t* I II gusto L'agronomo-enologo Federico Curtaz analizza l'influenza degli stati climatici sul bouquet \ Tra dispetti del libeccio e schiaffi del maestrale La risposta delle vigne soffia sempre nel vento asta un alito di vento per piegare la resistenza di una fo• glia di vite, o asciugarla del tutto. Filari spettinati, grappoli d'uva tormentati dal soffio freddo o caldo: la vigna, da Nord a Sud, vive questa fascinosa variante. Ne è convinto Federico Curtaz, agrononomo-enologo e osservatore dei mutamenti del clima dal periodo vegetativo al sonno invernale. «La risposta soffia nel vento...», canta Bob Dylan, e chi non si è mai fermato un attimo davanti ai turbinii dipinti da van Gogh, o letto le rime di Cesare Pavese? «Una variabile determinante per chi fa vino» dice l'enologo siciliano Vincenzo Bambina, sorpreso nelle notti d'estate nelle vigne di Contessa Entellina a controllare la salute delle piante dopo la calura estiva. Foglie accartocciate come pagine che si distendono e respirano grazie al vento fresco. Se invece lo scirocco caldo che arriva dal Sahara supera 45 gradi le uve che compongono il Marsala, nella piana di Trapani, avranno garantiti appassimento e surmaturazione. Come sull'isola di Pantelleria ideale per i passiti. Uno di questi, il «Ben Reyè», in arabo significa «figlio del vento», è prodotto dalla famiglia Rallo di Donnafugata. Curtaz : «Di fatto è un ventilatore che asciuga la rugiada, ecco perché se è esagerato crea problemi di siccità. In sostanza si tratta di un grande regolatore termico, che convoglia aria calda o fredda». Lui, con Silvia Maestrelli, produce un rosso dai profumi avvolgenti ai pie- di dell'Etna, nelle vigne di Castiglione di Sicilia. H vino del vulcano, fatto di uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, assorbe i venti serali che rimbalzano sulle pendici e mitigano l'aria che scende da quota tremila sino ai vigneti a 300 metri d'altezza. «Una bella sferzata — spiega l'agronomo originario di Brusson —. Questo sbalzo termico favorisce lo sviluppo di aromi, l'accumulo notturno di zuccheri consentendo una migliore evoluzione dei tannini, sino a renderli setosi». Ogni stagione soffia a modo suo. In autunno prima della vendemmia il ruolo è fondamentale. «Si incunea all'alternanza della pioggia, e non dà spazio alle muffe, asciuga e libera le piante dagli eccessi di umidità», dice l'agronomo. Basta una manciata di ore a differenza del Nord. Dove ad esempio al lago di Garda, nel pomeriggio si forma l'Ora, tra i paesi di Gargnano e Brenzone. Una specie di slalom che soffia aria calda dovuta all'irradiamento solare sull'acqua del lago e sulle montagne. L'incontro con correnti fredde genera un «effetto termosifone». Un vento termico che sfila verso le valli del Trentino e dell'Alto Adige. «Dove favorisce lo sviluppo delle uve Chardonnay e Muller — spiega Curtaz — garantendo una brezza costante che in autunno, per esempio, nel caso dell'uva Nosiola aiuta l'appassimento e la riuscita del Vin Santo trentino». L'enologo, che ha lavorato alla cantina di Angelo Gaja, a Barbaresco, mai pianterebbe Nebbiolo sugli estremi crinali dei grandi Sorì che originano il Barolo nelle Langhe. In pas- sato, in quei lembi di terra, erano usate viti di Barbera perché più resistenti: «Ce l'hanno insegnato i vecchi. D Marin arriva dal Golfo Ligure, normalmente è mite, ma quando è freddo e colpisce i grappoli i danni sono irreparabili. Nel tempo è stato un terrore per i contadini se bagnava il fieno appena tagliato». Chi ama il vento sogna che sia anche gentile. «Quando lo è vuol dire che il vino riesce meglio, la sanità delle vigne ottima, il pericolo di attacchi dfperonospora si allontana», precisa l'enologo. In Maremma gli attacchi dal Tirreno spesso annunciano cattivo tempo e il braccio di ferro si fa con il Maestrale. Uno scontro del quale, tutto sommato, beneficia il Morellino di Scansano. Se invece le correnti fanno incontrare Maestrale e Tramontana, in Sardegna, dove si fa il Vermentino di Gallura, «tra i filari è come essere in barca, si è presi a schiaffi». Federico, che ha 50 anni e di vendemmie ne ha passate, sorride quando si parla dell'Emina e del Sangiovese. I dispetti del Libeccio, tra maggio e giugno, sono noti. A volte le vigne coltivate a spalliera vengono letteralmente divelle. Una maledizione per i vignaioli che in dialetto lo chiamano Corinna, nome dal suono femminile. Nessuno di loro, ai confini con la Romagna, ha dimenticato «Eppure soffia», la canzone di Pierangelo Berteli le cui parole spiegano bene l'effetto fra ? tralicci: «... il vento accarezza sui fianchi le montagne e scompiglia le donne fra i capelli...». \ Mauro Remondino