19 Giuseppe: quando il bene trionfa sul male Il romanzo della vita di Giuseppe continua come una storia piena di intrighi, avventure, colpi di scena, disgrazie e fortune. Alla fine, il vecchio Israele riabbraccia in Egitto il figlio che aveva creduto morto. I figli d’Israele si stabiliscono in terra straniera fino a quando Dio li farà uscire verso il paese della promessa. G iuseppe, anche nella fortuna come nella disgrazia resta un saggio che teme Dio; e Dio ancora una volta lo libera. Giuseppe interpreta i sogni del Faraone e costui gli affida il governo economico del paese. Lo sconosciuto figlio di Giacobbe è diventato un potente del grande Egitto. E sotto la sua guida il paese raggiunge la prosperità. Nel momento delle vacche magre le nazioni vicine vengono per chiedere aiuto e comperare il grano dai granai dell’Egitto. Anche Giacobbe, dal paese di Canaan, manda i suoi figli a prendere il grano. Che farà Giuseppe? Sarà l’occasione della rivincita e della vendetta? No. Sarà invece una splendida storia di riconciliazione. Attraverso peripezie commoventi avverranno il riconoscimento e la riconciliazione. Il saggio Giuseppe si comporta in maniera magnanima e misericordiosa. Lacerato dalla commozione, all’inizio non si fa riconoscere. Tiene in ostaggio un fratello e chiede che gli venga portato il fratello minore, il coccolino Beniamino (l’altro figlio dell’amata Rachele). Quando glielo portano, con una falsa accusa di furto, lo tiene schiavo. Allora Giuda (che già con il fratello maggiore Ruben aveva a suo tempo cercato di salvare Giuseppe) esplode. No! non posso tornare a casa senza Beniamino. Giacobbe aveva già perso un figlio e non si era mai consolato... Allora Giuseppe non ce la fa più. Nel pianto abbraccia i suoi fratelli e si fa riconoscere. I fratelli tornano, pieni di gioia, a prendere il padre. Ed ecco la scena (è la scena evangelica del figliol prodigo a personaggi rovesciati). Quando la casa di Giacobbe arrivò in Egitto, Giuseppe corse incontro al padre, gli gettò le braccia al collo e pianse di gioia. Giacobbe e la sua casa abiteranno felicemente in terra d’Egitto. Questa storia, piena di passioni, di avventure, di intrighi, di colpi di scena, di disgrazie, di fortune, di provvidenza, fu per gli Ebrei un grande, consolante romanzo: pieno di orgoglio e di speranza. Fu storia esemplare di una figura che riassumeva bene tutta la storia e le loro convinzioni: Giuseppe segno di contraddizione, Giuseppe il saggio, Giuseppe il misericordioso, Giuseppe il salvatore. Per i cristiani, Giuseppe è spontaneamente diventato figura, parabola impressionante di Gesù: il figlio prediletto che i fratelli adoreranno: prima rifiutato dai suoi, tradito, eliminato, venduto per pochi denari; poi liberato da Dio e innalzato alla gloria. Giuseppe che dà da mangiare a chi ha fame; che salva non solo i fratelli, ma tutte le nazioni; che perdona coloro che gli hanno fatto del male; che attribuisce la sua gloria al Padre e alla Promessa... Nessuno forse, come Giuseppe, ha anticipato, con tratti così impressionanti, la storia di Gesù... e ci ha aiutato a capirlo. Ecco perché è una storia che i cristiani non possono dimenticare. E siamo contenti di scorrerla insieme. Era un debito che dovevo saldare: perché anche a me - ricordo benissimo quando e chi - da ragazzo qualcuno l’aveva raccontata. La storia di Giuseppe e il suo esito positivo LA BIBBIA - 95 Dal libro della Genesi Capitolo 41, 1-57 Giuseppe interpreta i sogni del faraone Due anni dopo, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo. Ed ecco, salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse, e si misero a pascolare tra i giunchi. 3 Ed ecco, dopo quelle, salirono dal Nilo altre sette vacche, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. 4 Le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. 5 Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco, sette spighe spuntavano da un unico stelo, grosse e belle. 6 Ma, dopo quelle, ecco spuntare altre sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente. 7 Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Il faraone si svegliò: era stato un sogno. 8 Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno sapeva interpretarlo al faraone. 9 Allora il capo dei coppieri parlò al faraone: «Io devo ricordare oggi le mie colpe. 10 Il faraone si era adirato contro i suoi servi e li aveva messi in carcere nella casa del capo delle guardie, sia me sia il capo dei panettieri. 11 Noi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ma avemmo ciascuno un sogno con un proprio significato. 12 C’era là con noi un giovane ebreo, schiavo del capo delle guardie; noi gli raccontammo i nostri sogni ed egli ce li interpretò, dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. 13 E come egli ci aveva interpretato, così avvenne: io fui reintegrato nella mia carica e l’altro fu impiccato». 14 Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo; egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. 15 Il faraone disse a Giuseppe: «Ho fatto un sogno e nessuno sa interpretarlo; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito». […] 25 Allora Giuseppe disse al faraone: «Il sogno del faraone è uno solo: Dio ha indicato al faraone quello che sta per fare. 26 Le sette vacche belle rappresentano sette anni e le sette spighe belle rappresentano sette anni: si tratta di un unico sogno. 27 Le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, rappresentano sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d’oriente, rappresentano sette anni: verranno sette anni di carestia. 28 È appunto quel che ho detto al faraone: Dio ha manifestato al faraone quanto sta per fare. 29 Ecco, stanno per venire sette anni in cui ci sarà grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto. 30 A questi succederanno sette anni di carestia; si dimenticherà tutta quell’abbondanza nella terra d’Egitto e la carestia consumerà la terra. 31 Non vi sarà più alcuna traccia dell’abbondanza che vi era stata nella 1 2 96 - LA BIBBIA I SOGNI DEL POTENTE Il simbolismo dei sogni del faraone ben s’accorda con lo sfondo egiziano del racconto. Sette anni di abbondanza, rappresentati da vacche grasse che salgono dal Nilo e da spighe piene di grano, saranno seguiti da sette devastanti anni di carestia, dipinti come vacche brutte e magre e come spighe di grano inaridite. Giuseppe (v. 33) fa seguire alla propria interpretazione un consiglio pratico che il faraone accetta immediatamente. Secondo il redattore elohista, Giuseppe è insediato come maestro del palazzo, carica che gli dà la responsabilità delle finanze dell’Egitto. Secondo lo Jahwista, Giuseppe viene nominato visir dell’Egitto, una carica ancora più alta. Egli è incaricato dell’amministrazione del paese. La cerimonia di insediamento (vv. 41 ss) riflette fedelmente le consuetudini politiche e sociali dell’Egitto. L’anello era il sigillo reale portato dal visir, e la catena aurea era probabilmente l’emblema della carica. Gli abiti di puro lino e il carro indicano la condizione nobile di Giuseppe, come anche i banditori che corrono davanti al suo cocchio. Vacche grasse e magre Le espressioni di uso comune «sette anni di vacche magre» (o «grasse»), sono chiare allusioni al racconto biblico: le «vacche grasse» indicano un periodo di abbondanza (comunque destinato a finire); le «vacche magre» un periodo di difficoltà economiche (anch’esso, fortunatamente, temporaneo). L’espressione ebbe un certo successo negli anni ottanta, quando fu adoperata, tra gli altri, da Bettino Craxi. Ancora oggi a volte con «vacche grasse» si allude a quel decennio del Novecento in cui l’Italia sperimentò una temporanea e relativa floridezza economica. terra, a causa della carestia successiva, perché sarà molto dura. 32 Quanto al fatto che il sogno del faraone si è ripetuto due volte, significa che la cosa è decisa da Dio. 33 Il faraone pensi a trovare un uomo intelligente e saggio e lo metta a capo della terra d’Egitto. 34 Il faraone inoltre proceda a istituire commissari sul territorio, per prelevare un quinto sui prodotti della terra d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. 35 Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. 36 Questi viveri serviranno di riserva al paese per i sette anni di carestia che verranno nella terra d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia». 37 La proposta piacque al faraone e a tutti i suoi ministri. 38 Il faraone disse ai ministri: «Potremo trovare un uomo come questo, in cui sia lo spirito di Dio?». 39 E il faraone disse a Giuseppe: «Dal momento che Dio ti ha manifestato tutto questo, non c’è nessuno intelligente e saggio come te. 40 Tu sarai il mio governatore e ai tuoi ordini si schiererà tutto il mio popolo: solo per il trono io sarò più grande di te». 41 Il faraone disse a Giuseppe: «Ecco, io ti metto a capo di tutta la terra d’Egitto». 42 Il faraone si tolse di mano l’anello e lo pose sulla mano di Giuseppe; lo rivestì di abiti di lino finissimo e gli pose al collo un monile d’oro. 43 Lo fece salire sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: «Abrech». E così lo si stabilì su tutta la terra d’Egitto. 44 Poi il faraone disse a Giuseppe: «Io sono il faraone, ma senza il tuo permesso nessuno potrà alzare la mano o il piede in tutta la terra d’Egitto». 45 E il faraone chiamò Giuseppe Safnat-Panèach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di Eliòpoli. Giuseppe partì per visitare l’Egitto. 46 Giuseppe aveva trent’anni quando entrò al servizio del Faraone. Quindi Giuseppe si allontanò dal faraone e percorse tutta la terra d’Egitto. 47 Durante i sette anni di abbondanza la terra produsse a profusione. 48 Egli raccolse tutti i viveri dei sette anni di abbondanza che vennero nella terra d’Egitto, e ripose i viveri nelle città: in ogni città i viveri della campagna circostante. 49 Giuseppe ammassò il grano come la sabbia del mare, in grandissima quantità, così che non se ne fece più il computo, perché era incalcolabile. […] 53 Finirono i sette anni di abbondanza nella terra d’Egitto 54 e cominciarono i sette anni di carestia, come aveva detto Giuseppe. Ci fu carestia in ogni paese, ma in tutta la terra d’Egitto c’era il pane. 55 Poi anche tutta la terra d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». 56 La carestia imperversava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggravava in Egitto, 57 ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra. Al vertice del potere Giuseppe è completamente immerso nella corte egizia. Gli vien dato un nome egizio,SafnatPanèach («Dio dice: egli è vivente») e una moglie egizia. Il suo nuovo nome e il fatto che egli sposi la figlia di un sacerdote egizio (Eliòpoli è centro del culto a Ra, il dio del sole) non creano, apparentemente, problemi per lo Jahwista, che registra ciò semplicemente come parte della nuova posizione di Giuseppe in Egitto. Durante il tempo della prosperità nascono a Giuseppe due figli (vv. 51 ss), cui vengono dati nomi che sono in relazione con la sua nuova vita. La sua sofferenza precedente viene “dimenticata”, perciò il primo figlio riceve il nome di Manasse collegato alla radice di un verbo ebraico che vuol dire “far dimenticare”; Èfraim, a una radice che vuol dire “rendere fecondo” e vuole rappresentare il suo attuale stato di prosperità. Solo nel v. 46a si parla dell’età di Giuseppe. Sono trascorsi tredici anni dall’ingresso di Giuseppe in Egitto fino alla sua ascesa al potere. LA BIBBIA - 97 Capitolo 42, 1-9 Giuseppe incontra i suoi fratelli Giacobbe venne a sapere che in Egitto c’era grano; perciò disse ai figli: «Perché state a guardarvi l’un l’altro?». 2 E continuò: «Ecco, ho sentito dire che vi è grano in Egitto. Andate laggiù a comprarne per noi, perché viviamo e non moriamo». 3 Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento dall’Egitto. 4 Quanto a Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo lasciò partire con i fratelli, perché diceva: «Che non gli debba succedere qualche disgrazia!». 5 Arrivarono dunque i figli d’Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure erano venuti, perché nella terra di Canaan c’era la carestia. 6 Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. 7 Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l’estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: «Da dove venite?». Risposero: «Dalla terra di Canaan, per comprare viveri». 8 Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo riconobbero. 9 Allora Giuseppe si ricordò dei sogni che aveva avuto a loro riguardo… 1 Capitolo 45, 1-11. 25-28 Il riconoscimento Allora Giuseppe non poté più trattenersi dinanzi a tutti i circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessun altro presso di lui, mentre Giuseppe si faceva conoscere dai suoi fratelli. 2 E proruppe in un grido di pianto. Gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone. 3 Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! È ancora vivo mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché sconvolti dalla sua presenza. 4 Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, quello che voi avete venduto sulla via verso l’Egitto. 5 Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. 6 Perché già da due anni vi è la carestia nella regione e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura. 7 Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nella terra e per farvi vivere per una grande liberazione. 8 Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il territorio d’Egitto. 9 Affrettatevi a salire da mio padre e ditegli: «Così dice 1 98 - LA BIBBIA ISRAELE E LA CARESTIA Dopo la descrizione della ascesa al potere di Giuseppe, la narrazione ritorna al tema del rapporto tra lui e i suoi fratelli,. La carestia si e estesa alla Palestina, costringendo Giacobbe a mandare i figli in Egitto, perché ha sentito che là c’è del cibo disponibile. Egli non manda Beniamino, I’altro figlio di Rachele che, presumibilmente, ha preso il posto di Giuseppe nell’affetto paterno. IL SOGNO REALIZZATO I sogni di Giuseppe (37,5-10) si realizzano quando i suoi fratelli Si inchinano davanti a lui (v. 6). Egli li riconosce, essi invece non lo riconoscono; perciò comincia a giocare con loro una partita il cui significato diviene chiaro solo nel prosieguo del racconto. Egli accusa i fratelli di essere delle spie. Nell’ardore di difendere se stessi, essi rivelano a Giuseppe ciò che vuole sapere della sua famiglia. Egli insiste perché gli conducano Beniamino per provare la verità della loro asserzione di non essere spie. Con questo sistema, Giuseppe è in grado di stabilire se i fratelli sono cambiati oppure no. «IO SONO GIUSEPPE!» La situazione disperata dei figli di Giacobbe, convince Giacobbe a permettere che egli accompagni Beniamino gli altri figli in Egitto. Giacobbe invia con loro dei doni, sperando di placare il funzionario egiziano che ha accusato così ingiustamente i suoi figli. E dopo varie peripezie con i quali i fratelli sono messi alla prova, Giuseppe si fa riconoscere La teologia sottostante alla storia di Giuseppe viene resa esplicita. Dio ha diretto e guidato il corso degli eventi. Ciò che i fratelli hanno inteso come un male, Dio lo ha redento. il tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l’Egitto. Vieni quaggiù presso di me senza tardare. 10 Abiterai nella terra di Gosen e starai vicino a me tu con i tuoi figli e i figli dei tuoi figli, le tue greggi e i tuoi armenti e tutti i tuoi averi. 11 Là io provvederò al tuo sostentamento, poiché la carestia durerà ancora cinque anni, e non cadrai nell’indigenza tu, la tua famiglia e quanto possiedi». […] 25 Così essi salirono dall’Egitto e arrivarono nella terra di Canaan, dal loro padre Giacobbe, 26 e gli riferirono: «Giuseppe è ancora vivo, anzi governa lui tutto il territorio d’Egitto!». Ma il suo cuore rimase freddo, perché non poteva credere loro. 27 Quando però gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva detto loro ed egli vide i carri che Giuseppe gli aveva mandato per trasportarlo, allora lo spirito del loro padre Giacobbe si rianimò. 28 Israele disse: «Basta! Giuseppe, mio figlio, è vivo. Voglio andare a vederlo, prima di morire!». Capitolo 46, 1-7. 26-30 Israele scende in Egitto Israele dunque levò le tende con quanto possedeva e arrivò a Bersabea, dove offrì sacrifici al Dio di suo padre Isacco. 2 Dio disse a Israele in una visione nella notte: «Giacobbe, Giacobbe!». Rispose: «Eccomi!». 3 Riprese: «Io sono Dio, il Dio di tuo padre. Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. 4 Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare. Giuseppe ti chiuderà gli occhi con le sue mani». 5 Giacobbe partì da Bersabea e i figli d’Israele fecero salire il loro padre Giacobbe, i loro bambini e le loro donne sui carri che il faraone aveva mandato per trasportarlo. 6 Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e vennero in Egitto, Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti. 7 Egli condusse con sé in Egitto i suoi figli e i nipoti, le sue figlie e le nipoti, tutti i suoi discendenti. 26 Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, discendenti da lui, senza contare le mogli dei figli di Giacobbe, furono sessantasei. 27 I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto furono due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, ammontano a settanta. 28 Egli aveva mandato Giuda davanti a sé da Giuseppe, perché questi desse istruzioni in Gosen prima del suo arrivo. Arrivarono quindi alla terra di Gosen. 29 Allora Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì incontro a Israele, suo padre, in Gosen. Appena se lo vide davanti, gli si gettò al collo e pianse a lungo, stretto al suo collo. 30 Israele disse a Giuseppe: «Posso anche morire, questa volta, dopo aver visto la tua faccia, perché sei ancora vivo».. 1 Dio è colui che ha mandato Giuseppe in Egitto per conservarsi un resto e per liberare la famiglia di Giacobbe. I termini “sopravvivenza” e “liberazione” (v. 7) assumono nell’A.T. grande rilievo per esprimere la convinzione di Israele che Dio interviene nella sua storia e lo preserva dalla totale distruzione. Giuseppe assolve i suoi fratelli ed essi vengono riconciliati. I fratelli «si misero a conversare con lui» e la tensione, che era andata accumulandosi fin dal c. 42, è finalmente dissolta. Lo scioglimento dell’intreccio include la comunicazione a Giacobbe della notizia che Giuseppe è vivo, il trasferimento di Giacobbe in Egitto e l’incontro di Giuseppe con il padre. Quando i fratelli rivelano al padre che Giuseppe è vivo e occupa una posizione di prestigio in Egitto, Giacobbe è comprensibilmente ammutolito. Ma, gradualmente, egli viene convinto circa la verità della loro affermazione e decide di andare in Egitto. Non viene fatta alcuna menzione dell’azione colpevole dei fratelli, poiché essa è stata soppiantata dall’intervento salvifico di Dio. UN INCONTRO ATTESO L’incontro a lungo atteso tra Giuseppe e suo padre presenta un quadro commovente. La gioia di Giacobbe è completa nell’essersi ricongiunto al figlio che credeva morto (46,30). La scena finale della storia di Giuseppe abbraccia la considerazione pratica sulla località, dove risiederanno Giacobbe e la sua famiglia in Egitto. Il territorio di Gosen, ad oriente del delta del Nilo, avrebbe offerto un terreno adatto al pascolo per i greggi di Giacobbe, in una provincia di frontiera. Gli ebrei entrano in Egitto in settanta (v. 27), usciranno in seicentomila (Es 12, 37). LA BIBBIA - 99 Capitolo 49,1-33 (passim) Le benedizioni di Giacobbe Quindi Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi, perché io vi annunci quello che vi accadrà nei tempi futuri. 2 Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate Israele, vostro padre! 3 Ruben, tu sei il mio primogenito, il mio vigore e la primizia della mia virilità! 5 Simeone e Levi sono fratelli, strumenti di violenza sono i loro coltelli. 8 Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. 9 Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? 10 Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. 13 Zàbulon giace lungo il lido del mare e presso l’approdo delle navi. 14 Ìssacar è un asino robusto, accovacciato tra un doppio recinto. 16 Dan giudica il suo popolo come una delle tribù d’Israele. 19 Gad, predoni lo assaliranno, ma anche lui li assalirà alle calcagna. 20 Aser, il suo pane è pingue: egli fornisce delizie da re. 21 Nèftali è una cerva slanciata; egli propone parole d’incanto. 22 Germoglio di ceppo fecondo è Giuseppe; germoglio di ceppo fecondo presso una fonte, i cui rami si stendono sul muro. 27 Beniamino è un lupo che sbrana: al mattino divora la preda e alla sera spartisce il bottino». 28 Tutti questi formano le dodici tribù d’Israele. Questo è ciò che disse loro il padre nell’atto di benedirli; egli benedisse ciascuno con una benedizione particolare. 29 Poi diede loro quest’ordine: «Io sto per essere riunito ai miei antenati: seppellitemi presso i miei padri nella caverna che si trova nel campo di Macpela di fronte a Mamre, nella terra di Canaan, quella che Abramo acquistò come proprietà sepolcrale […]». 33 Quando Giacobbe ebbe finito di dare quest’ordine ai figli, ritrasse i piedi nel letto e spirò, e fu riunito ai suoi antenati. 1 100 - LA BIBBIA Oracoli del patriarca La narrazione di Giacobbe che benedice i suoi figli sul letto di morte, è un insieme di detti e di oracoli sulle caratteristiche e sul destino futuro delle dodici tribù. Alcuni sono certamente antichi, ma il poema stesso non può essere datato antecedentemente al x sec. a.C., poiché parla del predominio della tribù di Giuda, che prevalse a quell’epoca. Il testo è corrotto e parti del poema sono intraducibili, rendendo più gravi i problemi dell’interpretazione. Il testo riguardante Giuda (vv. 8-12) è, in parte, oscuro. Ma la benedizione presentata con una serie di immagini trionfalistiche: il leone e lo scettro, il bastone del comando e il manto di porpora, l’obbedienza e l’omaggio dei popoli. Tutto ciò non è senza motivo: la tribù di Giuda sarà l’unica a salire al trono con Davide e conoscerà gli splendori della corte di Salomone. L’orientamento messianico del brano (v.10) è palese. Della tribù di Zabulon, si dice solo che essa dimora presso il mare, sulla costa presso la Fenicia. La tribù di Issacar è derisa perché istallata nella fertile pianura di Esdrelon, si è rammollita ed ha accettato il giogo dei cananei(vv. 14-5). Con un gioco di parole Dan viene fatto derivare da una radice ebraica che significa “giudicare”. La tribù di Gad viene descritta mentre si difende e vince bande di nomadi predoni (v. 19). La tribù di Aser occupava la fertile regione a nord del monte Carmelo, rinomata per la sua ricca produttività (v. 20). Il detto su Neftali è oscuro (v. 21). La benedizione impartita a Giuseppe (vv. 22-26) occupa un posto a parte dal resto de] poema, a causa della sua forma particolare. E l’unica benedizione propriamente detta e sembra derivare da un’antichissima benedizione per la fertilità. I vv 25-26 hanno paralleli diretti con le benedizioni cananaiche. Infine, la tribù di Beniamino è lodata per la sua forza.