Malattie provocate dagli alimenti
Carlo Cantoni
Libero docente in Ispezione alimenti origine animale – via Corridoni, 41 – 20122 Milano
Le malattie alimentari rappresentano un problema persistente causato dal possibile consumo di alimenti e bevande contaminati da agenti biologici e da composti chimici.
Limitando questa trattazione ai soli agenti biologici si segnala che più di 200 patogeni sono responsabili di malattie alimentari.
L’inizio di una malattia alimentare è generalmente di tipo acuto con risoluzione entro 72 ore dell’evento patologico senza conseguenze. La manipolazione corretta degli alimenti, la cura dell’igiene personale, i validi metodi di decontaminazione possono ridurre la esistente morbidità e mortalità di questo problema.
Epidemologia
Le malattie alimentari possono essere provocate da batteri, parassiti e virus (Tabella n. 1).
Nonostante gli sforzi per isolare gli agenti responsabili, meno del 50% di tutte le cause degli episodi vengono identificate di solito per le limitate capacità diagnostiche.
I virus sono la causa più comune e frequente delle malattie alimentari ma sono raramente ricercati e confermati per la
breve durata e la natura autolimitante della malattia. In aggiunta, le inerenti difficoltà delle indagini di laboratorio e il
costo conseguente delle ricerche virali causano il mancato riconoscimento del patogeno virale.
Viceversa le malattie alimentari causate da batteri sono quelle più documentate.
Tabella n. 1. Cause comuni di malattie alimentari.
Salmonella spp.
Campylobacter jejuni (Arcobacter)
Shigella spp.
STEC (O157:H7) e altri
Listeria moocytogeenes
Vibrio spp.
Yersinia spp.
Parassiti
Cruptosporidium spp.
Cyclospora
Trichinella bataviae
Giardia lamblia
Toxoplasma gondii
Entamoeba hystolytica
Tossine
Enterotossine
Staphylococcus aureus
Clostridium perfringens
Bacillus cereus
Tossine butuliniche
Clostridium botulinum
Tossine ittiche
- sgombrotossine
- tossina paralitica da molluschi bivalvi (P.S.P.)
- palitossina
- sindrome diarroica da molluschi bivalvi (D.S.P.)
- sindrome amnesica da molluschi bibalvi (A.S.P.)
- avvelenamento neurotossico da molluschi bibalvi (N.S.P.)
- azasiracide
- tetradotossina
Tossine da funghi
- amatossina
- fallotossina
Miscellanee
- niacina
- solfati
Malattie da virus
Epatite A
Epatite E
Norovirus e Saporovirus
Rotavirus
Adenovirus
Astrovirus
Arenavirus
Flavivirus
Hantavirus
Aichivirus
Fattori culturali e demografici, così come l’aumento della mobilità, hanno determinato l’aumento delle malattie da alimenti negli ultimi decenni.
Precedentemente gli episodi di malattie alimentari erano più limitata in dimensione, per la maggior parte avvenivano in
famiglia o in collettività, ed erano associati a Staphylococcus e Clostridium spp.
Cibi per i picnic e per i processi famigliari e conserve preparate in casa erano le fonti tipiche degli episodi. Oggi, poiché
gran parte della popolazione consuma cibi fuori casa, l’80% delle malattie alimentari è dovuta a questo modo attuale di
consumare i pasti fuori casa.
La tecnologia ha fornito i mezzi per la produzione in massa di alimenti e per la loro distribuzione, conseguentemente le
malattie alimentari spesso coinvolgono molti soggetti, e centinaia di altri sono a rischio.
La mobilità e i viaggi hanno permesso il consumo di alimenti preparati in diverse nazione le cui regole per garantire la
solubilità degli alimenti per la loro commercializzazione può essere diversa.
Quando si viaggia gli assiomi “bollire”, “pelare”, “cuocere” o la loro inosservanza si verificano in molte aree del mondo
cosicché la salubrità dei prodotti è variabile.
I viaggiatori possono così essere la fonte di contaminazione di parenti e di amici provocando loro patologie inattese e
inesplicabili.
Gli scarichi dei liquami delle navi dei porti, possono anche essere diverse sorgenti di contaminazione microbica.
L’importazione di alimenti è molto aumentata per la domanda di cibi stagionali o non stagionali. Le condizioni di produzione e di raccolta possono essere insufficienti o incontrollate con conseguente importazione di alimenti contaminati.
Letame fresco è usato frequentemente come fertilizzante e ciò causa la contaminazione di materie prime fresche. Se sanificato impropriamente, il prodotto fertilizzante può provocare malattia nel consumatore finale.
Le preferenze per certi alimenti etnici e per le loro preparazioni possono essere responsabili di malattie correlate.
Un esempio è dato dalla tradizione afroamericana di consumare budelli cotti di suino durante il periodo natalizio. Questo mal cotto è stato ritenuto responsabile di infezioni di Yersinia enterocolitica negli infanti (Jones, 2003).
Formaggi freschi a base di latte non pastorizzato sono stati associati con episodi di listeriosi in neonati e in bambini ispanici.
Le malattie alimentari colpiscono più frequentemente gli anziani, gli immunodepressi e le donne incinte.
Questi gruppi presentano maggiore incidenza, morbidità e morbilità (Jones, 2003; Charles e coll., 2002; Burby, 2002).
L’effetto delle malattie alimentari può prolungarsi oltre la durata della immediata malattia.
La maggior parte delle malattie alimentari ha un breve periodo di durata e un decorso autolimitantesi.
Certi patogeni, tuttavia, come Cryptosporidium e Cyclospora sono la causa di patologie croniche.
Tuttavia, alcune malattie alimentari sono associate con sequaelae (effetti cronici a lungo termine).
In proposito si veda il contenuto della tabella n. 2.
Tabella n. 2. Conseguenze di malattie alimentari.
Artrite reattiva
Sindrome uremico-emolitica, deficienza renale
Effetti neurologici
- Campylobacter
- Salmonella
- Shigella
- STEC O157:H7
- Shigella
- Listeria
- Tossine botuliniche
- Campylobacter
- STEC O157:H7
In sintesi,i Campylobacter sono correlati con l’artrite reattiva e con la sindrome di Guillain-Barre, e lo STEC O157:H7
con la deficienza renale (Tam e coll., 2003).
I patogeni più comunemente identificati sono Campylobacter spp., Salmonella spp., Shigella spp, STEC O157:H7 e Listeria monocytogenes.
Questi microrganismi sono evoluti ed attualmente posseggono maggiore capacità di crescere a basse temperature, di resistere all’acidità e al calore, resistono a molti antibiotici e l’aumentata resistenza ai farmaci à stata associata con malattie prolungate e a elevati tassi di ospedalizzazione.
Quasi tutti gli alimenti possono essere fonte di malattia alimentare.
Alcuni alimenti sono più sovente associati con particolari microrganismi (Tabella n. 3). Le salmonelle sono tradizionalmente associate alle uova e derivati, i Campylobacter con carni di pollo insufficientemente cotte e con latte non pastorizzato e lo STEC O157:H7 e simili con carne bovina e con vegetali.
Tabella n. 3. Patogeni e loro associazione con gli alimenti.
Campylobacter:
pollame, latte non pastorizzato, latticini, acqua
Salmonella:
uova, salsicce, frutta, vegetali, molluschi
Shigella:
frutta, vegetali
E. coli O157:H7:
hamburger non cotti, latte non pastorizzato, germi di soya, succhi vegetali
Clostridium botulinum:
cibi casalinghi
Cruptosporidium.
Acqua
Cyclospora:
lamponi
Listeria monocytogenes:
prodotti di gastronomia, formaggi soffici, latte non pastorizzato, formaggi semistagionati, vegetali
Vibrio vulnificus:
molluschi bivalvi
Yersinia enterocolitica:
verdure, acqua, latte non pastorizzato e latticini
L’acqua può essere la vettrice di malattie quando è contaminata da virus, batteri, parassiti o da sostanze chimiche.
Cattiva sanificazione, rottura di conduttore e disastri naturali sono strettamente correlati con le malattie idriche.
I virus sono la causa più comune di malattie di origine idrica e comprendono reovirus, adenovirus enterici, astrovirus,
calicivirus ed epatite A.
Episodi di gastroenterite dovuta a Norovirus si sono verificati a danno di numerosi soggetti.
Le Salmonellae spp., le Shigellae spp., le E. coli e le Vibrio spp. sono i principali batteri coinvolti. Cryptosporidium
spp. e Giardia lamblia sono i patogeni parassitari più sovente responsabili delle malattie idriche.
I soggetti immunocompromessi, come i trapiantati d’organo e i pazienti di HIV, dovrebbero assumere particolari precauzioni in situazioni di possibili contaminazioni idriche.
I periodi di incubazione delle malattie alimentari spesso offrono la chiave per individuare il germe responsabile della
malattia.
Quando la comparsa dei sintomi si manifesta in meno di 8 ore, l’evento patologico è causato da tossine preformate che
possono trovarsi in alimenti contaminati da stafilococchi o da Bacillus cereus spp.
Brevi periodi di incubazione (24-48 ore) sono tipici di malattie virali.
Periodi di incubazioni intermedi (1-5 gg) sono correlati con molti batteri patogeni.
Periodi di incubazione superiore ai 5 giorni sono conseguenti a malattie parassitarie.
La diarrea ematica è segno di una malattia febbrile spesso dovuta a microrganismi invasivi. I batteri presenti in casi di
diarree ematiche con febbre sono elencati nella tabella n. 4.
Tabella n. 4. Manifestazioni cliniche.
Diarrea sanguinolenta
- Campylobacter
- Salmonella
- Shigella
- Escherichia coli O157:H7
- Yersinia
Febbre
- Salmonella
- Campylobacter
- Shigella
- Listeria
- Vibrio
- Yersinia
Trattamenti
La maggior parte delle malattie sono autolimitantesi e richiedono solo cure sintomatiche. Solo i soggetti molto giovani,
gli anziani, i pazienti immunocompromessi, e le donne incinte potrebbero beneficiare dei trattamenti antibiotici per certi
batteri o nel caso di infezioni parassitarie. Il loro trattamento può favorire lo sviluppo di antibioticoresistenza.
Epidemiologia di batteri specifici
Salmonellae
Le salmonelle non tifoidi si collocano al primo posto quali agenti di malattie alimentari.
Febbre, crampi addominali e diarrea (occasionalmente acquosa nella minoranza dei casi) sono i sintomi usuali che compiono dopo 8-48 ore di incubazione.
Sebbene la malattia è autolimitantesi, l’infezione da Salmonella non tifoide può causare sepsi e infezioni localizzate,
come artrite settica e infezioni di protesi endovascolari.
Le salmonelle più comuni sono S. typhimurium e S. enteritidis.
Le uova rimangono la fonte comune in seguito alla trasmissione verticale transovarica entro il gruppo dei polli infetti.
Questi sono una fonte significativa di infezione. Frutta, vegetali, carni e prodotti dolciari (tiramisù) sono spesso le cause
della tossinfezione.
I soggetti a maggior rischio sono gli infanti, gli anziani e i pazienti immunocompromessi ma anche i sofferenti di malattie intestinali, emoglobinopatie e protesi intestinali. I pazienti anziani con più di 60 anni hanno la maggiore percentuale
di ospedalizzazione e la maggiore percentuale di mortalità (Kennedy e coll., 2004).
Il trattamento con antibiotici dovrebbe venir praticato per questi soggetti ad alto rischio perché la batteriemia può avvenire nel 2%-14% dei casi.
Campylobacter
Il Campylobacter è il secondo batterio responsabile di malattie alimentari. Dopo 2-5 giorni di incubazione, si produce
un’acuta dissenteria. Circa i due terzi hanno febbre e metà anche diarrea sanguigna.
La malattia può durare fino a una settimana per poi risolversi spontaneamente. I pazienti immunocompromessi possono
andare incontro a sepsi per cui è opportuno intervenire farmacologicamente. I picchi dell’infezione da Campylobacter
legati all’età dei pazienti si verifica a danno di giovani e di anziani. I giovani si infettano più facilmente degli adulti perché non posseggono adeguate nozioni igieniche. Quasi tutti i casi umani di malattia sono causati da due sole specie il C.
jejuni e il C. coli. Il pollo è ritenuto la fonte principale del contagio. Altri cibi responsabili possono essere il latte crudo,
l’acqua, i gelati e simili a base di latte.
Quando si rende necessario un intervento terapeutico è opportuno usare un antibiotico macrolide piuttosto che un chinolone.
La sindrome di Guillian-Barre può essere una conseguenza dell’infezione da Campylobacter.
Arcobacter nell’essere umano
Durante questi ultimi anni gli studi sulle Campylobacter spp hanno permesso di evidenziare l’esistenza di diverse specie correlate responsabili di enteriti acute batteriche quali C. upsaliensis, C. jejuni subsp. doley, C. foetus subsp. foetus,
C. concisus, Arcobacter butzleri, Helicobacter fennelliae e Helicobacter cinaedi.
Poiché la maggior parte dei laboratori non usa appropriate condizioni di coltura per determinate tutte le Campylobacter
spp. e gli organismi correlati o non identificano i ceppi isolati a livello di specie, i dati sull’incidenza, l’importanza clinica e l’epidemiologia di questi C. jejuni/coli non sono scarse.
Durante l’ultimo decennio, tuttavia, il miglioramento delle tecniche d’isolamento dei batteri in medicina veterinaria ha
portato alla scoperta delle Arcobacter spp. come patogeni degli animali e dell’essere umano.
I germi del genere Arcobacter sono aerotolleranti. Sono stati isolati da feti bovini abortiti. Le Arcobacter spp. differiscono dalle Campylobacter spp. per la loro capacità di crescere a basse temperature (i Campylobacter sono termofili) e
all’aria. Più tardi, sono state descritte le infezioni di Arcobacter nell’essere umano.
Due specie, A. butzleri e, più raramente A. cryoaerophilus sono stati associati con enteriti ed occasionalmente con batteriemie. I pazienti con infezione da Arcobacter butzleri sviluppano diarrea con dolori addominali, vomito e, anche, febbre. Una terza specie l’A. skinow è stata recentemente isolata da soggetti con diarrea cronica.
Le Arcobacter spp. sono presenti negli ambienti agricoli, contaminando attrezzature, suolo, liquami, feci, acque stagnanti, acque non potabili.
Gli Arcobacter crescono a 2530°C. In contrasto l’elevata temperatura corporea (41°C) dell’ospite (pollo) può impedire
a sopprimere la crescita di Arcobacter spp. impedendo la colonizzazione nel tratto intestinale dell’ospite.
Crescono bene in substrati con pH 5,5-9,5. Alcuni Arcobacter sono capaci di vivere per lunghi periodi in acqua aderendo bene alle superfici metalliche, plastiche, di legno.
Gli alimenti che trasmettono le specie di Arcobacter sono carni rosse crude, (bovine, suine, ovine), latte crudo non pastorizzato, acqua non potabile, molluschi bivalvi.
Shigella
Sebbene meno comune di Salmonella e di Campylobacter, la Shigella è una causa significativa di malattie alimentari.
Dopo 2-4 giorni di incubazione, il microrganismo dà luogo a una sindrome invasiva dissenterica che spesso include
febbre e diarrea sanguigna. Spesso sono elaborate tossine Shiga. La durata della malattia è tipicamente di 5-7 giorni. Le
frutta, i vegetali e i molluschi bivalvi sono le fonti di contagio. Alla shigellosi possono conseguire artrite reattiva e HUS
(sindrome uremica emorragica).
STEC O157:H7
La infezione da STEC O157:H7 è stata inizialmente associata alla carne bovina macinata. Altri alimenti si sono, poi,
rivelati causa di malattia: cedro di mela, latte e prodotti lattiero caseari, succhi e lattughe. In aggiunta, lo STEC
O157:H7 è stato associato a malattie non alimentari dovuti al contatto con bestiame e in seguito all’ingestione di acqua
contaminata.
Il periodo medio di incubazione della malattia è di 4-8 giorni. I sintomi comprendono crampi addominali con diarrea
sanguigna con poca o assenza di febbre. La malattia è dovuta alla produzione di tossina Shiga prodotta dal microrganismo 5 o 10 giorni dopo la diarrea si sviluppa l’UHS. Questa è più frequente nei giovani (<5 anni) e negli adulti. Le manifestazioni dell’HUS possono includere anemia emolitica, trombocitopenia e un’acuta deficienza renale.
Conseguenze neurologiche (ictus e attacchi cardiaci) possono essere altre complicazioni finali.
Listeria
La listeriosi è causata da L. monocytogenes. È una causa minore di malattie alimentari. Tuttavia richiede ospedalizzazione e può riuscire mortale. Colpisce soprattutto soggetti giovani ed anziani, i soggetti immunocompromesso e le donne incinte.
Le manifestazioni cliniche sono varie e dipendenti dalle condizioni dell’ospite. Gli adulti più anziani e i pazienti immunocompromessi spesso sviluppano sepsi e meningite, mentre gli immunocompromessi sviluppano una gastroenterite
febbrile. Le donne incinte possono soffrire di una sindrome tipo influenzale, e una granulomatosi infanti settica può
colpire il feto, dando luogo a batteriemia, meningite, o ad entrambi, nel neonato.
La listeriosi è stata associata con insalate di carne, di vegetali o miste, con wurstel, formaggi a pasta soffice, a latte non
pastorizzato La malattia ha un periodo di incubazione di 1-2 giorni.
I sintomi clinici consistono in febbre, gastroenterite, vomito, diarrea.
Vibrio
Le malattie dovute a vibrioni tendono ad essere stagionali, con picchi in estate e nel primo periodo autunnale. Di solito
derivano dal consumo di prodotti ittici crudi contaminati. Le specie responsabili, di solito, sono il V. parahaemoliticuys
e il V. vulnificus. Questi sono germi alofili e psicrotrofi (tolleranti il freddo).
Causano una sindrome clinica caratterizzata da diarrea acquosa, dolori addominali, nausea, vomito e febbre di 1-4 giorni di durata dopo l’ingestione dell’alimento.
La malattia, di solito, è autolimitantesi che si risolve in circa 3 giorni. Soggetti con malattie epatiche possono sviluppare
una sindrome settica grave, cellulite bollosa, o entrambi con il 50% di mortalità.
La cellulite bollosa e l’infezione di ferite rappresentano un rischio per i pescatori e i raccoglitori di ostriche.
Yersinia
La yersiniosi è una non comune causa di malattia ed è associata con il consumo di carne suina cruda, di latte non pastorizzato, di prodotti lattiero caseari, di vegetali, di acque contaminate.
Il periodo di incubazione è di 4-7 giorni ed è seguito da febbre, dolore addominale e diarrea sanguigna.
Il dolore addominale è quello dell’appendicite. Manifestazioni addizionali sono dolori alle giunture, sepsi.
Parassiti
I parassiti sono causa non frequente di malattie alimentari.
Le cause più frequenti sono Cryptosporidium spp. e Giardia lamblia, quando presenti nell’acqua da bere.
Toxoplasma gondii
Toxoplasma gondii è un protozoo appartenente al gruppo degli Apicomplexa.
Carne suina
L’ingestione di salsicce fresche, frattaglie di suino – soprattutto cuore, cervello ed altri visceri – e carne di maiale cruda
è considerato un fattore di rischio importante.
Il suino ha rappresentato in passato la fonte di contagio maggiore per l’uomo.
Oggi, in seguito alle moderne tecniche di allevamento ed alimentazione, sembra che la prevalenza di Toxoplasma nei
maiali all’ingrasso sia fortemente diminuita (inferiore all’1%), rimane tuttavia un’ampia variabilità legata al territorio e
alla tecnica di allevamento e alimentazione (pascolo, ecc.).
Carne caprina e ovina
Le carni di capra risultano frequentemente infette: il consumo di carne caprina cruda quindi può rappresentare un rischio per l’uomo, soprattutto per alcune tipologie di consumatori come alcuni gruppi etnici che prediligono tale tipologia di carne.
La specie ovina, è molto sensibile all’infezione di Toxoplasma e sembra rimanere infetta per tutta la vita, per questo
motivo le sue carni rappresentano un rischio da non sottovalutare. Si è accertato inoltre che la carne cruda o non sufficientemente cotta rappresenta un rischio tanto più elevato quanto più gli animali sono vecchi. Le abitudini alimentari
dei paesi occidentali, tuttavia, prevedono il consumo di carni ovine e caprine provenienti da animali giovani, considerate quindi meno rischiose.
Carne bovina
La carne bovina, considerata la maggiore capacità di questi animali di resistere all’infezione e di eliminare rapidamente
le cisti dai tessuti, dovrebbe rappresentare un alimento a basso rischio di trasmissione. Tuttavia la bibliografia relativa ai
casi umani di toxoplasmosi provocata d carne bovina sembrerebbe smentire tali considerazione. Questa condizione potrebbe probabilmente essere legata all’abitudine comune di consumare la carne bovina cruda o poco cotta (carpaccio,
roastbeef, tartara, ecc.).
Carne di bollo e coniglio
In relazione alle attuali tecniche di allevamento la carne di volatili e conigli, è infetta molto raramente da Toxoplasma:;
l’abitudine di cuocerla bene, inoltre, ne rende sicuro il consumo.
Carne di cavallo
L’equino risulta particolarmente resistente all’infezione da Toxoplasma. Non si conoscono casi clinici riconducibili al
consumo di tale tipologia di carne e pertanto essa viene considerata un alimento sicuro.
Latte
I casi clinici ritrovati in bibliografia mettono in luce come il consumo di latte caprino crudo sia un fattore ad alto rischio
per la trasmissione della patologia. Il mancato ritrovamento di casi clinici legati al consumo di latte vaccino e la rapidità
con cui il toxoplasma viene eliminato dai tessuti di questi animali, permette di considerare questo alimento sicuro. Il latte pastorizzato e UHT di tutte le specie è un alimento sicuro.
Uova
Le uova sono considerate alimenti sicuri. Si sconsiglia comunque l’assunzione in gravidanza di preparati contenenti uova crude (creme, zabaione, ecc.).
Acqua
L’assunzione di acqua NON potabile contaminata con feci di gatto o altri felini è uno dei maggiori veicoli di trasmissione della patologia dopo la carne cruda o poco cotta. L’acqua potabile è da ritenersi un alimento sicuro, purché non
venga contaminata in modo accidentale o doloso.
Frutta e verdura
Frutta e verdura non possono contenere il parassita al loro interno ma sono frequentemente contaminate con le forme
infettanti di toxoplasma. Consumare questi alimenti crudi o non accuratamente lavati rappresenta un importante fattore
di rischio.
Particolare attenzione va posta nei riguardi di frutta e verdura “da terra” (fragole, insalate, ecc.). Il lavaggio con acqua
rende questi prodotti meno rischiosi proporzionalmente all’accuratezza della pulizia. Amuchina e bicarbonato facilitano
le operazioni di lavaggio ma non sono in grado di devitalizzare il parassita.
Efficacia delle tecniche di cottura e conservazione
Cottura
Nonostante i rischi descritti per le diverse tipologie di alimenti, è stato dimostrato che le forme infettanti di Toxoplasma
vengono devitalizzate in seguito ad un trattamento idoneo con il calore (67°C per almeno 3,6 min.).
Le carni adeguatamente cotte, il latte pastorizzato, le uova cotte e gli ovo prodotti, non rappresentano quindi un rischio per il consumatore.
Congelamento
Le cisti del parassita possono resistere a temperature comprese tra -1 e -8°C.
Il congelamento casalingo (-12/-15°C per almeno 1 giorno) e quello commerciale (-30/-50°c) sono sufficienti a garantire la sicurezza del prodotto.
Salagione ed affumicatura
Il pericolo derivante dal consumo di carne cotta o prosciutti e salami fermentati risulta pressoché nullo.
La salatura, infatti, se eseguita con concentrazioni di sale da cucina (NaCl) di almeno il 3,3% è in grado di inattivare le
cisti di Toxoplasma nei tessuti animali dopo una stagionatura di 21 giorni.
Il condimento di carni crude prima del consumo, non ha effetto sul parassita e non le rende sicure.
In merito al processo di affumicatura occorre distinguere fra il processo a freddo e quello a caldo. Il processo di affumicatura a freddo non sarebbe in grado di inattivare il parassita con sicurezza.
Tossine
Le malattie alimentari causate dalle tossine possono avere una varietà di aspetti che includono sintomi gastrointestinali,
manifestazioni neurologiche, o entrambi. Le tossine preformate termostabili di S. aureus e di B. cereus provocano nausea improvvisa, vomito e diarrea entro 1-6 ore dall’ingestione. La febbre è rara e l’intossicazione è autoisolantesi. I sintomi si risolvono rapidamente entro 12 ore.
Il C. perfringens provoca la comparsa di sintomi a partire da 12 ore dall’ingestione perché la enterotossina termolabile è
prodotta in vivo dopo l’ingestione del pasto contaminato. Crampi e diarrea sono le manifestazioni principali e la risoluzione dei sintomi si attua entro 24 ore.
La tossina botulinica è considerata la più potente sostanza letale conosciuta. È elaborata da C. botulinum. La malattia si
manifesta entro 18-36 ore dopo l’ingestione del cibo contaminato. Le conserve fatte in casa hanno un ruolo tradizionale.
La comparsa dell’intossicazione è caratterizzata da nausea, vomito e diarrea, seguita a costipazione.
Quindi si verifica una paralisi discendente. Per evitare l’azione tossica si deve ricorrere alle inoculazioni delle antitossine specifiche.
La mortalità si ha nel 5%-10% dei casi.
Casistica di malattie batteriche (Fonte: Annual epidemiologic report on communicable diseases, 2010) (per 100.0000
persone)
Brucellosi
Botulismo
Campylobacteriosi
Colera
Europa 0,15
0,02
44,1
0,02
Grecia, Portogallo, Spagna
2,7
Criptosporidiosi
E. coli STEC/UTEC
Giardiasi
Epatite A
Europa 2,44
0,66
(17-691) (°)
3,34
(°) Romania
Listeriosi
Europa
Salmonellosi
Shigellosi
0,31
14,8
1,8
vCJD
3 casi
Toxoplasmosi
Europa
Yersineosi
Toxoplasmosi
0-3,2-3,5
Europa 2,66
Europa 0%
(Lituania, Slovacchia)
(Lituania 15,9,
(Lituania 3,5,
Finlandia 4,5)
???)
Malattie virali
In genere tutti i virus trasmessi con gli alimenti sono diffusi per via oro fecale dove l’essere umano è la sola fonte conosciuta originaria di Calicivirus e del virus dell’Epatite A, i quali sono i virus più importanti associati agli episodi causati
dai cibi.
Il periodo di incubazione per Calicivirus è breve, così è possibile associare l’infezione al cibo consumato.
Viceversa, per l’Epatite A il tempo di incubazione è di settimane ed è quindi difficile l’attribuzione certa dell’infezione
all’alimento consumato.
I virus responsabili di gastroenterite presentano due aspetti:
1) la diarrea endemica è dovuta a Rotavirus, Astrovirus, Adenovirus enterici, Calicivirus.
2) Gli episodi epidemici virali si manifestano nelle scuole, nei ristoranti, nelle navi da crociera, nelle comunità ecc.
Spesso sono provocati da Calicivirus.
Altre caratteristiche delle infezioni virali apportate da alimenti sono:
3) anche poche particelle virali sono sufficienti a sviluppare la malattia.
4) Un elevato numero di particelle virali sono presenti e trasmesse dalle feci di soggetti infettati (fino a 1011/g di feci nel
caso dei Rotavirus).
5) Nell’organismo ospite è necessaria la presenza di specifiche cellule vitali per la replicazione dei virus perché essi non
possono moltiplicarsi nei cibi e nell’acqua.
6) I virus trasmessi da alimenti sono relativamente stabili e sono acido resistenti al di fuori della cellula ospite (Koopmanes e coll, 2004).
7) La contaminazione può avvenire attraverso:
a) contatto con feci umani o animali o acque contaminate da feci;
b) il contatto con mani, oggetti sporchi di feci;
c) contatto con vomito o acqua da questo contaminata.
Rapporti virus/alimenti
Nella tabella n. 5 sono riportati i virus apportati da alimenti.
Tabella n. 5. Virus responsabili di malattie alimentari.
1) Virus di importanza principale
2) Virus stramessi occasionalmente con gli alimenti
- Calicivirus
- Epatite A
- Epatite E
- Astrovirus
- Rotavirus
- Adenovirus
3) Virus che potrebbero essere veicolati dagli alimenti
- Arenavirus
- Flavivirus
- Hantavirus
- Aichivirus
I Calicivirus
I Calicivirus (small, rowned structurated virus) sono virus privi di envelope di 30 mm di diametro con un genoma RNA
a catena singola.
La famiglia dei Caliciviridae comprende alcuni generi riportati nella tabella n. 6.
Tabella n. 6. Sistematica dei Calicivirus.
Genere
Specie affetta
Vesivivirus
Felino
Lugovirus
Virus della malattia emorragica del coniglio
Norwalkvirus
Umani:
NLV o Novorirus
- Norwolk virus (genotipo I, II, III, IV patogeni, GV) (sette siero gruppi)
Animali:
- Bovine Newbury agent
Sapporovirus (SLV)
Umani:
- Sapporovirus
- Manchester virus
I Norovirus sono geneticamente classificati in 5 genogruppi che a loro volta sono suddivisi in differenti clusters (gruppi
genetici), almeno 31 CDC 2009).
I genogruppi I, II e IV infettano l’essere umano, mentre il genogruppo III infetta il bovino e il GU infetta il topo (Ramires e coll., 2008). La maggior parte dei Norovirus che infettano l’uomo appartengono ai genogruppi GI e GII).
I Norovirus producono gastroenterite acuta che si sviluppa in 24-48 ore dopo il contagio e si continua per 24-60 ore.
L’incubazione è di 24-48 ore. Gli alimenti contaminati possono essere frutta, verdura, acque, bevande, soprattutto frutti
di mare, mitili, cozze, ostriche, consumati crudi.
Virus dell’Epatite A
Il virus dell’Epatite A è un virus a RNA contenente un singolo filamento di RNA. Appartiene alla famiglia dei Picornaviridae e al genere Hepatovirus. L’HAV è un solo tipo genetico, esistono quattro genotipi umani e 3 genotipi naturalmente presenti nei primati.
Dopo un periodo di incubazione di 15-40 giorni (mediamente 30 giorni) compaiono bruscamente, febbre, malessere,
nausea, inappetenza, vomito, dolore addominale, seguiti dopo alcuni giorni, da ittero.
La malattia di solito ha andamento benigno e conferisce immunità permanente. I sintomi clinici durano circa oltre 2 mesi, solo nel 10-15% dei cassi si ha un decorso prolungato fino a 6 mesi.
La trasmissione del virus può avvenire per contatto interumano, attraverso l’ingestione di acqua e alimenti crudi contaminati.
Epatite E
L’epatite virale E è una malattia virale a trasmissione oro fecale con i caratteri dell’Epatite acuta. Già conosciuta come
Epatite non A, B e C. L’agente virale HEV è trasmesso principalmente attraverso acqua e alimenti contaminati.
In campo veterinario, a partire dal 1990, sono stati evidenziati anticorpi nel siero di numerose specie animali, primati
inclusi. Si pensa che possa essere trasmessa all’essere umano.
Il virus dell’Epatite E (HEV) è un virus RNA a monofilamento, senza envelope, unico componente del genere Hepeviridae. Ha quattro genotipo suddivisi in 5 sottotipi (41), 2 sottotipi (42), 10 sottotipi (43), 7 sottotipi (44). Il G3 è quello
a più larga diffusione mondiale.
Nell’essere umano la malattia è acuta, non tende a cronicizzare, e, generalmente, autolimitante ma alcune volte possono
sopravvenire gravi complicazioni ed un alto tasso di mortalità specialmente nelle donne in gravidanza e soprattutto nel
primo trimestre oppure presentarsi in forma fulminante.
In Italia si può quantificare la prevalenza delle infezioni HEV nel 10% di casi di Epatite non A, non B e non C.
L’infezione negli animali
Suini: l’infezione è presente in tutto il mondo. Nei paesi nei quali è stato identificato il virus e sono state effettuate indagini, è stata evidenziata la presenza di anticorpi anti HEV nella maggior parte dei suini superiori a 3-4 mesi di età,
con prevalenza anche superiori all’80% nei due mesi successivi. I suini con età inferiore a due mesi di età sono sierone-
gativi o debolmente positivi. Sopra 5-6 mesi si ha poi la sieronegativizzazione.
Pollame: dal 2001 è stato scoperto un nuovo ceppo animale di HEV, il quale causa nel pollame allevato la Sindromeepatite splenomegalica (HSsyndrome). Il virus è antigenicamente correlato ai ceppi umani e suini conosciuti e a un virus aviario presente in Australia (Australian duce big litle and spleen disease virus, o BLSV). Il virus è associabile ad
una sindrome che aumenta i tassi di mortalità negli allevamenti di polli e delle galline in deposizione, diminuendo anche
il tasso di deposizione delle uova. Il virus può infettare anche il tacchino ed è presente anche nei suini al di sotto di 5-6
mesi. Può contagiare tramite la contaminazione delle acque di irrigazione e di balneazione con trasmissione alle verdure
e ai molluschi bibalvi.
Altra via di infezione è per contagio diretto animale-essere umano.
Virus che possono occasionalmente essere trasmessi tramite gli alimenti
Genere Astrovirus
Gli Astrovirus sono piccoli virus a singola catena di RNA di 28 mm di diametro che costituiscono un solo membro della
famiglia degli Astroviridae.
L’Astrovirus umano è una causa significativa di diarrea nei bambini, che talvolta necessitano di ospedalizzazione dei
pazienti. La diarrea da Astrovirus è più ridotta rispetto a quella provocata dai Rotavirus. Talvolta la frequente confezione con rotavirus e calicivirus nelle diarree infantili complica il quadro epidemiologico.
Le infezioni sono più frequenti in inverno e sono presenti, spesso, anche sintomi non enterici come febbriciattole, mal di
testa ecc.
La via di trasmissione dei virus è sempre quella fecale-orale via alimento o acqua. Nonostante ciò un diretto legame tra
consumo di cibo crudo e infezione da Astrovirus non è completamente dimostrata.
Genere Rotavirus
I Rotavirus appartengono alla famiglia Reoviridae e sono dei virus a doppia catena segmentata di RNA, ciò che spiega
la loro variabilità genetica e la presenza di infezioni miste. A seconda dell’antigene specifico del gruppo e del sottogruppo, questo genere è antigeneticamente diviso in gruppi sierologici da A (con due o tre sottogruppi e 1 sierotipo) fino E. I gruppi Rotavirus F e Rotavirus G sono in attesa di collocazione sistemica (Acha e coll., 2003).
I gruppi A, B e C dei retrovirus umani sono stati identificati. I virus non posseggono envelope e resistono nell’ambiente
esterno, infatti possono sopravvivere per settimane in acqua potabile e di piscine e per almeno quattro ore sulla superficie delle mani e resistono ai disinfettanti non clorati.
Dopo un giorno di diarrea avviene una massiccia espulsione di particelle virali con le feci (da 108 a 1011 particelle virali
per grammo) (Bajolet e coll., 1998; Koopmans e coll., 2004).
Essi sono presenti nelle acque reflue e possono concentrarsi nei molluschi, tuttavia, non v’è alcun legame con la gastroenterite virale da consumo di molluschi (Cook e coll., 2004).
Il Rotavirus è trasmesso per contatto diretto fecale-orale e possibilmente per contatto con superfici contaminate o mani
e diffusione respiratoria. La trasmissione oro-fecale è facilitata da deficienze condizioni igieniche.
Numerose specie animali sono infettate da Rotavirus diversi da quello dell’essere umano.
I Rotavirus umani, particolarmente quelli del gruppo A, sono considerate la causa principale delle gastroenteriti virali
dei bambini e dei ragazzi (da 6 mesi a 3 anni di età). La mortalità per disidratazione si verifica solo nei paesi in via di
sviluppo.
I Rotavirus del gruppo B causano le gastroenteriti negli adulti (Lees, 2000) in seguito al consumo di cibo contaminato
così come i Rotavirus del gruppo C (Vasickova e coll., 2005).
Infezioni da Rotavirus si possono verificare in seguito al consumo di carni crude o di vegetali e frutta (Richards, 2001).
La cottura distrugge il virus ma la ricontaminazione dei cibi cotti si è attuata (Svensson, 2000; Cook, 2001, 2004).
Famiglia Adenovirus
La famiglia Adenoviridae è formata da quattro generi.
Gli Adenovirus umani e alcuni Adenovirus animali sono membri del genere Mastadenovirus,
Adenovirus hanno dimensioni medie (80 nm) e sono virus a DNA senza envelop; i loro virioni hanno l’aspetto di un regolare icosaedro quale appare al microscopio elettronico (Votava e coll., 2003).
Gli Adenovirus sono diffusi non solo tramite gli aerosol, ma anche per via fecale-orale. Insieme con gli Adenovirus responsabili di malattie respiratorie gli adenovirus enterici possono essere isolati dalle feci di bambini ammalati. Essi possono trovarsi nei liquami, nell’acqua di mare e nei molluschi (Formiga-Cruz e coll., 2002).
Altri virus che potrebbero essere veicolati dagli alimenti
Questi virus possono essere trasmessi per vie differenti agli alimenti e essi non sono classificati come virus alimentari. I
casi provocati da questi virus sono pochi, però poiché sono agenti di malattie molto gravi devono essere tenuti in considerazione.
Genere Arenavirus
Gli Arenavirus sono virus di medie dimensioni (110-130 nm) a RNA con envelope. Fanno parte della famiglia Arenaviridae.
Parecchi Arenavirus causano la sindrome della febbre virali emorragica in Africa e Sud America. Malattia non presente
nel mondo occidentale. Il virus della febbre virale emorragica del Sud America appartiene al complesso Tacaribe o New
World Arenavirus (p.e. Guanarito in Venezuela, Sunin in Argentina, Machupa in Bolivia).
Il gruppo Old World Arenavirus include i virus della febbre di Lassa e il virus della corio meningite linfocitica (Bednar
e coll., 1999; Anonymus, 2000).
Con l’eccezione dei virus del complesso di Tacaribe i roditori sono la fonte naturale degli Arenavirus. L’infezione può
essere trasmessa all’essere umano per contatto diretto con gli animali infetti o con le loro deiezioni. Il virus può penetrare nel corpo attraverso lesioni cutanee, o mediante il consumo di alimenti contaminati o per aerosols che contatta la
congiuntiva o la mucosa orale o nasale. La trasmissione tra persona e persona è documentata solo raramente per alcuni
virus New World.
I roditori rappresentano un fattore di infezione dell’essere umano per il virus di Lissa, malattia presente in Guinea.
Anche in questo caso la via di contaminazione sono rappresentati da 1) roditori, 2) cibi non protetti.
La prevenzione consiste nella lotta contro i roditori e nella disinfezione con ipoclorito delle superfici e degli ambienti.
Genere Flavivirus
I virus del genere Flavivirus sono virus con envelope di 40-60 nm con molte piccole protuberanze. Il loro genoma è
formato da RNA non segmentato a catena singola.
In base alla loro composizione antigenica si distinguono:
- il virus dalla tickborne encefalite;
- il gruppo di virus della Febbre gialla;
- il gruppo Dengue ecc.
Questi circolano in tutto il mondo. I loro vettori sono le zanzare in particolare, con l’eccezione della tickborne encefalite
che è dovuta a virus trasmessi da zecche.
La TBE è di solito trasmessa agli umani di solito dal morso di una zecca (sia l’Ixodex persulcatus che l’Ixodes ricinus);
occasionalmente si sono verificati casi con l’ingestione di latte non pastorizzato infetto (Dunpis e coll., 1999; Acha e
coll., 2003; Votava e coll., 2003).
La TBE è una malattia severa ed acuta del sistema nervoso centrale, che può determinare decesso o sequalae.
Il numero di casi diagnosticato di TBE varia da 54 a 89 casi. Una loro parte è dovuta al consumo di latte di capra e di
pecora crudo.
Genere Hantavirus
Hantavirus è un virus a RNA della famiglia Bunyaviridae trovato nelle urine di topo, di altri roditori e di cerco. Gli
Hantavirus sono conosciuti quali responsabili di due malattie umane. Essi possono causare una malattia polmonare seria chiamata “sindrome polmonare da Hantavirus (HPS) e una seconda, dovuta ad Hantavirus Europei, conosciuta con
il nome di “febbre emorragica con sindrome renale” di varia sverità (Vapalathi e coll., 2003; Dekomenko e coll., 2004).
Le persone possono contrarre l’infezione da Hantavirus attraverso l’inalazione di goccie di saliva o di urina, o attraverso la polvere di feci di roditori selvaggi, specialmente del topo cerco. La trasmissione può avvenire anche tramite materiale contaminato a contatto con lesioni cutanee, o possibilmente con l’ingestione di cibi o di acqua contaminati (Acha e
coll., 2003; Votava e coll., 2003; Dekonenko e coll., 2004).
In Europa sono stati descritti numerosi casi (Vasichova e coll., 2005).
Genere Aichivirus
L’Aichivirus, la specie tipo di un nuovo genere Kovubirus, della famiglia Picornaviridae (Yamashita e coll., 1998; Sasaki e coll., 2001) è stato causa di gastroenterite da consumo di ostrica nell’essere umano (Yamashita e coll., 1981).
I virus Aichi hanno un diametro di circa 30 nm ed hanno una struttura simile a quella degli Astrovirus.
Gli Aichivirus sono endemici nel Sud-est Asiatico.
Tabella n. 7. Sintomi clinici di malattie virali (riassunto).
Epatite A
Norovirus
e altri calicivirus
Periodo di
incubazione
29 gg media
(15-50 gg)
12-48 h
Segni e sintomi
Diarrea, urine scure, ittero,
sintomi simil influenzali, p.e.
febbre, mal di testa, nausea e
dolore addominale
Nausea, vomito, campi addominali, diarrea, febbre,
mialgia, mal di capo. La diarrea è prevalente negli adulti e
il vomito nei bambini
Durata
malattia
3 sett.3 mesi
12-60 h
Cibi vettore
Prove di laboratorio
Molluschi,
alimenti
crudi, acqua contaminata, cibi non cotti, cibi
cotti riconta minanti da
soggetti infetti
Molluschi bivalvi, cibi
contaminati da feci, cibi
RTE toccati a operatori
infetti (insalate, sandwiches, ghiaccio, frutta,
Aumento di ALT, bilirubina, IGM positività
anticorpi anti epatite
A
RT-PCR ed EM su
campioni di feci fresche. Diagnosi clinica
negatività della copricoltura. Feci negative
Rotavirus
Altri agenti virali:
Astrovirus
Adenovirus
Parvovirus
1-3 gr
10-70 h
Vomito, diarrea acquosa, febbre lieve. Temporanea intolleranza al lattosio. Gli infanti, i bambini, gli anziani e gli
immunodepressi sono sensibili
Nausea, vomito, diarrea, malessere, dolore addominale,
mal di testa ???
4-8 gr
2-9 gr
dolci
Cibi contaminati da feci. RTE contaminati da
lavoratori infetti (insalate, frutta)
per WBCs
Identificazione
dei
virus con saggi immunoenzimatici
Cibi contaminati da feci. RTE toccati da lavoratori infetti. Molluschi
bivalvi
Identificazione degli
agenti in feci fresche.
Serologie. Elisa kit
commerciali
Antibioticoresistenza
Uno stipite batterico è resistente ad un farmaco quando è in grado di moltiplicarsi in presenza di concentrazioni del farmaco che risultano inibitorie per la massima parte degli stipiti della stessa specie o, operativamente, quando è in grado
di moltiplicarsi in presenza di concentrazioni del farmaco pari a quelle massime raggiungibili nel corso dell’impiego
terapeutico.
Un antibiotico è efficace quando raggiunge il sito bersaglio, si lega ad esso e interferisce con le sue funzioni. Le tre cause principali della resistenza agli antibiotici sono il mancato raggiungimento del sito bersaglio, l’inattivazione del farmaco e l’alterazione del bersaglio.
L’antibioticoresistenza può essere: naturale o acquisita.
L’antibioticoresistenza naturale: è una condizione di generale insensibilità ad un farmaco che si estende a tutti gli stipiti
di una data specie:
- al microrganismo può mancare la struttura su cui agisce l’antibiotico;
- la struttura della parete cellulare o la membrana citoplasmatica di un microrganismo sono impermeabili a un antibiotico.
L’antibioticoresistenza può essere acquisita per mutazione e selezione con trasmissione verticale del tratto alle cellule
figlie. Perché la mutazione possano generare resistenza, la mutazione non deve essere letale e non deve alterare in maniera apprezzabile la virulenza. Il mutante d’origine o la sua progenie devono essere trasmessi in modo diretto; altrimenti la mutazione si deve ripresentare in un altro mutante all’interno di un ceppo sensibile. Nella trasmissione orizzontale dei fattori di resistenza da una cellula donatrice, spesso è coinvolto un batterio di specie diversa.
I fattori responsabili della antibiotico resistenza sono dovuti a:
- selezione di geni di resistenza agli antibiotici (virtualmente) presenti in tutti i batteri patogeni;
- aumento della popolazione ad alto rischio di infezione (immunocompromessi);
- aumentata sopravvivenza dei soggetti con malattie coronariche che richiedono terapie e ospedalizzazioni prolungate;
- luoghi di congregazione che fungono da serbatoi di batteri antibioticoresistenti;
- eccessivo uso di antibiotici;
- mancanza di una rapida diagnosi batteriologica (Sorana Segal Manner e coll., 1998).
L’aumento della antibiotico resistenza è dovuto soprattutto ai trattamenti terapeutici in campo umano.
Meccanismi dell’antibioticoresistenza
Un antibiotico è efficace quando raggiunge il sito bersaglio, si lega ad esso e interferisce con le sue funzioni.
Le tre cause principali della resistenza agli antibiotici sono il mancato raggiungimento del sito bersaglio, l’inattivazione
del farmaco e l’alterazione del bersaglio.
Mancato raggiungimento del sito bersaglio
La membrana esterna dei batteri Gram negativi impedisce l’ingresso delle grandi molecole molari nella cellula. Le piccole molecole polari, come quelle di molti antibiotici, penetrano nella cellula attraverso canali composti da proteine delle porine. L’assenza, le mutazioni o la perdita dei canali porinici possono rallentare o bloccare l’ingresso del farmaco
nella cellula, riducendo la concentrazione del farmaco a livello del sito d’azione.
Se il bersaglio è intracellulare e il farmaco necessita di un trasporto attivo attraverso la membrana, le mutazioni o le
condizioni ambientali che bloccano questo meccanismo di trasporto possono causare resistenza.
Gli antibiotici beta lattamici che penetrano nelle cellule e non sono attaccati dalle beta lattamasi possono essere catturati
da un sistema di efflusso e portati al di fuori riducendo la concentrazione intracellulare del farmaco attivo.
L’inibizione delle pompe di efflusso può essere ottenuta con diverse modalità: inibizione dei processi che regolano
l’espressione delle pompe di efflusso; inibizione dell’assemblaggio delle componenti che costituiscono la pompa; blocco dei canali della membrana esterna con riduzione dell’energia di efflusso; blocco specifico/diretto del sito
dell’antiporto; blocco indiretto/generale tramite il collasso dei meccanismi di produzione dell’energia; tramite la creazione di un’inibizione (competitiva e non) con una molecola non antibiotica che presenta affinità per i siti delle pompe
di efflusso.
L’inattivazione del farmaco è il secondo meccanismo principale di resistenza farmacologica. La resistenza dei batteri
agli amino glicosidi e ai betatallamici è spesso il risultato della produzione di enzimi che modificano gli aminoglicosidi
e di betalattamasi. Una variante di questo meccanismo è la mancata conversione dell’isoniazide nel suo metabolito attivo.
Le alterazioni del bersaglio possono essere dovute a mutazioni del bersaglio naturale (fluorochinoloni), modificazioni
del bersaglio (macrolidi e tetracicline per protezione ribosomale), sostituzione del bersaglio naturale e sensibile con
un’alternativa resistente (resistenza alla meticillina negli stafilococchi). Questo meccanismo di resistenza è dovuto a un
ridotto legame del farmaco al bersaglio o dalla sostituzione del bersaglio naturale con un nuovo bersaglio che non lega
il farmaco.
Antibioticoresistenza alle penicilline
La maggior parte dei batteri contiene la PBP (penicillin binding proteins: proteine che partecipano all’assemblaggio della parete cellulare), ma non tutti gli antibiotici beta-lattamici sono in grado di uccidere o bloccare tutti i batteri. Infatti,
sono stati individuati numerosi meccanismi di resistenza batterici attivi contro questi farmaci. La resistenza può essere
intrinseca, dovuta a differenze strutturali delle PBP, oppure il ceppo batterico sensibile può acquisire la resistenza mediante lo sviluppo di PBP con diminuita affinità per l’antibiotico. Affinché il microrganismo diventi resistente è necessario che diminuisca l’affinità di numerose PBP, questo si può determinare in seguito alla ricombinazione tra diverse
specie di batteri.
Incapacità del farmaco di penetrare a livello del sito di azione
Nei Gram+ il peptidoglicano è localizzato in prossimità della superficie cellulare le piccole molecole degli antibiotici
possono raggiungere facilmente gli strati più esterni della membrana plasmatica e venire a contatto con le PBP. Nel caso dei batteri Gram– gli antibiotici possono entrare solo tramite le porine. Il numero e le dimensioni delle porine variano
in base nei diversi Gram–. La Pseudomonas aeruginosa è costitutivamente resitente a diversi antibiotici perché priva
delle porine elevata permeabilità.
Inattivazione da beta-lattamasi
I differenti microrganismi possono elaborare diverse β-lattamasi. In generale i Gram+ elaborano un’elevata quantità di
β-lattamasi che secernono nello spazio extracellulare, mentre i Gram– possiedono le meta-lattamasi nello spazio periplasmico una posizione strategica per la protezione nei microrganismi.
Antibioticoresistenza alle cefalosporine
Meccanismo d’azione: inibizione multi proteica.
1. Mancato raggiungimento del bersaglio.
2. Modificazione delle PBP.
3. Intervento delle β-lattamasi.
Anbibioticoresistena agli aminoglucosidi
1. Mancata penetrazione dell’antibiotico attraverso la membrana esterna.
2. Bassa affinità del farmaco per il ribosoma batterico.
3. Inattivazione del farmaco da parte di enzimi microbici.
4. Mancata penetrazione dell’antibiotico attraverso la membrana interna.
L’inattivazione del farmaco tramite fosforilazione e acetilazione costituisce il meccanismo più importante. Un meccanismo di resistenza naturale è legato al fatto che il farmaco entra nella cellula tramite un meccanismo attivo ossigenodipendente, pertanto i batteri anaerobi sono resistenti perché privi di ossigeno.
Antibioticoresistenza ai macrolidi
Meccanismo d’azione dei macrolidi: inibizione della sintesi proteica.
1. Efflusso del farmaco per mezzo di un meccanismo attivo di pompa.
2. Sintesi inducibile o costitutiva di una metilasi che modifica il bersaglio.
3. Idrolisi dei macrolisi mediata da esterasi.
Antibioticoresistenza ai chinoloni
Meccanismo d’azione dei chinoloni: inibizione della sintesi e della trascrizione del DNA.
1 Cambiamenti conformazionali della DNA girasi che riducono la capacità di legame con i chinoloni.
2. Modificazione della permeabilità delle membrane esterne (riduzione delle porine).
3. Trasporto attivo al di fuori del batterio mediante sistemi di efflusso.
Da Dipartimento Scienze Farmacologiche, Università di Cagliari.
Zoonosi e resistenza dei batteri agli antibiotici
Le zoonosi sono infezioni e patologie trasmissibili dagli animali all’uomo. L’uomo può contrarre l’infezione direttamente dagli animali oppure ingerendo alimenti contaminati. La gravità delle zoonosi nell’uomo varia da una lieve sintomatologia fino a condizioni pericolose per la vita. I batteri zoonotici resistenti agli antimicrobici sono fonte di particolare preoccupazione perché possono compromettere l’efficacia del trattamento delle infezioni nell’uomo. Per monitorare
la presenza di resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici presenti in animali e alimenti, tutti gli Stati membri
dell’Unione europea raccolgono e analizzano una serie di informazioni.
Nel 2008, 25 Stati membri hanno presentato alla Commissione europea e all’Autorità europea per la sicurezza alimentare informazioni sulla presenza di resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici. Inoltre, hanno fornito informazioni
ai fini della relazione due paesi non appartenenti all’Unione europea, L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha
analizzato tutti i dati con il supporto del contraente, la Technical University of Denmark, e ha pubblicato i risultati nella
presente relazione sintetica comunitaria. Sono stati forniti dati sulla resistenza agli antimicrobici di isolati di Salmonella, Campylobacter, indicatori Escherichia coli ed enterococco da animali e alimenti. I dati quantitativi sulla resistenza
agli antimicrobici sono stati interpretati utilizzando i valori soglia epidemiologici armonizzati che definiscono gli isolati
resistenti. Questo metodo ha agevolato la comparazione fra i dati presentati dai diversi paesi.
La resistenza agli antimicrobici è stata comunemente riscontrata negli isolati di Salmonella, Campylobacter e degli indicatori E. coli ed enterococco da animali e alimenti nell’Unione europea. Per molti antimicrobici esaminati, fra gli Stati
membri sono state riscontrate ampie differenze in termini di presenza di resistenza.
Tra gli isolati di Salmonella è stata frequentemente segnalata resistenza ad antimicrobici comuni (tetraciclina, ampicillina e sulfonamide), con una percentuale di isolati resistenti negli animali del 13-47% tra gli Stati membri che hanno fornito i dati. I livelli di resistenza erano maggiori negli isolati da suini e bovini rispetto al pollame. Tuttavia la resistenza a
ciprofloxacina e acido nalidissico è risultata più alta negli isolati di Salmonella da Gallus gallus, con percentuali del 1819% tra gli Stati membri che hanno inviato dati.
La resistenza agli antimicrobici negli isolati di Campylobacter è risultata più frequente rispetto agli isolati di Salmonella
da alimenti e animali. La resistenza alla ciprofloxacina e all’acido nalidissico variava tra il 34% e il 62% tra gli Stati
membri che avevano inviato i dati, raggiungendo i valori massimi negli isolati di Campylobacter di Gallus gallus e carne di pollo.
Tra gli isolati dell’indicatore E. coli la resistenza a tetraciclina, ampicillina e sulfonamide era frequente e i livelli di resistenza segnalati andavano dal 18% al 55% tra gli Stati membri che avevano inviato dati. I livelli di resistenza più bassi
sono stati registrati negli isolati bovini di E. coli. La resistenza a ciprofloxacina e acido nalidissico negli isolati di E. coli
andava dal 3% al 46%, raggiungendo il livello più alto negli isolati di pollame. Tra gli isolati dell’indicatore enterococco la resistenza a tetraciclina ed eritromicina è risultata frequente (dal 27% al 71%). Negli isolati di enterococco è stata
registrata anche resistenza a vancomicina.
Gli elevati livelli di resistenza alla ciprofloxacina osservati negli isolati di Salmonella, Campylobacter e indicatore E.
coli costituiscono motivo di preoccupazione, in quanto i fluorochinoloni sono antimicrobici di fondamentale importanza
in medicina umana. Altre classi di antimicrobici fondamentali in medicina umana sono i macrolidi e le cefalosporine di
terza generazione; negli isolati esaminati di Salmonella, Campylobacter, indicatori E. coli ed enterococco sono stati registrati livelli di resistenza anche a queste classi di antimicrobici.
(Fonte: Efsa: Relazione sintetica comunitaria sulla resistenza agli antibiotici, 2010)
Tossine algali associate ai molluschi
Nelle tabelle seguenti sono riportati le caratteristiche fondamentali espresse in sintesi delle tossine algali conosciute.
Tabella n. 10. Classificazione delle principali biointossicazioni.
Patologia
DSP
PSP
NSP
Molecola
Acido okadaico e analoghi
(dinofisitossine DTSx 1,2,3)
Pectentossine (PTXs)
Yessotossine /GTX)
Azasiradici (AZAs)
Saxitossine (STX) e analoghi
Brevetossine (BTX) e analoghi
Alga produttrice
Dinophysis spp.
Procentrum spp.
Gonyulax spp.
Lingulodium spp.
Patologia
Gastroenterica:
nausea,
vomito, diarrea e crampi
addominali
Vettore
Molluschi bivalvi
Alexandrium spp.
Gymnodinium catenatum
Pyrodinium
bahamense
var. compressum
Aphanizomenon spp.
Anabaena spp.
Cilindrospermopsis raciborskii (alghe blu verdi)
Karenia brevis
Fibrocapsa japonica
Heterosigma hakashiw
Neurologica: parestesia di
labbra, lingua ed estremità
delle dita, astenia muscolare profonda e perdita
dell’equilibrio
Molluschi bivalvi
Granchi predatori
Neurologica: atassia, sensazione di paralisi alla bocca e alle dita, midriasi, sen-
Molluschi bivalvi
ASP
Acido domoico
CFP
Ciguatossine e precursori
(le gambiertossine)
Maltotossina (MTX)
Palyotossina
Chattonella marina
Pseudonitzschia pseudodelicatissima
P. australia
P. pungens
Gambierdiscus toxicus
Ostreopsis spp.
Coolia spp.
Pymnodinium spp.
Prorocentrum spp.
sazione di caldo e freddo
Gastroenterica:
nausea,
vomito e diarrea
Neurologica: perdita temporanea della memoria,
confusione, disorientamento, coma del soggetto
Gastroenterica:
nausea,
vomito e diarrea
Neurologica: perdita temporanea della memoria,
confusione, disorientamento, anche per mesi
Molluschi bivalvi
Cefalopodi
400 specie di pesci (serranidi, scombridi, murenidi,
sfrenidi, carangidi ed altri)
Tabella n. 11. Requisiti normativi per i limiti ammissibili di biotossine marine in molluschi (Reg. CEE 853/2004).
Cap. V
Norme sanitarie per molluschi bivalvi vivi
Tenore masssimo
2
Biotossine marine
µg/kg
2 a)
PSP
800
2 b)
ASP
20.000 di acido domoico
2 c)
Acido okadaico, Dinophysitossine, Pectentossine
complessivamente 160 di equivalente acido okadaico
3 d)
Yessotossine
1.000 di equivalente yessotossine
2 e)
Azaspiracidi
160 equivalente azaspiracido
Fonte: Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 25.06.2004, L 226/61.
Sindrome da palitossina
Presenza di Ostreopsis ovata in Italia
In anni recenti in diversi tratti della costa italiana sono state segnalate fioriture di alcune specie di microalghe bentoniche.
Particolarmente importanti risultano le fioriture di Ostreopsis.
O. ovata è una microalga appartenente al genere Ostreopsis, ordine Gonyaulacales, classe Dinoficeae distribuita essenzialmente nella zona tropicale e sub tropicale che predilige gli ambienti dove sono presenti macroalghe brune e/o rosse.
O. ovata ma anche O. siamensis, O. lenticularis, O. heptagona, O, mascarenensis, O. labens risultano potenzialmente
tossiche, sulla base dei risultati di test biologici (test di tossicità acuta su topo, di citotossicità e di emolisi).
Le fioriture si sono verificate tra luglio ed agosto ed hanno interessato tratti in prossimità della costa o zone protette. È
stato osservato che fioriture algali di O. ovata, verificatesi nelle stagioni estive degli anni 1998, 2000 e 2001 sul litorale
apuano (Toscana nord-occidentale), hanno avuto la loro intensità massima in un tratto di costa nel quale opere di difesa
dall’erosione circoscrivevano uno specchio marino a debole ricambio idrico, dove le acque raggiungevano temperature
molto elevate.
Il caso più eclatante si è verificato nell’estate del 2005 a Genova, quando 240 persone che avevano soggiornato in riva
al mare o in zone adiacenti senza immergersi in acqua sono ricorse alle cure ospedaliere perché accusavano sintomi
quali: febbre, faringodinia, tosse, dispnea, cefalea, nausea, rinorrea, congiuntivite, vomito e dermatite (Tabella n. 12).
Le fioriture di O. ovata, osservate in quei giorni nel tratto di costa interessato, furono ritenute il possibile agente causale.
Tabella n. 12. Caso di Genova 2005 aspetti epidemiologici su 225 pazienti (Icardi e Morensi, 2005).
64%
Pazienti % sintomi
Febbre
50%
Faringodinia
40%
Tosse
39%
Dispnea
32%
Cefalea
24%
Nausea
21%
Rinorrea
16%
Congiuntive
10%
Vomito
5%
Dermatite
Frequenza dei quadri clinici:
109 casi con 3 sintomi
Febbre con tosse e faringodinia
36%
Febbre con tosse e dispnea
34%
Tosse con faringodinia e dispnea
28%
69 casi con 4 sintomi
Febbre con tosse, faringodinia e dispnea
36%
Febbre con tosse, faringodinia e rinorrea
25%
Febbre con tosse dispnea e rinorrea
23%
Effetti su organismi acquatici
Dal punto di vista ambientale, fioriture di O. ovata sono state talvolta associate a morie di organismi marini. In Puglia
ad esempio, in concomitanza con fioriture di O. ovata, nel corso degli anni sono stati ritrovati numerosi animali agonizzanti o morti: si è trattato prevalentemente di saraghi sparaglioni (Diplodus annularis), seppie (Sepia officinalis) e ricci
eduli (Paracentrotus lividus). Il tessuto muscolare dei saraghi osservato al microscopio, mostrava sia segni di arrossamento dovuti a fenomeni di congestione, sia la tendenza a staccarsi facilmente dalle strutture ossee. Nelle seppie,
l’edema e l’imbibizione dei tessuti erano segni evidenti di fenomeni infiammatori. I ricci si presentavano con aculei abbassati e mancanti in alcune parti della teca.
Caratteristiche chimiche e tossicologiche della palitossina
La palitossina è stata isolata per la prima volta nel 1971 alle Hawaii, dal celenterato marino Palythoa toxica, dal quale
deriva il suo nome. Successivamente la palitossina e suoi analoghi strutturali furono isolati da altre specie di zoantidi
del genere Palythoa e Zoanthus. I diversi analoghi hanno mostrato un peso molecolare compreso tra 2659 e 2680. La
molecola base della palitossina è costituita da una lunga catena alifatica parzialmente insatura contenente eteri ciclici,
64 centri chirali, 40-42 gruppi idrossilici e 2 gruppi ammidici.
La palitossina è una delle più potenti e letali tossine marine non proteiche conosciute. La produzione della tossina e dei
suoi analoghi è stata attribuita a Ostreopsis spp. Tuttavia non può essere esclusa la sua sintesi anche da parte di altri organismi, compresi i batteri simbionti.
Il meccanismo molecolare attraverso cui agisce sulle cellule di mammifero è un legame diretto con l’enzima di membrana Na+-K+-ATPasi, che determina un aumento della permeabilità ionica; a concentrazioni maggiori agisce anche sulle pompe ioniche della membrana cellulare, con influsso di Na+ e Ca++ ed efflusso di K+ e conseguente depolarizzazione. Gli effetti tossici prodotti sono una potente vasocostrizione, depressione della funzione cardiaca, ischemia e danno
al miocardio, fibrillazione ventricolare e blocco cardiaco. Gli effetti di depolarizzazione di membrana sono evidenti anche negli eritrociti e nelle cellule degli altri tessuti eccitabili (muscoli scheletrici e lisci e tessuto nervoso).
Per iniezione intraperitoneale al topo, la palitossina è molto tossica, con una LD50 = 510 µg/Kg p.c. In uno studio di tossicità sul ratto con diverse vie di somministrazione, è risultato che in seguito a iniezione endovenosa il valore di LD50 =
0,089 µg/Kg p.c. è il più basso, seguito da via intramuscolare (LD50 = 0,24 µg/Kg p.c.), sottocutanea (LD50 = 0,4 µg/Kg
p.c.) e intragastrica (LD50 > 40 µg/Kg p.c.).
Le palitossine sono state implicate in alcune gravi intossicazioni per consumo di crostacei e pesci nei tessuti dei quali
sono state frequentemente determinate. La palitossina e composti analoghi sono stati ritrovati in policheti (Hermodice
carunculata), in una stella marina (Acanthaster planci) che si nutre d’invertebrati del genere Palythoa, in mitili
d’Almeria, in Spagna nel 2003 e in Grecia nel 2005; in crostacei decapodi quali Lophozozymus pictor e in Demania alcalai. Per quanto riguarda la fauna ittica, palitossine sono state trovate in Herklotsichthys quadrimaculatus, una specie
di sardina distribuita soprattutto in Madagascar, in Decapterus macrosoma, una specie di sgombro diffuso soprattutto
nelle Filippine, in un pesce pappagallo (Scarus ovifrons) nel Giappone ed in pesci tetrodonti.
La sintomatologia delle persone intossicate si manifesta con vomito, diarrea, dolori agli arti, spasmi muscolari e difficoltà respiratorie. Si è verificato un caso legale in Madagascar (1994) dovuto ad ingestione di pesce contaminato: la vittima dopo aver descritto un sapore metallico del cibo, accusava un malessere generale, vomito, diarrea, paralisi degli
arti inferiori e delirio.
Tossine da pesci
Tetradotossine. Presente nei pesci palla delle zone dell’oceano Indopacifico ma anche dell’oceano Atlantico.
Cignatossina. Presente in varie specie ittiche.
Riassunto
Nel testo è riportata una rassegna di virus, batteri, protozoi patogeni per l’essere umano. Sono pure descritte le tossine
batteriche e marine e discusso il problema delle antibioticoresistenza.
Summary
Foodborne disease
Virus, bacteria, and protozoa which are pathogen for human have been reported in the test. Also, bacterial and marine
toxins and antibiotic resistance have been illustrated in this text.
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