi se abbiamo ad
esempio 2 reagenti di ordine 1, la reazione sarà di secondo ordine.
Gli esponenti in una legge di velocità indicano come la velocità è influenzata dalla concentrazione di ogni
reagente. I valori di questi esponenti possono essere determinati sperimentalmente. Nella maggior parte
dei casi possono essere 0, 1 o 2. Occasionalmente possono anche essere frazionari o maggiori di due.
Di solito per un grande valore di k ( ≈109 o maggiore) implica una reazione veloce, mentre un piccolo valore
di k (10 o minore) implica una reazione lenta.
L’unità di misura di k è
1
π‘€βˆ™π‘ 
0. Se una reazione è di ordine 0 rispetto ad un reagente, cambiando la relativa concentrazione non si
avrà alcun effetto sulla velocità perché ogni concentrazione elevata alla zero è uguale a 1
1. Quando una reazione è di primo ordine la velocità cambiare in modo proporzionale, se
raddoppiamo le concentrazione raddoppieranno le velocità
2. Se una reazione è di secondo ordine se raddoppiamo la concentrazione allora la velocità
quadruplicherà
Dunque possiamo affermare che la velocità di reazione dipende dalla concentrazione, mentre la costante di
velocità k è indipendente dalla concentrazione. Questa è influenzata dalla temperatura e dalla presenza di
un catalizzatore.
19.1 REAZIONE DEL PRIMO ORDINE
Nelle reazioni del primo ordine la velocità dipende dalla concentrazione di un singolo reagente elevato alla
uno. Per una reazione del tipo A prodotti, la velocità è questa:
−
𝑑[𝐴]
= π‘˜ [𝐴];
𝑑𝑑
𝑑[𝐴]
[𝐴]
[𝐴]
= −π‘˜π‘‘π‘‘;
𝑑
𝑑[𝐴]
= −π‘˜ ∫ 𝑑𝑑 ;
[𝐴]0 [𝐴]
𝑑0
∫
ln
[𝐴]
= −π‘˜ βˆ™ (𝑑 − 𝑑0 )
[𝐴]0
𝑑0 = 0
ln[𝐴] = −π‘˜π‘‘ + ln[𝐴]0
Per una reazione del primo ordine, esprimendo graficamente [A], in funzione del tempo otteniamo una
linea retta con una pendenza pari a –k e intercetta sull’asse delle y pari a ln[𝐴]0
Una reazione diversa dal primo non darà una linea retta in un grafico che ln[𝐴]0 e 𝑑
19.2 REAZIONI DI SECONDO ORDINE
In una reazione di secondo ordine la velocità dipende dalla concentrazione del reagente elevato alla
seconda potenza oppure dalle concentrazioni di due reagenti differenti, ciascuna elevata alla prima
potenza. La velocità sarà uguale a
−
𝑑[𝐴]
= π‘˜ [𝐴]2 ;
𝑑𝑑
−
𝑑[𝐴]
[𝐴]2
[𝐴]
= π‘˜π‘‘π‘‘;
𝑑
𝑑[𝐴]
=
π‘˜
∫
𝑑𝑑 ;
2
[𝐴]0 [𝐴]
𝑑0
1
1
−
= π‘˜ βˆ™ (𝑑 − 𝑑0 )
[𝐴] [𝐴]0
−∫
𝑑0 = 0
1
1
= π‘˜π‘‘ +
[𝐴]
[𝐴]0
1
Se la reazione è del secondo ordine, esprimendo in un grafico [𝐴] in funzione di t si ottiene una linea retta
𝑑
1
con pendenza uguale a k e intercetta sull’asse y uguale a [𝐴]
0
20 EQUAZIONE DI ARRHENIUS
Arrhenius notò che l’aumento della velocità non è lineare con l’aumento della temperatura, ma dipende:
a) La frazione delle molecole che possiedono un energia di Ea o più grande
b) Il numero di urti che avvengono al secondo
c) La frazione degli urti che hanno l’orientamento adatto.
−πΈπ‘Ž
π‘˜ = 𝐴 βˆ™ 𝑒 𝑅𝑇
𝐽
In questa equazione k è la costante di velocità, Ea l’energia di attivazione, R la costante dei gas (8,314 π‘šπ‘œπ‘™βˆ™πΎ)
e T è la temperatura assoluta. A è il fattore sterico che è costante al variare della temperatura. Esso è
connesso alla frequenza degli urti e alla probabilità che gli urti siano favorevolmente orientati per dar luogo
alla reazione. Per le molecole semplici vale 1, per quelle complesse meno di 1.
All’aumentare di Ea, k diminuisce perché la frazione delle molecole che possiedono l’energia richiesta è più
piccola. Quindi anche la velocità di reazione diminuisce all’aumentare di Ea .
20.1 TEORIA DEGLI URTI
La teoria degli urti descrive come le molecole per reagire devono urtarsi e maggiore è il numero di “urti
efficaci”, maggiore sarà la velocità di reazione. Se aumentiamo la concentrazione o la temperatura abbiamo
un aumento degli urti. Nella maggior parte delle reazioni, affinché un urto avvenga, durante gli urti le
molecole devono essere orientate in un determinato modo (A, fattore di frequenza).
20.2 ENERGIA DI ATTIVAZIONE
Le molecole devono possedere una quantità minima di energia per reagire,
cioè le molecole che si scontrano devono avere un’energia cinetica totale
uguale o più grande di un determinato valore minimo. L’energia minima
richiesta per dare inizio ad un processo chimico è detta energia di attivazione
Ea. Le molecole devono avere abbastanza energia per avere degli urti efficaci,
cioè ci vuole abbastanza energia affinché le nuvole elettroniche si
compenetrino.
cdx
La differenza di energia fra quella iniziale e la più alta energia lungo la coordinata di reazione rappresenta
l’energia di attivazione, Ea. La particolare disposizione degli atomi nella parte superiore della barriera è
detta complesso attivato o stato di transizione. La velocità di reazione non dipende da βˆ†E, ma dalla
grandezza di Ea: più bassa è Ea più veloce sarà la reazione
Affinché una molecola riesca a superare la barriera dell’energia di
attivazione è necessario che ci sia un aumento di temperatura,
infatti aumentando la temperatura, le molecole hanno più energia e
dunque, essendoci più urti, una
frazione di molecole maggiore
reagisce.
Se prendiamo un grafico che ha sull’asse delle ordinate ln(k) e sulle
ascisse 1/T allora l’equazione: ln π‘˜ = −
πΈπ‘Ž
𝑅𝑇
+ ln 𝐴 ha come grafico una
𝐸
retta dove il coefficiente angolare corrisponde a − π‘…π‘‡π‘Ž
ln
π‘˜1
πΈπ‘Ž 1
1
=
βˆ™( − )
π‘˜2
𝑅 𝑇2 𝑇1
21 MECCANISMI DI REAZIONE
Il meccanismo di reazione descrive molto in dettaglio l’ordine in cui i legami sono rotti e formati ed i
cambiamenti nelle posizioni relative degli atomi nel percorso di reazione.
21.1 REAZIONI ELEMENTARI
Sono detti processi elementari i processi che avvengono in un singolo evento o stadio.
Il numero di molecole che partecipano come reagenti in una reazione elementare definisce la molecolarità
della reazione. (Molecolarità: numero di particelle coinvolte nell’atto reattivo in cima alla barriera
dell’energia d’attivazione, la molecolarità coincide con l’ordine di reazione totale (somma dei coefficienti
stechiometrici) = la molecolarità descrive l’aggregato instabile chiamato complesso attivato che
effettivamente si forma in cima alla barriera dell’energia d’attivazione e che può evolvere a reagenti e a
prodotti). Se è implicata ad una singola molecola la reazione è unimolecolare. Se la reazione invece
coinvolge l’urto di due molecole di reagente allora si dice bimoleoclare.
21.2 LEGGI DI VELOCITÀ PER LE REAZIONI ELEMENTARI
Se una reazione è un processo elementare, allora conosciamo la rispettiva legge di velocità. La legge di
velocità di una reazione elementare deriva direttamente dalla relativa molecolarità. Per esempio per un
processo unimolecolare generico A prodotti, la velocità del processo sarà Velocità = k[A]. Nel caso di
stadi bimolecolari Velocità = k[A][B]. se ad esempio ho 2 A allora V = k[A]2.
21.3 LO STADIO CHE DETERMINA LA VELOCITÀ DI REAZIONE PER UN MECCANISMO A PIÙ STADI
Lo stadio più lento in una reazione a più stadi determina la velocità globale del processo. Se lo stadio più
lento non è il primo, gli stadi precedenti più veloci producono prodotti intermedi che si accumulano prima
di essere consumati nello stadio più lento. In entrambi i casi lo stadio determinante la velocità governa la
legge di velocità per la reazione complessiva.
22 CATALISI
Un catalizzatore è una sostanza che varia la velocità di una reazione chimica senza che subisca una
trasformazione chimica permanente nel corso del processo
22.1
CATALISI OMOGENEA
Un catalizzatore che è presente nella stessa fase delle molecole
coinvolte nella reazione è detto catalizzatore omogeneo. Né il
catalizzatore ne l’intermedio compaiono nella reazione. Il
catalizzatore è presente dall’inizio della reazione mentre
l’intermedio si forma durante. Per velocizzare la temperatura, il
catalizzatore deve agire sulla costante di velocità k. Dunque sulla
basse dell’equazione di Arrhenius il catalizzatore può influenzare la
velocità andando a modificare i valori di Ea o di A. Solitamente un
catalizzatore abbassa l’energia di attivazione globale permettendo
un meccanismo di reazione completamente diverso.
22.2 CATALISI ETEROGENEA
Un catalizzatore eterogeneo esiste in una fase diversa da quella delle molecole del reagente, solitamente
come solido in contatto con reagenti gassosi o in una soluzione liquida. I catalizzatori eterogenei sono
spesso usati nell’industria e sono spesso costituiti da metalli o da ossidi di metalli.
Il passo iniziale della catalisi eterogenea è solitamente l’adsorbimento dei reagenti che si riferisce ad un
interazione della molecola con la superficie del catalizzatore. Mentre con l’absorbimento le molecole
migrano all’interno di un’altra sostanza. L’adsorbimento avviene poiché gli atomi o gli ioni su una superficie
sono molto reattivi e hanno la capacità di formare legami. Questa caratteristica può essere utilizzata per
legare molecole presenti in fase gas o in soluzione alla superficie del solido.
22.3 ENZIMI
Gli enzimi sono dei catalizzatori biologici. Essi sono grandi catene proteiche. Anche se un enzima è una
grande molecola, la reazione viene catalizzata in una posizione molto specifica dell’enzima, detta sito
attivo. Le sostanze che reagiscono in questo sito sono dette substrati. Quando le molecole del substrato
entrano nel sito attivo, vengono attivate in modo che siano capaci di dar luogo a reazioni estremamente
veloci.
23 PRINCIPIO DI LE CHATELIER
Elettrochimica
24 FEM
La differenza di potenziale tra 2 elettrodi si misura in volt (V) 1 V = 1
J
C
La fem (forza elettromotrice) è la differenza di potenziale tra 2 elettrodi di una cella galvanica che fornisce
la forza motrice che spinge gli elettroni attraverso il circuito esterno.
La fem in condizioni standard (1M di reagenti e prodotti ad una temperatura di 298 K) è definita fem
°
° (catodo)
°
standard e si indica 𝐸𝑐𝑒𝑙𝑙
= πΈπ‘Ÿπ‘’π‘‘
− πΈπ‘Ÿπ‘’π‘‘
(anodo)
Per convezione il potenziale associato a ciascun elettrodo è scelto per essere il potenziale della reazione di
riduzione a quell’elettrodo
Cambiando i coefficienti stechiometrici di una semireazione non varia il valore del potenziale di riduzione
°
standard per esempio πΈπ‘Ÿπ‘’π‘‘
per la reazione di 10 mol di Zn2+ è lo stesso per la riduzione di 1 mol di Zn2+
25 FEM E βˆ†G
Il lavoro ricavabile da una reazione redox è un lavoro elettrico, esprimibile come il prodotto della forza
elettromotrice f.e.m, per la carica spostata nF.
−πΏπ‘Žπ‘£π‘œπ‘Ÿπ‘œ 𝑒𝑑𝑖𝑙𝑒 = βˆ†πΊ = −π‘›πΉβˆ†πΈ = −𝑛𝐹(𝑓. 𝑒. π‘š)
In questa equazione n rappresenta il numero di elettroni trasferiti in una reazione. La costante F è la
costante di Faraday che è la quantità di carica elettrica trasportata per una mole di elettroni ed è uguale a F
J
= 96'500 Vβˆ™mol
Un valore positivo di E e un valore negativo di βˆ†G indicano entrambi che la reazione è spontanea.
Quando tutti i prodotti e reagenti sono in condizioni standard l'equazione di può scrivere:
βˆ†πΊ ° = −π‘›πΉβˆ†πΈ °
Possiamo mettere in relazione la costante di equilibrio K con E
𝐸° =
βˆ†πΊ °
−𝑅𝑇 ln 𝐾
𝑅𝑇
=
=
βˆ™ ln 𝐾
−𝑛𝐹
−𝑛𝐹
𝑛𝐹
26 EQUAZIONE DI NERNST
𝐸 = 𝐸° −
𝑅𝑇
2,303𝑅𝑇
βˆ™ ln 𝑄 = 𝐸 ° −
βˆ™ log 𝑄
𝑛𝐹
𝑛𝐹
Alla temperatura di 298 K, l’equazione viene rappresentata in questo modo:
𝐸 = 𝐸° −
0,0592
[π‘π‘Ÿπ‘œπ‘‘π‘œπ‘‘π‘‘π‘–]
βˆ™ log
𝑛
[π‘Ÿπ‘’π‘Žπ‘”π‘’π‘›π‘‘π‘–]
Durante la trasformazione dei reagenti nei prodotti, il valore di Q aumenta e il valore di E diminuisce fino a
raggiungere E = 0. Poiché βˆ†G = -nFE quando E = 0 anche βˆ†G = 0. Quindi il sistema è in equilibrio quando E =
0. In generale sia l’aumento della concentrazione dei reagenti che la diminuzione della concentrazione dei
prodotti fa aumentare la f.e.m.
Per calcolare E° devo rifarmi alle tabelle per i valori di potenziale standard.
27 PILE O CELLE GALVANICHE
Celle galvaniche(pile), dispositivi che sfruttano reazioni redox spontanee per fare del lavoro attraverso
l’energia libera di Gibbs. L’energia chimica si converte in energia elettrica.
28 CELLA GALVANICA
Le celle galvaniche dette anche pile sono dispositivi capaci di sfruttare reazioni di ossido-riduzione
spontanee per trasformare energia chimica di legame in energia elettrica. Un tipico esempio di
cella galvanica è la pila Daniell.
Immergendo una barretta di zinco all'interno di una soluzione contenente ioni Cu2+, è possibile
notare l'ossidazione dello zinco a Zn2+ e la contemporanea riduzione degli ioni Cu2+ a rame
metallico.
Reazione spontanea tra Zn e ioni Cu2+
Il processo complessivo è il seguente:
Zn + Cu2+ → Zn2+ + Cu
E' possibile sfruttare tale reazione per ottenere energia elettrica separando la semireazione di ossidazione
dello zinco:
Zn → Zn2+ + 2edalla semireazione di riduzione del rame:
Cu2+ + 2e- → Cu
E' sufficiente immergere una barretta di zinco metallico all'interno di una soluzione di solfato di zinco
(ZnSO4) che, dissociandosi completamente, fornisce gli ioni Zn2+ e immergere una barretta di rame
metallico all'interno di una soluzione di solfato di rame (CuSO4) che, dissociandosi completamente fornisce
gli ioni Cu2+.
Finché le due semicelle rimangono separate non avviene nessuna reazione. Però, se colleghiamo con un filo
conduttore le due lamine metalliche, lo zinco, che ha rispetto al rame una maggiore tendenza ad ossidarsi,
perde elettroni che, passando attraverso il circuito elettrico esterno vengono attratti dagli ioni rameici
Cu2+ che acquistandoli si riducono a rame metallico.
Per convenzione l'elettrodo al quale avviene il processo di ossidazione è
detto anodo e costituisce il polo negativo della pila, mentre l'elettrodo al quale
viene il processo di riduzione è detto catodo e risulta essere il polo
positivo della pila.
All'anodo lo zinco metallico si ossida e passa in soluzione come ione Zn2+ e
pertanto la soluzione di solfato di zinco si arricchisce di ioni Zn2+. Al catodo gli
ioni Cu2+ si riducono a rame metallico e pertanto la soluzione di solfato rameico
si impoverisce di ioni Cu2+. In queste condizioni l'anodo tende a caricarsi
positivamente mentre il catodo tende a caricarsi negativamente.
Ciò provoca la perdita
dell'elettroneutralità delle due soluzioni e il passaggio di
corrente elettrica si esaurisce in brevissimo tempo in quanto
gli elettroni dovrebbero abbandonare una semicella carica
positivamente che li attrae per dirigersi verso una semicella
carica negativamente che li respinge.
E' pertanto necessario collegare le due soluzioni attraverso un
dispositivo chiamato ponte salino che garantisce
l'elettroneutralità delle due soluzioni. Esso è costituito da un
tubo ad U contenente una soluzione molto concentrata di
un elettrolita forte come ad esempio Na2SO4 che,
+
2dissociandosi in ioni Na ed SO4 fornisce ioni Na+ alla soluzione catodica e ioni SO42- alla soluzione anodica.
(-) Zn(s) / Zn2+(aq) // Cu2+(aq) / Cu(s) (+)
La doppia barra // indica il ponte salino.
29 ELETTROLISI
L’elettrolisi è un processo che utilizza l’energia elettrica per far avvenire delle reazioni redox che non sono
spontanee, cioè con l’elettrolisi, al contrario delle celle galvaniche, si trasforma l’energia elettrica in energia
chimica.
L’elettrolisi è molto utile per la produzione di metalli puri allo stato elementare a partire dagli ioni
corrispondenti.
Una soluzione elettrolitica (una soluzione acquosa contenente elettroliti, cioè acidi, basi e Sali) è in grado di
chiudere il circuito di una pila come un filo di metallo perché è in grado di condurre la corrente. Il primo
fenomeno indotto dalla fem applicata è la separazione delle specie cariche (elettrolisi) che migrano verso
gli elettrodi di segno opposto. La scarica della specie migrate provoca la vera e propria conduzione. La
conducibilità della soluzione non segue la legge di Ohm (I=βˆ†E/R), inia a seguirla solo quando la fem
applicata (βˆ†E pila) supera una soglia detta forza controelettromotrice (βˆ†E cella) che è la massima fem della
pila generata agli elettrodi della cella elettrolitica dalle specie scaricate. Dopo il superamento di questa
soglia l’intensità di corrente aumenta all’aumentare della fem applicata, secondo la legge di Ohm
La corrente passa se il βˆ†E della pila supera il valore di βˆ†E cella (f.c.e.m = 0.521 V). βˆ†Epila - βˆ†Ecella > 0 danno
luogo a un βˆ†G negativo di un dispositivo (pila + cella) che funziona spontaneamente producendo iodio e
idrogeno mediante la conversione di energia elettrica in energia chimica. Questa conversione è in grado di
far avvenire una trasformazione redox non spontanea e in ultima analisi di preparare sostanze chimiche.
29.1 ELETTROLISI DELL’ACQUA
Non è possibile effettuare l'elettrolisi dell'acqua distillata perché essa è troppo poco dissociata in ioni H3O+
e OH- per permettere un apprezzabile passaggio di corrente. Per tale motivo, per ottenere l'elettrolisi
dell'acqua, si aggiungono piccole quantità di H2SO4 (o di solfato di sodio Na2SO4) allo scopo di renderla
conduttrice.
L'elettrolisi viene condotta in un apparecchio detto voltmetro. Al catodo di tale apparecchio si sviluppa
idrogeno H2 mentre all’anodo si sviluppa ossigeno O2. Leggendo il volume dei due gas si può notare che il
volume dell'idrogeno è doppio rispetto a quello dell'ossigeno.
Nella soluzione sono presenti le seguenti specie chimiche: H3O+, OH-,
H2O, SO42-.
Data la bassa concentrazione di alcuni ioni (H3O+, OH-, SO42-) le uniche
reazioni possibili sono:
Al catodo: 4H2O + 4e- → 4OH- + 2H2
All'anodo: 6H2O → 4H3O+ + O2 + 4eReazione globale: 10H2O → 4H3O+ + 4OH- + 2H2 + O2
Inoltre la migrazione degli ioni H3O+ e OH- permette la seguente reazione
di neutralizzazione:
4H3O+ + 4OH- → 8H2O
Pertanto, la reazione globale può essere scritta in questo modo:
2H2O → 2H2 + O2
Nella quale è possibile notare che idrogeno e ossigeno si sviluppano nel rapporto di 2:1.
In termini di energia affinché l’elettrolisi dell’acqua produca ossigeno e idrogeno è necessario
corrispondere una fem superiore a 1,23 V (corrispondenti alla f.c.e.m)
30 RIASSUNTO
βˆ†E = f.c.e.m + Iβˆ™R + Ι³
f.c.e.m = forza contro elettromotrice
Iβˆ™R = caduta ohmica della cella
Ι³ = viscosità, concentrazione
Iβˆ™R + Ι³ = sovratensione (che si minimizza mettendo gli elettrodi vicini e agitando)
Soluzione
Legge di Faraday: quando passa 1 F passa una mole di elettroni che riducono la quantità proporzionale di
sostanza
Ag+ + eCu++ + 2e-
Ag
Cu
1F
2F
Intensità di corrente: ampere. 1 A = 1 C/s; 1 f = 96500 coulomb
31 CORROSIONE
Le reazioni di corrosione sono delle reazioni redox
spontanee nelle quali un metallo è attaccato da alcune
sostanze presenti nell’ambiente circostante e
convertito in composti indesiderati
Affinché avvenga la corrosione è fondamentale la
presenza dell’ossigeno. Gli elettroni possono muoversi
attraverso il metallo dalla regione dove avviene
l’ossidazione ad un’altra regione dove avviene la
riduzione. Poiché il potenziale standard di Fe2+ (aq) è
meno positivo del potenziale di riduzione di O2, il Fe(s) può essere ossidato da O2(g):
E°Fe++/Fe = -0.44 V
E H3O+/H2 (a pH=7) = -0.42 V troppo debole
E O2/H2O (a pH=7) = +0.82 V
Gli elettroni prodotti migrano nel metallo verso un’altra zona della superficie che funziona da catodo, dove
viene ridotto O2. La riduzione di O2 richiede la presenza di H+, quindi diminuendo la presenza di H+
(aumentando il pH) la riduzione di O2 risulterà meno favorita. Dal momento che il catodo è in genere la
zona dove è maggiore la quantità di O2 questa è la zona dove si ha il maggior deposito di ruggine.
Per prevenire la ruggine si può coprire il ferro con una patina di un altro materiale che ne previene la
corrosione, un esempio è il ferro galvanizzato, che è ferro ricoperto da un sottile strato di zinco. Guardando
i potenziali dello zinco e del ferro (Fe = -0,44 V; Zn= -0,76 V) si vede che lo zinco è più facile da ossidare di Fe
dunque lo zinco si comporta da anodo e viene ossidato al posto del ferro.
Un altro tipo di protezione viene detta protezione catodica. Questo avviene rendendo il metallo il catodo di
una cella elettrochimica. Il metallo che viene ossidato mentre protegge il catodo è detto anodo sacrificale.
Ad esempio per i condotti pezzi di magnesio sono disposti e collegati al tubo principale.
32 ACCUMULATORE O BATTERIE AL PIOMBO
Una batteria da 12 V per un autoveicolo è composto da 6 celle galvaniche poste in serie. Il catodo di ogni
cella è costituito da biossido di piombo (PbO2) pressato su una griglia metallica. L’anodo di ogni cella è
costituito da piombo. Entrambi gli elettrodi sono immersi in acido solforico (H2SO4).
Il potenziale standard di cella è di +2,04 V
I reagenti Pb e PbO2 funzionano da elettrodi e poiché sono solidi non c’è bisogno di separare la cella nel
comparto anodico e catodico. Oltre a ciò essendo solidi possono essere esclusi dal quoziente di reazione,
dunque non cambiando le concentrazioni si ha un potenziale costante lungo la scarica. Un altro vantaggio di
questa batteria è che può essere ricaricata attraverso dell’energia esterna si inverte la direzione della cella
producendo Pb e PbO2 sottoforma di granelli che si attaccano alle pareti del catodo e dell’anodo.
Quando funziona da pila, in scarica quindi, la batteria forma ad entrambi gli elettrodi PbSO4. Ogni elemento
dell’accumulatore produce una fem di 2.04 V.
L’elettrolisi, ricarica voluta cioè riformazione di Pb e PbO2,
avviene a circa 2.2 V.
Durante la ricarica, non si verifica l’elettrolisi dell’acqua,
perché sui materiali elettrodici impiegati essa avviene a
2.2 V e non a 1.23 V , a causa di sovratensioni cinetiche di
idrogeno e ossigeno dovute al loro adsorbimento sugli
elettrodi, legame fisico simile al fenomeno descritto per i
catalizzatori eterogenei. La sovratensione vale circa 1 V, e
serve per vincere l’interazione di H2 e O2 con gli elettrodi.
Processi industriali
L’altoforno è un impianto utilizzato dall’industria siderurgica per produrre ghisa a partire dal minerale
ferroso. Visto che il ferro non si trova allo stato puro in natura si ottiene a partire dai suoi ossidi. FeO e
Fe2O3. Questi si ottengono a partire da FeS tramite l’ossidoriduzione con O2. FeS + O2 FeO + SO2 ; FeO +
CO Fe + CO2 ; Fe2O3 + 3CO 2Fe + 3CO2. Per far si che avvenga la reazione è necessario che nei reagenti
compaia CO che può essere ottenuto tramite 2 processi: C + 1/2O2 CO; CO2 + C 2CO. Facendo lo
studio termodinamico della reazione vediamo che la produzione di CO è più spontanea della produzione di
CO2 al di sopra di una certa temperatura Tx, dunque l’altoforno si porterà ad un a temperatura superiore a
Tx. Negli altoforni c’è uno strato inferiore di carbone attraverso il quale viene fatta passare aria calda a
temperature superiori i 700 C ed otteniamo CO gas. Poi salendo verso l’alto si ha la formazione della CO2 e
di ferro metallico. Le temperature all’interno dell’altoforno sono tali che il materiale che si forma è ferro
fuso che va verso il basso e viene espulso attraverso una tramoggia di scarico. Nell’uscire il ferro passa
attraverso il carbone dunque ciò che fuoriesce è ghisa, cioè ferro con un tenore di carbonio dell’ordine del
3,5 4,5 %. Infine per ottenere l’accaio bisogna diminuire il tenore di carbonio al di sotto del 1,8 %.
H2SO4 è un processo che fa uso della catalisi omogenea, difatti viene utilizzato un catalizzatore omogeneo
per la produzione di H2SO4. Parto dallo zolfo e lo faccio reagire con l’ossigeno: S + O2 SO2; SO2 + 1/2O2
SO3. Questa reazione è molto lenta quindi si usa un catalizzatore omogeneo che modifica il meccanismo
della reazione velocizzandola e facendo si che lui rimanga intatto. NO + 1/2O2 NO2; SO2 + NO2 SO3 +
NO; SO3 + H2O H2SO4
Per la produzione dell’alluminio si deve effettuare l’elettrolisi di Al2O3, però dobbiamo prima ottenerlo. In
natura troviamo la bauxite che contiene il 60 % di Al(OH)3, ma contiene anche SiO2, Fe2O3, TiO2. Prima di
tutto si prende la bauxite e la si lavora in condizioni drastiche: NaOH al 45 %, 250 C e 25 atm. Con questo
trattamento basico estremo l’idrossido di alluminio, che è un anfotero, si comporta da acido e forma
l’alluminato di sodio. Al(OH)3 + OH- Al(OH)4- + Na+; SiO2 + 2 OH- SiO3-- + H2O. questi due in soluzione.
Nella soluzione c’è ancora un 10% di silicio. Esso si elimina grazie al silico alluminato ottenuto per
raffreddamento. Dunque adesso abbiamo una soluzione basica che contiene solo alluminato di sodio.
Raffreddando ancora e per precipitazione abbiamo la formazione di un solido. Infine dobbiamo scaldare
tutto per eliminare l’acqua: 2 Al(OH)3 Al2O3 + 3 H2O. infine effettuiamo l’elettrolisi del fuso: Al2O3 2Al +
3/2 O2
Ammoniaca: N e H reagiscono in rapporto 1:3 a temperatura ottimale tra i 350-550 C a una pressione
ottimale di 150 – 320 atm utilizzando la magnetite quale promotore della catalisi eterogenea. La reazione
consiste in un equilibrio chimico in fase gassosa: 3H2 + N2 2NH3 + calore. Facendo lo studio
termodinamico della reazione vediamo che βˆ†S <0 e βˆ†H <0 dunque la reazione è spontanea solo a basse
temperature. La reazione a 25 C è spontanea ma è molto lenta dunque dobiamo alzare la temperatura per
far si che la reazione si velocizzi. A questo punto la K scende di molto, dunque la reazione è spostata verso
sinistra, ma noi vogliamo il contrario. Per far si che ciò avvenga si usa il catalizzatore eterogeneo Fe
(magnetite) Fe3O4 + 4H2 3Fe + 4 H2O. attraverso il processo di adsorbimento si ha la rottura dei legami di
N2 e H2. N2(g) ⇄ 2Nads; H2(g) ⇄ 2Hads; Nads + Hads ⇄ NHads; NH3ads ⇄ NH3(g). Quando ottengo NH3 lo
estraggo attraverso uno scambiatore di calore. La temperatura scende e siccome NH3 è una sostanza polare
è la prima che si liquefa e viene raccolta nel condensatore e nella cisterna. Per quanto riguarda le pressioni
si utilizza il principio di Le Chatelier, cioè quando si toglie NH3 gas per ricavare NH3 liquida, la reazione
continua a lavorare per ottenere NH3 gas e ristabilire l’equilibrio. infine si hanno pressioni elevate poiché
così per il principio di Le Chatelier la reazione è spostata verso i prodotti.