Nella zona occidentale, il terreno è contaminato dal Pcb, una sostanza cancerogena. Esposto di due medici Brescia, aperta un'inchiesta sulla fabbrica dei veleni Secondo gli studi, l'inquinamento industriale avrebbe provocato un aumento dei tumori BRESCIA - Un'inchiesta per chiarire se davvero, a Brescia, la terra è avvelenata. Il procuratore della Repubblica, Paolo Tarquini, conferma: sulla vicenda del Pcb, una sostanza cancerogena che sarebbe presente in percentuali massicce in alcune zone della città, nelle scorse settimane è stato presentato un esposto. Per questo, si è deciso di avviare una "indagine conoscitiva". E dopo la denuncia lanciata sulle pagine di "Repubblica", interviene anche l'amministrazione comunale, che ha convocato per oggi, alle 16.30, una conferenza stampa, nella quale il vicesindaco, Giuseppe Onofri, fornirà "alcune importanti precisazioni". La questione appare molto delicata: secondo lo studio di due medici del lavoro, la zona occidentale di Brescia, dove abitano 50 mila persone, sarebbe ad alto rischio tumori a causa del forte inquinamento chimico industriale. Sotto accusa, per l'appunto, c'è il Pcb (policlorobifenile), un elemento simile alla diossina, prodotto in grossi quantitativi soprattutto negli anni '80 dalla Caffaro, un'azienda chimica. Nell'84 la produzione cessò, a causa delle proteste di un vasto movimento di opinione e degli stessi operai della fabbrica. Secondo gli studi, però, questo non è bastato a ripulire la terra. L'allarme, insomma, resta: la sostanza, fortemente cancerogena, avrebbe provocato un sensibile aumento dei tumori in tutta la zona. Più precisamente, la percentuale di tumori al fegato, al cancro, alla vescica e alle vie linfatiche sarebbe doppia rispetto alla media italiana. La terra, in prossimità dello stabilimento che ospitava la Caffaro, continua a essere piena di Pcb: la legge Ronchi sui suoli stabilisce che non possano essere tollerati più di 0,001 milligrammi di Pcb per chilogrammo di terra. Secondo le analisi, a Brescia la soglia è stata superata fino a seimila volte. Per questo i due medici del lavoro che si sono occupati della faccenda, Paolo Ricci e Celestino Panizza, hanno presentata l'esposto contro Regione Lombardia, Provincia e Comune di Brescia. L'accusa è disastro ambientale. Adesso, tocca alla magistratura indagare. (13 agosto 2001)