Le vie metaboliche - Liceo Classico Scientifico XXV Aprile

Le vie metaboliche
Il metabolismo comprende tutte le trasformazioni chimiche nel corso delle quali le biomolecole vengono continuamente degradate o sintetizzate. Esso svolge tre funzioni principali:
 produce energia attraverso la degradazione delle sostanze nutrienti (le molecole complesse assunte con l’alimentazione o immagazzinate come riserva vengono demolite fino
ad ottenere prodotti di rifiuto e ricavare energia);
 converte i nutrienti in molecole utili per la cellula (dai nutrienti le cellule possono ottenere altre sostanze utili attraverso processi di trasformazione);
 sintetizza macromolecole a partire da precursori semplici (proteine, carboidrati e lipidi
complessi vengono sintetizzati a partire da molecole semplici con processi che richiedono energia).
Da tutto ciò emerge un quadro apparentemente caotico di reazioni, ma il metabolismo è tutt’altro che
caotico non solo perché è, come abbiamo visto, costantemente regolato, ma soprattutto perché le trasformazioni non procedono a caso: è possibile infatti delineare precise vie metaboliche che seguono un corso ben
preciso. Esistono moltissime vie metaboliche, tutte intersecate tra loro, ma qui ci occuperemo solo di quelle
che interessano le più importanti biomolecole.
Tutte le vie cataboliche confluiscono verso quello che viene definito il metabolismo terminale, ovvero una serie di reazioni cicliche che si svolgono dentro i mitocondri (nelle cellule eucariote) o in prossimità
della membrana plasmatica (nelle cellule procariote). Anche tutte le vie anaboliche hanno il loro punto di
partenza dal metabolismo terminale e per questo esso viene spesso chiamato anche area centrale del metabolismo. Qui viene prodotta la maggior parte dell’ATP necessaria per le attività cellulari. Viene detto terminale perché, data la grande disponibilità di ossigeno nell’atmosfera, la maggior parte degli atomi raggiunge il
suo minimo valore energetico quando è legato all’ossigeno, per cui i prodotti finali del metabolismo sono
fondamentalmente rappresentati da CO2 e H2O e poiché il legame con l’ossigeno è un’ossidazione, si parla di
metabolismo ossidativo.
METABOLISMO GLUCIDICO
Il metabolismo glucidico è l’insieme delle vie metaboliche in cui sono coinvolti gli zuccheri. Tra i
vari zuccheri uno è particolarmente importante: il glucosio. Tutto il metabolismo glucidico sembra ruotare
intorno ad esso e vi sono addirittura organi che dipendono solo dal glucosio per il proprio fabbisogno energetico. Perché il glucosio abbia un ruolo così centrale non è molto chiaro, non ci sono particolari motivazione
di ordine chimico o fisico, molto probabilmente è frutto del caso: nell’ambiente in cui si è inizialmente sviluppata la vita e sono comparse le prime cellule, forse questo zucchero era più abbondante rispetto ad altri.
1. GLICOLISI
La glicolisi è la più importante via metabolica attraverso cui la maggior parte degli organismi ossida
il glucosio per trarne energia. La glicolisi è però un’ossidazione incompleta: da una molecola con sei atomi
di carbonio (il glucosio) si ottengono due molecole con tre atomi di carbonio ciascuna (l’acido piruvico o piruvato). Il processo utilizza due molecole di NAD+, riducendole, e fornisce l’energia necessaria per formare
due molecole di ATP. Si tratta quindi di un processo complessivamente esoergonico che può essere riassunto
nella seguente equazione netta:
C6H12O6 + 2ADP + 2NAD+ → 2C3H4O3 + 2ATP + 2NADH + 2H+
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La glicolisi si svolge nel citoplasma ed ha una resa energetica assai limitata, corrispondente solo al
6% circa dell’energia ricavabile da una molecola di glucosio. Essa procede per tappe e comprende dieci diverse reazioni. Osservando l’intera sequenza è possibile individuare due fasi ben distinte: durante la prima,
detta fase di preparazione, viene consumata energia sotto forma di ATP; mentre nella seconda, chiamata
fase di recupero energetico, vengono prodotti ATP e coenzimi ridotti.
Nella prima fase vengono utilizzate due molecole di ATP per aggiungere due gruppi fosfato al glucosio, in modo da rendere più reattiva la molecola (vedi il meccanismo delle reazioni accoppiate). In seguito
il glucosio si scinde in due molecole a tre atomi di carbonio, la 3-fosfogliceraldeide (G3P). La seconda fase
coinvolge le due molecole di G3P, per cui è come se avvenisse due volte. Il processo è, nel complesso,
esoergonico: l’energia liberata viene utilizzata per produrre 4 molecole di ATP e per ridurre 2 molecole di
NAD+. Al termine abbiamo la trasformazione della G3P in piruvato e il guadagno netto di 2 molecole di
ATP (dalle quattro prodotte vanno infatti sottratte le due molecole utilizzate nella fase di preparazione). La
riduzione del NAD+ rappresenta un passaggio cruciale. Nella cellula, infatti, la disponibilità di questo coenzima non è molto elevata e, per continuare ad effettuare la glicolisi, è quindi necessario riossidare continuamente il NADH+H+. Normalmente quest’ultimo viene trasferito nel mitocondrio, dove il metabolismo terminale lo riossida a NAD+, ma perché ciò avvenga è necessaria la disponibilità di O2. In mancanza di ossigeno
la riossidazione avviene a carico dello stesso piruvato, attraverso la fermentazione.
2. FERMENTAZIONE
Attraverso la fermentazione i due elettroni del NADH+H+ vengono
presi dall’acido piruvico che quindi si riduce, permettendo così l’ossidazione
del coenzima. La riduzione del piruvato porta alla formazione di composti
diversi a seconda dell’organismo in cui si verifica: alcool etilico, acido lattico, acido -idrossibutirrico e altri ancora. Si hanno quindi diversi tipi di
fermentazione: alcolica, lattica, butirrica…
La fermentazione lattica e la fermentazione alcolica hanno grande
importanza industriale: sono alla base della produzione delle bevande alcoliche, dello yogurt e della panificazione. Richiedono la presenza di lieviti e batteri in
grado di utilizzare il glucosio presente nel
mosto, nel latte o nella farina per compiere i
processi fermentativi grazie ai quali vengono prodotti etanolo e CO2, indispensabili
per la lievitazione del pane, oppure acido
lattico, che acidificando il latte lo trasforma
in yogurt. Qualcosa di analogo, però, avviene anche nel nostro organismo.
Alcune cellule, come quelle muscolari, a volte compiono un lavoro così intenso da non ricevere sufficienti quantità di ossigeno dal sangue. In tali condizioni queste cellule producono acido lattico. Questo acido è il responsabile dell’indolenzimento muscolare al termine di uno sforzo molto intenso;
esso non viene tuttavia eliminato come sostanza di rifiuto, ma è recuperato
dal fegato che lo trasforma nuovamente in glucosio.
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3. VIA DEI PENTOSO FOSFATI
Parallela alla glicolisi e alle fermentazioni è la via dei pentoso fosfati. Questa via non ha solo la funzione di utilizzare i pentosi per la produzione di energia, ma ha soprattutto quella di generare pentosi utili alla cellula (in particolare il ribosio) e il NADP+. Il ribosio è fondamentale per la costituzione dell’RNA ed è il
punto di partenza per produzione del desossiribosio, lo zucchero del DNA. Il NADP+ è invece un coenzima
alternativo al NAD+ ed è indispensabile per la sintesi di acidi grassi e colesterolo nel fegato.
4. GLUCONEOGENESI
Il glucosio è prezioso per tutti i tessuti ma in particolare lo è per il cervello, che è capace di utilizzare
poche altre molecole come fonte di energia. In condizioni di digiuno prolungato, quando manca l’apporto del
glucosio alimentare, il fegato è in grado di produrlo attraverso la gluconeogenesi a partire sia dall’acido lattico che dagli amminoacidi.
La gluconeogenesi potrebbe a prima vista essere interpretata come la glicolisi svolta a ritroso. In
realtà, sebbene molte reazioni delle due vie metaboliche siano identiche, esistono differenze. Le più importanti è che il piruvato passa all’interno del mitocondrio dove viene carbossilato (addizione di CO2) e trasformato in G3P con consumo di una molecola di GTP (analogo dell’ATP). Da qui in poi la gluconeogenesi ripercorre a ritroso le tappe della glicolisi fino alla formazione di glucosio-6-fosfato. Quest’ultimo viene trasformato in glucosio da un enzima presente esclusivamente nelle cellule del fegato e in quelle renali che, pertanto, sono le uniche che possono distribuire glucosio al resto dell’organismo. Da un punto di vista energetico, la sintesi di una molecola di glucosio a partire da due molecole di piruvato costa complessivamente sei
molecole energetiche: quattro di ATP e due di GTP.
5. GLICOGENOSINTESI E GLICOGENOLISI
Il glicogeno è il polisaccaride di riserva negli animali e si trova localizzato prevalentemente nel fegato e nei muscoli. Le riserve di glicogeno assicurano all’organismo un continuo rifornimento di glucosio e
permettono il mantenimento della glicemia entro valori normali anche in condizioni di digiuno. Esso viene
infatti sintetizzato dopo i pasti e degradato in corso di digiuno. La biosintesi del glicogeno, detta glicogenosintesi, è una via metabolica che si svolge sia nel fegato che nel muscolo ed è stimolata dall’ormone insulina.
Ha inizio con l’isomerizzazione del glucosio-6-fosfato in glucosio-1-fosfato. Poi, per poter formare il glicogeno, il glucosio-1-fosfato deve essere attivato a UDP-glucosio con l’intervento di una molecola di UTP
(analogo dell’ATP). In questo caso si perde il fosfato e la parte uridilica si lega al glucosio. I legami α-1,6glicosidici che costituiscono le ramificazioni del glicogeno si formano con l’intervento di un enzima ramificante. Le ramificazioni sono importanti perché servono a rendere il glicogeno più solubile, piùcompatto e facilmente aggredibile dagli enzimi che ne catalizzano la degradazione. La demolizione del glicogeno, detta
glicogenolisi, si svolge anch’essa nel fegato e nel muscolo ed è stimolata dall’ormone glucagone; consiste
nel distacco progressivo di molecole di glucosio-1-fosfato a partire dall’estremità con il carbonio 4 libero. Le
ramificazioni vengono demolite dall’enzima deramificante.
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METABOLISMO LIPIDICO
Il metabolismo lipidico ha un’importanza fondamentale da un punto di vista energetico solo da un
punto di vista quantitativo: i lipidi, infatti, a parità di peso forniscono molta più energia di qualunque altra
biomolecola. Da un punto di vista quantitativo, però, i grassi forniscono all’organismo solo il 25% circa delle
calorie necessarie giornalmente (i carboidrati circa il 60% ed il resto viene dalle proteine e da altre biomolecole), ma costituiscono la principale riserva energetica della maggior parte degli animali. Il motivo è la loro
insolubilità in acqua: dato che il citoplasma è prevalentemente acquoso, far reagire i lipidi non è un’impresa
semplice. Tuttavia per molti organi e tessuti (come cuore, fegato e muscoli), gli acidi grassi rappresentano, di
norma, la fonte primaria di energia.
Prima di vedere come avviene il metabolismo lipidico è necessario fare alcune considerazioni su
come vengono trasportati i grassi nell’organismo. Dopo che sono stati assorbiti a livello della mucosa intestinale, i lipidi vengono immessi in circolo contenuti nei chilomicroni, particelle costituite da lipidi e proteine la cui funzione è proprio quella di veicolarli nel sangue. I grassi dei chilomicroni sono poi distribuiti ai
tessuti che possono utilizzarli a scopo energetico oppure immagazzinarli come riserva. Il fegato, inoltre, è in
grado di convertire in grassi la maggior parte delle biomolecole introdotte con l’alimentazione, in particolare
i carboidrati. I trigliceridi prodotti dal fegato sono veicolati insieme al colesterolo per mezzo di lipoproteine
dette VLDL (Very Low Density Lipoproteins). Una volta che hanno ceduto gran parte della loro quota di
trigliceridi, le VLDL si trasformano in LDL (Low Density Lipoproteins) in cui il colesterolo rappresenta una
parte rilevante. Le LDL forniscono alle cellule il colesterolo di cui hanno bisogno per la produzione delle
membrane e così facendo diventano HDL (High Density Lipoproteins) che verranno poi eliminate con la bile1. Il catabolismo dei lipidi è stimolato dal glucagone ed inibito dall’insulina, il contrario per quanto riguarda l’anabolismo. Questi due ormoni hanno infatti attività antagoniste nel metabolismo glucidico e lipidico.
1. -OSSIDAZIONE
L’idrolisi dei trigliceridi produce glicerolo e acidi
grassi. Il glicerolo viene trasformato in G3P e immesso
nella glicolisi. Gli acidi grassi invece entrano nei mitocondri e vanno incontro ad una via ossidativa chiamata βossidazione. Questa consiste in una demolizione degli
acidi grassi in numerosi frammenti di due atomi di carbonio ciascuno che, uniti al coenzima A, formano l’acetilCoA. La β-ossidazione si può svolgere in quasi tutte le
cellule del corpo umano: soltanto i globuli rossi, privi di
mitocondri, e le cellule del cervello non sono in grado di
utilizzare gli acidi grassi. Per
ogni molecola di acetil-CoA
prodotta si produce anche una molecola di NADH+H+ e una di FADH2. Nel caso
dell’acido palmitico, per esempio, uno degli acidi grassi più abbondanti, costituito
da 16 atomi di carbonio, occorrono sette cicli con produzione finale di 8 acetilCoA, 7 FADH2 e 7 NADH+H+. L’acetil-CoA è destinato a essere ulteriormente ossidato nel metabolismo terminale, ed anche i coenzimi ridotti verranno riossidati
nel corso del metabolismo terminale.
2. CHETOGENESI
Nel fegato una piccola quantità di acetil-CoA viene utilizzata per generare i cosiddetti corpi chetonici: l’acido acetoacetico, l’acido β-idrossibutirrico e l’acetone. Questi composti vengono immessi in circolo e
utilizzati in particolare dalle cellule del miocardio, del muscolo scheletrico e del cervello come fonte energe1. Il colesterolo legato alle HDL, detto “colesterolo buono”, rappresenta un fattore protettivo nei confronti di malattie
come l’ictus e l’infarto del miocardio.
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tica. L’importanza dei corpi chetonici diviene evidente nel digiuno protratto, quando il cervello, non avendo
glucosio da poter utilizzare, si adatta a utilizzare gli acidi grassi attraverso la chetogenesi. La produzione di
corpi chetonici aumenta considerevolmente in condizioni di febbre elevata, soprattutto nei bambini, e nel
diabete mellito e ciò può condurre a una situazione di chetoacidosi2, potenzialmente pericolosa per la vita.
3. LIPOGENESI
Il fegato, come abbiamo visto, è in grado di convertire numerose sostanze in grassi. Ciò avviene grazie ad una via metabolica che si svolge quando l’organismo è in condizioni di elevata disponibilità energetica, per esempio dopo pasti abbondanti. La biosintesi degli acidi grassi necessita di acetil-CoA, e di
NADPH+H+. In pratica molecole di acetil-CoA si aggiungono progressivamente l’una all’altra per generare
la catena idrocarburica satura, in genere l’acido palmitico, che rappresenta il prodotto finale.
La produzione di acidi grassi saturi insaturi si svolge a partire dall’acido palmitico grazie all’azione
di enzimi del reticolo endoplasmatico liscio. Questi enzimi sono in grado di introdurre doppi legami praticamente in ogni punto della catena ad eccezione delle posizione ω-3 e ω-6 (terz’ultimo e sest’ultimo carbonio).
Sia gli acidi grassi ω-3 che gli ω-6 sono importanti componenti delle membrane cellulari
e precursori di molte altre sostanze dell’organismo, come quelle coinvolte nella regolazione della pressione sanguigna e nelle risposte
infiammatorie; gli ω-3 sono inoltre considerati
fattori di protezione nelle malattie cardiache.
Poiché l’organismo non riesce a produrli da
solo, questi acidi grassi devono essere apportati dalla dieta e per questo vengono detti
“acidi grassi essenziali”.
4. COLESTEROLOGENESI
Le cellule del fegato hanno anche la funzione di sintetizzare il colesterolo: pure in questo caso è necessaria la presenza di acetil-CoA e NADPH+H+. Si tratta di un processo lungo e complesso che passa attraverso la formazione di numerosi intermedi il più importante dei quali è lo squalene, una molecola costituita
da ben 30 atomi di carbonio. La maggior parte del colesterolo viene però assunto con l’alimentazione. Se a
ciò aggiungiamo il fatto che non esistono vie cataboliche a carico di questa sostanza, la quale viene eliminata
soltanto attraverso la bile, risulta evidente che la sintesi del colesterolo debba essere monitorata con estrema
attenzione. Questo si realizza attraverso il controllo di un enzima chiave, la cui attività è inibita da concentrazioni elevate di colesterolo. Normalmente i sistemi di regolazione sono sufficienti a mantenere sotto controllo la concentrazione di colesterolo nel sangue (i valori di colesterolemia sono nella norma fino a 220
mg/100 mL). In alcuni casi, tuttavia, la colesterolemia aumenta oltre misura determinando ipercolesterolemia, uno dei più importanti fattori di rischio per l’aterosclerosi e le malattie cardiovascolari.
2. La chetoacidosi provoca vomito, disidratazione, poliuria (minzione frequente e copiosa), polidipsia (sete intensa),
ipotensione, aritmie, respiro profondo ed ansimante, sonnolenza e stato confusionale fino al coma.
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METABOLISMO PROTEICO
A differenza del glucosio e degli acidi grassi, che contengono solo carbonio, idrogeno e ossigeno,
questi composti presentano anche azoto. Il catabolismo degli amminoacidi produce quindi, oltre ad intermedi
utilizzabili nel metabolismo terminale, anche composti azotati che devono essere eliminati. Nell’uomo il catabolismo degli amminoacidi fornisce solo il 15% dell’energia necessaria e si attiva solo in presenza di un
eccesso di proteine nella dieta o nei periodi di digiuno prolungato. L’uso ridotto degli amminoacidi come
fonte di energia si spiega col fatto che essi sono prevalentemente utilizzati per il turnover delle proteine.
Il primo passo per l’utilizzo di un amminoacido è la perdita del gruppo amminico. Ciò si ottiene dalla combinazione di due processi: la transaminazione e la deaminazione ossidativa. La transaminazione è il
trasferimento del gruppo amminico da un amminoacido ad un chetoacido. Gli enzimi che catalizzano il trasferimento sono le transaminasi e il più comune chetoacido accettore è l’α-chetoglutarato, che si trasforma
in glutammato. La successiva deaminazione ossidativa del glutammato determina la liberazione dell’azoto
sotto forma di ione ammonio, NH4+. È necessario che questo ione, assai tossico, venga continuamente allontanato. L’eliminazione prevede strategie diverse: si hanno animali ammoniotelici, uricotelici o ureotelici:
 gli organismi ammoniotelici (pesci e altri animali acquatici) eliminano l’azoto direttamente come ammonio, diluendolo nell’ambiente acquoso in cui vivono;
 gli organismi uricotelici (uccelli e rettili) trasformano l’ammonio in acido urico che viene poi eliminato sotto forma di composto denso e pastoso, ciò consente di risparmiare
acqua e di mantenersi leggeri;
 gli animali organismi ureotelici (mammiferi e anfibi) eliminano l’ammonio sotto forma
di urea, meno tossica dell’ammoniaca ma la cui escrezione richiede l’eliminazione di rilevanti quantità di acqua. La trasformazione dell’ammonio in urea avviene attraverso una
serie ciclica di reazioni (ciclo dell’urea) e richiede due molecole di ATP.
L’urea prodotta dal fegato è immessa in circolo ed eliminata per via urinaria. Con le urine, però,
l’uomo (e in generale quasi tutti i mammiferi) eliminano anche una certa quantità di acido urico, derivante
dai processi catabolici che coinvolgono le basi azotate degli acidi nucleici. Se il livello di acido urico nel
sangue sale a livelli elevati (iperuricemia) può manifestarsi la gotta, una malattia di natura infiammatoria che
colpisce articolazioni e reni a causa del deposito di cristalli insolubili di urato di sodio.
Gli amminoacidi deaminati vengono utilizzati per la produzione di sostanze utili all’organismo come
gli ormoni tiroidei, l’istamina (una molecola implicata nei fenomeni allergici e infiammatori) e la fosfocreatina (una sostanza contenuta nelle cellule muscolari con funzioni di riserva energetica) oppure convogliati
nel metabolismo terminale.
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METABOLISMO TERMINALE
L’insieme delle reazioni a carattere ossidativo che si svolgono nei mitocondri e che costituiscono il
principale meccanismo per la produzione di energia prende il nome di metabolismo terminale. Esso comprende tre vie metaboliche: le prime due, la decarbossilazione ossidativa del piruvato e il ciclo di Krebs,
avvengono nella matrice mitocondriale; la terza, la catena di trasporto degli elettroni, avviene sulla membrana mitocondriale interna. Grazie a quest’ultima avviene la fosforilazione dell’ADP per mezzo dell’ossigeno: fosforilazione ossidativa.
1. DECARBOSSILAZIONE OSSIDATIVA
Il processo inizia con l’ingresso del piruvato nei mitocondri grazie a uno specifico trasportatore. Una
volta entrato, il piruvato subisce la decarbossilazione ossidativa catalizzata da un complesso multienzimatico
chiamato piruvato deidrogenasi costituito da tre diversi enzimi e ben cinque coenzimi. La reazione è irreversibile3 e produce una molecola di acetil-CoA, una molecola di NADH+H+ e una molecola di CO2. Il destino dell’acetil-CoA prodotto è di entrare nel ciclo di Krebs per essere ulteriormente ossidato.
Attraverso la reazione di decarbossilazione ossidativa, l’acetil-CoA diventa il punto di convergenza
del catabolismo delle principali biomolecole:
2. CICLO DI KREBS
Il nome di ciclo dell’acido citrico, detto anche ciclo di Krebs dal nome di uno dei suoi scopritori, è
una via metabolica ciclica nel corso della quale l’acetil-CoA viene completamente ossidato a CO2 con liberazione del CoA e la formazione di una molecola di GTP, tre di NADH+H+ e una di FADH2. Il GTP cede un
fosfato all’ADP formando così una molecola di ATP.
Il ciclo ha un ruolo anfibolico, ovvero ha aspetti sia del catabolismo che dell’anabolismo perché, oltre a rappresentare la via terminale del metabolismo ossidativo, fornisce una serie di intermedi che fungono
da precursori per diverse vie anaboliche. Nelle fegato, per esempio, il ciclo può essere utilizzato per la gluconeogenesi o la biosintesi degli acidi grassi; anche molti amminoacidi possono derivare direttamente o indirettamente dagli intermedi del ciclo di Krebs. Il buon funzionamento del ciclo dipende sostanzialmente dalla
disponibilità di ossigeno. Se quest’ultimo non è disponibile oppure non è necessario sintetizzare ATP, il ciclo
viene bloccato e non vengono consumati composti fondamentali. L’ossigeno riveste un ruolo indiretto, ma
cruciale. È infatti necessaria la sua presenza per attivare la catena di trasferimento elettronico, in grado di rigenerare i coenzimi ossidati prodotti.
3. L’irreversibilità della reazione è il motivo per cui non è possibile trasformare i grassi in carboidrati. Solo gli amminoacidi, quindi, e non i grassi, possono essere convertiti in carboidrati nei periodi di digiuno per il mantenimento dei
corretti valori di glicemia.
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3. CATENA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI
I vari processi ossidativi finora considerati sono tutti accompagnati dalla produzione di NADH+H+ e
FADH2, che trasportano gli elettroni acquisiti dall’ossidazione. È quindi necessario che questi coenzimi ridotti tornino a essere disponibili nella loro forma ossidata (NAD+ e FAD) e, per fare questo, essi trasferiscono gli elettroni all’ossigeno attraverso una serie di reazioni cui partecipano complessi molecolari della membrana mitocondriale interna (catena di trasporto degli elettroni o catena respiratoria). L’energia che si libera in questi trasferimenti di elettroni viene utilizzata per la biosintesi della maggior parte dell’ATP prodotto
dalla cellula (fosforilazione ossidativa). L’insieme di tutti i processi ossidativi e del sistema di produzione
dell’ATP viene comunemente indicato con il termine di respirazione cellulare.
Consideriamo un’ipotetica reazione in cui il NADH+H+ cede direttamente all’ossigeno i suoi elettroni. Dal punto di vista energetico questa reazione ha un ∆G pari a −220,6 kJ/mol, ossia libera un notevole
quantitativo di energia; se si pensa che l’idrolisi dell’ATP ha un ∆G di −30,5 kJ/mol, è facile comprendere
come il trasferimento di elettroni dal NAD ridotto all’ossigeno abbia enormi potenzialità dal punto di vista
energetico: il trasferimento di due elettroni potrebbe produrre ben otto molecole di ATP! Nelle cellule, però,
il processo non si svolge attraverso un’unica reazione; se così fosse, l’energia rilasciata sarebbe completamente dispersa come calore e non potrebbe essere utilizzata. Invece, procedendo per tappe, è possibile che
circa il 40% di tale energia possa essere immagazzinata sotto forma di ATP. Questo compito è svolto dalla
catena di trasporto degli elettroni: essa li trasferisce in modo graduale all’ossigeno, che è l’accettore finale,
attraverso una serie di reazioni redox che coinvolgono numerosi trasportatori. Ogni volta che un trasportatore
riceve elettroni si riduce per riossidarsi immediatamente dopo cedendo gli stessi elettroni a un altro trasportatore e così via. I trasportatori in questione possono essere classificati in 4 tipi diversi, detti semplicemente
complesso I, complesso II, complesso III e complesso IV. Oltre ai complessi ricordati, troviamo anche il
coenzima Q (l’ubichinone) e i citocromi, proteine contenenti il gruppo eme in cui il ferro può ridursi e ossidarsi reversibilmente.
Il percorso, molto schematicamente, è il seguente: gli elettroni dal NADH+H+ passano al complesso
I, da qui al coenzima Q e quindi al complesso III per poi giungere, attraverso il citocromo C, al complesso
IV. Quest’ultimo, infine, cede
gli elettroni all’ossigeno che,
insieme a ioni idrogeno, forma
molecole di acqua. Il coenzima
Q può ricevere gli elettroni anche dal FADH2 attraverso il
complesso II, saltando il complesso I. Il trasferimento degli
elettroni è accompagnato da un
simultaneo trasferimento di ioni
H+ dalla matrice mitocondriale
allo spazio intermembrana. Ciò
determina un accumulo di idrogenioni che genera un gradiente
elettrochimico alla base della
fosforilazione ossidativa.
4. FOSFORILAZIONE OSSIDATIVA
Il meccanismo attraverso cui l’energia liberata nel trasferimento degli elettroni lungo la catena respiratoria viene utilizzata per sintetizzare ATP è noto come fosforilazione ossidativa. Nel 1961 il biochimico
inglese Peter Mitchell formulò la teoria chemiosmotica per spiegare in che modo potesse avvenire.
L’energia potenziale del gradiente elettrochimico generato dal trasferimento di H+ viene utilizzata da un
complesso proteico, detto ATP sintetasi, per la sintesi di ATP. In questo complesso si possono identificare
due porzioni: una testa rotondeggiante, contenente il sito attivo di formazione dell’ATP, e un rotore, in contatto con la testa e ancorato alla membrana mitocondriale interna che funge da canale per gli ioni H+. Spinti
dal gradiente elettrochimico gli ioni H+ dallo spazio intermembrana ritornano verso la matrice attraversando
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l’ATP sintetasi. Il passaggio degli ioni induce la rotazione
del rotore la quale determina una serie di eventi molecolari
che portano alla sintesi di ATP. La cessione di due elettroni
dal NADH+H+ alla catena respiratoria determina la sintesi di
2,5 molecole di ATP; se invece si inizia dal FADH2 si ha la
sintesi di sole 1,5 molecole di ATP viene infatti saltato il
passaggio attraverso il complesso I).
Possiamo adesso passare ad un bilancio complessivo
delle due principali vie metaboliche energetiche. Per quanto
riguarda il metabolismo glucidico, la completa ossidazione di
una molecola di glucosio, oltre alle 2 molecole di ATP e alle
2 molecole di GTP prodotte, rispettivamente, nella glicolisi e
nel ciclo dell’acido citrico, genera 10 ulteriori molecole di
NADH+H+ e 2 di FADH2 che entrano nella catena respiratoria: nel complesso si producono quindi 32 molecole di ATP. Nel metabolismo lipidico, le cose sono un po’
più complicate perché non c’è una precisa molecola di riferimento. Consideriamo che attraverso la β-ossidazione si formano, ogni due atomi di carbonio, una molecola di acetil-CoA, una di NADH+H+ e una di
FADH2; l’acetil-CoA viene ossidato nel ciclo di Krebs con produzione di una molecola di ATP, tre di
NADH+H+ e una di FADH2. Se prendiamo ad esempio l’acido palmitico, che ha 16 atomi di carbonio, ci
troveremo alla fine con: 8 acetil-CoA, 7 FADH2 e 7 NADH+H+. Dagli 8 acetil-CoA si ottengono 8 GTP, 24
NADH+H+ e 8 di FADH2. Ora i 31 NADH+H+, attraverso la catena di trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa, generano 77,5 molecole di ATP, mentre i 15 FADH2 ne generano 22,5. Il totale in termini
di ATP è quindi: 8 + 77,5 + 22,5 = 108.
FOTOSINTESI
Gli organismi autotrofi come le piante sono in grado di convertire parte dell’energia luminosa in
energia chimica sotto forma di molecole di glucosio. Tale processo, noto come fotosintesi, può essere riassunto dalla reazione:
luce + 6CO2 + 6H2O → C6H12O6 + 6O2.
Questa via metabolica avviene attraverso due diverse serie di reazioni che si svolgono in parti diverse dei cloroplasti. Le reazioni della fase luminosa si svolgono sulla superficie dei tilacoidi grazie alla presenza di pigmenti fotosintetici come
la clorofilla, mentre la fase oscura si
svolge nello stroma4.
La prima fase richiede la presenza di clorofilla e l’intervento della
luce, ed ha lo scopo di convertire
l’energia luminosa in energia chimica. La clorofilla è organizzata in
complessi detti fotosistemi, costituiti
da molte molecole di clorofilla che
fungono da “antenne” per l’assorbimento della luce. L’energia luminosa
assorbita da una di queste antenne
viene trasmessa al centro del fotosistema, dove si trova un tipo particolare di clorofilla detto “centro di rea-
4. Fase luminosa e fase oscura non significa che tali reazioni avvengano di giorno o di notte, ma fanno riferimento al
coinvolgimento o meno della luce nel loro svolgimento.
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zione”. Esistono due diversi fotosistemi: il fotosistema I, al cui centro si trova la molecola P700 (così chiamata perché il suo massimo di assorbimento è a 700 nanometri), e il fotosistema II al cui centro vi è una molecola di P680.
La luce viene inizialmente assorbita dal fotosistema II e ciò determina l’espulsione di due elettroni
dalla molecola di P680. Questi vengono subito catturati dal sistema di trasporto dei citocromi, mentre gli
elettroni di P680 vengono rimpiazzati da quelli provenienti dalla scissione dell’acqua in O2 e H+. Al termine
della catena di trasporto gli elettroni arrivano al fotosistema I che a sua volta ha assorbito un’ulteriore quantità di luce e, di conseguenza, ha anch’esso espulso due elettroni. Questi ultimi vengono catturati dal NADP+
(un coenzima identico al NAD+ ma con un gruppo fosfato). Il trasporto di elettroni dal fotosistema II al fotosistema I mette in moto un meccanismo di sintesi di ATP del tutto analogo a quello della fosforilazione ossidativa. L’energia luminosa ha quindi determinato la sintesi di ATP, la produzione di O2 e la formazione di
NADPH+H+.
Nella fase oscura avviene la riduzione di CO2 atmosferica a glucosio, con l’intervento del
NADPH+H+ e dell’ATP prodotti precedentemente. La riduzione avviene attraverso una sequenza di reazioni
detta ciclo di Calvin, dal nome del suo scopritore. Per poter essere ridotta la CO2 si combina con uno zucchero a cinque atomi di carbonio (ribulosio-1,5-disfosfato) che viene rigenerato al termine del ciclo.
L’enzima che catalizza questa fase, la ribulosio disfosfato carbossilasi o più semplicemente rubisco, è la proteina più abbondante della Terra: rappresenta fino al 50% delle proteine totali presenti nelle foglie delle piante. Sono necessari sei “giri” del ciclo di Calvin per ottenere una molecola di glucosio.
VIE METABOLICHE.DOCX
A. Belli