IL PICCOLO LUNEDÌ 6 LUGLIO 2015 Gliscienziati dell'istitutoMax Planckdi Lipsia hannosvelato che unSapiensvissuto 35milaannifain Romaniaaveva il trisnonno Neanderthal 22 scienza » la scoperta di CLAUDIO TUNIZ S eguendo i fatti di cronaca, e ascoltando certi talk show, continua a sobbollire la questione della "razza". A questo proposito, un sindaco del Nordest - ora diventato famoso - ha recentemente richiamato l'attenzione, in una trasmissione televisiva, sul pericolo che gli africani recentemente immigrati in Europa possano "bastardare" la razza autoctona (parole sue). Ovviamente l'affermazione ha suscitato un vespaio. E alcuni giovani afro-italiani hanno risposto che semmai dovrebbero essere loro a preoccuparsi di questo presunto imbastardimento. Eppure è ormai dimostrato che le razze non hanno alcun significato, dal punto di vista genetico, poiché sono state create a tavolino, qualche secolo fa, in base a caratteristiche somatiche del tutto arbitrarie (colore della pelle, forma degli occhi, etc.) che possono trarre in inganno se utilizzate per fare distinzioni attendibili fra gruppi di individui, o peggio ancora, per suggerire generalizzazioni dei loro comportamenti o attitudini, a partire da quelli riscontrati in alcuni di essi. È infatti possibile che ci sia meno differenza genetica fra due individui di "razze" diverse che fra due individui della stessa "razza". Ma tant'è. Se continuassimo ad accoppiarci fra simili (come aspetto esteriore) ostacolando ogni incrocio genetico che ci venisse naturale, finiremmo sicuramente come la razza chianina, o quella del pastore maremmano: saremmo ben identificabili, ma anche selezionati artificialmente. D'altra parte, se una certa selezione potrebbe avere senso per migliorare il gusto di una bistecca e aiutarci nell'allevamento degli ovini, qualcuno dovrebbe spiegarci con quali finalità dovremmo costruire a tavolino una razza di umani che si sono stabiliti in una qualche regione del pianeta. D'altra parte, non solo non esistono le razze, in natura, ma nemmeno gli autoctoni possono veramente chiamarsi tali. Tutti proveniamo, infatti, da qualche altro luogo. Basta andare abbastanza indietro nel tempo. Anche noi Sapiens europei, ad esempio, proveniamo dall'Africa. E appena giunti in Europa, circa 45.000 anni fa, non abbiamo esitato a "imbastardirci" con gli autoctoni, e cioè con i Neanderthal, i quali vivevano da oltre 200.000 anni su questo continente, e appartenevano addirittura a un'altra specie. Pur diluite nel tempo, tracce di questi incontri sono ancora oggi nei nostri geni, per circa il 2%. Non così negli attuali africani, che sono fra i pochi Sapiens ancora abbastanza "puri". Usare categorie come la "razza", oltre che sbagliato, può quindi rivelarsi un boomerang, per un europeo. Le razze non esistono siamo il frutto di unioni con altre specie umane In alto, un modello di uomo di Neanderthal in abiti moderni al Neanderthal Museum di Mettmann, in Germania. Questa specie di ominidi si estinse circa 40mila anni fa, ma ebbe il tempo di incrociarsi con la nostra specie. A fianco, Claudio Tuniz l’autore ❙❙ Una biografia non autorizzata dei nostri lontani antenati ClaudioTuniz,scienziato del Centro Internazionaledi FisicaTeorica Abdus SalamdiTrieste, Associatodel Centro FermidiRoma, HonoraryResearch Scientistdell'AustralianNuclear Science andTechnology Organisatione ProfessorialFellow del Centrefor ArchaeologicalScience, inAustralia.Ha pubblicato"Ilettori diOssa" (con Richard Gillespiee CherylJones, Springer2010)) "Lascienza delle nostreorigini"(con GiorgioManzi e DavidCaramelli,Laterza, 2013)e "L'atomo inquieto",(Carocci, 2014).Èda pocouscito per Carocci“Homo sapiens- Unabiografianon autorizzata”, che,basato sullepiù recenti scoperte scientifiche,raccontavita equotidianità deinostrilontani antenati. Ma restando sereni, e abbandonando i pregiudizi, come abbiamo fatto a incrociarci con i Neanderthal? E perché? Fino a tempi recenti essi erano dipinti come orrendi uomini pelosi e corpulenti, pronti a farci fuori. Grazie alle scoperte scientifiche degli ultimi anni questi pregiudizi stanno scemando. Sembra che anch'essi, come i nostri progenitori africani, fossero molto attenti al loro look. In siti archeologici del Veneto e del Friuli troviamo collane neandertaliane fatte di artigli d'aquila e penne colorate di vari uccelli non commestibili. Sappiamo anche che, come noi, si dipingevano il corpo. Ma essi con colori scuri, che risaltavano sulla loro pelle chiara, e noi con colori chiari, che risaltavano sulla nostra pelle (ancora) scura. Solo più tardi ci saremmo schiariti anche noi, per metabolizzare meglio la vitamina D, in condizioni di minore irraggiamento solare. I Neanderthal si vestivano con pelli di animali, opportunamente trattate per diventare impermeabili, una tecnica che noi Sapiens avremmo imparato da loro. Insomma, quando li incontravamo, nelle fredde steppe dell'Eurasia, potevamo scontrarci ma anche socializzare. Anche la curiosità, oltre che il gusto per le differenze, fa parte della nostra natura. Sembra che fossero soprattutto le donne Sapiens ad avere attrazione per questi uomini, anche se non è detto che tutti i rapporti sessuali dovessero essere consenzienti. D'altra parte questi incontri sono durati fino alle soglie dell'estinzione dei Neanderthal, avvenuta circa 40.000 anni fa. Gli scienziati dell'istituto Max Planck di Lipsia hanno appena eseguito l'analisi genetica di un Sapiens vissuto a quell'epoca in una regione dell'attuale Romania. Si scopre che il suo Dna deriva dai Neanderthal fra il 6 e il 9%. Questo significa che probabilmente aveva un trisnonno Neanderthal. Se quindi da un lato i Neanderthal puri si sono estinti, per una serie di ragioni ancora controverse, d'altra canto una parte di loro è stata trasmessa a noi Sapiens usciti dall'Africa. C'è perfino chi sostiene che sia stata proprio l'eccessiva purez- za dei Neanderthal a provocare, insieme ad altri elementi, la loro estinzione. Essi si sono infatti progressivamente isolati gli uni dagli altri, anche a causa del nostro arrivo, generando comunità sempre più piccole, che si sono viste costrette ad incroci genetici sempre più stretti fino ad arrivare ai consanguinei. E d'altra parte una certa attrazione vi è stata anche fra noi Sapiens e un'altra specie ormai estinta, recentemente scoperta in Siberia (che si era già incrociata a sua volta con i Neanderthal). Si tratta dell'uomo di Denisova, che in realtà è una donna. Anche con la sua specie abbiamo avuto incontri molto ravvicinati, di cui restano piccole tracce nei nostri geni. Per quanto riguarda noi Sapiens moderni, sia migranti che stanziali, sappiamo che ci siamo sempre incontrati e scontrati, per decine di millenni, generando prole che in parte restava e in parte continuava a migrare su tutto il pianeta, popolandolo per intero. Nel farlo abbiamo cambiato fisionomia, corporatura, e colore della pelle, generando specifici caratteri somatici soltanto quando siamo rimasti isolati a lungo gli uni dagli altri. Ma abbiamo continuato a "imbastardirci" non solo quando eravamo diversi soltanto in apparenza, per forme e colori, ma anche quando eravamo diversi davvero, poiché appartenenti a specie diverse. In alcuni casi questi incroci ci hanno portato degli svantaggi, trasmettendoci debolezze e predisposizioni genetiche cui faremmo volentieri a meno. In altri casi ci hanno favorito, consentendoci di sopravvivere nelle diverse condizioni ambientali e far fronte alle sfide dei cambiamenti climatici. Forse dovremmo ammettere che siamo (quasi) tutti un po' bastardi. E che questo, in molti casi, si è rivelato una fortuna. Chissà, forse dovremmo farcene una ragione. ©RIPRODUZIONERISERVATA