QUANDO È COMPARSO IL LINGUAGGIO NEL CAMMINO EVOLUTIVO DELL’UOMO? Evidenza sull’origine dell’uomo Gli ominini sono la famiglia che include gli esseri umani moderni, appartenenti alla specie homo sapiens, e i loro diretti antenati (australopiteco, homo habilis, homo erectus). I primi ominini fecero la loro comparsa almeno quattro milioni di anni fa. La comparsa del genere homo è collocata a circa due milioni e mezzo di anni fa. I membri di questo genere che fecero la loro comparsa in quella data appartengono alle specie estinte homo habilis e homo erectus. Tutte le specie del genere homo tranne l’homo sapiens sono estinte. L’homo neanderthalensis, che è considerato l’ultima a estinguersi, sembra si sia estinta circa 30.000 anni fa (però di recente si è ipotizzato che l’homo floresiensis sia vissuto fino a 12.000 anni fa). Per ragioni che stiamo per dire, oggi forse sarebbe meglio parlare di forme umane e non di specie per i diversi ominini. Si ritiene oggi che l’homo sapiens si sia originata in Africa circa 200.00 anni fa (forse anche prima). Primi esempi di scrittura La Cambridge Encyclopedia of Language riporta che “i primi esempi di uso convenzionale di simboli scritti [a noi pervenuti] sono su tavolette di argilla scoperte in varie parti del MedioOriente e dell’Europa sud-orientale che risalgono al 3500 a.C.” La tesi dell’evoluzione unica È plausibile supporre che il linguaggio, nella sua forma moderna, si sia evoluto una volta sola. Ecco perché. Prima ragione Quando un organo si è evoluto indipendentemente più di una volta nel regno animale, si trovano tracce di questa evoluzione indipendente. Per esempio, sappiamo che l’occhio si è evoluto indipendentemente più di una volta nel regno animale perché gli occhi delle piovre, dei mammiferi e degli insetti rivelano per la loro struttura di non avere alcun antenato comune. Se il linguaggio, nella sua forma moderna, si fosse evoluto indipendentemente più di una volta nell’uomo, dovremmo aspettarci di trovare qualche traccia di questa evoluzione indipendente. Per esempio, dovremmo aspettarci di trovare dei sistemi linguistici nell’uomo per i quali è evidente che non esiste alcun antenato comune. Tuttavia, non esiste alcuna prova di questo genere. Per quanto siano diversi, i linguaggi naturali sembrano condividere tutti certe proprietà fondamentali riguardo alla grammatica, al significato e al suono. Seconda ragione Inoltre, se il linguaggio, nella sua forma moderna, si fosse evoluto indipendentemente più di una volta nell’uomo, sarebbe naturale aspettarsi di trovare esseri umani con una predisposizione innata per una lingua o un tipo di lingua. Vale a dire, se le diverse lingue oggi presenti sul pianeta fossero il risultato di evoluzioni indipendenti della facoltà del linguaggio, sarebbe naturale aspettarsi che alcuni membri della specie homo sapiens abbiano evoluto una facoltà del linguaggio per certe lingue o tipi di lingue e non per altre. Tuttavia, nessun bambino possiede una predisposizione innata di questo genere: se il bambino viene rimosso dalla comunità dei suoi genitori, diventerà un parlante nativo della comunità in cui cresce, indipendentemente dal linguaggio parlato dai genitori Una conseguenza del fatto che il linguaggio potrebbe essersi evoluto una volta sola Le considerazioni precedenti portano a formulare la congettura che il linguaggio umano, nella sua forma moderna, si è evoluto una volta sola. Questa conclusione ha una conseguenza importante: • il linguaggio, nella sua forma moderna, si deve essere evoluto prima che un gruppo di individui della specie homo sapiens si separasse geograficamente dagli altri individui della stessa specie. Infatti, se un gruppo di homo sapiens si fosse isolato dagli altri migrando in un’altra area geografica prima che fosse comparsa la facoltà del linguaggio, ci aspetteremmo che la popolazione di homo sapiens che discende da questo gruppo non possieda la facoltà del linguaggio. Invece, non è così: tutti i membri della specie homo sapiens hanno la facoltà del linguaggio. Il terminus ante quem Si ritiene che gli aborigeni australiani siano giunti in Australia migrando da qualche zona dell’Asia e che siano in Australia da almeno quarantamila anni. (L’evidenza archeologica suggerisce che la migrazione ebbe luogo almeno quarantamila anni fa, forse sessantamila anni fa o più). Dal momento che il linguaggio si deve essere evoluto prima che un gruppo di homo sapiens si separasse geograficamente dagli altri, ne segue che il linguaggio, nella sua forma moderna, deve essere comparso prima di quarantamila anni fa (forse prima di sessantamila anni fa). Ora discuteremo quanto prima. L'ipotesi "Out of Africa" L'ipotesi dell'origine unica, o ipotesi “Out of Africa”, propone che gli uomini moderni si siano evoluti in Africa e che siano poi migrati all'esterno sostituendo quegli ominini che erano in altre parti del mondo. Oggi è l’ipotesi più accreditata perché è sostenuta dagli studi condotti mediante marcatori non ricombinanti, come il DNA mitocondriale. DNA mitocondriale e eredità femminile I genetisti possono determinare la vicinanza genetica di individui e gruppi di individui determinando quanto del loro DNA è condiviso. Il DNA nel nucleo è ereditato da tutti e due i genitori. Il DNA nei mitocondri è ereditato solamente dalla madre. Questo fatto ha una conseguenza importante: la differenza tra il DNA mitocondriale di due individui può essere attribuita solo all’occorrenza di una mutazione nel processo ereditario. Senza questa mutazione, due individui avrebbero esattamente lo stesso DNA mitocondriale. Assumendo che la mutazione del DNA sia costante, possiamo utilizzare la differenza tra il DNA mitocondriale di due individui come un “orologio molecolare.” Vale a dire, possiamo utilizzare la differenza tra il DNA mitocondriale di due individui per calcolare il numero delle generazioni che separano questi due individui dal loro progenitore comune più vicino in linea femminile. Eva africana Cann, Stoneking and Wilson (1987) hanno utilizzato la tecnica del DNA mitocondriale per cercare di localizzare nello spazio e nel tempo la donna più recente da cui tutti gli esseri umani di oggi discendono in linea femminile. Con l’aiuto di elaborate tecniche statistiche, questi studiosi hanno concluso che questa donna è vissuta circa 200.000 anni fa nel Corno d’Africa. L’hanno soprannominata “Eva africana”. Secondo Cann, Stoneking e Wilson, tutti gli esseri umani viventi oggi discendono dalla comunità di Eva africana: discendono cioè da Eva e dai suoi contemporanei che hanno generato prole con Eva oppure hanno generato prole con figlie o nipoti di Eva. Cann, Stoneking, & Wilson (1987), "Mitochondrial DNA and human evolution", Nature 325 (6099): 31–6. Perché solo una Eva? Eva non era l’unica donna nella sua comunità. Però nessuna altra donna a lei contemporanea è considerata l’antenato comune di tutti gli esseri umani. Infatti, solo nel caso di Eva per ogni generazione discendente da lei fino ai nostri giorni c'è una figlia che ha dato alla luce un'altra figlia. Invece, per le contemporanee di Eva la linea discendente si deve essere spezzata a un certo punto (ovvero per tutte le altre contemporanee di Eva, c’è stata a un certo punto almeno una discendente che non avuto una figlia). Se Eva fosse vissuta assieme ad un milione di altre femmine, è molto improbabile che gli antenati matrilineari di tutti gli esseri umani viventi oggi convergano su una sola donna. Questo significa che la comunità delle pari di Eva doveva essere molto piccola (forse 20.000 individui). Notizie dai Neanderthal Da qualche anno è iniziato un progetto di ricostruzione del genoma dell’uomo di Neanderthal, l’ominide che abitava il continente europeo prima dell’Homo sapiens e che si è estinto circa 30.00 anni fa. Il Neanderthal è considerato una forma umana più primitiva (per esempio le evidenze di pensiero simbolico come la pittura, la decorazione del corpo o la sepoltura sono episodiche e molto rudimentali nel Neanderthal). Questo è il primo importante lavoro che ne è emerso progetto genoma del Neanderthal: dal Green R.E. et al. (2010) A draft sequence of the Neandertal genome, Science, 328(5979): 710-22. I Neanderthal e i Sapiens, un rapporto complicato? Il progetto di ricostruzione del genoma del Neanderthal, coordinato da Svante Pääbo, ha già portato a una scoperta del tutto inaspettata, ovvero che Homo di Neanderthal e Homo Sapiens si sarebbero incrociati e avrebbero generato una prole fertile. Lo si è scoperto perché sono state trovate tracce del DNA di Neanderthal nel DNA di europei e asiatici di oggi. In particolare sembra che l’accoppiamento fertile sia avvenuto solo fra femmine del Sapiens e maschi del Neanderthal (lo deduciamo dal fatto che non sono state trovate tracce del Neanderthal nel DNA mitocondriale delle femmine odierne di Sapiens). I Neanderthal supportano l’ipotesi “Out of Africa” Un’osservazione interessante è che non sono state trovate tracce del DNA di Neanderthal nel DNA degli africani di oggi. Questo suggerisce che l’Homo sapiens si sia incrociato con il Neanderthal dopo il suo arrivo in Eurasia dall’Africa, e quindi conferma indirettamente l’ipotesi dell’origine unica africana. Specie diverse? Fino alla scoperta di Pääbo si riteneva che i Neanderthal, i Sapiens e gli altri ominini fossero specie diverse appartenenti tutte al genere Homo. Però, dopo questa scoperta, a rigore non si può più parlare di specie diverse e si dovrebbe parlare di forme umane diverse. Ma quando sono arrivati i Sapiens dall’Africa? Sulla base delle evidenze oggi disponibili, si ritiene che ci siano state diverse migrazioni dei Sapiens fuori dall’Africa ma che solo l’ultima di esse, avvenuta 50.000 o 60.000 anni fa, abbia portato all’estinzione delle altre forme umane. Una conseguenza dell’ipotesi di Eva Africana per il linguaggio Se la comunità di Eva aveva dimensioni abbastanza limitate, come mai allora altre comunità non hanno lasciato una discendenza che arrivasse fino a noi? Un’ipotesi è questa: • La comunità di Eva africana aveva qualcosa di speciale: aveva sviluppato abilità linguistiche superiori, e questo aveva dato un vantaggio evolutivo ai discendenti di Eva. • Il possesso di abilità linguistiche superiori aveva dato ai discendenti di Eva Africana la possibilità di vivere più a lungo, e quindi maggiori probabilità di generare una prole a cui trasmettere il proprio patrimonio genetico. • Per questo motivo, la discendenza di altre comunità finì per estinguersi e la facoltà del linguaggio è diventata parte del patrimonio genetico dell’homo sapiens Una prima ipotesi di datazione Se l’ipotesi precedente è corretta, è plausibile che il linguaggio, nella sua forma moderna, sia comparso all’epoca di Eva africana, più o meno duecentomila anni fa. Una seconda ipotesi di datazione Lieberman (2007) ha proposto che l’emergenza del linguaggio nella sua forma moderna sarebbe avvenuta ancora più recentemente, ovvero circa 50.000 anni fa, in coincidenza con l’ultima migrazione fuori dall’Africa dell’Homo Sapiens, quella che ha portato all’estinzione di tutte le altre forme umane (Lieberman sostiene che un tratto vocale che permettesse una completa articolazione dei suoni era assente non solo nei Neanderthal ma anche nei primi Sapiens). Questo spiegherebbe anche perché l’ultima migrazione dei Sapiens fuori dall’Africa ha avuto conseguenze maggiori di quelle che l’hanno preceduta sulle altre forme umane. Lieberman, P. (2007). The evolution of human speech; Its Anatomical and neural bases. Current Anthropology. 48:39-66. Si, ma Adamo? Dato che il cromosoma Y è unicamente trasmesso dal padre ai figli maschi, è possibile individuare il progenitore maschio comune di tutti i maschi attuali. L'Adamo Y-cromosomale sembrerebbe essere vissuto circa 75.000 anni fa, cioè Adamo Ycromosomale e Eva mitocondriale si sarebbero mancati per una qualche decina di migliaia di anni! Come mai l’antenato in linea matrilineare e antenato in linea patrilineare sono così distanti? Ci sono diverse ipotesi. Per esempio, le linee di discendenza maschile potrebbero svanire più rapidamente, perché è stato più comune per gli uomini morire prima di raggiungere l’età fertile. Oppure i dati discordanti di Eva e Adamo possano illustrare imperfezioni nella tecnica dell'orologio molecolare. Altre ipotesi sono anche possibili. FOXP2 nella famiglia Ke Lai et al. (2001) hanno individuato il primo gene, chiamato FOXP2, di cui si può dimostrare che è coinvolto nel linguaggio (perlomeno nel linguaggio parlato). Il gene, localizzato sul cromosoma 7, è stato scoperto studiando i membri di una famiglia britannica (chiamata “famiglia KE”), la maggior parte dei quali ha una menomazione della parola e del linguaggio. La concordanza fra gene e disturbo nella famiglia KE è perfetta. Ogni componente che ha una versione danneggiata del gene FOXP2 ha la malattia (che consiste in disturbi dell’articolazione, ma anche in disturbi più strettamente grammaticali, come formare il passato dei verbi e deficit di comprensione linguistica). Invece chi ha una versione non modificata del gene è sano. La storia evolutiva di FOXP2 Enard et al. (2002) hanno studiato la storia evolutiva FOXP2 confrontando le versioni del gene in vari primati e topi. FOXP2 è rimasto sostanzialmente inalterato nel corso dell’evoluzione dei mammiferi, ma è cambiato negli esseri umani dopo che la linea evolutiva che porta all’uomo si era divisa dalla linea evolutiva che porta allo scimpanzé. Enard et al., applicando le tecniche di misurazione disponibili, hanno proposto che la versione umana del gene sia emersa solo 120.000 anni fa. Una complicazione Molto recentemente la questione della datazione della versione umana del gene FOXP2 si è complicata perché nel progetto di sequenziazione del genoma di Neanderthal è emerso che il Neanderthal aveva una versione del gene FOXP2 quasi identica (ma non esattamente uguale) a quella umana. Il problema è che il progenitore di Neanderthal e di Homo sapiens nel quale sarebbe avvenuta la mutazione “umana” del gene FOXP2 è vissuto ben prima di 120.000 anni fa. La questione dell’attendibilità dello studio di Enard et al è attualmente oggetto di ricerca. Una datazione approssimativa Il problema di una datazione precisa della comparsa del linguaggio rimane un problema aperto, ma l’evidenza disponibile che proviene da fonti diverse suggerisce che la stima più accurata possa essere fra 100.000 e 200.000 anni fa, se non addirittura più un’epoca recente. Una conseguenza Se questa ipotesi di datazione è corretta (e, almeno alla luce delle nostre conoscenze attuali, sembra esserlo), ne discende una conseguenza importante. L’organo del linguaggio è di origine molto recente. 50.000 anni (ma anche 200.000 anni) sono un “battito di ciglia” in termini evolutivi. Il meccanismo di selezione naturale richiede tempi molto lunghi per l’evoluzione di organi complessi e sicuramente il linguaggio è un’abilità altamente complessa, se non altro per il fatto che esso coinvolge un coordinamento estremamente raffinato di abilità sensomotorie e di abilità cognitive multiple. Ci troviamo di fronte a un rompicapo molto grosso. Il resto del corso sarà dedicato ad analizzare alcuni tentativi per venirne a capo. Ipotesi per sciogliere il rompicapo A partire dalla prossima lezione studieremo una congettura proposta da Chomsky, Fitch e Hauser. Cito qui un’altra congettura proposta da Michael Corballis nel suo libro “Dalla mano alla Bocca” (Raffaele Cortina Editore). Dalla mano alla bocca, I Secondo Corballis le capacità linguistiche potevano essersi in larga misura già evolute prima di 200.000 anni fa. Quello che sarebbe successo circa 200.000 anni fa non è l’invenzione del linguaggio ma il suo passaggio dalla modalità segnata alla modalità fono-articolatoria. Quello che potrebbe avere dato un grande vantaggio adattativo alla popolazione di Eva Africana non è quindi il possesso di un sistema di comunicazione raffinato (che ci sarebbe stato già prima in modalità segnica), bensì il fatto che si sarebbero liberate le mani per svolgere altre attività in contemporanea e in coordinazione con la comunicazione linguistica. Dalla mano alla bocca, II Secondo Corballis questo permetterebbe di risolvere il rompicapo consistente nello spiegare come un organo complesso si sia evoluto in un “battito di ciglia”. Il linguaggio avrebbe avuto tutto il tempo di evolversi (in forma segnica) in un periodo imprecisato prima di 200.000 anni fa. Solo dopo l’abbassamento della laringe, in tempi molto più recenti, sarebbe diventato fisicamente possibile all’Homo Sapiens produrre un ricco repertorio di suono linguistici. Il cambiamento del tratto vocale con l’ abbassamento della laringe fatto avrebbe permesso lo “switch” da lingua segnata a lingua orale.