IDONEITA' ALBERGHIERO
SCIENZA E CULTURA DELL'ALIMENTAZIONE
- Principi Nutritivi
- Larn
- Antiossidanti
- Il Metabolismo
- La Digestione/Apparato Digerente
- I Grassi Animali
- Alimenti di Origine Vegetale
- Allergie: Alimenti di Origine Animale
- Gli Additivi Alimentari
- Metodi Chimici per la Conservazione degli Alimenti
- Tecniche di Cottura
PRINCIPI NUTRITIVI
Premessa: Cos'è la dieta?
La parola “dieta” deriva dal greco (… ) e significa “stile di vita”, ma in tanti
associano la parola dieta a immagini di digiuni e sacrifici. Questo, però, è un mito da
sfatare: la dieta, infatti, non è altro che la quantità di principi nutritivi che bisogna
assumere quotidianamente perché il corpo possa svolgere tutte le sue attività e
mantenersi in salute. Non c'è una dieta buona per tutti, perché ogni dieta va praticata
in base alle necessità di ognuno, che sono molto diverse.
I cibi contengono un insieme di sostanze chimiche definite principi alimentari.
Attraverso i processi digestivi, i principi alimentari degli alimenti si scindono in unità
più semplici, pronte per essere assorbite e utilizzate dall’organismo: i principi
nutritivi o nutrienti.
I principi nutritivi contenuti negli alimenti si possono dividere in composti organici
e composti
inorganici :
Composti organici
1. GLUCIDI o zuccheri o carboidrati
2. PROTIDI o proteine
3. LIPIDI o grassi
4. VITAMINE
Composti inorganici
1. SALI MINERALI
2. ACQUA
La nutrizione è l’insieme dei processi biochimici attraverso i quali l’organismo
utilizza i principi nutritivi per soddisfare tre fondamentali funzioni :
- costruttiva o plastica;
- energetica;
- bioregolatrice o protettiva.
Una corretta nutrizione deve assicurare, in modo equilibrato, tutti i nutrienti di cui le
cellule hanno bisogno per la vita dell’organismo.
Dal punto di vista chimico, i principi nutritivi assunti con la nutrizione, si riscontrano
in percentuali variabili nella composizione media del corpo umano.
GLUCIDI
Il termine glucidi deriva dal greco “glykys” = dolce. Sono detti anche zuccheri,
carboidrati o idrati di carbonio, e rappresentano la più importante fonte di energia di
immediata utilizzazione.
La loro funzione principale è dunque quella energetica:
1 g di GLUCIDI = 4 Kcal
Sotto forma di glicogeno, rappresentano nei muscoli e nel fegato, la riserva
energetica di rapida utilizzazione.
Altre funzioni:
- Protettiva: sono importanti per il fegato in quanto agiscono sul risparmio proteico e
svolgono un’ attività antichetogena nei confronti dei lipidi. La riserva glucidica rende
il fegato più resistente all’attacco di batteri, virus, tossine.
- Plastica: sono i costituenti degli acidi nucleici, delle glicoproteine e dei glicolipidi.
Negli alimenti troviamo glucidi con diversa struttura chimica, e schematicamente
possiamo distinguerli in glucidi semplici e glucidi complessi.
I glucidi semplici, sono presenti nello zucchero da cucina, nel latte, nel miele, nella
frutta, negli ortaggi, nelle marmellate e nei dolciumi in genere. Essi vengono
rapidamente assorbiti dall'organismo e la loro energia si rende disponibile in pochi
minuti.
I glucidi complessi (amido) si trovano soprattutto in riso, pasta, pane, patate, legumi.
Essi vengono assorbiti più lentamente e pertanto la loro energia si rende disponibile
in modo graduale.
In base al numero di molecole costituenti, i glucidi possono essere classificati in:
- monosaccaridi, costituiti da una singola molecola;
- oligosaccaridi, costituiti da 2 a 10 molecole di monosaccaridi, di cui i più
importanti sono i disaccaridi (2 unità);
- polisaccaridi, costituiti da più di 10 fino a diverse migliaia di molecole di
monosaccaridi
FABBISOGNO GLUCIDICO
In una dieta equilibrata di un adulto, i glucidi devono fornire il 55 – 65 % delle
calorie totali giornaliere.
* La quota glucidica complessiva non deve mai essere inferiore al 50% delle calorie
totali.
FIBRA ALIMENTARE
La fibra alimentare costituisce la frazione di glucidi non disponibili, cioè che non
sono digeriti e assorbiti dal nostro apparato digerente.
La cellulosa è il componente principale della fibra, ma tuttavia è corretto considerare
la fibra alimentare come un insieme di composti di origine vegetale che possono
essere solubili o insolubili in acqua.
L’importante ruolo che la fibra svolge in alimentazione è stato evidenziato con la
rivalutazione dei prodotti integrali (in particolare i cereali integrali e, naturalmente,
frutta e verdura) nel prevenire certe malattie dell’apparato digerente come stipsi,
diverticolosi, diabete, obesità, iperlipemie e alcune forme di tumore del colon – retto.
E’ preferibile consumare almeno 30 g al giorno di fibra alimentare (meglio se
presente naturalmente negli alimenti piuttosto che in prodotti a base di crusca).
Il consumo di fibra produce effetti positivi quali:
1) favorire il transito intestinale e quindi prevenire la stipsi;
2) prevenire l’accumulo di sostanze tossiche nell’intestino;
3) favorire il senso di sazietà gastrica e prevenire l’iperalimentazione.
E’ invece sconsigliato il consumo di fibra in presenza di stati di infiammazione
intestinale.
Infine, bisogna considerare che elevate quantità di fibra contengono acido fitico il
quale impedisce, a livello intestinale, l’assorbimento di calcio, ferro, zinco e
magnesio.
PROTIDI
Il termine proteine deriva dal greco “pròtos” = primo, e sta a significare che queste
sostanze sono le “prime” della vita.
I protidi o proteine sono i composti organici maggiormente presenti nelle cellule, e
presentano una notevole importanza biologica e nutrizionale.
Svolgono una funzione essenzialmente plastica, in quanto molti composti di questa
classe formano le parti strutturali della cellula. Molte proteine costituiscono enzimi,
ormoni ed altre sostanze che regolano tutte le reazioni biochimiche del metabolismo.
Dal punto di vista chimico, i protidi sono formati da piccole unità dette aminoacidi.
Gli aminoacidi necessari sono 22 ma, di questi, solo 8 sono considerati essenziali
(A.A.E.) perchè l'organismo umano non è in grado di sintetizzarli (produrli) ma
devono essere assunti con il cibo.
Gli A.A.E., per l’uomo adulto, sono 8:
- leucina;
- isoleucina;
- fenilalanina;
- valina;
- treonina;
- metionina;
- triptofano;
- lisina.
Per il bambino, invece, nei primi anni di vita, gli A.A.E sono 10, in quanto ai
precedenti A.A.E si aggiungono:
- istidina;
- arginina.
In base alla composizione qualitativa e quantitativa degli A.A.E, ogni proteina può
essere distinta, dal punto di vista nutrizionale, in base al proprio valore biologico.
Il valore biologico ci permette di stabilire la qualità di una proteina in base alla
presenza o meno degli aminoacidi essenziali (A.A.E.), e precisamente si dicono:
- proteine ad alto valore biologico o complete, quelle che contengono in quantità
nutrizionalmente utili gli 8 A.A.E.. Sono le proteine di uova, carne, pesce, latte e
formaggi;
- proteine a medio valore biologico o parzialmente complete, quelle che non risultano
ben equilibrate in A.A.E. poiché uno o più di essi non sono presenti in quantità
significative ai fini nutrizionali. Sono le proteine di legumi e lievito;
- proteine a basso valore biologico o incomplete, quelle che non contengono uno o
più
A.A.E. e pertanto non sono nutrizionalmente valide. Sono le proteine dei cereali.
In termini più precisi, ogni proteina presenta un valore biologico (V.B.) basato sul
contenuto di A.A.E..
Si tratta di un indice valutato come rapporto degli A.A. utilizzati in percentuale dalle
cellule del nostro organismo, rispetto agli A.A. assorbiti:
Dal punto di vista nutritivo è possibile migliorare il valore biologico integrando le
proteine tra loro:
l’associazione di cereali + legumi (es.: pasta e fagioli, riso e piselli, ecc..) aumenta il
V.B. complessivo, perché i cereali mancano dell’ A.A. lisina che però si trova nei
legumi, i quali, a loro volta, sono carenti in metionina e cistina presenti nei cereali.
FUNZIONI NUTRIZIONALI DEI PROTIDI
Le proteine sono importanti in quanto svolgono le seguenti funzioni:
- plastica o costruttrice: costituiscono le parti strutturali delle cellule
dell’organismo;
- regolatrice: fanno parte della composizione di enzimi, ormoni ed altri costituenti di
grande importanza biologica;
- energetica:
1 g di PROTIDI = 4 Kcal
FABBISOGNO PROTEICO
Nella dieta equilibrata di un adulto, i protidi devono corrispondere a circa 1 g per Kg
di peso corporeo al giorno.
Soddisfano circa il 10% del fabbisogno calorico giornaliero.
* Nell’adulto è considerato ottimale il consumo di:
- 1/3 di proteine animali (carne, pesce,…);
- 2/3 di proteine vegetali (cereali, legumi,..).
LIPIDI
Il termine lipide deriva dal greco “lipos” = grasso. I lipidi o grassi sono sostanze
eterogenee tra di loro, aventi in comune le caratteristiche di essere untuose, insolubili
in acqua, solubili in solventi chimici come alcol, etere, cloroformio, e di avere peso
specifico inferiore a 1 (galleggiano nell’acqua).
Sono importanti dal punto di vista alimentare perché costituiscono la sorgente più
concentrata di energia di cui può disporre l’organismo.
I lipidi di maggior interesse nutrizionale sono i gliceridi (es.: trigliceridi), perché
costituiscono il 98 – 99 % dei lipidi alimentari, ed il colesterolo. Altri lipidi
importanti per le attività vitali dell’organismo sono i fosfolipidi ed i glicolipidi.
I gliceridi sono dei composti chimici che derivano dall’esterificazione (= unione con
eliminazione di acqua) di una molecola di glicerolo con acidi grassi.
Gli acidi grassi che si uniscono al glicerolo nella reazione di esterificazione possono
essere saturi o insaturi.
Gli acidi grassi saturi prevalgono generalmente nel mondo animale (formaggi,
burro, prodotti lattiero-caseari non scremati, alcuni tagli di carne, insaccati) e
presentano la caratteristica di avere tutti legami semplici lungo la catena carboniosa.
Il consumo eccessivo degli acidi grassi saturi favorisce l'aumento di peso fino
all'obesità, malattie cardiovascolari, alcuni tumori e vari tipi di infiammazione.
Gli acidi grassi insaturi prevalgono invece nei vegetali, nei pesci, e presentano la
caratteristica di avere uno o più doppi legami lungo la catena carboniosa. Si
definiscono rispettivamente monoinsaturi se hanno un doppio legame, polinsaturi se
hanno due o più doppi legami.
Un importante acido grasso monoinsaturo è l’acido oleico (abbondante nell’olio di
oliva); gli acidi grassi monoinsaturi contribuiscono a normalizzare i livelli di
colesterolo nel sangue e sembrano inoltre possedere un'azione protettiva contro le
infiammazioni e l'evoluzione di alcuni tumori.
Gli acidi grassi polinsaturi sono contenuti in olio di girasole, olio di mais, ecc.;
poiché sono sensibili al calore, non devono essere cotti: la scelta del grasso adatto
alla frittura è molto importante, in quanto non deve decomporsi e formare sostanze
dannose come l’acroleina. Una buona scelta è l’olio di oliva per la sua
termoresistenza e, tra gli oli di semi, è indicato l’olio di arachide per l’elevato punto
di fumo.
Gli acidi grassi essenziali (A.G.E., detti così perché non sintetizzabili
dall’organismo ma necessariamente introdotti con gli alimenti) sono costituiti dai
seguenti acidi grassi polinsaturi alimentari:
- acido linoleico, della serie omega – 6 (ω-6);
- acido α-linolenico, della serie omega – 3 (ω3).
L’apporto dietetico giornaliero raccomandato per l’uomo adulto (LARN 1996) è di 6
g per gli ω-6, e di 1,5 g per gli ω-3. I primi sono presenti soprattutto nell’olio di
oliva, di mais, di vinaccioli e di soia, mentre i secondi si trovano in buona quantità
nel pesce “azzurro”.
Gli A.G.E. svolgono un importante ruolo biologico perché:
- sono i costituenti della membrana cellulare e, a livello del sangue, ostacolano la
deposizione di colesterolo nelle arterie prevenendo l’aterosclerosi;
- sono i precursori delle prostaglandine, composti ad attività biologica molto varia.
Nel gruppo delle prostaglandine, si classificano:
- le prostaglandine (PG) propriamente dette, che comprendono un gruppo di sostanze
la cui struttura di base è l’acido prostanoico. Sono sostanze capaci di modificare la
pressione sanguigna, di impedire l’aggregazione piastrinica, di liberare gli acidi
grassi dal tessuto adiposo e di stimolare la muscolatura liscia;
- i trombossani (TX), che agiscono sull’aggregazione piastrinica e stimolano la
contrazione muscolare liscia;
- i leucotrieni (LT), che intervengono a livello di circolazione sanguigna;
- gli idrossiacidi (HETE), che favoriscono la migrazione dei leucociti del sangue.
Gli acidi grassi insaturi possono essere sottoposti a processi di saturazione del doppio
legame (idrogenazione): questo fenomeno, sfruttato nella idrogenazione industriale
dei trigliceridi, consiste sostanzialmente nella trasformazione catalitica degli oli
(prevalenza di acidi grassi insaturi) in grassi (prevalenza di acidi grassi saturi), per
aggiunta di idrogeno.
La margarina e i grassi idrogenati alimentari che si ottengono appunto per
idrogenazione, sono quindi prodotti artificiali in quanto non si trovano come tali in
natura.
COLESTEROLO
Il colesterolo è il costituente fondamentale delle membrane cellulari ed è il
precursore degli ormoni steroidei (es.: aldosterone, cortisolo, progesterone), degli
acidi biliari, della vitamina D (sotto forma di 7- deidrocolesterolo).
E’ importante considerare che solo il 10 – 15 % del colesterolo presente nel sangue
proviene dalla dieta (alimenti di origine animale: es. tuorlo d’uovo, burro, cervello,
fegato, ecc..); la parte restante è di origine endogena prodotta dal fegato.
Nel nostro organismo può circolare sia libero che combinato (esterificato) con acidi
grassi.
Il colesterolo viene trasportato nel sangue dalle lipoproteine di trasporto che
svolgono un ruolo fondamentale nella formazione delle placche di ateroma.
Le LDL (low density lipoprotein) che trasportano il colesterolo del sangue alle
strutture cellulari dei tessuti. Questo tipo di colesterolo è detto colesterolo cattivo
perché tende a depositarsi nei vasi arteriosi. L’eccesso di LDL-colesterolo nel sangue
costituisce un rischi per l’aterosclerosi e le malattie cardiovascolari.
Le HDL (high density lipoprotein) che trasportano il colesterolo dalle strutture
cellulari al fegato dove viene eliminato attraverso la bile. L’ HDL-colesterolo è detto
colesterolo buono ed agisce positivamente nella prevenzione dell’aterosclerosi e delle
malattie cardiovascolari.
In genere, si può affermare che una dieta ricca di sostanze lipidiche con acidi grassi
saturi, favorisce un aumento delle LDL e con esse LDL-colesterolo nel sangue. Al
contrario, una dieta povera di lipidi o con lipidi costituiti da acidi grassi insaturi,
favorisce una diminuzione del colesterolo totale.
FUNZIONI NUTRIZIONALI DEI LIPIDI
I lipidi sono importanti in quanto svolgono le seguenti funzioni:
- energetica di riserva: i lipidi di deposito (trigliceridi) si accumulano nel tessuto
adiposo.
1 g di LIPIDI = 9 Kcal
- bioregolatrice: alcune sostanze come gli ormoni steroidei e le prostaglandine
agiscono da composti bioregolatori del metabolismo.
- strutturale: i lipidi cellulari sono i costituenti delle membrane cellulari e della
guaina mielinica dei nervi.
FABBISOGNO LIPIDICO
In una dieta equilibrata di un adulto, i lipidi non devono mai superare il 30% delle
calorie totali. E’ consigliata la quota pari al 20 – 25 % delle calorie totali.
* ATTENZIONE all’apporto dei cosiddetti grassi invisibili che si trovano nei vari
alimenti (es.: carne, pesci, uova, formaggi, frutta oleosa, ecc..).
La quota massima accettabile di colesterolo alimentare è di 300 mg al giorno
(indicazioni O.M.S.).
LARN
LINEE GUIDA PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE
I Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti (LARN) si riferiscono
alla quantità di calorie e di principi nutritivi consigliati per favorire i bisogni
nutrizionali della popolazione italiana, suddivisa in diversi gruppi (età, sesso,
gravidanza, allattamento). Tali indicazioni mirano a proteggere l'intera popolazione
dal rischio di carenze nutrizionali, a fornire elementi utili per valutare l'adeguatezza o
meno della dieta media della popolazione e a pianificare la politica degli
approvvigionamenti nazionali nonché l'alimentazione di comunità.
Le Linee guida per una sana alimentazione indicate dall’Istituto Nazionale di Ricerca
per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), indicano l’importanza della varietà degli
alimenti allo scopo di avere un apporto adeguato di nutrienti necessari per una
crescita armonica contribuendo alla diffusione di abitudini alimentari
corrette.Forniscono al consumatore, quindi, semplici informazioni utili a garantire
benessere e salute senza dover rinunciare al gusto e al piacere della buona tavola:
1. controllare periodicamente il peso corporeo e fare attività fisica costante;
2. incrementare il consumo di cereali, legumi, ortaggi e frutta;
3. selezionare la qualità dei grassi e limitarne la quantità;
4. consumare una quantità moderata di zuccheri, dolci e bevande zuccherate;
5. bere ogni giorno acqua in abbondanza;
6. utilizzare poco sale;
7. moderare, o meglio evitare, l'utilizzo di bevande alcoliche;
8. seguire un'alimentazione varia.
ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA
Per alimentazione bilanciata o equilibrata si intende un modo di alimentarsi corretto
sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
L'alimentazione equilibrata ha la finalità di garantire un apporto adeguato di energia e
di nutrienti, prevenendo sia carenze che eccessi nutrizionali (entrambi dannosi).
Importanza di una Dieta Varia
Per essere equilibrata l'alimentazione deve anche essere varia. In questo modo, infatti,
è più probabile che vengano assunti nelle giuste quantità tutti i nutrienti di cui
l'organismo ha bisogno. Inoltre, sono minimizzate le conseguenze negative derivanti
dall'ingestione di sostanze potenzialmente nocive, che possono essere presenti sin
dall'origine oppure formarsi in seguito ai processi di lavorazione, conservazione e
cottura dell'alimento.
Vecchia Piramide degli Alimenti
All'inizio degli anni 90' negli Stati Uniti è stata diffusa la cosiddetta piramide degli
alimenti, con lo scopo di fornire una semplice guida nella scelta del cibo e delle
giuste porzioni. I cibi presenti alla base del poligono erano quelli da consumare in
maggiore quantità e, mano a mano che si saliva verso l'apice della piramide,
occorreva diminuire l'apporto dei vari alimenti rappresentati in figura.
La piramide è stata realizzata per diffondere alla popolazione statunitense un
messaggio breve ma incisivo: i grassi fanno male e i carboidrati complessi fanno
bene. La trasmissione di un segnale di questo tipo era fondamentale per ridurre la
presenza di grassi nell'alimentazione americana.
L'invito a ridurre l'apporto lipidico derivava dall'osservazione che nei Paesi
occidentali il consumo abbondante di lipidi si accompagnava ad un'alta incidenza di
malattie cardiovascolari.
Successivamente numerose evidenze scientifiche dimostrarono che questa
correlazione è valida soltanto se si consuma un eccesso di grassi saturi. Al contrario,
gli acidi grassi polinsaturi omega-3 riducono i livelli dei trigliceridi nel sangue e
come tali sono dotati di un'azione antitrombotica. Inoltre, gli acidi grassi
monoinsaturi (come l'acido oleico presente soprattutto nell'olio di oliva) abbassano i
livelli di colesterolo-LDL, senza intaccare quelli di colesterolo-HDL.
Bisogna inoltre tener presente che non tutti i carboidrati complessi fanno bene. Per
esempio, i cereali raffinati (pane bianco, riso brillato) provocano aumenti più rapidi
della glicemia rispetto a quelli integrali (hanno cioè un più alto indice
glicemico).Inoltre, il processo di raffinazione depaupera il prezioso carico di fibre,
vitamine e sali minerali contenuto nei cibi integrali.
Nella vecchia piramide alimentare non si fa inoltre distinzione tra le diverse fonti
proteiche; oggi, sappiamo invece che è bene privilegiare il consumo di carni bianche
e di pesce, perché più poveri di grassi insaturi, più digeribili e, per quanto riguarda le
specialità ittiche, più ricche di acidi grassi omega-tre. Per contro, bisogna limitare il
consumo di carni rosse, uova e latticini. Infine la frutta secca dev'essere presente,
seppure in quantità limitata, nell'alimentazione quotidiana.
Questi alimenti sono infatti preziosi, perché ricchi di vitamina E e grassi "buoni".
Purtroppo la frutta secca è estremamente calorica e va pertanto consumata con una
certa moderazione (10-20 g al giorno).
La Nuova Piramide per un'alimentazione equilibrata
Sulla base di queste critiche, è stata diffusa una nuova piramide alimentare, alla cui
base si sottolinea l'estrema importanza di attività fisica giornaliera, corretta
idratazione e controllo del peso corporeo.
Le linee guida della nuova piramide per una sana alimentazione, incoraggiano il
consumo (moderato) di grassi salutari e quello di cereali integrali. Al contrario, viene
disincentivato il consumo di carboidrati raffinati e di carne rossa. Questi consigli
dietetici sono stati stilati sulla base di studi epidemiologici, i quali hanno accertato
che alimentarsi in questo modo riduce il rischio di malattie cardiovascolari.
L'esercizio fisico costante e il mantenimento del peso forma consentono invece di
ridurre l'incidenza di molti tipi di tumore.
ANTIOSSIDANTI
Gli antiossidanti sono sostanze in grado di neutralizzare i radicali liberi e proteggere
l'organismo dalla loro azione negativa.
Gli antiossidanti funzionano, nell'organismo, come un gruppo di purificazione che
elimina gli scarti che le cellule lasciano dietro di sé. Tutte le cellule del nostro corpo
hanno una funzione: lavorano 24 ore su 24, costruendo e riparando ossa, muscoli,
pelle ed altri parti del corpo; quando lavorano, le cellule creano anche prodotti di
scarto.
Una sostanza di scarto è proprio il radicale libero; ogni giorno il nostro corpo produce
migliaia di queste molecole altamente reattive. I radicali liberi sono in grado di
danneggiare le strutture cellulari come la membrana plasmatica ed il DNA.
L'azione negativa dei radicali liberi si ripercuote sulla salute dell'intero organismo:
accelerando i processi di invecchiamento cellulare, deprimendo il sistema
immunitario, favorendo l'insorgenza di numerose malattie e forme tumorali. Siamo
inoltre esposti ai radicali liberi a causa di fattori quali: fumo, inquinamento, raggi
UV, scorretta alimentazione, stress, consumo di alcol, prodotti chimici tossici,
pesticidi, esercizi fisici molto faticosi, assunzione di farmaci, antibiotici. Il nostro
organismo riesce a tenere sotto controllo l'attività dei radicali liberi attraverso speciali
sostanze antiossidanti endogene (sintetizzate autonomamente) ed esogene (presenti
negli alimenti).
Nella prima categoria rientrano enzimi come la superossidodismutasi, la catalasi e il
glutatione ridotto. Tra le sostanze non enzimatiche con proprietà antiossidanti
ricordiamo invece la Vitamina E, la Vitamina C, i carotenoidi, i polifenoli e le
antocianine. Se da un lato molti alimenti esercitano un'azione protettiva nei confronti
dei radicali liberi, dall'altro abitudini alimentari scorrette possono aumentarne
l'attività (dieta troppo ricca di grassi animali, consumo eccessivo di oli vegetali e
pesce grasso, eccesso di ferro, intolleranze alimentari). Gli alimenti più pericolosi in
assoluto sono quelli ricchi di lipidi ed in particolare di acidi grassi polinsaturi (pesci,
oli vegetali, frutta secca). La natura ha tuttavia saputo associare a tali nutrienti elevate
quantità di vitamina E in modo da neutralizzare, almeno in parte, la formazione di
radicali liberi.
Da studi recenti, è stato confermato che molte delle malattie più comuni sono
associate ad una carenza di nutrienti antiossidanti. La carenza di antiossidanti può
essere la causa di: Malattia di Alzheimer, Tumori, malattie cardiovascolari, cataratta,
diabete, ipertensione, infertilità, degenerazione maculare del cristallino, morbillo,
malattie mentali, parodontopatie, infezioni delle vie respiratorie, artrite reumatoide.
Per avere un'idea di ciò che vuol dire ossidazione, prendi una mela, tagliala a metà e
lasciala per qualche minuto appoggiata su un piano, noterai che la polpa diventerà più
scura.
ANTIOSSIDANTI ENDOGENI
L'organismo ha sviluppato numerosi meccanismi per proteggersi dagli effetti dannosi
dei radicali liberi; esistono per esempio alcuni enzimi in grado di decomporre e
sequestrare gli agenti ossidanti.
Tra questi antiossidanti endogeni ricordiamo la superossido dismutasi, la catalasi e
l'antiossidante più efficace, il glutatione (la cui integrazione avviene tramite uno degli
amminoacidi precursori, l'N-acetil cisteina).
Il glutatione incorpora il selenio, un antiossidante esogeno che sembra diminuire il
rischio di cancro.
La cellula ha a disposizione anche ulteriori meccanismi di difesa nel caso la funzione
degli antiossidanti endogeni non risulti sufficiente.
Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare del potere antiossidante della melatonina
che secondo alcuni studi supera di cinque volte l'attività "scavenger" (scova rifiuti)
del glutatione.
ANTIOSSIDANTI ESOGENI
Alcune sostanze presenti negli alimenti ed in alcuni integratori alimentari sono in
grado di intervenire favorevolmente nei processi di detossificazione, attivando
sistemi biologici di riparo. Questi antiossidanti naturali sono le vitamine A, C, E, il
selenio, i carotenoidi, il licopene, il coenzima Q-10 e l'acido lipoico.
LA DIGESTIONE
La digestione consiste in una serie di processi che permettono l'introduzione degli
alimenti, la loro scissione in componenti facilmente assimilabili e l'escrezione delle
parti non più utilizzabili.
Tra le varie soluzioni adottate dagli animali, la più semplice è la digestione
intracellulare, che avviene all'interno delle cellule e non richiede strutture
specializzate. È tipica delle spugne, che perciò sono prive dell'apparato digerente. Il
cibo viene inglobato nelle cellule e racchiuso in una vescicola, che successivamente
si fonde con i lisosomi (organuli contenenti enzimi digestivi); le particelle di cibo
vengono demolite in molecole che il citoplasma assorbe. Infine, la cellula elimina i
residui non digeriti.
La maggior parte degli animali compie invece una digestione extracellulare.
La digestione extracellulare
La digestione extracellulare si compie all'esterno delle cellule, in una cavità o un
canale specializzati dove agiscono gli enzimi.
Le fasi in cui si compie la digestione sono quattro:
1.
2.
3.
4.
l'ingestione attraverso un'apertura del corpo (bocca);
la demolizione meccanica e chimica, quest'ultima svolta da enzimi digestivi;
l'assorbimento dei nutrienti;
l'eliminazione delle sostanze non digerite.
Le strutture specializzate per compiere la digestione costituiscono l'apparato
digerente.
L'apparato digerente più semplice si trova nei celenterati; è costituito da una cavità
interna, detta cavità gastrovascolare, dotata di un'unica apertura, attraverso la quale
entra il cibo ed escono i prodotti di rifiuto. Una soluzione di questo tipo richiede che
il cibo ingerito sia digerito prima che la cavità gastrovascolare possa riceverne altro
ed è quindi poco adatta agli animali con elevate richieste energetiche. Per questo
motivo la maggior parte degli animali ha sviluppato evolutivamente un canale
digerente, con due aperture alle estremità, una per ingerire il cibo, l'altra per espellere
i prodotti di rifiuto.
APPARATO DIGERENTE
L'apparato digerente dell'uomo è composto, oltre che dal canale alimentare, da alcuni
organi annessi (ghiandole salivari, fegato, cistifellea e pancreas), che producono
diverse sostanze che contribuiscono alla digestione. Il canale alimentare poi non ha
diametro uniforme e in alcuni tratti si ripiega numerose volte su se stesso al fine di
aumentare la superficie utile per la digestione e l'assorbimento.
Il percorso del cibo è il seguente: dalla bocca passa nella faringe e da qui
nell'esofago; si accumula poi nello stomaco e infine si riversa nell'intestino.
La digestione inizia nella bocca grazie all'azione di sminuzzamento meccanico dei
denti e a quella biochimica della saliva, secreta da tre coppie di ghiandole salivari che
sboccano nel cavo orale. La saliva contiene l'enzima amilasi, che inizia la
demolizione dell'amido (un polisaccaride) in maltosio (uno zucchero disaccaride).
Mentre viene triturato, il cibo è anche fluidificato dalla componente acquosa della
saliva, fino a diventare un impasto a cui si dà il nome di bolo. Il bolo viene deglutito
attraverso la faringe per mezzo di atti coordinati e riflessi della lingua.
La faringe è il canale che collega la bocca con l'esofago e con la trachea. Alla base
della faringe si trova una membrana, l'epiglottide, che durante la deglutizione si
abbassa e chiude l'ingresso della trachea, per evitare che il bolo passi nell'apparato
respiratorio.
L'esofago è un canale muscolare lungo circa 25 cm, che decorre lungo il torace,
parallelamente alla trachea; la sua funzione è quella di convogliare il bolo nello
stomaco, per mezzo di movimenti peristaltici (contrazioni coordinate dei fasci
muscolari circolari e trasversali che circondano l'esofago). Il passaggio del bolo
dall'esofago allo stomaco è regolato da un anello muscolare, il cardias.
Lo stomaco
Lo stomaco è una sacca muscolare, in grado di accogliere da 2 a 4 litri di sostanze
liquide e solide, in cui il cibo rimane dalle 2 alle 5 ore, a seconda della sua
composizione. La mucosa dello stomaco è provvista di numerose ghiandole che
secernono il succo gastrico, composto da pepsinogeno (la forma inattiva dell'enzima
pepsina), acido cloridrico e muco.
Lo stomaco svolge 4 funzioni:
1. immagazzina il cibo e ne regola l'afflusso all'intestino;
2. demolisce il cibo meccanicamente, per mezzo di numerose contrazioni;
3. trasforma il pepsinogeno in pepsina, che scinde le proteine in catene più corte
di amminoacidi;
4. crea un ambiente molto acido (pH da 1 a 3) che, oltre a favorire l'azione della
pepsina, esercita un'azione antibatterica.
Il muco prodotto dalle ghiandole gastriche riveste la parete interna dello stomaco, per
proteggerlo dall'aggressione dell'acido cloridrico e della pepsina (che potrebbe agire
sulle proteine delle stesse cellule gastriche). Qualora il rivestimento mucoso dello
stomaco sia insufficiente, si forma una lesione nota come ulcera.
Nello stomaco il bolo viene trasformato in una poltiglia, il chimo, che un poco alla
volta attraversa l'anello muscolare del piloro, che immette nell'intestino.
L'intestino
L'intestino si divide in due parti, intestino tenue e intestino crasso, distinte per la
forma e la funzione che svolgono.
Nell'intestino tenue si completano i processi digestivi e avviene la maggior parte
dell'assorbimento delle sostanze nutritive. In esso si riversano i secreti di due organi
annessi dell'apparato digerente: il fegato e il pancreas.
Lungo circa 6 m in un uomo adulto, l'intestino tenue si avvolge numerose volte su se
stesso. Viene suddiviso in tre porzioni: il duodeno (dove sboccano i dotti che
provengono dal fegato e dal pancreas), il digiuno e l'ileo.
La parete intestinale ospita numerose ghiandole che producono il succo enterico.
Quest'ultimo è composto da diversi enzimi: la proteasi, che agisce sulle proteine
completandone la scissione in amminoacidi; la lattasi, la maltasi e la saccarasi, che
scindono i carboidrati in monosaccaridi; la lipasi, che agisce sui lipidi.
Altre ghiandole producono muco, che protegge le pareti dell'intestino.
La parete interna dell'intestino tenue si ripiega su se stessa ed è ricoperta da villi,
minuscole estroflessioni, che nel duodeno arrivano a essere qualche migliaio per cm
2
. A loro volta, i villi sono ricoperti da microvilli, cellule la cui parete rivolta verso il
lume è frastagliata. Villi e microvilli concorrono ad aumentare la superficie di
assorbimento dell'intestino tenue. Ciascun villo è percorso internamente da capillari
sanguigni e da un vaso linfatico, che assorbono le sostanze nutritive: l'acqua e i sali
minerali vengono assorbiti rapidamente, i carboidrati solo se in forma di
monosaccaridi (glucosio, galattosio), le proteine dopo la scissione in amminoacidi e i
lipidi sotto forma di acidi grassi.
L'intestino crasso è formato da tre parti: cieco, colon (ascendente, trasverso e
discendente) e retto. Dal cieco si protende l'appendice, un piccolo diverticolo
vermiforme che non svolge alcun ruolo nella digestione.
Al colon arrivano i residui della digestione, principalmente acqua e sostanze non
digerite. L'acqua viene assorbita e le sostanze di rifiuto arrivano al retto in forma
semisolida (feci), pronte per essere espulse attraverso l'ano.
Fegato e pancreas
Il fegato è la ghiandola più voluminosa del corpo umano, situata nella parte superiore
destra dell'addome; ha forma ovoidale e colore bruno-rossastro; è costituito da due
grossi lobi (destro e sinistro) e da due parti più piccole. Interviene nella digestione
secernendo la bile.
Il fegato svolge inoltre molteplici altre funzioni, tra cui:
· immagazzina il glicogeno;
· trasforma gli amminoacidi in eccesso rispetto alle esigenze della sintesi proteica in
zuccheri e grassi, liberando ammoniaca;
trasforma i grassi in zuccheri; converte in urea l'ammoniaca che si forma come
sostanza di rifiuto azotata; demolisce le sostanze tossiche o dannose; sintetizza
le proteine del plasma sanguigno; immagazzina diverse vitamine.
La bile è una miscela di colore verdastro contenente acqua, colesterolo e sali biliari. I
sali biliari non sono enzimi: essi emulsionano i grassi, cioè li disperdono in minute
goccioline preparandoli così all'azione della lipasi. Il fegato produce circa 1 litro di
bile al giorno, che immagazzina in una piccola sacca, la cistifellea. Durante il pasto,
la bile viene scaricata nel duodeno attraverso il dotto biliare.
Il pancreas è una grossa ghiandola di forma allungata, situata trasversalmente nella
parte superiore dell'addome, dietro lo stomaco, tra il duodeno e la milza. L'attività del
pancreas è duplice: come ghiandola endocrina produce gli ormoni insulina e
glucagone, che regolano il metabolismo del glucosio; la parte esocrina secerne il
succo pancreatico, che viene riversato nel duodeno per mezzo del dotto pancreatico.
Nel succo pancreatico si trovano diversi enzimi digestivi, l'amilasi, la lipasi e la
proteasi, deputati rispettivamente alla demolizione degli zuccheri, dei lipidi e delle
proteine. Il succo pancreatico ha un'elevata concentrazione di bicarbonato di sodio,
che neutralizza l'acidità del chimo proveniente dallo stomaco e contribuisce a
mantenere all'interno dell'intestino un ambiente alcalino, ottimale per l'azione degli
enzimi digestivi.
IL METABOLISMO
Per tutti i processi metabolici sono necessari gli ENZIMI, sostanze chimiche di
natura proteica, che influenzano la velocità delle reazioni chimiche: senza di essi i
processi metabolici sarebbero lentissimi o non avverrebbero affatto.
Tutti gli enzimi sono specifici, agiscono cioè solo per una determinata reazione o per
un gruppo di reazioni strettamente affini e pertanto per un corretto funzionamento
dell’organismo occorrono migliaia di enzimi diversi; alcuni di essi agiscono solo in
presenza di sostanze dette COENZIMI (le vitamine spesso svolgono la funzione di
coenzimi).
I processi metabolici sono inoltre attivati da ORMONI (messaggeri chimici), che
provocano l’instaurarsi di un determinato processo o inibiscono un processo in atto.
L’ormone Tirodeo, la Tiroxina, fa accelerare il metabolismo.
Una persona affetta da esagerata produzione di questo ormone é nervosa, ha una
sudorazione eccessiva ed una elevata temperatura corporea; al contrario, se l’ormone
è prodotto in scarsità, il metabolismo rallenta, si avverte freddo e se tale insufficienza
si protrae per anni, l’accrescimento, senza le cure appropriate, sarà ridotto.
Tutti i processi dell’organismo che richiedono produzione, consumo o accumulo di
energia e che ci mantengono in vita sono detti nel loro complesso metabolismo.
Quando i processi metabolici si arrestano, il corpo muore.
Il metabolismo si può suddividere e in anabolismo e catabolismo.
L’anabolismo comprende tutti gli processi che usano energia per far accrescere,
mantenere e riparare l’organismo.
Il catabolismo comprende tutti i processi in un cui vengono demolite delle sostanze
per liberare energia.
Processi anabolici e catabolici avvengono costantemente.
Le sostanze alimentari che costituiscono il nostro nutrimento si dividono in tre
categorie principali: CARBOIDRATI, GRASSI e PROTEINE.
Carboidrati, grassi e proteine sono costituiti da minuscole particelle, le molecole, a
loro volta formate di particelle ancora più piccole, gli atomi: nei legami che tengono
uniti gli atomi nella molecola è imprigionata energia.
Nel metabolismo sia ha quindi un passaggio di energia dagli alimenti all’organismo.
I carboidrati formati da grandi molecole, come l’amido, non possono passare
direttamente dall’apparato digerente al sangue, ma devono essere prima demoliti e
ridotti a carboidrati con molecole più piccole: ciò avviene durante il processo della
digestione.
Nel corso di essa i carboidrati complessi vengono scissi e ridotti a glucosio, che è uno
zucchero semplice, solubile.
Il glucosio viene portato dal sangue alle cellule ed è nelle cellule che, mediante la
rottura dei legami chimici delle molecole di glucosio, si libera energia. Per operare
questa demolizione è necessario l’ossigeno, portato alle cellule dal sangue.
Il processo di assunzione e utilizzazione dell’ossigeno per produrre energia dagli
zuccheri è detto respirazione.
La reazione chimica di ossidazione con la quale viene demolito il glucosio può essere
espressa così: Glucosio più Ossigeno = Anidride Carbonica più Acqua più Energia.
Ciò non avviene in un solo passaggio; questo schema considera soltanto i prodotti
iniziali e finali della reazione.
Il glucosio si trasforma prima in un composto chimico detto acido citrico; questo poi
subisce una serie di trasformazioni, che nel loro insieme costituiscono il ciclo
dell’acido citrico o CICLO DI KREBS.
Nel ciclo dell’acido citrico viene liberata una certa quantità di energia, e
contemporaneamente si libera anche anidride carbonica, acqua e idrogeno:
successivamente l’ossigeno si combina con l’idrogeno con formazione di altra acqua
e liberazione di altra energia.
Al termine del processo ben il 60% cerca dell’energia contenuta inizialmente nella
molecola di glucosio è messa a disposizione dell’organismo come energia utile.
Rimane solo anidride carbonica, che passa dalle cellule al sangue per poi essere
eliminata dai polmoni con l’espirazione, poiché il suo accumulo altererebbe
l’equilibrio chimico del sangue con conseguenze deleterie.
Dopo un pasto la quantità di glucosio nell’organismo aumenta. In parte esso passa
nelle cellule per fornire energia, in parte viene trasformato in glicogeno e accumulato
nel fegato e nei muscoli. Quando il tasso di glucosio nel sangue diminuisce, un po’ di
glicogeno viene ritrasformato in glucosio, che passa nel sangue riportandolo a una di
glicemia normale.
Il cervello ricava la sua energia soltanto dal glucosio, motivo per cui è importante che
il sangue ne porti al cervello una quantità sufficiente.
Se nella trasformazione del glucosio in energia, l’ossigeno scarseggia, si forma
l’acido lattico, composto chimico tossico per le cellule che provoca la sensazione
della fatica muscolare.
Nei movimenti moderati, come il camminare, si può immettere con la normale
respirazione una quantità di ossigeno sufficiente a distruggere l’acido lattico, mentre
negli esercizi pesanti, come la corsa, l’acido lattico viene prodotto in abbondanza e
per distruggerlo bisogna accelerare il ritmo respiratorio: infatti correndo si ansima, in
modo da immettere nell’organismo una maggiore quantità di ossigeno.
Gli atleti si allenano, appunto, per sviluppare la respirazione e per poter assumere
ossigeno in quantità maggiore; quando hanno raggiunto la forma, sono in grado di
prolungare notevolmente l’attività fisica, prima di avvertire la stanchezza.
I carboidrati contenuti negli alimenti vengono utilizzati in tre modi:
-per produrre energia;
-per alimentare la riserva di glicogeno nel fegato e nei muscoli;
-come riserva di grasso (i carboidrati eccedenti infatti vengono trasformati in grassi)
da utilizzare in caso di necessità.
Durante la digestione i grassi ingeriti con gli alimenti vengono scisse in molecole più
piccole (glicerina e acidi grassi) che passano nel sangue sotto forma di minuscole
gocce.
Si gli acidi grassi, che la glicerina, possono subire il CICLO DI KREBS per produrre
energia: la completa ossidazione di un grammo di grassi produce circa 9 calorie
(kilocalorie).
I grassi non utilizzati per la produzione di energia vengono assimilati nel tessuto
adiposo e accumulati.
Le proteine inserite con il cibo vengono scisse durante il processo della digestione in
molecole più piccole dette aminoacidi, che passano nel sangue e vengono assunte
dalle cellule.
Nelle molecole degli aminoacidi c’è una parte che contiene azoto, quando gli
aminoacidi sono usati per produrre energia, l’azoto viene liberato e può avvelenare
l’organismo se non viene eliminato.
Il sangue provvede pertanto a trasportare l’azoto al fegato, dove è trasformato in urea,
che a sua volta viene trasportata ai reni, per poi essere espulsa con l’urina.
Eliminata la frazione azotata, gli aminoacidi possono partecipare al ciclo di Krebs e
produrre energia, oppure, come il glucosio, essere trasformati in glicogeno.
Ma, l’organismo necessita di aminoacidi anzitutto per la produzione delle proprie
proteine da utilizzare nell’accrescimento e per rimpiazzare cellule danneggiate o
distrutte: questa è la funzione principale delle proteine, e quindi demolirle per
produrre energia è uno spreco.
I GRASSI ANIMALI
I grassi animali sono prodotti alimentari di consistenza generalmente solida o
semisolida, ricavati da tessuti animali ad alto contenuto lipidico. Tra i più noti
rappresentanti della categoria ricordiamo:
Burro: prodotto alimentare ottenuto per lavorazione della crema ricavata dal latte di
vacca o dal suo siero.
Strutto o sugna: prodotto alimentare ottenuto per fusione dei grassi presenti nel
tessuto adiposo del maiale.
Sego: prodotto alimentare ottenuto per fusione dei grassi presenti nel tessuto adiposo
di bovini, o più raramente di equini od ovini.
Lardo: prodotto alimentare ottenuto per salagione, aromatizzazione e stagionatura
dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute (cotenna) del maiale.
Pancetta: prodotto alimentare, più o meno stagionato ed aromatizzato, preparato a
partire dal ventre e dal costato del maiale.
Oli marini: prodotti alimentari ottenuti per spremitura a freddo di tessuti ricchi di
grasso o per estrazione chimica dai residui della lavorazione industriale; ne sono
esempi l'olio di fegato di merluzzo, l'olio di balena e quello di capidoglio.
Grassi animali e Salute
In senso lato per grassi animali si intendono tutte le parti lipidiche isolabili dagli
alimenti e dai prodotti alimentari di origine animale (carne, latticini, uova ecc.). In
termini nutrizionali, quando si parla di grasso animale viene generalmente escluso
dalla categoria quello di pesce, poiché vanta una composizione acidica particolare. I
lipidi animali sono infatti ricchi di acidi grassi saturi, che dovrebbero essere
consumati con una certa moderazione, specie in presenza di sovrappeso,
iperlipidemia e aumentato rischio cardiovascolare; in una sana alimentazione i grassi
saturi non dovrebbero superare il 7-10% delle calorie quotidiane (max 15-30 g/die in
relazione al fabbisogno calorico quotidiano). L'eccesso di questi nutrienti, infatti, in
sinergia con il colesterolo di cui i grassi animali sono altrettanto ricchi, facilita la
crescita di placche aterosclerotiche all'interno delle arterie. Di conseguenza, chi
consuma elevate quantità di grassi animali è più soggetto ad alcune malattie
cardiovascolari, in particolare la cardiopatia ischemica e le sue temibili conseguenze
(angina pectoris, infarto miocardico e ictus). Questa relazione vale soprattutto se
sussistono altri fattori di rischio, come il fumo, la sedentarietà, l'ipertensione e
l'obesità androide (grasso concentrato nella regione addominale).
I crostacei, pur essendo alimenti particolarmente ricchi di colesterolo, sono
considerati meno aterogeni rispetto ai grassi animali, poiché contengono pochi acidi
grassi saturi ipercolesterolemizzanti. Anche il contenuto in colesterolo della carne
rossa e di quella bianca è simile, ma essendo quest'ultima meno ricca di grassi saturi
viene preferita alla rossa. Nei grassi del pesce il contenuto in grassi saturi è limitato
rispetto agli animali, mentre aumenta nettamente la quota di acidi grassi polinsaturi
omega-3; questi grassi hanno un effetto neutro sui livelli di colesterolo
nell'organismo, mentre facilitano la riduzione dei trigliceridi ematici e riducono lo
stato infiammatorio dell'organismo (utile nella prevenzione delle suddette malattie
cardiovascolari).
Tutti i grassi animali sono sconsigliati per la frittura o comunque per cotture ad
elevata temperatura. Anche se va meglio per la crema ed il burro rispetto a tutti gli
altri grassi animali, in questi casi la scelta dovrebbe ricadere su oli vegetali come
quello di oliva, di arachidi o di girasole ad alto contenuto in acido oleico.
I Fulani, una etnia nomade dell'Africa occidentale, ricavano circa il 25% delle calorie
giornaliere dai grassi saturi (quindi 2,5 volte in più rispetto ai livelli raccomandati);
nonostante ciò il loro profilo lipidico (concentrazione dei vari lipidi nel sangue)
indica chiaramente un basso rischio cardiovascolare. Tale evidenza si può spiegare
sulla base dell'alto livello di attività fisica, contrapposto ad un basso apporto
energetico. E' quindi importante ribadire come il pericolo derivante dall'eccesso di
grassi animali nella dieta venga amplificato dall'alimentazione ipercalorica e dalla
sedentarietà tipiche dei Paesi industrializzati.
ALIMENTI DI ORIGINE VEGETALE
I cereali appartengono alla famiglia delle Graminacee. Essi sono: grano (o frumento),
riso, mais (o granturco), orzo, segale e ed avena. I frutti, o cariossidi, costituiscono la
parte principale destinata all’alimentazione umana, che viene separata dalle spighe.
La cariosside (chicco) è costituita da tre parti principali: pericarpo (involucro
esterno), endosperma, e germe. La parte centrale, l’endosperma, detta anche albume,
contiene la mandorla farinosa, costituita da amido, che è un carboidrato; a seguito
della macinazione, la mandorla farinosa da origine alla farina. La maggior parte dei
cereali è formata da carboidrati (circa il 70%), segue l’acqua (circa il 14%), poi le
proteine (circa il 10%), il resto da grassi e sali minerali. Per il grano, che viene
seminato in autunno, e raccolto tra giugno e luglio, con la trebbiatura si ha la
separazione del chicco dagli steli e dalle glume, che danno rispettivamente origine
alla paglia ( l’insieme degli steli) usata per foraggio, e la pula (l’insieme delle glume)
usata per imballaggi; se si osserva una moderna mietitrebbiatrice in azione, si vede
che in un solo passaggio stacca le cariossidi dalle spighe, e le separa dalla paglia, che
esce dalla mietitrebbiatrice confezionata già in rotoli cilindrici.
Il riso
Il raccolto viene fatto con mietitrebbia, ed il prodotto ottenuto è il risone, formato
dalle cariossidi rivestite di glumelle. Dal risone si ottiene il riso, così come lo
intendiamo, e così come è definito per legge, e cioè il prodotto che deriva dalla
lavorazione del risone dopo asportazione delle glumelle e completa raffinazione. Per
raffinazione del risone si ottiene il riso mercantile (la raffinazione comprende, tra
l’altro, una sbramatura – passaggio delle cariossidi rivestite tra due rulli che,
ruotando a diversa velocità, asportano le giumelle - , con cui si ottiene il riso
integrale, e due sbiancatore successive – passaggio delle cariossidi tra coni
smerigliati che ne asportano la parte superficiale - , con cui si ottengono il riso
semiraffinato e il riso mercantile; con una terza sbiancatura, si ha il riso raffinato,
che, lucidato con oli di semi e vasellina, da luogo al riso camolino).
Esistono in Italia più di quindici varietà commerciali di riso mercantile, raggruppate
in 4 gruppi principali, a seconda della lunghezza, larghezza e forma del chicco, che
ne determinano a loro volta l’utilizzo specifico; essi sono:
- riso comune, a grani corti e piccoli, es. di
e Originario; per minestre e dolci
varietà commerc.: Balilla
- riso semifino, a grani semilunghi e medi, es. varietà: Vialone nano
e Romeo; per minestroni e insalate
-­‐ riso fino, a grani lunghi e grossi, es. varietà commerciale: Vialone
e Rizzotto; per risotti e timballi
- riso superfino, grani molto lunghi e grossi, es. varietà: Camaroli
e Razza 77; per risotti e contorni
Il riso mercantile, sottoposto a lavaggio con soluzioni di glucosio e talco (brillatura),
da luogo al riso brillato. In Italia, il riso più comunemente usato è il riso brillato. Il
valore nutritivo del riso è influenzato dalla tecnica di lavorazione, che provoca
perdite sensibili di sostanze nutritive localizzate negli strati periferici della cariosside
e nell’endosperma.
Partendo dal risone, e con una particolare tecnica di lavorazione, che permette di far
migrare all’interno del chicco una buona parte delle vitamine e sali minerali che
andrebbero altrimenti perse durante la brillatura, si può ottenere il riso “parboiled” (o
riso ambra, avorio).
Il mais o granturco
Graminacea originaria del Sudamerica, poi diffusa in Europa ed altrove (ed in Italia
chiamato “grano turco” per distinguerlo dal nostro grano); gli Stati Uniti sono forti
produttori della varietà Zea mays indentata. In Italia esiste in tre varietà commerciali:
mais primaverili (ciclo vegetativo: circa sei mesi); mais estivi o agostani (c. veget.:
circa 4 mesi); mais quarantini o cinquantini (con c. veget. rispettivamente di 40 e 50
giorni). Attualmente il mais è destinato per la quasi totalità ad uso zootecnico o alle
industrie, che ne ricavano amido, glucosio, alcol e olio di germe. In parte la farina è
impiegata per preparare polenta o fiocchi.
L’orzo
L’orzo è un cereale fornito da alcune Graminacee del genere Hordeum. A seconda
della diversa disposizione dei grani nella spiga, si distinguono tre tipi di orzo:
esastico, quadrato, e distico. Un buon orzo deve essere asciutto (15% di umidità
massima), color giallo paglierino, lucente, a grani uniformi e grossi. L’orzo in
polvere è usato per la colazione. L’orzo è anche usato come foraggio e per la
preparazione del malto, e quindi della birra.
Segale ed avena
Entrambi questi cereali sono usati come foraggio. La segale si adatta a climi freddi;
farina di segale è usata in Alto Adige per un tipo di pane locale (la farina può essere
inquinata da un fungo parassita, detto segala cornuta, che è velenoso). L’avena è
utilizzata come biada per il bestiame, ed in piccola parte per pane dietetico e prodotti
dietetici, come i fiocchi di avena.
ALLERGIE:
ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE
Tra gli alimenti di origine animale, 5 classi sono responsabili del 90% delle allergie
alimentari: il latte e derivati, le uova, il pesce, i crostacei e i molluschi.
Latte
Il latte di mucca è ricco di alcune proteine che sono le vere responsabili dell’allergia.
Tra queste, le più importanti ai fini della reazione allergica sono la caseina, la betalactoglobulina, la lattoferrina, l’alfa-lattoalbumina, e l’albumina sierica bovina. Si
può essere allergici a una sola di queste proteine o a tutte.
La proteina che provoca più frequentemente allergia è la caseina. Si tratta di un
potenziale allergene nascosto in molti preparati, perché la caseina e i caseinati sono
utilizzati nell'industria alimentare, come additivi, in salse, zuppe, stufati, condimenti
per insalata, glasse per prodotti da forno. Chi è allergico alla caseina del latte di
mucca può essere allergico alla caseina del latte di capra e di pecora perché le caseine
dei diversi latti sono molto simili tra loro.
La betaglobulina, poi, è l’allergene che dà il più alto numero di positività ai test di
provocazione condotti per verificare se si è allergici o no al latte.
Bisogna ricordare che i processi di pastorizzazione non riducono l’allergenicità delle
proteine del latte vaccino che sono resistenti al calore.
La risposta allergica alla componente proteica del latte tende, nella maggior parte dei
casi, a esaurirsi con il crescere dell’età. Quindi sono i bambini a essere
prevalentemente colpiti da questa allergia alimentare.
Uova
Le molecole responsabili dell'allergia all'uovo sono prevalentemente contenute
nell’albume (bianco dell’uovo) e sono rappresentate principalmente dall’ovomucoide,
dall’ovoalbumina, dalla conalbumina o ovotransferrina e dal lisozima.
L’ovomuocide è l’allergene più potente. E’ resistente al calore (100°C per 1 ora) e
quindi può scatenare reazioni allergiche anche gravi, sia con uovo cotto che crudo, in
soggetti a esso sensibilizzati.
Si è osservato che i pazienti che presentano sensibilizzazione nei confronti di questa
proteina sin dai primi anni di vita, tendono a rimanere allergici per tutta la vita.
Pesce
L'allergene maggiore del pesce è la parvalbumina, una proteina contenuta nei
muscoli. Esiste una discreta omologia della parvalbumina contenuta nei diversi pesci.
L’omologia più alta si osserva tra le diverse specie appartenenti alla classe dei pesci a
scheletro osseo, che rappresentano la maggioranza dei pesci presenti sulle nostre
tavole, quali anguilla, aringa, sarda, acciuga o alice, sgombro, nasello, merluzzo
fresco o seccato intero (stoccafisso) o aperto e salato (baccalà), cernia, dentice, orata,
muggine, pescespada, sarago, spigola, sogliola, rombo, triglia e tonno. Chi è allergico
a un pesce a scheletro osseo ha una probabilità in media del 50% di essere allergico
alle altre specie che appartengono a questa classe.
Sono però stati anche documentati numerosi casi di una allergia singola verso una
precisa specie di pesce. Si può pensare che queste allergie isolate rappresentino una
suscettibilità specifica per quella o quell’altra proteina presente in quel tale pesce o in
un altro.
La parvalbumina dei pesci a scheletro cartilagineo, come razza e palombo, è, invece,
meno allergizzante e non è omologa a quella dei pesci a scheletro osseo. Ciò significa
che chi è allergico a un pesce a scheletro osseo ha una bassa probabilità di esserlo
anche a quelli con scheletro cartilagineo.
Crostacei e molluschi
La famiglia dei crostacei include gamberetti, gamberi, granchi, aragoste e astici e
quella dei molluschi include cozze o mitili, vongole, telline, cannolicchi, ostriche,
fasolari, seppie, calamari e polpi.
I più comuni frutti di mare responsabili di allergia sono nell’ordine gamberetto,
granchio, aragosta, vongole, ostriche, cozze. L’allergene, cioè la proteina
allergizzante, principale è stata individuata nel gamberetto ed è una proteina presente
nei muscoli detta tropomiosina. Questa proteina è anche l’allergene più importante
dei molluschi.
E’ stata evidenziata una reattività crociata tra la tropomiosina del gamberetto e quelle
presenti in altri crostacei e tra i crostacei e i molluschi. Significa che gli anticorpi
diretti contro la tropomiosina del gamberetto possono reagire con proteine simili
presenti anche negli altri crostacei e nei molluschi, scatenando una reazione allergica.
Chi è allergico ai gamberetti può andare incontro a una reazione allergica anche
quando mangia altri crostacei e molluschi.
ADDITIVI ALIMENTARI
Gli additivi alimentari sono sostanze impiegate nell'industria alimentare durante la
preparazione, lo stoccaggio e la commercializzazione di prodotti destinati
all'alimentazione.
Essi sono definiti per legge a livello europeo come "qualsiasi sostanza normalmente
non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico
degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta
intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di
produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o
immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere che diventi,
essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti, direttamente o
indirettamente" (Direttiva del Consiglio 89/107/CEE). Gli additivi sono classificati in
base alla loro funzione. Si possono individuare tre grandi gruppi di additivi:
•
•
•
Additivi che aiutano a preservare la freschezza degli alimenti: conservanti, che
rallentano la crescita di microbi, e antiossidanti, che prevengono i fenomeni di
irrancidimento.
Additivi che migliorano le caratteristiche sensoriali degli alimenti: coloranti,
addensanti, emulsionanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità.
Additivi tecnologici, usati per facilitare la lavorazione degli alimenti ma che
non hanno una specifica funzione nel prodotto finale (definiti anche adiuvanti):
agenti antischiuma, antiagglomeranti ecc.
Gli additivi subiscono a livello europeo e internazionale un processo di valutazione
della sicurezza prima di essere autorizzati per l'uso alimentare. In Europa la
valutazione viene effettuata dall'Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA), e a
livello internazionale dal Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari
(JECFA - Joint Expert Committee on Food Additives) dell'Organizzazione per
l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS).
Gli additivi autorizzati a livello europeo sono contrassegnati da una sigla numerica
preceduta dalla lettera E. ("E605" non è un additivo alimentare; è la sigla che
identifica il parathion, un insetticida altamente tossico; la siglatura "E" è dovuta ad
una coincidenza.
METODI CHIMICI DI CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
Conservazione con sale (salagione):
L'uso dell' NaCl? è uno dei metodi più antichi di conservazione degli alimenti. Il
processo di salagione può essere effettuato in due modi:
•
•
A secco, per aspersione, sfregamento o sovrapposizione a strati.
In salamoia, per immersione in soluzione acquosa di diversa concentrazione
salina. La salamoia varia in base all'alimento trattato e si distingue in debole
(10% NaCl?), media (18-20% di NaCl?) e forte (25-30% di NaCl?).
L'azione conservante del sale è soprattutto batteriostatica e si basa sul fatto che
asporta per osmosi l'acqua libera disponibile nel mezzo, bloccando le attività vitali
dei microrganismi.
Conservazione con zucchero: Lo zucchero da cucina o saccarosio, esplica la sua
azione conservativa in modo analogo al sale, disidratando per osmosi i
microrganismi, rendendoli pertanto inattivi. Il saccarosio deve comunque essere
presente nell'alimento in concentrazione pari al 50-60% in quanto percentuali basse
possono favorire i fenomeni fermentativi. Questo metodo può essere abbinato anche
ad un trattamento termico e viene impiegato per la conservazione della frutta o del
latte.
Conservazione con olio: Sia l'olio d'oliva che di semi, vengono impiegati per
proteggere gli alimenti dal contatto con l'aria e impedire quindi lo sviluppo dei
microrganismi aerobi. Al contrario, i microrganismi anaerobi si possono invece
facilmente sviluppare, come ad esempio il pericoloso clostridium botulinum,
responsabile di una tossina termolabile che può provocare la morte. Per evitare
quest'ultimo piccolo inconveniente, i prodotti conservati sott'olio vengono sottoposti
anche a dei trattamenti termici come la pastorizzazione e la sterilizzazione.
Conservazione con aceto: L'azione conservativa dell'aceto è dovuta al suo potere
acidificante per la presenza di acido acetico (CH3COOH) ca 50-80°he abbassa
notevolmente il pH per cui si inibisce lo sviluppo di microrganismi questo metodo
conservativo viene praticato per i vegetali precotti, chiamati sottaceti.
Conservazione con alcool etilico: Questo metodo si basa sulla proprietà che ha
l'alcool etilico(CH3CH2OH),di creare un ambiente favorevole per lo sviluppo di
microrganismi. Viene impiegato limitatamente nella conservazione di alcune varietà
di frutta che costituiscono i cosiddetti prodotti "sotto spirito".
Metodi chimico fisici e biologici di conservazione
Affumicamento: Questo antico metodo chimico-fisico di conservazione, consiste nel
sottoporre alcuni alimenti all'azione combinata del calore e del fumo ottenuto dalla
combustione di opportuni legni come quelli di faggio, castagno, querce (comunque
mai di tipo resinoso come il pino o l'abete), con l'aggiunta eventuale di alcune piante
aromatiche (ginepro, alloro, rosmarino, salvia).
L'affumicatura può essere effettuata sostanzialmente:
-a freddo, quando si opera a 20-30 °C per alcuni giorni;
-a caldo, quando si opera a 50-80 °C per alcune ore.
Durante i processi di combustione si sviluppano sostanze chimiche di vario tipo che
si depositano sulla superficie dell'alimento, interagiscono con i componenti chimici
dell'alimento stesso e ne modificano parzialmente le caratteristiche organolettiche.
L'azione conservativa coadiuvata da una parziale disidratazione, dipende dalle
sostanze volatili presenti nel fumo, come l'aldeide formica (oppure formaldeide,
HCHO) ad azione antifermentativa e antisettica o i fenoli che svolgono un azione
antiossidante. Se l'affumicamento non è condotto bene si possono sviluppare sostanze
dannose come il benzopirene considerato cancerogeno e gli IPA o idrocarburi
policiclici aromatici, dotati anche loro di azione cancerogena. Allo scopo di evitare la
formazione di sostanze nocive le industrie hanno messo a punto l'impiego di fumo
liquido, ottenuto raffreddando a 0°C il fumo di legno che poi viene immesso in una
soluzione acquosa. Dai fumi si sprigionano molte sostanze aromatiche che
contribuiscono a conferire all'aroma tipico al prodotto trattato.
Fermentazione:
I processi fermentativi sfruttano l'azione di certi microrganismi capaci di produrre
nella sostanza alimentare chimica condizioni tali da impedire fenomeni di
decomposizione. Vengono comunemente denominati e suddivisi secondo i prodotti
finali a cui danno luogo: fermentazione alcolica, lattica, propionica, acetica e citrica.
La fermentazione può essere aerobica o anaerobica se risulta attivata favorevolmente
o no in presenza di ossigeno le principali fermentazioni si suddividono in:
- fermentazione alcolica, importante per la produzione del pane, vino e birra; e
dovuta generalmente all'azione di lieviti del genere Saccharomyces, che trasformano
in glucosio in alcol etilico e anidride carbonica. La reazione fermentativa si scrive
chimicamente così:
C6H12O6
----------->
2CH3CH2OH
+
2CO2
+
energia
- fermentazione lattica, importante per la produzione dello yogurt, nella maturazione
dei formaggi, insaccati e per la preparazione dei crauti. E' dovuta generalmente
all'azione dei batteri e del genere lactobacillus e streptococcus, che trasforma il
lattosio in acido lattico e altre sostanze.
C12H22O11 ----------> CH3CHOHCOOH + altre sostanze
- fermentazione propionica, tipica del formaggio con i "buchi" è dovuto all'azione di
batteri del genere proprionibacterium.
C6H12O6 -------> CH3CH2COOH + 2CO2 + altre sostanze
TECNICHE DI COTTURA
Cottura dei cibi
Modalità, tecniche o sistemi, principi
Tutte le TECNICHE o SISTEMI di cottura dei cibi si basano sulla trasmissione
calorifera da una fonte energetica ad un alimento. Ciò che CREA il potere di cottura
è: la trasmissione del calore da un fonte di combustione (legna, carbone, gas, gas
liquido, metano ecc.) o di energia elettrica o di raggi infrarossi/microonde, al cibo da
cuocere.
Le tecniche o sistemi di cottura dei cibi si possono differenziare in base a diversi
aspetti:
•
•
•
MODALITA' (conduzione, convezione e irraggiamento) e MEZZO di
propagazione (aria, acqua, grassi, vapore ecc.)
TEMPERATURA di cottura
TEMPO o durata della cottura
Secondariamente, le tecniche ed i sistemi si possono distinguere anche per
•
•
STRUMENTAZIONE o apparecchiatura (padella, forno, casseruola,
friggitrice ecc.)
FINALITA' di cottura dei cibi (concentrazione dei liquidi alimentari o
dispersione dei liquidi alimentari - ad esempio, bollitura per fare il brodo e
bollitura per fare il lesso).
La cottura può basarsi sulla combinazione di più tecniche o sistemi consecutivi che
sfruttano diverse modalità di trasmissione del calore; ad es., nelle cotture al forno
delle patate, può essere necessaria una sbianchitura in acqua bollente iniziale per
facilitare la cottura o, per gli arrosti, una scottatura in padella per facilitare la
formazione della crosticina superficiale.
Modalità di propagazione/trasmissione del calore
Le varie tecniche o sistemi di cottura degli alimenti sfruttano tre MODALITA' di
propagazione/trasmissione del calore, che sono rispettivamente: conduzione,
convezione e irraggiamento.
•
•
Conduzione: la conduzione è una modalità di cottura dei cibi che si basa sul
passaggio DIRETTO del calore da un materiale/superficie all'alimento e senza
l'ausilio di liquidi o gas. Sono esempi di conduzione la cottura in padella o la
cottura alla piastra. E' una modalità di cottura dei cibi che prevede il passaggio
del calore TRA DUE CORPI SOLIDI ADERENTI.
Convezione: la convezione è una modalità di cottura dei cibi che si basa sul
passaggio del calore attraverso i fluidi o i gas (acqua, olio, aria) e avviene in
presenza di "movimento della materia di convezione" (moti convettivi
dell'acqua o dell'olio o del vapore o flusso dell'aria) favorendo così la
trasmissione termica.
E' una modalità di cottura dei cibi che prevede il passaggio del calore TRA UN
FLUIDO O UN GAS E UN CORPO SOLIDO.
•
Irraggiamento: l'irraggiamento è una modalità di cottura dei cibi che si basa sul
passaggio di radiazioni elettromagnetiche che si propagano nello spazio (niente
paura! si tratta dello stesso metodo con cui i raggi solari irradiano i pianeti).
Per fare semplici esempi, l'irraggiamento avviene nella cottura alla brace per
propagazione dei raggi infrarossi, oppure nella cottura a microonde degli
appositi elettrodomestici. NB. La modalità di cottura dei cibi previo microonde
è più efficace su alimenti che contengono molte molecole polari e/o acqua.
•
E' una modalità di cottura dei cibi che prevede il passaggio del calore PER
MEZZO DELLE RADIAZIONI.
Le modalità di trasmissione del calore possono coesistere all'interno della stessa
tecnica o sistema di cottura dei cibi; ad es. nelle cotture al forno (tipo arrosto), il
calore viene trasmesso contemporaneamente per conduzione, convezione e
irraggiamento: la conduzione è data dalla placca (o padella) sulla quale poggia
l'alimento, la convezione si ottiene con l'aria (o con il vapore) in esso contenuta e
l'irraggiamento per mezzo delle resistenze elettriche dirette o della fiamma alimentata
dal gas combustibile. Lo stesso avviene nella cottura in brasiera per un brasato; il
metallo del tegame (riscaldato dalla fiamma) costituisce il mezzo di conduzione, il
liquido di cottura ed i vapori bollenti trattenuti dal coperchio la convezione.
Tecniche o sistemi e principi di cottura
Le tecniche o sistemi di cottura sono una quindicina e vengono organizzati in sei
PRINCIPI di cottura dei cibi.
Principi e relativi tecniche o sistemi di cottura dei cibi:
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•
•
Principi di cottura al CALORE SECCO: forno, griglia, gratinatura, arrosto al
forno, arrosto allo spiedo.
Principi di cottura in ACQUA/al CALORE UMIDO: bollitura, sbianchitura,
sbollentatura.
Principi di cottura al VAPORE: cottura a vapore senza pressione, cottura a
vapore con pressione.
Principi di cottura nei GRASSI: frittura per immersione, frittura in padella.
Principi di cottura MISTA per COMBINAZIONE delle diverse modalità:
brasatura, cottura in casseruola, stufatura.
Principi di cottura al microonde e nuove tecnologie: induzione, sotto-vuoto, a
bassa densità.
Efficacia del MEZZO di cottura nella CONVEZIONE - Coefficiente di
penetrazione del calore
Le tecniche o sistemi di cottura si valutano in base all'efficacia nel penetrare il cibo
fino al cuore dell'alimento stesso; questa capacità, misurabile nella MODALITA' di
trasmissione del calore a CONVEZIONE, viene definita COEFFICIENTE DI
PENETRAZIONE e rappresenta il principale criterio discriminante nella scelta di una
tecnica o sistema di cottura dei cibi piuttosto che un altra.
Il coefficiente è differente in base al MEZZO di cottura ed è costituito dalle variabili
di:
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•
Energia termica calorifera - chilocaloria - kcal
Volume dell'alimento - millimetro cubo - mq
Tempo di esposizione - 60 minuti primi - ora
Temperatura - gradi centigradi - °C
Il coefficiente di cottura per la valutazione delle tecniche o sistemi di cottura dei cibi
è calcolato nel seguente modo:
COEFFICIENTE DI COTTURA = kcal/mq * 60' * °C
Tipi di Cottura al Calore Secco
Il principio della cottura al calore secco si basa sulla circolazione di aria calda intorno
e sul cibo.
Ad oggi, la strumentazione più diffusa è il forno elettrico che, per
IRRAGGIAMENTO e CONVEZIONE, sviluppa temperature di 150-300°.
Dal punto di vista metodologico, il principio della cottura al calore secco viene
eseguito mediante 2 passaggi: 1) l'urto termico iniziale, per favorire la formazione
della crosta saporita sull'alimento; 2) il proseguimento e il termine della cottura a
temperature più moderate che raggiungono il cuore dell'alimento.
Cottura al forno
La cottura al forno viene effettuata con calore secco senza l'utilizzo di liquidi o grassi
(o con poco grasso); il recipiente è costituito da una pirofila, una piastra (detta placca
o padella da forno), o uno stampo.
Le temperature della cottura al forno sono:
•
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•
Sulla piastra o placca o padella da forno 140-250°C
Sulla griglia da forno 180-250°C
Nel forno ad aria (convectomat) anche oltre i 250°C
NB. La gestione della temperatura può essere variata durante la cottura dell'alimento
da cuocere in base alle necessità.
Gli alimenti che si prestano per la cottura al forno sono: filetto Wellington, patate,
pietanze a base di pasta, sformati, torte-crostate-pasticceria varia.
Cottura alla griglia e alla piastra
Nella cottura alla griglia, gli alimenti vengono poggiati su di una graticola e
subiscono il calore per irraggiamento della serpentina, del carbone, o della fiamma da
gas, ma anche per convezione dell'aria riscaldata. Le griglie che trasmettono il calore
all'alimento dal proprio metallo si definiscono "alla piastra" e cuociono per
conduzione.
La temperatura varia in base all'alimento e normalmente si aggira inizialmente
intorno ai 220-250°C per essere in un secondo momento abbassata a 150-200°C.
Gli alimenti indicati sono: pezzi di carne piccoli e medi (o grossi al sangue, vedi
fiorentina, costata, filetto ecc.), piccoli pesci (fino a massimo 800g), crostacei,
volatili. NB. E' bene evitare le bruciature alimentari per scongiurare il rischio di
incrementare l'apporto in idrocarburi aromatici policiclici cancerogeni, soprattutto il
benzopirene, o acrilamide.
Gratinatura
Gratinare significa applicare una cottura intensa e superficiale dell'alimento, fino a
250-300°C; l'obbiettivo NON è penetrare al cuore, bensì formare una gradevole
crosta superficiale.
Gli alimenti più indicati alla gratinatura sono: pesci, carni, volatili, patate, verdure,
paste alimentari. NB. Se la gratinatura NON è preceduta da altre tecniche o sistemi di
cottura, è bene che le pezzature alimentari siano particolarmente minute.
ARROSTO al forno
Con questa tecnica o sistema di cottura dei cibi, l'alimento viene dapprima fatto
rosolare a temperature di almeno 200°C SENZA COPERCHIO, per poi proseguire a
bassa temperatura (circa 110-160°C) bagnando frequentemente con il suo liquido di
cottura. ECCEZIONE: Per alcuni pezzi di carne speciali, come il roast-beef, la
rosolatura iniziale NON è necessaria.
Gli alimenti indicati per la cottura ARROSTO al forno sono: carne bianca e rossa
(SOLO pezzi teneri), pesci grossi, volatili, selvaggina, patate.
Arrosto allo spiedo
Anche nell'arrosto allo spiedo si esegue una cottura iniziale a temperature molto
elevate, fino a 250-280°C, per poi scendere a 150-250°C. Nell'arrosto allo spiedo
l'alimento viene spennellato frequentemente con il liquido di cottura sceso per gravità
nella "laccarda" (recipiente di raccolta).
Gli alimenti che si prestano alla cottura allo spiedo sono: carne bianca e rossa (solo
pezzi teneri), volatili (classico pollo allo spiedo), pesci grossi, selvaggina.
Tipi di Cottura in Acqua
L'acqua è un mezzo di cottura molto utilizzato, sia per la trasmissione del calore che
per la diffusione di componenti aromatiche. In base alla natura dell'alimento e alla
FINALITA' della cottura, il cibo può essere cotto in acqua fredda, acqua calda, a
pressione o a bagnomaria.
La cottura in acqua non comporta la formazione di cataboliti tossici o cancerogeni,
ma provoca la diluizione/dispersione di sostanze idrosolubili (minerali e vitamine).
Bollitura
La bollitura consiste nell'immersione del cibo in acqua calda o fredda, mantenuta o
portata ad una temperatura di circa 100°C. I diversi alimenti possono essere bolliti in
acqua fredda o calda in base alla natura della preparazione da perseguire.
In acqua fredda: carne e ossa per il brodo (favorire la perdita delle sostanze
idrosolubili); legumi secchi per intenerire la buccia; patate per una cottura efficace.
In acqua calda: carne per il lesso (evitare la perdita delle sostanze idrosolubili), paste
alimentari per un'adeguata cottura.
La sbianchitura e la sbollentatura sono due tecniche che vengono applicate in alcuni
alimenti e si praticano in acqua bollente senza coperchio. Sbianchire è una tecnica
applicabile a determinati ortaggi, mentre sbollentare è una vera e propria precottura.
Affogatura
L'affogatura consiste nel cuocere lentamente gli alimenti in acqua o in un fondo di
verdure e acqua. Si attua con cotture basse (80°C) e prolungate, controllando
saltuariamente la condizione del cibo (si può praticare anche a bagnomaria).
Gli alimenti che si prestano all'affogatura in ACQUA sono: uova, salsicce, gnocchi. I
cibi che si prestano all'affogatura in FONDO sono: pesci e volatili.
Principio della cottura a vapore e a pressione
Nel sistema di cottura a vapore l'alimento entra in contatto con l'acqua allo stato
gassoso e subisce meno perdite rispetto alla bollitura; si può cuocere nella pentola a
vapore o nella pentola a pressione, ma sempre utilizzando il CESTELLO a fondo
forato che ospita l'alimento da cuocere. Sul fondo viene posta l'acqua che per mezzo
della fiamma evapora e trasmette il calore al cibo; nella pentola a vapore (non a
pressione), il livello di acqua sul fondo deve essere costantemente presente.
Nella cottura a vapore, maggiore risulta la pressione all'interno (1,4-1,5, fino a 2 bar
totali), più elevato sarà il punto di ebollizione, di conseguenza la temperatura di
cottura; con questa tecnica sfruttata dalle pentole a pressione si riducono le
dispersioni MA aumentano le perdite di vitamine termolabili.
Gli alimenti più indicati sono: verdure e cereali, patate, pesci e carni.
Cottura nei grassi
La cottura nei grassi è un principio che si può applicare su uno strato lipidico sottile o
cottura al salto, oppure tramite l'immersione totale dell'alimento o frittura.
Cottura al salto
Nella cottura al salto, la porzione lipidica è modesta e la temperatura può oscillare tra
i 120 ed i 220°C.
Gli alimenti indicati nella cottura al salto sono: piccoli pezzi o fettine di carne, piccoli
pesci, patate, alcuni tipi di verdure, uova.
Frittura
La frittura si effettua riscaldando l'olio o il grasso a 160-180°C ed immergendo
totalmente l'alimento; gli alimenti indicati sono: patate, pesci, carne, alcune verdure e
dolci.
NB. La scelta dell'olio o del grasso e la temperatura di cottura sono elementi molto
importanti nella cottura coi grassi; essi devono conservare una certa integrità e
prevenire la formazione di cataboliti tossici del glicerolo lipidico (acroleina e
formaldeide) e dei nutrienti alimentari (idrocarburi policiclici aromatici e acrilamide).
I lipidi per friggere più indicati sono quelli che hanno il maggior punto di fumo, che
NON contengono colesterolo, possibilmente nemmeno grassi saturi o idrogenati, ma
nemmeno troppi grassi polinsaturi: praticamente, l'olio vergine d'oliva e in alternativa
l'olio d'arachide.
Tecniche di Cotture Miste
Le cotture miste seguono un principio di cottura che prevede almeno due fasi
differenti, prima una forte e rapida, poi una più dolce e duratura con l'eventuale
aggiunta di liquido.
Brasatura
Brasare è una tecnica o sistema di cottura che prevede una doratura iniziale
dell'alimento in "brasiera" (o casseruola) al FORNO con COPERCHIO, e un
proseguimento di cottura sulla stufa a fuoco dolce e più o meno prolungata. NB.
Tenerezza del cibo e temperatura di cottura sono direttamente proporzionali.
Gli alimenti indicati alla brasatura sono: carne rossa, carne bianca, volatili.
Cottura in casseruola
Con questa tecnica o sistema di cottura l'alimento viene fatto "sudare" al forno su una
base di sostanza grassa, SENZA coperchio e a bassa temperatura; in seguito, si copre
e si prosegue in forno a 140-160°C bagnando spesso nel proprio sugo. Gli alimenti
indicati per la cottura in casseruola sono: volatili a carne bianca (pollo, faraona e
tacchino), selvaggina (pernice, anatra, fagiano, piccione).
Stufatura
Stufare è una tecnica o sistema di cottura che prevede la collocazione dell'alimento in
una padella con poco grasso e liquido, per una cottura lenta con coperchio SENZA
l'aggiunta di liquido. NB. Si differenzia dalla brasatura poiché NON prevede alcuna
rosolatura iniziale dell'alimento e viene svolta direttamente sulla stufa.
Gli alimenti consigliati per la stufatura sono: pesci, pezzetti di carne, frutta, verdure
(soprattutto zucchine e pomodori), funghi.
Principio della cottura al microonde
Quello al microonde è un principio di cottura abbastanza innovativo.
Funzionamento: il forno a microonde possiede un dispositivo magneton che converte
l'energia elettrica in microonde, ovvero onde elettromagnetiche che si inquadrano tra
gli infrarossi e le onde radio. Quelle utilizzate in cucina hanno una lunghezza di 12
centimetri (cm) con una frequenza di 2450 megaHertz (MHz) e le radiazioni che
producono si annullano istantaneamente appena cessa l'azione della sorgente.
Agiscono sulle molecole polari dei cibi e ne provocano l'agitazione prima in
profondità (circa 2-3cm) e poi estese a tutto l'alimento; alcuni materiali dei
contenitori assorbono tali radiazioni e non le subiscono, altri, come i metalli, le
respingono causando la rottura dell'apparecchio.
Vantaggi e svantaggi: il microonde possiede alcuni vantaggi di utilizzo, quali
rapidità, conservazione nutrizionale, minor utilizzo di grassi, cottura ordinata e pulita.
I limiti sono rappresentati soprattutto dal fatto che non favorisce lo sviluppo di
componenti aromatiche e gustative tipiche degli altri sistemi.
Nuove tecnologie di Cottura
Le nuove tecnologie di cottura si distinguono per diversi principi e tecniche di
lavorazione.
Principio di cottura a induzione magnetica
Si pratica per mezzo di una piastra in vetro o ceramica al di sotto della quale è
posizionato un generatore elettronico che trasforma la corrente ordinaria in corrente
ad alta frequenza, 25.000-50.000 Hertz; tale corrente viene convogliata in una bobina
di rame spiroidale che genera un capo magnetico di grande intensità. I contenitori
metallici posti al di sopra della piastra reagiscono al magnetismo e si scaldano, cosa
che non accade se vi poniamo sopra qualunque altro materiale, comprese le nostre
mani. Si tratta di un principio inverso al microonde che stimola le molecole polari dei
cibi, mentre l'induzione magnetica stimola le molecole metalliche dei contenitori.
La cottura a induzione viene impiegata a bordo di navi o aeroplani, poiché risulta
particolarmente vantaggiosa da punto di vista igienico e della sicurezza (per le ustioni
del personale addetto) MA i costi relativi all'attrezzatura sono ancora molto elevati.
Principio di cottura sottovuoto
Prevede l'utilizzo integrato di: macchine per "sottovuotare" o vacuum, forno a vapore
con sonda per valutare la temperatura, abbattitore di temperatura e un refrigeratore.
Procedimento: gli alimenti crudi e quelli preelaborati vengono posti in appositi
sacchetti e privati dell'aria, poi cotti a temperature basse ma costanti a 64-98°C.
Successivamente, vengono abbattuti termicamente e poi refrigerati.
NB. In alcuni casi, invece del sottovuoto, si predilige l'inserimento dell'atmosfera
modificata.
Principio della cottura a bassa densità
La cottura a bassa densità è una tecnologia piuttosto recente che consente di operare a
temperature di 120-125°C utilizzando il più possibile l'umidità dell'alimento; è attuata
mediante l'utilizzo di un forno particolare che converte automaticamente la
temperatura di cottura in quella di mantenimento (minimo +60°C), e si presta
maggiormente per le carni e gli arrosti, consentendo di mantenerne la temperatura
fino al momento del servizio.