Capitolo 1
DISPOSITIVI A SEMICONDUTTORI
1.1 Cosa è l’Elettronica di Potenza.
L’Elettronica di Potenza è una branca dell’elettrotecnica che tratta del controllo del flusso dell’energia elettrica
mediante l’impiego di speciali componenti (detti valvole elettroniche di potenza), aventi le seguenti
caratteristiche:
- la valvola può assumere due distinti stati di funzionamento:
1. lo stato di conduzione, caratterizzato da una resistenza elettrica molto bassa (comportamento simile a
quello di un interruttore chiuso);
2. lo stato di blocco, caratterizzato da una resistenza elettrica molto elevata (comportamento simile a quello
di un interruttore aperto);
- la transizione tra i due stati avviene in tempi molto brevi, dell’ordine di grandezza di uno o pochi µsec
(secondo modalità che dipendono dal tipo di componente considerato).
Comandando le valvole in sequenza secondo precise strategie è possibile realizzare dispositivi (in generale
chiamati convertitori) che consentono di governare e modulare il flusso dell'energia elettrica con elevato
rendimento.
Un esempio elementare di convertitore di potenza è costituito dal circuito rappresentato in fig.1.1, in cui la
valvola elettronica di potenza è rappresentata come un interruttore ideale (I)
Figura 1.1 – Un semplice esempio di regolazione di corrente mediante componenti a commutazione.
Quando l’interruttore I è aperto la tensione applicata al carico è nulla, la corrente circolante è nulla e la potenza
dissipata nell’interruttore è quindi nulla.
Quando l’interruttore I è chiuso la tensione applicata al carico è pari a V1, la caduta di tensione sull’interruttore è
nulla, quindi la potenza dissipata nell’interruttore è pure nulla.
La tensione applicata al carico può assumere dunque solo due valori: 0 oppure V1; mentre il valore medio della
tensione, risulta regolabile a seconda del rapporto tra la durata dei tempi di chiuso e quelli di aperto. La potenza
dissipata nell’interruttore (se “perfetto”) è nulla.
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Ovviamente il valore istantaneo è generalmente diverso dal valore medio, per cui il risulto desiderato è
approssimativo; gli scostamenti possono essere facilmente ridotti mediante l’uso di filtri elettrici. In generale il
risultato è tanto più soddisfacente quanto più alta è la frequenza di commutazione.
I circuiti utilizzati nell’elettronica di potenza sono generalmente assai più complessi di quello illustrato nella
figura; essi vengono studiati per mezzo della teoria delle reti elettriche a topologia variabile: infatti la tipologia
varia a seconda dello stato (aperto o chiuso) delle valvole.
Allo scopo di comprendere le enormi potenzialità di tali apparati è necessario premettere alcuni brevi notazioni
sui dispositivi di potenza a semiconduttore che opportunamente collegati tra loro, costituiscono, poi, il
convertitore statico nel suo complesso.
Le suddette notazioni non fanno alcun riferimento alla fisica dei semiconduttori, ma sono limitate ad una breve
analisi qualitativa di quelle caratteristiche dei dispositivi stessi (tensioni di alimentazione, velocità di controllo,
etc.) che presentano il maggiore interesse dal punto di vista del sistema elettrico in cui i convertitori statici stessi
sono inseriti.
Si ricorda che i dispositivi a semiconduttore attualmente disponibili possono essere classificati in tre gruppi in
base al loro grado di controllabilità, e cioè:
1) diodi, il cui stato di conduzione (stato “on”) o di interdizione (stato “off”) é comandato dal circuito di
potenza in cui il dispositivo é inserito;
2) tiristori, il cui stato on è comandato con un segnale di controllo, mentre lo stato off è comandato dal
circuito di potenza in cui sono inseriti;
3) interruttori controllabili (Controllable Switches), in cui gli stati on ed off sono comandati da un
segnale di controllo.
1.2 Le principali caratteristiche statiche e dinamiche delle valvole.
Richiamiamo qui di seguito alcune semplici nozioni sul funzionamento e sulle principali caratteristiche dei tipi
di valvole di più frequente impiego.
1.2.1. Diodi
Il "diodo di potenza al silicio" è la valvola di potenza più semplice, essendo costituito da un disco
semiconduttore con una sola giunzione PN. Nel diodo la transizione dallo stato di blocco a quello di conduzione
è comandata esclusivamente dal senso della corrente. Infatti il diodo si trova in stato di conduzione quando la
corrente fluisce nel senso P->N, mentre passa in stato di blocco quando si applica alla giunzione tensione in
senso inverso.
La caratteristica V - I del diodo è mostrata in fig.1.2.
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Figura 1.2 - Caratteristica tipica di un diodo di potenza.
Il diodo è in grado di sopportare elevate correnti per breve durata in caso di guasti. Il passaggio dallo stato di
conduzione a quello di blocco non può avvenire in modo istantaneo perché il ripristino della capacità di blocco
avviene solo dopo il tempo necessario perché lo spazio attorno alla giunzione PN venga “svuotata” dalle cariche
dei portatori maggioritari.
Se, ad esempio, un diodo viene inserito in un circuito in cui la corrente e la tensione variano secondo
l'andamento illustrato in fig. 1.3, la corrente nel diodo continuerà a circolare anche in senso negativo dopo
l’inversione di tensione per un certo tempo (tr) durante il quale si ripristina la zona di svuotamento.
Figura 1.3 - Caratteristica dinamica del diodo.
La durata di questo fenomeno è chiamata "tempo di ripristino della capacità di blocco inverso" e, in assenza di
particolari provvedimenti costruttivi, può essere, nei normali diodi di elevata potenza, dell'ordine di grandezza
delle decine di µsec. Tempi di questo genere, che sono perfettamente compatibili con le esigenze delle
applicazioni "a commutazione naturale" a frequenza industriale, risultano invece inaccettabili per l’utilizzo come
diodi di ricircolo nei convertitori a tensione (come vedremo meglio in seguito). Per soddisfare le esigenze di
queste applicazioni, sono state sviluppate gamme di diodi, detti "veloci", con tempi di svuotamento assai più
ridotti; tuttavia i vincoli fisici che stanno alla base della tecnologia di produzione impongono di mediare tra
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prestazioni statiche e dinamiche, per cui i componenti veloci hanno in generale, a parità di dimensioni, minori
prestazioni in corrente ed in tensione.
Attualmente sono disponibili sul mercato diodi di potenza in grado di sopportare tensioni inverse fino a
2000-2500 V e capaci di condurre correnti fino a oltre 5000 A o, nei modelli per tensioni più elevate, fino a
circa 5000 V con correnti fino a 3000 A.
1.2.2. I tiristori
I tiristori sono valvole a semiconduttori con tre giunzioni secondo la sequenza P-N-P-N. Le due zone estreme
sono connesse con gli elettrodi principali, detti anodo e catodo; alla zona adiacente al catodo viene connesso un
"elettrodo di comando" (in inglese detto gate). In assenza di segnali di comando, il dispositivo presenta una
elevata resistenza in entrambe le direzioni, e si trova perciò in stato di blocco. Se tuttavia si applica un impulso
di corrente all'elettrodo di comando, le cariche che attraversano la giunzione tra elettrodo di comando e anodo si
propagano attraverso la successiva giunzione PN, sollecitando la generazione di ulteriori cariche nella successiva
giunzione NP, con un effetto rigenerativo che provoca il mantenimento dello stato di conduzione anche dopo
rimosso il segnale di comando. Basta cioè applicare all'elettrodo di comando un breve impulso di corrente per far
passare il dispositivo dallo stato di blocco a quello di conduzione. Nei tiristori “normali” lo stato di conduzione
permane finche la corrente tra anodo e catodo non viene ridotta, per cause esterne, al di sotto di un valore (in
generale assai basso), detto "corrente di mantenimento (Ih)" (v. fig. 1.4).
Figura 1.4 – Caratteristica statica di un tiristore.
Il tiristore si comporta quindi come un interruttore statico comandabile solo alla chiusura. Esso è chiamato anche
“raddrizzatore controllato (SCR - Silicon Controlled Rectifier)”, ed ha trovato la sua naturale applicazione nei
circuiti raddrizzatori a commutazione naturale.
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Attualmente sono disponibili sul mercato tiristori in grado di sopportare tensioni dirette e inverse fino a
oltre 6000 V con portate in corrente fino a 3000 A.
1.2.3. I transistori di potenza bipolari.
I transistori sono valvole a semiconduttori con due giunzioni (nel campo delle potenze elevate in generale si usa
la sequenza N-P-N). Se non si applica tensione alla zona intermedia (detta base), il dispositivo presenta elevata
resistenza alla circolazione di corrente - in entrambe le direzioni - tra gli elettrodi principali (detti emettitore e
collettore). Se tuttavia si applica un potenziale positivo sulla giunzione tra base ed emettitore, i portatori di
carica che la attraversano vengono catturati in buona parte dalla seconda giunzione, determinando un flusso di
corrente nel collettore. In prima approssimazione la corrente di collettore è proporzionale alla corrente assorbita
dalla base secondo un coefficiente maggiore di uno, chiamato "guadagno". La caratteristica tipica di un
transistore è mostrata in fig. 1.5.
Se il potenziale tra base ed emettitore è nullo o negativo, la corrente di collettore è molto bassa, e il dispositivo
può essere considerato in "stato di blocco"; se invece tale potenziale è sufficientemente alto da provocare un
richiamo di corrente superiore a quello erogabile dal circuito (zona di "saturazione"), la caduta di tensione è
molto bassa e il dispositivo può essere considerato in "stato di conduzione". Nelle applicazioni dell'Elettronica di
Potenza, si evita in modo assoluto di far funzionare il transistore nella "zona di modulazione", perché in tale
zona si ha un valore elevato della potenza dissipata (dovuta alla presenza contemporanea di valori elevati di
corrente e tensione) che distruggerebbe in brevissimo tempo il dispositivo.
Il transistore può dunque essere usato come un interruttore statico, che è aperto quando il potenziale tra base ed
emettitore è nullo o negativo, e chiuso quando tale potenziale è sufficiente a portare il dispositivo in saturazione.
La corrente di base in tale condizione deve essere sufficientemente elevata, e comunque maggiore del rapporto
tra corrente di collettore ed il guadagno. Si noti tuttavia che un valore eccessivo della corrente di base in
saturazione comporta un inutile allo spegnimento.
Questo tipo di valvola è basato su una tecnologia di costruzione più complessa rispetto al tiristore, per la
difficoltà di assicurare una ripartizione uniforme della corrente su tutta la superficie del disco durante la fase di
spegnimento. Questo è il motivo per cui la realizzazione industriale dei transistori di potenza è avvenuta con un
ritardo di oltre un decennio rispetto a quella dei tiristori; inoltre essi non raggiungono ancora le prestazioni in
corrente e in tensione ottenibili nei tiristori e sono generalmente più costosi (a pari prestazioni).
A differenza del tiristore, il transistore non è in grado di sopportare elevate correnti per breve durata (es. in caso
di guasti) perché al crescere della corrente, uscendo dalla zona di saturazione, le perdite crescono rapidamente
provocando il surriscaldamento e quindi la distruzione delle giunzioni.
Il transistore di potenza però, essendo direttamente comandabile all'apertura senza necessità di complessi circuiti
ausiliari, si presta assai meglio alla realizzazione di circuiti a commutazione forzata, con frequenze di
commutazioni anche elevate.
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Figura 1.5 – Caratteristica statica tipiche di un transistore.
Durante la transizione si verifica una dissipazione istantanea di potenza - dovuta alla presenza contemporanea di
tensione e di corrente - assai maggiore di quella esistente durante le fasi di conduzione o di blocco, (v. fig. 1.6).
Figura 1.6 – Potenza dissipata durante la commutazione.
La potenza dissipata (energia per unità di tempo cresce quindi in proporzione alla frequenza delle transizioni e
può divenire la maggior causa di riscaldamento nelle applicazioni ad elevata frequenza di commutazione.
Durante le transizioni si verificano inoltre condizioni di stress dovute alla non uniforme distribuzione delle
cariche nelle giunzioni, che possono provocare il danneggiamento delle stesse.
Per poter sfruttare al massimo le prestazioni dei transistori è spesso necessario aggiungere una rete di
componenti (ad esempio condensatori, resistori e diodi di protezione), realizzando circuiti detti “di
smorzamento” (in inglese snubber), che determinano l'andamento dei fenomeni transitori in modo da assicurare
che il punto di funzionamento non esca dall'area di funzionamento sicuro.
Attualmente sono disponibili sul mercato transistori di potenza in grado di sopportare tensioni dell’ordine
di grandezza di 1000V con correnti fin al migliaio di ampere e si prestano bene alla realizzazione di
convertitori di piccola e media potenza.
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1.2.4. I transistori MOSFET.
I transistori "ad effetto di campo MOSFET" (Metal Oxide Silicon Field Effect), hanno trovato impiego
nell'elettronica di potenza, ma solo per potenze limitate (una decina di kW al massimo).
Schematicamente un transistore MOSFET è illustrato nella figura 1.7: su uno strato di silicio drogato N, sono
realizzate due zone drogate P, dette rispettivamente "sorgente" e "pozzo". Lungo la superficie che separa le due
aree viene realizzato un sottile strato isolante (ottenuto con la ossidazione del silicio), ricoperto da uno strato
conduttore, che costituisce l'elettrodo di comando ("gate"). Applicando un potenziale all'elettrodo di comando, si
determina un campo elettrico che modifica la disposizione delle cariche nel silicio adiacente. Se il potenziale è
superiore ad un certo valore di soglia, il campo elettrico provoca una inversione delle caratteristiche di
conduzione del silicio del corpo tipo N del semiconduttore, che viene ad assumere - negli strati di silicio
immediatamente adiacenti alla superficie ossidata - caratteristiche di tipo P; ne consegue la neutralizzazione
delle barriere N-P e quindi un forte abbassamento della resistenza tra gli elettrodi principali. Tuttavia il flusso di
corrente tra sorgente e pozzo determina, a sua volta, modificazioni nel campo elettrico cui consegue un
assottigliamento dello strato di conduzione, che limita la corrente stessa ad un valore che risulta circa
proporzionale al potenziale di comando applicato.
La caratteristica statica è simile a quella del transistore bipolare, salvo che il segnale applicato all’elettrodo di
controllo di comando è rappresentato da una tensione (anziché da una corrente).
Figura 1.7 – Principio di funzionamento e caratteristica tipica di un transistor MOSFET.
Rispetto ai transistori bipolari, i MOSFET hanno notevoli vantaggi:

l’elettrodo di comando è isolato rispetto al circuito di potenza;

la corrente assorbita dall’elettrodo stesso è trascurabile;

il tempo di ritardo allo spegnimento è praticamente nullo, dato che non esiste il fenomeno dello
svuotamento, per cui essi si prestano a funzionare a frequenze più elevate.
Essi hanno però l’inconveniente che la caduta di tensione in stato di conduzione è piuttosto elevata, per cui il
loro impiego è limitato al campo delle potenze modeste.
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Questi componenti uniscono i pregi dei transistori bipolari di potenza a quelli dei transistori ad effetto di campo.
Prodotti su scala industriale per potenze elevate, essi hanno ormai soppiantato nei convertitori a tensione
impressa i transistori bipolari e quelli ad effetto di campo in tutte le applicazioni e man mano che vengono
sviluppati IGBT di maggior potenza, tendono a soppiantare anche i GTO.
1.2.5. I transistori IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor).
Il loro funzionamento è basato su una struttura di giunzione complessa, che permette di combinare due principi
di funzionamento; in sostanza l’IGBT è un transistore bipolare P-N-P (BJT) in cui la corrente di base viene
prodotta da un MOSFET governato da un elettrodo di comando.
La particolare struttura consente di ottenere un interruttore comandato in tensione (il circuito di comando degli
IGBT ha normalmente la stessa struttura di quello dei MOSFET) tra gli elettrodi G-E, capace di blocco diretto ed
inverso e con tempi di commutazione simili a quelli dei MOSFET quindi più rapidi rispetto ai normali transistori
bipolari BJT, mentre la c.d.t. diretta, la portata massima in corrente e la tensione di blocco sono quelle tipiche dei
transistori bipolari (migliori dei MOSFET).
Richiede dissipatori, ha basse esigenze di protezione ed è parallelabile. Le prestazioni sono minori dei MOSFET
in termini di massima frequenza di commutazione ma migliori in relazione alle tensioni ed alle correnti
manipolabili. L’elettrodo di comando è isolato.
Figura 1.8 – Caratteristica di un IGBT.
Da un punto di vista dinamico, i tempi di salita e di discesa sono simili a quelli del transistore; tuttavia il tempo
di ritardo è assai minore (es. 0.5 s) e non dipende dalla profondità di saturazione.
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Attualmente sono disponibili sul mercato IGBT capaci di sostenere tensioni fino a oltre 2000 V con
portate in corrente di oltre 1000 A.
1.2.6. I GTO (Gate Turn-off-Tyristor)
I GTO (dal termine inglese "Gate Turn Off Thiristors") sono un particolare tipo di tiristori, nei quali è possibile
comandare, oltre che la transizione dallo stato di blocco a quello di conduzione, anche la transizione inversa
mediante l’applicazione all’elettrodo di controllo di un forte impulso negativo di corrente.
Per consentire la transizione inversa, è necessario adottare accorgimenti circuitali atti a mantenere molto basso il
valore della tensione tra anodo e catodo al momento dello spegnimento.
Figura 1.9 – Caratteristica di un GTO.
Il tempo di ritardo all'innesco Td è di pochi µsec, il tempo di salita è dell'ordine di grandezza del µsec; il tempo
di svuotamento ts al disinnesco si aggira attorno ai 10 µsec, mentre il tempo di discesa tf è dell'ordine di
grandezza del µsec. Il gradiente di corrente, che si determina nel GTO di elevata portata durante la transizione di
spegnimento, è molto elevato; variazioni di corrente così rapide sono tali da dar luogo a forze elettromotrici non
trascurabili sulla pur minima induttanza dei collegamenti (il cui valore è dell'ordine di grandezza dei decimi di
µH).
In definitiva la corrente commutabile dal GTO dipende fondamentalmente dalla compattezza del montaggio.
Le prestazioni limite in tensione ed in corrente ed in sovraccarico dei GTO sono decisamente superiori a quelle
realizzabili nei transistori e, per ora, negli IGBT, e confrontabili con quelle dei tiristori. I circuiti di comando
sono invece notevolmente più complessi e costosi di quelli necessari per i transistori e gli IGBT. I tempi di
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commutazione sono tali da consentire il raggiungimento di frequenze di commutazione dell'ordine di grandezza
del migliaio di Hz.
La tecnologia di produzione dei GTO è assai più sofisticata di quella dei normali tiristori, perché richiede
l’adozione di accorgimenti atti ad assicurare, nella fase di spegnimento, la uniformità di svuotamento sull’intera
superficie di conduzione. I GTO sono in realtà costituiti da un numero elevato di piccoli tiristori funzionanti tra
loro in parallelo realizzati su un unico disco di silicio, trattato mediante ripetuti processi di diffusione,
schermatura, ossidazione, erosione.
Attualmente sono disponibili sul mercato GTO con prestazioni che superano i 5000 V e i 1000 A. Essi si
prestano quindi a coprire la gamma delle applicazioni in cui sono richieste tensioni elevate, (es. oltre
3000V) ove hanno ormai completamente soppiantato i normali tiristori con circuito ausiliario di
spegnimento (ad esempio per la realizzazione di invertitori a tensione impressa per azionamenti
ferroviari).
Nel campo delle tensioni inferiori, invece vengono preferiti gli IGBT, assai più vantaggiosi per la bassa potenza
di comando, la maggiore rapidità e il minor peso dei circuiti smorzatori.
1.2.7. Sovratensioni
Sovratensioni di varia origine possono interessare e risultare pericolose per le valvole in stato di blocco.
Possiamo distinguere a questo proposito due tipi di sovratensioni: di tipo accidentale e di tipo ripetitivo.
1. sovratensioni accidentali possono derivare dalla chiusura o apertura di linee o trasformatori,
dall’intervento di protezioni o da scariche esterne.
2. sovratensioni ripetitive sono principalmente di natura interna e nascono a seguito della commutazione
dei semiconduttori.
Il criterio generale di protezione contro le sovratensioni è quello di offrire un circuito di bassa impedenza in
parallelo al semiconduttore da proteggere. Si possono usare a questo proposito circuiti resistenza-condensatore
(che presentano caratteristiche lineari) o soppressori di sovratensione dedicati (che presentano caratteristiche
Zener in uno o due quadranti).
1.2.8. Sovracorrenti
Un circuito di conversione può essere incidentalmente interessato da sovracorrenti di varia origine. Si possono
distinguere a questo proposito:
1. sovracorrenti di origine diretta nel caso di corto circuito sulle linee esterne, per accensioni
intempestive e per guasti interni ai semiconduttori;
2. sovracorrenti di origine indiretta che derivano da guasti ai semiconduttori dovuti a sovratensioni. In
questo secondo caso è infatti abbastanza comune che un semiconduttore che perda le proprietà di blocco
vada in corto circuito totale piuttosto che rimanere aperto.
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In presenza di sovracorrenti i semiconduttori si riscaldano velocemente in quanto presentano un comportamento
sostanzialmente adiabatico non essendo dei buoni conduttori di calore. E’ necessario quindi interrompere la
corrente di guasto assai rapidamente prima che il semiconduttore si distrugga.
1.2.9. Circuiti di snubber
La funzione di un circuito di snubber è quella di ridurre le sollecitazioni elettriche di un dispositivo a
semiconduttore. In particolare un circuito di snubber può avere le seguenti funzioni:
1. Limitare la tensione applicata ad un dispositivo a semiconduttore durante il transitorio di spegnimento.
2. Limitare la rapidità di variazione della tensione (dv/dt) durante il transitorio di durante il transitorio di
spegnimento o quando viene riapplicata la tensione diretta in stato di blocco.
3. Limitare la corrente circolante nel semiconduttore durante il transitorio di accensione.
4. Limitare la rapidità di variazione della corrente (di/dt) durante il transitori di accensione.
5. Modificare le forme delle caratteristiche di accensione e spegnimento di un semiconduttore.
Dal punto di vista della topologia dei circuiti di snubber ci sono tre classi principali:
1. Snubber non polarizzati R-C di tipo serie utilizzati per proteggere diodi e tiristori limitando la massima
tensione e la variazione di tensione dv/dt.
2. Snubber R-C polarizzati che vengono utilizzati per modificare la traiettoria di spegnimento delle valvole
comandate, per evitare che ai semiconduttore vengano applicate sovratensioni pericolose e per limitare
la variazione di tensione dv/dt durante il transitorio di spegnimento.
3. Snubber L-R polarizzati che vengo utilizzati per modificare la traiettoria di accensione delle valvole
comandate e per limitare la variazione di corrente di/dt durante il transitorio di accensione.
1.2.10. Riepilogo.
I parametri base degli interruttori di potenza al silicio variano rapidamente nel tempo sia in relazione alla
introduzione di nuovi componenti, sia per le mutevoli politiche industriali delle case produttrici dato che gli
interessi economici connessi sono particolarmente elevati. E’ compito del tecnico aggiornare in modo
continuativo il posizionamento applicativo dei componenti ed in questo può essere aiutato da tabelle sintetiche
del tipo Tab.1.1 o da figure del tipo Fig.1.10 che in ogni caso sono da intendersi come datate.
Tabella 1.1 – Campo applicativo dei componenti.
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Figura 1.10 – Campo di operatività delle valvole al silicio in funzione delle correnti, tensioni e frequenze nominali.
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