I.P.I.A. “A. Leone” Nola - (NA) Appunti di fisica per le 1°/2° classi Modulo n° 4 La Dinamica Prof. Giardiello - Tel. 081/5222888 – E-mail [email protected] - 1 INTRODUZIONE La dinamica studia il movimento dei corpi quando sono note le forze a cui essi sono sottoposti e le loro masse. Lo studio della dinamica ebbe inizio tre secoli fa con Galileo e Newton ed ha consentito di spiegare molti fenomeni naturali tra cui il movimento dei pianeti e la caduta dei corpi sulla superficie della terra. Però le previsioni della dinamica cessano di essere corrette quando si studiano i moti dei corpi aventi dimensioni inferiori a quelle atomiche oppure quando si studiano i moti di oggetti che viaggiano a velocità prossima a quella della luce. In questi casi bisogna far ricorso alla teoria quantistica e alla teoria della relatività, due teorie che si sono affermate in quest'ultimo secolo e perciò vengono annoverate tra la fisica moderna. La dinamica si fonda su tre principi fondamentali: a) primo principio, o principio d'inerzia; b) secondo principio, o legge fondamentale della dinamica; c) terzo principio, o principio di azione e reazione. PRIMO PRINCIPIO Enunciato Ogni corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non interviene una forza esterna capace di modificare il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Questo principio in sostanza afferma che un corpo tende a conservare il tipo di moto che ha acquisito, cioè tende a rimanere immobile se è fermo e tende a perseverare nel movimento se è in moto. E' facile rendersi conto che un corpo fermo continua a rimanere immobile fino a quando non gli si applica una forza capace di metterlo in movimento, non è altrettanto semplice, invece, accettare l'idea che un corpo in movimento tende a muoversi con la stessa velocità che ha acquisito e per un tempo illimitato anche in assenza di forze ad esso applicate. L'esperienza quotidiana sembra voglia dimostrarci proprio il contrario di quanto appena affermato, infatti, ogni qual volta annulliamo le forze che tengono in moto un corpo esso dopo poco tempo si ferma. Se, ad esempio, spegniamo il motore di un'automobile, di un aereo, ecc., dopo poco tempo questi oggetti si fermano per l'esistenza di forze d'attrito che si oppongono al movimento. Esperienze di laboratorio, condotte in assenza di attriti, invece, confermano la validità del primo principio della dinamica. L'esperienza con il disco a ghiaccio secco, illustrata nella fig. seguente, dimostra, appunto, la validità del suddetto principio. L'esperienza consiste nel lanciare il disco su di una superficie vetrata, con una certa velocità iniziale. A temperatura ambiente, l'anidride carbonica solida contenuta nella calotta solidale al disco, sublima formando un cuscino di gas tra il disco e la superficie vetrata che riduce gli attriti a valori trascurabili. L’esperienza dimostra, in accordo con quanto enunciato dal primo principio della dinamica, che in tal caso, cioè in assenza di forze esterne, il disco si muove di moto rettilineo uniforme. Da ciò risulta pure evidente che, in presenza di attriti, le forze applicate ad un corpo in moto rettilineo uniforme servono proprio a vincere le resistenze d'attrito. FORZE DI ATTRITO 2 Nel paragrafo precedente si è visto che le forze applicate ai corpi per tenerli in movimento servono unicamente a vincere le resistenze di attrito, da ciò si evince che esse hanno un ruolo importante nello studio della dinamica. Le forze di attrito, quindi, si oppongono al moto dei corpi e si manifestano ogni qual volta quest'ultimi vengono a contatto tra loro. L' esistenza delle forze di attrito dipende dal fatto che le superfici di contatto dei corpi sono sempre più o meno irregolari e rugose e ciò ostacola il movimento. Gli attriti sono di tre tipi: attrito radente, attrito volvente e attrito del mezzo. L'attrito radente si genera quando un corpo striscia su un altro corpo. L'attrito volvente si ha quando un corpo rotola su un altro corpo. L'attrito del mezzo si ha quando un corpo si muove all'interno di uno o più fluidi. Esperienze di laboratorio dimostrano che gli attriti radente e volvente non dipendono dall'estensione delle superfici a contatto ma dipendono dal peso dei corpi, dalla natura delle superfici e, per i corpi che rotolano, dal loro raggio. L'attrito del mezzo dipende, invece, oltre che dalla natura delle superfici dei corpi anche dalla loro velocità relativa, dall'area della superficie lambita, dalle irregolarità di forma, etc. L'attrito radente si calcola con la formula: Fa = KaP, dove: Ka è il coefficiente di attrito radente. Esso dipende dalla natura delle superfici a contatto e si suddivide in coefficiente di primo distacco e coefficiente di secondo distacco o di attrito dinamico. Il coefficiente di primo distacco è maggiore del coefficiente di attrito dinamico e si genera quando il corpo sta per mettersi in movimento, mentre il coefficiente di attrito dinamico si genera quando il corpo è già in movimento. P è il peso del corpo. L'attrito volvente si calcola con la formula: Fv = KvP/r, dove: Kv è il coefficiente di attrito volvente; P è il peso del corpo; r è il raggio del corpo che rotola. La verifica sperimentale delle formule appena enunciate può essere effettuata in laboratorio con l'attrezzatura rappresentata in fig. e disponendo di corpi di dimensioni e materiali diversi. Per verificare la validità della formula dell'attrito radente, ad esempio, si conducono le seguenti esperienze: 3 1) si fanno strisciare più volte sul tavolo parallelepipedi di uguali dimensioni e di materiali diversi che vengono poggiati ogni volta con una faccia diversa. Questa prima serie di esperienze consentono di accertare che l'attrito radente non dipende dall'estensione delle superfici a contatto ma dipende dalla natura dei materiali e dalla rugosità delle superfici; 2) si fanno strisciare parallelepipedi dello stesso materiale singolarmente e sovrapposti tra loro ma poggianti sempre sulla stessa faccia. Questa seconda serie di esperienze consente di accertare che quando si sovrappongono due parallelepipedi dello stesso materiale la forza di attrito si raddoppia, quando se ne sovrappongono tre la forza di attrito si triplica ecc. Ciò conferma che la forza di attrito è direttamente proporzionale al peso dei corpi. Per verificare la formula dell'attrito volvente si applica lo stesso metodo d'indagine visto in precedenza sostituendo, però, i parallelepipedi con cilindretti aventi raggi diversi. 2° PRINCIPO DELLA DINAMICA Enunciato: L'accelerazione di un punto materiale è in ogni istante direttamente proporzionale alla forza applicata; forza e accelerazione hanno sempre la stessa direzione e lo stesso verso. Vale le seguente relazione a = F/m, dalla quale si ricava che F = ma oppure m = F/a. Dalla prima relazione si ha che ad una forza nulla (F = 0) corrisponde un'accelerazione nulla (a = 0) e ciò significa che in assenza di forze applicate l'oggetto rimane fermo se è fermo e continua a viaggiare di moto rettilineo uniforme se è in movimento. In altre parole, questo principio ingloba anche i contenuti del 1° principio. Invece, ogni qual volta applichiamo ad un corpo una forza diversa da zero esso accelera con 4 un'accelerazione che è direttamente proporzionale alla forza applicata ed inversamente proporzionale alla sua massa. In particolare, se la forza applicata al corpo è costante anche l'accelerazione che ne consegue è costante. Quanto appena affermato, ovviamente, è confermato dalle esperienze di laboratorio e la fig. che segue illustra appunto il moto indotto da una forza costante su un disco a ghiaccio secco che, come è noto dalla cinematica, trattasi di moto uniformemente accelerato perché il disco è sottoposto ad un’accelerazione costante. MASSA INERZIALE I risultati di moltissimi esperimenti condotti in laboratorio hanno dimostrato che se la forza applicata ad uno stesso corpo aumenta, anche l'accelerazione aumenta in modo tale che il rapporto F/a rimanga costante. Gli esperimenti hanno, inoltre, dimostrato che è più difficile accelerare un corpo di massa grande anziché‚ un corpo di massa piccola. La massa di un corpo misura ,quindi, la resistenza che il corpo oppone al tentativo di essere accelerato, cioè misura l'inerzia di un corpo. Per questo motivo la massa, definita come rapporto F/a, viene chiamata massa inerziale per distinguerla dalla massa intesa come quantità di materia che esprime un concetto diverso. La massa è una grandezza scalare e nel S.I. si misura in Kg. 3° PRINCIPIO DELLA DINAMICA Enunciato: Ad ogni azione esercitata da un corpo A su di un corpo B corrisponde una reazione di quest'ultimo uguale e contraria a quella di A. Se su due galleggianti vengono poggiate due piccole calamite i due galleggianti si muovono l'uno incontro all'altro. Lo stesso fenomeno si verifica se sopra ai due dischi a ghiaccio secco rappresentati in fig. si mettono rispettivamente una sferetta metallica ed una calamita.Tutto ciò avviene perchè coesistono due azioni uguali e contrarie tra le calamite dei due galleggianti, nonché tra la sferetta metallica e il magnete dei due dischi a ghiaccio secco. Basta guardarsi intorno con un minimo di spirito d'osservazione per scorgere fenomeni regolati dal 3° principio della dinamica. SISTEMI DI RIFERIMENTO INERZIALI E ACCELERATI 5 Le leggi della dinamica valgono soltanto se il moto dei corpi viene studiato rispetto a sistemi di riferimento inerziali. Un sistema di riferimento si dice inerziale quando la terna di riferimento è solidale a corpi fissi nello spazio oppure a corpi che si muovono di moto rettilineo uniforme. Invero, siccome tutti i corpi che ci circondano sono animati da moti rotatori, non esistono sistemi esattamente inerziali. Neppure la terna di riferimento avente origine nel sole e i tre assi orientati verso tre stelle lontane dell'universo, al quale spesso facciamo riferimento, appartiene ad un sistema inerziale, perchè il sole ruota rispetto al centro della via lattea alla velocità di 200 Km/s. In genere, per lo studio del moto di corpi poco estesi, viene assunto come sistema di riferimento inerziale un sistema la cui terna di assi è solidale con il centro della terra e ciò in considerazione del fatto che la velocità angolare della terra è molto piccola. L'esperimento rappresentato in fig mostra perchè‚ le leggi della dinamica non sono valide in un sistema di riferimento non inerziale. Disco a ghiaccio secco Carrello Monitor Telecamera L'esperimento consiste nell'accelerare un carrello sul quale è poggiato un disco a ghiaccio secco. Se studiamo il moto del disco rispetto al carrello ci accorgiamo che esso passa dalla posizione di quiete a quella di moto senza che gli sia stata applicata alcuna forza, contraddicendo, quindi, i primi due principi della dinamica. Infatti, un osservatore solidale con la terna di riferimento X,Y,Z vede il disco rimanere fermo quando il carrello avanza, mentre un secondo osservatore che guarda le immagini riprese dalla telecamera T, solidale con il carrello cioè con la terna x',y',z' vede il disco spostarsi verso l'obiettivo. Il secondo osservatore vede il disco muoversi senza che ad esso sia stata applicata alcuna forza e, quindi, ne deduce che le leggi della dinamica sono errate. Invero, l'apparente contraddizione risiede nel fatto che il sistema di riferimento della telecamera (x',y',z') è un sistema di riferimento accelerato e in un sistema non inerziale le leggi della dinamica, come detto in precedenza, non sono valide. PESO E MASSA DI UN CORPO La terra esercita sui corpi che la circondano una forza di attrazione che si chiama forza di gravità. Il peso di un corpo misura proprio l'intensità di tale forza, quindi, esso è una grandezza vettoriale: il cui punto di applicazione coincide con il baricentro del corpo, la sua intensità con il valore della forza di attrazione esercitata dalla terra e il verso orientato in direzione del centro di quest'ultima. La massa, invece, come è noto, misura l'inerzia del corpo ed è una grandezza scalare. 6 Peso e massa sono legati tra loro dalla relazione P = mg, dove m rappresenta la massa, g l'accelerazione di gravità e P il peso. La formula P = mg si ricava dalla ben nota relazione F = ma sostituendo al posto di F il peso (P) e al posto di a l'accelerazione di gravità (g). Come si ricorderà dallo studio della caduta libera dei corpi, l'accelerazione di gravità, in un determinato luogo, è una costante che non dipende dalla massa e dalla conformazione dei corpi. E' noto, infatti, che nel vuoto una sferetta metallica ed una piuma cadono contemporaneamente. Ciò significa che i pesi degli oggetti sono direttamente proporzionali alle loro masse e quindi oggetti che hanno lo stesso peso hanno anche la stessa massa. Se poniamo sui piatti di una bilancia a bracci uguali corpi di peso uguale, anche le loro masse risultano essere uguali. E' per questo motivo che spesso massa e peso di un corpo vengono confusi pur sapendo che esprimono concetti fisici diversi. La massa, quale misura dell'inerzia di un corpo, è una grandezza che non varia al variare del la posizione che il corpo assume rispetto al centro della terra, mentre il peso, come vedremo meglio in seguito, è una grandezza fisica che assume valori diversi al variare della posizione del corpo rispetto al centro della terra. LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE Newton, studiando la caduta dei corpi sulla terra, intuì che anche i corpi celesti interagiscono con delle forze di attrazione che consentono di mantenere l'ordine cosmico dei moti a cui sono sottoposti e dopo molti studi pervenne alla seguente formula: F = GM'M"/d2, dove: - M' e M" sono le masse dei corpi che interagiscono; - d è la distanza tra i baricentri delle masse; - G è la costante di gravitazione universale, che vale: 6,67 10-11 N m2/Kg2. Come si vede G assume un valore molto piccolo e ciò spiega perchè‚ la forza di attrazione dei corpi è rilevabile solo quando almeno una delle due masse in gioco è grande. La legge di gravitazione universale, sintetizzata dalla formula appena vista, si enuncia nel seguente modo: la forza di attrazione che si esercita tra due corpi di massa M' e M", posti ad una certa distanza d è direttamente proporzionale alla massa dei due corpi e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. La legge di gravitazione universale ci consente di cogliere quell'importante differenza tra peso e massa di un corpo di cui si parlava prima e cioè, mentre la massa è una grandezza intrinseca dei corpi, perchè legata all'inerzia e alla quantità di materia, non varia al variare delle posizioni che il corpo assume nello spazio, il peso, invece, essendo legato alle masse e alla distanza tra i corpi che interagiscono, varia al variare di queste grandezze. Siccome la forza di attrazione è inversamente proporzionale alla distanza al quadrato, un corpo diventa sempre più leggero man mano che si allontana dalla superficie terrestre. Inoltre, se pesiamo un corpo prima sulla terra e poi sulla luna scopriamo che in quest'ultimo caso il suo valore si riduce di circa un sesto e ciò perchè‚ la massa della luna è circa sei volte più piccola di quella della terra. Di conseguenza, dalla relazione g = P/m, essendo m una costante e P una grandezza variabile con la posizione assunta dai corpi, risulta che anche g varia al variare del peso. Pertanto, il valore di g= 9,81 m/s2 utilizzato nei calcoli è valido, con buona approssimazione, solo quando ci riferiamo a corpi raggruppati in zone limitate e prossime alla superficie terrestre; già se si passa da una zona equatoriale ad una zona polare l'accelerazione di gravità aumenta (vedi Tab.). IL MOTO DEI PIANETI 7 Come accennato in precedenza, alla legge di gravitazione universale ubbidiscono tutti i corpi dell'universo: dalle molecole ai pianeti, dalle stelle della via lattea alle lontane galassie. Fino al seicento si pensava che la terra fosse al centro dell'universo e si avevano poche ed errate conoscenze sulla fisica celeste. Nel 1532 il matematico ed astronomo Copernico introdusse per la prima volta l'idea che fosse il sole e non la terra ad essere al centro dell'universo. Successivamente, Keplero, partendo dalla teoria Copernicana e dopo aver elaborato una notevole quantità di dati sperimentali che aveva a disposizione, pervenne alla formulazione delle seguenti tre leggi: 1) Le orbite descritte dai pianeti intorno al sole sono ellissi di cui il sole occupa uno dei fuochi. 2) Il raggio vettore che dal sole va a un pianeta spazza aree uguali in intervalli di tempo uguali. 3) Il rapporto tra il cubo del raggio dell'orbita e il quadrato del periodo di rivoluzione è lo stesso per tutti i pianeti. La prima legge di Keplero non ha bisogno di essere commentata, semmai occorre precisare che le orbite planetarie sono delle ellissi poco allungate, cioè molto simili a delle circonferenze. Dalla seconda legge emerge che i pianeti si muovono tanto più velocemente sulla loro orbita quanto più si avvicinano al sole. La terza ed ultima legge afferma, invece, che i pianeti più lontani dal sole hanno un periodo di rivoluzione maggiore di quelli più vicini ed è per questo motivo che l'anno terrestre dura 365 giorni mentre quello di mercurio, più vicino al sole, dura 88 giorni e quello di plutone, più lontano dal sole, dura 247 anni terrestri. A questo punto qualcuno si sarà chiesto: 1) per quale motivo i pianeti descrivono delle traiettorie ellittiche e non si perdono nello spazio cosmico su traiettorie rettilinee così come afferma il primo principio della dinamica ? 2) se i corpi si attraggono tra loro per quale motivo non cadono l'uno sull'altro fino a costituire un'unica grande massa? 8 Per dare una risposta a queste due domande bisogna ricordarsi di quanto già detto nel moto circolare uniforme a proposito della genesi della forza centrifuga. Sui corpi celesti agiscono contemporaneamente le forze di attrazione, che tendono a farli cadere l'uno sull'altro, e le forze centrifughe. Istante per istante forze centrifughe e forze di attrazione si fanno equilibrio determinando il moto dei pianeti. MOTO DEI SATELLITI Da quando l'astronauta Yuri Gagarin effettuò, nell'anno 1961, il primo giro intorno alla terra, per l'uomo iniziò l'era nello spazio. Da quell'anno, infatti, si susseguirono molte altre missioni e nel 1969 i due astronauti statunitensi Neil Armstrong e Edwin Aldrin per primi camminarono sul suolo lunare. Nell'anno 1981 venne effettuato il primo lancio della navicella Shuttle Columbia e da allora, con lo stesso mezzo, sono stati compiuti più di altri venti lanci i quali hanno consentito di compiere esperimenti scientifici, di mettere in orbita satelliti artificiali, di costruire e manutenere stazioni orbitanti ecc. Contemporaneamente all'esplorazione umana dello spazio è stata attivata anche l'esplorazione automatica e tra queste va ricordata la sonda Voyager 2, che lanciata nell'anno 1977 ha raggiunto i pianeti Giove, Saturno, Urano, Nettuno e attualmente sta proseguendo, per inerzia, verso la stella Sirio che raggiungerà fra 358000 anni. La tecnologia spaziale sta migliorando anche la qualità della vita sulla terra. I satelliti che vengono impiegati nelle comunicazioni, per le previsioni meteorologiche, per controllare il buco nell'ozono ecc. sono tutte applicazioni effettuate per migliorare la qualità della vita sulla terra. Ma anche i satelliti, come i pianeti, per restare sull'orbita prescelta, devono realizzare l'equilibrio tra forza centripeta e forza gravitazionale. Il che comporta, ad esempio, che satelliti di tipo geostazionario, i quali descrivono orbite circolari contenute nel piano equatoriale e si muovono insieme alla terra in modo da rimanere sempre sulla stessa verticale, devono viaggiare ad un'altezza da terra e con una velocità ben definite. Per calcolare la velocità di un satellite di tipo geostazionario si parte dall'equazione: ms V2/r = G ms mt/r2, dove: - ms è la massa del satellite; - mt è la massa della terra; - V è la velocità del satellite; 9 - r è il raggio dell'orbita, cioè la distanza del satellite dal centro della terra. Moltiplicando primo e secondo membro della precedente equazione per r/ms si ottiene la seguente altra equazione: V2 = Gmt/r, dalla quale si evince che essendo G ed mt due costanti e V2 inversamente proporzionale ad r, la velocità dei satelliti deve diminuire man mano che il raggio delle loro orbite aumenta. L'orbita di un satellite geostazionario ha un raggio di 35800 Km. MASSA INERZIALE E MASSA GRAVITAZIONALE La massa inerziale, come è noto, misura la resistenza che il corpo oppone a farsi accelerare. Le masse che compaiono nella legge della gravitazione universale misurano, invece, la capacità che i corpi hanno di attrarsi tra loro e per questo motivo i fisici le hanno chiamate massegravitazionali. L'esperienza dimostra che massa inerziale e massa gravitazionale sono direttamente proporzionali tra loro e perciò, al di là del differente concetto fisico di base, ai fini pratici non cambia nulla se nei calcoli sostituiamo l'una con l'altra. 10