Ferruccio Frisina DISPOSITIVI DI POTENZA A SEMICONDUTTORE Contributi di: A. Magrì M. Saggio L. Fragapane M. Melito C. Ronsisvalle A. Alessandria G. Belverde Ferruccio Frisina, Dispositivi di potenza a semiconduttore Copyright© 2013 Edizioni del Faro Gruppo Editoriale Tangram Srl Via Verdi, 9/A – 38122 Trento www.edizionidelfaro.it – [email protected] Prima edizione: giugno 2013 – Printed in Italy ISBN 978-88-6537-167-1 SOMMARIO PREMESSA 9 INTRODUZIONE 11 PARTE PRIMA TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA CAPITOLO 1 TECNOLOGIE PER TRANSISTORI BIPOLARI 1.1 Tecnologia EPIBASE 1.2 Tecnologia MEM 1.3 Tecnologia PLANARE Scheda 1.1: Condizioni di equilibrio e non Scheda 1.2: Semiconduttore intrinseco e drogato Scheda 1.3: Equazione di Poisson Scheda 1.4: Processo di fabbricazione tecnologia planare Scheda 1.5: Misura della resistività e spessore di una giunzione a gradino unilaterale CAPITOLO 2 TENSIONE DI BREAKDWON E STRUTTURE DI BORDO 2.1 Tensione di breakdown giunzione ideale 2.2 Tensione di breakdown nei transistori bipolari 2.3 Tensione di breakdown giunzioni reali Scheda 2.1: Ossidazione del silicio e cariche associate Scheda 2.2: Misura dell’energia di un livello dominante mediante la corrente di leakage Scheda 2.3: Alluminio come drogante di tipo p Scheda 2.4: Struttura di bordo a trasparenza variabile CAPITOLO 3 TRANSISTORI BIPOLARI – PORTATA IN CORRENTE 3.1 Portata in corrente 3.1.1 Efficienza di emettitore 3.1.2 Spessore effettivo di base 3.1.3 Caratteristiche di uscita 3.1.4 Tempo di vita dei minoritari e portata in corrente 3.1.5 Area di emettitore e portata in corrente 17 17 21 23 31 33 35 39 43 47 47 52 63 77 80 83 87 91 94 96 104 109 114 117 3.2 Dipendenza del guadagno dalla temperatura Scheda 3.1: Il transistore bipolare e le sue correnti Scheda 3.2: Misura della efficienza di emettitore Scheda 3.3: Fenomeno dell’alta iniezione CAPITOLO 4 TRANSISTORI BIPOLARI. ROTTURA SECONDARIA DIRETTA E INVERSA 4.1 Rottura secondaria diretta (ISB) 4.1.1 Dissipazione termica 4.1.2 Fenomenologia della rottura secondaria diretta (ISB) 4.1.3 Origine dei “punti caldi” 4.2 Rottura secondaria inversa (ESB) 4.2.1 Fenomenologia della rottura secondaria inversa (ESB) 4.2.2 Tecniche per aumentare l’area di sicurezza in inversa Scheda 4.1: Impedenza termica e potenza dissipata Scheda 4.2: Resistenza di strato e suo utilizzo Scheda 4.3: Fattore di stabilità e processi di fabbricazione Scheda 4.4: Dimensionamento dello strato di collettore e rottura secondaria inversa Scheda 4.5: Transistori di Potenza a struttura cellulare CAPITOLO 5 COMMUTAZIONE DEI TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA 5.1 Tempi di commutazione in un transistore bipolare 5.1.1 Teoria monodimensionale della commutazione 5.1.2 Energia perduta in commutazione 5.1.3 Miglioramento del tempo di storage 5.2 Effetti bidimensionali nella commutazione dei transistori di potenza 5.2.1 Influenza della geometria sulla commutazione 5.3 Commutazione di una struttura Darlington Scheda 5.1: Influenza della iniezione laterale sulla commutazione Scheda 5.2: Commutazione di un dispositivo bipolare a tre stadi (trilington) 122 129 136 138 143 144 144 149 157 165 167 171 177 182 185 189 193 203 204 206 212 216 218 219 222 228 230 PARTE SECONDA DISPOSITIVI A GATE ISOLATO (POWERMOSFET & IGBT) CAPITOLO 6 DISPOSITIVI MOS DI POTENZA (POWERMOSFET) 6.1 Processo di fabbricazione tecnologia PowerMOSFET 6.2 Elementi parassiti nella struttura PowerMOSFET 6.3 Principi di funzionamento Scheda 6.1: Strutture di bordo per dispositivi PowerMOSFET 237 238 248 250 254 CAPITOLO 7 POWERMOSFET PORTATA IN CORRENTE E RESISTENZA DI USCITA 7.1 Portata in corrente 7.1.1 Dipendenza della ID dalla temperatura 7.2 Resistenza di uscita 7.2.1 Dipendenza della RON dalla temperatura Scheda 7.1: Mobilità dei portatori in Silicio Scheda 7.2: Tensione di soglia di un dispositivo PowerMosfet Scheda 7.3: Misura della lunghezza di canale 263 264 269 274 283 286 291 296 CAPITOLO 8 POWERMOSFET. TECNOLOGIE PER BASSA ED ALTA TENSIONE 299 8.1 Tecnologie per bassa tensione (A. Magrì) 299 8.1.1 Riduzione della RON 300 8.1.2 Riduzione della QG 311 8.1.3 Tecnologia trench 313 8.1.4 Riduzione componenti “parassite” 314 8.2 Tecnologie per alta tensione. (M. Saggio) 317 8.2.1 PowerMOSFET a “supergiunzione” 318 8.2.2 Processo di fabbricazione di PowerMOSFET a “supergiunzione” con tecnologia MD. 323 8.2.3 Scaling down della tecnologia MultiDrain 330 8.3 Verso una sintesi 333 Scheda 8.1: Ottimizzazione drain per dispositivi PowerMOSFET 336 Scheda 8.2: Influenza dello spacer sulla stabilità della VT in dispositivi submicrometrici 340 Scheda 8.3: Dipendenza della tensione di soglia dalla geometria per dispositivi submicrometrici 346 Scheda 8.4: Tensione inversa nella tecnologia MD 353 CAPITOLO 9 COMMUTAZIONE DISPOSITIVI POWERMOSFET 9.1 Capacità parassite nella struttura PowerMOSFET 9.2 Gate charge 9.3 Resistenza di gate 9.4 Energia perduta per ciclo Scheda 9.1: Capacità parassite nella struttura PowerMosfet Scheda 9.2: Resistenza distribuita di gate (A. Magrì) Scheda 9.3: Arricchimento fra le celle nei PowerMosfet 357 357 365 374 380 382 388 397 CAPITOLO 10 ROBUSTEZZA DISPOSITIVI POWERMOSFET 10.1 Unclamped Inductive Switching (UIS) 10.2 Robustezza alla dV/dt 10.3 Robustezza in zona lineare Scheda 10.1: Robustezza in UIS: processi di lavorazione e struttura della cella elementare Scheda 10.2: Caratteristiche dinamiche diodo di potenza Scheda 10.3: Configurazione a ponte: caratteristiche diodo e robustezza alla dV/dt (M. Melito) Scheda 10.4: Diodi JBS (Junction Barrier Schottky) CAPITOLO 11 INSULATED GATE BIPOLAR TRANSISTOR (IGBT) 11.1 Processo di fabbricazione ed elementi parassiti nella struttura IGBT 11.2 Principi di funzionamento IGBT 11.3 Dipendenza dalla temperatura delle caratteristiche statico-dinamiche 403 403 411 414 424 432 439 445 455 456 457 465 11.4 Influenza del tempo di vita dei minoritari p, e della efficienza di iniezione pnp sulle caratteristiche statico-dinamiche 11.4.1 IGBT Emitter Implant Scheda 11.1: Caratteristiche del transistore pnp integrato nella struttura IGBT Scheda 11.2: Processo di lavorazione IGBT Emitter Implant (A. Alessandria – L. Fragapane) 493 CAPITOLO 12 ROBUSTEZZA IGBT 12.1 Latch-up statico e dinamico 12.2 Robustezza al corto circuito 12.3 Power bipolari, PowerMOSFET, IGBT Scheda 12.1: IGBT ad alta densità di corrente Scheda 12.2: Protezione al corto circuito (G. Belverde) 501 503 507 517 520 525 469 476 489 TERZA PARTE: CONTROLLO LIFETIME INTEGRAZIONE DI POTENZA CAPITOLO 13 CONTROLLO DEL TEMPO DI VITA DEI MINORITARI 13.1 Irraggiamento di elettroni 13.1.1 Diodo veloce nei dispositivi PowerMOSFET 13.1.2 Riduzione del tfall nei dispositivi IGBT 13.1.3 Controllo del tempo di storage nei bipolari 533 535 537 548 549 13.2 Introduzione di ioni Au, Pt nel Si 13.2.1 Effetti del drogaggio Au, Pt, sulla resistività del silicio 13.2.2 Meccanismi di diffusione e profili di concentrazione di Au, Pt in silicio 13.3 Realizzazione diodo veloce nei PowerMOSFET e Bipolari 13.3.1 Diodo veloce nei dispositivi PowerMOSFET 13.3.2 Diodo veloce nei Bipolari di Potenza 13.4 Riduzione del tfall nei dispositivi IGBT 13.5 Impianto di He in Si Scheda 13.1: Misura del tempo di vita dei minoritari con il metodo OCVD Scheda 13.2: Misura del tempo di vita nelle microcavità (voids) in silicio 553 555 560 566 566 572 576 579 591 594 CAPITOLO 14 INTEGRAZIONE DI POTENZA 14.1 Emitter Switching 14.1.1 Emitter Switching a discreti 14.1.2 Emitter switching integrato 14.2 IGBT protetto 14.2.2 Sensing di corrente 14.2.3 Sensing di temperatura 14.2.4 MOSFET orizzontale 14.2.5 Smart IGBT Scheda 14.1: ESBT, elementi di progettazione (C. Ronsisvalle) Scheda 14.2: Integrazione diodi di clamp su dispositivi di potenza 597 597 598 603 608 619 624 626 629 632 640 PARTE QUARTA NUOVE LINEE DI SVILUPPO CAPITOLO 15 NUOVE STRUTTURE E NUOVI MATERIALI 15.1 Nuove strutture 15.1.1 Oltre la struttura MultiDrain 15.1.2 Dispositivi submicrometrici a “zero diffusion” 15.2 Nuovi materiali 15.2.1 Carburo di Silicio (SiC) 651 651 651 661 667 667 APPENDICE 677 1 – EVOLUZIONE DELLE TECNOLOGIE MOS PER DISPOSITIVI DI POTENZA 2 – TECNOLOGIE TRENCH PER POWER MOSFET E IGBT 679 691 PREMESSA Questo libro raccoglie le lezioni svolte, da circa quindici anni, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Catania, agli studenti del corso di laurea in microelettronica. È quindi rivolto, soprattutto, a chi per la prima volta, per studio o per lavoro, ha necessità di comprendere i meccanismi di funzionamento dei transistori di potenza, con l’obiettivo di fornire elementi utili alla comprensione del loro funzionamento, senza trascurare le problematiche reali che emergono quando si passa dai principi di funzionamento al comportamento reale del dispositivo. Il libro è formato da un corpo centrale, diviso in quattro parti, con l’aggiunta di schede di approfondimento alla fine di ogni capitolo. Generalmente le schede analizzano particolari argomenti legati a problematiche emerse nelle fasi di realizzazione-caratterizzazione dei dispositivi, e dovrebbero rappresentare la parte “più originale” in quanto poco trattata in altri testi sullo stesso argomento; in alcuni casi funzione della scheda è quella di richiamare alcuni concetti base necessari per una più facile comprensione del testo. La prima parte si occupa dei transistori bipolari di potenza, la seconda dei dispositivi a gate isolato (PowerMosfet e IGBT), la terza delle tecniche di controllo del tempo di vita dei minoritari, e della “integrazione di potenza”. Dove il termine “integrazione di potenza” si riferisce a tutta quella attività che mette insieme, più transistori di potenza (generalmente dispositivi a tre terminali a conduzione verticale) anche con tecnologie miste, oppure aggiunge funzioni al singolo dispositivo. L’ultima parte fornisce elementi di conoscenza su alcune linee di sviluppo in corso, o su nuove strutture proposte ancora nella fase di fattibilità; ciò allo scopo di trasmettere la consapevolezza che nulla è “concluso”. Due appendici, che trattano di argomenti “trasversali” non riconducibili a nessuno dei singoli capitoli, completano la struttura del libro. Si è cercato così di fornire una visione chiara dello sviluppo dei dispositivi di potenza, soffermandoci particolarmente su alcuni aspetti: - la continua innovazione delle tecnologie e delle strutture in un campo da molti considerato “maturo”. L’utilizzo delle tecniche e metodologie VLSI per lo sviluppo di dispositivi submicrometrici di potenza, il superamento del limite teorico del silicio mediante strutture “superjunction, rappresentano due momenti significativi. 9 - la correlazione tra grandezze elettriche e struttura fisica-geometrica dei dispositivi. - le problematiche reali incontrate nella realizzazione/applicazione, e le loro soluzioni. Sento il dovere di ringraziare tutti i miei collaboratori, che con il loro impegno e la loro disponibilità, hanno permesso la realizzazione di questo lavoro. Soprattutto coloro che con i loro contributi hanno arricchito il contenuto del libro approfondendo particolari tematiche, grazie allo loro esperienza. Un ringraziamento particolare al Prof. Angelo Raciti che, mostrando grande apertura e generosità, ha permesso, per la prima volta nell’Università di Catania, a un rappresentante dell’industria di poter esporre con sistematicità, agli studenti un punto di vista non accademico sui dispositivi di potenza. Ringrazio infine la STMicroelectronics per il sostegno alla pubblicazione del libro, e il dott. Saggio per aver elaborato le figure. 10 INTRODUZIONE L’obiettivo di questo lavoro è duplice; da un lato si vuole dare una panoramica abbastanza dettagliata di tutte le problematiche che si incontrano nel realizzare e utilizzare dispositivi di potenza, dall’altro si vuole mostrare e dimostrare che esiste una correlazione molto forte e univoca tra le caratteristiche elettriche (sia statiche che dinamiche) di un dispositivo di potenza e i parametri fisici di processo e di progetto del dispositivo stesso. È proprio questa correlazione la chiave di comprensione dei principi di funzionamento dei dispositivi. L’approccio usato privilegia chiaramente il punto di vista sui dispositivi di potenza di chi li progetta, li costruisce, li caratterizza, seguendo un percorso storico nella evoluzione delle tecnologie. Naturalmente ciò è un’opportunità unica in quanto permette di evidenziare aspetti, problematiche e approfondimenti del tutto originali, altrimenti trascurati; ma è anche un limite, in quanto gli argomenti trattati non investono tutta l’area dei dispositivi di potenza ma solo quella parte nella quale l’autore ha maturato esperienza negli anni. Il dispositivo di potenza, nelle sue più svariate applicazioni, siano essi convertitori, gruppi di continuità, controllo motori, o altro, svolge sempre la funzione di “interruttore”. La capacità di sopportare alte tensioni nello stato off e gestire alte correnti nello stato on, rappresenta quindi una delle caratteristiche fondamentali. L’esigenza di poter commutare grosse energie richiede inoltre grande robustezza nelle transizioni e quindi l’estensione delle aree di sicurezza durante le commutazioni. Infine la possibilità di estendere le applicazioni a frequenze sempre più alte, richiede semplicità di pilotaggio e alte velocità di commutazione. In pratica lo sviluppo delle tecnologie di potenza negli ultimi trenta anni è stato quindi guidato dalle necessità di: - aumento densità di corrente e riduzione delle resistenze di uscita nello stato on - aumento delle tensioni in inversa e della efficienza di breakdown - aumento delle velocità di commutazione - estensione delle aree di sicurezza in commutazione - integrazione di strutture monolite di potenza Come vedremo nella Appendice 1, dal 1980 a oggi l’evoluzione delle tecnologie di potenza, nell’affrontare le problematiche prima esposte, ha 11 visto momenti di “continuità” ma anche “rotture di paradigma” che hanno determinato dei salti di qualità significativi. Come mostrato in fig. 1, il grado di innovazione introdotto nello sviluppo delle tecnologie per dispositivi di potenza, è caratterizzato da salti in corrispondenza della introduzione di concetti nuovi, seguita da periodi di stasi che implementano e ottimizzano i concetti prima introdotti: Fig.1: Principali innovazioni nello sviluppo delle tecnologie per dispositivi di potenza: introduzione delle tecnologie a gate isolato (PowerMOSFET/IGBT), introduzione delle tecniche VLSI (1), introduzione di strutture a controllo di carica “superjunction” (2), introduzione nuovi materiali semiconduttori (SiC, GaN) Dopo il predominio incontrastato dei dispositivi bipolari fino ai primi anni 80, la nascita e l’affermazione dei dispositivi di potenza a gate isolato (Power MOSFET e IGBT) a metà degli anni 80, ha rappresentato la prima discontinuità nella evoluzione delle tecnologie; saranno necessari quasi più di dieci anni per assistere a un altro salto tecnologico con l’introduzione di due nuovi concetti nella filosofia di progettazione dei dispositivi di potenza: 1) l’utilizzo dei concetti e delle tecniche VLSI nella realizzazione delle tecnologie di potenza per realizzare dispositivi completamente submicrometrici; 2) l’idea di “superare” il paradigma del limite teorico del silicio, utilizzando strutture a bilanciamento di carica realizzate con diversi strati di drain (strutture Multi Drain o Superjunction). Oggi i nuovi semiconduttori a larga banda (SiC, GaN, …) rappresentano l’ultima frontiera di ricerca che permetterà il prossimo significativo salto nelle tecnologie di potenza. Da quanto detto risulta chiaro che gli argomenti trattati da questo libro, sono centrati sui dispositivi bipolari di potenza BJT, Power MOSFET e IGBT. Per meglio comprendere il mondo della potenza di cui parleremo, mostriamo nel piano corrente-tensione (fig. 2) alcune delle più importanti applicazioni nelle quali i dispositivi vengono oggi utilizzati. 12 Fig.2: Principali applicazioni per dispositivi di potenza nel piano corrente-tensione di lavoro. Quindi il range di tensione si estende da poche decine di volt a qualche migliaio, mentre le correnti di lavoro vanno da qualche ampere a qualche centinaio. Una comprensione più completa è possibile “ribaltando” le applicazioni della fig. 2 sul piano potenza-frequenza di fig. 3, nel quale si può notare come alcune applicazioni (per esempio: la accensione elettronica) richiedono frequenze di qualche decina di Hertz e quindi dispositivi “lenti”, mentre altre (per esempio: lamp ballast) lavorano anche a frequenze di decine o centinaia di KHertz, e quindi necessitano di alte velocità di commutazione. Fig.3: Principali applicazioni per dispositivi di potenza nel piano potenza-frequenza di lavoro. 13 Risulta evidente che per coprire una gamma così vasta di applicazioni sono state sviluppate diverse tecnologie o varianti di tecnologia specializzate per una particolare funzione e/o applicazione. Nella nostra trattazione, infatti, affronteremo, a partire dai BJT di potenza e seguendo con i MOS di potenza e gli IGBT, tutte le problematiche e le soluzioni adottate per ottimizzare le prestazioni statiche dinamiche dei dispositivi evidenziando i vantaggi e i limiti di ogni tecnologia. Per ogni capitolo vengono inserite delle “schede tecniche” su alcuni argomenti per approfondirne alcuni aspetti senza perdere la continuità e la scorrevolezza del discorso che, nel testo principale, viene affrontato. 14 PARTE PRIMA TRANSISTORI BIPOLARI DI POTENZA 15 CAPITOLO 1 TECNOLOGIE PER TRANSISTORI BIPOLARI I transistori bipolari di potenza in silicio sono stati i primi a essere sviluppati, a metà degli anni 70; la capacità di poter ottenere basse resistenze di uscita anche ad alte tensioni di breakdown, caratteristica della conduzione bipolare, ha permesso l’utilizzo di questi dispositivi in un range di tensioni compreso tra 30V e circa 2000V. Naturalmente, come vedremo, la tecnologia bipolare di potenza si è differenziata in funzione di differenti esigenze applicative (tecnologia EPIBASE, tecnologia MEM, tecnologia PLANARE) e per molti anni queste tre varianti tecnologiche hanno convissuto. Solo a partire dagli anni 90 la tecnologia planare, superando i limiti dovuti alla difficoltà a ottenere tensioni di breakdown superiori a circa 900V, ha prevalso sulle altre, dimostrando la sua superiorità in termini di semplicità di fabbricazione, facilità di integrazione, e migliore affidabilità. Esaminiamo quindi brevemente le caratteristiche rilevanti di queste tre varianti tecnologiche: 1.1 Tecnologia EPIBASE La tecnologia epibase viene utilizzata solamente per dispositivi di “bassa” tensione (generalmente per tensioni comprese tra 30V-200V), la sua caratteristica è di avere uno strato di base a concentrazione costante realizzato per crescita epitassiale. Ciò comporta, come vedremo due forti limitazioni della tecnologia; la prima è la “impossibilità” a sostenere tensioni più alte di circa 200V, la seconda e la “necessita” di separare le basi dei vari transistori con un attacco chimico profondo (chiamato storicamente mesa) che pregiudica la possibilità di integrare più transistori nella stessa piastrina. Descriviamo, in sintesi, la sequenza di fabbricazione di un transistore NPN così come mostrata nella fig. 1.1; il materiale di partenza è una fetta di silicio drogato pesantemente di tipo N++ (resistività compresa tra 2mΩcm – 10 mΩcm) di spessore di circa 500 μm, generalmente con orientazione cristallografica (111). Su questo substrato, con un processo termico ad alta temperatura (circa 1000oC) chiamato epitassia, viene cresciuto uno strato di silicio cristallino, 17 di uguale orientazione cristallografica, di tipo N-. di resistività e spessore voluti (sarà il collettore del transistore). Tali valori dipendono ovviamente dalla tensione che il dispositivo deve sostenere in inversa (generalmente comunque, per un dispositivo da 100 V la resistività è circa 3 Ωcm, lo spessore circa 5 μm). In sequenza al primo processo di crescita epitassiale, ne viene effettuato un secondo con l’obiettivo di crescere uno strato di silicio di tipo P- di opportuno spessore e drogaggio (sarà la base del transistore). I valori tipici per questo strato sono 10μm di spessore e una resistività di circa 2-3Ωcm. Fig.1.1: Processo di fabbricazione tecnologia Epibase 18 Le fasi successive comprendono un’ossidazione, una fotolitografia, una impiantazione di ioni fosforo ad alta dose (~5x1015 atomi/cm2), un processo di diffusione termica ad alta temperatura (>1000oC), per realizzare così uno strato N++ di profondità circa 5 μm e profilo di drogaggio diffuso con concentrazione alla superficie di circa 1020cm-3 (sarà l’emettitore del transistore). A questo punto, tutti gli strati del transistore (emettitore, base, collettore) sono stati realizzati, e avendo ottenuto il collettore e la base per via epitassiale, tutti i transistori presenti in una fetta di silicio, hanno questi strati in comune. Si pone quindi il problema di come separare le basi dei singoli transistori e “proteggere” la giunzione base collettore. Ciò viene realizzato con un attacco chimico profondo (> 10 μm) lungo il perimetro del dispositivo che poi viene coperto e riempito con un dielettrico. Per completare la lavorazione segue un processo fotolitografico per la formazione dei contatti di base ed emettitore (sul fronte della fetta) e la deposizione della metallizzazione sul fronte (in genere uno strato di alluminio dello spessore di circa 3-6 μm) per realizzare gli elettrodi di base ed emettitore. Una metallizzazione sul retro della fetta (in genere un multistrato complesso di TiNiAu) realizza infine il contatto sul collettore. Per comprendere meglio alcune caratteristiche di questa tecnologia, è necessario analizzare il profilo di drogaggio degli strati come mostrato in fig. 1.2 Quando applichiamo una tensione inversa alla giunzione base-collettore, il campo elettrico si distribuisce fra i due lati della giunzione secondo la equazione di Poisson che prevede un gradiente del campo dE/dx proporzionale al drogaggio dello strato (vedi Scheda 1.3). Nella tecnologia epibase la tensione inversa, come si evince dalla figura, viene sostenuta sia dal collettore che dalla base. Lo spessore del collettore tende a essere dimensionato il più piccolo possibile (compatibilmente con la tensione da sostenere) per aumentare la portata in corrente del dispositivo, e quindi la zona svuotata raggiunge il substrato N++ e crolla a zero “immediatamente” (fenomeno del reach through). Nella zona di base P- è presente una zona svuotata funzione del drogaggio, che all’aumentare della tensione applicata può raggiungere l’emettitore, prima che il campo elettrico massimo raggiunga il campo critico Ec (fenomeno del punch through). Quando ciò avviene si ha una specie di corto circuito tra collettore ed emettitore (tramite la zona svuotata) che provoca un passaggio di corrente e quindi un “breakdown prematuro” a una tensione più bassa (e non controllata) rispetto a quella della giunzione collettore-base. È chiaro quindi che la base deve essere opportunamente dimensionata per evitare questo “breakdown prematuro” non voluto, senza che ciò vada troppo a discapito del guadagno in corrente del transistore (che come vedremo richiede lo strato di base a basso drogaggio e spessore); è altrettanto chiaro il limite di questa tecnologia a sopportare tensioni sempre più alte. 19