Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 1 CLASSIFICAZIONE DELLA MATERIA Chimica: scienza sperimentale soggetta ad errore La chimica segue la legge della conservazione della massa e dell’energia per cui tali quantità si conservano. Stati di aggregazione della materia: o stato solido, liquido e gassoso. o Ogni sostanza cambia il suo stato di aggregazione in base alla temperatura. o Tali passaggi di stato sono reversibili Teoria base della chimica: la materia è costituita da atomi ed energia radiante (massa ed energia sono aspetti della stessa entità 2 TEORIA ATOMICA DI DALTON 1. Ciascun elemento è composto da particelle estremamente piccole chiamate atomi. 2. Tutti gli atomi di un dato elemento sono identici tra loro, hanno la stessa massa e le stesse proprietà, ma gli atomi di un elemento sono differenti dagli atomi di tutti gli altri elementi. 3. Gli atomi di un elemento non si trasformano in atomi di un differente elemento mediante reazioni chimiche; gli atomi non sono né creati né distrutti durante le reazioni chimiche. 4. I composti sono formati quando gli atomi di elementi diversi si uniscono; un dato composto ha sempre lo stesso numero relativo e lo stesso tipo di atomi. 3 STRUTTURA ATOMO Un atomo è fatto di particelle distinguibili: protoni, neutroni ed elettroni Per essere stabile, nell’atomo ci devono essere lo stesso numero di protoni ed elettroni Gli atomi si distinguono in base al numero di protoni ed elettroni Le forze di tipo elettrostatico tengono insieme gli atomi. Affinché esso esista ci deve essere un bilanciamento tra le forze repulsive ed attrattive 4 ESPERIMENTO DI THOMSON 2 lamine di metallo sono collegate ad un voltmetro che serve per far passare la corrente. Il catodo si carica con il segno - , mentre l’anodo con il segno +. All’interno c’è il vuoto. Thomson si è accorto che il catodo, di qualunque metallo Catodo (-) Anodo (+) fosse fatto, emetteva un fascio di particelle, queste particelle venivano sottoposte ad una scarica elettrica o ad un campo magnetico e venivano deviate. Cioè attirate dalla parte positiva. Dunque essendo attirate dalla parte positiva, queste particelle hanno segno meno. L’esperimento di Thomson è servito a dimostrare che: 1. Gli elettroni esistono e si possono estrarre 2. 1g di raggi catodici ha carica 1,76 x 108 C Egli ha associato una massa ad una carica. (Egli non sapeva quanti elettroni erano presenti in 1g) 1 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 5 ESPERIMENTO DI MILLIKAN In questa scatola con un microscopio c’è una base che è carica negativamente e il alto superiore è caricato positivamente. LA batteria genera all’interno di questa scatola una scarica di elettroni. Questi elettroni vanno ad incontrare delle goccioline di olio spruzzate da sopra. Gli elettroni all’interno della camera si appiccicano alle goccioline d’olio, siccome la base è negativa, essa respinge le gocce. Dunque cambia la velocità di caduta. (In base a quanti elettroni ha preso rallenta sempre di più) Millikan ha misurato le velocità di un certo numero di particelle. Egli ha capito che la velocità di ogni goccia veniva rallentata per un fattore (numero intero) che era sempre il multiplo di 1,6 x 10-19 C. Thomson ha dedotto dunque la carica dell’elettrone. 6 MASSA ELETTRONE Agg. Tabella slide 7 ESPERIMENTO DI RUTHERFORD Egli ha preso una sottile lamina d’oro e lo ha bombardato con un fascio di particelle α, alcune di esse passavano senza subire deviazioni, altre venivano deviate e altre respinte, dunque la materia era discontinua (la materia non è distribuita in modo omogeneo) Rutherford notò che era maggiore la quantità di raggi non deviati, e questo ci fa capire la bassa densità della zona in cui si trovano gli elettroni 8 MODELLO DELL’ATOMO Da tutto questo viene fuori il modello dell’atomo. Gli elettroni che pesano di meno, occupano un volume più grande, quindi essi si muovono nel vuoto, sono attirati dal nucleo che ha carica diversa. L’ultimo eletrone è quello che determina la dimensione dell’atomo. Nell’atomo c’è una zona di vuoto, dove si muovono gli elettroni, c’è una zona centrale, il nocciolo duro, dove ci sono nel nucleo i protoni ed i neutroni. 9 REAZIONI Una reazione chimica interessa solo gli elettroni, il nucleo non cambia In una reazione nucleare il nucleo si spacca, allora la natura chimica dell’elemento non è più la stessa, e l’energia in gioco è molto più grande. (Madame Curie ha scoperto le reazioni nucleari, premi Nobel) La natura di un elemento è data dal nucleo, che mi dice che specie chimica ho, quindi il numero di protoni. 2 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 10 NUCLEO E FORZE REPULSIVE Esso contiene elettroni e protoni. I neutroni hanno la funzione di rendere compatibile cariche dello stesso segno in una zona a grande densità di materia. Essi difatti diminuiscono le interazioni repulsive tra i singoli protoni Cariche vengono ad interagire inversamente alla loro distanza. Se r -> ∞ non c’è nessuna interazione La forza è inversamente proporzionale al quadrato della distanza K rappresenta una costante che dipende dal mezzo Le forze di repulsione hanno per convenzione segno (-) -> energia potenziale -> energia chimica di legame ++ o - - (aumenta man mano che ci avviciniamo) +- Rottura legame Minimo dell’energia potenziale (in valore assoluto è un valore alto) Buca di potenziale Distanza ottimale con interazione massima Dobbiamo fornire questa energia per rompere il legame Il legame tra queste 2 specie si forma quando esse sono ad una distanza ottimale e hanno una certa forza di legame. Il valore oscilla in quel punto 11 ELEMENTO Si definisce con il termine elemento una sostanza che non può essere scomposta in sostanze più semplici con mezzi fisici e chimici a bassa energia. Gli elementi sono riuniti sulla tavola periodica. 12 NUMERO ATOMICO (Z) Il numero atomico (Z) identifica l’elemento che ha come simbolo una o più lettere H, O, Ag … Z è uguale al numero dei protoni presenti nel nucleo di ogni atomo di un certo elemento. Nell’atomo neutro Z è anche uguale al numero di elettroni. Z determina le proprietà chimiche di un elemento. 13 NUMERO DI MASSA (A) Il numero di massa (A) è dato dalla somma del numero di protoni e dal numero di neutroni del nucleo. Un atomo può diventare positivo o negativo in base al numero di protoni o Se perde elettroni diventa carico positivamente: catione o Se acquista elettroni diventa una specie negativa: anione 3 Fondamenti di chimica Elena Vismara Quando avviene una reazione cambia solo il corredo elettronico 6-10-14 14 RADIOATTIVITÀ La radioattività e l’instabilità naturale di un atomo che contiene tropi protoni. Quando si spacca da origine a 2 elementi diversi con nuclei diversi e inoltre libera una grande quantità di energia che prima serviva a tenere insieme l’atomo 15 ISOTOPI Gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento con uguale numero atomico (Z) ma diversa massa atomica (A). Essi cioè differiscono per il numero di neutroni. Nella tavola periodica non troviamo infatti il numero di massa proprio perché ogni elemento ha degli isotopi Aggiungi 16 UNITÀ DI MASSA ATOMICA (U.M.A.) L’unità di massa atomica (u.m.a., u o anche Dalton) corrisponde a 1/12 della massa atomica di carbonio di numero di massa atomica (A) uguale a 12= 6 protoni + 6 neutroni, ed equivale a 1,66 x 10-24 g Questo si presenta come un numero adimensionale 17 PESO ATOMICO Il peso atomico si presenta come la media pesata della massa degli isotopi naturali di un elemento 18 MOLE La mole è la quantità di grammi apri al peso atomico Es. 1 mole (33Cl + 37Cl) = 35,45 g 1 mole “Cl” = 35,45 g 4 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 19 TAVOLA PERIODICA Se gli elementi sono ordinati per numero atomico crescente, le loro proprietà chimiche e fisiche mostrano un andamento ripetitivo e periodico. 1. Le righe orizontali della tavola perodica sono definite periodi. Gli elementi che appartengono ai periodi cambiano le loro proprietà fisiche e chimiche 2. Le colonne verticali delle tavola periodica sono chiamate gruppi. Gli elementi che appartengono allo stesso gruppo hanno proprietà fisiche e chimiche molto simili La parte di sinistra, tranne l’idrogeno, è composta da elementi metallici o metalli: o Essi formano legami di tipo metallico o Alcuni di essi condividono le stesse proprietà come la lucentezza, l’elevata conduttività elettrica e di calore o Tutti i metalli tranne il mercurio (Hg), sono solidi a temperatura ambiente o Essi sono costituiti da un reticolo cristallino formato da ioni carichi positivamnete e tenuti insime da una nuvola di elettroni. Quelli del primo gruppo perdono un elettrone, queli del secondo 2 …. La parte destra divisa dalla diagonale a gradini è composta da elementi chiamati non metalici o non metalli: o A temperatura ambiente alcuni non metalli sono alo stato liquido, gassoso o solido. o Alcuni non metalli formano molecole (H2, Br2, S8, P4) o I non metalli formano legami covalenti (il legame covalente lega atomi neutri (A-H) o Alcuni non metalli formano legami covalenti senza formare molecole (Cgrafite, Cdiamnate) o Di questo gruppo fanno parte i gas nobili, che non formano legami. Essi sono costituiti da atomi neutri separati Molti elementi che si trovano sulla linea che separa i metalli da i non metalli hanno alcune proprietà di tutti e 2 i gruppi. Essi sono chiamati metalloidi. 20 MOLECOLA La molecola è la parte più piccola costituita da atomi di una sostanza con le proprietà chimiche della sostanza stessa. Essa definisce il più piccolo insieme di atomi legati da legami chimici, capace di esistere allo stato libero e tale da mantenere tutte le proprietà chimiche della sostanza desiderata. Pertanto una molecola può essere composta a un numero maggiore di uno di atomi Nella grafite e nel diamanete non è possibile separare una molecola. Esse sono forme allotropiche del cambonio . la grafite è costituita da esagoni che hanno 6 atomi di carbonio, il diamante è la ripetizione di un tetraedro 5 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 21 SOSTANZA E STATI DI AGGREGAZIONE Le sostanze sono caratterizzate da: Composizione: per gli elementi, sostanze elementari, è data dal tipo di atomo. Per i composti dai tipi di atomi e dal loro rapporto numerico Struttura: modo in cui gli atomi sono legati tra loro Stato di aggregazione (descrive la libertà di movimento reciproca delle particelle di un elemento o composto): esso può essere: o Solido: ad una data temperatura atomi e molecole sono legati da forze sufficienti perché il moto termico, sempre presente, salvo che allo zero assoluto, non modifichi le dovute posizioni permanentemente. In termini di energia allo stato solido è presente in maggiore quantità solo enrgia potenziale di legame, mentre l’energia cinetica è trascurabile o Liquido: i legami interatomici e intermolecolari sono allentati, permettendo così una certa mobilità di atomi, ma non l’allontanamento definitivo, il volume rimane definiti mentre non lo è più la forma. In termini di energia lo stato liquido presenta sia energia cinetica che potenziale di legame o Gassoso: in termini energetici allo statao gassoso è presente elevata energia cinetica che fa si che gli atomi tendano ad allontanarsi ed espandersi senza influenzarsi tra loro. Si ha perciò la massima espansione nelo spazio disponibile. I gas non hanno né forma né volume. Processo Fusione Sublimazione Solidificazione Evaporazione Condensazione Deposizione Passaggio S L S G L S L G G L G S Gli elementi hanno uguale energia cinetica alla stessa temperatura Il legame è energia potenziale Le molecole possono cambiare stato di aggregazion senza subire modificazioni nella loro composizione chimica 22 PROPRIETÀ INTENSIVE E PROPRIETÀ ESTENSIVE DELLE SOSTANZE Le proprietà intensive come lo stato di aggregazione, la composizione e la struttura, dipendono dalla natura della sostanza e non dalla sua quantità. Altre proprietà intensive sono ad esempio la densità, la conducibilità termica o elettrica, il calore specifico. Dalle proprietà intensive è possibile individuare la sostanza, dato che esse sono caratteristiche della sostanza in questione. Le proprietà estensive dipendono dalla quantità di sostanza (come massa e volume) e da esse non si può individuare la sostanza. Per comprendere come è fatta una sostanza posso usare un metodo di tipo chimico, generalemnete distruttivo che comporta la modificazione de campione, oppure si possono usare esperienze di tipo fisico, generalmente non distruttive, che permettono dunque di ripetere ‘operazione più e più volte. Un esempio di fisico non distruttivo sono i passaggi di stato 6 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 23 COMPOSTI Composti: sostanze fatte da atomi diversi legati tra di lorro per un certo numero. Ad esempio: N + O sono elementi ed N—O è un composto. N—O dove N, O Se 2 elementi non sono legati tra di loro allora si chiama miscela: ad esempio O2 + N2 compongono l’aria ma non sono legate. Legame metallico: Legame covalente molecolare: Legame covalente non molecolare: Nessun legame Legame ionico Gli ioni non sono molecole Fe H2 Cdiamante Ar NaCl Al Cu S8 P4 Cgrafite Ne 24 MODELLI MOLECOLARI 7 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 25 GAS I gas: Sono particelle in movimento regolate dalle leggi del caso con urti elastici Particelle puntiformi Hanno basse masse molari Formano miscele omogenee Possono essere compressi o espansi Non hanno né forma né volume Per descrivere i gas ideali assumiamo che a) Le molecole di un gas ideale non interagiscono tra loro b) La somma dei volumi delle singole molecole è molto più piccola rispetto allo spazio che il gas occupa. Quindi possiamo considerarli come puntiformi. L’aria è composta dal 78% N2 ; 21% O2 e 0,9% Ar 26 PRESSIONE A causa del movimento caotiche delle particelle del gas, esso esercita in ugual maniera, sulle pareti del πΉ ππ suo recipiente, una pressione π = π΄ = ππ 2 La presenza della pressione atmosferica è stata dimostrata con l’esperimento di Torricelli. Egli ha notato che a livello del mare, L’atmosfera esercita una pressione pari a quella esercitata da una colonna di mercurio alta 760 mm 1 torr = 1 mmHg 1 atm = 760 torr = 1,01325 x 105 Pa = 1,01325 bar 1 bar = 105 Pa 27 LEGGE DI BOYLE (ISOTERMA) Boyle usando un tubo a forma di J con all’interno del mercurio, scoprì che il volume del gas diminuiva all’aumentare della pressione, per esempio raddoppiando la pressione si dimezzava il volume originario. La legge di Boyle afferma che il volume di una certa quantità di gas mantenuto a temperatura costante è inversamente proporzionale alla pressione. PV = costante; alla stessa temperatura 28 LEGGE DI CHARLES (ISOBARA) Il volume di una certa quantità di gas mantenuta a pressione costante è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. π π = costante; la pressione rimane uguale. P(T) = P0 x (1+ αT) 8 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 29 LEGGE DI AVOGADRO Legge della composizione dei volumi di Gay-Lussac: ad una certa pressione e temperatura, i rapporti dei volumi dei gas che reagiscono tra loro sono dati da numeri interi piccoli. Ipotesi di Avogadro: uguali volumi di gas alla stessa temperatura e pressione contengono lo stesso numero di molecole. Gli esperimenti ci dicono che 22,4 L di qualsiasi gas a 0°C e 1 atm contengono 6,02 x 1023 molecole, cioè 1 mole Legge di Avogadro: il volume di un gas mantenuto a pressione costante è direttamente proporzionale al numero di moli del gas V(T) = V0 x (1+ αT) 30 EQUAZIONE DI STATO DEI GAS IDEALI PV = nRT Dove con R si indica la costante dei gas che vale: 0,08206 πΏβππ‘π ππππβπΎ oppure 8,3145 π½ πππ βπΎ Il volume occupato da 1 mole di gas ideale a 1 atm a 273,15 k è uguale a 22,4 L. questo viene definito come volume molare 31 MISCUGLIO DI GAS Legge di Dalton delle pressioni parziali dei gas: la pressione totale di una miscela di gas eguaglia la somma delle pressioni che ognuno di loro eserciterebbe se fosse presente da solo. Pt = P1 + P 2 + P3 … π π π π π1 = π1 ( π ); π2 = π2 ( π ); …. π π π π ππ‘ = (π1 + π2 + β― ) ( π ) = ππ‘ ( π ) Dunque la pressione totale a temperatura e volume costanti è determinata dal numero di moli di gas presente, sia che il totale sia dovuto ad un gas solo che ad una miscela. 32 LEGGI DEI GAS Singolo stato nessun cambiamento Legge di Dalton Ptotale= P1+P2+P3+… Equazione di stato PV = nRT Densità del gas in condizioni standard Densità= (massa molare) / 22,4 L Cambio delle equazioni di stato – stato iniale1, stato finale2 Legge di Boyle P1V1=P2V2 T e mole costanti Legge di Charles V1/T1 = V2/ T2 P e mole costanti Legge di Gay – Lussac P1/T1 = P2/T2 V e mole costanti Leggi combinate P1V1/T1 = P2V2/T2 Mole costante Legge di Avogadro n1/V1 = n2/V2 Costanti T e P 9 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 33L’ENERGIA RADIANTE E LA MATERIA Onda elettromagnetica: Ampiezza (A): legata all’energia dell’onda (più è profonda più c’è energia) Lunghezza d’onda (λ): distanza tra massimi e minimi Frequenza (ν): numero di cicli d’onda che passano per un determinato punto nell’unità di tempo. Essa si misura in Hz La lunghezza d’onda è inversamente proporzionale alla frequenza c = λ ν = 300 000 km/h = 3 x108 m/s. tutte le onde elettromagnetiche hanno questa stessa velocità L’energia per unità di volume posseduta da un’onda è proporzionale ad A2 Una frequenza elevata, corrisponde ad una corta lunghezza d’onda e determina un’elevata energia 34RELAZIONI FONDAMENTALI DELLA MECCANICA QUANTISTICA L’energia radiante è discontinua. Planck nel 1900 assunse che l’energia può essere rilasciata o assorbita dagli atomi solo sotto forma di pacchetti discreti (discontinui) di energia di diverse dimensioni. Planck chiamò quanto il pacchetto di energia più piccolo che possa essere emesso o assorbito. L’energia di un singolo pacchetto π¬ = ππ dove con h si intende la costante di Planck che vale 6,626 x10-34 J s. Secondo la sua teoria alla materia è permesso emettere o assorbire solo multipli interi di hv (2hv, 3hv …). Dunque poiché l’energia può essere rilasciata solo in quantità specifiche, si dice che le energie permesse sono quantizzate. Vi è però un dualismo tra la massa e l’energia data dalla seguente relazione: πΈ = ππ 2 = βπ£ che indica l’E del fotone. Louis de Broglie studiando il comportamento dell’atomo d’idrogeno, pensò che l’elettrone fosse associato ad una β particolare lunghezza d’onda e affermo che λ = π£ dove con m si intende la massa della particella e con v, la sua velocità. 35SPETTRI ATOMICI DI EMISSIONE ED ASSORBIMENTO Ogni elemento ha il suo spettro di assorbimento e di emissione John Balmer dimostrò che tutte le lunghezze d’onda corrispondenti alle quattro righe visibili dell’idrogeno possono essere rappresentate da una formula che mette in relazione le lunghezze d’onda a numeri interi. Tale formula venne poi generalizzata per tutte le particelle da Rydberg: 1 π 1 = (π π» ) (π2 − 1 1 ) dove π22 RH è la costante di Rydberg e n1 e n2 sono numeri interi. 10 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 36IL MODELLO DELL’ATOMO DI IDROGENO DI BOHR Bohr basò il suo modello su 3 postulati: o Agli elettroni dell’atomo di idrogeno è consentito descrivere soltanto orbite con un determinato raggio, corrispondente ad una ben definita energia. o Un elettrone situato in una delle possibili orbite ha un’energia specifica che si trova in uno stato energetico “permesso”. Un elettrone in uno stato energetico permesso non irradierà energia. o L’energia è emessa o assorbita da un elettrone soltanto quando l’elettrone si muove da uno stato permesso ad un altro. La differenza di energia tra i due stati viene emessa o assorbita come fotone πΈ = βπ£ Definiamo con la lettera n il numero quantico principale: o Ogni orbita corrisponde ad un diverso valore di n, e il raggio dell’orbita diventa maggiore all’aumentare di n o Per ciascun valore di n, i valori dell’energia dell’elettrone di un atomo di idrogeno sono negativi. Minore (più negativa) è l’energia, più l’atomo è stabile. L’energia più bassa si ha per n=1, all’aumentare di n l’energia diventa sempre meno negativa e quindi aumenta. o Lo stato di energia più basso (n=1) è chiamato stato fondamentale, quando l’atomo si trova in un’orbita maggiore si dice che l’atomo è in uno stato eccitato o L’energia di ogni singola orbita è definita dalla seguente equazione: 1 1 πΈ = (−βππ π» ) (π2 ) = (−2,18 π₯10−18 π½) (π2 ) = − o o o o 13,6 ππ π2 Quando n diventa infinitamente grande l’energia è pari a zero La transizione elettronica da uno stato a più bassa energia ad uno stato a più alta energia assorbe energia; La transizione elettronica da uno stato a più alta energia ad uno stato a più bassa energia emette energia. Quindi se l’elettrone passa da uno stato iniziale Ei a uno finale Ef allora βπΈ = πΈπ − πΈπ = πΈπππ‘πππ = βπ£ Il modello di Bohr dell’atomo di idrogeno afferma che soltanto la luce caratterizzata da una frequenza specifica può essere emessa o assorbita dall’atomo, quindi ricordando che n = c/ π allora βπΈ = βπ£ = βπ π 1 1 1 1 = (−2,18 π₯10−18 π½) (π2 − π2 ) = 13,6 (π2 − π2 ) ππ π π π dove nf e ni sono i numeri quantici π principali dello stato iniziale e finale dell’atomo. Quindi l’esistenza di righe spettrali discrete può essere attribuita ai salti quantizzati degli elettroni fra i livelli energetici 11 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 37ELETTRONVOLT E ANGTROM Un elettronvolt (simbolo eV) è l’energia acquistata da un elettrone libero quando passa attraverso una differenza di potenziale elettrico 1 volt. Un elettronvolt è quantitativo molto piccolo di energia 1 ππ = 1,602 π₯10−19 π½ L’angstrom (Â) è un’unità di lunghezza non appartenente al S.I. corrispondente a 0,1 nanometri (1 x10-10 m). L’angstrom viene speso impiegato per indicare le dimensioni delle molecole e degli atomi, il cui raggio varia da 0,25 a 3 Â e per indicare la lunghezza dei legami chimici, compresi tipicamente tra 1 Â e 2 Â 1 Â = 100 pm = 0,1 nm = 10-4 µm = 10-7 mm = 10-10 m 38EFFETTO FOTOELETTRICO ED ENERGIA DI IONIZZAZIONE Da una superficie metallica si estraggono elettroni mediante una radiazione elettromagnetica al di sopra di un certo valore minimo di frequenza, che è specifico per ogni metallo. Energia di ionizzazione IP: n=1 Hg + IPh n= ∞ H+ + e- ; IP = energia Si introduce dunque anche l'energia nelle reazioni chimiche Ma anche IP: n = m π(π) + IPπ₯ n= ∞ + π(π) + π − (da sapere per esame) 39IL COMPORTAMENTO ONDULATORIO DELLA MATERIA Louis de Broglie suppose che l’elettrone orbitante intorno al nucleo dell’atomo di idrogeno potesse essere immaginato come un’onda con una caratteristica lunghezza d’onda, piuttosto che come una particella. Dunque l’elettrone nel suo moto intorno al nucleo produce un a particolare lunghezza d’onda. Egli inoltre disse che tale lunghezza d’onda deriva dalla massa m, e dalla velocità v, e qualunque oggetto in possesso di massa la produce. π = β ππ£ la quantità mv di qualunque oggetto è chiamata momento. L’onda prodotta da un elettrono non può che essere stazionaria. 40 PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISEMBERG L’esattezza nella conoscenza contemporanea della posizione e della quantità di moto di una particella non può superare un valore correlato alla costante di Plank (è impossibile sapere, allo stesso momento, sia il momento esatto π π dell’elettrone che la sua esatta posizione nello spazio) | βππ£ x βπ| ≥ 2π cioè | βπ£ x βπ| ≥ 2ππ All’aumentare della massa diminuisce l’incertezza 12 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 41 EQUAZIONE D’ONDA DI SCHRODINGER La soluzione dell’equazione d’onda di Schrodinger è ψ, chiamata funzione d’onda. Ψ2 ci dà informazioni posizione di un elettrone che si trova in uno stato energetico permesso, dunque è legato alla densità di probabilità di trovare l’elettrone in una regione dello spazio intorno al punto in questione. sulla Ψn, l, m = parametri che attribuiscono un significato fisico alla funzione β Ψ 2 ππ£(volume) = 1 42 ORBITALI E NUMERI QUANTICI Queste funzioni d’onda (Ψ) sono chiamate orbitali. Ogni orbitale ha forma ed energia caratteristiche. Ci sono 4 numeri quantici n, l, m, spin: 1. Il numero quantico principale n, può assumere valori positivi 1,2,3,4. All’aumentare di n, le dimensioni dell’orbitale aumentano e l’elettrone si allontana dal nucleo. n ci dà informazioni riguardo le dimensioni, l’energia e la distribuzione di eValore di l 0 1 2 3 2. Il numero quantico del momento angolare l, può assumere valori interi Lettura usata s p d f 0 < l < (n-1) per ciascun valore di n, questo numero quantico definisce la forma dell’orbitale. 3. Il numero quantico magnetico m, può assumere valori interi –l < m < +l incluso lo zero. Esso descrive l’orientamento dell’orbitale nello spazio. 1 4. Il numero quantico di spin, indicato con la lettere ms ha valori che sono ± 2 corrispondenti alle due direzioni opposte dello spin dell’elettrone. Infatti l’elettrone compiendo un moto rotatorio intorno a sé crea un campo magnetico L’insieme di orbitali caratterizzati da uno stesso valore di n è chiamato guscio elettronico 13 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 43 LA CONFIGURAZIONE ELETTRONICA La disposizione degli elettroni nei vari orbitali degli atomi è chiamata configurazione e elettronica dell’atomo. Lo stato fondamentale è quello in cui gli elettroni sono disposti sui più bassi livelli energetici possibili. Gli elettroni sono dunque riempiti secondo un ordine di energia crescente , con un minimo di due elettroni per ciascun orbitale Il principio di esclusione di Pauli afferma che due elettroni di un atomo non possono essere caratterizzati dagli stessi valori dei numeri quantici n, l, ml e ms. Per un dato orbitale i valori di n, l, ml sono fissi dunque se un orbitale deve contenere più elettroni ciò che varia è solo ms che può avere 2 configurazioni. Dunque un orbitale può contenere al massimo 2 elettroni e tali elettroni devono avere spin opposto. La regola di Hund afferma che nel caso di orbitali degeneri, la configurazione a più bassa energia è quella per la quale il numero di elettroni spaiato è massimo. Ciò significa che gli elettroni occuperanno tutti gli orbitali degeneri singolarmente. (Per quanto riguarda 1s2, 1 è il periodo e 2 è il gruppo) I gas nobili hanno tutto completato 44 RAGGIO ATOMICO All’interno di un gruppo (colonna) il raggio atomico tende a crescere dall’alto verso il basso. Tale andamento è conseguente all’aumento del numero quantico principale n. All’interno di un periodo il raggio atomico diminuisce da sinistra verso destra. Tale diminuzione è spiegata poiché da destra verso sinistra aumentano insieme il numero di protoni e di elettroni, ma questi ultimi si vengono a disporre nello stesso strato, dunque non esercitano uno schermo sufficiente per ripararsi dall’azione attrattiva del nucleo 45 ENERGIA DI IONIZZAZIONE Si definisce energia di ionizzazione di un atomo, l’energia minima richiesta per rimuovere un elettrone da un atomo in fase gassosa. L’energia di prima ionizzazione è l’energia per allontanare il primo elettrone da un atomo neutro. Lungo ogni periodo l’energia di prima ionizzazione aumenta all’aumentare del numero atomico perché aumenta l’attrazione tra il nucleo e gli elettroni Lungo i gruppi l’energia di ionizzazione diminuisce perché nei successivi periodi l’elettrone più esterno occupa uno strato progressivamente più lontano dal nucleo Cationi (ioni positivi) si formano per estrazione di un elettrone da un atomo C C+ + e- ΔE = IP 14 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 46 AFFINITÀ ELETTRONICA L’affinità elettronica si identifica con l’energia che si libera nel momento in cui l’elettrone si lega ad un atomo in fase gassosa. Un’affinità elettronica elevata vuol dire che tale processo si accompagna alla liberazione di una grande quantità di energia Un’affinità elettronica negativa vuol dire che per importare un elettrone all’atomo occorre spendere energia Anioni (ioni negativi) si formano aggiungendo un elettrone ad un atomo: A + e- AΔE = EA = affinità elettronica L’affinità elettronica è massima nella parte in alto a destra vicino l’ossigeno e gli alogeni (7) poiché essi tendono naturalmente a diventare completi. Al contrario l’affinità elettronica secondaria sarà altamente negativa Gli atomi del gruppo 6, come O e S, mostrano due lacune negli orbitali p del proprio strato di valenza e possono ospitare due elettroni in più. L’affinità elettronica è positiva. L’aggiunta del secondo elettrone richiede energia, a causa della repulsione esercitata dalla carica negativa già presente in O- 47 CARICA NUCLEARE EFFETTIVA Negli atomi multi elettronici, ogni elettrone è simultaneamente attratto dal nucleo e respinto dagli altri elettroni, dunque non possiamo analizzare il fenomeno esattamente. Chiamiamo carica nucleare effettiva (Zeff) la carica nucleare affettiva che tiene conto delle forze attrattive del nucleo e della repulsione dell’elettrone con gli altri elettroni dell’atomo. Zeff = Z – S dove S è un numero chiamato costante di schermo e rappresenta la porzione di carica nucleare che è sottratta agli elettroni di valenza degli elettroni dell’atomo 48 ELETTRONEGATIVITÀ L’elettronegatività è definita come la capacità di un atomo in una molecola di attrarre elettroni verso di sé. Essa esprime la tendenza di un atomo ad attrarre la coppia di elettroni di legame. L’energia del legame A-B è diversa dalla media geometrica dell’energia del legame A-A e B-B EA-Bmedia calcolata= (EA-A x ΕΒ−Β)1/2≠EA-Bmis βXA - XB β = 0,1(EA-Bmis - EA-Bmedia)1/2 =0,1(attrazione elettrostatica)1/2 EA-Bmis - EA-Bmedia = Attrazione elettrostatica Xh= 2,2 15 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 L’elettronegatività è una tendenza dei non metalli ad attirare su di sé elettroni, invece l’affinità elettronica che si libera nel momento in cui l’elettrone si lega ad un atomo in fase gassosa. A-A elettronegatività nulla A-B elettronegatività confrontabili = legame covalente A C+ elettronegatività molto diversa e quindi c’è una condivisione = legame ionico Si ha un legame ionico quando il carattere ionico ha un livello superiore al 50 % 49 MOMENTO DIPOLARE Ogni volta che 2 cariche elettriche di egual grandezza ma di segno opposto sono separate da una certa distanza, si genera un dipolo. La misura del dipolo è chiamata momento dipolare, rappresentato con μ. μ= q x r H – Cl grado di ionicità μ = q x r = 3.6 x 10-30 C m r = 1.27 x 10-10 m q = (3.6 x 10-30/ 1.27 x 10-10) C = 2.8 x 10-20 C 2.8 x 10-20/ 1.6 x 10-19(carica elettrone) x 100 = 18 % Il momento dipolare è una misura sperimentale. Possiamo avere momenti dipolari permanenti e momenti dipolari indotti. Per i momenti dipolari indotti, quando avviciniamo una molecola polare ad una apolare, quando sono molto vicine, nella molecola apolare si viene a creare un dipolo indotto. Ad esempio se noi comprimiamo l’elio che è un gas, si crea un dipolo indotto e l’elio passerà allo stato liquido. Lo iodio I2 presenta la nuvola più deformabile perché è il più grande e con più elettronegatività. 50 LEGAMI GLI ATOMI degli elementi interagiscono per arrivare alla configurazione elettronica di un gas nobile (livello completo) REAGIRE significa per un elemento subire modifiche della configurazione elettronica. Il nucleo non subisce modifiche, quindi Z non cambia. Risultato: formazione di un legame LEGAME IONICO trasferimento di elettroni tra atomi LEGAME COVALENTE condivisione di elettroni tra atomi LEGAME METALLICO un ibrido tra il legame ionico e il legame covalente tra atomi delle stesso metallo In natura gli atomi di tutti gli elementi si presentano legati, tranne i gas nobili (atomi liberi). Gli elementi possono essere portati all stato gassoso di atomi liberi gassosi, simile ai gas nobili, attraverso un’adeguata quantità di energia Cl2 gas + energia (E1 = energia di legame) 2 Cl gas nFe mel solido + energia (E2 = energia per il passaggio di stato) nFe gas nCgrafite solido + energia (E3 = energia per il passaggio di stato) nC gas I metalli: si legano con non metalli formando legame ionico attraverso ioni positivi. Il metallo perde elettroni e il non metallo lo prende (allo stato di elemento puro formano legame metallico) I nonmetalli: si legano con metalli formndo legame ioni attravreso ioni negativi (si legano con nonmetalli formndo legame covalente) 16 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 C’è una reazione che riassume tutti i legami chimici, è quella del cloruro di sodio. È la reazione del metallo sodio, del gas cloro per dare il sale da cucina: legame metallico Na(s) legame covalente (cl2) legame ionico NaCl 51 LEGAME IONICO Prendendo in esame NaCl vediamo come si forma. 1. Il sodio (Na) ha solo darà vita ad uno ione +1 e la sua energia di ionizzazione ammonta a 494 ππ πππ 2. L’affinità elettronica del Cloro è di 349 ππ πππ 3. Dunque la variazione di energia liberata (energia necessaria meno energia liberta) è di ππ ππ (494 - 349)πππ = +145 πππ , e si tratta di un aumento. Dunque un gas di ioni di sodio e cloro molto distanti tra loro possiede più energia di un gas di sodio e cloro ugualmente distanti. 4. Dunque non c’è nessun incentivo alla formazione del legame, ma il contributo che manca è la forte attrazione elettrostatica tra ioni di carica opposta. Dunque quando gli ioni sodio e cloruro si uniscono a formare il solido cristallino, l’attrazione reciproca mette in libertà una grande ππ quantità di energia. In questo caso di 787 πππ In generale si vedrà che gli elementi metallici possono cedere i loro elettroni di valenza diventando a loro volta cationi. I non metalli possono far posto agli elettroni diventando a loro volta anioni. L’energia necessaria a formare i legami ionici proviene in larga misura dell’attrazione elettrostatica tra ioni di carica opposta; il modello ionico descrive soddisfacentemente il legame tra non metalli e metalli, particolarmente se questi ultimi appartengono al blocco s 52 LEGAME COVALENTE Il legame covalente è un legame chimico formato dalla condivisione di una coppia di elettroni. Dalla posizione degli elementi sulla tavola periodica deriva il numero di legami: H O N C 1 2 3 4 53 TEORIA DI VSEPR La distribuzione dei legami attorno a qualsiasi centro atomico dipende dal numero di coppie elettroniche che stanno attorno a questo centro. Per un dato numero di coppie elettroniche la distribuzione preferita è quella alla quale si pongono alla massima distanza reciproca. Le coppie elettroniche si comportano come come se si respingessero le une con le altre dando luogo alle suddette disposizioni spaziali come se fossero concentrate in orbitali di legame effettivamente localizzati tra i due atomi interessati. Più coppie elettroniche condivise tra due atomi si considerano dal punto di vista geometrico come un unico legame 17 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 54 FORME E MOLECOLE FATTE: metano, amoniaca, acqua, tricloruro di boro, anidride carbonica, etilene, azoto, monossido di carbonio, CF4 55 STATO DI AGGREGAZIONE DELLA MATERIA E LEGAMI 1. Tutti i reticoli ionici sono solidi 2. Tutti gli elementi composti o portati allo stato di atomi isolati sono gassosi 3. Lo stato di aggregazione di composti molecolari è un argomento complesso. E’ necessario prendere in considerazione le forze intermolecolariche limitando in diversa misura il movimento reciproco delle molecole sono responsabili dello stato di aggregazione. Si tratta infatti di forze elettrostaticheresponsabili di eventuali legami intermolecolari. Queste possono essere nulle, deboli o forti, a seconda dell’esistenza di momenti dipolari permanenti o indotti. a. Se la molecola è polare, sarà poco probabile che sia un gas, e molto probabile che sia un solido e un liquido Il passaggio di stato da solido a liquido a gassoso avviene quando l’energia cinetica fa si che si rompano i legame intermolecolari. 56 LEGAME IDROGENO Il legame idrogeno è una specie di attrazione intermolecolare tra l’atomo di idrogeno in un legame polare (in particolare H è legato con N, O, F) e una coppia elettronica non condivisa presente su un piccolo ione o atomo elettronegativo X–H---Y Una delle evidenti conseguenze del elgame ad idrogeno è la diversa densità del ghiaccio e dell’acqua. In tutte le molecole nella fase solida si ha una desnità maggiore rispetto al liquido, per l’acqua è il contrario. Questo si può spiegare perché nel ghiaccio aumenta il numero di legami idrogeno che aumenta gli spazi tra le singole comlecole. 57 ORBITALI IBRIDI Un orbitale ibrido è la risultante della combinazione lineare di orbitali atomici di energia simile. Nell’orbitale molecolare abbiamo la massima densità elettronica tra i due nuclei. La forma è uguale un 8, simile a quello dell’orbitale p, ma è asimmetrica. L’orbitale ha quella forma perché gli elettroni devono passare la maggior parte del loro tempo tra i due nuclei per tenere uniti i due atomi. Il numero di orbitali ibridi è uguale al numero di orbitali atomici. L’ibridazione serve per spiegare la forma delle molecole, infatti se prendiamo l’esempio del l’ammonica NH4. Il carbonio ha 2 elettroni di valenza p e 2 s, dunque i 4 legami con gli atomi di idrogeno dovrebbero essere uguali e 2 diversi, al contrario essi sono tutti uguali, questo perché i 2 orbitale s e i 2 orbitali p si ibridizzano a formare 4 orbitali sp3 18 Fondamenti di chimica Abbiamo diversi tipi di ibridazione: Elena Vismara 6-10-14 a) Ibridazione sp: si ha per molecole che hanno una forma lineare, ad esempio CO, CO2. Abbiamo un angolo di 180° b) Ibridazione sp2: si ha per le molecole che hanno una forma planare (triangolare planare o angolare). Un esempio è BCl3, BF3, H2CO3, C2H4. L’angolo è di 120° se non abbiamo coppietti elettronici liberi. c) Ibridizzazione sp3: si ha per le molecole che hanno una forma tetraedrica (piramidale, angolare). Un esempio è NH3, H2O, CF4. Si forma un angolo di 109,5° se non abbiamo coppietti elettronici liberi. Per ogni legame multiplo si toglie un grado di ibridazione 58 LEGAME SIGMA E PI GRECO Tutti gli orbitali ibridi formano legami σ o di scheletro, caratterizzati dalla sovrapposizione di nuvole elettroniche (che corrispondo al legame) lungo la congiungente i nuclei. Tali legami di scheletro sono quelli che tengono insieme la molecola. Ad esempio negli alcani (ibridizzati sp3), è possibile una rotazione intorno al legame σ. La rotazione non è però possibile per gli orbitali π Per descrivere i legami multipli, dobbiamo aggiungere il legame π, che risulta dalla sovrapposizione tra due orbitali p orientati perpendicolarmente all’asse internucleare. Tale legame covalente è più debole del legame di scheletro e si trova perpendicolarmente all’asse internucleare. In tutti i casi i legami singoli sono σ. Un doppio legame è fatto da un legame σ e un legame π Alcuni esempi: Come possiamo vedere dalla lunghezza dei legami il legame π è più debole del legame σ 59 POLIMERI I polimeri sono sostanze ad ad alta massa molecolare formate mediante polimerizzazione di monomeri. Poiché il legame σ ha libera rotazione attorno al legame e Il legame π non ha libertà rotazionale attorno al legame. Allora per la molecola HClC abbiamo più configurazioni, che però corrispondo a 2 molecole diverse poiché hanno diverse proprietà. 19 Fondamenti di chimica Un altro esempio è il Poliacetilene trans: La forma cis conduce di più della forma trans. Elena Vismara e il Poliacetilene cis 6-10-14 . Altro polimero importante è il Poliisoprene che è una gomma sintetica fabbricata ad imitazione della gomma naturale di cui è il costituente principale. Si ottiene industrialmente con i catalizzatori Ziegler-Natta (premi Nobel). 60 ALCHENI ALCHINI ?? 61 LA CELLULOSA La cellulosa è il polimero strutturale più comune nel mondo vegetale. E' costituita da polimeri di anidroglucosio legati da ponti glucosidici (acetalici) β in cui la catena risulta allungata e quasi planare consentendo legami ad idrogeno intra-ed intermolecolari che comportano una elevata cristallinità. La struttura lineare della cellulosa consente una forte associazione intramolecolare. I legami intermolecolari rendono la cellulosa altamente cristallina. L'attacco dell'acqua, specie in ambiente alcalino (con formazione di alcossidi) riduce la cristallinità rendendo le strutture più idrofile riducendo la resistenza meccanica ed arrivando alla solubilizzazione 62 STRUTTURE DI RISONANZA Fino ad adesso abbiamo considerato i legami π come localizzati. Ma non tutte le molecole possono essere considerate in questo modo, un esempio è il Benzene (C6H6) che è una molecola aromatica, altamente tossica, molto stabile e brucia dopo rispetto agli idrocarburi. Questa molecola è ibridizzata sp2 e se ci sono 6 legami di scheletro, ci sono 3 legami pi greco che non sono localizzati, poiché abbiamo 6 orbitali p che sono perpendicolari al piano della molecola. Se il benzene avesse 3 legami pi greco localizzati, e quindi 3 legami doppi legami fissi, allora la molecola non avrebbe una forma esagonale regolare, poiché i doppi legami hanno una lunghezza minore rispetto al legame singolo. Invece grazie ai dati sperimentali vediamo che questa molecola ha una forma esagonale regolare. Visto che non possiamo descrivere i legami pi greco come legami individuali tra atomi vicini, diciamo che i legami pi greco sono delocalizzati. 63 ORBITALI MOLECOLARI (LCAO) Linear Combination of Atomic Orbitals (LCAO) si chiama un approccio che permette di generare diagrammi di orbitali molecolari a partire da orbitali atomici Gli orbitali molecolari si formano per sovrapposizione di orbitali atomici Solo orbitali atomici di energia confrontabile si sovrappongono significativamente 20 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 Quando due orbitali atomici si sovrappongono essi interagiscono in due modi estremi per formare due orbitali molecolari, denominati rispettivamente legante e antilegante. A differenza degli orbitali atomici, gli orbitali molecolari sono associati all’intera molecola e non al singolo atomo. Quando due orbitali atomici si sovrappongono si vengono a formare 2 orbitali molecolari. Un orbitale molecolare di legame, che è a energia più bassa, e un legame molecolare di antilegame che è a energia maggiore. Dunque l’orbitale di legame è più stabile di quello di antilegame. Se prendiamo come esempio al molecola H2 e ne rappresentiamo gli orbitali molecolari con un diagramma energia-livello vediamo che i 2 elettroni, uno per ogni atomo di H, si posizionano con spin opposto nel livello ad energia minore, chiamato orbitale molecolare σ, mentre nell’antilegame chiamato orbitale molecolare σ* non troviamo niente. Dunque grazie a questo diagramma capiamo che vi è la formazione di un legame e di una molecola poiché l’energia che si ha dopo il legame è minore di quella di partenza, quindi la molecola è più stabile dei 2 atomi separati. Al contrario se prendiamo 2 atomi di He, vediamo che questi non andranno mai a formare una molecola poiché la diminuzioni di energia nell’orbitale molecolare di legame è annullata dall’incremento di energia nell’antilegame. Nella teoria degli orbitali molecolari la stabilità di un legame covalente è correlabile al suo ordine di legame, definito come metà della differenza tra il numero di elettroni di legame e il numero di elettroni di antilegame: Ordine di legame: 1 2 (n. di elettroni di legame – n. di elettroni di antilegame) Un ordine di legame 1 rappresenta un singolo legame, un ordine di legame 2 un doppio legame, e … La stessa cosa vale anche per le molecole che presentano orbitali molecolari 2 p, che stavolta però si disporranno sugli assi x, y e z. gli orbitali che si sovrappongono sono chiamati orbitali molecolari pi greco. Poiché la sovrapposizione di due orbitali 2pz è più grande di quella di due orbitali 2py o 2px allora il legame σ2p ha energia inferiore rispetto agli orbitali molecolari π2p. Grazie alla teoria degli orbitali molecolari possiamo spiegare perché O2 ha un solo legame, con 2 radicali. O2 risulta infatti una sostanza paramagnetica, poiché le molecole con uno o più elettroni spaiati sono attratte da un campo magnetico 21 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 64 LEGAME METALLICO 64.1 MODELLO DEL MARE DI ELETTRONI Un semplice modello che spiega le proprietà dei metalli è il modello el mare di elettroni, che raffigura il metallo come un insieme di cationi (+) metallici in un mare di elettroni di valenza. Ad esempio l’elevata conducibilità elettrica vine spiegata con la presenza di elettroni mobili. La capacità dei metalli di deformarsi può essre spiegata poiché gli atomi formano molti legami tra di loro e i loro cambiamenti di posizione a causa di un cambiamneto di forma, sono in parte bilanciati dalla ridistribuzione degli elettroni 64.2 MODELLO DEGLI ORBITALI MOLECOLARI Guandando a lato vediamo che gli orbitali a più bassa energia sono sempre i più leganti, e gli orbitali molecolari a più alta energia sono gli antileganti. Se tale catena tendesse all’infinito, gli stati energetici permessi diventerebbero una banda continua. Di conseguenza la struttura elettronica del cristallo è come quella di una catena infinita che cosniste di bande. Banda di conduzione 3s antilegame vuoto Banda di valenza 3s legante pieno la struttura di un solido consiste in una serie di bande, tale struttura viene infatti chimata a bande. Le bande energetiche sono solo parzialmente riempite dagli elettroni. Gli elettroni che si trovano vicini alla parte superiore dei livelli occupati richideranno meno energia per essere promossi agli orbitali a più alta energia non occupati. Senza la sovrapposizione delle bande, le proprietà periodiche dei metalli non potrebbero essere spiegate. La teoria del legame molecolare spiega anche perché all’aumentare degli elettroni di valenza il legame diventa più forte, ma una volta superati gli elementi centrali, poiché si incominciano a rimepire gli antilegami, allora il legame diventa sempre più debole. 22 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 65 CALORE Calore: modo in cui si trasferisce l’energia da un corpo a temperatura maggiore ad uno a temperatura minore. Se si ha un passaggio di calore dall’esterno verso il corpo esso viene indicato con il segno +, se invece un corpo rilascia calore, e dunque lo strasmette verso l’esterno, allora si utilizza il segno – Il calore specifico è la quantità di energia assorbita (o ceduta) da 1 grammo di sostanza durante un aumento (o diminuzione) di temperatura di 1 °C. Calore specifico = (quantità di calore trasferito) (grammi di sostanza) x (variazione di temperatura) Il calore specifico dell’acqua equivale a 4,18 = π π π₯ βπ ~ π½ ππΎ π½ ππΎ Il calore latente è la quantità di energia necessaria allo svolgimento di una transizione di fase. L'unità di misura del calore latente λ nel Sistema internazionale è J/kg. Il calore necessario ad un passaggio di stato è π = λ β π In fisica, la caloria, unità di misura della quantità di calore (simbolo cal ), pari a quella necessaria a portare la temperatura di un grammo d'acqua distillata da 14,5 °C a 15,5 °C, alla pressione atmosferica normale. 1 cal = 4,1855 J Reazione endotermica (endo=dentro): Reazione che per avvenire ha bisogno di energia, dunque si acquisisce calore. I reagenti hanno meno energia dei prodotti. βE = Q βE = Q Reazione esotermica (exo=fuori da): si rilascia energia dunque si cede calore I prodotti hanno meno energia dei reagenti. 66 DIAGRAMMA DI STATO Diagramma Acqua Il diagramma di stato è un metodo grafico per riassumere le condizioni per le quali si hanno degli equilibri tra i diversi stati della materia. In questo diagramma vengono descritti i vari stati di aggregazione della materia in base alla pressione e alla temperatura. Tutti i punti del grafico sono punti di equilibrio, cioè punti in cui convivono in equilibrio diversi stati di aggregazione. Definiamo come punto triplo, il punto in cui tutte e tre le loro. Diagramma generale fasi sono in equilibrio tra di Definiamo come punto critico il punto in cui la curva tra liquido e vapore si ferma. Oltre questo valore non possiamo più effettuare un passaggio di stato variando solo la pressione. Oltre questo punto non si parla più di vapore (in equilibrio con il proprio liquido) ma di gas, cioè non vi è più la coesistenza di uno stato liquido con quello gassoso. 23 Fondamenti di chimica Elena Vismara 6-10-14 Di solito nel diagramma di stato in generale, la curva di fusione è caratterizzato da una pendenza positiva poiché per gli elementi in generale il punto di fusione aumenta all’aumentare della pressione. L’acqua al contrario ha un grafico diverso: la curva di fusione ha una pendenza negativa, indicando che per l’acqua il punto di fusione diminuisce all’aumentare della pressione. Questo avviene poiché l’acqua la densità del liquido è maggiore del solido. Definiamo come tensione di vapore la pressione che la fase gassosa di una sostanza esercita sulla fase liquida. All’aumentare della polarità aumenta la temperatura critica con una buca di potenziale maggiore. Un esempio O2 non è polare ed ha una temperatura di fusione di -199 °C, invece H2O che è fortemente polare ha una temperatura di …. aggiungi 24 TERMODINAMICA CLASSICA 1 CALORE Calore: modo in cui si trasferisce l’energia da un corpo a temperatura maggiore ad uno a temperatura minore. Se si ha un passaggio di calore dall’esterno verso il corpo esso viene indicato con il segno +, se invece un corpo rilascia calore, e dunque lo strasmette verso l’esterno, allora si utilizza il segno – Il calore specifico è la quantità di energia assorbita (o ceduta) da 1 grammo di sostanza durante un aumento (o diminuzione) di temperatura di 1 °C. Calore specifico = (quantità di calore trasferito) (grammi di sostanza) x (variazione di temperatura) Il calore specifico dell’acqua equivale a 4,18 = π π π₯ βπ ~ π½ ππΎ π½ ππΎ Il calore latente è la quantità di energia necessaria allo svolgimento di una transizione di fase. L'unità di misura del calore latente λ nel Sistema internazionale è J/kg. Il calore necessario ad un passaggio di stato è π = λ β π In fisica, la caloria, unità di misura della quantità di calore (simbolo cal ), pari a quella necessaria a portare la temperatura di un grammo d'acqua distillata da 14,5 °C a 15,5 °C, alla pressione atmosferica normale. 1 cal = 4,1855 J Reazione endotermica (endo=dentro): Reazione che per avvenire ha bisogno di energia, dunque si acquisisce calore. I reagenti hanno meno energia dei prodotti. βE = Q βE = Q Reazione esotermica (exo=fuori da): si rilascia energia dunque si cede calore I prodotti hanno meno energia dei reagenti. 2 DIAGRAMMA DI STATO Diagramma Acqua Il diagramma di stato è un metodo grafico per riassumere le condizioni per le quali si hanno degli equilibri tra i diversi stati della materia. In questo diagramma vengono descritti i vari stati di aggregazione della materia in base alla pressione e alla temperatura. Tutti i punti del grafico sono punti di equilibrio, cioè punti in cui convivono in equilibrio diversi stati di aggregazione. Diagramma generale Definiamo come punto triplo, il punto in cui tutte e tre le fasi sono in equilibrio tra di loro. Definiamo come punto critico il punto in cui la curva tra liquido e vapore si ferma. Oltre questo valore non possiamo più effettuare un passaggio di stato variando solo la pressione. Oltre questo punto non si parla più di vapore (in equilibrio con il proprio liquido) ma di gas, cioè non vi è più la coesistenza di uno stato liquido con quello gassoso. Di solito nel diagramma di stato in generale, la curva di fusione è caratterizzato da una pendenza positiva poiché per gli elementi in generale il punto di fusione aumenta all’aumentare della pressione. L’acqua al contrario ha un grafico diverso: la curva di fusione ha una pendenza negativa, indicando che per l’acqua il punto di fusione diminuisce all’aumentare della pressione. Questo avviene poiché l’acqua la densità del liquido è maggiore del solido. Definiamo come tensione di vapore la pressione che la fase gassosa di una sostanza esercita sulla fase liquida. All’aumentare della polarità aumenta la temperatura critica con una buca di potenziale maggiore. 3 IL SISTEMA E L’AMBIENTE Indichiamo con il termine sistema la parte di universo che prendiamo come oggetto di studio Indichiamo come ambiente tutto ciò che circonda il sistema, cioè l’insieme di tutti i sistemi Un sistema isolato è un sistema in cui né l’energia né la materia possono essere scambiate con l’ambiente 4 PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA L’energia si conserva, ma può essere variata nella forma: βπ = π − πΏ U= energia interna; Q= calore assorbito; L= lavoro fatto. Il calore e il lavoro sono due mezzi con cui il sistema scambia energia con l’ambiente che lo circonda. Il lavoro è l’energia trasferita per mezzo di un collegamento meccanico con l’ambiente, mentre il calore è l’energia trasferita a causa di una differenza di temperatura, ovvero di energia cinetica, con l’ambiente. Q è positivo quando viene trasferito dall’ambiente al sistema, cioè quando va ad aumentare l’energia del sistema stesso. L è positivo quando viene compiuto un lavoro sul sistema 5 PROCESSO ENDOTERMICI ED ESOTERMICI Guarda sopra 6 FUNZIONI DI STATO Il valore di una funzione di stato dipende soltanto dallo stato specifico del sistema e non dalla sua storia pregressa, ovvero dal percorso con il quale il sistema ha raggiunto quello specifico stato. La funzione di stato dipende dunque solo dallo stato iniziale e finale, non dal percorso tra i due stati. Indichiamo con β(πΉ) la funzione di stato caratteristica dello stato, che non si può modificare. Un Esempio di funzione di stato è l’energia interna di un sistema, cioè E 7 PROCESSI SPONTANEI REVERSIBILI E IRREVERSIBILI Un processo spontaneo è un processo che avviene senza nessun aiuto. Un processo spontaneo è un processo che avviene in una sola direzione, infatti i processi che sono spontanei in una direzione, non sono spontanei nella direzione opposta. Ad esempio un gas si espande spontaneamente nel vuoto, ma il suo inverso, in cui il gas ritorna indietro in uno dei due palloni non avviene. Nella prima figura abbiamo una reazione irreversibile possiamo vedere come il lavoro sia minore di quello reversibile, infatti πΏπππππ£πππ πππππ = πππ π‘ππππ β βπ = ππππππ£πππ πππππ π π π π Nel secondo caso invece abbiamo che πΏπππ£πππ πππππ = ∫π πππ π‘ππππ ππ = ∫π π π ππ = π πππ ( ππ ) = π ππππ£πππ πππππ Dunque πΏπππ£πππ πππππ > πΏπππππ£πππ πππππ e per la validità del primo principio della termodinamica βπ = ππππ£ − πΏπππ£ = ππππππ£ − πΏπππππ£ → ππππ£ > ππππππ£ 8 ENTROPIA L’entropia è una funzione di stato il cui cambiamento è misurato dal calore scambiato in modo reversibile diviso t. Essa è una misura della quantità di energia inutilizzabile per ottenere lavoro ed è una misura del disordine di un sistema. Dunque è una misura della molteplicità di un sistema. Essendo una funzione di stato, l’entropia S, dipende soltanto dallo stato iniziale e finale del sistema: βπ = ππππ − πππ Nel caso particolare di un processo isotermo βπ = ππππ£πππ πππππ π 9 SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA Per il secondo principio della termodinamica solo le trasformazioni che aumentano il disordine dell’universo avvengono spontaneamente. L’idea chiave del secondo principio della termodinamica è che in ogni trasformazione l’energia si conserva, però l’entropia no, infatti per ogni processo spontaneo, cioè irreversibile βππ’πππ£ = βππ ππ π‘πππ + βππππππππ‘π > 0 Invece per i processi reversibili βππ’πππ£ = βππ ππ π‘πππ + βππππππππ‘π = 0 Tutti i processi che avvengono naturalmente sono irreversibili e dunque spontanei. Quindi l’entropia dell’universo cresce per tuti i processi spontanei. Possiamo descrive il secondo principio della termodinamica anche con l’equazione di Boltzmann: π = πΆ β ln(π) dove C è la costante di Boltzmann e W sono i microstati. Un microstato, che si indica con la lettera W, corrisponde ad un possibile insieme di valori che le posizioni e le energie cinetiche delle molecole del gas possono assumere quando il gas è in un dato stato termodinamico. Se lo stato è usato per descrivere la visione macroscopica del nostro sistema, un microstato è una disposizione microscopica particolare degli atomi o delle molecole del sistema che corrisponde ad un dato stato del sistema. Ritornando all’equazione di Boltzmann comprendiamo come l’entropia S, cresce all’aumentare dei microstati del sistema. Il numero di microstati disponibili per un sistema aumenta all’aumentare del volume, della temperatura e del numero di molecole, perché ciascuna di queste variazioni aumenta le possibili posizioni ed energie delle molecole del sistema. Le molecole complesse hanno un’entropia maggiore perché aumenta la complessità e dunque il numero di microstati. Lo stato gassoso ha un’entropia maggiore perché è lo stato più disordinato La variazione di entropia dell’ambiente è βππππππππ‘π = −ππ ππ π‘πππ π = −βπ»π ππ π‘πππ π 10 TERZO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA Il terzo principio della termodinamica afferma che l’entropia di un cristallo perfetto di qualsiasi elemento o composto puro allo 0 assoluto è pari a 0, poiché esiste un solo microstato: π(0πΎ)π ππ π‘πππ§π ππ’ππ ππππ π‘ππππππ = 0. Dal terzo principio consegue che è possibile valutare l’entropia assoluta di una sostanza: ∫ πππππ£ π = π − π0 se la misura di scambio di calore è valutata tra T e 0K, ne risulta una misura assoluta. 11 L’ENERGIA LIBERA DI GIBBS L’energia libera di Gibbs ci dà informazioni importanti sulla spontaneità di un processo che avviene a temperatura e pressione costante. Per un processo che si svolge a temperatura costante βπΊ = βπ» − πβπ Dim: Per il secondo principio della termodinamica abbiamo che βππ‘ππ‘πππ = βππππππππ‘π + βπππππ§ππππ = − βπ» π + βπππππ§ππππ Il disordine dell'ambiente è incrementato o diminuito attraverso il calore scambiato con la reazione. L’ambiente è quindi passivo e rispetto alla reazione e ne subisce l’azione: −πβππ‘ππ‘πππ = βπΊ = βπ» − πβπππππ§ππππ = −πΏπππ₯ ; −πβππ‘ππ‘πππ = βπΊ ; βπΊ = βπ» − πβπ βπΊ = massimo lavoro che si può recuperare cambiato di segno Se T e P sono entrambe costanti, la relazione tra il segno di βπΊ e la spontaneità della reazione si esprime così: 1. Se βπΊ è negativo, la reazione diretta è spontanea 2. Se βπΊ è zero, la reazione diretta e all’equilibrio 3. Se βπΊ è positivo, la reazione diretta non è spontanea; essa può essere fatta avvenire solo somministrando lavoro al sistema dall’esterno. βπ― βπΊ Esotermica (βπ» < 0 ) Aumenta (βπ > 0) Esotermica (βπ» < 0 ) Diminuisce (βπ < 0) Endotermica (βπ» > 0 ) Aumenta (βπ > 0) Endotermica (βπ» > 0 ) Diminuisce (βπ < 0) Quindi βπ» < 0 e βπ > 0 sono favorevoli alla spontaneità Reazione spontanea Per qualunque T, βπΊ < 0 Solo a basse T, se |πβπ| < |βπ»| Solo ad alte T, se πβπ > βπ» Per nessuna T, βπΊ > 0 Costruire la retta βπΊ = βπ» − πβπ significa fare lo studio termodinamico di una reazione. La spontaneità risulta da due diverse tendenze: a) La tendenza del sistema a porsi nella situazione di minima energia potenziale b) La tendenza del sistema a porsi nella situazione di massimo disordine. La prima componente è legata al termine entalpico βπ» ed è favorevole per reazioni esotermiche. Significa che globalmente le energie di legame nei prodotti sono più elevate che nei reagenti. La seconda componente è legata al termine entropico πβπ che indica una reazione ordinante o disordinante, il cui peso cambia a seconda della temperatura. L’aumento di disordine favorisce la spontaneità 12 4 ESEMPI 13 STATO STANDARD Anche per βπΊ abbiamo lo stato standard: βπΊ° = βπ»° − πβπ° La definizione di stato standard comporta pressione unitaria per ogni componente gassoso e concentrazione unitaria per ogni componente in soluzione (moli/litro). È un puro stato di riferimento e difficilmente le reazioni avvengono in quelle condizioni. βπΊ = βπ» − πβπ = 0 π= βπ»° βπ° 14 LA COSTANTE DI EQUILIBRIO Le reazioni chimiche evolvono spontaneamente fino al raggiungimento dell’equilibrio per un dato valore di temperatura si arriva a βπΊ= 0 Quando abbiamo un equilibrio, cioè una reazione scritta con la doppia freccia, questo vuol dire che tale reazione può avvenire in entrambi i versi, cioè dai reagenti verso i prodotti o il contrario. Dunque lo stato di equilibrio può essere raggiunto da entrambe le direzioni. Legge delle masse: La legge delle masse esprime per ogni reazione il rapporto fra le concentrazioni ( πππ ) πΏ dei reagenti e dei prodotti presenti all’equilibrio. Ad esempio se abbiamo una reazione: π π΄ + π π΅ β π πΆ + π π·; dove A, B, C e D sono le specie chimiche coinvolte e a, b, c e d sono i coefficienti stechiometrici dell’equazione bilanciata. Dunque lo stato di equilibrio è espresso dell’equazione: (πΆ)π (π·)π πΎπ = (π΄)π (π΅)π Prodotti Reagenti Il valore di K è un numero adimensionale e dipende soltanto dalla stechiometria della reazione e dalla temperatura. Quando i reagenti e i prodotti della reazione chimica sono gas, posiamo formualare l’espressione della costante di equilibrio in termini di pressioni parziali, e la indichiamo con la lettera Kp (ππΆ)π (ππ·)π πΎπ = (ππ΄)π (ππ΅)π Con pA e pB indichiamo le pressioni parziali in atm dei reagenti. Con pC e pD indichiamo le presioni parziali dei prodotti. Con gli apici a, b, c, d indichiamo i coefficienti stechiometrici riferiti ad ogni molecola. Poiché la costante di equilibrio indica il rapporto tra prodotti e reagenti, dal suo valore possiamo capire quale dei due sarà più concentrato, cioè possiamo capire dove sarà spostata la reazione: Se K > 1 l’equilibrio è spostato verso destra, cioè i prodotti predominano Se K < 1 l’equilibrio è spostato verso sinistra, cioè i reagenti predominano L’espressione della costante di equilibrio per una reazione scritta in un senso è il reciproco di quella della reazione scritta nel senso inverso. 15 EQUILIBRI OMOGENEI ED ETEROGENEI Quando in un equilibrio le sostanze sono presenti tutte nella stessa fase stiamo parlando di equilibri omogenei. Questi valgono sia per i gas sia per le soluzioni. Per soluzione si intende un sistema omogeneo ottenuto sciogliendo dei solidi, dei liquidi o dei gas (soluto) in un liquido che fa da solvente e che è in quantità nettamente superiore al soluto. Gas ideali e soluzioni ideali sono sistemi simili che seguono le stesse relazioni. Il concetto di idealità è il medesimo, nel caso dei gas il mezzo è il vuoto, nel caso delle soluzioni il mezzo è il solvente. Quanto è stato dimostrato si può estendere quindi dagli equilibri in fase gas agli equilibri in soluzione. ΔG° = -RTlnK è valida quindi per K= rapporto di pressioni parziali ma anche per K = rapporto di concentrazioni. Gli equilibri eterogenei sono invece relativi a sostanze presenti in diverse fasi. Gli Equilibri dipendono solo dalle concentrazioni e dalle loro variazioni, siccome solidi e liquidi non variano di concentrazione sono considerati costanti e inglobati nel valore della K e dunque non vengono considerati per il calcolo della costante di equilibrio (quando abbiamo basse concentrazioni del solvente nei prodotti e nei reagenti allora non si conta). Ad esempio per calcolare il valore di K di questa reazione basterà prendere il valore di πΆπ2(π) , cioè Kp = ππΆπ2(π) πΆππΆπ3(π ) β πΆππ(π ) + πΆπ2(π) 16 QUOZIENTE DI REAZIONE Definiamo come il quoziente di reazionione, Q, il numero ottenuto sostituendo le concentrazioni o le pressioni parziali iniziali dei prodotti e dei reagenti nell’espressione della costante di equilibrio. perciò, per la reazione generale: ππ΄+ππ΅ ← ππ·+ππΈ → il quoziente di reazione è π = (ππΆ)π (ππ·)π (ππ΄)π (ππ΅)π Se la costante di equilibrio ha un solo valore ad ogni temperatura. Il quoziente di reazione varia mentre la reazione procede. Per calcolare il quoziente di reazione non utilizziamo le concentrazioni all’equilibrio. Il valore di Q ci dice se la nostra reazione è davvero in equilibrio: Se Q < K: la concentrazione dei prodotti è troppo piccola e quella dei reagenti troppo grande. La reazione raggiungerà l’equilibrio formando più prodotti. La reazione si sposta da sinistra a destra. Se Q = K: il sistema è in equilibrio Se Q > K: la concentrazione dei prodotti è troppo grande e quella dei reagenti troppo piccola. Quindi le sostanze dalla parte di destra reagiranno per formare le sostanze della parte sinistra. Per raggiungere lo stato di equilibrio la reazione si sposta da destra verso sinistra. 17 ENERGIA LIBERA IN CONDIZIONI NON STANDARD La variazione di energia libera βπΊ riferito a qualsiasi condizione non standard è datat dalla seguente relazione: βπΊ = βπΊ° + π πππ π In quast’equazione R e la costante dei gas ideali, 8,134 J/mol K; T è la temperatura assoluta; Q è il quoziente di reazione che corrisponde alla particolare miscela considerata. In condizioni standard Q=1, cioè lnQ = 0, quindi βπΊ = βπΊ° All’equilibrio Q = K, quindi si ha l’equazione βπΊ = βπΊ° + π πππ π; −π πππ πΎ 0 = βπΊ° + π πππ πΎ βπΊ° = 18 LA VELOCITÀ DI REAZIONE La velocità di una reazione è lo studio della variazione delle concentrazioni nel tempo. Tale velocità dipende da: 1. 2. 3. 4. Lo stato fisico dei reagenti Le concentrazioni dei reagenti (teoria delle collisioni “efficaci”) Temperatura (influenza sul numero di collisioni efficaci) Catalizzatori Le velocità sono sempre espresse come quantità positive π£ππππππ‘à πππππ ππ ππππππ§ππππ ππ π΄ = π£πππππ§ππππ πππππ πππππππ‘πππ§ππππ ππ π΄ β[π΄] = π‘ππππ π‘πππ ππππ π βπ‘ Durante una reazione osserviamo una diminuzione delle velocità delle reazione poiché la concentrazione dei reagenti diminuisce. Per una reazione in generale π π΄ + π π΅ → π πΆ + π π· la velocità è πππππππ‘à = − 1 β[π΄] 1 β[π΅] 1 β[πΆ] 1 β[π·] = − = = π βπ‘ π βπ‘ π βπ‘ π βπ‘ 19 VELOCITÀ E ORDINI DI REAZIONE Per una reazione in generale π π΄ + π π΅ → π πΆ + π π· la velocità di una reazione che dipende dalle concentrazioni dei reagenti è: πππππππ‘à = π[π΄]π [π΅]π Dove K è detta costante di velocità. Gli esponenti m, n sono detti ordini di reazione. L’ordine globale della reazione è dato dalla somma degli ordini di ogni reagente. Quindi se abbiamo ad esempio 2 reagenti di ordine 1, la reazione sarà di secondo ordine. Gli esponenti in una legge di velocità indicano come la velocità è influenzata dalla concentrazione di ogni reagente. I valori di questi esponenti possono essere determinati sperimentalmente. Nella maggior parte dei casi possono essere 0, 1 o 2. Occasionalmente possono anche essere frazionari o maggiori di due. Di solito per un grande valore di k ( ≈109 o maggiore) implica una reazione veloce, mentre un piccolo valore di k (10 o minore) implica una reazione lenta. L’unità di misura di k è 1 πβπ 0. Se una reazione è di ordine 0 rispetto ad un reagente, cambiando la relativa concentrazione non si avrà alcun effetto sulla velocità perché ogni concentrazione elevata alla zero è uguale a 1 1. Quando una reazione è di primo ordine la velocità cambiare in modo proporzionale, se raddoppiamo le concentrazione raddoppieranno le velocità 2. Se una reazione è di secondo ordine se raddoppiamo la concentrazione allora la velocità quadruplicherà Dunque possiamo affermare che la velocità di reazione dipende dalla concentrazione, mentre la costante di velocità k è indipendente dalla concentrazione. Questa è influenzata dalla temperatura e dalla presenza di un catalizzatore. 19.1 REAZIONE DEL PRIMO ORDINE Nelle reazioni del primo ordine la velocità dipende dalla concentrazione di un singolo reagente elevato alla uno. Per una reazione del tipo A prodotti, la velocità è questa: − π[π΄] = π [π΄]; ππ‘ π[π΄] [π΄] [π΄] = −πππ‘; π‘ π[π΄] = −π ∫ ππ‘ ; [π΄]0 [π΄] π‘0 ∫ ln [π΄] = −π β (π‘ − π‘0 ) [π΄]0 π‘0 = 0 ln[π΄] = −ππ‘ + ln[π΄]0 Per una reazione del primo ordine, esprimendo graficamente [A], in funzione del tempo otteniamo una linea retta con una pendenza pari a –k e intercetta sull’asse delle y pari a ln[π΄]0 Una reazione diversa dal primo non darà una linea retta in un grafico che ln[π΄]0 e π‘ 19.2 REAZIONI DI SECONDO ORDINE In una reazione di secondo ordine la velocità dipende dalla concentrazione del reagente elevato alla seconda potenza oppure dalle concentrazioni di due reagenti differenti, ciascuna elevata alla prima potenza. La velocità sarà uguale a − π[π΄] = π [π΄]2 ; ππ‘ − π[π΄] [π΄]2 [π΄] = πππ‘; π‘ π[π΄] = π ∫ ππ‘ ; 2 [π΄]0 [π΄] π‘0 1 1 − = π β (π‘ − π‘0 ) [π΄] [π΄]0 −∫ π‘0 = 0 1 1 = ππ‘ + [π΄] [π΄]0 1 Se la reazione è del secondo ordine, esprimendo in un grafico [π΄] in funzione di t si ottiene una linea retta π‘ 1 con pendenza uguale a k e intercetta sull’asse y uguale a [π΄] 0 20 EQUAZIONE DI ARRHENIUS Arrhenius notò che l’aumento della velocità non è lineare con l’aumento della temperatura, ma dipende: a) La frazione delle molecole che possiedono un energia di Ea o più grande b) Il numero di urti che avvengono al secondo c) La frazione degli urti che hanno l’orientamento adatto. −πΈπ π = π΄ β π π π π½ In questa equazione k è la costante di velocità, Ea l’energia di attivazione, R la costante dei gas (8,314 πππβπΎ) e T è la temperatura assoluta. A è il fattore sterico che è costante al variare della temperatura. Esso è connesso alla frequenza degli urti e alla probabilità che gli urti siano favorevolmente orientati per dar luogo alla reazione. Per le molecole semplici vale 1, per quelle complesse meno di 1. All’aumentare di Ea, k diminuisce perché la frazione delle molecole che possiedono l’energia richiesta è più piccola. Quindi anche la velocità di reazione diminuisce all’aumentare di Ea . 20.1 TEORIA DEGLI URTI La teoria degli urti descrive come le molecole per reagire devono urtarsi e maggiore è il numero di “urti efficaci”, maggiore sarà la velocità di reazione. Se aumentiamo la concentrazione o la temperatura abbiamo un aumento degli urti. Nella maggior parte delle reazioni, affinché un urto avvenga, durante gli urti le molecole devono essere orientate in un determinato modo (A, fattore di frequenza). 20.2 ENERGIA DI ATTIVAZIONE Le molecole devono possedere una quantità minima di energia per reagire, cioè le molecole che si scontrano devono avere un’energia cinetica totale uguale o più grande di un determinato valore minimo. L’energia minima richiesta per dare inizio ad un processo chimico è detta energia di attivazione Ea. Le molecole devono avere abbastanza energia per avere degli urti efficaci, cioè ci vuole abbastanza energia affinché le nuvole elettroniche si compenetrino. cdx La differenza di energia fra quella iniziale e la più alta energia lungo la coordinata di reazione rappresenta l’energia di attivazione, Ea. La particolare disposizione degli atomi nella parte superiore della barriera è detta complesso attivato o stato di transizione. La velocità di reazione non dipende da βE, ma dalla grandezza di Ea: più bassa è Ea più veloce sarà la reazione Affinché una molecola riesca a superare la barriera dell’energia di attivazione è necessario che ci sia un aumento di temperatura, infatti aumentando la temperatura, le molecole hanno più energia e dunque, essendoci più urti, una frazione di molecole maggiore reagisce. Se prendiamo un grafico che ha sull’asse delle ordinate ln(k) e sulle ascisse 1/T allora l’equazione: ln π = − πΈπ π π + ln π΄ ha come grafico una πΈ retta dove il coefficiente angolare corrisponde a − π ππ ln π1 πΈπ 1 1 = β( − ) π2 π π2 π1 21 MECCANISMI DI REAZIONE Il meccanismo di reazione descrive molto in dettaglio l’ordine in cui i legami sono rotti e formati ed i cambiamenti nelle posizioni relative degli atomi nel percorso di reazione. 21.1 REAZIONI ELEMENTARI Sono detti processi elementari i processi che avvengono in un singolo evento o stadio. Il numero di molecole che partecipano come reagenti in una reazione elementare definisce la molecolarità della reazione. (Molecolarità: numero di particelle coinvolte nell’atto reattivo in cima alla barriera dell’energia d’attivazione, la molecolarità coincide con l’ordine di reazione totale (somma dei coefficienti stechiometrici) = la molecolarità descrive l’aggregato instabile chiamato complesso attivato che effettivamente si forma in cima alla barriera dell’energia d’attivazione e che può evolvere a reagenti e a prodotti). Se è implicata ad una singola molecola la reazione è unimolecolare. Se la reazione invece coinvolge l’urto di due molecole di reagente allora si dice bimoleoclare. 21.2 LEGGI DI VELOCITÀ PER LE REAZIONI ELEMENTARI Se una reazione è un processo elementare, allora conosciamo la rispettiva legge di velocità. La legge di velocità di una reazione elementare deriva direttamente dalla relativa molecolarità. Per esempio per un processo unimolecolare generico A prodotti, la velocità del processo sarà Velocità = k[A]. Nel caso di stadi bimolecolari Velocità = k[A][B]. se ad esempio ho 2 A allora V = k[A]2. 21.3 LO STADIO CHE DETERMINA LA VELOCITÀ DI REAZIONE PER UN MECCANISMO A PIÙ STADI Lo stadio più lento in una reazione a più stadi determina la velocità globale del processo. Se lo stadio più lento non è il primo, gli stadi precedenti più veloci producono prodotti intermedi che si accumulano prima di essere consumati nello stadio più lento. In entrambi i casi lo stadio determinante la velocità governa la legge di velocità per la reazione complessiva. 22 CATALISI Un catalizzatore è una sostanza che varia la velocità di una reazione chimica senza che subisca una trasformazione chimica permanente nel corso del processo 22.1 CATALISI OMOGENEA Un catalizzatore che è presente nella stessa fase delle molecole coinvolte nella reazione è detto catalizzatore omogeneo. Né il catalizzatore ne l’intermedio compaiono nella reazione. Il catalizzatore è presente dall’inizio della reazione mentre l’intermedio si forma durante. Per velocizzare la temperatura, il catalizzatore deve agire sulla costante di velocità k. Dunque sulla basse dell’equazione di Arrhenius il catalizzatore può influenzare la velocità andando a modificare i valori di Ea o di A. Solitamente un catalizzatore abbassa l’energia di attivazione globale permettendo un meccanismo di reazione completamente diverso. 22.2 CATALISI ETEROGENEA Un catalizzatore eterogeneo esiste in una fase diversa da quella delle molecole del reagente, solitamente come solido in contatto con reagenti gassosi o in una soluzione liquida. I catalizzatori eterogenei sono spesso usati nell’industria e sono spesso costituiti da metalli o da ossidi di metalli. Il passo iniziale della catalisi eterogenea è solitamente l’adsorbimento dei reagenti che si riferisce ad un interazione della molecola con la superficie del catalizzatore. Mentre con l’absorbimento le molecole migrano all’interno di un’altra sostanza. L’adsorbimento avviene poiché gli atomi o gli ioni su una superficie sono molto reattivi e hanno la capacità di formare legami. Questa caratteristica può essere utilizzata per legare molecole presenti in fase gas o in soluzione alla superficie del solido. 22.3 ENZIMI Gli enzimi sono dei catalizzatori biologici. Essi sono grandi catene proteiche. Anche se un enzima è una grande molecola, la reazione viene catalizzata in una posizione molto specifica dell’enzima, detta sito attivo. Le sostanze che reagiscono in questo sito sono dette substrati. Quando le molecole del substrato entrano nel sito attivo, vengono attivate in modo che siano capaci di dar luogo a reazioni estremamente veloci. 23 PRINCIPIO DI LE CHATELIER Elettrochimica 24 FEM La differenza di potenziale tra 2 elettrodi si misura in volt (V) 1 V = 1 J C La fem (forza elettromotrice) è la differenza di potenziale tra 2 elettrodi di una cella galvanica che fornisce la forza motrice che spinge gli elettroni attraverso il circuito esterno. La fem in condizioni standard (1M di reagenti e prodotti ad una temperatura di 298 K) è definita fem ° ° (catodo) ° standard e si indica πΈππππ = πΈπππ − πΈπππ (anodo) Per convezione il potenziale associato a ciascun elettrodo è scelto per essere il potenziale della reazione di riduzione a quell’elettrodo Cambiando i coefficienti stechiometrici di una semireazione non varia il valore del potenziale di riduzione ° standard per esempio πΈπππ per la reazione di 10 mol di Zn2+ è lo stesso per la riduzione di 1 mol di Zn2+ 25 FEM E βG Il lavoro ricavabile da una reazione redox è un lavoro elettrico, esprimibile come il prodotto della forza elettromotrice f.e.m, per la carica spostata nF. −πΏππ£πππ π’π‘πππ = βπΊ = −ππΉβπΈ = −ππΉ(π. π. π) In questa equazione n rappresenta il numero di elettroni trasferiti in una reazione. La costante F è la costante di Faraday che è la quantità di carica elettrica trasportata per una mole di elettroni ed è uguale a F J = 96'500 Vβmol Un valore positivo di E e un valore negativo di βG indicano entrambi che la reazione è spontanea. Quando tutti i prodotti e reagenti sono in condizioni standard l'equazione di può scrivere: βπΊ ° = −ππΉβπΈ ° Possiamo mettere in relazione la costante di equilibrio K con E πΈ° = βπΊ ° −π π ln πΎ π π = = β ln πΎ −ππΉ −ππΉ ππΉ 26 EQUAZIONE DI NERNST πΈ = πΈ° − π π 2,303π π β ln π = πΈ ° − β log π ππΉ ππΉ Alla temperatura di 298 K, l’equazione viene rappresentata in questo modo: πΈ = πΈ° − 0,0592 [ππππππ‘π‘π] β log π [πππππππ‘π] Durante la trasformazione dei reagenti nei prodotti, il valore di Q aumenta e il valore di E diminuisce fino a raggiungere E = 0. Poiché βG = -nFE quando E = 0 anche βG = 0. Quindi il sistema è in equilibrio quando E = 0. In generale sia l’aumento della concentrazione dei reagenti che la diminuzione della concentrazione dei prodotti fa aumentare la f.e.m. Per calcolare E° devo rifarmi alle tabelle per i valori di potenziale standard. 27 PILE O CELLE GALVANICHE Celle galvaniche(pile), dispositivi che sfruttano reazioni redox spontanee per fare del lavoro attraverso l’energia libera di Gibbs. L’energia chimica si converte in energia elettrica. 28 CELLA GALVANICA Le celle galvaniche dette anche pile sono dispositivi capaci di sfruttare reazioni di ossido-riduzione spontanee per trasformare energia chimica di legame in energia elettrica. Un tipico esempio di cella galvanica è la pila Daniell. Immergendo una barretta di zinco all'interno di una soluzione contenente ioni Cu2+, è possibile notare l'ossidazione dello zinco a Zn2+ e la contemporanea riduzione degli ioni Cu2+ a rame metallico. Reazione spontanea tra Zn e ioni Cu2+ Il processo complessivo è il seguente: Zn + Cu2+ → Zn2+ + Cu E' possibile sfruttare tale reazione per ottenere energia elettrica separando la semireazione di ossidazione dello zinco: Zn → Zn2+ + 2edalla semireazione di riduzione del rame: Cu2+ + 2e- → Cu E' sufficiente immergere una barretta di zinco metallico all'interno di una soluzione di solfato di zinco (ZnSO4) che, dissociandosi completamente, fornisce gli ioni Zn2+ e immergere una barretta di rame metallico all'interno di una soluzione di solfato di rame (CuSO4) che, dissociandosi completamente fornisce gli ioni Cu2+. Finché le due semicelle rimangono separate non avviene nessuna reazione. Però, se colleghiamo con un filo conduttore le due lamine metalliche, lo zinco, che ha rispetto al rame una maggiore tendenza ad ossidarsi, perde elettroni che, passando attraverso il circuito elettrico esterno vengono attratti dagli ioni rameici Cu2+ che acquistandoli si riducono a rame metallico. Per convenzione l'elettrodo al quale avviene il processo di ossidazione è detto anodo e costituisce il polo negativo della pila, mentre l'elettrodo al quale viene il processo di riduzione è detto catodo e risulta essere il polo positivo della pila. All'anodo lo zinco metallico si ossida e passa in soluzione come ione Zn2+ e pertanto la soluzione di solfato di zinco si arricchisce di ioni Zn2+. Al catodo gli ioni Cu2+ si riducono a rame metallico e pertanto la soluzione di solfato rameico si impoverisce di ioni Cu2+. In queste condizioni l'anodo tende a caricarsi positivamente mentre il catodo tende a caricarsi negativamente. Ciò provoca la perdita dell'elettroneutralità delle due soluzioni e il passaggio di corrente elettrica si esaurisce in brevissimo tempo in quanto gli elettroni dovrebbero abbandonare una semicella carica positivamente che li attrae per dirigersi verso una semicella carica negativamente che li respinge. E' pertanto necessario collegare le due soluzioni attraverso un dispositivo chiamato ponte salino che garantisce l'elettroneutralità delle due soluzioni. Esso è costituito da un tubo ad U contenente una soluzione molto concentrata di un elettrolita forte come ad esempio Na2SO4 che, + 2dissociandosi in ioni Na ed SO4 fornisce ioni Na+ alla soluzione catodica e ioni SO42- alla soluzione anodica. (-) Zn(s) / Zn2+(aq) // Cu2+(aq) / Cu(s) (+) La doppia barra // indica il ponte salino. 29 ELETTROLISI L’elettrolisi è un processo che utilizza l’energia elettrica per far avvenire delle reazioni redox che non sono spontanee, cioè con l’elettrolisi, al contrario delle celle galvaniche, si trasforma l’energia elettrica in energia chimica. L’elettrolisi è molto utile per la produzione di metalli puri allo stato elementare a partire dagli ioni corrispondenti. Una soluzione elettrolitica (una soluzione acquosa contenente elettroliti, cioè acidi, basi e Sali) è in grado di chiudere il circuito di una pila come un filo di metallo perché è in grado di condurre la corrente. Il primo fenomeno indotto dalla fem applicata è la separazione delle specie cariche (elettrolisi) che migrano verso gli elettrodi di segno opposto. La scarica della specie migrate provoca la vera e propria conduzione. La conducibilità della soluzione non segue la legge di Ohm (I=βE/R), inia a seguirla solo quando la fem applicata (βE pila) supera una soglia detta forza controelettromotrice (βE cella) che è la massima fem della pila generata agli elettrodi della cella elettrolitica dalle specie scaricate. Dopo il superamento di questa soglia l’intensità di corrente aumenta all’aumentare della fem applicata, secondo la legge di Ohm La corrente passa se il βE della pila supera il valore di βE cella (f.c.e.m = 0.521 V). βEpila - βEcella > 0 danno luogo a un βG negativo di un dispositivo (pila + cella) che funziona spontaneamente producendo iodio e idrogeno mediante la conversione di energia elettrica in energia chimica. Questa conversione è in grado di far avvenire una trasformazione redox non spontanea e in ultima analisi di preparare sostanze chimiche. 29.1 ELETTROLISI DELL’ACQUA Non è possibile effettuare l'elettrolisi dell'acqua distillata perché essa è troppo poco dissociata in ioni H3O+ e OH- per permettere un apprezzabile passaggio di corrente. Per tale motivo, per ottenere l'elettrolisi dell'acqua, si aggiungono piccole quantità di H2SO4 (o di solfato di sodio Na2SO4) allo scopo di renderla conduttrice. L'elettrolisi viene condotta in un apparecchio detto voltmetro. Al catodo di tale apparecchio si sviluppa idrogeno H2 mentre all’anodo si sviluppa ossigeno O2. Leggendo il volume dei due gas si può notare che il volume dell'idrogeno è doppio rispetto a quello dell'ossigeno. Nella soluzione sono presenti le seguenti specie chimiche: H3O+, OH-, H2O, SO42-. Data la bassa concentrazione di alcuni ioni (H3O+, OH-, SO42-) le uniche reazioni possibili sono: Al catodo: 4H2O + 4e- → 4OH- + 2H2 All'anodo: 6H2O → 4H3O+ + O2 + 4eReazione globale: 10H2O → 4H3O+ + 4OH- + 2H2 + O2 Inoltre la migrazione degli ioni H3O+ e OH- permette la seguente reazione di neutralizzazione: 4H3O+ + 4OH- → 8H2O Pertanto, la reazione globale può essere scritta in questo modo: 2H2O → 2H2 + O2 Nella quale è possibile notare che idrogeno e ossigeno si sviluppano nel rapporto di 2:1. In termini di energia affinché l’elettrolisi dell’acqua produca ossigeno e idrogeno è necessario corrispondere una fem superiore a 1,23 V (corrispondenti alla f.c.e.m) 30 RIASSUNTO βE = f.c.e.m + IβR + Ι³ f.c.e.m = forza contro elettromotrice IβR = caduta ohmica della cella Ι³ = viscosità, concentrazione IβR + Ι³ = sovratensione (che si minimizza mettendo gli elettrodi vicini e agitando) Soluzione Legge di Faraday: quando passa 1 F passa una mole di elettroni che riducono la quantità proporzionale di sostanza Ag+ + eCu++ + 2e- Ag Cu 1F 2F Intensità di corrente: ampere. 1 A = 1 C/s; 1 f = 96500 coulomb 31 CORROSIONE Le reazioni di corrosione sono delle reazioni redox spontanee nelle quali un metallo è attaccato da alcune sostanze presenti nell’ambiente circostante e convertito in composti indesiderati Affinché avvenga la corrosione è fondamentale la presenza dell’ossigeno. Gli elettroni possono muoversi attraverso il metallo dalla regione dove avviene l’ossidazione ad un’altra regione dove avviene la riduzione. Poiché il potenziale standard di Fe2+ (aq) è meno positivo del potenziale di riduzione di O2, il Fe(s) può essere ossidato da O2(g): E°Fe++/Fe = -0.44 V E H3O+/H2 (a pH=7) = -0.42 V troppo debole E O2/H2O (a pH=7) = +0.82 V Gli elettroni prodotti migrano nel metallo verso un’altra zona della superficie che funziona da catodo, dove viene ridotto O2. La riduzione di O2 richiede la presenza di H+, quindi diminuendo la presenza di H+ (aumentando il pH) la riduzione di O2 risulterà meno favorita. Dal momento che il catodo è in genere la zona dove è maggiore la quantità di O2 questa è la zona dove si ha il maggior deposito di ruggine. Per prevenire la ruggine si può coprire il ferro con una patina di un altro materiale che ne previene la corrosione, un esempio è il ferro galvanizzato, che è ferro ricoperto da un sottile strato di zinco. Guardando i potenziali dello zinco e del ferro (Fe = -0,44 V; Zn= -0,76 V) si vede che lo zinco è più facile da ossidare di Fe dunque lo zinco si comporta da anodo e viene ossidato al posto del ferro. Un altro tipo di protezione viene detta protezione catodica. Questo avviene rendendo il metallo il catodo di una cella elettrochimica. Il metallo che viene ossidato mentre protegge il catodo è detto anodo sacrificale. Ad esempio per i condotti pezzi di magnesio sono disposti e collegati al tubo principale. 32 ACCUMULATORE O BATTERIE AL PIOMBO Una batteria da 12 V per un autoveicolo è composto da 6 celle galvaniche poste in serie. Il catodo di ogni cella è costituito da biossido di piombo (PbO2) pressato su una griglia metallica. L’anodo di ogni cella è costituito da piombo. Entrambi gli elettrodi sono immersi in acido solforico (H2SO4). Il potenziale standard di cella è di +2,04 V I reagenti Pb e PbO2 funzionano da elettrodi e poiché sono solidi non c’è bisogno di separare la cella nel comparto anodico e catodico. Oltre a ciò essendo solidi possono essere esclusi dal quoziente di reazione, dunque non cambiando le concentrazioni si ha un potenziale costante lungo la scarica. Un altro vantaggio di questa batteria è che può essere ricaricata attraverso dell’energia esterna si inverte la direzione della cella producendo Pb e PbO2 sottoforma di granelli che si attaccano alle pareti del catodo e dell’anodo. Quando funziona da pila, in scarica quindi, la batteria forma ad entrambi gli elettrodi PbSO4. Ogni elemento dell’accumulatore produce una fem di 2.04 V. L’elettrolisi, ricarica voluta cioè riformazione di Pb e PbO2, avviene a circa 2.2 V. Durante la ricarica, non si verifica l’elettrolisi dell’acqua, perché sui materiali elettrodici impiegati essa avviene a 2.2 V e non a 1.23 V , a causa di sovratensioni cinetiche di idrogeno e ossigeno dovute al loro adsorbimento sugli elettrodi, legame fisico simile al fenomeno descritto per i catalizzatori eterogenei. La sovratensione vale circa 1 V, e serve per vincere l’interazione di H2 e O2 con gli elettrodi. Processi industriali L’altoforno è un impianto utilizzato dall’industria siderurgica per produrre ghisa a partire dal minerale ferroso. Visto che il ferro non si trova allo stato puro in natura si ottiene a partire dai suoi ossidi. FeO e Fe2O3. Questi si ottengono a partire da FeS tramite l’ossidoriduzione con O2. FeS + O2 FeO + SO2 ; FeO + CO Fe + CO2 ; Fe2O3 + 3CO 2Fe + 3CO2. Per far si che avvenga la reazione è necessario che nei reagenti compaia CO che può essere ottenuto tramite 2 processi: C + 1/2O2 CO; CO2 + C 2CO. Facendo lo studio termodinamico della reazione vediamo che la produzione di CO è più spontanea della produzione di CO2 al di sopra di una certa temperatura Tx, dunque l’altoforno si porterà ad un a temperatura superiore a Tx. Negli altoforni c’è uno strato inferiore di carbone attraverso il quale viene fatta passare aria calda a temperature superiori i 700 C ed otteniamo CO gas. Poi salendo verso l’alto si ha la formazione della CO2 e di ferro metallico. Le temperature all’interno dell’altoforno sono tali che il materiale che si forma è ferro fuso che va verso il basso e viene espulso attraverso una tramoggia di scarico. Nell’uscire il ferro passa attraverso il carbone dunque ciò che fuoriesce è ghisa, cioè ferro con un tenore di carbonio dell’ordine del 3,5 4,5 %. Infine per ottenere l’accaio bisogna diminuire il tenore di carbonio al di sotto del 1,8 %. H2SO4 è un processo che fa uso della catalisi omogenea, difatti viene utilizzato un catalizzatore omogeneo per la produzione di H2SO4. Parto dallo zolfo e lo faccio reagire con l’ossigeno: S + O2 SO2; SO2 + 1/2O2 SO3. Questa reazione è molto lenta quindi si usa un catalizzatore omogeneo che modifica il meccanismo della reazione velocizzandola e facendo si che lui rimanga intatto. NO + 1/2O2 NO2; SO2 + NO2 SO3 + NO; SO3 + H2O H2SO4 Per la produzione dell’alluminio si deve effettuare l’elettrolisi di Al2O3, però dobbiamo prima ottenerlo. In natura troviamo la bauxite che contiene il 60 % di Al(OH)3, ma contiene anche SiO2, Fe2O3, TiO2. Prima di tutto si prende la bauxite e la si lavora in condizioni drastiche: NaOH al 45 %, 250 C e 25 atm. Con questo trattamento basico estremo l’idrossido di alluminio, che è un anfotero, si comporta da acido e forma l’alluminato di sodio. Al(OH)3 + OH- Al(OH)4- + Na+; SiO2 + 2 OH- SiO3-- + H2O. questi due in soluzione. Nella soluzione c’è ancora un 10% di silicio. Esso si elimina grazie al silico alluminato ottenuto per raffreddamento. Dunque adesso abbiamo una soluzione basica che contiene solo alluminato di sodio. Raffreddando ancora e per precipitazione abbiamo la formazione di un solido. Infine dobbiamo scaldare tutto per eliminare l’acqua: 2 Al(OH)3 Al2O3 + 3 H2O. infine effettuiamo l’elettrolisi del fuso: Al2O3 2Al + 3/2 O2 Ammoniaca: N e H reagiscono in rapporto 1:3 a temperatura ottimale tra i 350-550 C a una pressione ottimale di 150 – 320 atm utilizzando la magnetite quale promotore della catalisi eterogenea. La reazione consiste in un equilibrio chimico in fase gassosa: 3H2 + N2 2NH3 + calore. Facendo lo studio termodinamico della reazione vediamo che βS <0 e βH <0 dunque la reazione è spontanea solo a basse temperature. La reazione a 25 C è spontanea ma è molto lenta dunque dobiamo alzare la temperatura per far si che la reazione si velocizzi. A questo punto la K scende di molto, dunque la reazione è spostata verso sinistra, ma noi vogliamo il contrario. Per far si che ciò avvenga si usa il catalizzatore eterogeneo Fe (magnetite) Fe3O4 + 4H2 3Fe + 4 H2O. attraverso il processo di adsorbimento si ha la rottura dei legami di N2 e H2. N2(g) β 2Nads; H2(g) β 2Hads; Nads + Hads β NHads; NH3ads β NH3(g). Quando ottengo NH3 lo estraggo attraverso uno scambiatore di calore. La temperatura scende e siccome NH3 è una sostanza polare è la prima che si liquefa e viene raccolta nel condensatore e nella cisterna. Per quanto riguarda le pressioni si utilizza il principio di Le Chatelier, cioè quando si toglie NH3 gas per ricavare NH3 liquida, la reazione continua a lavorare per ottenere NH3 gas e ristabilire l’equilibrio. infine si hanno pressioni elevate poiché così per il principio di Le Chatelier la reazione è spostata verso i prodotti.