G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, So quel che fai, il cervello che agisce e i neuroni specchio, Ed. R. Cortina, Milano 2006 Recensione a cura di Marisa Vicini Dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche Università degli studi di Bergamo Per secoli filosofi e medici hanno cercato di spiegare come l’uomo comprende le azioni, le intenzioni e le emozioni degli altri. A questo interrogativo la neurofisiologia offre oggi delle risposte convincenti: una di queste è la scoperta dei neuroni specchio. Giacomo Rizzolatti e Corrado Sinigaglia, due neuro scienziati dell’équipe di Parma, negli anni 90 hanno scoperto e precisato il ruolo dei neuroni specchio nell’ambito dell’azione e della relazione. In questo testo gli autori descrivono in modo accessibile gli sviluppi sperimentali e teorici relativi a questa scoperta: la loro tesi di fondo è la centralità della corteccia motoria, non più deputata a un ruolo meramente esecutore, ma profondamente coinvolta nei processi di funzionamento cognitivo, in senso lato. La corteccia motoria sarebbe, infatti, implicata nei processi della percezione, del riconoscimento degli atti altrui, dell’imitazione, della comunicazione gestuale e del linguaggio; tutti processi un tempo attribuiti esclusivamente a sistemi di tipo cognitivo. In rapporto alla complessità dell’architettura neurale gli autori, sulla base dell’analisi di numerosi dati sperimentali pervengono a conclusioni che costringono a rivedere la concezione tradizionale del cervello, diviso in aree e funzioni distinte, e l’idea che i processi motori (di basso livello) siano distinti e subordinati a quelli mentali (di livello alto). L’azione, quindi, separata dalla percezione. Ora non è più così! Gli autori hanno dimostrato, infatti, che il sistema motorio comprende sia le strutture dell’area motoria (corteccia frontale agranulare), sia quelle dell’area sensitiva –associativa (corteccia parietale posteriore) e che queste due aree, essendo fortemente interconnesse, non lavorano più in modo gerarchico ma complementare, parallelo. Non solo, tali strutture sarebbero connesse anche con le aree visive, uditive e tattili, e sarebbero dotate, in sintesi, di proprietà funzionali complesse. Si tratta, è evidente, di un cambiamento di paradigma scientifico importante perché induce a includere l’aspetto motorio nel processo della cognizione, per cui agire è già pensare, e l’azione è alla base dell’apprendimento. Rizzolatti e Sinigaglia, in particolare, hanno dimostrato che nell’area F5 della corteccia premotoria, vi è una particolare famiglia di neuroni, detti”neuroni specchio”, che si attivano non solo quando un soggetto esegue un’azione ma anche quando la vede fare da un’altra persona, e quindi consentono di rappresentare in modo speculare l’azione compiuta. Il che significa che per attivare i neuroni responsabili dell’azione non è necessario compierla, ma è sufficiente osservarla. Il segnale visivo, in sintesi, viene inviato alla corteccia premotoria che prefigura l’azione (cioè crea lo schema motorio) come atto potenziale anche se questo non si verificherà o non si è ancora verificato. L’attività dei neuroni specchio non è però vincolata al solo input sensoriale della visione di un semplice movimento, ma ad un vero e proprio “vocabolario di atti” che il soggetto riconosce come dotati di significato e appartenenti alla propria esperienza. Più grande e ricco è questo vocabolario di atti, più il soggetto è in grado di apprendere. Tale meccanismo di risonanza che si fonda sull’esperienza, costituisce la base dell’imitazione, grazie alla quale un soggetto può imparare semplicemente guardando. Non è ovviamente l’unico modo di apprendere, è solo un meccanismo arcaico che si attiva senza intervento cosciente del soggetto e che assume un particolare valore nell’età evolutiva, ma non solo. L’uomo, infatti, apprende anche in modo scientifico, oggettivo ma questa modalità si sviluppa più avanti. Il sistema dei neuroni specchio rappresenta, quindi, per l’uomo la possibilità di “stabilire immediatamente un 1 ponte tra l’osservatore e l’attore “1, di determinare, cioè, “ uno spazio di azione condiviso, all’interno del quale ogni atto e ogni catena d’atti, nostri e altrui, appaiono immediatamente iscritti e compresi, senza che ciò richieda alcuna esplicita o deliberata ‘operazione conoscitiva ‘ ” (G. Rizzolatti, C. Sinigaglia p. 127). Le ricerche descritte dagli autori dimostrano che il cervello che agisce è anche un cervello che comprende; i neuroni specchio si attivano, infatti, solo in presenza di comportamenti che svelano un’intenzione non ancora manifesta e sono, quindi, collegati alla previsione di comportamenti futuri. Essi discriminano e selezionano le informazioni in base alle potenzialità d’atto cui sono collegati, attivandosi, pertanto, solo quando l’azione ha un senso e una finalità manifesta. Appena è chiara la finalizzazione del gesto come nel caso del portare l’oggetto alla bocca dopo averlo afferrato, i neuroni specchio cominciano ad attivarsi; questo non accade, per esempio, se l’oggetto viene semplicemente afferrato. Di qui, la conclusione che essi codificano lo stesso atto dell’afferrare, in modo diverso a seconda dello scopo finale e del contesto. E’ grazie a questo tipo di comprensione degli atti, e non dei singoli movimenti, che noi facciamo esperienza dello spazio intorno a noi, cioè dell’ambiente, e le cose acquistano un significato per noi. La dinamica del rispecchiamento non si verifica solo nei confronti delle azioni, ma anche delle emozioni vissute dagli altri. Il nostro sistema motorio è infatti in grado non solo di rispecchiare i movimenti che vede fare da un altro soggetto ma, guardandolo mentre si muove, è in grado di sentire che cosa quei movimenti provocano in lui, le difficoltà e la fatica che fa nell’eseguire il gesto osservato, e di provare i suoi stessi sentimenti. In sostanza, il vedere altre persone che esprimono un’emozione determina l’attivazione dei neuroni specchio della corteccia premotoria, i quali inviano alle aree somatosensoriali e all’insula un’informazione simile (una copia) a quella che invierebbero se il soggetto vivesse davvero quell’emozione. Questo meccanismo del “ come se” è alla base della compartecipazione empatica (G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, p. 179). Le ricerche riportate nel libro di Rizzolatti e Sinigaglia trattano anche del rapporto del sistema dei neuroni specchio col linguaggio. La loro localizzazione è data vicino all’area di Broca, che è una delle aree classiche deputate alla produzione del linguaggio; sembra che essa possieda proprietà motorie non riconducibili esclusivamente a funzioni verbali. (G. Rizzolatti, C. Sinigaglia p. 152). Ciò ha portato gli autori alla convinzione che il linguaggio si sia evoluto tramite l’informazione trasmessa attraverso prestazioni gestuali che poi il sistema dei neuroni specchio è stato in grado di comprendere e di acquisire cioè di codificare e decodificare. Un’altra importante conclusione cui gli autori pervengono è quella secondo cui il cervello si modifica con l’esperienza. Per dimostrare che alla base della conoscenza c’è il fatto che sappiamo fare alcune cose e che se le vediamo fare dagli altri le comprendiamo, consentendo così al nostro sistema specchio di modificarsi con l’apprendimento, gli autori illustrano un altro esperimento, nel quale la vista di atti eseguiti da altre persone determina nei soggetti in questione (maestri di capoeira, danzatori di danza classica e persone comuni che non hanno mai danzato), una diversa attività cerebrale, in base alla competenza motoria posseduta. Questa, in sostanza, è maggiore nei soggetti che conoscono meglio l’attività osservata (ovvero i maestri di capoeira), come a dire che non è tanto la pratica visiva (il vedere) quanto quella motoria ed esperita a determinare l’attivazione dei neuroni specchio. L’esperimento dimostra, ancora una volta, il ruolo decisivo della conoscenza motoria per la comprensione del significato delle azioni altrui che è tanto più immediata quanto più esteso è il patrimonio motorio dell’osservatore. (p.133). L’originalità di questo libro sta nell’aver evidenziato l’aspetto motorio della cognizione e l’azione come base dell’apprendimento. Rispetto al modello classico delle scienze cognitive che si basano, 1 Alberto Oliverio,Prima lezione di neuroscienze, Laterza, Bari 2008, p. 76 2 invece, sugli aspetti percettivi, quali la visione, questa scoperta rappresenta indubbiamente un capovolgimento di paradigma. Il libro, assolutamente innovativo, rappresenta anche un valido strumento di analisi teorica su cui riflettere dal punto di vista educativo e dal quale trarre importanti orientamenti per l’agire in campo didattico; fra i molti aspetti innovativi sottolineiamo quello per cui la dimensione del corpo va educata in equilibrio rispetto alle altre dimensioni della personalità, o ancora che le esperienze corporee vanno sollecitate e incrementate perché senza di esse non è possibile alcuna conoscenza di sé e del mondo. Non ultimo, emerge in modo significativo l’opportunità di sfruttare la plasticità del cervello, soprattutto per i disabili, perché il sistema nervoso si adatta e cresce con l’esperienza, sopperendo e/o integrando alle funzioni mancanti. Marisa Vicini 3