dispositivi di potenza a semiconduttore

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Ferruccio Frisina
DISPOSITIVI DI POTENZA
A SEMICONDUTTORE
Contributi di:
A. Magrì
M. Saggio
L. Fragapane
M. Melito
C. Ronsisvalle
A. Alessandria
G. Belverde
Ferruccio Frisina, Dispositivi di potenza a semiconduttore
Copyright© 2013 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – [email protected]
Prima edizione: giugno 2013 – Printed in Italy
ISBN 978-88-6537-167-1
SOMMARIO
PREMESSA
9
INTRODUZIONE
11
PARTE PRIMA
TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA
CAPITOLO 1
TECNOLOGIE PER TRANSISTORI BIPOLARI
1.1 Tecnologia EPIBASE
1.2 Tecnologia MEM
1.3 Tecnologia PLANARE
Scheda 1.1: Condizioni di equilibrio e non
Scheda 1.2: Semiconduttore intrinseco e drogato
Scheda 1.3: Equazione di Poisson
Scheda 1.4: Processo di fabbricazione tecnologia planare
Scheda 1.5: Misura della resistività e spessore di una giunzione a
gradino unilaterale
CAPITOLO 2
TENSIONE DI BREAKDWON E STRUTTURE DI BORDO
2.1 Tensione di breakdown giunzione ideale
2.2 Tensione di breakdown nei transistori bipolari
2.3 Tensione di breakdown giunzioni reali
Scheda 2.1: Ossidazione del silicio e cariche associate
Scheda 2.2: Misura dell’energia di un livello dominante mediante la
corrente di leakage
Scheda 2.3: Alluminio come drogante di tipo p
Scheda 2.4: Struttura di bordo a trasparenza variabile
CAPITOLO 3
TRANSISTORI BIPOLARI – PORTATA IN CORRENTE
3.1 Portata in corrente
3.1.1 Efficienza di emettitore
3.1.2 Spessore effettivo di base
3.1.3 Caratteristiche di uscita
3.1.4 Tempo di vita dei minoritari e portata in corrente
3.1.5 Area di emettitore e portata in corrente
17
17
21
23
31
33
35
39
43
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83
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91
94
96
104
109
114
117
3.2 Dipendenza del guadagno dalla temperatura
Scheda 3.1: Il transistore bipolare e le sue correnti
Scheda 3.2: Misura della efficienza di emettitore
Scheda 3.3: Fenomeno dell’alta iniezione
CAPITOLO 4
TRANSISTORI BIPOLARI. ROTTURA SECONDARIA DIRETTA E INVERSA
4.1 Rottura secondaria diretta (ISB)
4.1.1 Dissipazione termica
4.1.2 Fenomenologia della rottura secondaria diretta (ISB)
4.1.3 Origine dei “punti caldi”
4.2 Rottura secondaria inversa (ESB)
4.2.1 Fenomenologia della rottura secondaria inversa (ESB)
4.2.2 Tecniche per aumentare l’area di sicurezza in inversa
Scheda 4.1: Impedenza termica e potenza dissipata
Scheda 4.2: Resistenza di strato e suo utilizzo
Scheda 4.3: Fattore di stabilità e processi di fabbricazione
Scheda 4.4: Dimensionamento dello strato di collettore e rottura
secondaria inversa
Scheda 4.5: Transistori di Potenza a struttura cellulare
CAPITOLO 5
COMMUTAZIONE DEI TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA
5.1 Tempi di commutazione in un transistore bipolare
5.1.1 Teoria monodimensionale della commutazione
5.1.2 Energia perduta in commutazione
5.1.3 Miglioramento del tempo di storage
5.2 Effetti bidimensionali nella commutazione dei transistori di potenza
5.2.1 Influenza della geometria sulla commutazione
5.3 Commutazione di una struttura Darlington
Scheda 5.1: Influenza della iniezione laterale sulla commutazione
Scheda 5.2: Commutazione di un dispositivo bipolare a tre stadi
(trilington)
122
129
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138
143
144
144
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165
167
171
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203
204
206
212
216
218
219
222
228
230
PARTE SECONDA
DISPOSITIVI A GATE ISOLATO (POWERMOSFET & IGBT)
CAPITOLO 6
DISPOSITIVI MOS DI POTENZA (POWERMOSFET)
6.1 Processo di fabbricazione tecnologia PowerMOSFET
6.2 Elementi parassiti nella struttura PowerMOSFET
6.3 Principi di funzionamento
Scheda 6.1: Strutture di bordo per dispositivi PowerMOSFET
237
238
248
250
254
CAPITOLO 7
POWERMOSFET PORTATA IN CORRENTE E RESISTENZA DI USCITA
7.1 Portata in corrente
7.1.1 Dipendenza della ID dalla temperatura
7.2 Resistenza di uscita
7.2.1 Dipendenza della RON dalla temperatura
Scheda 7.1: Mobilità dei portatori in Silicio
Scheda 7.2: Tensione di soglia di un dispositivo PowerMosfet
Scheda 7.3: Misura della lunghezza di canale
263
264
269
274
283
286
291
296
CAPITOLO 8
POWERMOSFET. TECNOLOGIE PER BASSA ED ALTA TENSIONE
299
8.1 Tecnologie per bassa tensione (A. Magrì)
299
8.1.1 Riduzione della RON
300
8.1.2 Riduzione della QG
311
8.1.3 Tecnologia trench
313
8.1.4 Riduzione componenti “parassite”
314
8.2 Tecnologie per alta tensione. (M. Saggio)
317
8.2.1 PowerMOSFET a “supergiunzione”
318
8.2.2 Processo di fabbricazione di PowerMOSFET a “supergiunzione” con
tecnologia MD.
323
8.2.3 Scaling down della tecnologia MultiDrain
330
8.3 Verso una sintesi
333
Scheda 8.1: Ottimizzazione drain per dispositivi PowerMOSFET
336
Scheda 8.2: Influenza dello spacer sulla stabilità della VT in dispositivi
submicrometrici
340
Scheda 8.3: Dipendenza della tensione di soglia dalla geometria per
dispositivi submicrometrici
346
Scheda 8.4: Tensione inversa nella tecnologia MD
353
CAPITOLO 9
COMMUTAZIONE DISPOSITIVI POWERMOSFET
9.1 Capacità parassite nella struttura PowerMOSFET
9.2 Gate charge
9.3 Resistenza di gate
9.4 Energia perduta per ciclo
Scheda 9.1: Capacità parassite nella struttura PowerMosfet
Scheda 9.2: Resistenza distribuita di gate (A. Magrì)
Scheda 9.3: Arricchimento fra le celle nei PowerMosfet
357
357
365
374
380
382
388
397
CAPITOLO 10
ROBUSTEZZA DISPOSITIVI POWERMOSFET
10.1 Unclamped Inductive Switching (UIS)
10.2 Robustezza alla dV/dt
10.3 Robustezza in zona lineare
Scheda 10.1: Robustezza in UIS: processi di lavorazione e struttura
della cella elementare
Scheda 10.2: Caratteristiche dinamiche diodo di potenza
Scheda 10.3: Configurazione a ponte: caratteristiche diodo e robustezza
alla dV/dt (M. Melito)
Scheda 10.4: Diodi JBS (Junction Barrier Schottky)
CAPITOLO 11
INSULATED GATE BIPOLAR TRANSISTOR (IGBT)
11.1 Processo di fabbricazione ed elementi parassiti nella struttura IGBT
11.2 Principi di funzionamento IGBT
11.3 Dipendenza dalla temperatura delle caratteristiche statico-dinamiche
403
403
411
414
424
432
439
445
455
456
457
465
11.4 Influenza del tempo di vita dei minoritari p, e della efficienza di
iniezione pnp sulle caratteristiche statico-dinamiche
11.4.1 IGBT Emitter Implant
Scheda 11.1: Caratteristiche del transistore pnp integrato nella struttura
IGBT
Scheda 11.2: Processo di lavorazione IGBT Emitter Implant
(A. Alessandria – L. Fragapane)
493
CAPITOLO 12
ROBUSTEZZA IGBT
12.1 Latch-up statico e dinamico
12.2 Robustezza al corto circuito
12.3 Power bipolari, PowerMOSFET, IGBT
Scheda 12.1: IGBT ad alta densità di corrente
Scheda 12.2: Protezione al corto circuito (G. Belverde)
501
503
507
517
520
525
469
476
489
TERZA PARTE:
CONTROLLO LIFETIME INTEGRAZIONE DI POTENZA
CAPITOLO 13
CONTROLLO DEL TEMPO DI VITA DEI MINORITARI
13.1 Irraggiamento di elettroni
13.1.1 Diodo veloce nei dispositivi PowerMOSFET
13.1.2 Riduzione del tfall nei dispositivi IGBT
13.1.3 Controllo del tempo di storage nei bipolari
533
535
537
548
549
13.2 Introduzione di ioni Au, Pt nel Si
13.2.1 Effetti del drogaggio Au, Pt, sulla resistività del silicio
13.2.2 Meccanismi di diffusione e profili di concentrazione
di Au, Pt in silicio
13.3 Realizzazione diodo veloce nei PowerMOSFET e Bipolari
13.3.1 Diodo veloce nei dispositivi PowerMOSFET
13.3.2 Diodo veloce nei Bipolari di Potenza
13.4 Riduzione del tfall nei dispositivi IGBT
13.5 Impianto di He in Si
Scheda 13.1: Misura del tempo di vita dei minoritari con il metodo OCVD
Scheda 13.2: Misura del tempo di vita nelle microcavità (voids) in silicio
553
555
560
566
566
572
576
579
591
594
CAPITOLO 14
INTEGRAZIONE DI POTENZA
14.1 Emitter Switching
14.1.1 Emitter Switching a discreti
14.1.2 Emitter switching integrato
14.2 IGBT protetto
14.2.2 Sensing di corrente
14.2.3 Sensing di temperatura
14.2.4 MOSFET orizzontale
14.2.5 Smart IGBT
Scheda 14.1: ESBT, elementi di progettazione (C. Ronsisvalle)
Scheda 14.2: Integrazione diodi di clamp su dispositivi di potenza
597
597
598
603
608
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626
629
632
640
PARTE QUARTA
NUOVE LINEE DI SVILUPPO
CAPITOLO 15
NUOVE STRUTTURE E NUOVI MATERIALI
15.1 Nuove strutture
15.1.1 Oltre la struttura MultiDrain
15.1.2 Dispositivi submicrometrici a “zero diffusion”
15.2 Nuovi materiali
15.2.1 Carburo di Silicio (SiC)
651
651
651
661
667
667
APPENDICE
677
1 – EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE MOS
PER DISPOSITIVI DI POTENZA
2 – TECNOLOGIE TRENCH PER POWER MOSFET E IGBT
679
691
PREMESSA
Questo libro raccoglie le lezioni svolte, da circa quindici anni, presso la
Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania, agli studenti del corso di
laurea in microelettronica. È quindi rivolto, soprattutto, a chi per la prima
volta, per studio o per lavoro, ha necessità di comprendere i meccanismi di
funzionamento dei transistori di potenza, con l’obiettivo di fornire elementi
utili alla comprensione del loro funzionamento, senza trascurare le
problematiche reali che emergono quando si passa dai principi di
funzionamento al comportamento reale del dispositivo.
Il libro è formato da un corpo centrale, diviso in quattro parti, con l’aggiunta
di schede di approfondimento alla fine di ogni capitolo. Generalmente le
schede analizzano particolari argomenti legati a problematiche emerse nelle
fasi di realizzazione-caratterizzazione dei dispositivi, e dovrebbero
rappresentare la parte “più originale” in quanto poco trattata in altri testi
sullo stesso argomento; in alcuni casi funzione della scheda è quella di
richiamare alcuni concetti base necessari per una più facile comprensione del
testo.
La prima parte si occupa dei transistori bipolari di potenza, la seconda dei
dispositivi a gate isolato (PowerMosfet e IGBT), la terza delle tecniche di
controllo del tempo di vita dei minoritari, e della “integrazione di potenza”.
Dove il termine “integrazione di potenza” si riferisce a tutta quella attività
che mette insieme, più transistori di potenza (generalmente dispositivi a tre
terminali a conduzione verticale) anche con tecnologie miste, oppure
aggiunge funzioni al singolo dispositivo.
L’ultima parte fornisce elementi di conoscenza su alcune linee di sviluppo in
corso, o su nuove strutture proposte ancora nella fase di fattibilità; ciò allo
scopo di trasmettere la consapevolezza che nulla è “concluso”.
Due appendici, che trattano di argomenti “trasversali” non riconducibili a
nessuno dei singoli capitoli, completano la struttura del libro.
Si è cercato così di fornire una visione chiara dello sviluppo dei dispositivi di
potenza, soffermandoci particolarmente su alcuni aspetti:
- la continua innovazione delle tecnologie e delle strutture in un campo da
molti considerato “maturo”. L’utilizzo delle tecniche e metodologie VLSI
per lo sviluppo di dispositivi submicrometrici di potenza, il superamento
del limite teorico del silicio mediante strutture “superjunction,
rappresentano due momenti significativi.
9
- la correlazione tra grandezze elettriche e struttura fisica-geometrica dei
dispositivi.
- le problematiche reali incontrate nella realizzazione/applicazione, e le
loro soluzioni.
Sento il dovere di ringraziare tutti i miei collaboratori, che con il loro
impegno e la loro disponibilità, hanno permesso la realizzazione di questo
lavoro. Soprattutto coloro che con i loro contributi hanno arricchito il
contenuto del libro approfondendo particolari tematiche, grazie allo loro
esperienza.
Un ringraziamento particolare al Prof. Angelo Raciti che, mostrando grande
apertura e generosità, ha permesso, per la prima volta nell’Università di
Catania, a un rappresentante dell’industria di poter esporre con sistematicità,
agli studenti un punto di vista non accademico sui dispositivi di potenza.
Ringrazio infine la STMicroelectronics per il sostegno alla pubblicazione del
libro, e il dott. Saggio per aver elaborato le figure.
10
INTRODUZIONE
L’obiettivo di questo lavoro è duplice; da un lato si vuole dare una
panoramica abbastanza dettagliata di tutte le problematiche che si incontrano
nel realizzare e utilizzare dispositivi di potenza, dall’altro si vuole mostrare e
dimostrare che esiste una correlazione molto forte e univoca tra le
caratteristiche elettriche (sia statiche che dinamiche) di un dispositivo di
potenza e i parametri fisici di processo e di progetto del dispositivo stesso. È
proprio questa correlazione la chiave di comprensione dei principi di
funzionamento dei dispositivi.
L’approccio usato privilegia chiaramente il punto di vista sui dispositivi di
potenza di chi li progetta, li costruisce, li caratterizza, seguendo un percorso
storico nella evoluzione delle tecnologie. Naturalmente ciò è un’opportunità
unica in quanto permette di evidenziare aspetti, problematiche e
approfondimenti del tutto originali, altrimenti trascurati; ma è anche un
limite, in quanto gli argomenti trattati non investono tutta l’area dei
dispositivi di potenza ma solo quella parte nella quale l’autore ha maturato
esperienza negli anni.
Il dispositivo di potenza, nelle sue più svariate applicazioni, siano essi
convertitori, gruppi di continuità, controllo motori, o altro, svolge sempre la
funzione di “interruttore”. La capacità di sopportare alte tensioni nello stato
off e gestire alte correnti nello stato on, rappresenta quindi una delle
caratteristiche fondamentali. L’esigenza di poter commutare grosse energie
richiede inoltre grande robustezza nelle transizioni e quindi l’estensione
delle aree di sicurezza durante le commutazioni. Infine la possibilità di
estendere le applicazioni a frequenze sempre più alte, richiede semplicità di
pilotaggio e alte velocità di commutazione.
In pratica lo sviluppo delle tecnologie di potenza negli ultimi trenta anni è
stato quindi guidato dalle necessità di:
- aumento densità di corrente e riduzione delle resistenze di uscita nello
stato on
- aumento delle tensioni in inversa e della efficienza di breakdown
- aumento delle velocità di commutazione
- estensione delle aree di sicurezza in commutazione
- integrazione di strutture monolite di potenza
Come vedremo nella Appendice 1, dal 1980 a oggi l’evoluzione delle
tecnologie di potenza, nell’affrontare le problematiche prima esposte, ha
11
visto momenti di “continuità” ma anche “rotture di paradigma” che hanno
determinato dei salti di qualità significativi.
Come mostrato in fig. 1, il grado di innovazione introdotto nello sviluppo
delle tecnologie per dispositivi di potenza, è caratterizzato da salti in
corrispondenza della introduzione di concetti nuovi, seguita da periodi di
stasi che implementano e ottimizzano i concetti prima introdotti:
Fig.1: Principali innovazioni nello sviluppo delle tecnologie per dispositivi di potenza:
introduzione delle tecnologie a gate isolato (PowerMOSFET/IGBT), introduzione delle
tecniche VLSI (1), introduzione di strutture a controllo di carica “superjunction” (2),
introduzione nuovi materiali semiconduttori (SiC, GaN)
Dopo il predominio incontrastato dei dispositivi bipolari fino ai primi anni
80, la nascita e l’affermazione dei dispositivi di potenza a gate isolato
(Power MOSFET e IGBT) a metà degli anni 80, ha rappresentato la prima
discontinuità nella evoluzione delle tecnologie; saranno necessari quasi più
di dieci anni per assistere a un altro salto tecnologico con l’introduzione di
due nuovi concetti nella filosofia di progettazione dei dispositivi di potenza:
1) l’utilizzo dei concetti e delle tecniche VLSI nella realizzazione delle
tecnologie di potenza per realizzare dispositivi completamente
submicrometrici;
2) l’idea di “superare” il paradigma del limite teorico del silicio, utilizzando
strutture a bilanciamento di carica realizzate con diversi strati di drain
(strutture Multi Drain o Superjunction).
Oggi i nuovi semiconduttori a larga banda (SiC, GaN, …) rappresentano
l’ultima frontiera di ricerca che permetterà il prossimo significativo salto
nelle tecnologie di potenza.
Da quanto detto risulta chiaro che gli argomenti trattati da questo libro, sono
centrati sui dispositivi bipolari di potenza BJT, Power MOSFET e IGBT.
Per meglio comprendere il mondo della potenza di cui parleremo, mostriamo
nel piano corrente-tensione (fig. 2) alcune delle più importanti applicazioni
nelle quali i dispositivi vengono oggi utilizzati.
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Fig.2: Principali applicazioni per dispositivi di potenza nel piano corrente-tensione di lavoro.
Quindi il range di tensione si estende da poche decine di volt a qualche
migliaio, mentre le correnti di lavoro vanno da qualche ampere a qualche
centinaio.
Una comprensione più completa è possibile “ribaltando” le applicazioni
della fig. 2 sul piano potenza-frequenza di fig. 3, nel quale si può notare
come alcune applicazioni (per esempio: la accensione elettronica) richiedono
frequenze di qualche decina di Hertz e quindi dispositivi “lenti”, mentre altre
(per esempio: lamp ballast) lavorano anche a frequenze di decine o centinaia
di KHertz, e quindi necessitano di alte velocità di commutazione.
Fig.3: Principali applicazioni per dispositivi di potenza nel piano potenza-frequenza di lavoro.
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Risulta evidente che per coprire una gamma così vasta di applicazioni sono
state sviluppate diverse tecnologie o varianti di tecnologia specializzate per
una particolare funzione e/o applicazione.
Nella nostra trattazione, infatti, affronteremo, a partire dai BJT di potenza e
seguendo con i MOS di potenza e gli IGBT, tutte le problematiche e le
soluzioni adottate per ottimizzare le prestazioni statiche dinamiche dei
dispositivi evidenziando i vantaggi e i limiti di ogni tecnologia.
Per ogni capitolo vengono inserite delle “schede tecniche” su alcuni
argomenti per approfondirne alcuni aspetti senza perdere la continuità e la
scorrevolezza del discorso che, nel testo principale, viene affrontato.
14
PARTE PRIMA
TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA
15
CAPITOLO 1
TECNOLOGIE PER TRANSISTORI BIPOLARI
I transistori bipolari di potenza in silicio sono stati i primi a essere sviluppati,
a metà degli anni 70; la capacità di poter ottenere basse resistenze di uscita
anche ad alte tensioni di breakdown, caratteristica della conduzione bipolare,
ha permesso l’utilizzo di questi dispositivi in un range di tensioni compreso
tra 30V e circa 2000V.
Naturalmente, come vedremo, la tecnologia bipolare di potenza si è
differenziata in funzione di differenti esigenze applicative (tecnologia
EPIBASE, tecnologia MEM, tecnologia PLANARE) e per molti anni queste
tre varianti tecnologiche hanno convissuto. Solo a partire dagli anni 90 la
tecnologia planare, superando i limiti dovuti alla difficoltà a ottenere tensioni
di breakdown superiori a circa 900V, ha prevalso sulle altre, dimostrando la
sua superiorità in termini di semplicità di fabbricazione, facilità di
integrazione, e migliore affidabilità.
Esaminiamo quindi brevemente le caratteristiche rilevanti di queste tre
varianti tecnologiche:
1.1 Tecnologia EPIBASE
La tecnologia epibase viene utilizzata solamente per dispositivi di “bassa”
tensione (generalmente per tensioni comprese tra 30V-200V), la sua
caratteristica è di avere uno strato di base a concentrazione costante
realizzato per crescita epitassiale. Ciò comporta, come vedremo due forti
limitazioni della tecnologia; la prima è la “impossibilità” a sostenere tensioni
più alte di circa 200V, la seconda e la “necessita” di separare le basi dei vari
transistori con un attacco chimico profondo (chiamato storicamente mesa)
che pregiudica la possibilità di integrare più transistori nella stessa piastrina.
Descriviamo, in sintesi, la sequenza di fabbricazione di un transistore NPN
così come mostrata nella fig. 1.1; il materiale di partenza è una fetta di silicio
drogato pesantemente di tipo N++ (resistività compresa tra 2mΩcm – 10
mΩcm) di spessore di circa 500 μm, generalmente con orientazione
cristallografica (111).
Su questo substrato, con un processo termico ad alta temperatura (circa
1000oC) chiamato epitassia, viene cresciuto uno strato di silicio cristallino,
17
di uguale orientazione cristallografica, di tipo N-. di resistività e spessore
voluti (sarà il collettore del transistore). Tali valori dipendono ovviamente
dalla tensione che il dispositivo deve sostenere in inversa (generalmente
comunque, per un dispositivo da 100 V la resistività è circa 3 Ωcm, lo
spessore circa 5 μm). In sequenza al primo processo di crescita epitassiale,
ne viene effettuato un secondo con l’obiettivo di crescere uno strato di silicio
di tipo P- di opportuno spessore e drogaggio (sarà la base del transistore). I
valori tipici per questo strato sono 10μm di spessore e una resistività di circa
2-3Ωcm.
Fig.1.1: Processo di fabbricazione tecnologia Epibase
18
Le fasi successive comprendono un’ossidazione, una fotolitografia, una
impiantazione di ioni fosforo ad alta dose (~5x1015 atomi/cm2), un processo
di diffusione termica ad alta temperatura (>1000oC), per realizzare così uno
strato N++ di profondità circa 5 μm e profilo di drogaggio diffuso con
concentrazione alla superficie di circa 1020cm-3 (sarà l’emettitore del
transistore). A questo punto, tutti gli strati del transistore (emettitore, base,
collettore) sono stati realizzati, e avendo ottenuto il collettore e la base per
via epitassiale, tutti i transistori presenti in una fetta di silicio, hanno questi
strati in comune.
Si pone quindi il problema di come separare le basi dei singoli transistori e
“proteggere” la giunzione base collettore. Ciò viene realizzato con un attacco
chimico profondo (> 10 μm) lungo il perimetro del dispositivo che poi viene
coperto e riempito con un dielettrico. Per completare la lavorazione segue un
processo fotolitografico per la formazione dei contatti di base ed emettitore
(sul fronte della fetta) e la deposizione della metallizzazione sul fronte (in
genere uno strato di alluminio dello spessore di circa 3-6 μm) per realizzare
gli elettrodi di base ed emettitore. Una metallizzazione sul retro della fetta
(in genere un multistrato complesso di TiNiAu) realizza infine il contatto sul
collettore.
Per comprendere meglio alcune caratteristiche di questa tecnologia, è
necessario analizzare il profilo di drogaggio degli strati come mostrato
in fig. 1.2
Quando applichiamo una tensione inversa alla giunzione base-collettore, il
campo elettrico si distribuisce fra i due lati della giunzione secondo la
equazione di Poisson che prevede un gradiente del campo dE/dx
proporzionale al drogaggio dello strato (vedi Scheda 1.3). Nella tecnologia
epibase la tensione inversa, come si evince dalla figura, viene sostenuta sia
dal collettore che dalla base. Lo spessore del collettore tende a essere
dimensionato il più piccolo possibile (compatibilmente con la tensione da
sostenere) per aumentare la portata in corrente del dispositivo, e quindi la
zona svuotata raggiunge il substrato N++ e crolla a zero “immediatamente”
(fenomeno del reach through). Nella zona di base P- è presente una zona
svuotata funzione del drogaggio, che all’aumentare della tensione applicata
può raggiungere l’emettitore, prima che il campo elettrico massimo
raggiunga il campo critico Ec (fenomeno del punch through).
Quando ciò avviene si ha una specie di corto circuito tra collettore ed
emettitore (tramite la zona svuotata) che provoca un passaggio di corrente e
quindi un “breakdown prematuro” a una tensione più bassa (e non
controllata) rispetto a quella della giunzione collettore-base.
È chiaro quindi che la base deve essere opportunamente dimensionata per
evitare questo “breakdown prematuro” non voluto, senza che ciò vada troppo
a discapito del guadagno in corrente del transistore (che come vedremo
richiede lo strato di base a basso drogaggio e spessore); è altrettanto chiaro il
limite di questa tecnologia a sopportare tensioni sempre più alte.
19
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