Un itinerario romano da scoprire 9 tappe per rivivere la storia SOMMArio PRESENTAZIONE IL PROGETTO I La conquista romana delle zone attraversate dalla via Iulia Augusta II L’Imperatore Augusto III I territori di frontiera nella riorganizzazione augustea IV Le vie romane V Le vie d’Italia prima della via Iulia Augusta, da Ercole a Cesare VI La via Iulia Augusta, prima via transalpina VII La carreggiata e le infrastrutture della via Iulia Augusta VIII I cippi miliari: segnali stradali e monumenti della propaganda imperiale IX Un ruolo limitato nell’economia locale X La concorrenza delle vie marittime XI Il tracciato della via Iulia Augusta tra il Paillon e Balzi Rossi XII Il tracciato della via Iulia Augusta nel territorio di Ventimiglia XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI XXII XXIII I siti: Il Trofeo delle Alpi Il Mont des Mules Il monumento funerario della “Villa Lumone” Il Museo Preistorico Regionale di Mentone I Balzi Rossi I Giardini Hanbury La Piana di Latte Porta Canarda Il Museo Civico Archeologico “G. Rossi” I cippi miliari della Chiesa di San Michele L’area archeologica di Albintimilium 1 Ritroverete questa guida sul sito internet dell’itinerario... PRESENTAZIONE Il Comune di Ventimiglia e la Communauté de la Riviera Française hanno creato un itinerario culturale transfrontaliero, l’antica “ via Iulia Augusta”, riunendo in un percorso ideale le vestigia romane di Ventimiglia, Mentone, Roquebrune-Cap Martin, Beausoleil e La Turbie. www.viaiuliaaugusta.com • Informazioni supplementari • Novità • Documentazione scaricabile • Siti internet collegati alla “via Iulia Augusta” • Versione italiana, francese ed inglese Contatto: [email protected] Coordinamento scientifico del progetto: Pascal Arnaud (CEPAM, Maison des Sciences de l’Homme, Université de Nice) e Daniela Gandolfi (Instituto Internazionale di Studi Liguri). Ringraziamenti : Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, Curia Vescovile di Ventimiglia, Giardini Botanici Hanbury, Région Provence Alpes Côte d’Azur, Conseil Général des Alpes-Maritimes, Centre des Monuments Nationaux, Service Départemental de l’Architecture et du Patrimoine des AlpesMaritimes, Direction Régionale des Affaires Culturelles, comuni di : Beausoleil, Menton, Roquebrune-CapMartin e La Turbie, Sophie Binninger, Service régional de l’archéologie PACA. Per fedeltà storica, nella dicitura in caratteri capitali romani: “VIA IVLIA AVGVSTA”, sono state adottate le lettere I e V, proprie dell’alfabeto latino. Redazione: Pascal Arnaud, Daniela Gandolfi, Comune di Ventimiglia, Communauté de la Riviera Française. Fotografie: Jérôme Kélagopian, Pascal Arnaud, Ferdinand Martelli, Daniela Gandolfi, Antonella Del Becaro. Concezione-realizzazione: Looping Communication - 601, av. de Fréjus, 06210 Mandelieu - France. L’itinerario rappresenta la ricchezza del patrimonio culturale della zona transfrontaliera, evidenziando il legame che unisce l’Italia alla Riviera Francese, sulla base delle medesime origini storiche. Il progetto ha ottenuto i finanziamenti necessari per la sua attuazione: contributo Interreg (Fesr), contributi statali Italia-Francia, contributi del Conseil Général-06 e dei comuni interessati. Percorrendo l’itinerario i nostri cittadini, i turisti e le giovani generazioni potranno conoscere pienamente le vestigia dell’epoca romana, culla dell’antichità e della nostra civiltà. Siamo particolarmente orgogliosi di questa ambiziosa iniziativa che afferma la comune vocazione culturale della Città di Ventimiglia e della Communauté de la Riviera Française. Giorgio Valfré Sindaco del Comune di Ventimiglia Monsieur Le Maire de Menton Député des Alpes-Maritimes Président de la Communauté de la Riviera Française 3 IL PROGETTO Il progetto “Via Iulia Augusta”: itinerario transfrontaliero del patrimonio romano” rientra nell’ambito del programma di iniziativa comunitaria Interreg IIIA - Alcotra 2000/2006 che è il terzo intervento di cooperazione europea ad interessare il territorio italo-francese. L’obiettivo di Alcotra è di far emergere, all’interno di una “cittadinanza europea” ancora in formazione ed al di là delle reciproche identità nazionali, le qualità specifiche dei territori frontalieri, fondate non soltanto sulle comuni origini geopolitiche e storico culturali, ma anche su identiche caratteristiche economico-sociali. Il progetto “Via Iulia Augusta” identificato col n. 188, rientra nella misura 3.3 “Sistemi turistici”, a sua volta ricompresa nell’area denominata “Competitività”, che mira a sostenere azioni concertate nel comparto turistico, finalizzate alla valorizzazione delle risorse presenti sul territorio. L’idea di partire dall’antica strada romana, realizzata dall’Imperatore Augusto nel 13-12 a.C., per rilanciare la zona di confine tra Italia e Francia era in cantiere da tempo. Il programma Interreg IIIA - Alcotra ha fornito il sostegno finanziario indispensabile ed il supporto tecnico nelle fasi di programmazione, sviluppo, selezione ed attuazione del progetto che si propone di valorizzare i siti archeologici esistenti sul tracciato della “Via Iulia Augusta” Le risorse provengono per il 35% da contributi comunitari (FESR), per il 35% da contributi Italia-Francia e per il restante 4 30% dall’autofinanziamento dei partner coinvolti nel progetto: Communauté de la Riviera Française, Comuni di Ventimiglia, Menton, Beausoleil, Roquebrune-Cap Martin e La Turbie. In particolare l’itinerario si sviluppa, per circa 25 Km, in nove tappe, a partire dal Trofeo di Augusto della Turbie, sino all’area archeologica di Albintimilium (l’odierna Ventimiglia). L’orientamento del percorso non é casuale, bensì legato all’uso occidentale di leggere da sinistra verso destra, ma è ovvio che l’itinerario puo’ essere utilmente compiuto anche in senso inverso. La tappa n. 1 é il Trofeo di Augusto, nel Comune di La Turbie, che rappresenta il simbolo della conquista romana in Gallia; la tappa n. 2 é il “Mont des Mules”, nel Comune di Beausoleil, dove sono conservati resti di mura preromane; la tappa n. 3 é il “Mausoleo di Lumone”, nel Comune di Roquebrune CapMartin, antica tomba di epoca romana; la tappa n. 4 é il Museo Archeologico di Mentone con reperti di epoca romana; la tappa n. 5 é costituita dal Museo Preistorico e dalle caverne dei Balzi Rossi dove sono riconoscibili parti del tracciato della “via Iulia Augusta”; la tappa n. 6 individua le tracce dell’antico percorso romano all’interno e nei pressi dei Giardini Botanici Hanbury; la tappa n. 7 é il Museo Civico Archeologico Girolamo Rossi dove sono conservati reperti di epoca romana provenienti dalla citta’ di Albintimilium; la tappa n. 8 é la Chiesa di S. Michele, nel centro storico di Ventimiglia, dove i cippi miliari della “via Iulia Augusta” sono stati riutilizzati a scopo edilizio e funzionale; la tappa n. 9 é rappresentata dagli scavi archeologici della città romana di Albintimilium, con il teatro, le terme, le “insulae” ed il “decumanus” che coincideva con la “via Iulia Augusta”. E’ stato riscoperto, pertanto, un itinerario ricco di storia e di vestigia antiche che ha permesso ai territori di confine italofrancesi di concretizzare il sogno ambizioso di “cancellare la frontiera”, riconoscendo ai siti archeologici dislocati lungo l’antico percorso della “via Iulia Augusta” - in alcuni tratti ormai solo ipotetico a causa delle superfetazioni e dei mutamenti della costa - la medesima origine, indissolubilmente legata alla conquista romana dei territori. 5 I I La conquista romana delle zone attraversate dalla via Iulia Augusta La maggior parte dei territori attraversati dalla via Iulia Augusta e dal suo prolungamento fino al Rodano furono conquistati dai romani prima del 13-12 a.C., data della sistemazione ufficiale della via. La fascia costiera compresa tra Marsiglia e Savona fu progressivamente sottomessa dagli eserciti romani, su richiesta degli abitanti di Marsiglia, alleati di Roma, che a partire dal IV secolo a.C. avevano sviluppato una rete di fortezze costiere (Tauroeïs a Le Brusc, Olbia a Hyères, Antipolis ad Antibes e Nikaïa a Nizza) per assicurarsi il controllo dei mari e la supremazia dei traffici commerciali. Questo sistema, che completava quello simile creato contemporaneamente da Roma lungo le coste italiche attraverso la fondazione delle “colonie marittime”, lasciava un vuoto tra Nikaïa, probabilmente fondata nel III a.C., e Pisa, mentre Genova, fedele alleata di Roma, ne occupava il centro. A seguito della seconda guerra punica, quando gli Ingauni di Albenga si allearono con Cartagine contro Roma, le lamentele continue di Marsiglia nei confronti della pirateria ligure indussero il console Lucio Emilio Paolo a promuovere una campagna contro tali popolazioni, che si svolse dal 184 al 182 a.C. e culminò con la disfatta delle tribù liguri nel 181-180 a.C. Nello stesso anno, in seguito alla sconfitta e alla deportazione nel Sannio dei Liguri 6 Apuani, Roma fondò la colonia di Luna (177 a.C.), ma le popolazioni dell’Appennino ligure furono sottomesse soltanto venti anni più tardi, nel 155 a.C. La pressione militare esercitata dagli Oxibii dell’Esterel e dai Deciati della regione di Opio, sulle piazzeforti di Antipolis e Nikaïa, portò nel 154 a.C. all’intervento del console Opimio, che sconfisse questi due popoli e lasciò il loro territorio sotto Marsiglia. Nel 125 le nuove lamentele di questa città contro la confederazione dei Sali furono il pretesto Il Trofeo d’Augusto (La Turbie, Francia) per l’intervento di Roma, che fondò Aix (Aquae Sextiae) nel 122, Narbonne nel 118 e creò, tra la Spagna e il Rodano, una nuova via di comunicazione denominata via Domitia, dal nome del suo fondatore Cn. Domitius Ahenobarbus. Anche in questo caso, ad eccezione di Aix-en-Provence, i territori furono sottoposti a Marsiglia, che li perse nel 49 a.C. quando venne sconfitta a seguito della sua alleanza con Pompeo contro Cesare. Nacquero quindi nuove città: Forum Iulii (Frejus), Antipolis (Antibes) e Forum Voconii nei pressi di Cannet-des-Maures. Nel 25 a.C. Augusto intraprese la conquista metodica delle Alpi e dei loro valichi: dopo la sconfitta dei Salassi della Val d’Aosta, nel 14 fu la volta delle popolazioni del versante francese delle Alpi meridionali. Nel 7-6 a.C., data della dedica del Trofeo dell’imperatore a La Turbie, tutto l’arco alpino era ormai sottomesso al potere di Roma. 7 II II L’imperatore Augusto (63 a.C. – 14 d.C.) Nipote di Giulio Cesare, Caio Ottavio ne divenne figlio tramite adozione testamentaria l’indomani dell’assassinio del dittatore (15 marzo 44) e l’8 maggio dello stesso anno assunse il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano. Nel gennaio del 27 a.C. ricevette dal Senato l’appellativo di Augusto, che sottolineava simbolicamente il suo potere sacrale e benefico; nel corso della stessa seduta del Senato, una suddivisione fittizia degli incarichi permise ad Augusto di concentrare su di sé il potere reale, senza rinnegare le istituzioni della repubblica, né ricorrere a forme di dittatura o sovranità. Pur dichiarandosi garante delle istituzioni repubblicane, formalmente preservate, l’imperatore aveva fondato un nuovo regime politico autocratico sotto il segno della moralità civica e della religione di Stato, basato sulla certezza che gli dei lo avrebbero sostenuto nelle sue imprese, assicurandogli il successo in qualsiasi iniziativa. Augusto stesso divenne presto oggetto di culto: senza essere un vero e proprio dio, l’imperatore era divino e il suo stato simile a quello di alcune creature intermedie, come Ercole, non totalmente divine, ma neppure solamente umane, che dai tempi di Alessandro Magno avevano contribuito a consolidare l’idea della divinità del sovrano. 8 Nel 29 a.C. Augusto, come Pompeo Magno prima di lui, scelse non a caso di far coincidere il suo triplice trionfo con le feste celebrate a Roma in onore di Ercole. La manifestazione più evidente del favore degli dei era la vittoria, indissociabile dalla natura divina del sovrano, che divenne monopolio dell’imperatore e che, in sua assenza, egli poteva delegare ai suoi generali. Le numerose conquiste di Augusto, considerate altrettante prove del carattere carismatico ed assoluto del suo potere, allargarono i confini dell’impero romano sino ai limiti che verranno superati solo un secolo dopo sotto l’impero di Traiano. Insieme al suo amico e co-reggente Marco Vipsanio Agrippa Statua di Augusto (†12 a.C.), Augusto mise (Museo del Trofeo, in atto l’organizzazione La Turbie). amministrativa e le infrastrutture dei territori conquistati, che costituirono la base della loro integrazione e romanizzazione. Tra queste infrastrutture, le vie di comunicazione terrestri, fluviali e marittime occuparono un posto preminente. Statua di Augusto (Museo del Louvre). 9 III III I territori di frontiera nella riorganizzazione augustea L’organizzazione creata dall’imperatore Augusto e da Marco Vipsanio Agrippa aveva definito un sistema territoriale complesso, - le cui grandi linee non vennero messe in discussione prima delle riforme della fine del III d.C.- , basato sull’entità amministrativa e giuridica rappresentata dalle città. Queste ultime amministravano ciascuna un territorio ben definito, garantito dallo Stato ed erano raggruppate in entità più vaste, le “province”, rette da un governatore. Solo l’Italia costituiva un’eccezione rispetto a tale sistema in quanto aveva ricevuto nell’8 a.C. uno statuto giuridico, amministrativo e fiscale particolare, che estendeva ai suoi abitanti i privilegi di Roma: i cittadini dei centri italici ricevevano direttamente la cittadinanza romana, il loro suolo non era gravato da particolari tassazioni Cippo funerario di Porcia Uxsubia (Ventimiglia, Antiquarium) e non era sottoposto all’autorità 10 dei governatori, ma suddiviso in 11 regiones tra cui la IX regio Liguria, di cui Albintimilium (Ventimiglia) costituiva il municipium più occidentale. Il confine tra l’Italia e la Gallia era collocato in corrispondenza del fiume Var, nei cui pressi veniva riscosso una sorta di dazio, pari al 2,5% del valore trasportato, la cosiddetta “Quadragesima Galliarum”. Tutta la valle del Roja (Rutupis / Rutuba), così come la fascia costiera fino al fiume Var, - ad eccezione del “portus Nicaeensium” che costituiva un’enclave di Marsiglia -, faceva parte dei territori di Albintimilium, di cui il “Paillon” rappresentava Iscrizione funebre di Licina Amoena probabilmente il confine (Ventimiglia, Antiquarium) occidentale, mentre Cemenelum (Cimiez) e Vintium (Vence) appartenevano già alla provincia delle Alpi Marittime; a ovest del fiume cominciavano la provincia della Gallia Narbonese e i territori della città di Antipolis (Antibes). Alla fine dell’III sec. d.C. le riforme dell’imperatore Diocleziano crearono delle entità amministrative più vaste, le “diocesi”, divise in province di minori dimensioni: il territorio di Ventimiglia fu annesso alla provincia delle Alpi Cozie e alla diocesi dell’Italia annonaria, quello di Cimiez alla provincia delle Alpi Marittime e alla diocesi viennese. Tutte le tappe del programma Interreg “La via Iulia Augusta” appartenevano dunque in età romana all’Italia e, in particolare, al territorio di Albintimilium. 11 IV IV Le vie romane Il sistema delle vie romane, che includeva anche tratti di strade non carrozzabili, non comprendeva tutto l’insieme dei percorsi usati in quel periodo, alcuni anche di notevole importanza economica; era un sistema gerarchizzato che poneva al primo posto le vie cosiddette militari, ma che si articolava in una grande varietà e tipi di strade. I resti della via Appia, larga e lastricata, non possono costituire l’immagine tipo delle strade romane, in quanto essa era una via di grande prestigio e assai prossima a ricchi giacimenti di basalto, da cui vennero estratti i materiali del suo lastricato. La maggior parte delle vie romane furono per molto tempo dei modesti percorsi, regolarmente impraticabili in caso di intemperie. Nessun dato tecnico permette di caratterizzarle: la loro larghezza, teoricamente codificata dalle regole, era rispettata infatti solo in pianura, la loro lastricatura non era sistematica e spesso erano semplicemente battute; i marciapiedi erano facoltativi; essendo però concepite per durare, erano sempre realizzate su fondazioni assai stabili e presentavano una sezione ricurva, atta a favorire l’evacuazione delle acque. Esse erano anche e soprattutto una istituzione giuridica: una “via pubblica del popolo romano” doveva essere di accesso pubblico e gratuito, possedere un nome, svilupparsi tra un 12 © Pascal Arnaud La via Iulia Augusta e le strada più antiche punto iniziale ed un punto finale ben definito, ubbidire ad alcune norme minime stabilite dalla “legge delle XII Tavole”: dovevano avere una larghezza di 8 piedi (2,40 m) in linea retta e 16 in curva (4,80 m). La costruzione delle strade era regolata dallo Stato che si assicurava che la manutenzione della carreggiata fosse sostenuta dagli abitanti e dalle città interessate dal suo percorso, garantendo così l’efficienza duratura della rete stradale. Proprio gli obblighi imposti per la costruzione delle strade e il calcolo delle quote dovute per la loro manutenzione determinarono probabilmente la necessità dei “cippi miliari”, invenzione romana la cui origine risale al III a.C. e che forniscono importanti informazioni sulle autorità che li fecero collocare e sulle distanze dei percorsi. Il nome delle vie romane è inoltre giunto sino a noi grazie ad alcuni documenti antichi, con indicate le tappe originali e le distanze, conosciuti con il nome di “itinerari”, che in età romana permettevano la pianificazione degli spostamenti, l’organizzazione del rifornimenti e del servizio della posta imperiale, creato da Augusto e, a partire da Traiano (98117), definito con il nome di “cursus publicus”. 13 V V LE viE d’Italia prima della via Iulia Augusta, da Ercole a Cesare Quando Augusto fece costruire e delimitare la via Iulia Augusta, non effettuò una rivoluzione della rete stradale, in quanto la maggior parte del tracciato preesisteva già sotto forme diverse, indicate oggi dagli studiosi con il nome di “via erculea”, che comprende tutti i percorsi secolari che collegavano i territori tra Roma e Cadice. L’insieme di queste regioni era infatti legato dal ricordo del passaggio di Ercole, la cui figura simbolica non fu estranea tra l’altro alla politica del culto imperiale promossa da Augusto. È comunque assai difficile individuare il tracciato originario di tali percorsi, che possono essere interpretati come vie che si sono evolute nel tempo sino alla creazione della via Iulia Augusta e la cui percorrenza regolare è attestata non prima della conquista romana della Spagna. Solo a partire dal 123 a.C., secondo Strabone (Geografia IV, 6, 3, 63 a.C. - 20 d.C.), venne infatti assicurata la libera circolazione tra Italia e Spagna, tramite un percorso già utilizzato in epoca più antica: ancora nel 191 a.C. infatti il governatore romano della Spagna era stato attaccato dai Liguri sulla strada della sua provincia e costretto a rifugiarsi a Marsiglia, dove tre giorni dopo morì per le ferite riportate. Anche la strada da Piacenza al Rodano fu a sua volta molto frequentata già a partire dal II secolo a.C., anteriormente quindi alla creazione delle prime vie romane. Nel 154 la 14 spedizione di Opimius tra il Var ed Argens iniziò da Piacenza (Placentia) e seguì il percorso della futura via Iulia Augusta, reso praticabile fino al Var in seguito alla disfatta degli Ingauni e degli Intemelii (181-180 a.C.). Tale percorso si sovrapponeva, tra Piacenza e Tortona (Dertona), con la via Postumia - costruita nel 148 dal console Spurius Postumius Albinus tra Genova ed Aquileia per Piacenza e Cremona - e, tra Tortona e Vado, con la via Aemilia Scauri, realizzata tra il 115 e 109 a.C. Nel 125 le truppe romane, che attaccarono prima i Salyens, poi i Voconces (Vaison, Die) e gli Allobrogi (Vienna, Grenoble, Ginevra), transitarono nuovamente lungo la costa. Carta d’Italia (copia del XIV sec.) successiva al geografo Tolomeo (II sec.) Nel 49 le legioni pompeiane di Afranius, sconfitte da Cesare, seguirono questa strada dalla Spagna fino al Var, dove deposero le armi. Altre vicende politiche occorse nel 44-43 a.C. interessarono questa via attraverso il Foro Voconii e Fréjus e dimostrano ulteriormente che il suo percorso era già tracciato e usato prima della sua istituzionalizzazione da parte di Augusto. Da ciò è possibile affermare che anche i castellari preromani della zona fossero già in relazione con questo tracciato stradale e solo una migliore conoscenza di questi siti permetterà di precisare il ruolo economico, politico e militare svolto dall’antico itinerario. 15 VI VI La via Iulia Augusta, prima via transalpina Il nome della via Iulia Augusta è giunto sino a noi tramite i cippi miliari fatti erigere nel 125 d.C. dall’imperatore Adriano che, su di essi, dichiara di aver provveduto al “restauro, dal fiume Trebbia, della via Iulia Augusta che era scomparsa per effetto della vetustà”. Secondo l’uso romano, la via aveva Carro trainato da asini preso il nome dal suo fondatore Augusto che succedeva così ad Ercole, sovrapponendo il suo nome alla preesistente “via erculea”. Nonostante siano numerose le strade realizzate da Augusto, solo in questo caso la via recava il nome dell’imperatore, probabilmente al fine di sottolineare il valore simbolico e l’importanza di questa strada, che 16 metteva in collegamento Aquileia con la Gallia, l’Adriatico con il Mar Tirreno. I cippi miliari più antichi recano i titoli e gli appellativi dell’imperatore Augusto e sono databili tra il 1 luglio del 13 ed il 6 marzo del 12 a.C., contemporanei quindi a quelli collocati nel tratto tra il Var e le valli del Rodano, dove la via si connetteva con la via Domitia (tra i Pirenei e il Monginevro) e la via di Agrippa (verso Boulogne-surMer via Lione ed Autun). La via Iulia Augusta collegava i territori italici con quelli della Gallia e il confine si trovava tra il Paillon e il Var, come confermato dalle iscrizioni sui cippi che recano le distanze misurate da Roma, tra Piacenza ed il Paillon, e quelle dalla città principale attraversata dalla strada nel tratto compreso tra Antibes ed il Rodano. Il nome via Iulia Augusta indicava dunque in senso stretto la strada compresa tra il Var (o il Paillon) e Piacenza (fiume Trebbia) attraverso la costa ligure, Vado Ligure e Tortona. Le distanze da Roma indicate dai cippi miliari furono misurate seguendo la via Aemilia da Piacenza a Rimini e a Fano, poi da lì a Roma seguendo la via Flaminia. Il nome di “via Aurelia”, citato dai documenti del IV secolo d.C., non indica un’altra via, ma è la denominazione usata per caratterizzare il tracciato costiero che da Roma seguiva la via Aurelia (fatta costruire dal console Aurelio Cotta nel 241 a.C.) propriamente detta fino a Genova e Vado, poi la via Iulia Augusta ed il suo prolungamento fino al Rodano. Nel 13-12 a.C. la via Iulia Augusta costituiva la sola strada romana che permetteva l’attraversamento delle Alpi Meridionali in ogni stagione dell’anno, in quanto il valico del Monginevro fu aperto solo dieci anni più tardi, nel 32 a.C. e ciò spiega anche la necessità di mantenere una guarnigione a Cimiez (Cemenelum) fin verso il 100 d.C. La via venne restaurata nel 125 e nel 213 d.C., in occasione rispettivamente del ritorno dell’imperatore Adriano a Roma nel 125 e del suo viaggio in Transpadana nel 127 e, successivamente, del passaggio di Caracalla in questi territori nel 212-213 d.C. 17 VII VII La carreggiata e LE INFRASTRUTTURE della Via Iulia Augusta Resti della via Iulia Augusta sono stati messi in luce da scavi archeologici solo nei pressi de La Turbie e nella piana del torrente Latte a Ventimiglia. Nei tratti pianeggianti, la via era in genere costituita da un semplice insieme di ghiaie (glarea), mentre nei tratti costieri era pavimentata, ma non lastricata, al fine di limitarne l’erosione; aveva una larghezza media di m 2,2, corrispondente a circa 7 piedi romani, ed era dotata di due marciapiedi (margines) di 50 cm che servivano a stabilizzarla lateralmente e a permettere la circolazione dei pedoni; la sua inclinazione poteva raggiungere la pendenza del 17%. La larghezza massima di una via romana poteva raggiungere anche i 6 m, ma di solito non superava i 4 e raramente era inferiore a 3, in quanto una dimensione minore non avrebbe consentito l’incrocio di due carri. Le notevoli pendenze e la larghezza limitata della via Iulia Augusta la rendevano assimilabile sia ad una mulattiera che a una strada vera e propria, e nei tratti in cui era carrozzabile lo era spesso ai limiti della possibilità di traino. Il carattere accidentato del suo tracciato richiese numerosi accorgimenti: lo scavo del sostrato roccioso e la costruzione di muri di sostegno furono necessari in diversi punti e ne sono rimaste tracce a Ventimiglia, nei pressi di villa Hanbury e ai Balzi Rossi, e a Saint Pierre nel vallone della 18 Trinité. Fu anche necessario costruire numerosi ponti con muratura in piccole pietre regolari, detta in “opus vittatum”, molti dei quali sono ancora visibili nei territori a levante di Ventimiglia, come per esempio nel retroterra del Finale. Nella zona interessata dal progetto, non si è conservato alcune ponte: ne esisteva forse uno sul Roja a Ventimiglia e un altro al Ramingau, nella verticale di Cabbé (Roquebrune) dove, a valle del ponte oggi detto “romano” - che romano certamente non è -, sono visibili le tracce di possenti spallette sicuramente riferibili ad una struttura più antica. Locande (mansiones, tabernae) e stazioni di sosta per il cambio dei cavalli (mutationes) dovevano completare il percorso stradale, insieme a strutture private aperte al viaggiatore e ad altre riservate alla posta imperiale (cursus publicus) e allo spostamento dei rappresentanti dello Stato, ma nessuna di queste La via romana (Giardini Hanbury) è stata sinora individuata lungo il nostro percorso. La via era delimitata da cippi, collocati in teoria ogni mille passi, ossia ogni 1478 m, detti “cippi miliari” (lapides milliariae) o più semplicemente “pietre” (lapides) o “miliari” (milliarium). 19 VIII VIII Caracalla (Ventimiglia, S.Michele): I cippi miliari: segnali stradali e monumenti della propaganda imperiale I cippi miliari della via Iulia Augusta furono fatti collocare da tre imperatori: Augusto, Adriano e Caracalla. Di forma troncoconica (quelli fatti sistemare da Augusto) o cilindrica (quelli di Il cippo miliare di Caracalla - Chiesa di San Michele Adriano e Caracalla), recano un’iscrizione nella cui prima parte veniva indicato il nome e le cariche dell’imperatore che li aveva fatti apporre, attraverso cui è possibile risalire alla loro datazione; nella seconda parte veniva segnata la distanza da Roma espressa in miglia che, oltre a fornire delle indicazioni pratiche, serviva anche a sottolineare l’appartenenza della via alla rete stradale romana. Augusto (Ventimiglia, S.Michele): 20 IMP•CAESAR AVGVSTVS•IMP•X TRIBVNICIA• POTESTATE•XI L’imperatore Cesare Augusto, chiamato imperatore per la 10A volta, riveste la sua 11A potenza tribunicia. DXC 590 IMP•antoninvs piVS•felix•avg poni•cvravit DXC L’imperatore Antonino Pio, Felice, Augusto, ha fatto posizionare (questa colonnina). 590 I cippi miliari di Adriano sono assai particolari in quanto ricordano il restauro della via promosso dall’imperatore e forniscono l’indicazione delle distanze dall’inizio della strada nei pressi del fiume Trebbia a Piacenza e anche da Roma. Essi sono conservati soltanto nelle due rampe che conducono “in Alpe Summa” a La Turbie, forse perché questo segmento della via, che culminava al Trofeo di Augusto, conservò per lungo tempo un significato simbolico particolare. Proprio in questo tratto sono stati eccezionalmente rinvenuti tutti i cippi miliari originari fatti apporre da tutti i tre gli imperatori, attualmente conservati in diversi musei. Adriano (Museo di Cimiez): IMP·CAESAR·DIVI TRAIANI·PARTHICI·F DIVI·NERVAE·N·TRAIA NVS·HADRIANVS·AVG PONT·MAX·TRIB·POT·IX COS·III·VIAM·IVLIAM AVG·A·FLVMINE·TREB BIA·QVAE·VETVSTATE INTERCIDERAT·SVA PECVNIA·RESTITVIT L’imperatore Cesare Traiano Adriano Augusto, figlio del divino Traiano Parthico, nipote del divino Nerva, sovrano pontefice, rivestito del suo 9° potere tribunicio, tre volte console, ha restaurato a sue spese, dal fiume Trebbia, la via Iulia Augusta, che era scomparsa per effetto della vetustà. DCV 605 I cippi miliari di Adriano mettono l’accento sulla sua legittimità dinastica, sulla sua immagine di continuatore dell’opera di Augusto, di cui ricordano devotamente il nome della via, e sul ruolo di benefattore dell’Italia svolto dall’imperatore, che attraverso il restauro dell’antica strada, preparava la sua venuta in Transpadana (127 a.C.). 21 IX IX Un ruolo limitato nell’economia locale La via Iulia Augusta non svolse solamente un ruolo militare o simbolico, ma ebbe anche un importante peso nello sviluppo economico dei siti che attraversava, pur nei limiti dei trasporti terrestri allora esistenti. Il percorso stradale, stretto e accidentato, poneva senza dubbio l’itinerario terrestre in una posizione sfavorevole Un fusto di colonna della cava del Giustiziere ed il Trofeo rispetto alla delle Alpi sullo sfondo (La Turbie) concorrenza delle vie marittime, ma manteneva una considerevole importanza politica e amministrativa, in quanto rappresentava un collegamento permanente tra l’Italia e le province occidentali dell’impero (Gallia, Spagna e anche la Germania), percorribile in tutte le stagioni dell’anno. Dal punto di vista strettamente economico, la via Iulia Augusta svolse un ruolo limitato ai traffici locali e poche furono le merci commercializzate lungo questo asse 22 stradale: la diffusione della pietra di La Turbie attraverso di essa costituisce di per sé un’eccezione notevole, pur tenendo conto che questo commercio interessò solo località vicine fra loro e fu probabilmente La cava del Giustiziere (La Turbie) collegato anche con le vie marittime, più idonee al trasporto dei materiali pesanti. La costruzione del Trofeo delle Alpi comportò l’apertura di numerose cave per l’estrazione del calcare de La Turbie, accanto a uno o più giacimenti non ancora ben localizzati da cui veniva estratta la “breccia” de La Turbie che servì a decorare le terme di Cimiez. Ma la cava più importante e più a lungo sfruttata fu quella situata nei pressi del “Giustiziere” nelle vicinanze de La Turbie, poco distante dal cippo miliario con indicata la distanza di 603 miglia e dall’attuale cappella di Saint-Roch: da essa venne estratto un calcare di ottima qualità, che fornì il supporto utilizzato per la maggior parte delle iscrizioni individuate tra Ventimiglia e Cimiez e servì anche per pavimentare le strade e decorare i principali monumenti di questa regione. Tale cava, che deve il suo nome alla presenza di una forca collocata molto più tardi nelle sue vicinanze, rifornì, attraverso la via Iulia Augusta, i grandi cantieri che si aprivano nel territorio dell’antico municipium romano di Ventimiglia. E’ noto che nell’antichità i luoghi di produzione e di estrazione dei materiali da costruzione, pesanti e di basso costo, furono in genere sistemati nelle vicinanze delle vie di comunicazione; nel nostro caso è anche probabile che esistesse una stazione marittima tra Monaco e Ventimiglia, al fine di ridurre i tempi e i costi del trasporto terrestre di tali materiali. 23 X X La concorrenza dellE viE marittimE E’ noto che in età romana le vie terrestri subirono la concorrenza delle vie d’acqua, sia fluviali che soprattutto marittime. Il rapporto di 1 a 50 tra i costi del trasporto marittimo Veduta dal forte dell’Annunziata verso Capo Mortola rispetto a quello terrestre indicato dalle fonti antiche, deve essere considerato con cautela, ma rivela comunque la sproporzione esistente tra i due diversi sistemi di veicolazione delle merci e delle persone. La principale causa di questo scarto risiedeva nella capacità di carico infinitamente superiore delle navi: perfino in una regione come la Liguria, in cui il commercio costiero doveva essere effettuato prevalentemente tramite piccole imbarcazioni a propulsione mista, i costi del trasporto marittimo erano notevolmente inferiori a quelli del trasporto terrestre, soprattutto nei casi in cui la strada si snodava su terreni accidentati e con numerosi dislivelli. Il porto più importante tra Ventimiglia e Nizza (portus Nicaeensium) citato dalle fonti della prima età imperiale, fu 24 quello di Monaco (porto di Ercole Monoïkos), ma nella tarda antichità l’Itinerario Marittimo segnala in questo tratto di costa altri tre “porti” (o meglio ripari naturali): Avisone (StLaurent-d’Eze?), Anaone (St-Jean?) e Olivula (Villefranche), mentre Ventimiglia e Nizza sono entrambe indicate come “plagiae”, cioè spiagge. Lo studio dei materiali di importazione, soprattutto ceramici, ha dimostrato una loro commercializzazione omogenea sui siti costieri e ciò è a sua volta indice del predominio delle vie marittime a discapito Nave da carico della via Iulia Augusta: a confronto con le altre vie transalpine il ruolo di questa strada appare decisamente secondario nei trasporti su grande distanza, anche e soprattutto a causa della qualità scadente della rete viaria e della concorrenza insuperabile rappresentata dagli scambi marittimi. Sembra che persino i viaggiatori, malgrado i rischi, preferissero in genere l’itinerario marittimo al percorso terrestre rappresentato dalla via Iulia Augusta nel tratto che attraversava la Liguria, descritta dagli autori antichi come una terra arretrata e poco interessante. L’imperatore Claudio, per il suo viaggio alla conquista della Bretagna, aveva optato per la via marittima, ma essendo stato duramente colpito da due bufere di maestrale, la prima tra Monaco e Nizza e la seconda presso le isole d’Hyères, giurò che non sarebbe più ritornato in quei luoghi e rientrò a Roma via terra passando dal Monginevro. 25 XI XI Il tracciato della via Iulia Augusta tra IL Paillon e I balzi rossi Dal Paillon a Cabbé, nel comune di Roquebrune, si conserva una serie completa ed eccezionale di cippi miliari. Anche se solo per quelli recanti la distanza da Roma in 600 e 606 miglia si può stabilire con certezza la posizione originaria, il loro insieme permette di ricostruire assai fedelmente il tracciato della strada romana che si snodava lungo il Paillon fino alla “villa Lumone” di Roquebrune. Il primo cippo venne scoperto in occasione dei lavori della stazione di Cabbé ed era in origine collocato in una zona più a monte, nel vallone di Ramingau a Roquebrune; un altro gruppo di tre cippi con la distanza di 606 miglia era in origine posizionato 160 m ad ovest dell’attuale casello autostradale della bretella di Monaco. La via Iulia Augusta risaliva quindi la sponda sinistra del vallone di Laghet, seguendo un tracciato assai prossimo a quello dell’attuale autostrada e raggiungeva La Turbie; da lì ridiscendeva per la strada di Saint-Roch fino all’omonima cappella e proseguiva in direzione di Font-Divine dove, probabilmente, si trovava il cippo con la distanza 602, quindi verso la Veille, da cui provengono i tre cippi 601; si dirigeva quindi verso il Ramingau, forse pochi metri a valle del ponte detto “romano” e a monte della stazione di Cabbé. Da lì puntava verso villa Lumone, dove ad alcune decine di metri a sud-est del monumento, doveva essere collocato il cippo 26 con la distanza di 599 miglia. La strada continuava poi nei pressi del castello di Carnolès dove, fino al secolo scorso, erano ancora visibili importanti vestigia di età romana. Il seguito del tracciato fino ai Balzi Rossi è totalmente ipotetico, ma è probabile che sia riecheggiato dall’attuale percorso della ferrovia e da quello della strada ancora oggi denominata “via romana”. Gli antichi assi di comunicazione (vie terrestri e marittime) da una parte e dall’altra del colle di La Turbie. (DAO Sophie Binninger) via Iulia Augusta Cippo Struttura stradale Comunicazioni marittime Lastroni della via 27 XII XII IL TRACCIATO DELLA VIA IULIA AUGUSTA NEL TERRITORIO DI VENTIMIGLIA Lasciati i territori del municipium di Albingaunum (Albenga) nei pressi dell’attuale torrente San Lorenzo ad ovest della antica Villa Matuziana (San Remo), la via Iulia Augusta proseguiva il suo percorso verso l’altra capitale della Liguria di ponente, Albintimilium, come testimoniato dalla notizia del ritrovamento, nei pressi dell’attuale centro di Bordighera, di un cippo miliario, oggi scomparso, fatto apporre dall’imperatore Caracalla e di una tomba romana ad incinerazione del II secolo d.C., affiancata verso la fine del II/inizi del III d.C. da un’altra sepoltura ad inumazione. Attraversato, tramite un guado oggi scomparso, il torrente Verbone a Vallecrosia, la via Iulia Augusta proseguiva verso la città di Albintimilium, secondo un percorso pressoché coincidente con l’attuale “Strada Romana”, il cui toponimo evoca l’antico tracciato, documentato anche dalla presenza di un piccolo nucleo di tombe tardo-antiche individuate ai suoi lati (area ex fornace Tonet) e da un’arula romana con dedica ad Apollo ritrovata murata nel campanile della chiesa di San Rocco a Vallecrosia. Oltrepassata la porta orientale, la via entrava in città e il suo percorso veniva a coincidere con il decumano massimo, il principale asse viario urbano con andamento est-ovest, ancora oggi visibile a nord della c.d. “domus del cavalcavia” e del teatro che, tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C., 28 venne edificato nell’angolo nord-occidentale del perimetro urbano, sovrapponendosi all’antico circuito murario di età tardo-repubblicana (80-60 a.C.). Il decumano, largo circa m 3, era lastricato con grandi blocchi di calcare provenienti dalla vicina cava de La Turbie, che conservano ancora i fori utilizzati per il loro trasporto e i segni di lavorazione; presenta ai suoi lati, perfettamente conservati, i marciapiedi (crepidines) e al centro il condotto fognario (cloaca maxima), utilizzato per raccogliere le acque di scarico, e reca ancora visibili i solchi lasciati dalle ruote dei carri che lo percorrevano. La città romana, sorta agli inizi del II secolo a.C., nella piana alluvionale del torrente Nervia, si sovrappose in parte ai resti del primitivo oppidum dei Liguri Intemeli, conosciuti anche attraverso le fonti antiche, che intrattennero rapporti commerciali con l’area tirrenica e anche con la vicina colonia greca (focese) di Marsiglia (antica Massalia). Albintimilium visse il suo periodo di maggior prosperità nei primi tre secoli dell’Impero, epoca in cui vennero edificate le grandi terme pubbliche decorate con pavimenti a mosaico, le domus, il teatro, oggi conservato solo nella cavea inferiore, le insulae, delimitate dall’incrocio 29 XII XII ortogonale degli assi stradali, i decumani (est-ovest) e i Le insulae della città romana di Albintimilium cardini (nord-sud), e l’acquedotto, conservato presso la riva destra del Nervia, lungo la strada per Camporosso. Nonostante le invasioni degli inizi del V secolo, che lasciarono estese tracce di distruzione e incendi, la città seppure in parte destrutturata e con ampie zone abbandonate, occupate anche da sepolture, proseguì la sua vita in piano, divenendo sede di un castrum militare bizantino (VI secolo-prima parte VII d.C.), e dotandosi anche di un primitivo edificio di culto cristiano, di cui si sono perse le tracce; alla metà del VII secolo, la invasione longobarda guidata da Rotari (643 d.C.) rese precaria la vita nella piana a fianco del torrente Nervia e provocò il progressivo spostamento della città in posizione più elevata, e quindi più Veduta delle terme della difendibile, sulla collina a città romana di Albintimilium ponente del fiume Roia, dove poi si svilupperà la città medievale. Lungo il prolungamento della strada verso occidente, lasciata la cd. “Porta di Provenza”, gli scavi iniziati alla metà del XIX secolo e proseguiti sino ad oggi, hanno posto in luce un’estesa necropoli monumentale a recinti con tombe ad 30 Il servizio da viaggio recuperato nella tomba 142 dalla necropoli occidentale di Ventimiglia incinerazione, che hanno anche restituito notevoli corredi funebri, con suppellettili in ceramica, vetro, e metallo; tra quest’ultimi si segnala un prezioso oggetto in argento, il cd. “servizio da viaggio”, sorta di strumento multiuso, dotato di coltellino, forchetta, punteruolo e altre lame. Analoga necropoli, seppur di dimensioni minori per la vicinanza del torrente, doveva svilupparsi a est della città, fuori le mura, da cui nel 1913 venne recuperata la base onoraria del più illustre cittadino di Albintimilium, Marco Emilio Basso che, dopo aver ricoperto prestigiose cariche nell’esercito romano nella Germania inferiore tra il Reno e il Danubio, al culmine della sua fulminante carriera nell’amministrazione imperiale, divenne governatore della Giudea. Ad occidente, l’estensione della necropoli, che ci indica anche il percorso dell’antica via, giungeva almeno sino all’altezza della chiesa e del convento di Sant’Agostino (fine XV secolo), nei cui pressi vennero scoperte lapidi e resti riferibili alla strada romana, tra cui un cippo miliario dell’imperatore Particolare del cippo miliare Caracalla oggi della cripta dell'antica chiesa di San Michele scomparso. Attraversato il fiume Roia, la via risaliva verso il colle dove sorgerà la città medievale, probabilmente al di sotto della regione Cavo sul fianco prospiciente il fiume, sino a coincidere con l’attuale corso Garibaldi o via Piemonte, come testimoniato dai tre cippi miliari reimpiegati all’interno e nella cripta dell’antica chiesa di San Michele risalente all’XI secolo. Riferiti l’uno all’imperatore Augusto, cui si deve tra il 13-12 a.C. la costruzione della strada probabilmente 31 XII XII su più antichi percorsi, gli altri due a Caracalla che la fece restaurare nel 213 d.C. in occasione del suo viaggio verso la Gallia, recano, oltre al nome dell’imperatore, anche l’indicazione della distanza da Roma, calcolata in 590 miglia, pari a circa 873 chilometri (1 miglio romano corrispondeva a circa a 1478 metri). Il percorso della via romana nel centro storico medievale veniva ancora ricordato da un documento del XIII secolo che cita appunto in questa zona il passaggio della cd. “via antiqua”. Abbandonato il centro medievale, più incerto rimane il percorso della strada, tradizionalmente fatta coincidere con il tracciato ancora in uso nel Duecento, quando venne Porta Canarda edificata la “Porta Canarda” con la porta doppia ad arco gotico, per poi proseguire in piano nell’incanto della piana di Latte, dove si conservano visibili ancora alcuni tratti dell’antico selciato o forse di strutture ad esso prospicienti lungo il muro di delimitazione a nord dell’attuale “Strada antica romana”, il cui nome suggerisce e rammenta l’antico percorso. I recenti scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria nei pressi di Villa Eva che hanno portato alla scoperta di un insieme di strutture riferibili a una villa marittima della prima età imperiale, confermano l’occupazione della piana già in età romana lungo il Giardini Hanbury 32 percorso della strada, in cui la tradizione colloca la dimora di Iulia Procilla, la madre di Gneo Giulio Agricola, grande generale romano conquistatore della Britannia e suocero dello storico Tacito, che Le caverne dei Balzi Rossi venne trucidata nel 69 d.C. in città durante i disordini scoppiati alla morte di Nerone tra le fazioni che sostenevano Otone e Vitellio, prima dell’affermarsi della dinastia flavia con l’imperatore Vespasiano. Il percorso della via proseguiva quindi verso il confine, nella piccola zona pianeggiante in prossimità del mare, seguendo l’andamento geomorfologico della costa; un ampio tratto dell’antico selciato glareato può essere ancora individuato nei pressi dei Giardini Hanbury, sino allo sbocco a ovest della Galleria “La Mortola”, in un bellissimo itinerario sospeso tra il mare e la vegetazione mediterranea (pini d’Aleppo, lentischi, arbusti), che vale la pena percorrere e ripercorrere in tutte le stagioni, e poco distante da un insediamento preistorico risalente al mesolitico Giardini Hanbury antico (ca. 7000 anni a.C.). Un’altra traccia del suo percorso è sicuramente rintracciabile nei pressi delle famose caverne dei Balzi Rossi, occupate dall’uomo sin dal Paleolitico inferiore (circa 250.000 anni fa), dove, nel tratto sottostante la Grotta del Principe e la Barma Grande, la cd. “tagliata” testimonia ancor oggi l’antico itinerario quasi in riva al mare, ancora rilevato dalla cartografia settecentesca. 33 XIII XIII La facciata restaurata del monumento Il Trofeo delle Alpi Il Trofeo sorge sul luogo indicato dalle fonti antiche come in “Alpe Maritima” o “in Alpe Summa”. Esso è indissolubilmente legato a Monaco, dove gli antichi ponevano l’estremità delle Alpi e il culto di Héraklès Monoïkos, il cui tempio celeberrimo doveva dominare il Trofeo. Quest’ultimo, a differenza di quello fatto erigere da Pompeo Magno nei Pirenei, era stato dedicato dal Senato e dal popolo romano ad Augusto nel 7-6 a.C., periodo in cui il culto dell’imperatore era particolarmente sentito. Destinato alla commemorazione della conquista delle Alpi, esso si inseriva anche nell’opera di divinizzazione dell’imperatore. Il monumento, attualmente in corso di studio, ha subito molti restauri all’inizio del secolo scorso, talvolta arbitrari, ma le linee principali della sua architettura restano ancora ben evidenti: un basamento quadrato che regge un corpo cilindrico cinto da un colonnato. Il basamento era costituito da diversi pannelli realizzati con tecniche differenti e decorati con scene di trofei d’armi e di popoli vinti. Nel Medioevo fu trasformato in una fortezza che venne smantellata nel 1705 per ordine di Luigi XIV. Il suo restauro, iniziato nel 1858, è legato ai nomi degli architetti Jean-Camille e Jules Formigé. 34 L’iscrizione dedicatoria del Trofeo. Il testo, giunto a noi assai frammentario, è stato completamente ricostruito grazie alla descrizione riportata dallo storico e naturalista Plinio “Il Vecchio”, morto nel 79 d.C. durante l’eruzione del Vesuvio, mentre era al comando della flotta di Miseno. La prima parte dell’iscrizione indica l’oggetto della dedica, cioè lo stesso Augusto, e menziona i suoi titoli; la seconda parte elenca da est ad ovest i popoli sconfitti. All’imperatore Cesare Augusto, figlio del divino Giulio, Grande Pontefice, acclamato imperatore per la quattordicesima volta, ed investito del suo diciassettesimo potere tribunicio, il Senato ed il Popolo Romano, perché, sotto la sua condotta ed i suoi auspici, tutte le tribù alpine che si estendevano dal mare Superiore [= l’Adriatico] al mare Inferiore [= il Tirreno] sono state poste sotto l’impero del Popolo Romano. Popoli alpini sconfitti: Trumpilini, Camunni, Vennoneti, Venosti, Isarchi, Breuni, Genauni, Focunati, i quattro popoli dei Vindelici (Cosuaneti, Rucinati, Licati, Catenati), Ambisonti, Ruguschi, Suaneti, Caluconi, Brixeneti, Leponti, Uberi, Natuati, Seduni, Varagri, Salassi, Acitavoni, Medulli, Ucenni, Caturigi, Brigiani, Sogionci, Brodionci, Nemaloni, Edenati, Vesubiani, Veamini, Galliti, Triullati, Ecdini, Vergunni, Eghi, Turi, Nematuri, Oratelli, Nerusii, Velauni, Suetri. 35 XIV XIV IL MONT DES MULES Le popolazioni preromane della costa, indicate convenzionalmente con il nome di Celto-Liguri, hanno lasciato una forte impronta nel Paramento esterno del bastione protostorico paesaggio tramite una fitta rete di fortificazioni di altura tradizionalmente denominate “castellari” oppure “oppida”, in origine indicate dai romani con il termine di “castella”. La tipologia di questi siti è talmente caratteristica da consentirci di parlare di “civiltà degli oppida”, definizione che per la varietà e l’ampiezza della cronologia di tali insediamenti, comporta tutta una serie di significati. Queste imponenti e spesso spettacolari fortificazioni, in alcuni casi prive di resti di abitazioni vere e proprie, le cui funzioni si sono probabilmente evolute nel tempo, testimoniano le condizioni di insicurezza di quel periodo e il prestigio dei capi tribù che esercitavano la loro autorità su di esse. Il fenomeno dei “castellari” di età preromana, simile a quello dell’incastellamento medievale, pare aver subito un’accelerazione nel III secolo a.C., provocata 36 dall’esacerbarsi delle tensioni tra gli indigeni e i Marsigliesi alleati di Roma per il controllo del commercio marittimo e anche a causa dell’emergere delle grandi confederazioni, come quella degli Ingauni nella Liguria italiana e dei Sali in Provenza; tale tormentato periodo culminò nella seconda guerra punica, che vide le popolazioni locali allearsi con i Cartaginesi contro Roma. Il Mont des Mules, non ancora indagato archeologicamente, fa parte della catena dei “castellari” liguri e fu frequentato a partire dal 250-200 a.C. I muraglioni Un sito che costituisce un belvedere straordinario di cinta non sono stati ancora scoperti e le sue vestigia si limitano oggi ai resti di un bastione, che assume la forma di un arco di cerchio che poggia su un dirupo utilizzato come fortificazione naturale; la struttura, costituita da due paramenti di grandi blocchi grossolanamente squadrati, delimitava un’area di 6000 m2, tipica di questo tipo di siti. Nell’angolo a nord-ovest, dove probabilmente era collocata la porta originaria, si conserva una struttura quadrata molto rimaneggiata, assimilabile a una serie di monumenti del II-I secolo a.C. interpretati come sacrari. Le ultime tracce di frequentazione del castellaro di Mont des Mules risalgono al I secolo d.C., a romanizzazione ormai avvenuta. Vista dei bastioni in direzione di Monaco 37 xv xv Particolare della decorazione del piano alto, in reticolato policromo Il monumento funerario della “villa Lumone” L’elegante facciata policroma del monumento della “villa Lumone”, che fronteggiava la via Iulia Augusta, Le tre absidi della facciata principale costituisce il fronte riccamente decorato dell’edificio funerario che si sviluppava nella parte posteriore, in cui si conserva un recinto aperto, chiuso sui tre lati: a sinistra, guardando la facciata, si vede l’antico muro realizzato in piccoli conci regolari allettati con calce (opus vittatum), nella parte opposta permangono le tracce di un altro muro simmetrico, oggi scarsamente conservato. La mancanza di cura per i muri laterali suggerisce che questo monumento fosse sistemato tra altri edifici simili, facenti parte di una più vasta necropoli, la cui esistenza è confermata da altri indizi: essa doveva svilupparsi nei pressi del cippo miliario DXCVIIII (599) distante più di 50 m, e doveva essere collegata al sito fortificato anticamente attestato a Torraca o ad un altro insediamento o villa marittima che doveva sorgere in 38 questo contesto. La facciata del monumento funerario, fatto erigere da qualche notabile locale, era articolata su due piani e decorata utilizzando materiali (pietre e mattoni) di vari colori e tramite l’associazione di tecniche costruttive diverse: alternava dei corsi regolari di ciottoli (opus vittatum) a filari di mattoni che segnavano la separazione dei due piani, presentava dei motivi a losanga ripetuti nelle nicchie laterali e al piano superiore, motivi che si riallacciavano alla tecnica tipicamente italica delle file di blocchetti posti in diagonale (opus reticulatum). Il suolo originario era più basso e le nicchie della facciata presentavano tre panche murate a disposizione del viaggiatore; i resti di pittura visibili nell’abside centrale appartengono probabilmente ad una successiva riutilizzazione del monumento, forse una cappella. La stessa alternanza di tecniche e motivi decorativi era conservata al piano superiore: due murature rettangolari con losanghe Opus reticulatum policromo a scacchiera fiancheggiavano la muratura centrale costruita in toutvenant (materiale alla rinfusa), che doveva essere originariamente completata con un rilievo o piuttosto con una lastra di marmo commemorante l’identità e i meriti del proprietario del monumento funebre. 39 xvi xvi IL Museo dI preistoria regionale di MentonE Il Museo di Preistoria Regionale di Mentone è sistemato in un edificio costruito nel 1909 per ospitare le collezioni del museo municipale la cui istituzione risale al 1878. Deve il suo nome attuale ad un’esposizione permanente realizzata da Henry de Lumley ed inaugurata nel 1988, in cui sono presentate le scoperte fatte nei diversi siti preistorici delle Alpi Marittime e della Liguria che illustrano l’evoluzione dell’uomo dagli inizi della preistoria fino all’età del Bronzo. Lastra di colombario Il Museo possiede (Necropoli di Ventimiglia) inoltre delle raccolte archeologiche che provengono da diversi siti della regione, datati tra l’età del Ferro e l’alto Medioevo: si tratta dei corredi in ceramica recuperati nella necropoli di Ventimiglia nel XIX secolo da Stanislas Bonfils - primo conservatore del Museo di Mentone -, dei materiali provenienti dagli scavi di Johnston-Lavis nell’area della chiesa parrocchiale di 40 Beaulieu all’epoca della sua costruzione nel 1895, e di una parte di quelli recuperati dal Comandante Octobon al MonteBastide di Eze, nella grotta Bianchi a La Colle-sur-Loup, nel Castellaras di Escragnolles e dal sito di Irougne a Ilonse. Il nuovo allestimento sulle antichità regionali, realizzato nell’ambito del progetto “Via Iulia Augusta”, si inserisce nel percorso cronologico dell’esposizione sulla preistoria e permette di illustrare il contesto nel quale si venne a inserire la via Iulia Augusta dalla seconda età del Ferro all’alto Medioevo. Decorazione a matrice Dopo un breve “excursus” storico su una grande coppa dall’età del Ferro alla tarda antichità, (Beaulieu, Alpes-Maritimes) viene introdotto il tema dei popoli che occupavano la regione prima della conquista romana e quello dei castellari tra i quali si inserisce il Mont des Mules di Beausoleil. La presentazione del Monte-Bastide di Eze permette di illustrare la trasformazione da un centro protostorico all’abitato romano, in parte dedito alla produzione dell’olio di oliva. Un confronto è proposto con Beaulieu, sede in età romana di un piccolo porto dove transitavano notevoli quantità di merci destinate al mercato locale. I reperti che provengono da Beaulieu e Ventimiglia permettono di evidenziare le principali classi di materiali presenti nei siti archeologici della regione e di rievocare i legami commerciali che esistevano col resto dell’impero. Infine sono illustrati i riti funerari che documentano numerosi aspetti della cultura romana, mentre la presentazione dei corredi delle sepolture di Irougne testimonia il Brocca in ceramica comune passaggio dall’antichità al Medioevo. (Necropoli di Ventimiglia) 41 xvii I BALZI ROSSI Tra i maggiori siti preistorici in Europa, i Balzi Rossi conservano anche le tracce della via romana che portava in Gallia: una continuità eccezionale in un luogo unico. Abbandonato il Capo Mortola la via Iulia Augusta continuava il suo percorso verso Cemenelum (Cimiez) e il fiume Varo, probabilmente seguendo la linea di costa e attraversando la falesia dei Balzi Rossi. Oggi è difficile ricostruire questo ultimo tratto: la spiaggia si è col tempo ristretta per l’azione del mare e tutta la zona, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha subito molte alterazioni, prima fra tutte la costruzione della linea L'ingresso della Caverna Florestano ferroviaria Ventimiglia-Nizza. A questa prima trasformazione del paesaggio si sono aggiunti l’insediamento di una cava di pietra, la costruzione del Casinò dei Balzi Rossi (oggi sostituito da un residence con ristorante sul mare) e le distruzioni della seconda guerra mondiale di cui sono ancora visibili i resti di alcuni 42 xvii apparati bellici. Data la particolare configurazione della costa, prevalentemente rocciosa, è difficile ipotizzare la sopravvivenza di tracce materiali della via Iulia Augusta, che in questa zona poteva essere un semplice sentiero. Attualmente l’unica testimonianza del percorso seguito, è identificabile con “la tagliata”, tratto di roccia scavato per permettere il passaggio della strada, situato a valle della ferrovia, di fronte alla grotta del Principe. Le caverne dei Balzi Rossi (in dialetto pietre rosse) devono il loro nome al colore della parete rocciosa in cui si aprono. Il complesso é composto da grotte e ripari - grotta del Caviglione, grotta del Bausu da Ture (oggi non più visibile), grotta dei Fanciulli, Barma Grande, grotta del Principe, grotta del Conte Costantini, grotta di Florestano, Riparo Bombrini e Riparo Veduta dell'antica "tagliata" Mochi -, al cui interno, oltre ad un grande deposito di resti faunistici e strumenti in pietra scheggiata lasciati dall’uomo preistorico in un arco cronologico che va dal Paleolitico Inferiore (ca. 250.000 anni fa) al Paleolitico Superiore (da 35.000 a 10.000 anni fa), sono state ritrovate diverse sepolture tra cui si segnala la famosa ed eccezionale “triplice sepoltura”, costituita da un adulto e da due adolescenti deposti insieme, cosparsi di ocra rossa e accompagnati da un ricco corredo. I reperti sono esposti nel Museo Preistorico dei Balzi Rossi lungo un percorso di visita che si snoda tra il “museo vecchio”, costruito da sir Thomas Hanbury nel 1898, dove vengono illustrati i risultati degli scavi più recenti, il museo nuovo, realizzato nel 1994, in cui viene presentata la storia degli scavi del sito, e l’area archeologica delle grotte. 43 xviii xviii I GIARDINI HANBURY Il tracciato della strada romana all'esterno dei giardini I giardini Hanbury, bene ambientale e storico straordinario, sono un esempio unico di giardino botanico di acclimatazione di specie diverse La villa al centro dei giardini e conservano i resti dell’antico percorso romano. Nella parte bassa del giardino botanico, realizzato alla fine del XIX secolo da sir Thomas Hanbury, ricco viaggiatore inglese, in seguito a una sua vacanza in Costa Azzurra, è possibile osservare un tratto di selciato della strada pubblica utilizzata fino al 1836, il cui percorso coincide con il tracciato antico della via Iulia Augusta. Nel 1965 Nino Lamboglia eseguì un saggio di scavo lungo la strada pedonale fuori dai giardini, a ponente del torrente Sorba, poco più a ovest del capo Mortola, e individuò un segmento di strada considerato antico, costituito da pietre informi arrotondate, profondamente infisse nel terreno. Come nel tratto originale romano conservato fra Albenga e Alassio, tale percorso è caratterizzato da cordoli di pietra trasversali alla carreggiata 44 per evitare lo scivolamento di carri e animali in salita.Tutto ciò costituisce una traccia non trascurabile della viabilità romana nella zona, o per lo meno di quanto ne è giunto fino ai nostri giorni. Nel 1867 Thomas Hanbury, colpito dal paesaggio e dal clima di Capo Mortola, acquistò il terreno che oggi ospita i giardini. Il fratello Daniel importò da regioni lontane piante di notevole interesse botanico e farmaceutico. Vennero costruiti o restaurati numerosi rustici, si realizzò una rete idrica e fu restaurata Villa Orengo. Nel giardino, diviso in aree specifiche per paesi e arricchito di viali, fontane, oggetti d’antichità, sono presenti numerose specie di piante provenienti da tutto il mondo come le palme delle isole Mauritius, le felci arboree delle foreste australiane, le piante della flora subtropicale di Nairobi, le cicadee dell’Estremo Oriente, una collezione di aloe con scintillanti fioriture invernali. Una strelitzia nei giardini 45 xix xix LA PIANA DI LATTE Le tracce della via romana si conservano in un angolo di singolare bellezza: la piana del torrente Latte, luogo di villeggiatura dall’antichità ai tempi moderni. Dopo aver attraversato il fiume Roia e oltrepassato il colle su cui sorgerà il centro medievale di Ventimiglia, la via Iulia Augusta proseguiva a ponente lungo il litorale nella piana del torrente Latte. Il suo tracciato probabilmente non conservava l’aspetto monumentale del decumano massimo di Albintimilium, poiché si doveva adattare ai dislivelli, alle baie e ai piccoli golfi caratteristici di questo tratto di Resti romani lungo la moderna “Strada Romana Antica” Liguria. Nella piana di Latte il suo tracciato è ricordato ancora dalle fonti orali e toponomastiche, come dimostra il nome “Strada Romana Antica” di una piccola via 46 tortuosa che si trova a sud della Statale 1-Aurelia. Questa strada parte all’altezza della casa vescovile e arriva fino al torrente Latte, con un percorso per lo più litoraneo in cui si affacciano numerose ville signorili. Alcuni saggi di scavo eseguiti negli anni ‘70 dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria hanno messo in luce una parte del selciato della via romana, oggi sepolto dall’asfalto che ha lasciato visibili soltanto alcune pietre marginali poco oltre l’edificio denominato Villa Eva, riferibili all’antica strada o piuttosto a strutture ad essa prospicienti. Nella stessa area recenti indagini archeologiche hanno individuato i resti di una costruzione di epoca romana affacciata sul mare, la cui scoperta rafforza l’ipotesi di un insediamento costiero a ovest di Ventimiglia. Si tratta di una estesa struttura di forma allungata, suddivisa in almeno due ambienti, le cui murature, realizzate in ciottoli di grandi dimensioni, sono conservate solo in parte. La vicinanza alla riva del mare ne ha reso possibile l’interpretazione come una villa marittima e residenziale provvista di un proprio approdo, oppure a un luogo di sosta per i viaggiatori che lungo la via Iulia Augusta si recavano in Gallia. La piana di Latte, con sulla destra Villa Eva 47 xx xx Particolare del lato occidentale di Porta Canarda PORTA CANARDA La maestosa porta, ultima fortificazione di Ventimiglia verso occidente, secondo la tradizione è stata costruita sull’antico tracciato che la via Iulia Augusta percorreva verso la Gallia. Abbandonata la collina su cui si estende l’odierna Ventimiglia alta, la Via continuava il suo percorso restando in quota ancora per un tratto, prima di iniziare Il lato orientale di Porta Canarda la discesa verso la piana del torrente Latte. Secondo la tradizione locale, sulla strada romana che correva a mezzacosta, al di sopra dell’attuale Statale 1- Aurelia, nel corso del XIII secolo venne costruita, a scopo difensivo, la Porta Canarda. Come si può vedere ancora oggi, la porta si trova in una zona impervia e di difficile accesso: per raggiungerla occorre abbandonare la Statale poco dopo il Forte dell’Annunziata e percorrere sulla destra via alle Ville. Dopo un breve tratto, si individua via Porta Canarda, una breve salita pedonale che conduce alla fortificazione e, attraversandola, prosegue verso ponente. Proprio questo 48 ultimo tratto, secondo la tradizione, coincide con l’antica via Iulia Augusta. Porta Canarda, costruita nel XIII secolo, durante il dominio genovese, era in una posizione strategica per il controllo dei confini occidentali, verso la Francia e i domini sabaudi. La sua importanza per Genova è testimoniata dal bassorilievo in marmo con le armi del Banco di S. Giorgio posto sul lato occidentale. La porta, a cui nel XVI secolo è stata sovrapposta una torre di guardia, è realizzata in puddinga e ha un solo fornice con arco acuto verso occidente. Una lapide ricorda il restauro voluto da Thomas Hanbury nel 1887 e il passaggio di illustri personaggi: Napoleone, l’imperatore Carlo V, Niccolò Machiavelli, i Papi Innocenzo IV e Paolo III. Veduta della Piana di Latte e del confine 49 xxi xxi Il museo civico archeologico “GIROLAMO Rossi” In una posizione privilegiata, a picco sul mare, il Forte dell’Annunziata ospita il Civico Museo Archeologico “Girolamo Rossi”, che espone in sette sale molti reperti importanti della città romana di Albintimilium. La maestosa struttura venne fatta costruire dai Savoia nel 1831, assieme al sovrastante Forte San Paolo, nel luogo dove nel 1503 sorgeva il convento dell’ordine dei Padri Minori Osservanti della cui chiesa conserva il nome. Usata come fortezza all’interno del sistema difensivo savoiardo, fu collegata col forte S. Paolo tramite un passaggio sotterraneo oggi non Testa di Giunone Diademata più visibile; conservò la sua funzione militare ancora fino alla fine del XIX secolo e fu usata come caserma (il giovane Camillo Benso di Cavour prestò servizio di leva proprio qui a Ventimiglia), finché fu abbandonata nel secondo dopoguerra. Dopo i lavori di restauro, dal 1984 il forte ospita, nel piano rialzato, il Museo Civico Archeologico intitolato al suo fondatore, lo studioso 50 locale Girolamo Rossi (18311914) che dal 1880 raccolse nel vecchio Municipio a Ventimiglia Alta i primi materiali, Coppa vitrea con Ictiocentauro soprattutto lapidi e suppellettili in vetro e ceramica, provenienti dagli scavi della necropoli romana che si sviluppava a ponente di Albintimilium, lungo il percorso della via Iulia Augusta. Nel museo sono esposti ceramiche e vetri eccezionali, la serie delle statuette d’argilla, una raccolta di iscrizioni tra le più importanti della Liguria (il lapidario), le sculture collezionate da Thomas Hanbury nella Veduta dal forte verso Capo Mortola sua villa a La Mortola dove realizzò i famosi Giardini Botanici, urne cinerarie, lucerne e molti altri reperti unici per stato di conservazione e valore estetico. Il museo, dotato di una attrezzata sala conferenze e di moderni apparati didattici, svolge un ruolo attivo di polo culturale della città moderna; oltre alle visite guidate, ospita mostre a tema, organizza attività didattiche per le scuole, conferenze e convegni. Nelle sale a piano terra è allestito uno dei punti informativi del Veduta del forte dalla terrazza progetto “via Iulia Augusta” 51 xxii I CIPPI MILIARI DELLA CHIESA DI SAN MICHELE Dalla città romana di Albintimilium la via Iulia Augusta proseguiva lungo l’attuale linea ferroviaria fino ad attraversare il fiume Roia. Risalita la collina dove poi sorgerà la Ventimiglia medievale, la strada doveva grossomodo coincidere con le odierne Via Garibaldi o Via Piemonte; citata ancora da un atto notarile del 1258 con il nome di “via antiqua”, essa proseguiva verso la duecentesca Porta Canarda, ridiscendendo verso la piana del torrente Latte. Testimonianza importante del passaggio della via Iulia Augusta in questa zona sono i cippi miliari iscritti che si trovano nella chiesa di S. Michele a Ventimiglia alta. Il cippo miliare di Augusto I cippi miliari sono colonnine di pietra poste ai bordi delle strade, con la funzione di indicare le miglia trascorse dall’inizio della strada e dalle città più vicine (da qui il nome miliario; un miglio misura 1478 metri). Il cippo più antico, posto a destra dell’entrata della chiesa, fu messo in opera in occasione della costruzione della via voluta dall’imperatore Augusto tra il 13 e il 12 52 xxii avanti Cristo, gli altri due (collocati l’uno a sinistra dell’ingresso, l’altro nella cripta) risalgono ai rifacimenti della strada operati dall’imperatore Caracalla in occasione del suo viaggio verso le Gallie (213 d. C.). Nella chiesa di S. Michele i cippi sono stati utilizzati come materiale di reimpiego: due sono collocati all’ingresso e usati come acquasantiere, il terzo Il cippo miliare di Caracalla è reimpiegato nella cripta per reggere la volta. Il centro storico di Ventimiglia ha origini molto antiche, come dimostrano le prime fasi del complesso episcopale (cattedrale di S. Maria e battistero di S. Giovanni) che risalgono almeno all’VIII-IX secolo. La chiesa di S. Michele, citata come cappella gentilizia dei conti di Ventimiglia in un documento del X secolo, era nel Medioevo un edificio a tre navate in stile romanico. Della costruzione originaria oggi restano visibili solamente la navata centrale, restaurata già nel XIII secolo assieme all’abside e alla volta, il campanile a pianta quadrata databile al XII secolo e la cripta dell’ XI secolo. Veduta della cripta dell' XI secolo La facciata in stile romanico ricostruita alla fine dell'Ottocento 53 xxiii L’AREA ARCHEOLOGICA DI Albintimilium L’antico centro dei Liguri Intemeli, originariamente situato sulla collina di Collasgarba, all’arrivo dei Romani nel 180 a.C. venne trasferito gradualmente alla foce del torrente Nervia, Particolare del mosaico delle terme dove poi si svilupperà la città romana di Albintimilium.Come molte città romane, l’abitato aveva una pianta quadrangolare divisa in quattro parti dall’incrocio dei due assi stradali principali: il cardo, da nord a sud, e il decumanus, da est a ovest. Tutte le altre strade della città correvano parallele e perpendicolari ai due assi maggiori, e il loro incrocio determinava gli isolati (insulae); nel punto di incontro del cardine e del decumano si trovava il foro, ovvero la piazza principale, non ancora scoperto ma probabilmente collocabile nell’area immediatamente ad est del teatro. La via Iulia Augusta, diretta verso la Gallia, attraversando Albintimilium a nord del teatro, coincideva col decumano massimo, lastricato con calcare bianco della Turbie, largo quasi 3 metri, affiancato da due marciapiedi (crepidines), e percorso al centro dalla cloaca, un canale che raccoglieva le acque di scarico di edifici e strade minori. Oltrepassata la Porta di Provenza la strada, che in questo 54 xxiii tratto lo storico Girolamo Rossi denominò suggestivamente “via dei sepolcri”, proseguiva verso ponente Il teatro romano attraversando la grande necropoli occidentale della città, con tombe monumentali in muratura e sepolture ad incinerazione. Nel secolo scorso, due tratti della strada furono recuperati per esigenze di conservazione e ricollocati l’uno in un’aiuola nel punto più alto del cavalcavia di Nervia sovrastante la città romana, l’altro nel giardino del museo-biblioteca Clarence Bicknell a Bordighera, primo museo pubblico della Liguria Occidentale. La città romana di Albintimilium si sviluppò, dal II secolo avanti Cristo, alla foce del torrente Nervia seguendo la struttura dell’accampamento militare romano. In età repubblicana venne cinta da mura, con torri circolari in corrispondenza delle porte. Parzialmente distrutta nel 69 dopo Cristo, si deve al periodo di restaurazione avvenuto sotto l’imperatore Vespasiano la sua successiva ricostruzione. Tra il I e il II secolo dopo Cristo la città godette del periodo di pace che caratterizzò tutte le regioni dell’Impero: testimoniano la sua prosperità le terme, il teatro, le case signorili (domus), gli antichi quartieri abitativi (insulae), i ricchi mosaici e le numerose suppellettili anche di importazione recuperate dagli scavi archeologici. Nel VI secolo, sotto l’Impero Bizantino, Albintimilium divenne Veduta delle domus un castrum, luogo fortificato per affacciata sul decumano la difesa del confine. Tale doveva essere ancora nel 643, anno della conquista definitiva da parte del re longobardo Rotari, dopodiché la città si spostò gradualmente a ponente del fiume Roia. 55 INFORMAZIONI Trofeo d'Augusto - La Turbie Cours Albert 1er - Tél. : 00 33 (0)4 93 41 20 84 Il Mont des Mules - Beausoleil Boulevard des Anciens Combattants en Afrique du Nord Tel. 00 33 (0)4 93 78 01 55 Il Mausoleo di Lumone - Roquebrune-Cap-Martin Avenue Paul Doumer - Tel. 00 33 (0)4 93 35 62 87 Museo di Preistoria regionale - Mentone Rue Lorédan Larchey - Tel: 00 33 (0)4 93 35 84 64 Caverne e Museo Preistorico dei Balzi Rossi Ventimiglia Via Balzi Rossi, 9 - Ponte S. Ludovico, Frazione Mortola Tel. 00 39 0184/38113 Chiesa di San Michele - Ventimiglia Piazza S. Michele - 18039 - Tel 00 39 0184-351019 Giardini Botanici Hanbury - Ventimiglia C.so Montecarlo, 43, Località Mortola - Tel. 00 39 0184/229507 Museo Civico Archeologico G. Rossi - Ventimiglia Via Verdi, 41 - Tel. 00 39 0184/351181 Scavi della Città romana di Albintimilium Ventimiglia C.so Genova, 134 - Tel. 0184/252320 BIBLIOGRAFIA GENERALe Barocelli P., Vie augustee della Liguria e della Transpadania occidentale, in “Crisopoli”, II, 1, 1934, pp. 1-38 • Ciliento B.-Pazzini Paglieri N., Ventimiglia, Genova 1991 • Del Lucchese A., Museo preistorico dei Balzi Rossi di Ventimiglia, Roma 1996 • Gandolfi D.-Massabò B., La viabilità romana nei territori occidentali del municipium di Albingaunum, in Insediamenti e territorio: viabilità in Liguria tra I e VII sec. d.C., “Atti del Convegno, Bordighera 2000”, Bordighera 2004, pp. 355-368 • Gastaldo P., Profumo P., I Giardini Botanici Hanbury, Torino 1995 • Gervasini L.A., I resti della viabilità romana nella Liguria occidentale, in “Rivista Ingauna e Intemelia”, XXXI-XXXII, 1976-1978, pp. 6-31 09-2006 - Photos : Jérôme Kélagopian