3. Strategie per la Modificazione Molecolare 3.1. Introduzione Come si è visto nel capitolo precedente, i chimici farmaceutici hanno a disposizione una robusta serie di metodi per modulare un lead, sia per ottimizzarne l'attività che per estrarre informazioni utili dalle sue relazioni struttura attività. Il problema è quello di agire secondo una strategia che inquadri le modifiche da fare in un unico disegno e che permetta di giungere allo scopo nel più breve tempo possibile e con il minimo dispendio di energia. A questo fine l'evoluzione ormai quasi secolare della Chimica Farmaceutica ha suggerito delle strategie che possono permettere di razionalizzare le modifiche fatte su di un lead. Queste strategie possono essere utilizzate sia per disegnare nuovi farmaci sia per raccogliere informazioni sull'interazione di un farmaco con il proprio recettore. Alcune di queste strategie hanno una applicazione molto estesa e frequente nella Chimica Farmaceutica e quindi verranno trattate più a fondo, altre sono di applicazione più limitata e verranno solo accennate. 3.2. Analoghi rigidi La determinazione della forma (conformazione) di un farmaco al momento della sua interazione con il suo bersaglio biologico è un momento 118 essenziale per conoscere le caratteristiche molecolari della interazione e di conseguenza per lo studio del meccanismo di azione ed il disegno e lo sviluppo di nuovi farmaci. Informazioni su questo cruciale aspetto dell'azione di un farmaco sono ottenibili dalla conoscenza della topografia del sito di interazione che, come abbiamo più volte detto, è abbastanza diffusa in alcuni casi (per esempio enzimi) ed allo stato attuale molto carente per altri (per esempio recettori), oppure dalla conoscenza della conformazione con la quale il farmaco interagisce con il sito attivo (conformazione attiva). L'importanza di informazioni sulla conformazione attiva è fondamentale per i farmaci che interagiscono con i recettori ed in particolare per le piccole e flessibili molecole di neurotrasmettitori quali acetilcolina, adrenalina, dopamina, GABA e molti altri, che sono in grado di attivare diversi sottotipi recettoriali. Infatti è molto probabile che un neurotrasmettitore con queste caratteristiche interagisca con il sito attivo di ogni sottotipo con conformazioni differenti ed è intuitiva l'importanza che informazioni a questo riguardo possono avere per sviluppare farmaci selettivi e potenti. Purtroppo la conformazione con la quale un farmaco interagisce con il proprio recettore spesso non coincide con la conformazione più stabile del farmaco (conformazione preferita, che può essere derivata dall'analisi 119 conformazionale) e non sono disponibili criteri di validità generale per fare previsioni in proposito. Un modo per ridurre il numero di possibili conformeri in una molecola flessibile è quello di disegnare analoghi che rappresentino uno o più di questi conformeri parzialmente o completamente irrigiditi. La determinazione della loro azione biologica, in confronto con quella del prodotto originale, dovrebbe dare informazioni sulla conformazione attiva. Nelle pagine che seguono verranno discussi i vantaggi ed i problemi relativi all'applicazione di questa strategia e le informazioni che si possono ottenere dall'uso corretto di essa. 3.2.1. Isomeria conformazionale. Isomeri conformazionali (conformeri) sono quelli derivanti da orientazioni non sovrapponibili di una molecola che prendono origine dalla presenza di uno o più singoli legami, non inclusi in cicli, attorno ai quali la molecola può ruotare più o meno liberamente. Tanto più numerosi saranno questi legami tanto più flessibile risulterà la molecola e tanto più elevato sarà il numero delle conformazioni prevedibili. In genere ad ogni singola conformazione corrisponde una diversa relazione spaziale tra i gruppi di atomi e quindi una diversa capacità di interagire con un bersaglio biologico. In realtà questo è vero solo per quei legami che non coinvolgono gruppi simmetrici. 120 La rotazione del metile dell'acetilcolina nell'esempio che segue non ha conseguenze in quanto il gruppo metilico contiene tre atomi di idrogeno del tutto equivalenti. Lo stesso vale per il legame tra il carbonio 5 ed il gruppo ammonico quaternario. Al contrario, la rotazione attorno ai legami 4-5 (ponte etilenico) e quelli 2-3 e 3-4 ha notevoli conseguenze sulla disposizione spaziale della molecola. Tra le migliaia di conformeri possibili derivanti dalla rotazione attorno a questi legami (la maggior parte dei quali ha una energia quasi identica) se ne possono individuare alcuni la cui energia differisce in modo sostanziale e che rappresentano situazioni particolarmente favorite (conformazioni preferite) o sfavorite (conformazioni proibite). Infatti la rotazione attorno a singoli legami non è affatto "libera" ma è soggetta a 121 barriere energetiche che dipendono da interazioni, sia steriche che elettroniche, tra i gruppi sostituenti gli atomi coinvolti nel legame. La entità di tali barriere energetiche determina il comportamento conformazionale di una molecola e la probabilità di esistenza di ogni singola conformazione. Le conformazioni nelle quali le interazioni di tipo repulsivo sono minimizzate e quelle di tipo attrattivo sono massime rappresentano conformazioni energeticamente favorite e sono dette appunto conformazioni preferite. Da un punto di vista esclusivamente sterico, l'intuizione e la teoria indicano che i gruppi ingombranti debbono stare alla maggior distanza possibile, il che significa che le conformazioni cosiddette trans sono energeticamente favorite rispetto a quelle sghembe ed a quelle parzialmente eclissate ed eclissate, che a loro volta sono quelle meno favorite. Tuttavia vanno prese in considerazione anche le interazioni elettroniche che possono intervenire a cambiare la situazione. Questo è il caso proprio dell'acetilcolina nella quale è stato trovato, sia allo stato solido ed in soluzione che con calcoli teorici, che la conformazione più stabile non è quella dettata dall'ingombro sterico (trans) ma quella imposta dalla interazione ione-dipolo tra il gruppo ammonico quaternario ed il carbonile (sghemba). L’isomeria conformazionale può essere determinata anche da quei cicli, a più di quattro termini (sia alicicli che eterocicli) che possono esistere 122 in più conformazioni. L'esempio classico di questo comportamento è naturalmente il cicloesano di cui è ben nota la possibilità di presentare due conformazioni limite: quella a sedia e quella a barca. Le forze che determinano la preferenza per l'una o l'altra conformazione sono le stesse già considerate in precedenza, in particolare le posizioni eclissate degli atomi di idrogeno sui carboni che sono sullo stesso piano e la vicinanza dei carboni 1 e 4. Di conseguenza, in circostanze normali, il cicloesano assume una conformazione a sedia e i composti che contengono più anelli condensati assumono invece quella che permette il numero maggiore di conformazioni a sedia. Questa tuttavia non è unica in quanto, come è ben noto, il cicloesano può subire una inversione sedia-sedia che è evidenziata dalle differenti caratteristiche di risonanza magnetica degli idrogeni assiali ed equatoriali a temperature nelle quali la barriera energetica tra le due forme diventa rilevante ai fini dell'equilibrio tra di esse. Questa circostanza assume una grande rilevanza quando l'anello cicloesanico è sostituito. In tal caso le conformazioni possibili sono fortemente condizionate dalla grandezza e dalla natura dei gruppi sostituenti. Nel caso di anelli monosostituiti il gruppo sostituente occupa preferenzialmente la posizione equatoriale rispetto a quella assiale nella quale sono presenti le interazioni di non legame 1,3. Naturalmente il rapporto tra i due conformeri dipende da R; quando questo è 123 sufficientemente voluminoso (per esempio R = gruppo t-butilico) la conformazione presente è di fatto solo quella con il gruppo equatoriale. Per i cicli disostituiti la situazione cambia in funzione della posizione di sostituzione e della isomeria geometrica (cis/trans). Il caso dei cicli 1,1 disostituiti è del tutto analogo a quello dei monosostituiti: in questo caso è la grandezza relativa dei sostituenti che condiziona la conformazione preferita ed il rapporto tra i due conformeri. Per i cicli 1,2 disostituiti nella configurazione cis (corrispondente ai sostituenti in posizione ea, ae) la conformazione è dettata dalla grandezza relativa di Rl ed R2. Al contrario nella configurazione trans (ee, aa) la conformazione preferita è sempre quella diequatoriale che ha il numero minimo di interazioni 1,3. 124 Quando i cicli sono sostituiti in 1,3 la situazione si inverte e nell'isomero cis (che in questo caso corrisponde alle posizioni ee, aa) la conformazione preferita è sempre quella ee mentre nell’isomero trans (ea, ae) la conformazione dipende dalla grandezza di Rl ed R2. Infine nei cicli 1,4 disostituiti la situazione è del tutto corrispondente a quella della sostituzione 1,2. 125 E’ evidente che tutte le volte che un gruppo sia sufficientemente grande da imporre la sua collocazione equatoriale, la conformazione corrispondente sarà praticamente la sola presente. Inoltre, esattamente come si è già visto per i composti lineari, le caratteristiche elettroniche dei gruppi sostituenti possono alterare la situazione determinata dagli effetti sterici, come nel caso del cis cicloesandiolo che per effetto del legame idrogeno tra i due gruppi ossidrilici preferisce la conformazione diassiale a quella diequatoriale. 3.2.2. Analisi conformazionale. Informazioni sulla situazione conformazionale di una molecola possono essere ottenute con varie metodologie chimico-fisiche. 126 Così la cristallografia ai raggi X permette di conoscere la conformazione di una sostanza allo stato solido con grande esattezza. Alcuni metodi spettroscopici, in particolare la risonanza magnetica nucleare (NMR), permettono di studiare la situazione conformazionale di un prodotto in soluzione. Questo è un vantaggio rispetto alla difrattometria ai raggi X, soprattutto se il solvente utilizzato ha caratteristiche che si avvicinano alla situazione fisiologica. Anche questo metodo, come quello precedente, però non è in grado di indicare altre conformazioni equienergetiche che possono essere coinvolte nella interazione con il recettore. Infine le conformazioni più stabili di una molecola possono essere calcolate mediante metodi teorici che sono in grado di indicare lo spazio conformazionale accessibile alla molecola stessa. Questi metodi coinvolgono calcoli nei quali sono presi in considerazione vari parametri molecolari come angoli di legame, lunghezze di legame, distribuzione elettronica. In questo modo è possibile ottenere l’energia di un ampio ventaglio di conformazioni ed identificare quella(e) a più bassa energia. Normalmente tutti i conformeri che cadono entro un intervallo, scelto arbitrariamente, sopra il minimo globale, sono considerati potenziali candidati per l'interazione con il recettore. Valori che vanno dalle 5 alle 20 kcal/mole sono usualmente utilizzati a questo scopo. 127 In ogni caso va considerato che tutti i metodi di analisi conformazionale, anche quando le loro indicazioni sono coincidenti, ci forniscono informazioni sulle conformazioni preferite di una sostanza in assenza del bersaglio biologico con cui questa si lega, bersaglio che, come vedremo, può in una certa misura imporre la conformazione di legame. La conseguenza è che, non esistendo una ragione a priori che permetta di stabilire la conformazione al momento della interazione, l'analisi conformazionale non esaurisce la ricerca della configurazione attiva, ma piuttosto rappresenta il punto di partenza di tale ricerca. 3.2.3. Conformazione preferita e conformazione attiva. Non esiste quindi alcuna relazione necessaria tra conformazione preferita e conformazione attiva ed è generalmente accettato che ognuna delle conformazioni più stabili può essere quella che interagisce con il recettore. In generale è ragionevole ritenere che tutte le conformazioni al di sopra di una certa energia debbano pagare un prezzo energetico troppo alto per adattare la loro conformazione al recettore e quindi possano essere escluse da questa possibilità. Tuttavia ci vuole molta attenzione anche a questo proposito; ci sono infatti dei casi in cui è stato dimostrato che l'interazione può permettere di superare barriere conformazionali piuttosto alte, come nel caso dei due isomeri conformazionali del TED (N,N,N,N'tetrametil-N'-acetiletilendiamina ioduro) . L'isomero più stabile è il trans- 128 TED, ma quello che si lega al recettore nicotinico è il cis-TED, anche se la barriera energetica tra i due è molto alta (circa 19 kcal/mol). E chiaro che il modo radicale di risolvere il problema della conformazione attiva sarebbe quello di studiare la conformazione all'atto della interazione. Al momento attuale questo è possibile solo per quei bersagli biologici per i quali è nota la struttura del sito attivo e nei quali è possibile studiare direttamente il complesso con il ligando: in pratica enzimi e acidi nucleici. 3.2.4. Uso di analoghi a flessibilità molecolare ridotta. I chimici farmaceutici hanno da molti decenni adottato un metodo per risolvere il problema delle relazioni tra conformazione e attività biologica: esso consiste nel ridurre la libertà conformazionale di un ligando disegnando analoghi totalmente o parzialmente rigidi che rappresentino un congelamento dei possibili conformeri della molecola originale. Oltre che a presentare i gruppi essenziali per la interazione in una definita posizione sterica, che dovrebbe corrispondere ad uno dei possibili conformeri a bassa energia, un analogo rigido ha l'addizionale vantaggio 129 che, se identifica una conformazione utile ma ad energia più alta, non ha bisogno di questa ulteriore energia conformazionale per l'interazione. Lo studio della attività biologica di questi analoghi in confronto con il prodotto di partenza dà informazioni sulla conformazione attiva e permette di ricavare un set di relazioni conformazione-attività che, come si vedrà in seguito, possono avere tutta una serie di utili applicazioni nel disegno di farmaci e nello studio del loro meccanismo di azione. Due aspetti di questo approccio vanno subito esaminati. Per ridurre la libertà conformazionale della molecola è necessario modificare la sua struttura chimica. Molto spesso ciò si ottiene introducendo elementi strutturali che da una parte la irrigidiscono ma dall'altra possono modificare in modo difficilmente prevedibile le sue caratteristiche chimiche, chimico-fisiche e farmacocinetiche. Infatti possono essere alterati la lipofilia e la distribuzione elettronica; possono essere introdotti ostacoli sterici al legame con il recettore; possono essere modificati il metabolismo, il trasporto e la distribuzione. Questo ultimo punto è particolarmente importante per una attendibile valutazione dei risultati e per questa ragione il metodo è soprattutto attendibile quando si utilizzino studi in vitro, nei quali l'influenza della farmacocinetica è trascurabile e le variazioni di attività possono direttamente essere correlate a variazioni nella affinità verso il recettore. 130 Per queste ragioni la regola vuole che la riduzione di flessibilità venga effettuata con le minime variazioni strutturali possibili. Un esempio che illustra l'importanza di questo aspetto è quello dei numerosi derivati della acetilcolina (pag. 145) disegnati per ottenere informazioni sulla sua conformazione attiva. Di essi, solo quello con la minima modifica strutturale, l'isomero trans del 2-acetossi- ciclopropiltrimetilammonio ioduro (trans-ACTM) è equipotente con la acetilcolina, gli altri essendo praticamente inattivi malgrado la comune relazione transoide tra i due gruppi essenziali per l'attività che rappresenta la conformazione attiva di questo neurotrasmettitore. Apparentemente l'introduzione di gruppi più grandi di quello metilenico disturba stericamente la interazione con il recettore. Un secondo importante aspetto da tenere presente quando si disegnano analoghi rigidi è che gruppi funzionali coinvolti nel legame non debbono essere modificati nella molecola irrigidita, pena la perdita delle capacità di legame. 131 La libertà conformazionale di una molecola flessibile può essere ridotta o annullata quando il prodotto disegnato è completamente rigido. Questa ultima situazione è piuttosto difficile da ottenere e d'altra parte, come si vedrà più avanti, spesso una certa flessibilità è necessaria per un buona interazione con il recettore. Quindi molto spesso gli analoghi disegnati con questo approccio sono solo parzialmente irrigiditi. Ci sono due modi fondamentali per ridurre la popolazione conformazionale di un prodotto: l) Rendendo una conformazione significativamente più probabile delle altre per mezzo di interazioni di non legame, sia di tipo elettrostatico che sterico, che possono operare sia stabilizzando una conformazione che destabilizzando tutte le altre come esemplificato nella figura 3.1. 2) Introducendo elementi strutturali che impongono una geometria definita, come doppi e tripli legami e cicli di ogni genere, secondo la figura 132 3.2, nella quale sono ovviamente indicate solo alcune delle possibili soluzioni. Questo approccio, insieme alle modificazioni isosteriche, è sicuramente uno dei più utilizzati nella pratica quotidiana del chimico farmaceutico e gli esempi di applicazione sono innumerevoli. Nella figura 3.3 è riportato un esempio nel quale la struttura del calcio-antagonista verapamile è stata variamente irrigidita per determinarne le conformazioni attive. Questo studio ha permesso di elaborare modelli di interazione 133 differenti per l'effetto cronotropo ed inotropo negativi del verapamile stesso. 3.2.5. Vantaggi della restrizione conformazionale. Come già detto questa metodologia è largamente usata nella progettazione dei farmaci e soprattutto nello studio delle relazioni struttura attività. I risultati che ci si possono attendere dalla sua applicazione sono molteplici; in particolare si possono ottenere informazioni sulle conformazioni attive, ma il suo uso permette anche la progettazione di farmaci con migliore selettività recettoriale, maggiore affinità e potenza ed in generale permette la 134 elaborazione di modelli più accurati di interazione farmaco-recettore quando il lead o il mediatore naturale siano molecole molto flessibili. Per ciò che riguarda la identificazione dei conformeri attivi un esempio ormai classico di applicazione con risultati eccellenti di questo metodo è quello che riguarda la identificazione della conformazione attiva dell’acetilcolina. Allo stato solido, in soluzione ed allo stato gassoso la conformazione più stabile appare quella sinclinale (gauche) ma i calcoli teorici indicano anche che la differenza energetica tra le varie conformazioni possibili è piccola. Molte evidenze, accumulate durante i numerosissimi studi dedicati a questo fondamentale neurotrasmettitore, indicavano che molto probabilmente la conformazione attiva, a livello del recettore muscarinico, era invece quella trans. Il problema è stato brillantemente risolto con l'applicazione della metodologia di restrizione conformazionale. Infatti la sintesi e lo studio farmacologico dei due isomeri cis e trans dell'analogo ciclopropanico (ACTM) hanno mostrato che solo l'isomero trans, corrispondente alla conformazione antiperiplanare (trans) è equipotente con l'acetilcolina, mentre l'isomero cis è del tutto inattivo. Va subito osservato a questo proposito che lo studio farmacologico è stato effettuato sui recettori dell'ileo (M3) e che quindi non è escluso che la conformazione attiva sui 135 diversi recettori muscarinici caratterizzati successivamente (Ml-M5) possa essere differente. La identificazione della conformazione attiva ha naturalmente una grande importanza teorica, ma può aver anche immediate ricadute a livello pratico. Per esemplificare questo aspetto si consideri il caso del clorprotissene. Questo prodotto è un bioisostere della clorpromazina che è un neurolettico che agisce come antagonista dei recettori dopaminergici ed è costituito da vari conformeri in conseguenza della rotazione attorno al legame azoto-catena laterale. Nel clorprotissene tale rotazione è impedita dal doppio legame e sono possibili due isomeri geometrici uno dei quali (l'isomero Z) presenta una potenza maggiore di quella della clorpromazina. 136 Ciò è dovuto al fatto che in questo isomero è di fatto congelata la conformazione attiva del prodotto originale e quindi tutte le molecole presenti hanno un'alta affinità per il recettore mentre nella clorpromazina stessa è presente una popolazione conformazionale che contiene anche conformeri inattivi (quelli corrispondenti all'isomero E), la cui interazione con il recettore è sfavorevole. Come è ben noto, la maggior parte dei neurotrasmettitori è in grado di attivare più sottotipi recettoriali. Siccome si tratta in genere di piccole molecole molto flessibili, è ragionevole pensare che l'attivazione di sottotipi avvenga tramite diverse conformazioni del neurotrasmettitore. Di conseguenza appare possibile differenziare i diversi sottotipi recettoriali 137 congelando una delle conformazioni preferite del neurotrasmettitore. In più, i gruppi introdotti per la restrizione conformazionale possono interagire sia favorevolmente che in modo negativo con i siti attivi dei diversi sottotipi e contribuire in tal modo ad una interazione più specifica. Anche in questo caso il recettore della acetilcolina è stato uno dei più studiati. Nell'esempio che segue vengono illustrate le successive restrizioni di conformazione che hanno condotto ad un prodotto altamente rigido (AF 102b) che è funzionalmente selettivo per il recettore Ml e che è in via di sviluppo come farmaco anti-Alzheimer. 3.2.6. Un caso particolare: i peptidi. Una delle applicazioni più frequenti e più utili del metodo riguarda i lead di tipo peptidico. 138 Le molecole di natura peptidica si prestano male ad essere utilizzate come farmaci. Si pone quindi il problema di sviluppare analoghi non peptidici (peptidomimetici) che mantengano le caratteristiche di potenza, affinità e specificità dei lead di natura peptidica. Questa trasformazione è complicata dalla alta flessibilità molecolare insita nei prodotti di questa classe che rende l'identificazione del farmacoforo piuttosto difficoltosa. Per questa ragione, in parallelo con la trasformazione isosterica del legame peptidico, la restrizione della flessibilità molecolare del lead, tendente ad identificare la disposizione spaziale dei gruppi essenziali per l'interazione, è divenuta un passo indispensabile per lo sviluppo di peptidomimetici. La riduzione della flessibilità conformazionale di un prodotto di natura peptidica può esser ottenuta con diversi metodi. Questi possono riguardare una particolare regione della molecola oppure la molecola intera. L'inserimento di gruppi tiolici in grado di dare legami disolfuro è un approccio molto utilizzato. A questo scopo possono essere utilizzati la cisteina o amminoacidi non naturali quale quelli mostrati di seguito. 139 NH2 O SH OH cisteina L'irrigidimento locale può anche essere ottenuto bloccando la libertà conformazionale delle catene laterali di amminoacidi naturali. Così si sono sintetizzati un buon numero di amminoacidi che rispondono a queste caratteristiche; due di essi sono i seguenti: 3.2. 7. I problemi della restrizione conformazionale. Come tutte le strategie di questo tipo, anche il metodo della restrizione della flessibilità molecolare ha dei limiti e presenta alcuni svantaggi. 140 Il primo e più serio di essi è dovuto al fatto che la conformazione con la quale un farmaco interagisce con il recettore può non essere l'unica critica ai fini della attività. Come si è già detto, la conformazione preferita per la fase farmacocinetica può differire da quella con la quale il farmaco si lega. Anche nei semplici saggi in vitro, nei quali l’influenza della fase farmacocinetica è ridotta, il farmaco deve raggiungere il suo sito di azione e l'ambiente circostante può fortemente condizionare questo stadio della sua attività. Le molecole d'acqua che circondano il farmaco possono imporre una conformazione, che risulta così importante per il trasporto al sito attivo, ma non necessariamente deve coincidere con quella di legame. Viceversa se il farmaco si presenta al sito attivo attraverso la membrana cellulare, la natura lipofila di questa può stabilizzare una conformazione diversa da quella attiva ma ugualmente critica per l'attività biologica. In questi casi la restrizione molecolare non impedisce il legame bensì altri stadi critici che lo precedono ed il risultato finale può essere falsamente interpretato come negativo anche se la conformazione congelata corrisponde a quella giusta. La situazione sarebbe la stessa di un serpente che entra nella sua buca in forma distesa, ma che al suo interno si raggomitola per sistemarsi al meglio (Fig. 3.5). E chiaro che il serpente raggomitolato non potrebbe entrare nella sua tana, così come non sarà possibile trovare attività 141 riducendo la libertà conformazionale di un farmaco che ha bisogno di essere flessibile per raggiungere il suo sito di azione. Infine va rilevato che la restrizione molecolare può condurre a prodotti con attività diversa e che quindi interagiscono con bersagli biologici diversi da quello del prodotto originale. Un caso simile è esemplificato dalla tranilcipromina che può essere considerata un analogo rigido della anfetamina ma che non ha azione simpaticomimetica ed è invece un potente inibitore delle monoamminossidasi (MAO). 3.3. Modulazione chirale 142 L'introduzione di funzioni in grado di determinare un qualche tipo di stereoisomeria o la modifica della stereochimica di un lead, sono tra le operazioni più frequenti nella modulazione molecolare dei farmaci. Il tutto deriva dalla fondamentale osservazione, più volte ribadita in questo libro, che la interazione di un farmaco con il suo bersaglio biologico è di regola estremamente specifica perchè fortemente dipendente dalla disposizione nello spazio dei gruppi che la determinano. In particolare, vista la natura dei bersagli biologici più comuni, la chiralità ha un ruolo di straordinaria importanza. E’ evidente che la chiralità può essere un problema per lo sviluppo di un farmaco nella misura in cui rende necessarie operazioni aggiuntive e costose quali: separazione di enantiomeri, sintesi chirali, analisi di enantiomeri. Tuttavia, come si potrà dedurre da quanto esposto in questa sezione, i vantaggi in termini di specificità di azione e di sicurezza di impiego di prodotti omochirali sono tali che ormai è quasi impossibile a livello di sviluppo di un farmaco ignorare l'esistenza del problema. Dal punto di vista della ricerca di base invece, la chiralità è sicuramente una delle fonti più preziose di informazioni per studiare dei farmaci. In questa sezione verrà esaminato il ruolo della chiralità nell'interazione di un farmaco con il proprio recettore e le conseguenze che ne derivano a livello biologico; verranno valutate le informazioni che si 143 possono trarre dallo studio di enantiomeri e diastereoisomeri sul meccanismo di azione e quindi sulla progettazione dei farmaci; verrà discusso l'impatto che la stereoisomeria ha nello sviluppo di un farmaco, alla luce delle norme più recenti in materia. 3.3.1. Introduzione. L'influenza della chiralità sull'azione dei farmaci è dimostrata da numerosi esempi in cui i due enantiomeri di un composto contenente uno o più centri stereogenici mostrano differenze nel loro effetto biologico. Molecole enantiomeriche, che posseggono le stesse caratteristiche chimico-fisiche e differiscono solo per la disposizione tridimensionale degli atomi o di gruppi di atomi, possono infatti interagire in modo differente con una molecola recettoriale. Molti dei processi alla base nell'attività dei farmaci quali l'inibizione di enzimi, il trasporto attivo attraverso le membrane, il legame con sistemi recettoriali, l'interazione con acidi nucleici, mostrano in genere una forte dipendenza dalla stereochimica. L'entità dell'attività biologica, la tossicità, la distribuzione nei tessuti ed il metabolismo di un farmaco chirale possono essere pertanto notevolmente diversi per i due enantiomeri e sono noti numerosi esempi in cui un enantiomero possiede l'effetto farmacologico desiderato mentre l'altro ne è privo, oppure un enantiomero è tossico e la sua forma speculare no, oppure un enantiomero agisce da agonista e l'altro da antagonista. 144 La forma racema di un farmaco chirale non può quindi essere considerata la semplice miscela equimolare di due enantiomeri uno solo dei quali è responsabile dell'effetto farmacologico. E' importante quindi studiare da un punto di vista clinico le proprietà dei singoli antipodi ottici di un farmaco somministrato come racemo. Se l'azione terapeutica dei due stereoisomeri differisce significativamente si pone il problema della scelta della somministrazione dell'enantiomero più attivo o della miscela racemica. La comprensione dei processi coinvolti nell'azione di un farmaco chirale può essere molto utile nello sviluppo di farmaci più attivi e selettivi e in generale può consentire di migliorare le conoscenze sui meccanismi di azione dei farmaci. Attualmente un discreto numero di farmaci chirali è reperibile in commercio unicamente nella forma racema senza che si disponga delle informazioni adeguate sulle proprietà dei singoli enantiomeri che la compongono. La situazione è però in rapida evoluzione e le previsioni indicano che all'inizio del prossimo millennio gran parte (80%) dei farmaci chirali ottenuti per sintesi sarà commercializzata come singolo enantiomero. 3.3.2 Ricognizione chirale. La ricognizione molecolare si basa sulla complementarietà tra la molecola ed il suo bersaglio biologico. Un caso particolare di ricognizione molecolare è quella in cui due antipodi ottici 145 interagiscono con un target chirale. In questo caso, oltre alle caratteristiche chimico-fisiche dei gruppi coinvolti nella interazione, è importante anche la loro disposizione spaziale (configurazione sterica). Quando una molecola racemica (±)A reagisce con una molecola chirale (-)B (±)A + (-)B = (+)A(-)B + (-)A(-)B si ottengono due diastereoisomeri [(+)A(-)B e (-)A(-)B] che differiscono per le loro proprietà chimico-fisiche. Di conseguenza i loro processi di formazione possono mostrare differenze nella velocità di reazione e nella resa dei prodotti, dovute sia ad un controllo cinetico (stabilità relativa della struttura di transizione diastereoisomerica) che ad un controllo termodinamico (stabilità relativa dei due diastereoisomeri). Questi concetti possono essere applicati anche ai processi biologici per spiegare ad esempio la capacità degli enzimi di differenziare gli enantiomeri di un composto che si comporti come substrato. Infatti l'enzima, che ha una sua ben definita chiralità [per esempio (+)E], forma con il substrato racemico [(±)S] due complessi, (+)E(+)S e (+)E(-)S, che sono diastereoisomerici e quindi si possono formare e decomporre con velocità diseguali. La lipasi ad esempio differenzia gli esteri (R,S) mandelici poiché idrolizza più velocemente l'estere destrorotatorio (S) rispetto al levo (R): la 146 lipasi costituisce la sostanza asimmetrica che entra in gioco nel processo di formazione dei diastereoisomeri. In generale, se si hanno due farmaci isomeri (A, A') che agiscono su un target biologico (B), l'effetto ottenuto in seguito alla loro interazione (E l, E2) può essere descritto dalle due equazioni seguenti: A+B AB E1 A' + B A'B E2 Se i due isomeri (A e A') hanno differenti caratteristiche chimicofisiche (isomeri strutturali, geometrici e diastereoisomerici) l'affinità dei due farmaci, espressa come costante di dissociazione KA, per il target AB biologico è diversa (KA A'B ≠ KA ) e gli effetti biologici ottenuti generalmente differiscono sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. 147 Se i due isomeri (A e A') sono invece enantiomeri (R,S) che si differenziano solamente per il fatto di ruotare il piano della luce polarizzata, con lo stesso angolo in direzione opposta, e che hanno caratteristiche chimico-fisiche identiche, L'affinità dei due farmaci è differente solo se B è chirale. Nel 1933 Easson e Stedman proposero un modello tridimensionale con il quale veniva spiegata l'azione stereospecifica dei farmaci chirali. Tale modello prevede un "attacco a 3 punti" tra un recettore ed un farmaco chirale che, coerentemente a quanto detto in precedenza, giustifica la differenza di attività tra gli antipodi ottici sulla base della loro diversa affinità. Secondo la teoria di Easson e Stedman se un recettore contiene i siti di legame A, B e C per i gruppi a, b, c di una molecola che possiede quattro gruppi diversi (a,b,c,d) legati allo stesso carbonio, solo uno dei due enantiomeri può legarsi a tutti e tre i siti del recettore (Fig.3 .6). 148 Il modello di Easson e Stedman fu proposto in particolare per l'adrenalina, la noradrenalina ed i composti da loro derivati in cui l'isomero R(-), in alcuni tessuti, è circa 400 volte più attivo dell'isomero S(+). Per l'isomero R(-) i gruppi coinvolti nel binding con il recettore sono: (a) l'azoto basico protonato, (b) la parte aromatica (l'affinità è aumentata da ossidrili in meta e/o in para) e (c) l'ossidrile benzilico del carbonio in β. Solo l'antipodo R possiede i tre gruppi nella configurazione appropriata per l'interazione con il sito attivo del recettore. L'antipodo S invece può interagire solo con due dei 3 siti attivi e di conseguenza la sua affinità è minore. A conferma del modello, i prodotti che mancano dell'ossidrile benzilico hanno un'affinità dello stesso ordine di grandezza dell'isomero meno attivo. 149 3.3.3. Stereoselettività. Anche se si può verificare il caso in cui due enantiomeri posseggano lo stesso tipo di attività biologica con uguale potenza, più spesso si verifica il fatto che i singoli enantiomeri mostrino attività nettamente distinta sia quantitativamente che qualitativamente. Per definire quale dei due enantiomeri interagisce in maniera più efficace con un particolare bersaglio biologico si utilizza spesso la terminologia introdotta da Ariens con la quale si indica con il termine di eutomero (Eu) l'enantiomero a maggiore attività; con il temine di distomero (Dis) si definisce invece l'enantiomero meno attivo. Il rapporto di potenza tra eutomero e distomero viene detto rapporto eudismico (ER); un suo valore elevato è indice di una interazione altamente specifica e costituisce uno strumento molto utile per gli studi di relazioni struttura-attività. Va subito sottolineato che la definizione si applica solo nell'ambito di un ben preciso effetto biologico. Non è infrequente il caso che variando il tipo di saggio l'eutomero diventi il distomero e viceversa. La stereoselettività dei farmaci può derivare da diversi fattori, tanto di natura farmacodinamica che farmacocinetica, che contribuiscono alle differenze qualitative e quantitative. La farmacodinamica riguarda le differenze in attività derivanti dalla interazione con l'oggetto biologico; ad esempio nel modo in cui i due enantiomeri si legano al sito recettoriale o quale tipo di effetto producono in 150 seguito a tale legame. Una importante caratteristica della farmacodinamica è la correlazione della struttura chimica con gli effetti osservati. La farmacocinetica riguarda le differenze che possono verificarsi nella velocità con la quale i due enantiomeri vengono trasportati e poi rimossi dal sito recettoriale appropriato e anche nella velocità di trasformazione metabolica in altri prodotti. Di conseguenza è di fondamentale importanza determinare con accuratezza l'incidenza dei due tipi di fenomeni nel determinare la enantioselettività, soprattutto se si vogliono studiare le relazioni tra stereochimica e interazione recettoriale. E chiaro che saggi in vitro o misure di binding sono generalmente indipendenti dalla farmacocinetica, mentre i saggi in vivo risentono fortemente di tutta la serie di fenomeni ad essa collegati come trasporto, metabolismo eliminazione e quindi possono dare risultati differenti dai saggi in vitro. Nel caso di una coppia di enantiomeri si possono verificare fondamentalmente tre possibilità: 1 - Entrambi gli enantiomeri posseggono attività farmacologiche uguali con potenza uguale o differente. 2 - Un enantiomero è farmacologicamente attivo e l'altro no. 3 - I due enantiomeri hanno azioni farmacologiche qualitativamente differenti. 151 Un caso che merita di essere discusso in particolare, in quanto esemplificativo delle problematiche connesse con la interazione recettoriale di prodotti chirali, è quello del labetalolo che fu progettato come farmaco dotato contemporaneamente di azione antiadrenergica, sia α che β. Era infatti noto che l'introduzione di un sostituente sul gruppo amminico delle catecolamine conferiva proprietà α-bloccanti mentre una modificazione degli ossidrili fenolici conferiva proprietà β-bloccanti. La molecola del labetalolo possiede entrambe queste caratteristiche ed infatti questo farmaco ha proprietà antipertensive. Nella struttura del labetalolo sono presenti due centri stereogenici e quindi esistono 4 possibili isomeri: RR, RS, SR, SS. Il farmaco usato in clinica è in realtà una miscela dei 4 isomeri possibili e una analisi dell'attività degli isomeri presi separatamente ha rivelato che l'isomero R,R possiede prevalentemente azione β-bloccante mentre l'isomero S,R possiede principalmente azione α-bloccante. 152 Quindi il labetalolo non è un farmaco con una doppia azione farmacologica ma una miscela di sostanze, ognuna con la sua azione, che complessivamente producono un effetto antipertensivo. Un caso particolarmente importante si presenta quando l'azione di uno dei due enantiomeri è dannosa. Il classico esempio di un enantiomero che possiede una azione indesiderabile è quello della talidomide in cui l'enantiomero S(-) è teratogeno mentre R(+) non lo è. In realtà in questo caso la separazione degli enantiomeri non avrebbe evitato le gravi conseguenze che si sono avute in seguito all'uso del racemo in quanto sembra che l'enantiomero R(+) non sia otticamente stabile in vivo e venga trasformato almeno in parte nell'isomero tossico. Un farmaco chirale comporta quindi l'esistenza di tre sostanze diverse: la miscela racemica, l'enantiomero destrogiro e l'enantiomero levogiro che spesso posseggono proprietà farmacologiche differenti. Attualmente la tendenza è quella di studiare separatamente l'attività farmacologica dei due enantiomeri; infatti, come abbiamo visto, usare un 153 farmaco chirale come racemo anziché come eutomero può comportare numerosi problemi. L'aumento delle conoscenze sulla azione biologica degli enantiomeri ha posto all'industria farmaceutica il dilemma dello sviluppo di un farmaco chirale nella sua forma racemica o omochirale. Questo argomento ha suscitato pareri discordanti. Infatti è vero che, come sostiene Ariens, l'utilizzazione di un farmaco come racemo equivale a somministrare almeno il 50% di impurezza, ma è anche vero che sviluppare un farmaco nella sua forma omochirale, quando non sia necessario, comporta spese inutili per l'industria. Recentemente sono state individuate le condizioni che giustificano la necessità di sviluppare un farmaco nella sua forma omochirale: un indice eudismico elevato, un basso indice terapeutico, la tossicità del distomero, l'assenza di inversione chirale in vivo. Un farmaco chirale può invece essere convenientemente sviluppato come racemo se si verificano queste condizioni: una attività additiva e sinergica degli enantiomeri, un elevato indice terapeutico, una bassa tossicità del distomero, la instabilità ottica o la inversione chirale in vivo. 3.3.4. Enantioselettività. La differenza quantitativa nella attività biologica di due enantiomeri viene chiamata enantioselettività e viene espressa dal rapporto eudismico (ER) delle potenze o ancora meglio, delle 154 affinità dei due enantiomeri che, come abbiamo visto, vengono definiti distomero (Dis: il meno attivo o affine) e eutomero (Eu: il più attivo o affine). Il rapporto eudismico dipende dalla stereochimica del composto in esame e dalle caratteristiche del sito attivo del recettore coinvolto. Un composto chirale mostra infatti differenti rapporti eudismici per siti di azione differenti e quindi per differenti attività biologiche. Per poter effettuare uno studio di enantioselettività è necessario poter disporre di entrambi gli enantiomeri con purezza ottica elevata, conoscere la loro configurazione assoluta e valutare l'affinità o la potenza di tutti e due. Lo studio degli effetti della stereochimica di una serie di coppie enantiomeriche su una serie di modelli biologici, sui quali queste sono attive, permette di ottenere una serie di rapporti eudismici dai quali si possono ottenere informazioni su molti aspetti dell'interazione: 1- Sul meccanismo di azione dei farmaci. Un esempio ben noto è quello del verapamile che mostra una moderata ma netta enantioselettività come calcioantagonista, ma un rapporto eudismico uguale ad 1 come 155 modulatore della resistenza multipla crociata (MDR), il che indica un meccanismo di azione diverso nei due effetti. 2- Sul loro sito di interazione. Analizzando la configurazione assoluta degli eutomeri di differenti classi di farmaci si può stabilire se queste sostanze interagiscono con lo stesso sito di azione recettoriale. Un esempio è dato dallo studio della enantioselettività di alcuni agonisti e antagonisti muscarinici. Nella figura 3.7 sono mostrate le strutture di quattro potenti agonisti muscarinici appartenenti a classi diverse: muscarina, 1,3-diossolano, 1,3-ossatiolano, 1,3ossatiolano-3-solfossido. Come si può vedere gli eutomeri di questi composti possiedono la stessa disposizione spaziale dei gruppi. Questo fatto fa supporre che il sito di interazione di questi agonisti muscarinici sia identico. 156 3- Sulla classificazione dei recettori. I sottotipi recettoriali sono macromolecole diverse che si legano allo stesso messaggero chimico (isorecettori). Dallo studio della enantioselettività di ligandi chirali si possono ottenere informazioni sulla caratterizzazione dei sottotipi recettoriali. Due molecole recettoriali identiche, anche se localizzate in tessuti diversi, debbono interagire con due enantiomeri in maniera identica; infatti, le eventuali differenze, dovute alla localizzazione diversa, influenzano in maniera identica i due enantiomeri poiché questi differiscono solo per le proprietà ottiche ed hanno proprietà chimico-fisiche identiche. Il rapporto eudismico delle affinità deve essere quindi lo stesso nei due tessuti. Nel caso in cui le due molecole recettoriali non siano invece 157 identiche, si debbono attendere differenze significative nei rapporti eudismici. Lo studio del rapporto eudismico di ligandi chirali che mostrano affinità diverse per lo stesso recettore in diversi tessuti offre quindi un criterio per stabilire se due recettori appartengono a sottotipi diversi o se le diverse affinità ottenute sono solo la conseguenza della diversa collocazione tissutale. Nella tabella 3.3 sono riportati i dati relativi ai rapporti eudismici di alcune coppie enantiomeriche di agonisti e antagonisti muscarinici, calcolati su due tessuti diversi: ileo e cuore di cavia. I rapporti eudismici per i due tessuti sono significativamente differenti. Questo fatto conferma la già nota differenza tra i recettori muscarinici del cuore, che appartengono alla sottoclasse M 2, e quelli dell'ileo, che appartengono alla sottoclasse M3. 158 4- Sui tipi di forze coinvolti nella interazione. Lo studio della enantioselettività può dare informazioni sui gruppi e sulle forze coinvolte nella interazione farmaco-recettore; infatti dall'analisi dei rapporti eudismici si può valutare se un determinato centro chirale, presente nella molecola in esame, è coinvolto nell'interazione. In genere l'enantioselettività sarà tanto più alta quanto più i centri stereogenici saranno vicini ai gruppi essenziali per l'interazione; al limite, l'enantioselettività sarà nulla (ER = l) se i centri stereogenici non sono affatto interessati alla interazione. 159 3.3.5. Conclusioni. La chiralità ha un ruolo determinante nella interazione farmaco-recettore e può introdurre nelle molecole un'alta specificità di interazione che ha ovvie conseguenze a livello di affinità e di selettività di azione. La modulazione chirale è quindi un'arma molto importante nelle modificazioni del lead tendenti ad ottimizzarne l'efficacia terapeutica e a ridurre gli effetti collaterali. 3.4. Ibridi molecolari In medicina spesso è necessario trattare una malattia con più di un farmaco perchè essa non è la conseguenza di un sola causa, ma di varie e concomitanti modificazioni patologiche. In questo caso spesso si presentano problemi legati alle differenze farmacocinetiche dei farmaci somministrati, con la conseguenza che può essere difficile ottimizzare la terapia. Esiste quindi un certo interesse a sviluppare molecole che siano in grado di agire con due o più meccanismi contemporaneamente. Quando le caratteristiche strutturali di due molecole aventi attività biologica complementare vengono inserite in un'unica entità molecolare, si parla di ibridazione molecolare o di approccio simbiotico. La fusione molecolare può interessare tutta o gran parte della struttura delle molecole di riferimento, può riguardare solamente i gruppi farmacofori o anche solo alcuni di essi (Fig. 3.13). 160 Quello che ci si aspetta da una simile operazione è una nuova molecola che sia in grado di agire con entrambi i meccanismi originali, ottenendo così un incremento nell'effetto complessivo a livello biologico. È chiaro che perchè ciò avvenga è necessario che le modifiche introdotte in ciascuno dei due lead siano compatibili con l'interazione con i rispettivi siti attivi. Questo non è facile che si verifichi; la conseguenza è che molto spesso questo approccio conduce a prodotti inattivi. Un altro problema collegato con l'uso di questa strategia è nella necessità di ottenere prodotti in cui l'effetto dovuto ai due meccanismi di azione originali sia ben bilanciato. Difatti, se la differenza tra le concentrazioni attive per ognuno dei meccanismi di azione è molto grande, il nuovo farmaco risulta in realtà non un ibrido, ma un semplice derivato di 161 uno dei due lead e si vanificherà la ragione principale della modificazione molecolare. Una attività ben bilanciata garantisce invece che alla dose terapeutica il farmaco sia in grado di attivare entrambi i meccanismi di azione. Infine non va dimenticato che la nuova molecola avrà una farmacocinetica sua propria che potrebbe anche vanificare il successo in termini di azione biologica quando il prodotto sia destinato ad essere sviluppato come farmaco. Malgrado tutti questi non piccoli inconvenienti, questa strategia ha avuto ed ha un certo successo, soprattutto per il grande vantaggio farmacocinetico che se ne può ottenere. Infatti rispetto alla semplice associazione di due farmaci, ognuno con la propria farmacocinetica, spesso non del tutto compatibile, la molecola ibridata è un'unica entità molecolare la cui farmacocinetica può essere più o meno buona di quella delle due molecole originali, ma è in ogni caso unica. Questa metodologia, per ciò che riguarda i recettori, è stata utilizzata sopratutto a livello periferico, dove più studiati e chiari sono i meccanismi che concorrono all'ottenimento di un dato effetto terapeutico (per esempio l'abbassamento della pressione arteriosa) mentre a livello centrale la complessità delle relazioni che intercorrono tra le azioni dei differenti recettori coinvolti in molte patologie rende l'approccio molto difficile, almeno per ora. 162 Un esempio di applicazione di questo metodo per ottenere un farmaco ad azione ipotensiva che agisse sia come calcioantagonista che come inibitore dei recettori α-adrenergici è quello che ha portato alla ibridazione di nifedipina e di benzodiossani del tipo del piperossano per dare molecole quali quella riportata di seguito. Gli ibridi ottenuti posseggono entrambe le attività farmacologiche ma, come appare per il prodotto mostrato, esse non sono affatto bilanciate, il che li rende inadatti allo sviluppo come farmaci. Un esempio di ibrido bilanciato è invece quello del CD-349. Anche qui si tratta di un ibrido tra una diidropiridina ad azione calcioantagonista (una classe di prodotti nei quali questa metodologia è stata applicata con più successo) e la funzione nitrato, che è tipica dei vasodilatatori coronarici 163 tipo la nitroglicerina che agiscono attraverso la liberazione di ossido di azoto. Infatti il prodotto si è rivelato un potente vasodilatatore che agisce utilizzando entrambi i meccanismi di azione. Una successiva ottimizzazione del nuovo lead, che apparentemente ha anche utilizzato una nuova ibridazione con l'acido nicotinico di cui è nota l'azione vasodilatatoria, ha condotto ad un prodotto ancora più attivo (CD-832). Questo esempio permette di chiarire il fatto che, dopo l'ibridazione, il prodotto può essere di nuovo modificato soprattutto per equilibrarne le azioni farmacologiche. 3.5. Ligandi bivalenti È possibile ipotizzare che la molecola, raddoppiata attraverso un opportuno spaziatore, sia in grado di interagire con due siti attivi contigui 164 del recettore (A) con un prevedibile aumento di affinità. In realtà questo fatto resta sempre da provare e molte volte si trova che la seconda porzione della molecola simmetrica, o non interagisce affatto (B), o interagisce con un sito accessorio ad opportuna distanza dal sito attivo (C) (Fig. 3.14). In questo caso (C) il suo effetto è solo quello di aumentare la affinità per il recettore attraverso un ulteriore legame. Il terzo caso è il più frequente, come è esemplificato dai sali ammonici quaternari doppi quali l’esametonio e decametonio. Studi di analoghi dissimmetrici nei sostituenti all'azoto hanno dimostrato che i due siti di interazione dei gruppi ammonici quaternari hanno diverse caratteristiche che per uno solo corrispondono a quelle del sito di riconoscimento del recettore colinergico. 165 Il primo caso è molto meno frequente ed in realtà sono poche le molecole per le quali si sia potuta dimostrare inequivocabilmente l'interazione con due siti attivi contigui del recettore. 3.6. L'approccio indirizzo-messaggio Alla fine degli anni settanta Schwytzer propose che fosse possibile identificare negli ormoni peptidici due elementi strutturali, costituiti da un insieme di amminoacidi che possono essere localizzati in un settore definito o diffusi in tutta la molecola: uno con la funzione di indirizzale l'ormone al suo sito di azione (I = indirizzo) l'altro invece destinato a produrre l'effetto voluto (M = messaggio). Nella figura 3.16 è schematizzato il modello per quegli ormoni che sono caratterizzati da una sequenza continua di amminoacidi costituenti rispettivamente il messaggio e l'indirizzo. 166 Questo concetto è stato successivamente esteso a ligandi non peptidici. La norbinaltorfimina contiene due gruppi farmacoforici identici anche nella configurazione assoluta (-,-) corrispondenti al naltressone, un antagonista potente e non selettivo dei recettori oppiacei. 167 La norbinaltorfimina è un antagonista potente e selettivo verso i recettori k. Per verificare se la sostanza si comportava come un ligante bivalente, fu sintetizzato e studiato anche il suo isomero meso, contenente sia l'enantiomero attivo (-) che quello inattivo (+) del farmacoforo. L'isomero meso (-,+) è più attivo, anche se meno selettivo, della norbinaltorfimina a livello di recettori k, malgrado la presenza nella sua struttura dell'enantiomero inattivo del naltressone. Questo risultato fu interpretato nel senso che il prodotto interagisce solo con uno dei due gruppi farmacoforici, mentre il secondo si lega ad un sito accessorio, unico per i recettori di tipo k e funziona quindi come una caratteristica strutturale che indirizza il prodotto su quel recettore. 168 Era quindi possibile immaginare che il secondo gruppo della norbinaltorfimina funzionasse da indirizzo che portava il farmacoforo attivo selettivamente sui recettori k e che quindi fosse possibile applicare a questo tipo di molecole il concetto indirizzo-messaggio formulato per gli ormoni peptidici. 3.7. Il supporto universale Questa metodologia è stata proposta da Melchiorre come metodo del passe-partout (ma può essere meglio definita come supporto universale) a seguito di una vasta serie di ricerche su derivati tetramminici. Come nel caso dell'approccio indirizzo-messaggio, lo sviluppo di questo metodo ha preso il via da una ricerca che utilizzava ligandi bivalenti. Questa ricerca aveva condotto alla sintesi di un antagonista adrenergico (benextramina) 169 che si comporta come antagonista irreversibile sui recettori α 1 e come antagonista reversibile sul sottotipo α 2. Oltre alle sue proprietà adrenolitiche, che ne hanno fatto un prodotto di grande importanza nella caratterizzazione dei recettori adrenergici, la benextramina mostra una debole azione antimuscarinica di tipo competitivo. Partendo da questa constatazione Melchiorre e collaboratori, modificando progressivamente la molecola base secondo i principi classici della Chimica Farmaceutica che abbiamo visto nel capitolo 2, hanno sintetizzato una sostanza, la metoctramina, che possiede una elevata affinità per i recettori muscarinici, in particolare quelli del sottotipo M2 e che è diventata uno dei mezzi farmacologici più utilizzati per la caratterizzazione di questi recettori. Il complesso delle relazioni struttura attività accumulato in anni di ricerca ha condotto a concludere che: 170 a) La distanza tra gli atomi di azoto ha un ruolo essenziale nel determinare il tipo ed il livello di azione farmacologica. b) I gruppi sostituenti agli azoti terminali sono essenziali nel determinare la classe ed il tipo di recettori coinvolti nel legame. c) Gli atomi di azoto, in particolare quelli interni, possono essere alchilati senza perdita di attività. d) Tutti gli atomi di azoto, quando siano separati da più di due metileni, sono ionizzati a pH fisiologico. 3.7.1 Lo sviluppo del modello. Queste osservazioni, unite alle conoscenze che nel frattempo si erano acquisite sulla struttura e sulla organizzazione molecolare dei recettori, hanno condotto Melchiorre a proporre un comune meccanismo di azione delle tetrammine e delle poliammine in generale. E’ noto che i recettori accoppiati alle proteine G, caratterizzati dalla presenza di sette domini transmembranali, hanno una elevata omologia tra di loro che ovviamente rende molto complessa la ricerca di selettività. Questa omologia naturalmente aumenta ancora quando si prendano in considerazione i sottogruppi recettoriali. D'altra parte l'esistenza di ligandi in grado di discriminare tra sottotipi recettoriali rende evidente che anche piccole differenze strutturali dei siti attivi possono determinare differenze rilevanti nella affinità di un ligando. 171 Le molecole recettoriali hanno un comune scheletro, costituito dai legami peptidici, circondato da sostituenti rappresentati dalle catene dovuta alla natura ed alla disposizione spaziale di questi gruppi sostituenti. Tra questi i gruppi carbossilici di amminoacidi quali l'aspartico o il glutammico rappresentano un eccellente sito di ancoraggio di un ligando a carattere basico. E’ ragionevole pensare che la distribuzione degli ioni carbossilato nei vari tipi e sottotipi recettoriali possa differire, anche se di poco. Un ligando che contenga una sequenza di cariche positive come una poliammina può quindi mettere in evidenza differenze anche minime di localizzazione di cariche negative, legandosi preferenzialmente ad un recettore più che ad un altro. E’ inoltre ragionevole pensare che una opportuna modulazione della distanza tra gli atomi di azoto di una poliammina che contenga alla sua estremità gruppi già di per sé in grado di interagire con il sito attivo di un dato recettore, possa evidenziare le sottili differenze che esistono tra i sottogruppi recettoriali. Le poliammine possono rappresentare quindi un supporto di tipo universale in grado di legarsi ad una struttura proteica quale quella dei recettori, mentre la modulazione del numero delle cariche positive (atomi di azoto ionizzati), la loro distanza, nonché il tipo di farmacoforo inserito ai 172 due estremi della catena, determinano la classe ed il sottotipo di recettori coinvolti. La scelta delle tetrammine, in gran parte dovuta al caso, si è rivelata molto proficua, ma è ovvio che sono possibili anche soluzioni con un numero diverso di cariche. 3.8. Analoghi funzionalizzati In questo approccio la molecola viene modificata con la introduzione di catene funzionalizzate in grado di interagire favorevolmente con siti accessori al sito di legame utilizzato dalla molecola originale. Le catene introdotte possono essere modulate attraverso variazioni progressive fino ad ottimizzare la interazione del nuovo ligando. 173 Naturalmente, per avere un risultato positivo, le catene debbono essere introdotte in posizioni in cui non ci sia impedimento sterico (B), in modo che il legame con il recettore non sia sensibilmente alterato (C) ma anzi incrementato dalla nuova interazione (Fig. 3.17). Lo scopo si può raggiungere in modo empirico per tentativi successivi, o utilizzando, ove siano disponibili, modelli del sito attivo. Anche qui va ricordato che l'introduzione di queste nuove caratteristiche strutturali può determinare selettività nell'ambito di sottogruppi recettoriali, se la lunghezza della catena e la funzione introdotta rendono la molecola in grado di interagire solamente con uno dei sottotipi. Un tipico modo di procedere è quello mostrato nell'esempio seguente. La sistematica esplorazione dello spazio intorno ad un antagonista del recettore muscarinico M1 come la pirenzepina ha mostrato che la introduzione di catene nelle posizioni 5, 8 e 9 porta ad una netta diminuzione della affinità. Al contrario, la introduzione di analoghe catene polimetilenamminiche sull'azoto distale dell'anello piperazinico, dapprima riduce l’affinità (n = 2-6) ma, per catene più lunghe (n>6) conduce a prodotti che hanno una affinità comparabile con quella del prodotto originale, anche se la capacità di discriminare i recettori M1 si perde completamente. 174 L'applicazione di questo risultato ad un analogo della pirenzepina, la telenzepina, ha condotto alla sintesi del prodotto denominato TAC (Telenzepine Amine Congener) che ha una affinità nel range nanomolare per il recettore M 1. 3.9. Conclusioni 175 Nelle pagine precedenti sono state esaminate alcune delle strategie a disposizione del chimico farmaceutico per modulare opportunamente una molecola lead e sviluppare nuove strutture molecolari in grado di essere utilizzate come farmaci o come mezzi di ricerca farmacologica. Alcune di esse hanno una vasta applicazione (analoghi rigidi, modulazione chirale, ibridi molecolari, analoghi funzionalizzati) altre hanno fino ad ora trovato un uso più settorializzato. Tutte possono essere applicate successivamente nell'ambito dello stesso progetto di ricerca. Dal tipo di esempi presentati si sarà potuto notare che queste strategie si sono rivelate utili soprattutto per disegnare ed ottenere molecole adatte a fornire informazioni sulle relazioni struttura-attività e sul meccanismo di azione dei farmaci. In realtà il processo di sviluppo ed ottimizzazione di un lead per ottenere un farmaco procede spesso in modo più empirico, tendendo direttamente e velocemente a individuare tutte le possibilità di utilizzazione pratica dell'azione farmacologica. Quale che sia lo scopo della utilizzazione di queste strategie è impossibile sottovalutare la sempre crescente importanza che nella loro applicazione ha la modellistica molecolare computerizzata. Per concludere è quindi utile esaminare un esempio recentissimo nel quale l'uso della modellistica molecolare ha indotto ad applicare razionalmente un approccio molto vecchio ed empirico come il 176 raddoppiamento molecolare, per la sintesi semplicissima di un prodotto con ottime prospettive di utilizzazione terapeutica. La conoscenza del sito attivo dell'enzima acetilcolinesterasi, che ha un ruolo essenziale nel controllo dei livelli di acetilcolina nel sistema nervoso centrale, e l'analisi del suo complesso con un suo inibitore (la tacrina, utilizzata nella malattia di Alzheimer) ha permesso di verificare che l'interazione coinvolge una molecola di triptofano (Trp84). Ciò ha indotto a studiare prodotti che fossero in grado di interagire, nello stesso modo, con una seconda molecola di triptofano (Trp279) presente nei pressi del sito attivo, allo scopo di ottenere sostanze dotate di affinità più alta e quindi più potenti come inibitori. L'ipotesi di lavoro è illustrata in fig. 3.18. 177 Si è cosi sintetizzata, utilizzando l'approccio del raddoppiamento molecolare, una serie di sostanze che mostra una affinità per l'enzima circa mille volte più alta della tacrina. 178 4. Modellistica Molecolare Computerizzata 4. 1. Introduzione La modellistica molecolare (molecular modelling) è una tecnica che ha ricevuto un notevole impulso in questi ultimi anni grazie al grande sviluppo dei computer. Ora è possibile infatti in breve tempo determinare la geometria di una molecola, quale per esempio una di quelle viste nei capitoli precedenti, determinarne le possibili conformazioni, valutare quale di queste è la più probabile, calcolare proprietà quali l'energia, gli orbitali molecolari (HOMO, LUMO), la densità elettronica, la lipofilia, il volume, la superficie accessibile al solvente; si può inoltre simulare il comportamento dinamico della molecola nel vuoto, o in un solvente, o all'interno di una proteina. Tutte queste informazioni possono essere utilizzate nella progettazione dei farmaci (drug design). Tramite la modellistica molecolare si cerca di rappresentare, in forma semplificata, ciò che avviene al momento del legame con il recettore: si creano cioè dei modelli attraverso i quali spiegare in termini molecolari la complicata realtà dell'interazione farmaco-recettore. Questi modelli vengono proposti sulla base delle proprietà delle molecole, calcolate tramite i campi di forze empirici (forcefields), oppure più o meno rigorosamente con programmi quantomeccanici. 179 L'approccio è logicamente diverso a seconda se sia nota, o no, la struttura della macromolecola bersaglio: mentre nel primo caso si possono progettare nuove molecole basandosi non solo sulle relazioni struttura-attività di ligandi esistenti, ma soprattutto sulla struttura del sito di interazione (structure-based drug design), nel secondo caso si può risalire solo indirettamente alla topografia del sito attivo, e la progettazione di nuove molecole verrà fatta solo sulla base delle indicazioni ottenute con i ligandi già noti (ligand-based drug design). Chiaramente queste tecniche hanno ancora molti limiti, non solo nell'approssimazione con cui vengono calcolate le proprietà della molecola, approssimazioni che diminuiscono via via che aumentano le nostre conoscenze e le capacità di calcolo dei computer, ma anche nel fatto che, computazionalmente, è più facile considerare solo il contributo entalpico dell'interazione farmaco recettore, e non la variazione di energia libera, che comprende anche gli effetti entropici e di solvatazione, che però rivestono un ruolo importantissimo nell'azione di un farmaco. Tuttavia, conoscendo bene i limiti della modellistica molecolare, il chimico farmaceutico ne può sfruttare le notevoli potenzialità, per esempio calcolando le proprietà di una molecola, anche prima che questa sia sintetizzata, con l'opportunità quindi di stilare un ordine di priorità di sintesi delle molecole ritenute più interessanti, oppure, nel caso sia nota la 180 struttura del sito attivo, ottimizzando le interazioni possibili in modo da ottenere ligandi potenti e selettivi per quella proteina. La progettazione razionale dei farmaci può essere molto migliorata usando le tecniche computerizzate. Due cose vanno però tenute bene in mente. La prima è che il computer non è in grado di dare tutte le risposte: non si è ancora in grado di simulare tutti gli aspetti del comportamento chimico di una molecola. La seconda è che le risposte date dal computer vanno sempre analizzate criticamente. I programmi usati sono stati creati ovviamente con delle approssimazioni; di conseguenza anche la risposta non è esatta, e la valutazione critica tramite l'intuito e le conoscenze del ricercatore risulta essenziale. 181