SECONDA PARTE
Cosa c’entrano la paleontologia e gli studi sull’evoluzione con
l’ortognatodonzia?
Anne Dambricourt-Malassé (Dipartimento di Preistoria del Museo Nazionale di
Storia Naturale - Istituto di Paleontologia Umana, Parigi (France)) ritiene da alcuni anni di
aver trovato un elemento chiave, studiando e ossa fossili di ominidi, capace di rimettere in
discussione nientemeno che la teoria evolutiva della selezione naturale, nella
formulazione moderna che prende il nome di neo-darwinismo (ovvero il darwinismo + le
implicazioni dell’era genetica).
Per la paleoantropologa l’evoluzione umana non può essere, o almeno non del tutto, frutto di una selezione caotica
dell’ambiente sulla materia genotipica. Un simile modello non sarebbe sufficiente a spiegare la complessità dei fattori in
gioco.
Di più: le trasformazioni craniche che si osservano lungo i milioni di anni dalle proscimmie all’Homo Sapiens non
sarebbero affatto una conseguenza della conquista della bipedìa, ovvero della verticalizzazione della colonna vertebrale. Il
passaggio dalla giungla alla savana non è determinante: fossili di Homo erectus contemporanei a quelli dell’Est Africa
(East Side Story) sembrano essere stati rinvenuti in Georgia (Homo Georgicus) e nella valle dell’Indo senza probabili
correlazioni con l’Australopiteco (origini Eurasiatiche di Homo Sapiens?).
La supposta evoluzione casuale non reggerebbe di fronte all’osservazione della progressiva e netta chiusura
dell’angolo sfeno-basilare, ovvero l’angolo formato dall’osso occipitale e dall’osso sfenoide che, contrapponendosi,
costuiscono il centro della cavità cranica.
Proprio come un motore interno programmato il clivus sfenoidale, sempre più ripido e “verticalizzato”, sarebbe la
vera chiave di volta del processo di ominazione (Inside Story). Questo processo condiziona la conformazione di tutte
le altre ossa craniche (inclusi i mascellari) ed è in relazione con l’orientamento dei canali semicircolari dell’orecchio
interno (postura eretta).
Fin dove si spingerà questa progressione ancora in atto?
Come sarà l’Homo Sapiens del futuro?
Qualche osservazione si può già abbozzare osservando i nostri bambini (nella prossima parte vedremo in quali
termini).
Riprendendo il discorso generale, la teoria della selezione naturale di tipo darwiniano, in questa nuova visione, non
viene rigettata in toto ma ridimensionata all’interno di una singola nicchia evolutiva. In altre parole, è difficile
prevedere i caratteri peculiari di un individuo rispetto a quelli di un altro, perché nel particolare, questo sì, essi sono
casuali ed obbediscono senz’altro ad una logica selettiva ambientale di tipo “migliorativo” o perlomeno “adattativo”.
Allo stesso modo è difficile prevedere perfettamente il risultato della crescita finale della faccia di un bambino, in
quanto i fattori ambientali in gioco (teoria della matrice funzionale di Moss) sono molteplici e variamente
combinati. Ma è possibile prevedere di sicuro l’andamento delle sue traiettorie di crescita perché tipiche della specie.
Di nuovo siamo in materia ortognatodontica: ancora un elemento chiave “nuovo” è rinvenuto nell’embriologia, punto
di riferimento per l’ortodonzia (il cui studio si apre proprio con la descrizione del processo ontogenetico della formazione
delle strutture in oggetto), ma anche, aggiunge la Dambricourt-Malassé, della paleoantropologia, a lungo tenuta slegata
da questa materia.
L’embriologia (e quindi l’ontogenesi) ricapitola la filogenesi.
Il progressivo chiudersi dell’angolo sfenoidale e il ripiegamento del polo cefalico dell’embrione ricapitola in poche
settimane milioni di anni evolutivi.
Compito dell’ortodontista, nel curare i quadri malformativi cranio-facciali, è riportare la crescita del piccolo bambino
(prima dei 6 anni, secondo M.J.Deshayes) sull’attrattore Sapiens. (continua)