[Numero 32 - Articolo 1. Dicembre 2008] Il dolore cronico può modificare la struttura del cervello. Titolo originale: "Chronic pain may change the structure of the brain" Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Pain 30 June 2008 (Vol. 137, Issue 1, Pages 7-15) Recensione a cura di: Renato Seller Indirizzo dell'articolo: Visita Parole chiave: Encefalo, dolore cronico, plasticità neurale; morfometria voxel (VBM) Introduzione Nell’ultimo decennio di ricerche algologiche, è stato rilevata l’esistenza di connessioni tra le aree che trasmettono il dolore nel sistema nervoso centrale e la neurobiologia del dolore viene intesa sempre di più come un’integrazione delle attività di diverse strutture neuronali. Recenti scoperte neurobiologiche hanno rilevato nel dolore cronico un alterato biochimismo cerebrale locale ed una riorganizzazione corticale funzionale conseguenze di processi di neuroplasticità. Ad esempio, l’amputazione di un arto è molto spesso accompagnata da dolore dell’arto fantasma: in questi pazienti la deafferentazione conduce ad una riorganizzazione della corteccia in cui i campi di rappresentazione di aree contigue si spostano verso la zona di rappresentazione dell’arto amputato. Questa “riorganizzazione funzionale” è stata scoperta anche nei pazienti affetti da mal di schiena cronico nei quali è stato riscontrata un’espansione della rappresentazione corticale della schiena all’interno dell’area adiacente del piede e della gamba. In pazienti affetti da dolore regionale cronico ad un braccio (CRPS Tipo I), è stata scoperta una riduzione dell’area di rappresentazione corticale del braccio malato e l’estensione della riduzione risultava altamente correlata con l’intensità del dolore; è degno di nota sottolineare che i cambiamenti funzionali risultavano dinamici in quanto la riorganizzazione corticale risultava reversibile con il miglioramento delle condizioni cliniche. Poiché qualsiasi attività significativa che richiede una specifica funzione, incluso l’apprendimento di un compito specifico, può potenzialmente alterare la struttura del cervello e poichè l’inizio della cronicizzazione del dolore coinvolge l’input nocicettivo, ci si aspetta che cambiamenti strutturali dovuti a plasticità neuronale avvengano nelle aree che modulano i processi nocicettivi ed antinocicettivi. Sorgono quindi due domande fondamentali a cui si tenterà di dare risposta in questa metanalisi utilizzando gli studi più recenti che hanno utilizzato immagini della struttura cerebrale di pazienti affetti da dolore cronico Esiste una qualche certezza che gli individui che soffrono di dolore cronico mostrino una alterata morfologia cerebrale in strutture legate alla percezione e alla reazione comportamentale al dolore quali il talamo, l’insula, la corteccia sensitivomotrice e le vie nocicettive discendenti? Queste alterazioni sono la causa o la conseguenza della cronicizzazione? Immagini della struttura cerebrale In passato gli studi sulla morfologia cerebrale derivavano completamente da materiale autoptico; questa situazione è mutata con l’avvento dei moderni metodi di acquisizione di immagini in vivo ed in particolare con la risonanza magnetica (MR). Tutti i metodi basati sulla MR che esplorano la morfologia cerebrale sono indicati con il termine di morfometria MR del cervello. La morfometria voxel (VBM) è la tecnica di RM applicata più frequentemente per la morfometria cerebrale; è relativamente facile da usare, richiede poche risorse, costituisce lo strumento ideale per individuare i substrati morfologici delle malattie, permette di approfondire la comprensione delle relazioni tra struttura e funzioni del cervello e di monitorare gli interventi terapeutici. In base a queste considerazioni verranno analizzati gli studi morfometrici più recenti che riguardano il dolore cronico. Mal di schiena cronico In molti paesi, il mal di schiena è una delle più frequenti situazioni dolorose; il 75-80% delle persone ha sofferto di mal di schiena nel corso della vita. I meccanismi di cronicizzazione sono oggetto di intense ricerche e dibattiti. L’innovativo lavoro di Apkarian che ha impiegato sofisticati metodi di analisi morfo-metrica in 17 pazienti affetti da mal di schiena cronico ha individuato una diminuzione della materia grigia nella corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC) bilateralmente e nel talamo destro ed ha suggerito che la fisiopatologia del dolore include processi talamo-corticali e che l’atrofia cerebrale rilevata può essere dovuta a degenerazione neuronale. Questo studio è stato ripetuto ed in parte confermato da Schmidt che ha analizzato 18 pazienti confrontandoli con soggetti sani ed ha rilevato ugualmente una diminuzione della materia grigia nella corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC) ma anche un aumento della materia grigia del talamo ed una sua ulteriore diminuzione nel ponte dorsolaterale e nella corteccia sensitivo motrice. Le analisi di correlazione hanno suggerito che la diminuzione di materia grigia cerebrale non è correlata con la durata del dolore, ma piuttosto con l’intensità e la spiacevolezza provate. In base a tali studi si può affermare che il mal di schiena cronico è associato ad alterazioni morfologiche in strutture cerebrali note per il loro ruolo cruciale nel processo anti-nocicettivo e che tali alterazioni sono correlate all’intensità ed alla spiacevolezza del dolore. Dolore dell’arto fantasma A seguito di deafferentazione sensoriale di un arto la riorganizzazione corticale funzionale, come è stato rivelato da immagini provenienti da MR e PET, è legata ad una massiccia espansione delle aree corticali contigue, Queste scoperte portano al concetto di “plasticità male-adattata“ che sfida il presupposto di un effetto benefico obbligatorio della plasticità funzionale in termini di adattamento e recupero delle funzioni dopo una lesione del sistema nervoso con una perdita di input afferenti. Per provare l’ipotesi che la perdita di input afferente può alterare la struttura del cervello umano adulto, abbiamo sottoposto a morfometria voxel (VBM) 28 persone che avevano subito amputazioni traumatiche unilaterali dell’arto superiore od inferiore comparandola con quella di altre 28 persone di confronto della stessa età e sesso rilevando una riduzione specifica della materia grigia nel talamo postero laterale nei pazienti amputati rispetto ai volontari sani. Una correlazione positiva tra queste variazioni strutturali ed il tempo trascorso dall’amputazione conferma l’ipotesi che queste alterazioni possono avvenire in seguito ad assenza cronica di informazioni sensoriali. Sono state inoltre rilevate sottili alterazioni strutturali quali diminuzione di materia grigia nella corteccia cingolata anteriore e posteriore,aree coinvolte nella elaborazione e nella modulazione del dolore. Questi dati rinforzano i concetti di “plasticità male-adattata“ e di “memoria del dolore” i cui aspetti soggettivi sono stati descritti da Katz e Melzack . Cefalea cronica Il mal di testa cronico giornaliero (CDH), definito come mal di testa che si manifesta per 15 o più giorni al mese è un disturbo frequente. I due sottotipi più frequenti sono il mal di testa di tipo tensivo cronico (CTTH) e quello da abuso di farmaci (MOH) . Mentre la cefalea censiva cronica è ancora difficile da curare, quella da abuso di farmaci mostra un deciso miglioramento a seguito della sospensione dei farmaci. Ci si chiede se i due distinti sottotipi di cefalea cronica possano essere distinguibili a livello morfo-metrico. Usando la morfometria voxel in 40 pazienti affetti da cefalea cronica (20 affetti da cefalea censiva e 20 da abuso di farmaci) e confrontandoli con soggetti sani di controllo, solamente i pazienti affetti da cefalea tensiva hanno mostrato una diminuzione significativa della materia grigia nel ponte dorsale rostrale e ventrale, nelle aree BA 24, BA 31, BA 23 destra della corteccia cingolata, nell’insula anteriore e posteriore bilateralmente, nel lobo temporale posteriore destro, nella corteccia orbito-frontale e del paraippocampo bilateralmente e nel cervelletto destro. Questa diminuzione di materia grigia era legata direttamente alla durata del mal di testa in termini di anni: i pazienti affetti da cefalea da più tempo avevano meno materia grigia in queste regioni. Il fatto che questo cambiamento nella materia grigia nei pazienti affetti da cefalea tensiva cronica coinvolge principalmente strutture coinvolte nell’elaborazione del dolore potrebbe essere sia la causa che la conseguenza del mal di testa cronico. Al momento, questi dati suggeriscono che nonostante la cefalea tensiva cronica e quella da abuso di farmaci abbiano alcuni tratti in comune, quale il dolore cefalgico frequente, la loro patogenesi differisce significativamente, come risulta anche dalle diverse caratteristiche cliniche del dolore e dalla diversa risposta alle terapie. Emicrania Uno studio pubblicato da Rocca ha esaminato 16 pazienti affetti da emicrania rilevando in questi pazienti una ridotta densità di materia grigia nella corteccia cingolata anteriore, nell’insula anteriore e nei lobi temporali ed ha descritto inoltre una densità maggiore nel ponte dorso-laterale. Un secondo studio ha analizzato 35 pazienti che soffrivano di emicrania comparandoli con 31 soggetti sani ed un terzo studio ha esaminato 27 pazienti affetti da emicrania comparandoli con 27 soggetti sani. Questi due ultimi studi hanno rivelato una diminuzione significativa della materia grigia nelle aree ascrivibili alla trasmissione del dolore (corteccia cingolata), ma non in aree specifiche per l’emicrania, come nel tronco cerebrale. Una possibilità che spiega questa discrepanza è l’impiego di tecniche di indagine più sensibili da parte del gruppo Italiano nell’individuare minute alterazioni. Una caratteristica impressionante di questi tre studi è il fatto che i cambiamenti riscontrati della materia grigia non sono distribuiti casualmente, ma interessano aree cerebrali definite e funzionalmente molto specifiche coinvolte nell’elaborazione nocicettiva sovraspinale. Poiché la maggioranza dei cambiamenti è correlata alla durata del dolore, sembra plausibile sostenere che le alterazioni di queste regioni siano una conseguenza, piuttosto che una causa, di input nocicettivi frequenti. Una questione molto interessante per gli studi futuri è se i cambiamenti morfologici siano reversibili, una volta cessata l’emicrania con il progredire dell’età e quindi la sproporzionata stimolazione nocicettiva. Fibromialgia e sindrome dell’intestino irritabile Un recente lavoro di Kuchinaud ha esaminato mediante metodi morfometrici, il cervello di 10 pazienti donne affette da fibromialgia e di 10 donne sane di controllo. Nonostante l’esiguità del campione, è stata riscontrata una riduzione della materia grigia nella circonvoluzione cerebrale paraippocampale sinistra, in quella bilaterale medio-posteriore del giro cingolato, nell’insula sinistra e nella corteccia frontale mediale. Uno studio molto recente ha analizzato pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile (IBS); gli autori descrivono un assottigliamento significativo della corteccia cingolata anteriore destra, dell’insula anteriore bilateralmente e del talamo anteriore/medio. Queste scoperte mostrano una significativa similitudine con le scoperte sovra-menzionate relative ad altre sindromi dolorose croniche, suggerendo una patogenesi comune. I pazienti affetti da dolore cronico hanno un’impronta cerebrale comune? Gli studi morfo-metrici nel dolore cronico indicano l’importanza della neuroplasticità nel dolore cronico. La dimostrazione in vivo di una perdita di materia grigia cerebrale nei pazienti affetti da dolore cronico potrebbe rappresentare il substrato neuro-anatomico della memoria del dolore. Tutti gli studi tranne uno hanno mostrato alterazioni strutturali in aree cerebrali specifiche correlate al dolore. Queste alterazioni, anche se diverse nelle varie sindromi, coinvolgevano gli stessi sistemi funzionali; la situazione più frequente è risultata una riduzione di materia grigia nella corteccia cingolata, nella corteccia orbitofrontale, nell’insula e nel ponte dorsale indicando una base comune. I dati indicano che la corteccia cingolata presenta alterazioni nel dolore cronico sollevando alcune questioni inerenti i circuiti del dolore cronico. L’insula anteriore e la corteccia cingolata anteriore funzionano come strutture integrate; quest’ultima risulta particolarmente interessante, poiché gioca un ruolo determinante nella modulazione del dolore e nell’analgesia. Il suo ruolo analgesico e modulatorio inoltre è mediato dall’interazione con altre strutture, quali la corteccia orbito-frontale e l’amigdala, strutture che hanno anche mostrato alterazioni in alcuni degli studi qui menzionati. L’evidenza dell’importanza della corteccia anteriore cingolata come punto cruciale per il controllo endogeno del dolore è stata osservata anche nella modulazione terapeutica del dolore, nell’anticipazione del dolore e nell’analgesia da placebo. La diminuzione di materia grigia nelle regioni cerebrali altamente associate alla soppressione del dolore potrebbe condurre alla disfunzione di un efficace processo anti-nocicettivo. L’anormalità dei sistemi nocicettivi del cervello, all’inizio transitoria, può divenire permanente con il persistere della malattia, e potrebbe in parte spiegare il passaggio dal dolore acuto a quello cronico. Molto di recente, e usando un approccio metodologico diverso, Karen Davis ed altri sono stati in grado di dimostrare che i pazienti affetti dalla sindrome dell’intestino irritabile presentano un assottigliamento corticale significativo della corteccia cingolata anteriore, una scoperta straordinariamente simile alle scoperte sopramenzionate . Questi dati indicano quindi che i pazienti affetti da dolore cronico hanno una comune “impronta cerebrale” in aree note per il loro coinvolgimento nel controllo del dolore. Plasticità centrale: causa o conseguenza? Non si comprende perché solo pochi individui sviluppino una sindrome di dolore cronico, considerando che il dolore è un’esperienza universale. Dato che il cervello umano adulto può mutare la sua struttura in reazione a fattori ambientali, ci si chiede se in alcuni esseri umani una differenza strutturale (forse su base genetica) nei sistemi centrali di trasmissione del dolore possa agire come una diatesi nello sviluppo del dolore cronico. I recenti dati derivanti da questo articolo indicano che i cambiamenti strutturali rilevati nel cervello possono derivare da fenomeni di plasticità neuronale. Considerare il dolore cronico come risultato di “plasticità male-adattata“ va contro il presupposto che la plasticità funzionale in termini di adattamento e recupero della funzione dopo una lesione al sistema nervoso sia necessariamente benefica. Non ci sono dati conclusivi inerenti la causa o la conseguenza dei diversi cambiamenti morfologici corticali e sub-corticali rilevati, sebbene la correlazione tra durata del dolore e grado della diminuzione della materia grigia in molti studi suggeriscano che i cambiamenti morfologici siano dovuti al dolore costante. La sfida per gli studi futuri Non conosciamo la causa della diminuzione nella materia grigia settoriale rilevata in tutti gli studi attribuibile o ad una riduzione delle dimensioni cellulari, o ad atrofia cellulare o ad una diminuzione delle connessioni sinaptiche. Elementi importanti alla comprensione delle cause di questi cambiamenti strutturali deriveranno da studi elettrofisiologici e genetici. Una delle domande fondamentali è se le alterazioni strutturali nelle aree cerebrali connesse al dolore precedano o susseguano al processo di cronicizzazione. Sono necessari studi longitudinali accurati che stabiliscano se i cambiamenti morfologici siano reversibili una volta terminata la quantità sproporzionata di stimolazione nocicettiva anche a seguito di efficaci terapie antalgiche. Un’altra domanda cruciale è se una stimolazione dolorosa ripetuta possa alterare la struttura di un cervello umano sano; potrebbe verificarsi che il cervello di alcuni soggetti mostri una “reazione sana” come abitudine o aumento delle rispettive strutture cerebrali, mentre in altri, quali i pazienti affetti da dolore cronico, possano verificarsi reazioni diverse o perfino opposte. Ulteriori studi, potrebbero stabilire se le alterazioni morfometriche rilevate e descritte in questo studio siano la causa o la conseguenza del dolore cronico. La neuroscienza moderna affronta la sfida di svelare i complessi meccanismi regolatori che sono alla base della riorganizzazione neuronale a breve e a lungo termine che può verificarsi durante tutta la vita a seguito di cambiamenti ambientali . Commento all’articolo Questa metanalisi ha rilevato che i pazienti affetti da mal di schiena cronico, sindrome dell’intestino irritabile, fibromialgia, dolore da arto fantasma, e cefalea tensiva cronica presentano alterazioni morfologiche cerebrali di tipo atrofico in alcune specifiche aree deputate alla percezione, all’elaborazione ed alla modulazione del dolore e tra loro integrate. Queste alterazioni, attribuibili a fenomeni di neuroplasticità, sono state riscontrate nel giro cingolato, nella corteccia orbito-frontale, nell’insula e nella regione dorsale del ponte Poiché sembra che i pazienti affetti da dolore cronico abbiano questa comune “impronta cerebrale” in aree coinvolte nella regolazione del dolore, ci si chiede se questi cambiamenti siano la causa o la conseguenza del dolore cronico. Secondo l’Autore queste modifiche strutturali possono rappresentare il substrato neuro-anatomico della memoria del dolore. L’autore suggerisce che i cambiamenti della materia grigia osservati sono la conseguenza dei frequenti input nocicettivi, transitori all’inizio della sindrome dolorosa, permanenti con il persistere della malattia, spiegando quindi il passaggio da dolore acuto a dolore cronico, ma potrebbero essere reversibili a seguito di idonea terapia antalgica. Importanza per la Medicina Generale Trattare adeguatamente e tempestivamente il dolore nelle sue fasi iniziali oltre a costituire un obbligo morale per il medico, impedisce una sua possibile cronicizzazione a causa di fenomeni neuroplastici alla base della “memoria del dolore” individuati in questo lavoro in processi atrofici in precise strutture cerebrali deputate alla percezione, all’elaborazione ed alla modulazione del dolore . Un adeguato trattamento antalgico inoltre, secondo l’Autore, sarebbe in grado di rendere reversibili le alterazioni atrofiche individuate. © 2006-2008 Progettoasco.it