vja guide 60 p - Interreg IIIA Alcotra

Un itinerario romano da scoprire
9 tappe
per rivivere
la storia
SOMMArio
PRESENTAZIONE
IL PROGETTO
I La conquista romana delle zone attraversate
dalla via Iulia Augusta
II L’Imperatore Augusto
III I territori di frontiera nella
riorganizzazione augustea
IV Le vie romane
V Le vie d’Italia prima della via Iulia Augusta,
da Ercole a Cesare
VI La via Iulia Augusta, prima via transalpina
VII La carreggiata e le infrastrutture
della via Iulia Augusta
VIII I cippi miliari: segnali stradali e monumenti
della propaganda imperiale
IX Un ruolo limitato nell’economia locale
X La concorrenza delle vie marittime
XI Il tracciato della via Iulia Augusta
tra il Paillon e Balzi Rossi
XII Il tracciato della via Iulia Augusta
nel territorio di Ventimiglia
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
I siti:
Il Trofeo delle Alpi
Il Mont des Mules
Il monumento funerario della “Villa Lumone”
Il Museo Preistorico Regionale di Mentone
I Balzi Rossi
I Giardini Hanbury
La Piana di Latte
Porta Canarda
Il Museo Civico Archeologico “G. Rossi”
I cippi miliari della Chiesa di San Michele
L’area archeologica di Albintimilium
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Ritroverete questa guida
sul sito internet dell’itinerario...
PRESENTAZIONE
Il Comune di Ventimiglia e la Communauté de la
Riviera Française hanno creato un itinerario culturale
transfrontaliero, l’antica “ via Iulia Augusta”, riunendo in un
percorso ideale le vestigia romane di Ventimiglia, Mentone,
Roquebrune-Cap Martin, Beausoleil e La Turbie.
www.viaiuliaaugusta.com
• Informazioni supplementari
• Novità
• Documentazione scaricabile
• Siti internet collegati alla “via Iulia Augusta”
• Versione italiana, francese ed inglese
Contatto: [email protected]
Coordinamento scientifico del progetto: Pascal Arnaud (CEPAM, Maison des Sciences de l’Homme,
Université de Nice) e Daniela Gandolfi (Instituto Internazionale di Studi Liguri).
Ringraziamenti : Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, Curia Vescovile di Ventimiglia,
Giardini Botanici Hanbury, Région Provence Alpes Côte d’Azur, Conseil Général des Alpes-Maritimes,
Centre des Monuments Nationaux, Service Départemental de l’Architecture et du Patrimoine des AlpesMaritimes, Direction Régionale des Affaires Culturelles, comuni di : Beausoleil, Menton, Roquebrune-CapMartin e La Turbie, Sophie Binninger, Service régional de l’archéologie PACA.
Per fedeltà storica, nella dicitura in caratteri capitali romani: “VIA IVLIA AVGVSTA”, sono state adottate le
lettere I e V, proprie dell’alfabeto latino.
Redazione: Pascal Arnaud, Daniela Gandolfi, Comune di Ventimiglia, Communauté de la Riviera
Française. Fotografie: Jérôme Kélagopian, Pascal Arnaud, Ferdinand Martelli, Daniela Gandolfi,
Antonella Del Becaro. Concezione-realizzazione: Looping Communication - 601, av. de Fréjus, 06210
Mandelieu - France.
L’itinerario rappresenta la ricchezza del patrimonio
culturale della zona transfrontaliera, evidenziando il legame
che unisce l’Italia alla Riviera Francese, sulla base delle
medesime origini storiche.
Il progetto ha ottenuto i finanziamenti necessari per la sua
attuazione: contributo Interreg (Fesr), contributi statali
Italia-Francia, contributi del Conseil Général-06 e dei comuni
interessati.
Percorrendo l’itinerario i nostri cittadini, i turisti e le giovani
generazioni potranno conoscere pienamente le vestigia
dell’epoca romana, culla dell’antichità e della nostra civiltà.
Siamo particolarmente orgogliosi di questa ambiziosa
iniziativa che afferma la comune vocazione culturale della
Città di Ventimiglia e della Communauté de la Riviera
Française.
Giorgio Valfré
Sindaco del
Comune di Ventimiglia
Monsieur Le Maire de Menton
Député des Alpes-Maritimes
Président de la Communauté
de la Riviera Française
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IL PROGETTO
Il progetto “Via Iulia Augusta”: itinerario transfrontaliero del
patrimonio romano” rientra nell’ambito del programma di
iniziativa comunitaria Interreg IIIA - Alcotra 2000/2006 che è
il terzo intervento di cooperazione europea ad interessare il
territorio italo-francese.
L’obiettivo di Alcotra è di far emergere, all’interno di una
“cittadinanza europea” ancora in formazione ed al di là
delle reciproche identità nazionali, le qualità specifiche dei
territori frontalieri, fondate non soltanto sulle comuni origini
geopolitiche e storico culturali, ma anche su identiche
caratteristiche economico-sociali.
Il progetto “Via Iulia Augusta” identificato col n. 188, rientra
nella misura 3.3 “Sistemi turistici”, a sua volta ricompresa
nell’area denominata “Competitività”, che mira a sostenere
azioni concertate nel comparto turistico, finalizzate alla
valorizzazione delle risorse presenti sul territorio.
L’idea di partire dall’antica strada romana, realizzata
dall’Imperatore Augusto nel 13-12 a.C., per rilanciare la zona di
confine tra Italia e Francia era in cantiere da tempo.
Il programma Interreg IIIA - Alcotra ha fornito il sostegno
finanziario indispensabile ed il supporto tecnico nelle fasi di
programmazione, sviluppo, selezione ed attuazione del progetto
che si propone di valorizzare i siti archeologici esistenti sul
tracciato della “Via Iulia Augusta”
Le risorse provengono per il 35% da contributi comunitari
(FESR), per il 35% da contributi Italia-Francia e per il restante
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30% dall’autofinanziamento dei partner coinvolti nel progetto:
Communauté de la Riviera Française, Comuni di Ventimiglia,
Menton, Beausoleil, Roquebrune-Cap Martin e La Turbie.
In particolare l’itinerario si sviluppa, per circa 25 Km, in
nove tappe, a partire dal Trofeo di Augusto della Turbie, sino
all’area archeologica di Albintimilium (l’odierna Ventimiglia).
L’orientamento del percorso non é casuale, bensì legato all’uso
occidentale di leggere da sinistra verso destra, ma è ovvio
che l’itinerario puo’ essere utilmente compiuto anche in senso
inverso.
La tappa n. 1 é il Trofeo di Augusto, nel Comune di La Turbie,
che rappresenta il simbolo della conquista romana in Gallia;
la tappa n. 2 é il “Mont des Mules”, nel Comune di Beausoleil,
dove sono conservati resti di mura preromane; la tappa n. 3
é il “Mausoleo di Lumone”, nel Comune di Roquebrune CapMartin, antica tomba di epoca romana; la tappa n. 4 é il Museo
Archeologico di Mentone con reperti di epoca romana; la tappa
n. 5 é costituita dal Museo Preistorico e dalle caverne dei Balzi
Rossi dove sono riconoscibili parti del tracciato della “via Iulia
Augusta”; la tappa n. 6 individua le tracce dell’antico percorso
romano all’interno e nei pressi dei Giardini Botanici Hanbury;
la tappa n. 7 é il Museo Civico Archeologico Girolamo Rossi
dove sono conservati reperti di epoca romana provenienti dalla
citta’ di Albintimilium; la tappa n. 8 é la Chiesa di S. Michele,
nel centro storico di Ventimiglia, dove i cippi miliari della “via
Iulia Augusta” sono stati riutilizzati a scopo edilizio e funzionale;
la tappa n. 9 é rappresentata dagli scavi archeologici della città
romana di Albintimilium, con il teatro, le terme, le “insulae” ed il
“decumanus” che coincideva con la “via Iulia Augusta”.
E’ stato riscoperto, pertanto, un itinerario ricco di storia e di
vestigia antiche che ha permesso ai territori di confine italofrancesi di concretizzare il sogno ambizioso di “cancellare
la frontiera”, riconoscendo ai siti archeologici dislocati lungo
l’antico percorso della “via Iulia Augusta” - in alcuni tratti ormai
solo ipotetico a causa delle superfetazioni e dei mutamenti
della costa - la medesima origine, indissolubilmente legata alla
conquista romana dei territori.
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I
I
La conquista
romana
delle zone
attraversate
dalla via Iulia
Augusta
La maggior parte dei territori attraversati dalla via Iulia
Augusta e dal suo prolungamento fino al Rodano furono
conquistati dai romani prima del 13-12 a.C., data della
sistemazione ufficiale della via.
La fascia costiera compresa tra Marsiglia e Savona fu
progressivamente sottomessa dagli eserciti romani, su
richiesta degli abitanti di Marsiglia, alleati di Roma, che
a partire dal IV secolo a.C. avevano sviluppato una rete
di fortezze costiere (Tauroeïs a Le Brusc, Olbia a Hyères,
Antipolis ad Antibes e Nikaïa a Nizza) per assicurarsi il
controllo dei mari e la supremazia dei traffici commerciali.
Questo sistema, che completava quello simile creato
contemporaneamente da Roma lungo le coste italiche
attraverso la fondazione delle “colonie marittime”, lasciava
un vuoto tra Nikaïa, probabilmente fondata nel III a.C., e
Pisa, mentre Genova, fedele alleata di Roma, ne occupava
il centro. A seguito della seconda guerra punica, quando
gli Ingauni di Albenga si allearono con Cartagine contro
Roma, le lamentele continue di Marsiglia nei confronti della
pirateria ligure indussero il console Lucio Emilio Paolo a
promuovere una campagna contro tali popolazioni, che si
svolse dal 184 al 182 a.C. e culminò con la disfatta delle
tribù liguri nel 181-180 a.C. Nello stesso anno, in seguito
alla sconfitta e alla deportazione nel Sannio dei Liguri
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Apuani, Roma fondò la colonia di Luna (177 a.C.), ma
le popolazioni dell’Appennino ligure furono sottomesse
soltanto venti anni più tardi, nel 155 a.C.
La pressione militare esercitata dagli Oxibii dell’Esterel e
dai Deciati della
regione di Opio,
sulle piazzeforti di
Antipolis e Nikaïa,
portò nel 154 a.C.
all’intervento del
console Opimio,
che sconfisse questi
due popoli e lasciò il
loro territorio sotto
Marsiglia.
Nel 125 le nuove
lamentele di questa
città contro la
confederazione dei
Sali furono il pretesto
Il Trofeo d’Augusto (La Turbie, Francia)
per l’intervento di
Roma, che fondò
Aix (Aquae Sextiae) nel 122, Narbonne nel 118 e creò, tra
la Spagna e il Rodano, una nuova via di comunicazione
denominata via Domitia, dal nome del suo fondatore Cn.
Domitius Ahenobarbus. Anche in questo caso, ad eccezione
di Aix-en-Provence, i territori furono sottoposti a Marsiglia,
che li perse nel 49 a.C. quando venne sconfitta a seguito
della sua alleanza con Pompeo contro Cesare. Nacquero
quindi nuove città: Forum Iulii (Frejus), Antipolis (Antibes) e
Forum Voconii nei pressi di Cannet-des-Maures. Nel 25 a.C.
Augusto intraprese la conquista metodica delle Alpi e dei
loro valichi: dopo la sconfitta dei Salassi della Val d’Aosta,
nel 14 fu la volta delle popolazioni del versante francese
delle Alpi meridionali. Nel 7-6 a.C., data della dedica del
Trofeo dell’imperatore a La Turbie, tutto l’arco alpino era
ormai sottomesso al potere di Roma.
7
II
II
L’imperatore
Augusto
(63 a.C. – 14 d.C.)
Nipote di Giulio Cesare, Caio Ottavio ne divenne figlio
tramite adozione testamentaria l’indomani dell’assassinio
del dittatore (15 marzo 44) e l’8 maggio dello stesso
anno assunse il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano. Nel
gennaio del 27 a.C. ricevette dal Senato l’appellativo di
Augusto, che sottolineava simbolicamente il suo potere
sacrale e benefico; nel corso della stessa seduta del Senato,
una suddivisione fittizia degli incarichi permise ad Augusto
di concentrare su di sé il potere reale, senza rinnegare
le istituzioni della repubblica, né ricorrere a forme di
dittatura o sovranità. Pur dichiarandosi garante delle
istituzioni repubblicane, formalmente preservate,
l’imperatore aveva fondato un nuovo regime politico
autocratico sotto il segno della moralità civica e
della religione di Stato, basato sulla certezza che
gli dei lo avrebbero sostenuto nelle sue imprese,
assicurandogli il successo in qualsiasi iniziativa.
Augusto stesso divenne presto oggetto di culto:
senza essere un vero e proprio dio, l’imperatore era
divino e il suo stato simile a quello di alcune creature
intermedie, come Ercole, non totalmente divine, ma
neppure solamente umane, che dai tempi di Alessandro
Magno avevano contribuito a consolidare l’idea della divinità
del sovrano.
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Nel 29 a.C.
Augusto,
come Pompeo
Magno prima di lui,
scelse non a caso di
far coincidere il suo triplice
trionfo con le feste celebrate a Roma
in onore di Ercole. La manifestazione
più evidente del favore degli dei
era la vittoria, indissociabile dalla
natura divina del sovrano, che
divenne monopolio dell’imperatore
e che, in sua assenza, egli poteva
delegare ai suoi generali.
Le numerose conquiste di Augusto,
considerate altrettante prove del
carattere carismatico ed assoluto
del suo potere, allargarono i
confini dell’impero romano sino
ai limiti che verranno superati
solo un secolo dopo sotto l’impero
di Traiano. Insieme al suo
amico e co-reggente
Marco Vipsanio Agrippa
Statua di Augusto
(†12 a.C.), Augusto mise
(Museo del Trofeo,
in atto l’organizzazione
La Turbie).
amministrativa e le
infrastrutture dei territori
conquistati, che costituirono la base della
loro integrazione e romanizzazione.
Tra queste infrastrutture, le vie di
comunicazione terrestri, fluviali e marittime
occuparono un posto preminente.
Statua di Augusto (Museo del Louvre).
9
III
III
I territori di
frontiera nella
riorganizzazione
augustea
L’organizzazione creata dall’imperatore Augusto e da Marco
Vipsanio Agrippa aveva definito un sistema territoriale
complesso, - le cui grandi linee non vennero messe in
discussione prima delle riforme della fine del III d.C.- ,
basato sull’entità amministrativa e giuridica rappresentata
dalle città. Queste ultime amministravano ciascuna
un territorio ben definito,
garantito dallo Stato ed erano
raggruppate in entità più vaste,
le “province”, rette da un
governatore.
Solo l’Italia costituiva
un’eccezione rispetto a tale
sistema in quanto aveva
ricevuto nell’8 a.C. uno statuto
giuridico, amministrativo
e fiscale particolare, che
estendeva ai suoi abitanti i
privilegi di Roma: i cittadini
dei centri italici ricevevano
direttamente la cittadinanza
romana, il loro suolo non era
gravato da particolari tassazioni
Cippo funerario di Porcia Uxsubia
(Ventimiglia, Antiquarium) e non era sottoposto all’autorità
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dei governatori, ma suddiviso in 11 regiones tra cui la IX
regio Liguria, di cui Albintimilium (Ventimiglia) costituiva il
municipium più occidentale.
Il confine tra l’Italia e la
Gallia era collocato in
corrispondenza del fiume
Var, nei cui pressi veniva
riscosso una sorta di dazio,
pari al 2,5% del valore
trasportato, la cosiddetta
“Quadragesima Galliarum”.
Tutta la valle del Roja
(Rutupis / Rutuba), così
come la fascia costiera fino
al fiume Var, - ad eccezione
del “portus Nicaeensium”
che costituiva un’enclave
di Marsiglia -, faceva
parte dei territori di
Albintimilium, di cui il
“Paillon” rappresentava
Iscrizione funebre di Licina Amoena
probabilmente il confine
(Ventimiglia, Antiquarium)
occidentale, mentre
Cemenelum (Cimiez) e Vintium (Vence) appartenevano
già alla provincia delle Alpi Marittime; a ovest del fiume
cominciavano la provincia della Gallia Narbonese e i territori
della città di Antipolis (Antibes).
Alla fine dell’III sec. d.C. le riforme dell’imperatore
Diocleziano crearono delle entità amministrative più vaste,
le “diocesi”, divise in province di minori dimensioni: il
territorio di Ventimiglia fu annesso alla provincia delle Alpi
Cozie e alla diocesi dell’Italia annonaria, quello di Cimiez alla
provincia delle Alpi Marittime e alla diocesi viennese.
Tutte le tappe del programma Interreg “La via Iulia Augusta”
appartenevano dunque in età romana all’Italia e, in
particolare, al territorio di Albintimilium.
11
IV
IV
Le vie
romane
Il sistema delle vie romane, che includeva anche tratti di
strade non carrozzabili, non comprendeva tutto l’insieme
dei percorsi usati in quel periodo, alcuni anche di notevole
importanza economica; era un sistema gerarchizzato che
poneva al primo posto le vie cosiddette militari, ma che
si articolava in una grande varietà e tipi di strade. I resti
della via Appia, larga e lastricata, non possono costituire
l’immagine tipo delle strade romane, in quanto essa era una
via di grande prestigio e assai prossima a ricchi giacimenti
di basalto, da cui vennero estratti i materiali del suo
lastricato.
La maggior parte delle vie romane furono per molto tempo
dei modesti percorsi, regolarmente impraticabili in caso di
intemperie. Nessun dato tecnico permette di caratterizzarle:
la loro larghezza, teoricamente codificata dalle regole, era
rispettata infatti solo in pianura, la loro lastricatura non
era sistematica e spesso erano semplicemente battute;
i marciapiedi erano facoltativi; essendo però concepite
per durare, erano sempre realizzate su fondazioni assai
stabili e presentavano una sezione ricurva, atta a favorire
l’evacuazione delle acque.
Esse erano anche e soprattutto una istituzione giuridica: una
“via pubblica del popolo romano” doveva essere di accesso
pubblico e gratuito, possedere un nome, svilupparsi tra un
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© Pascal Arnaud
La via Iulia Augusta
e le strada più antiche
punto iniziale ed un punto finale ben definito, ubbidire ad
alcune norme minime stabilite dalla “legge delle XII Tavole”:
dovevano avere una larghezza di 8 piedi (2,40 m) in linea
retta e 16 in curva (4,80 m). La costruzione delle strade era
regolata dallo Stato che si assicurava che la manutenzione
della carreggiata fosse sostenuta dagli abitanti e dalle città
interessate dal suo percorso, garantendo così l’efficienza
duratura della rete stradale.
Proprio gli obblighi imposti per la costruzione delle strade
e il calcolo delle quote dovute per la loro manutenzione
determinarono probabilmente la necessità dei “cippi
miliari”, invenzione romana la cui origine risale al III a.C.
e che forniscono importanti informazioni sulle autorità
che li fecero collocare e sulle distanze dei percorsi. Il
nome delle vie romane è inoltre giunto sino a noi grazie ad
alcuni documenti antichi, con indicate le tappe originali e
le distanze, conosciuti con il nome di “itinerari”, che in età
romana permettevano la pianificazione degli spostamenti,
l’organizzazione del rifornimenti e del servizio della posta
imperiale, creato da Augusto e, a partire da Traiano (98117), definito con il nome di “cursus publicus”.
13
V
V
LE viE d’Italia
prima della via
Iulia Augusta, da
Ercole a Cesare
Quando Augusto fece costruire e delimitare la via Iulia
Augusta, non effettuò una rivoluzione della rete stradale, in
quanto la maggior parte del tracciato preesisteva già sotto
forme diverse, indicate oggi dagli studiosi con il nome di
“via erculea”, che comprende tutti i percorsi secolari che
collegavano i territori tra Roma e Cadice. L’insieme di queste
regioni era infatti legato dal ricordo del passaggio di Ercole,
la cui figura simbolica non fu estranea tra l’altro alla politica
del culto imperiale promossa da Augusto. È comunque assai
difficile individuare il tracciato originario di tali percorsi, che
possono essere interpretati come vie che si sono evolute
nel tempo sino alla creazione della via Iulia Augusta e la cui
percorrenza regolare è attestata non prima della conquista
romana della Spagna. Solo a partire dal 123 a.C., secondo
Strabone (Geografia IV, 6, 3, 63 a.C. - 20 d.C.), venne infatti
assicurata la libera circolazione tra Italia e Spagna, tramite
un percorso già utilizzato in epoca più antica: ancora nel
191 a.C. infatti il governatore romano della Spagna era
stato attaccato dai Liguri sulla strada della sua provincia e
costretto a rifugiarsi a Marsiglia, dove tre giorni dopo morì
per le ferite riportate.
Anche la strada da Piacenza al Rodano fu a sua volta molto
frequentata già a partire dal II secolo a.C., anteriormente
quindi alla creazione delle prime vie romane. Nel 154 la
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spedizione di Opimius tra il Var ed Argens iniziò da Piacenza
(Placentia) e seguì il percorso della futura via Iulia Augusta,
reso praticabile fino al Var in seguito alla disfatta degli
Ingauni e degli Intemelii (181-180 a.C.). Tale percorso si
sovrapponeva, tra Piacenza e Tortona (Dertona), con la via
Postumia - costruita nel 148 dal console Spurius Postumius
Albinus tra Genova ed Aquileia per Piacenza e Cremona - e,
tra Tortona e Vado, con la via Aemilia Scauri, realizzata tra il
115 e 109 a.C.
Nel 125 le truppe romane, che attaccarono prima i Salyens,
poi i Voconces (Vaison, Die) e gli Allobrogi (Vienna,
Grenoble, Ginevra), transitarono nuovamente lungo la costa.
Carta d’Italia (copia del XIV sec.) successiva al geografo Tolomeo (II sec.)
Nel 49 le legioni pompeiane di Afranius, sconfitte da Cesare,
seguirono questa strada dalla Spagna fino al Var, dove
deposero le armi. Altre vicende politiche occorse nel 44-43
a.C. interessarono questa via attraverso il Foro Voconii e
Fréjus e dimostrano ulteriormente che il suo percorso era
già tracciato e usato prima della sua istituzionalizzazione da
parte di Augusto. Da ciò è possibile affermare che anche i
castellari preromani della zona fossero già in relazione con
questo tracciato stradale e solo una migliore conoscenza
di questi siti permetterà di precisare il ruolo economico,
politico e militare svolto dall’antico itinerario.
15
VI
VI
La via Iulia
Augusta, prima via
transalpina
Il nome della via Iulia Augusta è giunto sino a noi tramite i
cippi miliari fatti erigere nel 125 d.C. dall’imperatore Adriano
che, su di essi, dichiara di aver provveduto al “restauro, dal
fiume Trebbia, della via Iulia Augusta che era scomparsa per
effetto della vetustà”. Secondo l’uso romano, la via aveva
Carro trainato da asini
preso il nome dal suo fondatore Augusto che succedeva
così ad Ercole, sovrapponendo il suo nome alla preesistente
“via erculea”. Nonostante siano numerose le strade
realizzate da Augusto, solo in questo caso la via recava il
nome dell’imperatore, probabilmente al fine di sottolineare
il valore simbolico e l’importanza di questa strada, che
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metteva in collegamento Aquileia con la Gallia, l’Adriatico
con il Mar Tirreno. I cippi miliari più antichi recano i titoli e
gli appellativi dell’imperatore Augusto e sono databili tra il 1
luglio del 13 ed il 6 marzo del 12 a.C., contemporanei quindi
a quelli collocati nel tratto tra il Var e le valli del Rodano,
dove la via si connetteva con la via Domitia (tra i Pirenei
e il Monginevro) e la via di Agrippa (verso Boulogne-surMer via Lione ed Autun). La via Iulia Augusta collegava i
territori italici con quelli della Gallia e il confine si trovava tra
il Paillon e il Var, come confermato dalle iscrizioni sui cippi
che recano le distanze misurate da Roma, tra Piacenza ed il
Paillon, e quelle dalla città principale attraversata dalla strada
nel tratto compreso tra Antibes ed il Rodano.
Il nome via Iulia Augusta indicava dunque in senso stretto
la strada compresa tra il Var (o il Paillon) e Piacenza (fiume
Trebbia) attraverso la costa ligure, Vado Ligure e Tortona. Le
distanze da Roma indicate dai cippi miliari furono misurate
seguendo la via Aemilia da Piacenza a Rimini e a Fano, poi
da lì a Roma seguendo la via Flaminia.
Il nome di “via Aurelia”, citato dai documenti del IV secolo
d.C., non indica un’altra via, ma è la denominazione usata
per caratterizzare il tracciato costiero che da Roma seguiva
la via Aurelia (fatta costruire dal console Aurelio Cotta nel
241 a.C.) propriamente detta fino a Genova e Vado, poi la
via Iulia Augusta ed il suo prolungamento fino al Rodano.
Nel 13-12 a.C. la via Iulia Augusta costituiva la sola strada
romana che permetteva l’attraversamento delle Alpi
Meridionali in ogni stagione dell’anno, in quanto il valico
del Monginevro fu aperto solo dieci anni più tardi, nel 32 a.C. e ciò spiega anche la necessità di mantenere una
guarnigione a Cimiez (Cemenelum) fin verso il 100 d.C. La
via venne restaurata nel 125 e nel 213 d.C., in occasione
rispettivamente del ritorno dell’imperatore Adriano a
Roma nel 125 e del suo viaggio in Transpadana nel 127
e, successivamente, del passaggio di Caracalla in questi
territori nel 212-213 d.C.
17
VII
VII
La carreggiata e
LE INFRASTRUTTURE
della Via Iulia
Augusta
Resti della via Iulia Augusta sono stati messi in luce da
scavi archeologici solo nei pressi de La Turbie e nella piana
del torrente Latte a Ventimiglia. Nei tratti pianeggianti,
la via era in genere costituita da un semplice insieme di
ghiaie (glarea), mentre nei tratti costieri era pavimentata,
ma non lastricata, al fine di limitarne l’erosione; aveva una
larghezza media di m 2,2, corrispondente a circa 7 piedi
romani, ed era dotata di due marciapiedi (margines) di 50
cm che servivano a stabilizzarla lateralmente e a permettere
la circolazione dei pedoni; la sua inclinazione poteva
raggiungere la pendenza del 17%.
La larghezza massima di una via romana poteva raggiungere
anche i 6 m, ma di solito non superava i 4 e raramente era
inferiore a 3, in quanto una dimensione minore non avrebbe
consentito l’incrocio di due carri. Le notevoli pendenze e
la larghezza limitata della via Iulia Augusta la rendevano
assimilabile sia ad una mulattiera che a una strada vera e
propria, e nei tratti in cui era carrozzabile lo era spesso ai
limiti della possibilità di traino.
Il carattere accidentato del suo tracciato richiese numerosi
accorgimenti: lo scavo del sostrato roccioso e la costruzione
di muri di sostegno furono necessari in diversi punti e
ne sono rimaste tracce a Ventimiglia, nei pressi di villa
Hanbury e ai Balzi Rossi, e a Saint Pierre nel vallone della
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Trinité. Fu anche necessario costruire numerosi ponti
con muratura in piccole pietre regolari, detta in “opus
vittatum”, molti dei quali sono ancora visibili nei territori
a levante di Ventimiglia, come per esempio nel retroterra
del Finale. Nella zona interessata dal progetto, non si è
conservato alcune ponte: ne esisteva forse uno sul Roja a
Ventimiglia e un altro al Ramingau, nella verticale di Cabbé
(Roquebrune) dove, a valle del ponte oggi detto “romano”
- che romano certamente non è -, sono visibili le tracce di
possenti spallette
sicuramente riferibili
ad una struttura
più antica. Locande
(mansiones,
tabernae) e stazioni
di sosta per il
cambio dei cavalli
(mutationes)
dovevano
completare il
percorso stradale,
insieme a strutture
private aperte al
viaggiatore e ad
altre riservate alla
posta imperiale
(cursus publicus)
e allo spostamento
dei rappresentanti
dello Stato, ma
nessuna di queste
La via romana (Giardini Hanbury)
è stata sinora
individuata lungo il nostro percorso. La via era delimitata da
cippi, collocati in teoria ogni mille passi, ossia ogni 1478 m,
detti “cippi miliari” (lapides milliariae) o più semplicemente
“pietre” (lapides) o “miliari” (milliarium).
19
VIII
VIII
Caracalla (Ventimiglia, S.Michele):
I cippi miliari:
segnali stradali
e monumenti
della propaganda
imperiale
I cippi miliari della via
Iulia Augusta furono
fatti collocare da tre
imperatori: Augusto,
Adriano e Caracalla.
Di forma troncoconica
(quelli fatti sistemare
da Augusto) o
cilindrica (quelli di
Il cippo miliare di Caracalla - Chiesa di San Michele
Adriano e Caracalla),
recano un’iscrizione nella cui prima parte veniva indicato il
nome e le cariche dell’imperatore che li aveva fatti apporre,
attraverso cui è possibile risalire alla loro datazione; nella
seconda parte veniva segnata la distanza da Roma espressa
in miglia che, oltre a fornire delle indicazioni pratiche,
serviva anche a sottolineare l’appartenenza della via alla rete
stradale romana.
Augusto (Ventimiglia, S.Michele):
20
IMP•CAESAR
AVGVSTVS•IMP•X
TRIBVNICIA•
POTESTATE•XI
L’imperatore Cesare Augusto,
chiamato imperatore per la
10A volta, riveste la sua 11A
potenza tribunicia.
DXC
590
IMP•antoninvs
piVS•felix•avg
poni•cvravit
DXC
L’imperatore Antonino
Pio, Felice, Augusto, ha
fatto posizionare (questa
colonnina).
590
I cippi miliari di Adriano sono assai particolari in quanto
ricordano il restauro della via promosso dall’imperatore
e forniscono l’indicazione delle distanze dall’inizio della
strada nei pressi del fiume Trebbia a Piacenza e anche da
Roma. Essi sono conservati soltanto nelle due rampe che
conducono “in Alpe Summa” a La Turbie, forse perché
questo segmento della via, che culminava al Trofeo
di Augusto, conservò per lungo tempo un significato
simbolico particolare. Proprio in questo tratto sono stati
eccezionalmente rinvenuti tutti i cippi miliari originari fatti
apporre da tutti i tre gli imperatori, attualmente conservati in
diversi musei.
Adriano (Museo di Cimiez):
IMP·CAESAR·DIVI
TRAIANI·PARTHICI·F
DIVI·NERVAE·N·TRAIA
NVS·HADRIANVS·AVG
PONT·MAX·TRIB·POT·IX
COS·III·VIAM·IVLIAM
AVG·A·FLVMINE·TREB
BIA·QVAE·VETVSTATE
INTERCIDERAT·SVA
PECVNIA·RESTITVIT
L’imperatore Cesare Traiano
Adriano Augusto, figlio del divino
Traiano Parthico, nipote del divino
Nerva, sovrano pontefice, rivestito
del suo 9° potere tribunicio, tre
volte console, ha restaurato a sue
spese, dal fiume Trebbia, la via Iulia
Augusta, che era scomparsa
per effetto della vetustà.
DCV
605
I cippi miliari di Adriano mettono l’accento sulla sua
legittimità dinastica, sulla sua immagine di continuatore
dell’opera di Augusto, di cui ricordano devotamente il
nome della via, e sul ruolo di benefattore dell’Italia svolto
dall’imperatore, che attraverso il restauro dell’antica strada,
preparava la sua venuta in Transpadana (127 a.C.).
21
IX
IX
Un ruolo limitato
nell’economia
locale
La via Iulia Augusta non svolse solamente un ruolo militare
o simbolico, ma ebbe anche un importante peso nello
sviluppo economico dei siti che attraversava, pur nei limiti
dei trasporti
terrestri allora
esistenti.
Il percorso
stradale, stretto
e accidentato,
poneva senza
dubbio l’itinerario
terrestre in
una posizione
sfavorevole
Un fusto di colonna della cava del Giustiziere ed il Trofeo rispetto alla
delle Alpi sullo sfondo (La Turbie)
concorrenza delle
vie marittime, ma manteneva una considerevole importanza
politica e amministrativa, in quanto rappresentava un
collegamento permanente tra l’Italia e le province occidentali
dell’impero (Gallia, Spagna e anche la Germania),
percorribile in tutte le stagioni dell’anno.
Dal punto di vista strettamente economico, la via Iulia
Augusta svolse un ruolo limitato ai traffici locali e poche
furono le merci commercializzate lungo questo asse
22
stradale: la diffusione
della pietra di La
Turbie attraverso di
essa costituisce di
per sé un’eccezione
notevole, pur
tenendo conto che
questo commercio
interessò solo località
vicine fra loro e
fu probabilmente
La cava del Giustiziere (La Turbie)
collegato anche con
le vie marittime, più idonee al trasporto dei materiali pesanti.
La costruzione del Trofeo delle Alpi comportò l’apertura di
numerose cave per l’estrazione del calcare de La Turbie,
accanto a uno o più giacimenti non ancora ben localizzati
da cui veniva estratta la “breccia” de La Turbie che servì a
decorare le terme di Cimiez. Ma la cava più importante e più
a lungo sfruttata fu quella situata nei pressi del “Giustiziere”
nelle vicinanze de La Turbie, poco distante dal cippo miliario
con indicata la distanza di 603 miglia e dall’attuale cappella
di Saint-Roch: da essa venne estratto un calcare di ottima
qualità, che fornì il supporto utilizzato per la maggior parte
delle iscrizioni individuate tra Ventimiglia e Cimiez e servì
anche per pavimentare le strade e decorare i principali
monumenti di questa regione. Tale cava, che deve il suo
nome alla presenza di una forca collocata molto più tardi
nelle sue vicinanze, rifornì, attraverso la via Iulia Augusta,
i grandi cantieri che si aprivano nel territorio dell’antico
municipium romano di Ventimiglia. E’ noto che nell’antichità
i luoghi di produzione e di estrazione dei materiali da
costruzione, pesanti e di basso costo, furono in genere
sistemati nelle vicinanze delle vie di comunicazione; nel
nostro caso è anche probabile che esistesse una stazione
marittima tra Monaco e Ventimiglia, al fine di ridurre i tempi
e i costi del trasporto terrestre di tali materiali.
23
X
X
La concorrenza
dellE viE marittimE
E’ noto che in
età romana le vie
terrestri subirono la
concorrenza delle vie
d’acqua, sia fluviali
che soprattutto
marittime. Il rapporto
di 1 a 50 tra i costi del
trasporto marittimo
Veduta dal forte dell’Annunziata verso Capo Mortola rispetto a quello
terrestre indicato dalle
fonti antiche, deve essere considerato con cautela, ma rivela
comunque la sproporzione esistente tra i due diversi sistemi
di veicolazione delle merci e delle persone. La principale
causa di questo scarto risiedeva nella capacità di carico
infinitamente superiore delle navi: perfino in una regione
come la Liguria, in cui il commercio costiero doveva essere
effettuato prevalentemente tramite piccole imbarcazioni a
propulsione mista, i costi del trasporto marittimo erano
notevolmente inferiori a quelli del trasporto terrestre,
soprattutto nei casi in cui la strada si snodava su terreni
accidentati e con numerosi dislivelli.
Il porto più importante tra Ventimiglia e Nizza (portus
Nicaeensium) citato dalle fonti della prima età imperiale, fu
24
quello di Monaco (porto di Ercole Monoïkos), ma nella tarda
antichità l’Itinerario Marittimo segnala in questo tratto di
costa altri tre “porti” (o meglio ripari naturali): Avisone (StLaurent-d’Eze?), Anaone (St-Jean?) e Olivula (Villefranche),
mentre Ventimiglia e
Nizza sono entrambe
indicate come “plagiae”,
cioè spiagge.
Lo studio dei materiali
di importazione,
soprattutto ceramici,
ha dimostrato una loro
commercializzazione
omogenea sui siti
costieri e ciò è a
sua volta indice del
predominio delle vie
marittime a discapito
Nave da carico
della via Iulia Augusta: a
confronto con le altre vie
transalpine il ruolo di questa strada appare decisamente
secondario nei trasporti su grande distanza, anche e
soprattutto a causa della qualità scadente della rete viaria e
della concorrenza insuperabile rappresentata dagli scambi
marittimi.
Sembra che persino i viaggiatori, malgrado i rischi,
preferissero in genere l’itinerario marittimo al percorso
terrestre rappresentato dalla via Iulia Augusta nel tratto che
attraversava la Liguria, descritta dagli autori antichi come
una terra arretrata e poco interessante. L’imperatore Claudio,
per il suo viaggio alla conquista della Bretagna, aveva optato
per la via marittima, ma essendo stato duramente colpito
da due bufere di maestrale, la prima tra Monaco e Nizza e la
seconda presso le isole d’Hyères, giurò che non sarebbe più
ritornato in quei luoghi e rientrò a Roma via terra passando
dal Monginevro.
25
XI
XI
Il tracciato della
via Iulia Augusta
tra IL Paillon e I
balzi rossi
Dal Paillon a Cabbé, nel comune di Roquebrune, si conserva
una serie completa ed eccezionale di cippi miliari. Anche
se solo per quelli recanti la distanza da Roma in 600 e 606
miglia si può stabilire con certezza la posizione originaria,
il loro insieme permette di ricostruire assai fedelmente il
tracciato della strada romana che si snodava lungo il Paillon
fino alla “villa Lumone” di Roquebrune.
Il primo cippo venne scoperto in occasione dei lavori della
stazione di Cabbé ed era in origine collocato in una zona
più a monte, nel vallone di Ramingau a Roquebrune; un
altro gruppo di tre cippi con la distanza di 606 miglia era
in origine posizionato 160 m ad ovest dell’attuale casello
autostradale della bretella di Monaco.
La via Iulia Augusta risaliva quindi la sponda sinistra del
vallone di Laghet, seguendo un tracciato assai prossimo a
quello dell’attuale autostrada e raggiungeva La Turbie; da lì
ridiscendeva per la strada di Saint-Roch fino all’omonima
cappella e proseguiva in direzione di Font-Divine dove,
probabilmente, si trovava il cippo con la distanza 602, quindi
verso la Veille, da cui provengono i tre cippi 601; si dirigeva
quindi verso il Ramingau, forse pochi metri a valle del ponte
detto “romano” e a monte della stazione di Cabbé. Da lì
puntava verso villa Lumone, dove ad alcune decine di metri
a sud-est del monumento, doveva essere collocato il cippo
26
con la distanza di 599 miglia. La strada continuava poi nei
pressi del castello di Carnolès dove, fino al secolo scorso,
erano ancora visibili importanti vestigia di età romana.
Il seguito del tracciato fino ai Balzi Rossi è totalmente
ipotetico, ma è probabile che sia riecheggiato dall’attuale
percorso della ferrovia e da quello della strada ancora oggi
denominata “via romana”.
Gli antichi assi di comunicazione (vie terrestri e marittime)
da una parte e dall’altra del colle di La Turbie.
(DAO Sophie Binninger)
via Iulia Augusta
Cippo
Struttura stradale
Comunicazioni marittime
Lastroni della via
27
XII
XII
IL TRACCIATO DELLA
VIA IULIA AUGUSTA
NEL TERRITORIO DI
VENTIMIGLIA
Lasciati i territori del municipium di Albingaunum (Albenga)
nei pressi dell’attuale torrente San Lorenzo ad ovest della
antica Villa Matuziana (San Remo), la via Iulia Augusta
proseguiva il suo percorso verso l’altra capitale della
Liguria di ponente, Albintimilium, come testimoniato dalla
notizia del ritrovamento, nei pressi dell’attuale centro di
Bordighera, di un cippo miliario, oggi scomparso, fatto
apporre dall’imperatore Caracalla e di una tomba romana ad
incinerazione del II secolo d.C., affiancata verso la fine del
II/inizi del III d.C. da un’altra sepoltura ad inumazione.
Attraversato, tramite un guado oggi scomparso, il torrente
Verbone a Vallecrosia, la via Iulia Augusta proseguiva verso
la città di Albintimilium, secondo un percorso pressoché
coincidente con l’attuale “Strada Romana”, il cui toponimo
evoca l’antico tracciato, documentato anche dalla presenza
di un piccolo nucleo di tombe tardo-antiche individuate ai
suoi lati (area ex fornace Tonet) e da un’arula romana con
dedica ad Apollo ritrovata murata nel campanile della chiesa
di San Rocco a Vallecrosia.
Oltrepassata la porta orientale, la via entrava in città e il suo
percorso veniva a coincidere con il decumano massimo,
il principale asse viario urbano con andamento est-ovest,
ancora oggi visibile a nord della c.d. “domus del cavalcavia”
e del teatro che, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C.,
28
venne edificato nell’angolo nord-occidentale del perimetro
urbano, sovrapponendosi all’antico circuito murario di età
tardo-repubblicana (80-60 a.C.). Il decumano, largo circa
m 3, era lastricato con grandi blocchi di calcare provenienti
dalla vicina cava de La Turbie, che conservano ancora i
fori utilizzati per il loro trasporto e i segni di lavorazione;
presenta ai suoi lati, perfettamente conservati, i marciapiedi
(crepidines) e al centro il condotto fognario (cloaca
maxima), utilizzato per raccogliere le acque di scarico,
e reca ancora visibili i solchi lasciati dalle ruote dei carri
che lo percorrevano. La città romana, sorta agli inizi del
II secolo a.C., nella piana alluvionale del torrente Nervia,
si sovrappose in parte ai resti del primitivo oppidum dei
Liguri Intemeli, conosciuti anche attraverso le fonti antiche,
che intrattennero rapporti commerciali con l’area tirrenica
e anche con la vicina colonia greca (focese) di Marsiglia
(antica Massalia). Albintimilium visse il suo periodo di
maggior prosperità nei primi tre secoli dell’Impero, epoca in
cui vennero edificate le grandi terme pubbliche decorate con
pavimenti a mosaico, le domus, il teatro, oggi conservato
solo nella cavea inferiore, le insulae, delimitate dall’incrocio
29
XII
XII
ortogonale degli assi
stradali, i decumani
(est-ovest) e i
Le insulae della città romana di Albintimilium
cardini (nord-sud),
e l’acquedotto, conservato presso la riva destra del Nervia,
lungo la strada per Camporosso.
Nonostante le invasioni degli inizi del V secolo, che
lasciarono estese tracce di distruzione e incendi, la
città seppure in parte destrutturata e con ampie zone
abbandonate, occupate anche da sepolture, proseguì la
sua vita in piano, divenendo sede di un castrum militare
bizantino (VI secolo-prima parte VII d.C.), e dotandosi anche
di un primitivo edificio
di culto cristiano, di cui
si sono perse le tracce;
alla metà del VII secolo,
la invasione longobarda
guidata da Rotari (643
d.C.) rese precaria la vita
nella piana a fianco del
torrente Nervia e provocò il
progressivo spostamento
della città in posizione
più elevata, e quindi più
Veduta delle terme della difendibile, sulla collina a
città romana di Albintimilium
ponente del fiume Roia,
dove poi si svilupperà la città medievale.
Lungo il prolungamento della strada verso occidente,
lasciata la cd. “Porta di Provenza”, gli scavi iniziati alla
metà del XIX secolo
e proseguiti sino
ad oggi, hanno
posto in luce
un’estesa necropoli
monumentale a
recinti con tombe ad
30
Il servizio da viaggio recuperato nella tomba
142 dalla necropoli occidentale di Ventimiglia
incinerazione, che hanno anche restituito notevoli corredi
funebri, con suppellettili in ceramica, vetro, e metallo; tra
quest’ultimi si segnala un prezioso oggetto in argento, il cd.
“servizio da viaggio”, sorta di strumento multiuso, dotato
di coltellino, forchetta, punteruolo e altre lame. Analoga
necropoli, seppur di dimensioni minori per la vicinanza del
torrente, doveva svilupparsi a est della città, fuori le mura,
da cui nel 1913 venne recuperata la base onoraria del più
illustre cittadino di Albintimilium, Marco Emilio Basso che,
dopo aver ricoperto prestigiose cariche nell’esercito romano
nella Germania inferiore tra il Reno e il Danubio, al culmine
della sua fulminante carriera nell’amministrazione imperiale,
divenne governatore della Giudea.
Ad occidente, l’estensione della necropoli, che ci indica
anche il percorso dell’antica via, giungeva almeno sino
all’altezza della
chiesa e del
convento di
Sant’Agostino (fine
XV secolo), nei
cui pressi vennero
scoperte lapidi e
resti riferibili alla
strada romana, tra
cui un cippo miliario
dell’imperatore
Particolare del cippo miliare
Caracalla oggi
della cripta dell'antica chiesa di San Michele
scomparso.
Attraversato il fiume Roia, la via risaliva verso il colle
dove sorgerà la città medievale, probabilmente al di sotto
della regione Cavo sul fianco prospiciente il fiume, sino
a coincidere con l’attuale corso Garibaldi o via Piemonte,
come testimoniato dai tre cippi miliari reimpiegati all’interno
e nella cripta dell’antica chiesa di San Michele risalente all’XI
secolo. Riferiti l’uno all’imperatore Augusto, cui si deve
tra il 13-12 a.C. la costruzione della strada probabilmente
31
XII
XII
su più antichi percorsi, gli altri due a Caracalla che la fece
restaurare nel 213 d.C. in occasione del suo viaggio verso
la Gallia, recano, oltre al nome dell’imperatore, anche
l’indicazione della distanza da Roma, calcolata in 590 miglia,
pari a circa 873 chilometri (1 miglio romano corrispondeva
a circa a 1478 metri). Il percorso
della via romana nel centro
storico medievale veniva ancora
ricordato da un documento del
XIII secolo che cita appunto in
questa zona il passaggio della
cd. “via antiqua”.
Abbandonato il centro
medievale, più incerto rimane
il percorso della strada,
tradizionalmente fatta coincidere
con il tracciato ancora in uso
nel Duecento, quando venne
Porta Canarda
edificata la “Porta Canarda” con
la porta doppia ad arco gotico, per poi proseguire in piano
nell’incanto della piana di Latte, dove si conservano visibili
ancora alcuni tratti dell’antico selciato o forse di strutture
ad esso prospicienti lungo il muro di delimitazione a nord
dell’attuale “Strada antica romana”, il cui nome suggerisce e
rammenta l’antico percorso.
I recenti scavi condotti dalla
Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Liguria nei
pressi di Villa Eva che hanno
portato alla scoperta di un
insieme di strutture riferibili a
una villa marittima della prima
età imperiale, confermano
l’occupazione della piana
già in età romana lungo il
Giardini Hanbury
32
percorso della strada, in
cui la tradizione colloca
la dimora di Iulia Procilla,
la madre di Gneo Giulio
Agricola, grande generale
romano conquistatore
della Britannia e suocero
dello storico Tacito, che
Le caverne dei Balzi Rossi
venne trucidata nel 69
d.C. in città durante i disordini scoppiati alla morte di
Nerone tra le fazioni che sostenevano Otone e Vitellio,
prima dell’affermarsi della dinastia flavia con l’imperatore
Vespasiano.
Il percorso della via proseguiva quindi verso il confine, nella
piccola zona pianeggiante in prossimità del mare, seguendo
l’andamento geomorfologico della costa; un ampio tratto
dell’antico selciato glareato può essere ancora individuato
nei pressi dei Giardini Hanbury, sino allo sbocco a ovest
della Galleria “La Mortola”, in un bellissimo itinerario
sospeso tra il mare e la
vegetazione mediterranea
(pini d’Aleppo, lentischi,
arbusti), che vale la pena
percorrere e ripercorrere
in tutte le stagioni, e
poco distante da un
insediamento preistorico
risalente al mesolitico
Giardini Hanbury
antico (ca. 7000 anni
a.C.). Un’altra traccia del suo percorso è sicuramente
rintracciabile nei pressi delle famose caverne dei Balzi
Rossi, occupate dall’uomo sin dal Paleolitico inferiore (circa
250.000 anni fa), dove, nel tratto sottostante la Grotta del
Principe e la Barma Grande, la cd. “tagliata” testimonia
ancor oggi l’antico itinerario quasi in riva al mare, ancora
rilevato dalla cartografia settecentesca.
33
XIII
XIII
La facciata restaurata
del monumento
Il Trofeo
delle Alpi
Il Trofeo sorge sul luogo indicato dalle fonti antiche
come in “Alpe Maritima” o “in Alpe Summa”. Esso è
indissolubilmente legato a Monaco, dove gli antichi
ponevano l’estremità delle Alpi e il culto di Héraklès
Monoïkos, il cui tempio celeberrimo doveva dominare il
Trofeo.
Quest’ultimo, a differenza di quello fatto erigere da Pompeo
Magno nei Pirenei, era stato dedicato dal Senato e dal
popolo romano ad Augusto nel 7-6 a.C., periodo in cui il
culto dell’imperatore era particolarmente sentito.
Destinato alla commemorazione della conquista delle
Alpi, esso si inseriva anche nell’opera di divinizzazione
dell’imperatore.
Il monumento, attualmente in corso di studio, ha subito
molti restauri all’inizio del secolo scorso, talvolta arbitrari,
ma le linee principali della sua architettura restano ancora
ben evidenti: un basamento quadrato che regge un corpo
cilindrico cinto da un colonnato.
Il basamento era costituito da diversi pannelli realizzati con
tecniche differenti e decorati con scene di trofei d’armi e di
popoli vinti. Nel Medioevo fu trasformato in una fortezza che
venne smantellata nel 1705 per ordine di Luigi XIV. Il suo
restauro, iniziato nel 1858, è legato ai nomi degli architetti
Jean-Camille e Jules Formigé.
34
L’iscrizione dedicatoria
del Trofeo.
Il testo, giunto a noi
assai frammentario, è
stato completamente
ricostruito grazie alla
descrizione riportata
dallo storico e naturalista
Plinio “Il Vecchio”, morto
nel 79 d.C. durante
l’eruzione del Vesuvio, mentre era al comando della flotta di
Miseno. La prima parte dell’iscrizione indica l’oggetto della
dedica, cioè lo stesso Augusto, e menziona i suoi titoli; la
seconda parte elenca da est ad ovest i popoli sconfitti.
All’imperatore Cesare Augusto, figlio del divino Giulio, Grande
Pontefice, acclamato imperatore per la quattordicesima volta, ed
investito del suo diciassettesimo potere tribunicio, il Senato ed il
Popolo Romano, perché, sotto la sua condotta ed i suoi auspici, tutte
le tribù alpine che si estendevano dal mare Superiore [= l’Adriatico] al
mare Inferiore [= il Tirreno] sono state poste sotto l’impero del Popolo
Romano.
Popoli alpini sconfitti: Trumpilini, Camunni, Vennoneti, Venosti, Isarchi,
Breuni, Genauni, Focunati, i quattro popoli dei Vindelici (Cosuaneti,
Rucinati, Licati, Catenati), Ambisonti, Ruguschi, Suaneti, Caluconi,
Brixeneti, Leponti, Uberi, Natuati, Seduni, Varagri, Salassi, Acitavoni,
Medulli, Ucenni, Caturigi, Brigiani, Sogionci, Brodionci, Nemaloni,
Edenati, Vesubiani, Veamini, Galliti, Triullati, Ecdini, Vergunni, Eghi, Turi,
Nematuri, Oratelli, Nerusii, Velauni, Suetri.
35
XIV
XIV
IL MONT
DES MULES
Le popolazioni
preromane della
costa, indicate
convenzionalmente
con il nome di
Celto-Liguri, hanno
lasciato una forte
impronta nel
Paramento esterno del bastione protostorico
paesaggio tramite
una fitta rete di fortificazioni di altura tradizionalmente
denominate “castellari” oppure “oppida”, in origine indicate
dai romani con il termine di “castella”.
La tipologia di questi siti è talmente caratteristica da
consentirci di parlare di “civiltà degli oppida”, definizione
che per la varietà e l’ampiezza della cronologia di tali
insediamenti, comporta tutta una serie di significati.
Queste imponenti e spesso spettacolari fortificazioni, in
alcuni casi prive di resti di abitazioni vere e proprie, le
cui funzioni si sono probabilmente evolute nel tempo,
testimoniano le condizioni di insicurezza di quel periodo e
il prestigio dei capi tribù che esercitavano la loro autorità
su di esse. Il fenomeno dei “castellari” di età preromana,
simile a quello dell’incastellamento medievale, pare aver
subito un’accelerazione nel III secolo a.C., provocata
36
dall’esacerbarsi delle tensioni tra gli indigeni e i Marsigliesi
alleati di Roma per il controllo del commercio marittimo
e anche a causa dell’emergere
delle grandi confederazioni, come
quella degli Ingauni nella Liguria
italiana e dei Sali in Provenza; tale
tormentato periodo culminò nella
seconda guerra punica, che vide
le popolazioni locali allearsi con i
Cartaginesi contro Roma.
Il Mont des Mules, non ancora
indagato archeologicamente, fa
parte della catena dei “castellari”
liguri e fu frequentato a partire
dal 250-200 a.C. I muraglioni
Un sito che costituisce
un belvedere straordinario
di cinta non sono stati ancora
scoperti e le sue vestigia si
limitano oggi ai resti di un bastione, che assume la forma
di un arco di cerchio che poggia su un dirupo utilizzato
come fortificazione naturale; la struttura, costituita da due
paramenti di grandi blocchi grossolanamente squadrati,
delimitava un’area di 6000 m2, tipica di questo tipo di siti.
Nell’angolo a nord-ovest, dove probabilmente era collocata
la porta originaria, si conserva una struttura quadrata molto
rimaneggiata, assimilabile a una serie di monumenti del
II-I secolo a.C. interpretati come sacrari. Le ultime tracce di
frequentazione del castellaro di Mont des Mules risalgono al
I secolo d.C., a romanizzazione ormai avvenuta.
Vista dei
bastioni in
direzione di
Monaco
37
xv
xv
Particolare della
decorazione del piano
alto, in reticolato
policromo
Il monumento
funerario della
“villa Lumone”
L’elegante
facciata
policroma del
monumento
della “villa
Lumone”, che
fronteggiava
la via Iulia
Augusta,
Le tre absidi della facciata principale
costituisce
il fronte riccamente decorato dell’edificio funerario che
si sviluppava nella parte posteriore, in cui si conserva un
recinto aperto, chiuso sui tre lati: a sinistra, guardando la
facciata, si vede l’antico muro realizzato in piccoli conci
regolari allettati con calce (opus vittatum), nella parte
opposta permangono le tracce di un altro muro simmetrico,
oggi scarsamente conservato. La mancanza di cura per
i muri laterali suggerisce che questo monumento fosse
sistemato tra altri edifici simili, facenti parte di una più vasta
necropoli, la cui esistenza è confermata da altri indizi: essa
doveva svilupparsi nei pressi del cippo miliario DXCVIIII
(599) distante più di 50 m, e doveva essere collegata al
sito fortificato anticamente attestato a Torraca o ad un
altro insediamento o villa marittima che doveva sorgere in
38
questo contesto. La facciata
del monumento funerario,
fatto erigere da qualche
notabile locale, era articolata
su due piani e decorata
utilizzando materiali (pietre
e mattoni) di vari colori
e tramite l’associazione di tecniche costruttive diverse:
alternava dei corsi regolari di ciottoli (opus vittatum) a
filari di mattoni che segnavano la separazione dei due
piani, presentava dei motivi a losanga ripetuti nelle nicchie
laterali e al piano superiore, motivi che si riallacciavano
alla tecnica tipicamente italica delle file di blocchetti posti
in diagonale (opus reticulatum). Il suolo originario era più
basso e le nicchie della facciata presentavano tre panche
murate a disposizione del viaggiatore; i resti di pittura visibili
nell’abside centrale
appartengono
probabilmente ad
una successiva
riutilizzazione del
monumento, forse
una cappella. La
stessa alternanza
di tecniche e motivi
decorativi era
conservata al piano
superiore: due
murature rettangolari
con losanghe
Opus reticulatum policromo
a scacchiera
fiancheggiavano la muratura centrale costruita in toutvenant (materiale alla rinfusa), che doveva essere
originariamente completata con un rilievo o piuttosto con
una lastra di marmo commemorante l’identità e i meriti del
proprietario del monumento funebre.
39
xvi
xvi
IL Museo dI
preistoria
regionale di
MentonE
Il Museo di Preistoria Regionale di Mentone è sistemato
in un edificio costruito nel 1909 per ospitare le collezioni
del museo municipale la cui istituzione risale al 1878. Deve
il suo nome attuale
ad un’esposizione
permanente realizzata
da Henry de Lumley ed
inaugurata nel 1988, in
cui sono presentate le
scoperte fatte nei diversi
siti preistorici delle Alpi
Marittime e della Liguria
che illustrano l’evoluzione
dell’uomo dagli inizi della
preistoria fino all’età del
Bronzo.
Lastra di colombario Il Museo possiede
(Necropoli di Ventimiglia)
inoltre delle raccolte
archeologiche che provengono da diversi siti della regione,
datati tra l’età del Ferro e l’alto Medioevo: si tratta dei corredi
in ceramica recuperati nella necropoli di Ventimiglia nel
XIX secolo da Stanislas Bonfils - primo conservatore del
Museo di Mentone -, dei materiali provenienti dagli scavi
di Johnston-Lavis nell’area della chiesa parrocchiale di
40
Beaulieu all’epoca della sua costruzione nel 1895, e di una
parte di quelli recuperati dal Comandante Octobon al MonteBastide di Eze, nella grotta Bianchi a La Colle-sur-Loup, nel
Castellaras di Escragnolles e dal sito di
Irougne a Ilonse.
Il nuovo allestimento sulle antichità
regionali, realizzato nell’ambito del
progetto “Via Iulia Augusta”, si inserisce
nel percorso cronologico dell’esposizione
sulla preistoria e permette di illustrare il
contesto nel quale si venne a inserire la
via Iulia Augusta dalla seconda età del
Ferro all’alto Medioevo.
Decorazione a matrice
Dopo un breve “excursus” storico
su una grande coppa
dall’età del Ferro alla tarda antichità,
(Beaulieu,
Alpes-Maritimes)
viene introdotto il tema dei popoli che
occupavano la regione prima della conquista romana
e quello dei castellari tra i quali si inserisce il Mont des
Mules di Beausoleil. La presentazione del Monte-Bastide
di Eze permette di illustrare la trasformazione da un
centro protostorico all’abitato romano, in parte dedito alla
produzione dell’olio di oliva. Un confronto è proposto con
Beaulieu, sede in età romana di un piccolo porto dove
transitavano notevoli quantità di merci destinate al mercato
locale. I reperti che provengono da Beaulieu e Ventimiglia
permettono di evidenziare le
principali classi di materiali presenti
nei siti archeologici della regione e
di rievocare i legami commerciali
che esistevano col resto dell’impero.
Infine sono illustrati i riti funerari
che documentano numerosi aspetti
della cultura romana, mentre la
presentazione dei corredi delle
sepolture di Irougne testimonia il
Brocca in ceramica comune
passaggio dall’antichità al Medioevo. (Necropoli di Ventimiglia)
41
xvii
I BALZI ROSSI
Tra i maggiori siti preistorici in Europa, i Balzi Rossi
conservano anche le tracce della via romana che portava in
Gallia: una continuità eccezionale in un luogo unico.
Abbandonato il Capo Mortola la
via Iulia Augusta continuava il
suo percorso verso Cemenelum
(Cimiez) e il fiume Varo,
probabilmente seguendo la
linea di costa e attraversando
la falesia dei Balzi Rossi. Oggi
è difficile ricostruire questo
ultimo tratto: la spiaggia si è
col tempo ristretta per l’azione
del mare e tutta la zona, a
partire dalla seconda metà
del XIX secolo, ha subito
molte alterazioni, prima fra
tutte la costruzione della linea
L'ingresso della Caverna Florestano
ferroviaria Ventimiglia-Nizza.
A questa prima trasformazione del paesaggio si sono
aggiunti l’insediamento di una cava di pietra, la costruzione
del Casinò dei Balzi Rossi (oggi sostituito da un residence
con ristorante sul mare) e le distruzioni della seconda
guerra mondiale di cui sono ancora visibili i resti di alcuni
42
xvii
apparati bellici. Data la particolare configurazione della
costa, prevalentemente rocciosa, è difficile ipotizzare la
sopravvivenza di tracce materiali della via Iulia Augusta, che
in questa zona poteva essere un semplice sentiero.
Attualmente l’unica testimonianza del percorso seguito, è
identificabile con “la tagliata”, tratto di roccia scavato per
permettere il passaggio della strada, situato a valle della
ferrovia, di fronte alla grotta del Principe.
Le caverne dei Balzi Rossi (in dialetto pietre rosse) devono
il loro nome al colore della parete rocciosa in cui si aprono.
Il complesso é composto da grotte e ripari - grotta del
Caviglione, grotta del
Bausu da Ture (oggi
non più visibile),
grotta dei Fanciulli,
Barma Grande,
grotta del Principe,
grotta del Conte
Costantini, grotta di
Florestano, Riparo
Bombrini e Riparo
Veduta dell'antica "tagliata"
Mochi -, al cui interno,
oltre ad un grande deposito di resti faunistici e strumenti in
pietra scheggiata lasciati dall’uomo preistorico in un arco
cronologico che va dal Paleolitico Inferiore (ca. 250.000
anni fa) al Paleolitico Superiore (da 35.000 a 10.000 anni
fa), sono state ritrovate diverse sepolture tra cui si segnala
la famosa ed eccezionale “triplice sepoltura”, costituita da
un adulto e da due adolescenti deposti insieme, cosparsi di
ocra rossa e accompagnati da un ricco corredo.
I reperti sono esposti nel Museo Preistorico dei Balzi Rossi
lungo un percorso di visita che si snoda tra il “museo
vecchio”, costruito da sir Thomas Hanbury nel 1898, dove
vengono illustrati i risultati degli scavi più recenti, il museo
nuovo, realizzato nel 1994, in cui viene presentata la storia
degli scavi del sito, e l’area archeologica delle grotte.
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xviii
xviii
I GIARDINI
HANBURY
Il tracciato della strada romana all'esterno dei giardini
I giardini Hanbury,
bene ambientale
e storico
straordinario,
sono un esempio
unico di giardino
botanico di
acclimatazione
di specie diverse
La villa al centro dei giardini
e conservano
i resti dell’antico percorso romano. Nella parte bassa del
giardino botanico, realizzato alla fine del XIX secolo da sir
Thomas Hanbury, ricco viaggiatore inglese, in seguito a
una sua vacanza in Costa Azzurra, è possibile osservare
un tratto di selciato della strada pubblica utilizzata fino
al 1836, il cui percorso coincide con il tracciato antico
della via Iulia Augusta. Nel 1965 Nino Lamboglia eseguì
un saggio di scavo lungo la strada pedonale fuori dai
giardini, a ponente del torrente Sorba, poco più a ovest
del capo Mortola, e individuò un segmento di strada
considerato antico, costituito da pietre informi arrotondate,
profondamente infisse nel terreno. Come nel tratto originale
romano conservato fra Albenga e Alassio, tale percorso è
caratterizzato da cordoli di pietra trasversali alla carreggiata
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per evitare lo scivolamento di carri e animali in salita.Tutto
ciò costituisce una traccia non trascurabile della viabilità
romana nella zona, o per lo meno di quanto ne è giunto fino
ai nostri giorni.
Nel 1867 Thomas Hanbury, colpito dal paesaggio e dal
clima di Capo Mortola, acquistò il terreno che oggi ospita i
giardini. Il fratello Daniel importò da regioni lontane piante
di notevole interesse botanico e farmaceutico. Vennero
costruiti o restaurati numerosi rustici, si realizzò una rete
idrica e fu restaurata Villa Orengo. Nel giardino, diviso
in aree specifiche per paesi e arricchito di viali, fontane,
oggetti d’antichità, sono presenti
numerose specie di piante
provenienti da tutto il mondo
come le palme delle isole
Mauritius, le felci arboree delle
foreste australiane, le piante della
flora subtropicale di Nairobi, le
cicadee dell’Estremo Oriente, una
collezione di aloe con scintillanti
fioriture invernali.
Una strelitzia nei giardini
45
xix
xix
LA PIANA DI LATTE
Le tracce della via romana si conservano in un angolo
di singolare bellezza: la piana del torrente Latte, luogo di
villeggiatura dall’antichità ai tempi moderni.
Dopo aver attraversato il fiume Roia e oltrepassato il
colle su cui sorgerà
il centro medievale di
Ventimiglia, la via Iulia
Augusta proseguiva a
ponente lungo il litorale
nella piana del torrente
Latte. Il suo tracciato
probabilmente non
conservava l’aspetto
monumentale del
decumano massimo di
Albintimilium, poiché
si doveva adattare ai
dislivelli, alle baie e ai
piccoli golfi caratteristici
di questo tratto di
Resti romani lungo la moderna
“Strada Romana Antica” Liguria. Nella piana di
Latte il suo tracciato è
ricordato ancora dalle fonti orali e toponomastiche, come
dimostra il nome “Strada Romana Antica” di una piccola via
46
tortuosa che si trova a sud della
Statale 1-Aurelia. Questa strada
parte all’altezza della casa vescovile
e arriva fino al torrente Latte, con
un percorso per lo più litoraneo
in cui si affacciano numerose ville
signorili. Alcuni saggi di scavo eseguiti negli anni ‘70 dalla
Soprintendenza Archeologica della Liguria hanno messo in
luce una parte del selciato della via romana, oggi sepolto
dall’asfalto che ha lasciato visibili soltanto alcune pietre
marginali poco oltre l’edificio denominato Villa Eva, riferibili
all’antica strada o piuttosto a strutture ad essa prospicienti.
Nella stessa area recenti indagini archeologiche hanno
individuato i resti di una costruzione di epoca romana
affacciata sul mare, la cui scoperta rafforza l’ipotesi di un
insediamento costiero a ovest di Ventimiglia. Si tratta di
una estesa struttura di forma allungata, suddivisa in almeno
due ambienti, le cui murature, realizzate in ciottoli di grandi
dimensioni, sono conservate solo in parte.
La vicinanza alla riva del mare ne ha reso possibile
l’interpretazione come una villa marittima e residenziale
provvista di un proprio approdo, oppure a un luogo di sosta
per i viaggiatori che lungo la via Iulia Augusta si recavano
in Gallia.
La piana
di Latte, con
sulla destra
Villa Eva
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xx
xx
Particolare del lato
occidentale di
Porta Canarda
PORTA CANARDA
La maestosa porta, ultima
fortificazione di Ventimiglia
verso occidente, secondo la
tradizione è stata costruita
sull’antico tracciato che la
via Iulia Augusta percorreva
verso la Gallia. Abbandonata
la collina su cui si estende
l’odierna Ventimiglia alta, la
Via continuava il suo percorso
restando in quota ancora per
un tratto, prima di iniziare
Il lato orientale di Porta Canarda la discesa verso la piana
del torrente Latte. Secondo
la tradizione locale, sulla strada romana che correva a
mezzacosta, al di sopra dell’attuale Statale 1- Aurelia, nel
corso del XIII secolo venne costruita, a scopo difensivo, la
Porta Canarda. Come si può vedere ancora oggi, la porta
si trova in una zona impervia e di difficile accesso: per
raggiungerla occorre abbandonare la Statale poco dopo
il Forte dell’Annunziata e percorrere sulla destra via alle
Ville. Dopo un breve tratto, si individua via Porta Canarda,
una breve salita pedonale che conduce alla fortificazione e,
attraversandola, prosegue verso ponente. Proprio questo
48
ultimo tratto, secondo
la tradizione, coincide
con l’antica via Iulia
Augusta.
Porta Canarda, costruita
nel XIII secolo, durante il dominio genovese, era in una
posizione strategica per il controllo dei confini occidentali,
verso la Francia e i domini sabaudi. La sua importanza per
Genova è testimoniata dal bassorilievo in marmo con le armi
del Banco di S. Giorgio posto sul lato occidentale.
La porta, a cui nel XVI secolo è stata sovrapposta una torre
di guardia, è realizzata in puddinga e ha un solo fornice con
arco acuto verso occidente. Una lapide ricorda il restauro
voluto da Thomas Hanbury nel 1887 e il passaggio di
illustri personaggi: Napoleone, l’imperatore Carlo V, Niccolò
Machiavelli, i Papi Innocenzo IV e Paolo III.
Veduta della Piana di Latte e del confine
49
xxi
xxi
Il museo civico
archeologico
“GIROLAMO Rossi”
In una posizione privilegiata, a picco sul mare, il Forte
dell’Annunziata ospita il Civico Museo Archeologico
“Girolamo Rossi”, che espone in sette sale molti reperti
importanti della città romana di
Albintimilium.
La maestosa struttura venne
fatta costruire dai Savoia nel
1831, assieme al sovrastante
Forte San Paolo, nel luogo dove
nel 1503 sorgeva il convento
dell’ordine dei Padri Minori
Osservanti della cui chiesa
conserva il nome. Usata come
fortezza all’interno del sistema
difensivo savoiardo, fu collegata
col forte S. Paolo tramite un
passaggio sotterraneo oggi non
Testa di Giunone Diademata
più visibile; conservò la sua
funzione militare ancora fino alla fine del XIX secolo e fu
usata come caserma (il giovane Camillo Benso di Cavour
prestò servizio di leva proprio qui a Ventimiglia), finché
fu abbandonata nel secondo dopoguerra. Dopo i lavori di
restauro, dal 1984 il forte ospita, nel piano rialzato, il Museo
Civico Archeologico intitolato al suo fondatore, lo studioso
50
locale Girolamo
Rossi (18311914) che dal
1880 raccolse nel
vecchio Municipio
a Ventimiglia Alta
i primi materiali,
Coppa vitrea con Ictiocentauro
soprattutto lapidi
e suppellettili in vetro e ceramica, provenienti dagli scavi
della necropoli romana che si sviluppava a ponente di
Albintimilium, lungo il percorso della via Iulia Augusta.
Nel museo sono esposti
ceramiche e vetri eccezionali,
la serie delle statuette
d’argilla, una raccolta di
iscrizioni tra le più importanti
della Liguria (il lapidario),
le sculture collezionate
da Thomas Hanbury nella
Veduta dal forte verso Capo Mortola
sua villa a La Mortola dove
realizzò i famosi Giardini Botanici, urne cinerarie, lucerne e
molti altri reperti unici per stato di conservazione e valore
estetico.
Il museo, dotato di una
attrezzata sala conferenze e
di moderni apparati didattici,
svolge un ruolo attivo di
polo culturale della città
moderna; oltre alle visite
guidate, ospita mostre a
tema, organizza attività
didattiche per le scuole,
conferenze e convegni. Nelle
sale a piano terra è allestito
uno dei punti informativi del
Veduta del forte dalla terrazza progetto “via Iulia Augusta”
51
xxii
I CIPPI MILIARI
DELLA CHIESA
DI SAN MICHELE
Dalla città romana di Albintimilium la via Iulia Augusta
proseguiva lungo l’attuale linea ferroviaria fino ad
attraversare il fiume Roia. Risalita la collina dove poi
sorgerà la Ventimiglia medievale,
la strada doveva grossomodo
coincidere con le odierne Via
Garibaldi o Via Piemonte; citata
ancora da un atto notarile del 1258
con il nome di “via antiqua”, essa
proseguiva verso la duecentesca
Porta Canarda, ridiscendendo
verso la piana del torrente Latte.
Testimonianza importante del
passaggio della via Iulia Augusta
in questa zona sono i cippi miliari
iscritti che si trovano nella chiesa di
S. Michele a Ventimiglia alta.
Il cippo miliare di Augusto
I cippi miliari sono colonnine di
pietra poste ai bordi delle strade, con la funzione di indicare
le miglia trascorse dall’inizio della strada e dalle città più
vicine (da qui il nome miliario; un miglio misura 1478
metri). Il cippo più antico, posto a destra dell’entrata della
chiesa, fu messo in opera in occasione della costruzione
della via voluta dall’imperatore Augusto tra il 13 e il 12
52
xxii
avanti Cristo, gli altri due (collocati
l’uno a sinistra dell’ingresso, l’altro
nella cripta) risalgono ai rifacimenti
della strada operati dall’imperatore
Caracalla in occasione del suo
viaggio verso le Gallie (213 d. C.).
Nella chiesa di S. Michele i
cippi sono stati utilizzati come
materiale di reimpiego: due sono
collocati all’ingresso e usati
come acquasantiere, il terzo
Il cippo miliare di Caracalla
è reimpiegato nella cripta per
reggere la volta. Il centro storico di Ventimiglia ha origini
molto antiche, come dimostrano le prime fasi del complesso
episcopale (cattedrale di S. Maria e battistero di S. Giovanni)
che risalgono almeno all’VIII-IX secolo.
La chiesa di S. Michele, citata come cappella gentilizia dei
conti di Ventimiglia in un documento del X secolo, era nel
Medioevo un edificio a tre navate in stile romanico. Della
costruzione originaria oggi restano visibili solamente la
navata centrale, restaurata già nel XIII secolo assieme
all’abside e alla volta, il campanile a pianta quadrata databile
al XII secolo e la cripta dell’ XI secolo.
Veduta della cripta
dell' XI secolo
La facciata in stile romanico
ricostruita alla fine dell'Ottocento
53
xxiii
L’AREA ARCHEOLOGICA
DI Albintimilium
L’antico centro dei Liguri
Intemeli, originariamente situato
sulla collina di Collasgarba,
all’arrivo dei Romani nel 180 a.C.
venne trasferito gradualmente
alla foce del torrente Nervia,
Particolare del mosaico delle terme
dove poi si svilupperà la città
romana di Albintimilium.Come molte città romane, l’abitato
aveva una pianta quadrangolare divisa in quattro parti
dall’incrocio dei due assi stradali principali: il cardo, da nord
a sud, e il decumanus, da est a ovest. Tutte le altre strade
della città correvano parallele e perpendicolari ai due assi
maggiori, e il loro incrocio determinava gli isolati (insulae);
nel punto di incontro del cardine e del decumano si trovava
il foro, ovvero la piazza principale, non ancora scoperto ma
probabilmente collocabile nell’area immediatamente ad est
del teatro.
La via Iulia Augusta, diretta verso la Gallia, attraversando
Albintimilium a nord del teatro, coincideva col decumano
massimo, lastricato con calcare bianco della Turbie, largo
quasi 3 metri, affiancato da due marciapiedi (crepidines), e
percorso al centro dalla cloaca, un canale che raccoglieva le
acque di scarico di edifici e strade minori.
Oltrepassata la Porta di Provenza la strada, che in questo
54
xxiii
tratto lo storico Girolamo
Rossi denominò
suggestivamente
“via dei sepolcri”,
proseguiva verso ponente
Il teatro romano
attraversando la grande
necropoli occidentale della città, con tombe monumentali in
muratura e sepolture ad incinerazione. Nel secolo scorso,
due tratti della strada furono recuperati per esigenze di
conservazione e ricollocati l’uno in un’aiuola nel punto più
alto del cavalcavia di Nervia sovrastante la città romana,
l’altro nel giardino del museo-biblioteca Clarence Bicknell a
Bordighera, primo museo pubblico della Liguria Occidentale.
La città romana di Albintimilium si sviluppò, dal II secolo
avanti Cristo, alla foce del torrente Nervia seguendo la
struttura dell’accampamento militare romano. In età
repubblicana venne cinta da mura, con torri circolari
in corrispondenza delle porte. Parzialmente distrutta
nel 69 dopo Cristo, si deve al periodo di restaurazione
avvenuto sotto l’imperatore Vespasiano la sua successiva
ricostruzione. Tra il I e il II secolo dopo Cristo la città
godette del periodo di pace che caratterizzò tutte le regioni
dell’Impero: testimoniano la sua prosperità le terme, il
teatro, le case signorili (domus),
gli antichi quartieri abitativi
(insulae), i ricchi mosaici e le
numerose suppellettili anche di
importazione recuperate dagli
scavi archeologici.
Nel VI secolo, sotto l’Impero
Bizantino, Albintimilium divenne
Veduta delle domus
un castrum, luogo fortificato per
affacciata sul decumano
la difesa del confine. Tale doveva
essere ancora nel 643, anno della conquista definitiva da
parte del re longobardo Rotari, dopodiché la città si spostò
gradualmente a ponente del fiume Roia.
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INFORMAZIONI
Trofeo d'Augusto - La Turbie
Cours Albert 1er - Tél. : 00 33 (0)4 93 41 20 84
Il Mont des Mules - Beausoleil
Boulevard des Anciens Combattants en Afrique du Nord
Tel. 00 33 (0)4 93 78 01 55
Il Mausoleo di Lumone - Roquebrune-Cap-Martin
Avenue Paul Doumer - Tel. 00 33 (0)4 93 35 62 87
Museo di Preistoria regionale - Mentone
Rue Lorédan Larchey - Tel: 00 33 (0)4 93 35 84 64
Caverne e Museo Preistorico dei Balzi Rossi
Ventimiglia
Via Balzi Rossi, 9 - Ponte S. Ludovico, Frazione Mortola
Tel. 00 39 0184/38113
Chiesa di San Michele - Ventimiglia
Piazza S. Michele - 18039 - Tel 00 39 0184-351019
Giardini Botanici Hanbury - Ventimiglia
C.so Montecarlo, 43, Località Mortola - Tel. 00 39 0184/229507
Museo Civico Archeologico G. Rossi - Ventimiglia
Via Verdi, 41 - Tel. 00 39 0184/351181
Scavi della Città romana di Albintimilium
Ventimiglia
C.so Genova, 134 - Tel. 0184/252320
BIBLIOGRAFIA GENERALe
Barocelli P., Vie augustee della Liguria e della Transpadania occidentale,
in “Crisopoli”, II, 1, 1934, pp. 1-38
• Ciliento B.-Pazzini Paglieri N., Ventimiglia, Genova 1991
• Del Lucchese A., Museo preistorico dei Balzi Rossi di Ventimiglia,
Roma 1996
• Gandolfi D.-Massabò B., La viabilità romana nei territori occidentali
del municipium di Albingaunum, in Insediamenti e territorio: viabilità
in Liguria tra I e VII sec. d.C., “Atti del Convegno, Bordighera 2000”,
Bordighera 2004, pp. 355-368
• Gastaldo P., Profumo P., I Giardini Botanici Hanbury, Torino 1995
• Gervasini L.A., I resti della viabilità romana nella Liguria occidentale,
in “Rivista Ingauna e Intemelia”, XXXI-XXXII, 1976-1978, pp. 6-31
09-2006 - Photos : Jérôme Kélagopian